TRA IL SOLE E LA LUNA

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TRA IL SOLE E LA LUNA
EDIZIONI SENSOINVERSO
AcquaFragile
© Edizioni SENSOINVERSO
Collana AcquaFragile
www.edizionisensoinverso.it
[email protected]
Via Vulcano, 31 – 48124 – Ravenna (RA)
ISBN 9788896838372
1° edizione – Novembre 2010
© 2010 - Copyright | Tutti i diritti riservati
Sensoinverso - P.I. 02360700393
Adattamento grafico e impaginazione | [email protected]
ANTONIETTA SCARABELLI
IL
SILVIA SCARABELLI
CORAGGIO
CHE MAI HO AVUTO
PREFAZIONE
Il racconto nasce da un’euforica fantasia, per riempire i tempi
morti del dolce e desiderato riposo.
Quando l’eccessivo relax diventa noia, ecco che la mente
partorisce l’idea di raccontare una storia, così senza tante considerazioni, in base agli stati d’animo. La fantasia di due persone che, a turno e quando lo decidono passano la parola all’altra
narratrice che, disporrà di proseguire il racconto, aggiungendo
nuovi personaggi, località, riflessioni e commenti.
Inoltre il testo, così deciso inizialmente, non consente variazioni e modifiche dei personaggi.
Il frutto di ognuna di noi due, deve rimanere tale e quale, anche se è capitato di non essere d’accordo sui brani ascoltati a
turno.
Questo libro ci ha permesso di relazionarci, divertirci, ispirandoci così alla stesura del testo.
I personaggi della storia, sono frutto della nostra immaginazione, così come i luoghi e le date.
Non è solo un romanzo ma, una storia psicologica, degna,
forse, di essere approfondita.
Due donne che scrivono un libro: Silvia e Antonietta, due
modi differenti fra loro di vivere.
Caratterialmente estroverse ma, ognuna con un bagaglio
emotivo sufficiente a descrivere un romanzo che, ci ha permesso di far esplodere le nostre emozioni interiori.
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1.
“Piera, Piera!”.
Gli amici dall’arenile insistentemente la invocarono a scendere e lei si affacciò alla finestra della pensione Condor, gestita
dai suoi genitori.
“Un attimo e sono da voi!”.
Vociò quasi seccata, accelerò i movimenti cercando nell’armadio qualcosa di carino da indossare.
Quel giorno si sentiva particolarmente gagliarda, all’imbrunire avrebbe rivisto Brian, si ammirò allo specchio, il prendisole le cascava a pennello, mancava solo un po' di maquillage e
raggiunse gli amici.
Scese le scale saltando come una cavalletta, baciò la madre,
occupata con i clienti della pensione e battendo con il dito l’orologio, fece cenno che sarebbe arrivata tardi.
Guardò il cellulare nessun messaggio.
“Finalmente!”, disse Ilaria, “gli altri ci stanno aspettando al
Ciringhito, muoviti!”.
S’incamminarono a passo svelto verso gli ombrelloni, la
spiaggia stava ormai diventando deserta, l’unico chiosco ancora un po’ affollato era il loro ritrovo, ideale per un drink-soft!
Brian, figlio di madre inglese e padre italiano, da poco arrivato da Londra, tornava spesso a Rimini per trascorrere le vacanze Pasquali e quelle estive.
Alloggiava dai nonni, a due isolati dalla pensione Condor.
Conosceva i genitori di Piera e spesso si tratteneva a cena da
loro, anzi erano più le volte che dormiva in pensione, rispetto a
quelle che andava dai nonni, ormai rassegnati.
Il cellulare suonò, Brian assicurava che l’avrebbe raggiunta
in spiaggia, Piera sentì i battiti del cuore accelerare e un brivido
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percorse la sua spina dorsale.
Euforica, non voleva pensare a nulla, tranne che a lui, sentiva che doveva a Brian delle spiegazioni, non sapeva come e
quando ma, doveva trovare il coraggio di affrontare un argomento spinoso.
L’attimo arrivò dopo una spaghettata al ristorante e dopo un
bagno tutti nudi, nelle onde piatte del mare sotto una luna piena.
La temperatura era ideale nonostante fosse solo l’inizio di
giugno, lei aveva una nausea esagerata, così decise di raggiungere la riva. Brian la coprì con il suo telo da mare e si raggomitolarono sullo sdraio.
Piera stava ancora male, decise in ogni caso di vuotare il
sacco e con le lacrime agli occhi improvvisamente disse a
Brian: “Ti ho tradito.”
“È stato solo sesso, in preda a un coinvolgimento di sensi,
con un ragazzo che alloggiava alla pensione in un giorno piovoso, dopo una canna di troppo”.
“È successo dopo che sei partito, alla fine delle vacanze di
Pasqua”.
Voleva tacere, poiché Paolo il giorno dopo partì e senza tanti preamboli le lasciò un messaggio sul cellulare con scritto
‘Stupenda giornata, fantastica tu, addio’.
“Me lo sono meritata, ma va bene così!”, disse Piera in tono
sarcastico.
Brian la guardò, si capiva dal suo sguardo che stava meditando, poi sfiorando le sue labbra, improvvisamente la baciò.
Lei, non si aspettava una reazione così comprensiva, senza
giudizi, abbozzò una frase per riprendere la conversazione lasciata in stand-by ma, lui nuovamente l’abbracciò e con baci
interminabili fecero l’alba in spiaggia.
Il mattino seguente, Piera si svegliò presto, infilò la sua tuta
preferita, Nike ai piedi e chiuse la porta adagio per non svegliarlo. Raggiunse la spiaggia e cominciò a correre.
8
2.
La spiaggia a quell’ora era deserta, si sentiva solo il rumore
delle onde.
Piera correva e l’aria le accarezzava il viso, si accorse di
aver dimenticato nella fretta il cellulare, decise di tornare a
prenderlo. Entrò in camera in punta di piedi per non svegliare
Brian ma, lui la guardò e sorridendo ancora assonnato la tirò a
sé, baciandola con ardore e le consegnò il cellulare.
Piera, accarezzandogli il viso, disse: “Ora vado, ci vediamo
dopo, ciao!”.
Uscì e riprese a correre verso la spiaggia.
Durante il tragitto sentì, all’improvviso, uno strano rumore.
Si fermò per ascoltare meglio.
Non era un rumore, ma un lamento.
La curiosità la spinse ad avvicinarsi a una cabina. Da lì proveniva il lamento, che diventava sempre più forte.
All’improvviso, dietro a un cespuglio, vide un cane randagio accasciato a terra e accovacciati a lui quattro cuccioli, che
tra un lamento e un’arrampicata al ventre materno, si nutrivano
del suo latte.
Lo sgomento e lo stupore nel vedere quella scena, le invasero l’anima e senza accorgersene si trovò seduta di fronte a loro,
emozionata.
Li osservò a lungo e come d’incanto ebbe una strana sensazione così, senza rendersene conto, si accarezzò il ventre.
Le sue mani erano lì ferme ma, tremanti, non capiva quello
che le stava accadendo e scrollando la testa sorrise.
Accarezzò i cuccioli, salutò la mamma e decise di riprendere
la sua corsa.
Il sole cominciava a scaldare l’aria, alcuni bagnanti giungevano in spiaggia, erano per lo più anziani e mamme con bambi9
ni piccoli, guardò l’ora e decise di tornare indietro.
Avrebbe fatto la doccia e una sostanziosa colazione in compagnia di Brian!
Giunta davanti alla camera, desiderosa di raccontargli quello
che aveva visto, spalancò la porta, sorridente e con voce eccitata lo chiamò.
“Brian…Brian, dove sei?”.
Si guardò intorno, il letto era vuoto, andò in bagno, niente,
non c’era più niente di lui, tornò nella stanza.
“Dove sei?”, esclamò Piera. Non seppe cosa pensare.
Provò a chiamarlo al cellulare, nessuna risposta. Decise di
andare dai nonni, che increduli dissero a Piera: “Brian è partito
all’improvviso, senza dare spiegazioni”.
Svuotata, impaurita, pianse come non le era mai successo
prima, ebbe paura, una paura ingiustificata.
Solo in quel momento intuì che Brian era andato via da lei
per sempre!
Così, senza una parola, uno straccio di spiegazione. Il nulla
davanti ai suoi occhi.
La loro storia non era così grande, come aveva sperato.
L’amore di quella notte che significato aveva? Credeva nella
sua comprensione.
Invece il nulla davanti a lei.
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3.
Prepotente la sveglia destò Piera dal sonno. Anche quel giovedì mattina, doveva muoversi per non arrivare in ritardo in ufficio.
Scese tutta trafelata le scale e gettando un’occhiata distratta
alla casella della posta, intravide dalla fessura una busta.
Incuriosita, la prese.
Usò le labbra come fermaglio, poiché le mani erano indaffarate a mettere nella borsa il grosso mazzo di chiavi.
Sul marciapiede che stava percorrendo per avviarsi alla
macchina, incuriosita guardò il mittente.
Salì in macchina appoggiando distrattamente la borsa sul sedile.
Brian, l’antico e unico grande amore della sua vita, le scriveva.
Reggendo tra le dita la busta bianca, osservò il tratto perfetto, aveva usato un inchiostro nero ed era proprio indirizzata a
lei ‘Piera Canavesi’.
Intorno a Piera, il silenzio. Non esisteva più nulla. Affiorava, all’improvviso, solo un ricordo che sembrava ormai chiuso
per sempre in un cassetto.
Erano passati ormai dieci anni, da quando Piera aveva visto
per l’ultima volta Brian.
Dieci anni ma, il tempo in quel momento per Piera sembrava si fosse fermato.
La sua mente rivedeva un vecchio film…
-Brian non è più nella stanza e un senso d’angoscia l’avvolge.11
-Lo cerca invano, il cellulare è spento, chiede agli amici.-Brian non c’è, Brian se n’è andato.-Piera è presa da sensi di vomito, la causa non è l’abbandono di Brian ma… è in dolce attesa.-Tanto dolce ma, anche tanto sofferta quella gravidanza.-Dolce per la coscienza di dare alla luce una nuova vita,
sofferta per la consapevolezza che, il bambino non avrebbe
mai avuto un padre e avere la certezza d’essere sola.-Piera, si rivide davanti a sua madre, mentre le svelava di
essere incinta.-Edvige, accettò la situazione ma, non prima di aver tentato
di dissuadere la figlia a mettere al mondo il bambino. Era
così giovane e sola.-Quella madre, che inizialmente sembrava senz’anima, diventò per Piera il pilastro portante.- La mamma attenta e premurosa, la madre che una figlia
dovrebbe avere nel momento del bisogno.-Ecco, finalmente vede suo figlio, la vita ha preso un nuovo
significato, l’esistenza incomincia nuovamente.Il cellulare suonò!
Ferma e attonita aveva ancora la lettera di Brian fra le mani.
12
4.
Piera, frastornata nei suoi pensieri, allungò il braccio cercando con la mano nella borsa il telefono sepolto tra gli oggetti.
Lo portò all’altezza del seno, i suoi occhi pieni di lacrime le
impedivano di vedere chi aveva chiamato.
Fece un lungo sospiro, cercò un fazzolettino, tamponò le
gocce di pianto e fece scorrere le chiamate, era Michele.
Michele, amico dai tempi del liceo, lavorava con Piera nella
stessa casa di cura. Era un eccellente fisioterapista.
Scapolone convinto, era per Piera un amico toccasana, tra i
suoi alti e bassi emotivi.
A volte, dopo il lavoro, trascorrevano le serate nel suo appartamento, in quel disordine infernale. Lui amava cucinare e
tra una cena e una bottiglia di buon Sangiovese, finivano sempre, a raccontarsi i loro problemi.
Quando i bicchieri del buon vino annebbiavano la loro mente, capitava che Piera si fermasse a dormire da lui.
Lei mandava un messaggio a Edvige ‘Mamma ti dispiace se
mi fermo da Miky? Pensi tu a David? Un bacio, ti voglio bene’.
Edvige tra se borbottava, poi come al solito, sconsolata si
domandava se sua figlia era consapevole della propria maternità. Forse era diventata madre troppo presto.
Piera, si sarebbe sposata con Andrea. Edvige non condivideva questa amicizia così intima con Michele.
Ne aveva parlato con sua figlia, ma lei finiva sempre col
dire: “Mamma non si può amare un amico, il bello nell’amicizia tra un uomo e una donna, è proprio questo legame coinvolgente, fatto di abbracci, litigate,divertimenti e silenzi”.
Il telefono ricominciò a squillare, Piera questa volta rispose.
Miky le chiedeva di passare da casa sua prima di andare al
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lavoro, la sua macchina quella mattina faceva i capricci. Lei acconsentì.
Aveva da poco letto il contenuto della lettera che diceva:
‘Cara Piera, sono certo con questa missiva di stupirti, ho bisogno di vederti al più presto. Penso di non meritarmi il tuo interesse. Ti prego, trova il tempo di venire a Londra questo
week-end. Non deludere un uomo che sa di non essere degno
della tua attenzione.
Con affetto, Brian.
Il mio indirizzo: Piccadilly Circus st. James’s London’.
Piera arrivò sotto casa di Michele, suonò il clacson, aveva
da poco cominciato a piovere. Lui entrò in macchina, odorava
di un buon profumo francese. Con le dita della mano accarezzava i suoi capelli ricci, cercando di sistemarli al meglio.
Con la mano sinistra, teneva il suo Nokia e parlava col meccanico.
Finalmente quando la conversazione finì, degnò Piera di uno
sguardo.
“Ciao prezzemolino”, così la chiamava lui, “grazie per il
passaggio!”.
Piera non rispose, allungò la lettera sulle sue gambe e continuò a guidare.
Miky lesse il contenuto, cercò di parlare, ma lei alzò il volume della radio, lui capì e tacque!
Raggiunto l’istituto, prima di entrare, Piera lo abbracciò e
all’orecchio gli sussurrò: “Devo andarci, non so se Andrea capirà, ma io so che devo farlo!”.
Presero insieme l’ascensore, Miky guardò l’orologio, era in
perfetto orario.
Salì al primo piano, timbrò il cartellino, infilò il camice e si
diresse verso il suo studio.
Di carattere estroverso, Michele amava chiacchierare con i
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pazienti, spesso li confortava e con le sue battute spiritose riusciva a farli sorridere.
Il più delle volte con i colleghi scherzava, mettendo in risalto il suo porsi diverso.
Piera amava la sua spregiudicatezza, il suo sarcasmo a volte
portato all’esasperazione, il suo dolce saper ascoltare, il suo
temperamento a volte ovattato per circostanza, il suo animo generoso e il suo sorriso quasi stampato su una bocca bellissima.
Quel giovedì Michele aveva quattro pazienti da visitare.
Cercò di estraniarsi dai problemi esterni immergendosi con la
testa nella sua professione.
Nella tarda mattinata il suo amico Mattia l’avvisò di andare
a prendere il cucciolo di boxer che aveva acquistato due mesi
prima.
Era una bellissima cucciolata e Michele aveva scelto l’ultimo maschio rimasto.
Era arrivato il momento di prendersi cura di quell’incantevole bestiola.
La notizia lo esaltò e senza esitare disse a Mattia che alle
cinque sarebbe passato da lui.
Improvvisamente si ricordò che la sua automobile era dal
meccanico e che Piera forse, aveva bisogno di lui.
Fece una smorfia seccata e pensò ‘Che giornata del cazzo!’.
Salì lentamente le scale fino al secondo piano dove c’era
Piera e fece capolino prima di entrare.
Il suo prezzemolino era occupato al telefono, lei lo vide, accennò un saluto con la mano e gli fece segno di attendere.
Miky aveva una voglia esagerata di raccontarle del suo cane
ma, lei lo precedette dicendogli: “Miky, adesso non ho tempo
di darti retta!”.
“Devo sbrigare un po’ di pratiche urgenti, ci vediamo fra
un’ora. Fra l’altro, non ho ancora bevuto un caffè!”, e lo salutò
frettolosamente.
Michele mise la retromarcia, si incamminò verso il distribu15
tore di bevande, selezionò una cioccolata che gustò lentamente,
mentre pensava al nome che avrebbe dato al suo cucciolo…
‘Lo chiamerò... Leon!’.
Si ritrovarono a pranzo alla mensa tra medici, infermieri e
impiegati e si sedettero a un tavolo vicino alla finestra che dava
sulla strada. Piera era ancora visibilmente sconvolta.
Michele capì che non era quello il momento di soffocare
Piera con la straordinaria notizia del suo cucciolo e decise di
dedicarsi a lei. Il suo prezzemolino aveva priorità assoluta.
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5.
Rimasero alcuni minuti in silenzio, poi Michele cominciò a
parlare e chiese a Piera quali fossero le sue intenzioni.
Quasi seccata Piera rispose: “Le conosci”.
Michele la guardò e sorridendo le disse: “Quando sei nervosa diventi isterica!”.
Lei a quel punto si scusò e accarezzandogli la mano disse:
“Ok, hai ragione, ora mi calmo e ne parliamo!”.
“Ti rendi conto? Dopo dieci lunghi anni d’assoluto silenzio,
oggi torna nella mia vita e mi supplica d’andare da lui! Ho rivissuto quei momenti e riprovato lo stesso dolore di allora,
cosa vorrà mai, da me? Oggi, che mi sento pronta e sicura delle
mie scelte, mi trovo qui davanti a te e mi chiedo perché debba
succedere proprio adesso che sono in procinto di sposarmi con
Andrea? Mi ha lasciato sola. Non sa nulla della mia vita, di
cosa può essermi successo durante tutti questi anni, ma ha la
sfacciataggine di piombarmi addosso! Dovevo aspettarmelo.
Classico comportamento di chi fugge. Dimmi, cosa devo
fare?”.
Piera si prese la testa fra le mani e continuò, guardando negli occhi Michele: “Aiutami, solo tu mi conosci e puoi capire
quello che sto provando”.
Michele accennò un sorriso e le chiese di accompagnarlo a
fare una passeggiata, avrebbero parlato con più tranquillità e
lontano da occhi indiscreti.
Piera acconsentì, lasciarono la mensa, e si diressero ai giardini della loro città.
Era da poco iniziata la primavera, finalmente il grigiore dell’inverno e la desolazione della città vuota, con la maggior parte degli alberghi chiusi, avrebbe ripreso vita e colore.
Decisero di sedersi su una panchina. Michele, dopo averla
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ascoltata per tutto il tragitto, la strinse a se, dicendole: “Prezzemolino, ora posso esporti il mio pensiero?”.
“Certo, ti ascolto!”, disse Piera, appoggiando la testa sulla
sua spalla.
“Mi chiedi se condivido il tuo pensiero e la scelta di andare
da Brian. Sono d’accordo con tutte le tue riflessioni e capisco
la rabbia e la curiosità di sapere la motivazione di questo invito
inaspettato ma, ho dei seri dubbi riguardo alla vera ragione che
ti spinge ad accettare! Inoltre mi chiedo come farai a dirlo ad
Andrea. Sei così sicura che lui capisca e accetti di lasciarti andare a Londra, sola? Cosa dirai a tua madre? Come farai con
David? E’ meglio ragionarci e trovare una soluzione, cosa ne
pensi?”.
“ Penso che tu abbia ragione, come al solito, ma ho già deciso, vado a Londra. Dopo passo da Andrea, gli spiego tutto e riguardo a mia madre, capirà… David starà con la nonna. In fin
dei conti si tratta solo di due giorni. Oppure vuoi occupartene
tu?”.
A quel punto Michele sorrise e disse: “Non avevo dubbi a
riguardo. Ok se hai deciso è inutile che io insista. Promettimi
solo che affronterai la situazione con molta calma”.
Michele nel pronunciare quelle parole arrossì e non riuscì a
nascondere a Piera l’ansia e il timore che provava.
Lei lo guardò, non capiva la sua reazione, rimase sconcertata. Avrebbe voluto chiedergli cosa avesse, ma non aveva tempo, doveva correre da Andrea, avvisare sua madre e organizzare la partenza per Londra. Decise così di rimandare il tutto al
suo ritorno.
Salutò Michele dicendogli: “Ok, ok… ora vado ci sentiamo
questa sera per i dettagli, grazie, grazie!”, gli diede un bacio
sulla guancia e scappò.
Dopo un’ora Piera si trovò a casa, stava aspettando Andrea,
nel frattempo telefonò alla madre, spiegandole dettagliatamente, cosa le era accaduto e le comunicò la sua decisione.
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Edvige dopo averla ascoltata, rimase in silenzio per alcuni
secondi.
Dovette riprendere fiato, fu una doccia fredda anche per lei.
Aveva condiviso con sua figlia ogni istante di quei dieci anni,
tutto le tornava alla mente.
Non capiva perché Brian fosse piombato di nuovo nella vita
di sua figlia.
Sospirò. E sapendo che nulla avrebbe potuto far desistere
Piera dalla sua decisione, acconsentì, con le dovute raccomandazioni.
Piera ringraziò sua madre, le mandò un grosso bacio dicendole: “Ci vediamo questa sera, ti porto David, ciao mamma!”.
Dopo aver parlato con la madre, Piera prenotò il volo per
Londra, sarebbe partita l’indomani nella tarda mattinata.
Di lì a poco sarebbe arrivato Andrea, al telefono gli comunicò: “Amore mi spiace ma dovresti venire a casa, mi è successa
una cosa inaspettata, ho bisogno di parlarti, devo partire domani per Londra, ti aspetto a casa”.
Andrea, l’uomo che sarebbe diventato suo marito nel giro di
pochi mesi, lo aveva conosciuto a una festa di compleanno.
Erano passati solo tre anni dalla nascita di David e nella sua
vita non c’erano spazio e tempo per poter pensare a un altro
uomo, ma… il destino a volte!
La loro fu prima una dolcissima amicizia, poi si trasformò in
un dolce sentimento.
Andrea aveva condiviso con Piera la crescita di David, dandogli una figura paterna.
L’affetto e l’amore che li univa avevano conquistato il cuore
di Piera.
Andrea salì di corsa le scale, aprì la porta e vide Piera seduta
sul divano, lo stava aspettando, cercando nella sua mente le parole giuste per raccontare quello che le era successo, senza ferire i suoi sentimenti e sperava in cuor suo in una totale com19
prensione.
Le parole di Piera ammutolirono e spaventarono Andrea,
aveva paura di esprimere il suo risentimento verso Brian.
Qualsiasi tipo di reazione, pur giustificata, per la gelosia e la
rabbia che provava in quel momento verso quell’ uomo, avrebbe ostacolato il loro dialogo e danneggiato il loro rapporto.
Decise quindi, di rimanere in silenzio.
Osservava il suo sguardo, cercando di capire quello che lei
provava in quel momento, cosa avrebbe dato per sapere esattamente le sue emozioni.
Piera si bloccò e in modo diretto, come al suo solito, disse:
“Continui a guardarmi senza dire nulla, non mi stai aiutando
per niente!”.
Lui si alzò, la prese fra le braccia e con un lungo e appassionato bacio, cercò di calmarla.
Poi le prese il viso fra le mani e senza espriemere le proprie
opinioni, disse: “Ok, se ritieni opportuno partire, vai e ascolta
quello che Brian ha da comunicarti. Ti chiedo solo una cosa, rifletti prima di esplodere, come al tuo solito e tienimi al corrente
della situazione. Cerca di capire anche il mio stato d’animo,
non è facile per me lasciarti andare, ma capisco che lo devi
fare. Spero solo che tu non debba soffrire di nuovo. Promettimelo. Pensa a noi e ai nostri progetti futuri, Ok?”.
Piera commossa davanti a tanta comprensione, annuì.
Abbracciò Andrea, comunicandogli con il suo affetto, la sua
gratitudine.
Ancora una volta, quell’uomo le aveva dimostrato il grande
amore che provava per lei.
Tutto era organizzato alla perfezione, Piera salutò la madre e
diede un bacio al suo David, rassicurandolo che sarebbe tornata
presto.
La mattina seguente Piera, accompagnata da Andrea, raggiunse l’aeroporto di Rimini Federico Fellini. Si salutarono al20
l’entrata, lei lo ringraziò nuovamente e si diresse al check-in.
Il volo era in orario, decollò verso Londra.
All’aeroporto Eathrow di Londra, Piera fu presa dal panico,
così decise di chiamare Michele.
“Ciao Miky, sono arrivata da poco, il volo tutto ok ma, ho
un attacco d’ansia. Miky è perché voglio tornare indietro secondo te? Ho paura, cosa faccio?”.
“Nulla”, rispose Miky. “Ora vai a cercarti un pub, bevi qualcosa di caldo e fai dei profondi respiri, vedrai che starai meglio. Prezzemolino, non preoccuparti tutto andrà bene!”.
“Grazie Miky, se non ci fossi tu … ok ora vado,ci sentiamo
questa sera, bacio!”.
Michele la salutò, ma in cuor suo sapeva che la giornata per
Piera sarebbe stata, a dir poco drammatica.
Avrebbe voluto confessarle il segreto che teneva custodito
dentro di se, ma non ebbe il coraggio e il tempo necessario, si
era svolto tutto troppo velocemente. Si sarebbe chiarito con lei
al suo ritorno.
Piera ascoltò il consiglio di Michele. Prese un taxi e si fece
accompagnare all’indirizzo indicatole.
Arrivata a destinazione, fu attratta dall’enorme insegna luminosa di un pub in Rupert Street, una traversa tra Leicester
Square e Piccadilly Circus.
Entrò, si diresse a un tavolo e ordinò una bevanda calda.
Avrebbe voluto ordinare un boccale di birra ma ascoltò il consiglio di Michele, ne aveva assoluto bisogno per tranquillizzarsi.
Tra un sorso e l’altro, pensò all’attimo in cui avrebbe rivisto
Brian! Il solo pensiero le offuscava la mente, i ricordi rimbalzavano in maniera disordinata, tutto le sembrava irreale e assurdo. Solo il vociare di alcuni ragazzi seduti di fronte a lei, la
riportò alla realtà.
Guardò l’orologio e si rese conto di essersi soffermata a lungo, decise di farsi coraggio. Si alzò, prese le sue cose, uscì dal
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pub e si incamminò verso la casa di Brian, ignara di quanto le
sarebbe accaduto.
Londra in quel periodo dell’anno era a dir poco, incantevole.
Le strade erano affollate di gente, tantissimi studenti e turisti
provenienti da ogni luogo.
Con passo frettoloso Piera arrivò a destinazione, controllò
l’indirizzo, era lo stesso che gli aveva mandato Brian. ‘Ok!’, si
disse ‘Ci siamo’. Il cuore le batteva così forte da farle mancare
il fiato, respirò profondamente e si recò in portineria, dove fu
annunciato il suo arrivo.
La porta di casa si aprì, ad accoglierla fu una signora di
mezza età, molto elegante e raffinata.
Salutò Piera e con garbo si presentò. Era Adelle, la mamma
di Brian.
La fece accomodare in salotto e dopo alcuni convenevoli, le
comunicò che Brian sarebbe arrivato a momenti, e così fu.
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6.
Un maggiordomo aprì la porta.
Piera rimase sbalordita, ma cercò di trattenere il suo
stupore… Brian era seduto su una carrozzella!
Brian si fermò sulla soglia della stanza e intuendo il suo imbarazzo, immediatamente con naturalezza e accennando un sorriso, la salutò.
Piera cercò di riprendersi dallo stupore e ricambiò il saluto.
Adelle, dopo aver scambiato alcune parole con entrambi,
capì che era arrivato il momento di lasciarli soli e con eleganza
si congedò.
Svanito quel momento di imbarazzo, Piera si sedette di nuovo sulla poltrona e guardò Brian nell’attesa di sentirlo parlare.
“Sembra che il tempo per te non sia passato, sei bella come
allora, nonostante siano trascorsi dieci anni! Scusami se sono
riapparso nella tua vita così all’improvviso ma, avevo urgenza
di vederti”.
L’emozione gli salì alla gola, per un attimo ebbe timore.
Cercò di controllarsi, fece un profondo respiro e senza giri di
parole, disse a Piera: “Sono sempre stato in contatto con Michele!”.
Piera esclamò: “Cosa?”.
“Non interrompermi, lasciami spiegare. Non prendertela con
Michele, ho chiesto io l’assoluto silenzio. Non è stato facile per
lui tacere, sai quanto ti è affezionato. Capirai meglio, quando
avrò terminato il mio sfogo. Durante questi anni con assoluta
discrezione, mi sono sempre informato sulla tua vita.
So che hai avuto un bambino di nome David e con l’aiuto di
tua madre, lo hai cresciuto nel miglior modo possibile. Ho sempre sperato e alla fine mi sono convinto che David è il frutto
del nostro amore.
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Non ero pronto ad affrontare la realtà chiamandoti, per darti
delle spiegazioni e per farti sapere che c’ero ma, ora che stai
per sposarti, credo sia giunto il momento che tu sappia tutta la
verità sulla mia improvvisa partenza. Certo non è stato per la
tua confessione di allora. Ti ricordi? Ha influito solo per la sincerità nei miei confronti. Non riuscivo a essere leale con me
stesso e di conseguenza, neanche con te. Il mio essere si stava
ribellando, ma non avevo il coraggio di affrontare la realtà.
Solo oggi, dopo tanto trascorso di sofferenza, riesco a guardarti
negli occhi e confessarti il mio essere diverso, la mia omosessualità!”.
Piera continuava a guardarlo, ma non ebbe la forza di parlare, accennò un sorriso di imbarazzo e con un cenno del capo
annuì, facendogli capire di proseguire nel discorso.
“Ricordi il nostro rapporto? Quando tornavo a Londra dai
miei, mi trasformavo, frequentavo persone diverse da quelle di
Rimini. Solo con loro riuscivo a essere me stesso ma, nello
stesso tempo combattevo la mia diversità. Vivevo due vite differenti ma molto simili, perché in tutte e due amavo e mi sentivo amato. Non è possibile però, sdoppiarsi per tutta la vita, a
un certo punto devi capire chi sei veramente e ho potuto farlo
solo estraniandomi da te. Mi sono comportato da vigliacco nei
tuoi confronti, ti chiedo scusa e spero tu possa perdonare il mio
comportamento di allora. Solo Michele aveva capito, si è comportato da vero amico, non mi ha mai tradito e ha saputo ascoltare, per tutti questi anni, i miei sfoghi paranoici e nello stesso
tempo ti è sempre stato vicino, sperando che io trovassi un
giorno, il coraggio di chiamarti e raccontarti tutto”.
A quel punto, Brian si avvicinò a Piera e prendendole le
mani fra le sue, le disse: “Piera, tu sei stata l’unica donna che
ho amato ma, purtroppo non è sufficiente per vivere in pieno
una relazione. L’amore richiede onestà, fiducia e libertà. Tutte
cose che io non potevo darti! Dopo un lungo percorso interiore,
fatto di mille domande e la ricerca di mille risposte, ho final24
mente capito chi ero, cosa sono e cosa voglio! Piera guardami,
non avrei mai potuto amarti come volevi e meritavi, ma ti amo
lo stesso, in modo diverso! Piera sono gay!”.
Piera spalancò gli occhi, rimase impietrita a tale rivelazione
e tutta la rabbia che aveva in corpo, aumentò.
Si era innamorata, aveva fatto l’amore con un… diverso… e
non si era mai accorta di nulla.
Come aveva potuto, dopo tanto tempo che conosceva Brian?
Nessun elemento era mai emerso, che le avesse fatto intuire
la situazione ma, chi era Brian davvero?
Brian si accorse del suo imbarazzo e sapeva quali pensieri
passavano nella mente di Piera, così continuò con il suo sfogo:
“Piera, sapessi quale fatica interiore ho dovuto affrontare per
capire la mia diversità, sentirmi ‘diverso’ fra i ‘normali’. Accettare questa mia situazione così particolare e non trovare conforto alcuno ma, arrovellarmi dentro i miei pensieri, cercando
continuamente di capire senza mai arrivare a nulla. Non potevo
parlare con te. Ho avuto la presunzione di pensare che non mi
avresti capito. Finalmente, quando pensavo di non riuscire più
a uscire da quel tunnel, ho incontrato un uomo, Steve, con il
quale ho intrapreso una lunga strada, fatta di molte difficoltà
ma, anche di molti passi in avanti, che mi hanno fatto accettare,
la mia vera natura. Steve è attualmente è il mio compagno”.
Ci fu un interminabile silenzio fra loro.
Brian cercò di portare il discorso al suo stato di infermità,
per poter dare a Piera il tempo necessario di assorbire il colpo.
“Ti sarai chiesta, come mai mi trovo sulla sedia a rotelle.
Tornato a Londra, durante il mio percorso esistenziale, mi sono
lasciato andare. Ho fumato e bevuto tantissimo. Una delle tante
sere all’uscita di un locale, sbronzo come al solito, sono salito
in macchina con Steve, il mio angelo custode, che sobrio come
sempre, mi stava riportando a casa, quando all’improvviso, due
fari gli hanno abbagliato gli occhi, perse il controllo della macchina e andò a sbattere contro una pianta. Da quel mostruoso
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incidente lui uscì illeso, mentre io rimasi con entrambe le gambe intrappolate nella ferraglia.
Una volta portato in ospedale, i medici non poterono far altro che costatare che avevo perso la capacità motoria di entrambi gli arti inferiori. Steve, si sente ancora oggi in parte responsabile della mia situazione, ma il nostro amore è talmente grande che supera anche questo ostacolo”.
Brian si zittì e rimase nell’attesa di vedere le reazioni di Piera.
Piera non disse nulla, ma la rabbia che aveva in corpo si allentò.
Incominciava a intravedere la realtà.
Qualche lacrima le rigò il viso, alzò lo sguardo e guardando
Brian negli occhi, gli disse: “Anch’io avrei tante cose da raccontarti. Penso che ci sarà il tempo e l’occasione per farlo, ora
che ci siamo ritrovati, sei d’accordo?”.
“Certo Piera!”.
In quel momento, il maggiordomo bussò alla porta del salotto, entrando comunicò a Brian e alla sua gentile ospite, che la
cena sarebbe stata servita dopo poco.
Brian ringraziò e invitò Piera a seguirlo in sala da pranzo,
dove ad attenderli c’era Adelle.
Piera si alzò lentamente dal divano, avrebbe voluto disintegrarsi all’istante, sparire nel nulla, piuttosto che affrontare la
cena… e poi la serata!
Il suo stomaco era, praticamente chiuso. Il solo pensiero di
ingoiare un boccone le provocava una sgradita sensazione di
malessere.
Domandò a Brian se poteva andare in albergo, lei non aveva
prenotato nulla ma, in cuor suo sperava che l’avesse fatto lui.
La risposta di Brian fu immediata: “Stai scherzando, vero?”.
“Questa sera sei ospite in casa mia e se vuoi anche domani,
insomma, fino a quando deciderai la data del tuo rientro”.
Piera abbozzò un sorriso, dicendogli: “Grazie, ma franca26
mente devo dirti che non ho appetito, preferirei sorseggiare una
bevanda calda e poi parlare ancora con te. Io partirò domani
alle undici e venti”.
“Va bene”, rispose lui “fammi almeno compagnia mentre
ceno!”.
In sala da pranzo li stava aspettando Adelle. L’atmosfera era
decisamente tesa, Piera si guardò intorno, la stanza era arredata
con buon gusto. I mobili di pregiato antiquariato, rendevano
l’ambiente decisamente signorile.
La luce arrivava dai candelabri posti ai margini del lungo tavolo rettangolare, lei ammirò un bellissimo quadro e quello fu
lo spunto per rompere il ghiaccio.
Avrebbe voluto togliersi le scarpe col tacco a spillo. Ci provò, tanto nessuno dei presenti se ne sarebbe accorto.
Sentì immediatamente sotto la pianta del suo piede, la morbidezza del tappeto e pensò ‘Che sollievo!’. Poi decise di rimettere la calzatura ma, ahimè, era come se il piede fosse aumentato di volume. Insistette, ci riuscì e soffocò un lamento di
dolore.
Il cellulare di Piera suonò, era David.
“Ciao amore mio”, disse lei e i suoi occhi si illuminarono.
“Come stai? Hai fatto i compiti? Mi manchi tanto”, fu l’ultima
frase che uscì dalla bocca di Piera.
Finita la conversazione, rivolgendosi a Brian, Piera disse:
“Era mio figlio!”.
Si sentiva scrutata da Adelle, che cercava di rendere sempre
la conversazione piacevole. Adelle si alzò e con molto garbo,
salutò il figlio, si girò verso Piera e salutandola le sfiorò la
guancia con un bacio, poi aggiunse: “Sei molto bella. I tuoi occhi, oltre a essere di un azzurro intenso, sono espressivi. È da
questi che si vede l’animo di una persona, lo sapevi?”.
“Sì!”, rispose Piera imbarazzata. La ringraziò dell’apprezzamento e le augurò una buona serata.
Tornarono in salotto, la fiamma del camino era ancora acce27
sa, Piera a quel punto disse: “Devo togliermi le scarpe e ho voglia di fumare”.
Frugò nella borsa, si accese una sigaretta e si sdraiò sul divano, come se fosse a casa sua.
Si rivolse a Brian, domandandogli: “Ma tu, fumi ancora le
Marlboro?”.
“Sì”, rispose lui, che la stava guardando con sincera simpatia e ammirazione.
“Sei proprio buffa!”, disse lui sorridendo.
“Sei una donna, ma è rimasta in te quella parte di bambina
che purtroppo, quasi tutti crescendo perdono!... Vuoi bere qualcosa?”.
“Sì”, rispose lei, mentre si toglieva la giacca del tailleur.
Piera tornò seria. “Brian, eri e sei ancora un bellissimo
uomo. Tutto avrei potuto pensare di te, tranne che fossi omosessuale. Questo mi ferisce, e sai perché? Il tuo essere diverso
ti ha portato via da me, ha distrutto il grande amore della mia
vita. Sento tanta rabbia che vorrei soffocare e poi… mi devi anche delle spiegazioni su Michele. Non riesco, in questo momento a essere razionale, vorrei tornare indietro nel tempo e
con tutta sincerità dirti :“Vai a fanculo… Brian! Tu non hai
idea di cosa ho passato in questi dieci anni! No Brian, io non
riesco, con tutta la buona volontà, a capire. Perché? Proprio
adesso, dopo tanto tempo trascorso, ritorni nella mia vita. Forse
per alleggerire la tua coscienza? Cosa vuoi sapere da me
Brian?”.
Il volto di lui era serioso. La guardava attento, con le mani
stringeva il suo bicchiere di cognac e le disse: “Stellina mia,
vorrei anch’io tornare indietro nel tempo e cancellare il nostro
amore, poiché sono pienamente cosciente del male che ti ho
fatto. Ti ripeto, non sono l’uomo che desideravi. Io sono consapevolmente omosessuale. Ti voglio molto bene, ma non ti desidero come uomo. Questo riesci a capirlo?”.
Piera in quell’istante soffocò un’ondata irrefrenabile di rab28
bia e dolore. Abbassò lo sguardo, mentre con le dita della mano
avvolgeva lentamente una lunga ciocca di capelli. Lo faceva
spesso quando era in tensione emotiva.
“È difficile per me accettarlo e in ogni modo posso sforzarmi di capire ma, non chiedermi di più”.
Si alzò e guardò l’orologio, erano, passate da poco le undici.
Riaccese un’altra sigaretta, si avvicinò a lui, gli accarezzò il
viso e con le dita della mano gli sfiorò le labbra carnose, dicendogli: “Come sei bello, Brian!”.
Lui sorrise, ebbe l’impulso di abbracciarlo, poi si ritrasse.
“Vorrei farti una domanda molto personale”, disse Piera
istintivamente.
“La tua vita sessuale è normale? Insomma, col tuo uomo riesci a...”.
Brian rispose, prima che lei terminasse la domanda :“Sì”.
Da lì la conversazione prese una piega più rilassata.
Parlarono a lungo, soprattutto di David e lei gli spiegò ogni
cosa di quel bambino incantevole.
“David è nato il 25 dicembre, il giorno di Natale. Nevicò abbondantemente quella notte, Michele e mia mamma mi portarono all’ospedale. Tornai a casa e promisi a me stessa che non
avrei più versato lacrime per nessuno, tranne che per il mio angioletto. Per lui sono tornata a vivere, un giorno dopo l’altro.
Ho passato i primi tre anni della sua vita, dedita solo a David,
poi un giorno ho conosciuto Andrea, l’uomo che sposerò a breve”.
All’improvviso Brian la supplicò: “Piera, ho un assoluto bisogno di sentirmi dire che David è nostro figlio!”.
29
7.
Alla supplica invocatole da Brian, Piera non rispose.
Girò la testa verso il camino per sfuggire lo sguardo supplichevole di lui e con molta freddezza, senza mai guardarlo negli
occhi, disse: “David è mio figlio!”.
L’atmosfera all’istante gelò. Dagli occhi di Brian trasparì la
forte emozione provata. Solo allora capì quanto dolore aveva
causato a Piera.
Guardò il grande orologio a pendolo e disse semplicemente:
“E’ molto tardi, che ne dici se andiamo a riposare? Riprenderemo il discorso domani”.
“Certo Brian, sono molto stanca, è stata una giornata pesante per entrambi. Ok!”.
Uscirono dalla stanza. L’appartamento di Brian era un superattico di grande metratura, nell’attraversarlo per giungere alle
loro camere, fu inevitabile per Piera, fare degli apprezzamenti.
Brian le mostrò la stanza degli ospiti e con molta tenerezza,
le augurò la buonanotte.
Appoggiandosi alla porta chiusa a chiave, Piera pensò ‘Finalmente sola!’.
Si guardò attorno, il lusso di quella stanza era esagerato.
Fece velocemente un calcolo e arrivò alla conclusione: ‘Il mio
appartamento di Rimini è grande come questa stanza, incredibile! Ho sempre saputo che Brian conduceva una vita agiata,
ma non così lussuosa’.
Decise di farsi una doccia, per poter togliere tutta la tensione
accumulata, ma in quel momento suonò il cellulare.
‘Andrea! Oddio, mi sono scordata completamente di lui!’.
“Ciao amore, scusa volevo chiamarti, ma …”
“Ma… cosa?”, disse Andrea, “Ho aspettato tutto il giorno
una tua chiamata!”
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“Hai ragione amore, però cerca di capirmi”
“Non cambierai mai! Piuttosto dimmi come va, da quelle
parti”
“Tutto bene, non preoccuparti, la giornata è stata pesante e
lunga da raccontare. Stai tranquillo. Tutto sotto controllo. Domani, al mio ritorno, ti racconterò nei minimi particolari. Adesso, desidero solo farmi una doccia e dormire, ho tanto sonno
amore!”
“Si può sapere almeno dove dormi?”, disse Andrea.
“Hanno insistito nell’ospitarmi e io ho accettato, cosa dovevo fare?”.
“Hanno chi?”, chiese lui.
“Brian e sua mamma”, rispose Piera quasi seccata.
“Ok. Ho capito. Vai a farti la doccia e cerca di riposare. Ci
vediamo domani”.
“Grazie amore, buona notte!”.
“Che figata!”, disse Piera.
“Una doccia così non l’avevo mai fatta!”.
Infilò l’accappatoio, abbassò la luce e si sedette sulla sedia a
dondolo, vicino alla gran vetrata della sua stanza.
Da lì poteva ammirare la gran piazza di Piccadilly Circus,
dove svettava la grande statua d’Eros, circondata da luci, grandi insegne e locali.
Anche di notte la piazza era calpestata da molti ragazzi che
rendevano l’atmosfera, quasi giornaliera.
Il dondolio della sedia la rilassò e cominciò a riflettere con
più tranquillità.
Ripensò alle parole di Brian, tutto era chiaro, doveva solo
accettarlo, non era semplice.
Quanti anni passati a colpevolizzarsi, cercando di dimenticare quell’uomo.
Domandarsi sempre il perché di tutto quello che le era capitato e non avere mai una risposta, tanto cercata e oggi buttata in
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faccia con la stessa forza di allora.
Quanto dolore può causare l’egoismo delle persone!
‘Adesso mi chiede delle conferme sulla paternità, quale paternità? David è mio, solo mio! Dal momento della sua nascita
ho sempre pensato che non avesse un padre! C’ero io e nessun
altro, lo avevo concepito come la Madonna, per opera dello
Spirito Santo. Fin dai primi secondi della sua vita, l’ho sentito
mio. Non ha un padre!’.
Quel pensiero la agitò. Si alzò di scatto, rovistò nella borsa e
prese la foto di David.
Si sedette sul letto, guardò il viso di suo figlio. Era la sua
immagine riflessa.
Stessi occhi azzurri, uguali capelli ramati, solo le lentiggini
la differenziavano da lui, aveva anche le stesse fossette sulle
guance. Non c’erano dubbi, era solo suo figlio e d’istinto baciò
la foto.
Cercò in tutti i modi di dormire, ma non riuscì a chiudere
occhio quella notte. Nella stanza accanto c’era Brian e il solo
pensiero l’agitava. Decise così di anticipare la sua partenza,
guardò l’ora, erano le sei e si alzò.
Guardò fuori, si preannunciava una bella giornata, il cielo
era azzurro e l’aria frizzante. Pensò che quella sarebbe stata
una giornata migliore.
Osservando quello che la circondava, si rese conto di quanto
fosse diversa la sua vita, rispetto a quella di Brian.
Piera aveva vissuto in una città di provincia, con gente comune. I suoi genitori con molti sacrifici le avevano donato una
vita serena e normale.
Brian invece aveva vissuto nell’agiatezza.
Si rammentò i discorsi di quando erano ragazzi, come le descriveva il luogo dove aveva vissuto con i suoi genitori a Notting Hill, un quartiere residenziale di Londra. Il padre era un
importante editore, possedeva una famosa casa editrice e la madre svolgeva un lavoro manageriale, come parte integrante di
32
essa.
Nulla di tutto ciò aveva a che fare con la sua vita, come si
sentiva fuori luogo!
Guardò l’orologio e vide che erano le sette.
Decise di prepararsi, voleva assolutamente partire prima che
Brian si svegliasse. Non aveva voglia di rivederlo e continuare
il discorso interrotto la sera prima.
Notò che sullo scrittoio, posto in un angolo della stanza, c’era la carta da lettera e di colpo le balenò l’idea di scrivere a
Brian.
La penna scorreva su quel foglio bianco e le parole impresse
uscivano come un fiume in piena. Liberò la sua anima nello
scrivere, aveva finalmente ritrovato se stessa.
Infilò la lettera in una busta, la guardò e convinta di aver fatto la cosa più giusta, prese la borsa e uscì dalla stanza.
Nel corridoio incontrò Adelle.
“Buongiorno Piera!”.
“ Buongiorno a lei signora Adelle!”.
“Come mai così mattiniera?”.
Piera la guardò, sorrise e cercando le parole più garbate che
conosceva, rispose: “Purtroppo devo anticipare la mia partenza,
ho un problema a casa, nulla di grave ma, devo essere a Rimini
entro le dodici”.
“Parti senza salutare Brian?”.
“Mi spiace signora, ma le ripeto sono costretta. Vorrei chiederle un favore a riguardo”.
“Dimmi. Se posso, più che volentieri”.
“Ho scritto una lettera per Brian. Sarebbe così gentile di
consegnarla a lui, quando si sveglia?”.
“Certo. Mi spiace in ogni caso, che tu debba partire senza
salutarlo di persona”.
“Spiace molto anche a me ma, so che lo farà lei al mio posto!”.
“ Grazie della sua ospitalità, spero di rivederla presto e po33
termi fermare più a lungo”.
Adelle accompagnò Piera alla porta e si salutarono con affetto.
Con la lettera tra le mani, Adelle ebbe un attimo di turbamento, non riuscendo a intuire il perché dell’improvvisa partenza ma, non si soffermò troppo a riflettere. Scosse la testa,
portò la busta nello studio di Brian e la sistemò sulla scrivania
in modo tale che fosse ben visibile.
Uscì dalla stanza, abitualmente non interferiva nei problemi
personali di suo figlio, soprattutto quando si trattava di questioni di cuore.
Brian sapeva che in ogni caso lei era sempre pronta ad
ascoltare ma, nonostante tutto, Adelle fu pervasa da un’insolita
sensazione.
Quella donna, apparsa dal nulla, sarebbe divenuta la causa
dello stravolgimento della vita di suo figlio… dopo tanta fatica!
La mente d’Adelle andò a ritroso nel tempo. Non era stato
facile per lei accettare la diversità di Brian, figlio unico, viziato
da entrambi i genitori e amato quasi fino a raggiungere la morbosità.
Così, come suo figlio aveva avuto bisogno di lei, così lei richiedeva l’aiuto di suo figlio per avere la piena consapevolezza
di quell’inaspettata situazione. Disorientata, aveva dovuto raccogliere tutte le sue forze per affrontarla.
Quanta sofferenza aveva provato nel vedere suo figlio tormentato. L’aveva rassicurato, coccolato e protetto come un
bimbo, per placare le sue angosce.
Poi, lentamente, tutto si era risolto e quel fiume in piena d’emozioni si placò.
Lei e suo figlio avevano raggiunto un tale equilibrio e complicità che il solo pensiero che qualcuno potesse scalfirlo le
fece provare un brivido di paura.
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A questa consapevolezza, Adelle si ribellò!
No! Non avrebbe permesso a nessuno di minare quell’equilibrio che le era costato pazienza, rinunce e sofferenze. Provò
un immediato e quasi naturale risentimento nei confronti di
quella bellissima donna, un sentimento che poche volte aveva
provato nella sua vita ma che l’aveva pervasa improvvisamente.
‘Strano!’, pensò Adelle ‘Eppure Brian era felice di rivederla
e di poter parlare a cuore aperto con lei, di raccontarle la verità
tenuta nascosta per troppi anni e io avevo avvallato questa sua
idea!’.
Fece un sorriso e ritornò nel suo quotidiano.
Brian si svegliò e il suo primo pensiero fu che avrebbe rivisto, a breve per la colazione, Piera.
Era una donna forte, lo aveva dimostrato in quegli anni affrontando tante avversità e ne era uscita più forte e più decisa.
La mente di Brian tornò al lontano passato e rivedeva ogni
momento trascorso con lei. Finalmente aveva raggiunto il suo
scopo, mettendo fine a un problema in sospeso da molto tempo
e ciò gli dava un senso di sollievo.
Brian si riprese dai suoi pensieri.
Come ogni mattina, il maggiordomo era entrato nella stanza
da letto, per aiutare Brian a prepararsi per la colazione.
Per fortuna Brian, nonostante la sua menomazione, era riuscito con tanto esercizio a mantenersi forte e agile e ciò gli permetteva d’essere autosufficiente, al punto che l’aiuto del maggiordomo era limitato a pochi gesti.
Dopo essersi preparato con cura, si recò in sala da pranzo,
dove ad attenderlo c’era sua madre.
Brian cercò con lo sguardo Piera ma non la vide. Nella convinzione che fosse ancora nella sua stanza, con aria allegra invitò il maggiordomo ad avvisare la loro ospite che la colazione
era servita.
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Dalle tende tirate nella sala da pranzo s’intravedeva un cielo
sereno che mai si era visto, Londra sembrava una giovane ragazza che sorrideva alla nuova giornata.
Brian cercò lo sguardo della madre intenta a leggere, notò
nell’aria uno strano mutismo, Adelle era solita dialogare già al
primo mattino.
“Mamma, come mai stamattina sei taciturna?”, domandò
preoccupato.
“Brian, Piera è partita di buon’ora, lasciando una lettera per
te”.
Il silenzio calò nella stanza.
L’umore di Brian cambiò, il sorriso lasciò posto allo sconforto. Si allontanò dalla sala da pranzo e si recò nello studio.
Entrato, guardò la scrivania e vide la lettera appoggiata al
portacarte, fermò lo sguardo su di essa, senza trovare il coraggio di aprirla.
Incerto sul da farsi, si avvicinò alla finestra, Piccadilly Circus brulicava di persone frenetiche.
Brian vide il nuovo giorno riprendere vita, lui invece si sentiva inerme e piatto.
I suoi occhi piansero lacrime amare ma subito si riprese.
Le sue forti braccia spinsero la sedia a rotelle verso lo scrittoio, prese la lettera fra le mani, la tenne in sospeso qualche
istante, poi delicatamente, come se fosse un fiore la ripose esattamente dove l’aveva trovata.
36
8.
Piera arrivò a Rimini in perfetto orario, ad attenderla all'aeroporto c'era Andrea.
Uscita dal terminal, lo intravide tra i passanti e con un cenno
della mano gli indicò di aspettarla. Attraversò la strada che li
divideva e pose la borsa da viaggio.
“Ciao, amore, finalmente a casa”, disse Andrea stringendola
forte a sé.
“Mi sei mancata da morire. Devi raccontarmi tutto, sai, ho
praticamente l'ansia da quando sei partita. Amore vuoi andare
subito a casa o ci fermiamo a mangiare qualcosa in una trattoria?”.
S'incamminarono verso la macchina, Piera rispose che la
trattoria andava benissimo.
“Speravo di vedere anche David”, esternò Piera, abbozzando un amaro sorriso.
Andrea, attento alla guida, appoggiò la mano sulla sua gamba, si girò cercando il suo sguardo, a un tratto frenò bruscamente dicendo: “Ma va a...!”.
“Scusa, oggi sono nervoso. David è da Michele. Adesso ha
un cane, e sai com'è tuo figlio, non stava più nella pelle! Prima
di venire all'aeroporto ho dovuto accompagnarlo da Miki, sarebbe meglio telefonargli”.
“Amore, ti ricordi che stasera siamo invitati da mio
fratello?”
“A che ora ci aspettano?”, domandò Piera annoiata.
“Alle nove”, rispose Andrea.
Tra i pochi attimi di silenzi, Piera pensava a Michele. Si ricordò del cane che aveva acquistato mesi prima e di quanto
fosse contento ma, lei ora provava nei suoi confronti un profondo risentimento. Aveva bisogno urgentemente di spiegazioni.
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La voce di Andrea la riportò in sé. Erano arrivati alla trattoria, scesero dalla macchina ed entrarono tenendosi per mano.
Piera cominciò a raccontargli tutto, si soffermò anche sui
piccoli dettagli. Andrea l'ascoltava con attenzione e quando
sentì pronunciare la parola omosessuale, si rilassò al punto da
sorridere.
“Devo dirti la verità", disse Andrea interrompendola, “Ho
avuto il timore di perderti. Ho odiato in questi giorni quell'uomo ma, ora la mia angoscia è svanita, ora mi sembra tutto più
semplice, ora possiamo finalmente pensare a noi, quel fantasma
di nome Brian è svanito, svanito nel nulla. Piera, capisco che
per te sia una grossa delusione e spero con tutta l'anima che tu
possa dimenticare quella parte della tua vita così sofferta ma,
oggi, accanto a te ci sono io, Piera. Io ti amo!”.
Lei, lo guardava sgomenta. Andrea in quel momento stava
parlando da perfetto egoista, si sentiva svuotata, anche il suo
adorato Andrea, non riusciva a capire la sua sofferenza.
“Dopotutto, sei anche tu un uomo, perché dovresti essere diverso da tutti gli altri?”, e soffocò la frase.
“Piera, non cambiare, rimani sempre te stessa e non farlo per
nessuno, sei bella così come sei. Il tempo cancellerà anche questi momenti, o forse la tua partenza ha cambiato qualcosa fra
noi?”.
“Andrea, ascoltami attentamente. Forse ti sei scordato che
stai parlando dell'uomo che io ho amato, forse dimentichi che
ho un figlio e che Brian se vuole, potrebbe chiedere la paternità. Quel ragazzo è solo mio, mio e basta, nessuno potrà portarmelo via, questo lo capisci vero? Riguardo noi due, tu stai pensando solo a te stesso. Io in questo momento sono a pezzi e forse l'omosessualità di Brian fa sorridere te ma non certo me, e
poi, anche Michele mi ha delusa, lo credevo un amico sincero,
invece ha tradito la fiducia che riponevo in lui. Ha rovinato tutto. Sai Andrea, mi dici di non cambiare, invece vorrei essere
proprio quella che non sono”.
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Andrea rimase sbalordito dall'impeto di Piera e alzando il
tono della voce che aveva mantenuto pacato per tutta la conversazione, le vomitò tutta la sua ira.
“Adesso Piera tu mi ascolti attentamente, quello che ti dirò
deve rimanere ben chiaro nella tua testolina!”.
“Hai sempre sostenuto che tra di noi doveva esserci la massima sincerità e il rispetto reciproco ma, quando esterno le mie
emozioni e dico quello che veramente penso, tu, cara Piera, ti
arrabbi e mi dai dell'egoista. A che gioco stai giocando? Io, mi
sto sforzando di capire il tuo dolore ma, non puoi pretendere da
me l'impossibile! Io non sono un santo. È vero sono contento
che Brian sia un diverso e se vuoi te lo ripeto ancora una volta
e un'altra ancora. Ora stai mettendo a dura prova la mia pazienza, adesso basta!”.
“Basta cosa?”, domandò Piera seriamente. “Se non sei in
grado di ascoltare, lasciamo perdere, non ho la pretesa che tu
mi capisca, anzi, sono quasi convinta che tu non riesca a farlo
ma, ti dirò di più, lascia che questa faccenda la porti a termine
da sola”.
Andrea assunse un'espressione incredula. “Vuoi dirmi che
hai tralasciato dei particolari? “Oppure di punto in bianco hai
deciso di raccontarmi delle mezze verità?”.
Piera guardò l'orologio erano passate da poco le due e mezza.
“Fatti portare il conto”. Chiuse il discorso e si alzò bruscamente dirigendosi verso l'uscita della trattoria.
Andrea la trovò intenta a parlare al telefono con Edvige. Le
fece cenno di salire in macchina, ancora non sapeva che direzione doveva prendere. Aspettò che Piera pronunciasse almeno
mezza sillaba. Il mutismo regnò come un ospite sgradito.
Giunsero a casa di lei: “Vuoi salire?”.
“E' meglio di no”, rispose lui guardando nel vuoto.
“Dai, sali, ti faccio un caffè. Ci fumiamo una sigaretta e poi
vediamo cosa dobbiamo fare del nostro amore”.
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Il tempo rimasto lo passarono sul letto di Piera, sotto le lenzuola, dimenticando tutto e tutti, poi il cellulare di Andrea suonò, era Stefano, suo fratello.
“Ciao, dove sei?”.
“Ti stiamo aspettando”.
Piera, scattò come una molla, guardò l'orologio appeso alla
parete segnava le diciannove e quarantatre minuti. Si strofinò
gli occhi, riguardò l'orario, non si era sbagliata, era proprio tardi.
Sottovoce disse ad Andrea: “Digli che in un lampo saremo
da lui!”.
In macchina, Piera esclamò: “Andrea, il regalo per tuo fratello?!”.
Lui voltò il viso e rispose: “Sei tu la donna piena di iniziative, inventati qualcosa da raccontare quando arriveremo da mio
fratello”.
Piera rise di gusto.
“Lo sai Andrea? Adesso che ci penso, anche l'anno scorso è
capitata la stessa identica cosa, però non ricordo in questo momento i particolari”.
“Siamo andati nel pomeriggio alla festa di compleanno di un
amico di David e abbiamo fatto tardi, come al solito. Poi ci siamo fermati dal tabaccaio e a te, Piera, è venuta la fantastica
idea di comprare dieci gratta e vinci da regalare a mio fratello.
Ricordo ancora la faccia di Stefano, si mise a ridere, forse per
non piangere”.
“Certo, non ha gradito il regalo, perché non è un uomo spiritoso, però, se avesse vinto diecimila euro, allora il regalo sarebbe stato fantastico!”
“Dai, Piera, non dirmi che è normale presentarsi con un
dono del genere! Solo a te possono venire queste fantastiche
idee”.
Giunsero da Stefano, ad attenderli c'erano anche i genitori di
Andrea, oltre che David e Michele.
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“Ciao prezzemolino”, disse Michele abbracciandola forte a
sé.
Piera, lo salutò dandogli un bacio sulla guancia. Sapeva di
doverlo incontrare da Stefano, per cui aveva deciso di non dargli, almeno per quella sera soddisfazione. Voleva tacere e
aspettare.
“Michele, cosa hai regalato a Stefano?”, domandò Piera con
ironia.
“Mi sono ricordato che Stefano ha perso i suoi occhiali da
sole, quindi è stato abbastanza facile trovare il regalo adatto”.
“Già”, rispose Piera.
“Io, purtroppo, non ho fatto in tempo a comperare niente.
Dovrò scusarmi, che figuraccia! “Per caso, gli hai già dato il
tuo regalo?”, gli domandò lei.
Michele capì dove Piera voleva arrivare.
“Ho capito, diciamo che è da parte di noi tre. Va bene
Piera?”.
Lei sorrise. La collera, che aveva accumulato verso Michele
stava piano, piano, scemando. Lui capì e accennò qualche domanda riguardo al viaggio. Voleva capire come prendere Piera,
con le pinze o in modo diretto. Ci provò.
“Piera, ti devo delle scuse ma, so che non è il momento e il
luogo adatto. Domani verrai da me prezzemolino? Ti voglio
troppo bene e non sopporto l'idea di averti ferito. Sappi che ho
dovuto tacere per onestà nei confronti di Brian”.
Il discorso venne interrotto da David, quel bambino era la
sua vita. Lo strinse forte a sé. Lo baciò e gli domandò: “Ti è
mancata la mamma in questi due giorni ?”.
David le diede un bacio e poi un altro ancora.
“Certo! Che domande mi fai? Non mi hai spiegato perché
sei andata a Londra!”.
Piera rimase impassibile. Non aveva pronta una risposta ragionevole.
Prese qualche secondo di tempo per riflettere, non voleva
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assolutamente far sapere a suo figlio dell'esistenza di Brian,
così rispose: “Quando saremo soli io e te, la mamma ti spiegherà il motivo. Adesso vai a giocare con i tuoi cugini!”.
Andrea si avvicinò a Piera: “Lo sai che sei bellissima anche
senza trucco?”.
“In due secondi ti sei vestita e hai trovato l'accostamento
adatto di ciò che indossi stasera. Amore, ti regalerei la luna, se
fosse possibile prenderla. Anzi di più, ti comprerei il mondo intero, tutto per te. Ti amo!”.
Stefano si accostò a loro: “Ragazzi, grazie per il regalo, ne
avevo proprio bisogno!”
“Ti piace?”, domandò Piera.
“Eravamo indecisi sulla montatura, poi Andrea e Michele
hanno pensato che sicuramente sarebbe stata di tuo gusto”.
Michele fece l'occhiolino ad Andrea e quando Stefano girò
loro le spalle, Andrea disse allegramente: “Piera, non so i retroscena ma, vuoi sapere cosa penso di te?”.
“No”, rispose sogghignando lei e allontanandosi da loro
pensò ‘Non capisco quell'uomo, prima mi dice che sono una
donna piena di iniziative, gli risolvo il problema e lui?’.
Smise di pensare, accese una sigaretta e si aggregò agli altri
presenti, la serata stava animandosi e lei voleva viverla.
42
9.
‘Quando si dice domani sarà un altro giorno, spesso dopo si
sorride ironicamente, illudendosi che quello che ti è successo,
possa sembrare ai tuoi occhi, meno catastrofico e credi sia
vero.
Balle! Lo stesso problema ti si ripresenta, forse in modo diverso ma, lo devi risolvere, non c’è nessuno che possa farlo al
tuo posto, pertanto vedi di darti una mossa!’.
Questo fu il primo pensiero di Piera, il mattino seguente,
quando aprì gli occhi e tutto le tornò alla mente. “Ok la giornata è cominciata”, disse ad alta voce. Si stiracchiò, guardò l’orologio e decise di alzarsi.
Svegliò il suo David: “Cucciolo alzati per favore!”, fecero
colazione e tra un dispetto e il solito borbottare mattutino di
Piera con il figlio, che immancabilmente era sempre in ritardo,
si recarono a scuola.
Durante il tragitto David chiese ancora a sua madre, spiegazioni sul suo viaggio a Londra.
Piera, questa volta gli accennò di una visita a un amico che
non vedeva da molto tempo e senza entrare nei particolari concluse dicendo: “Adesso non è il momento, siamo quasi arrivati,
ne parleremo con più tranquillità”.
David sbuffò e quasi scocciato disse: “Ieri non era il momento, questa mattina neanche e poi come si chiama il tuo amico?”.
“Brian”, disse Piera e parcheggiò la macchina. David la
guardò e sorridendo rispose: “Che nome strano!”. A Piera venne da sorridere e pensò fra sé ‘È proprio vero è strano, incredibile che sesto senso, abbiano i bambini’.
Poi accompagnò suo figlio davanti all’entrata della scuola,
lo salutò raccomandandosi come al solito e riprese il tragitto
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verso l’ufficio.
Davanti alla clinica vide Michele con un collega, abbozzò
un sorriso e ironicamente gli disse: “Buongiorno dottore, si tenga libero da impegni questa sera. Si ricorda?”.
“Certo che mi ricordo. Come potrei dimenticare un impegno
così gravoso!”, rispose Michele e facendole l’occhiolino la salutò, sperando che la collera espressa così ironicamente nei
suoi confronti, durante la giornata potesse allentarsi.
Purtroppo non fu così, come aveva sperato Miky. Nell’ora
di pausa, si accorse che Piera non aveva cambiato atteggiamento, anzi, cercò di evitare qualsiasi contatto con lui e tutto ciò
preannunciava una serata molto animata, del resto doveva
aspettarselo da lei.
L’atteso momento arrivò. Suonò il campanello. La porta di
casa di Michele si aprì, Piera entrò e subito vide il cucciolo che
scodinzolando si avvicinò a lei.
Non poté fare altro che sorridere, si chinò e accarezzandolo
gli manifestò tutta la simpatia che provava, poi rivolgendosi a
Miky disse: “È bellissimo, come l’hai chiamato?”.
“Leon”, disse lui, avvicinandosi per salutarla. Lei ricambiò
il saluto, prese il cucciolo in braccio e si sedettero sul divano,
entrambi pronti ad affrontare la dura verità.
“Da dove vuoi che inizi a spiegarti?”, chiese Miky.
“Direi dall’inizio!”, rispose Piera con tono imperioso.
“Ok, se hai la pazienza di ascoltare e cambi atteggiamento
nei miei riguardi, posso anche cominciare a raccontarti le motivazioni per le quali ho taciuto determinate verità”.
“Comincia pure. Cercherò di non ostacolare il tuo discorso
ma non chiedermi di non essere incazzata nera con te. Per ora
non riesco a giustificare il tuo comportamento!”, rispose Piera,
continuando ad accarezzare Leon, come deterrente per calmarsi.
“Tutto è cominciato ai tempi del liceo, durante un mio soggiorno a Londra. È lì che ho rivisto Brian per puro caso in un
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locale frequentato da gay, la meraviglia nel trovarsi è stata per
entrambi devastante. Ho sempre avuto dei seri dubbi su di lui.
Quando tornava a Rimini e ti frequentava, capivo dai suoi comportamenti che la vostra relazione non era da entrambi vissuta
con la stessa passione e speravo, per il tuo bene, che le mie
sensazioni fossero sbagliate. Eravamo solo dei ragazzi, è facile
a quell’età avere dei dubbi riguardo alla propria sessualità, anche se alcune volte durante i nostri incontri estivi in compagnia, mi sentivo osservato e notavo il suo sguardo su di me.
Questo però non mi autorizzava a trarre conclusioni e indirizzavo altrove i miei pensieri. Quel giorno però a Londra ci siamo liberati dalle nostre maschere e abbiamo dato sfogo a molte
verità nascoste, diventando sempre più intimi”.
“Prego? Vuoi dire che sei stato il suo amante?”, disse Piera
irritata.
“Non esagerare con le parole! Amante… Ci siamo aiutati a
vicenda. Poi il sesso ha fatto da contorno ma, niente di più.
Fammi continuare così forse capirai!”.
“Continua!”, disse lei sempre più incazzata.
“Dopo il mio ritorno da Londra, la nostra amicizia si consolidò sempre di più. Ci sentivamo spesso e raccoglievo tutte le
sue confidenze, i suoi timori e i sensi di colpa che provava nei
tuoi confronti. Non riusciva a dirti nulla, per non ferirti, perché
a suo modo ti amava. Eri stata la sua donna per tanto tempo e
capiva di non essere in grado di amarti come tu meritavi”.
“Sai quante volte piangendo mi diceva che avrebbe dato
chissà cosa, pur di non essere come in realtà era. Ha fatto molta
fatica ad accettare il suo essere diverso, che nella sua convinzione, faceva soffrire le persone che amava. Invidiava la mia
consapevolezza e il modo in cui affrontavo senza remore la mia
diversità. C’è voluto tanto tempo, per fargli capire che anche
lui ci sarebbe riuscito e che si sarebbe meravigliato nell’accorgersi, che i timori e le paure che l’avevano afflitto, sarebbero
svaniti di colpo nel momento in cui lui avesse avuto il coraggio
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di esporsi. Dopotutto, chi ha il diritto di giudicare un altro essere umano, solo per le sue scelte sessuali? Tu per primo devi accettarlo, se vuoi che agli occhi delle altre persone tutto appaia
logico e come si suol dire ‘normale’. Ti amava. Credimi, non ti
ha usata. Ha deciso di sparire dalla tua vita per non farti del
male, di più di quello che ti aveva già fatto e sperava che, non
avendo più notizie di lui, tu lo odiassi e riuscissi con il tempo a
dimenticare. Eri molto giovane e la vita ti avrebbe regalato il
vero amore, ne era convinto. Non sapeva del tuo stato, quando
è partito, e io gliel’ho taciuto, fin che ho potuto. Non chiedermi
il perché, so di aver sbagliato ma, è stato difficile per me capire
cosa fosse più giusto fare con entrambi. Vedevo te vivere nella
convinzione totale di essere l’unica responsabile della vita di
David e poi è arrivato Andrea, l’uomo che tu stessa hai scelto
di amare. Sapevo che Brian finalmente aveva raggiunto la sua
serenità, nonostante la disgrazia capitatagli. Amava ed era amato a sua volta, cosa potevo fare? Chi ero io, per prendere in
mano le vostre vite? Potevo solo ascoltare e amarvi in silenzio
entrambi, fino a quel giorno… Quando Brian ha saputo da me,
che ti saresti sposata. Solo allora, ha deciso di volerti parlare e
di sapere di David. Non immaginavo lo facesse senza avvisarmi. Pertanto non c’è stato il tempo, da parte mia, di poterne
parlare con te. Credimi non avrei voluto che tu lo sapessi in
questo modo. A quel punto non potevo far nulla”.
Michele si accorse di aver parlato a ruota libera, senza essere interrotto da Piera. Non gli sembrava vero che ciò potesse
succedere. La guardò e vide nei suoi occhi tanta tristezza. Le
prese una mano e le domandò: “Cosa stai pensando? Dimmelo,
non tenermi all’oscuro dai tuoi pensieri, non farmi sentire impotente davanti a te, non lo sopporto. Offendimi se lo ritieni
opportuno ma non estraniarmi!”.
“Non sto pensando niente di tutto quello che hai detto. Dammi solo il tempo di realizzare e capire la tua verità!”.
“Ok, scusa ma, non sono abituato ai tuoi silenzi! Spero di
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essere stato abbastanza chiaro e di non averti ferito ulteriormente. Mi hai chiesto di iniziare dal principio e l’ho fatto. Ora
però vorrei sapere cosa provi e cosa pensi di tutto ciò”.
“Cosa penso e cosa provo… Bella domanda!”, rispose Piera,
alzando il tono di voce e prendendo padronanza della conversazione.
“Te lo dico subito cosa penso! Ho capito benissimo il tuo
racconto, perché di questo stiamo parlando, di un racconto. La
mia vita in mano a due omosessuali, il mio migliore amico e
l’uomo che ho amato con tutta me stessa. Complici e amici, a
mia insaputa. Che bravi siete stati, complimenti! Meritereste
l’oscar per la miglior sceneggiatura. Sono incazzata Miky, con
te e con l’altro stronzo che si trova a Londra! Ma vi amo. Non
posso farci niente. Vi amo e cercherò in qualche modo di capire il perché di tutto ciò”.
“Grazie piccola, per la tua comprensione, mi rendi felice.
Ho avuto una paura folle di perdere la tua amicizia, non l’avrei
sopportato. Ti voglio troppo bene prezzemolino mio!”.
“Sì, sì, lo so che mi vuoi bene. Mi volete bene tutte e due
ma, siete sempre due stronzi, ricordatelo!”. E così dicendo si
alzò di scatto, si accese una sigaretta e disse a Miky: “Dammi
qualcosa di forte da bere”.
“Cosa preferisci?”, disse lui.
“Quello che vuoi, basta che sia forte, devo mandar giù questo rospo”.
Dopo aver bevuto, tutto di un fiato il whisky che le aveva
offerto Michele, disse con tono ironico: “Mi vuoi spiegare perché ti sei portato a letto il mio uomo? Con tanti bei ragazzi che
c’erano a Londra, proprio Brian dovevi scoparti? E che cazzo. I
migliori ve li prendete tutti voi!”.
Miky la guardò… Scoppiò a ridere. Aveva ritrovato il suo
prezzemolino, solo lei in una tale situazione poteva dire certe
cose, era fantastica!
“Non c’è niente da ridere. Anzi direi il contrario. Vedi di
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smetterla e di non farmi incazzare di più di quello che già sono.
Piuttosto dammi una risposta, non sto scherzando, è la verità,
oppure provami il contrario!”, disse Piera sempre più alterata.
“Siediti vicino a me e calmati. Come faccio a spiegarti il
perché succedono certe cose? Succedono e basta! È già tutto
scritto il nostro destino, è segnato”.
“Non dire balle”, disse lei “Sono solo delle grandi cazzate
quelle che dici. Il destino sarà segnato ma, lo decidiamo noi, se
viverlo o no e tu lo hai vissuto, perché lo volevi e non dire che
non è vero!”.
“Va bene. Se lo dici tu, sarà così!”.
“Mi stai prendendo per il culo?”.
“No, mi chiedi il perché e poi ti incazzi se non ti dico quello
che tu vuoi sentirti dire, prezzemolino caro?”. Piera si azzittì.
“Adesso basta!”, borbottò Miky. “Piuttosto, raccontami
come è andata con Brian. Come si è svolto il tutto dopo il tuo
arrivo a Londra? Non tenermi sulle spine, dimmi tutto!”.
A quel punto Piera decise di cambiare atteggiamento con
Michele, si erano spiegati a sufficienza.
Ora riteneva giusto esaudire la curiosità di Miky e cominciò
a raccontargli tutto nei minimi particolari, partendo dal suo arrivo a casa di Brian e concludendo con la consegna della lettera
ad Adelle.
Lui rimase in silenzio ad ascoltarla. Solo quando Piera concluse il suo racconto le chiese : “Se non è eccessivo, posso sapere il contenuto della lettera?”.
“Non è il caso, se avrai modo di parlare con Brian, fattelo
dire da lui, vista la vostra intimità. Non avrà remore a leggertela!”, e aggiunse sorridendo: “Uno a zero, palla al centro!”.
“Ok, tanto prima o poi sarai tu a dirmelo. Ti conosco troppo
bene prezzemolino!”
“Posso almeno sapere come intendi procedere?”, disse Michele incuriosito.
“Cosa vuoi che faccia? Credo non ci sia niente che io possa
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fare. Sono stata molto esauriente nella mia lettera con Brian, e
poi con tutto quello che devo fare per i preparativi del mio matrimonio, penso proprio che non avrò tempo da dedicare ai problemi psicologici di Brian. Sono tornata a casa ancora più convinta del fatto che David è solo mio. Non mi sono mai posta la
domanda, chi fosse il padre, tu questo lo sai bene, conoscendo
fin da allora i retroscena e tanto meno oggi me la pongo. Vuoi
sapere perché? Non me ne frega niente di dare un padre a David. Aveva solo tre anni quando nella nostra vita è arrivato Andrea. Grazie a lui non gli è mai mancata la figura paterna e poi
cosa facciamo? La famiglia allargata con un padre acquisito?
Un padre naturale omosessuale? Sempre che sia lui!”.
“Dimenticavo… E anche uno zio gay sarebbe troppo, tutto
in una volta!”.
“Lo zio gay sarei io?”, chiese Michele, ridendo.
“Certo, e chi se no!”, rispose Piera, dandogli uno spintone
sulla spalla.
“Non è proprio il caso di sconvolgere la vita di mio figlio,
sono stata chiara?”, replicò Piera.
“Chiarissima”, rispose Michele, e la tirò a se abbracciandola.
A quel punto della serata, Piera guardò l’orologio. Erano
quasi le dieci. Decise che era arrivato il momento di salutarsi,
anche perché doveva passare a casa di Edvige a prendere David. Non aveva nessuna voglia di sentirla brontolare e lo fece
presente a Michele.
Si salutarono sulla porta di casa. Michele aveva in braccio
Leon e in modo scherzoso disse: “Leon, saluta la zia, che va a
casa. Dai un bacio alla zia!”.
Piera rise e accarezzò il cucciolo, poi diede un pizzicotto a
Miky e uscì!
Durante il tragitto verso casa di sua madre, Piera ripensò a
tutto quello che si erano detti lei e Michele. Non sapeva ancora
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se in cuor suo l’avesse veramente accettato. Pensò anche a
Brian e si chiese ‘Chissà se ha letto la mia lettera, e come avrà
reagito alle mie verità?’. Quante domande passavano nella
mente di lei!
Adesso, però, non voleva più pensare a Brian, era stanca e
non vedeva l’ora di riabbracciare il suo David.
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10.
Accostandosi alla finestra, Adelle si rispecchiò in quell’empireo uggioso, tipico di Londra.
Erano trascorsi cinque giorni da quando Piera in tutta fretta
se n’era andata via, dandole l’incombenza di consegnare a
Brian una lettera.
Quella missiva, posata da Adelle sullo scrittoio del figlio,
sembrava un cimelio funebre, Brian ancora non l’aveva aperta.
C’era nell’aria il silenzio di una città da poco sveglia. Adelle
immobile fissando il nulla, pensò che fosse giunto il momento
di parlare con il figlio che da troppi giorni vegetava in una forma di apatia.
Le frullarono nella mente, troppe domande senza risposte.
‘Chi fosse veramente Piera?’.
Lei si ricordava di un’amabile ragazzina di Rimini, oggi una
donna, una mamma, una bellissima creatura. La nuora che lei
certamente avrebbe amato se solo suo figlio glielo avesse permesso.
Ma la realtà era ben diversa. Piera non doveva interrompere
l’equilibrio interiore di Brian, no. Non poteva sopportare l’idea
di vedere il suo adorato figliolo soffrire ancora per amore.
Ritornò con la memoria al passato. Si ricordò il figlio nell’ebbrezza dell’alcool e del mostruoso incidente, dei giorni interminabili passati in ospedale, del suo stato di infermità, di
quanto Steve avesse sofferto per l’accaduto. Brian non voleva
accettare la sua menomazione. I mesi che seguirono furono per
Adelle terribili. Si sentiva ancora una volta impotente davanti a
suo figlio che non aveva più voglia di ricominciare a vivere.
Quante ore passate dal fisioterapista nella speranza di un
piccolo miglioramento! E poi il supporto dello psicologo, degli
infermieri che lo assistevano nelle necessità quotidiane.
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Steve lo aveva aiutato e amato e fu proprio lui a ridargli il
coraggio e la forza di accettare la realtà. Si presero per mano,
come due bambini innocenti. Il percorso travagliato fu lungo,
ma i risultati eccellenti.
Brian tornò tra i vivi, uscì dal tunnel della depressione, riprese con coraggio l’attività lavorativa, lo sport, le amicizie.
Tornò il sorriso sul suo volto e Adelle ringraziò il cielo per
aver ascoltato le sue preghiere.
Adelle tornò al presente. Si avvicinò al telefono, ora sapeva
che doveva assolutamente prendere in mano la situazione.
Compose il numero del suo avvocato di fiducia e fissò un
appuntamento per il giorno stesso. Poi chiamò Steve, voleva
parlare con lui senza far saper niente a Brian.
Chiamò il maggiordomo: “Carl, vorresti essere così gentile
di svegliare Brian? Riferisci che stamane vorrei fare colazione
in sua compagnia”.
Cercò di prepararsi mentalmente ad affrontare Brian, non
voleva apparire troppo ansiosa nei suoi riguardi, così decise di
adottare la linea della comprensione in modo tale che lui fosse
spronato a confidarsi con lei.
Brian si presentò in sala da pranzo, ad attenderlo c’era Adelle intenta a leggere il Times.
“Buongiorno, finalmente ho il piacere di stare un po' in buona compagnia!”, disse Adelle con un sorriso.
“Ciao mamma, stamani ho la testa che mi duole. Ti faccio
compagnia, so che sei preoccupata del mio comportamento,
purtroppo mi sento depresso. Vorrei non aver mai preso la decisione di chiarirmi con Piera. La sua breve permanenza ha
messo in discussione il mio equilibrio interiore, e poi il bambino, se fosse veramente mio!”.
Parlava lentamente, con voce rauca. Tossì per sbloccare quel
nodo in gola e continuò il discorso: “Mamma, oggi mi rendo
conto di quanto male le ho fatto e di tutto il dolore che ha dovuto sopportare. Sono stato un vigliacco, incapace di affrontare
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la realtà, devo assolutamente fare qualcosa per lei e per nostro
figlio. Sono padre e non conosco il suo volto, non ho mai dato
un solo penny per il suo mantenimento!”.
Adelle, ascoltava il figlio sforzandosi di non intervenire più
del necessario. Aveva capito perfettamente l’intento di Brian e
questo l’allarmò.
“Vorrei sapere se hai parlato con Steve dell’accaduto”, gli
chiese Adelle.
“No”, rispose lui “ Cerco in tutti i modi di essere il più possibile sintetico nelle nostre conversazioni. So che a breve tornerà a Londra. Ho tanto bisogno del suo conforto. Senza di lui sarei morto! Grazie mamma del tuo interessamento ma non preoccuparti troppo per me, non sono più un ragazzino. Ho solo
bisogno di riflettere, la partenza improvvisa di Piera mi ha demotivato e poi c’è quella lettera sullo scrittoio che, ancora non
ho avuto il coraggio di leggere”.
Adelle prese l’occasione per poter capire qualcosa di più e
gli disse: “Non capisco come si possa tenere una missiva per
tanti giorni senza leggerne il contenuto. Devi smetterla di fare
come gli struzzi. Se nascondi la testa nella terra, non conoscerai mai la verità. Pertanto non potrai mai affrontarla con tenacia”.
“Hai ragione mamma ma, ora non posso farlo. Ho paura di
leggere un contenuto che non voglio sapere, ho paura che ci sia
scritto ‘Quel bambino non è tuo!’ ”.
Adelle abbassò le spalle in segno di rassegnazione. Si rendeva conto di quanto amore avrebbe potuto dare Brian a quel
bambino se solo lei l’avesse voluto ma, ognuno deve pagare i
propri sbagli e poi come si sarebbe presentato a quella
creatura?
Lo avrebbe accettato un padre omosessuale?
Poi, era veramente suo figlio?
E se Piera avesse sfruttato l’occasione di speculare l’enorme
rendita di Brian?
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Su questi presupposti si congedò da suo figlio, lasciandolo
in compagnia di Carl. Aveva un appuntamento con l’avvocato,
doveva mettere in ordine un puzzle complicato.
Adelle trascorse la mattina in casa cercando di far passare il
tempo che, sembrava avesse messo un freno… non passava
mai!
Quando si trovava in quello stato di ansia, non riusciva a
concludere niente. Così decise di rilassarsi e si accomodò sulla
poltrona.
Si era preparata con cura, come da sua abitudine, e quando
giunse il momento di uscire, diede un'ultima occhiata allo specchio dell'ingresso e vide l'immagine di una donna curata e forte, pronta a tutto pur di salvaguardare la serenità di suo figlio.
Prese la borsa, scese le scale e salì sulla macchina che la stava
aspettando davanti al portone.
“Buon giorno signora Adelle”, disse la segretaria.
“L'avvocato la sta aspettando nel suo studio”.
Adelle aprì la porta e l'avvocato Brown le andò incontro. La
salutò porgendole la mano e la fece accomodare sulla poltrona
davanti alla scrivania.
Adelle si sentiva a suo agio in quello studio, conosceva Mr.
Brow da molto tempo.
L’avvocato oltre a essere il loro consulente famigliare, era
un amico. Conosceva benissimo le vicissitudini che avevano
passato lei e suo figlio in quegli anni. In più c'era sempre stato
un certo feeling fra loro.
“Adelle cosa ti succede? Hai un’espressione turbata, spero
niente di grave”.
“Non so quanto possa essere grave ma, sono molto in ansia
per Brian. Si trova all’improvviso in una situazione molto particolare, se devo essere sincera. Un pò cercata da lui. Ho bisogno di un tuo parere sia legale che, da amico per poter trovare
una soluzione”.
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Adelle raccontò nei minimi particolari quello che era successo nella sua casa in ventiquattrore e come ciò avesse cambiato la vita di suo figlio.
“Dan, ho riflettuto molto sul comportamento di quella donna!”.
“Non conosco il contenuto della lettera che mio figlio le ha
spedito. Di certo so che lei si è precipitata a Londra”
“Come può una donna, dopo dieci anni, decidere di partire
immediatamente per raggiungere il suo ex ragazzo quando ormai si è ricostruita la sua vita?”.
“Ti ripeto, sta per sposarsi e non lo trovo coerente!”.
“Dan, aiutami a scoprire chi è effettivamente quella donna
ma, soprattutto, voglio arrivare a sapere di chi è la paternità di
quel bambino”.
“Non voglio che Brian si illuda di esserne il padre. Ho dei
seri dubbi anche sul vero intento di quella donna. Tu conosci
benissimo la nostra situazione finanziaria, per cui puoi capire le
mie perplessità”.
“Sono disposta a tutto e tu mi conosci per arrivare al mio
scopo e poi prenderò le decisioni del caso”.
Dan rimase un attimo senza parole, fece un lungo sospiro.
Conosceva Adelle e sapeva benissimo quanto fosse determinata.
“Bene Adelle, capisco la situazione e il tuo stato d'animo ma
sarà un compito davvero complesso. Mi sembra di capire che,
dovremo muoverci in modo tale che Brian non ne venga a conoscenza, o mi sbaglio?”.
“Preferirei che tutto ciò fosse fatto a sua insaputa. Sono dubbi alquanto soggettivi, visto le circostanze!”, rispose Adelle e
continuò, “Non so se hai già pensato che strategia usare. So che
per sapere la vera identità di David bisogna conoscere il suo
DNA”.
“Certamente”, rispose Dan “E per fare ciò bisogna avere un
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oggetto che sia stato contaminato da fluidi corporali, come un
pezzetto di unghia, capelli con radice, un chewingum del bambino e poiché è minore, è necessaria l'autorizzazione del presunto padre e, naturalmente della madre!”.
Dan aveva ascoltato le parole di quella donna, aveva capito
il suo intento, voleva arrivare al suo scopo e non le interessava
in che modo ci sarebbe arrivata. L’importante era riuscirci e le
sue parole confermarono questo pensiero.
“Ovviamente noi non avremo l'autorizzazione né del padre e
tanto meno della madre!”, replicò Adelle.
“Hai già trovato una soluzione che non sia legale Adelle?.
Attenta! Io non sarò certo il tuo complice”, disse Dan, un po’
seccato.
Adelle capì di aver esagerato con tali affermazioni e rispose
d’impulso: “Ma legalmente è impossibile poter fare tale accertamento se uno dei due genitori non acconsente a effettuare tale
esame. Comunque, io non voglio che nessuno sappia. Voglio
sapere le motivazioni che hanno indotto quella donna a venire
così in fretta nella mia casa. Voglio sapere quali sono i suoi
obbiettivi. Devo proteggere mio figlio!”.
Dan, rassegnato davanti a tanta caparbietà sorrise. Nessuno
avrebbe dissuaso Adelle dai suoi propositi.
Sorseggiando un tè, e con molta tranquillità, cercarono una
soluzione a questo quesito, che non recasse troppi guai ad
Adelle.
Dan le diede l'indirizzo di un centro specializzato alla ricerca del DNA, il direttore era un suo carissimo amico e forse le
avrebbe fatto questo piacere.
Il laboratorio si trovava in Svizzera.
Adelle decise che sarebbe andata in Italia, a Rimini, per
escogitare un modo per avere un oggetto del bimbo da fare
analizzare.
L'impresa era ardua ma Adelle doveva arrivare al suo scopo.
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11.
Tornando verso casa Adelle ricevette la telefonata di Steve,
che molto preoccupato le comunicò il suo rientro a Londra per
il pomeriggio seguente. Fissarono direttamente un appuntamento.
Nel frattempo la vita a Rimini continuava come sempre. Piera era indaffarata nei preparativi del suo matrimonio e non
avendo avuto notizie da Brian, riguardanti la lettera, pensò di
buttarsi tutto alle spalle e impegnarsi totalmente affinché tutto
fosse perfetto per quel giorno.
Niente e nessuno avrebbe rovinato le sue nozze e la vita con
Andrea.
Non poteva immaginare, neanche lontanamente quello che,
da lì a poco tempo, le sarebbe successo e in quale situazione si
sarebbe trovata!
Steve arrivò puntuale all’appuntamento con Adelle e la salutò come sempre, con molto affetto. Mentre sorseggiavano un
gradevolissimo tè , seduti a un tavolo di un elegante e raffinato
locale, in modo diretto le domandò il perché di tanta preoccupazione nei confronti di Brian.
Lei gli raccontò tutto quello che era successo. Gli parlò di
Piera e del suo arrivo e gli spiegò dettagliatamente il comportamento di Brian dopo la sua improvvisa partenza e l’angoscia
che provava nel rivedere suo figlio in quello stato depressivo.
Gli comunicò anche la decisione che aveva preso dopo l’incontro con l’avvocato e gli chiese cortesemente di non far parola con Brian. Non sarebbe potuta arrivare a sapere determinate
verità se lui ne fosse stato a conoscenza. L’avrebbe sicuramente ostacolata.
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Steve ascoltò senza interrompere, era attonito e spaventato
dalle parole di Adelle. Capiva la sua angoscia ma non condivideva la sua richiesta di silenzio e sicuro del suo pensiero le disse: “Non dirò nulla che possa interferire nelle tue indagini ma,
io dovrò parlare con Brian di tutto quello che gli è successo e
mi dovrà dare anche delle spiegazioni per non avermi messo al
corrente di quello che è accaduto in mia assenza. Ne
convieni?”.
“Certo”, rispose Adelle “ma, gradirei che tu lo facessi con
garbo. Ne va della salute di Brian”.
“Non preoccuparti, sarò molto tranquillo. Sta a cuore anche
a me la sua salute ma, ti ripeto, voglio capire perché mi ha tenuto all’oscuro di tutto”.
Decisero così di salutarsi, allontanandosi, ognuno per recarsi
alle rispettive abitazioni.
La mattina seguente Steve, senza preavviso, si presentò a
casa di Brian. Egli nel vederlo rimase ammutolito, non era al
corrente del suo ritorno, lo pensava ancora lontano da Londra.
“Ciao, non ti aspettavi di vedermi. Sembra che tu abbia visto un fantasma. Sono io, Steve, non mi riconosci?”.
“Spiritoso! È stata solo una sorpresa. Ti pensavo ancora
fuori Londra”.
“Invece sono qua. Come dite voi in Italia? Se Maometto non
va alla montagna, la montagna va da Maometto!”.
Dopo queste battute di spirito, Steve si avvicinò a Brian, lo
abbracciò e accarezzandolo sulla testa gli chiese: “Come stai?
Tutto bene? Ti sentivo molto distante nelle nostre telefonate,
anzi ho avuto l’impressione di disturbarti e che preferissi non
sentirmi. Ti è successo qualcosa durante la mia assenza?”
“Sì”, rispose Brian.
“Dimmi, ti ascolto!”, disse Steve, sedendosi sulla poltrona.
Ci furono alcuni istanti di silenzio fra loro, si guardarono
negli occhi e Brian incominciò il suo racconto. Non avendo
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mai spiegato a Steve, l’esistenza di un figlio nella vita di Piera,
dovette soffermarsi parecchio sui dettagli tralasciati, appositamente, da lui.
Cercò di essere molto chiaro riguardo ai dubbi della paternità di quel bambino. Gli espresse chiaramente il suo stato d’animo e l’angoscia che aveva provato quella mattina, quando gli
fu annunciata la partenza improvvisa di Piera.
Pianse come un bimbo durante il suo racconto. Poi si avvicinò allo scrittoio, prese la lettera e senza neanche guardarla la
pose sulle gambe di Steve dicendogli: “Non ho il coraggio di
aprirla! Ho paura di sapere la verità. Credo fermamente nella
mia paternità e il contrario mi ferirebbe. Non potrei sopportarlo, pertanto ti chiedo un favore, lo faresti tu al posto mio?”.
Steve, prese la lettera, la agitò nervosamente con la mano, si
avvicinò alla finestra e dopo alcuni secondi di silenzio, si girò
di scatto e guardando Brian negli occhi gli disse seriamente:
“No, non posso e non voglio fare quello che mi hai chiesto!”.
“Perché? Ti ho offeso tacendoti alcune verità? Rifiutando la
mia richiesta pensi di punirmi?”, gli chiese Brian, irrigidendosi.
“Niente di tutto questo. Non voglio farlo per un motivo molto semplice: la lettera è indirizzata a te”.
“Non vedo dove sta il problema!”, rispose seccato Brian.
“Tu non lo vedi, io purtroppo lo vedo e non voglio assolutamente prendermi delle responsabilità psicologiche, che ritengo
giusto sia tu ad assumerle. Brian, tu sai quanto ti amo e quanto
ti sono vicino ma il tuo passato non può e non deve farti paura.
Questi ostacoli devi riuscire a superarli. Se vuoi io ci sarò,
quando deciderai di leggere questa lettera e se avrai bisogno di
conforto o di qualche consiglio. Conta pure su di me ma non
chiedermi di fare nulla al posto tuo. È ora che tu ti assuma le
tue responsabilità!”.
Riconsegnò la lettera nelle mani di Brian, sorrise e salutandolo affettuosamente gli disse: “Quando sarai pronto, fammelo
sapere solo allora tornerò da te!”.
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Così dicendo si allontanò e uscì dalla stanza.
Brian si ritrovò solo con se stesso e l’angoscia dei giorni
passati tornava inesorabilmente a invaderlo.
Non si aspettava una risposta così determinata dal suo Steve
e le sue ultime parole continuavano a ronzargli nella mente
‘Quando sarai pronto fammelo sapere solo allora tornerò da te’.
Doveva assolutamente trovare il coraggio di affrontare la
verità. Non poteva ancora una volta appoggiarsi completamente al suo uomo. Era consapevole della ragione espressagli ma,
non era facile fare tutto ciò e ripose sullo scrittoio la lettera ancora chiusa.
Steve, dopo l’incontro avuto con Brian si recò in ufficio, era
il titolare di una concessionaria d’auto d’epoca. La giornata per
lui doveva continuare, sapeva di aver usato parole alquanto determinate ma era convinto delle sue ragioni. Questa volta non
poteva assecondare le sue richieste, non sarebbe servito a nulla.
Era giunto il momento di lasciarlo decidere da solo, anche perché non se la sentiva di influenzare le sue decisioni su una questione a parer suo troppo personale.
Il distacco che si era imposto, comunque lo turbava e lo faceva soffrire. Aveva ascoltato il racconto di Brian e la notizia
di quel bambino lo inquietava. Era tornata alla ribalta la donna
della sua vita e non nascose a se stesso il sentimento di gelosia
che provava nei suoi confronti.
Era certo dell’amore che Brian provava per lui e della consapevolezza del loro essere ma, nonostante ciò, aveva paura.
Aveva intuito il forte desiderio di lui, di essere il padre di
quel bambino che neanche conosceva e sapeva perfettamente
che erano riaffiorati nella sua mente i momenti passati con lei.
Non poteva annullarla. Averla rivista lo aveva turbato, glielo
leggeva nei suoi occhi mentre parlava di lei, lo aveva rivisto
piangere come allora e percepiva il suo dolore.
Ma non poteva far nulla!
Ora doveva trovare la forza di stargli lontano!
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Sarebbe tornato da lui solo quando fosse stato certo che,
Piera fosse per lui un passato finalmente accettato.
Solo allora avrebbe potuto aiutarlo ad affrontare qualsiasi
verità scritta in quella lettera, ancora chiusa.
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12.
“Signorina, si volti a destra… ancora un po’… sì, così va
bene… ancora una piccola modifica… direi che è perfetto, incantevole!”.
Così, la sarta della boutique esclamò, lusingata dell’abito da
sposa.
Piera, compiaciuta si ammirò allo specchio. Edvige, seduta
comodamente sulla poltroncina, ammirava sua figlia.
“Così ti ho sempre sognata Piera, sei bellissima. Quando arriverai in chiesa, Andrea, rimarrà a bocca aperta. Peccato che
non sarà tuo padre ad accompagnarti all’altare, lui potrà solo
benedirti dall’alto del cielo”.
Piera si avvicinò alla madre e inchinandosi l’abbracciò.
“Grazie per tutto quello che fai per me e per tuo nipote, senza di te non sarei la donna che oggi ammiri. Anch’io avrei voluto papà qui con noi, ma questa è la vita e noi non possiamo
fare altro che viverla. Mamma ti voglio un mondo di bene non
dimenticarlo mai”.
Si alzò, fece un mezzo giro su se stessa e voltando il capo
osservò la lunga coda di raso bianco, il corpetto attillato che
proseguiva fino ai suoi piedi, lo spacco alla sua destra faceva
intravedere la lunga gamba. Mancava solo l’acconciatura e la
scelta delle scarpe.
Uscirono dal negozio appagate, dovevano andare a scegliere
le bomboniere e se riuscivano anche dalla parrucchiera per
l’acconciatura. Piera si era presa una giornata di ferie e voleva
riuscire a raggruppare il tutto nella mattinata, così avrebbe dedicato un po' di tempo alla casa in fase di restauro, poi sarebbe
passata a prendere David che usciva da scuola. Dopo di che a
casa, a preparare la cena per lei, suo figlio e il suo futuro sposo.
Scosse la testa :“No!”.
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“Cambio programma. Che ne pensi mamma se andiamo a
passeggiare un po’? Oggi è una bella giornata, ci fermiamo a
pranzare in un locale che conosco in riva al mare. Ha riaperto
da poco, fa delle ottime fettuccine al ragù, poi, se ti va, andiamo insieme a prendere David e portiamo anche lui a scegliere
le bomboniere. La casa può aspettare e per l’acconciatura chiamo Gloria e le chiedo se posso spostare l’appuntamento”.
Così dicendo allontanandosi dalla boutique, s’incamminarono lentamente verso il lungomare.
Era tanto tempo che Piera non usciva a fare una passeggiata
con sua madre, sempre presa dal lavoro e da tanti altri grattacapi giornalieri.
Parlarono di tutto, spaziando da un argomento all’altro. Piera ricordò alla mamma quando da ragazzina usciva presto al
mattino per andare a correre sulla spiaggia, dei pomeriggi d’estate trascorsi con i suoi amici, delle serate in discoteca e della
sua adolescenza passata in serenità con i suoi genitori in quella
deliziosa pensione, che d’estate accoglieva i turisti e permetteva a lei di fare nuove amicizie.
Si sedettero su una panchina. Piera accese una sigaretta. Le
parole uscivano dalle labbra di lei a fiumi. Edvige l’ascoltava e
di tanto in tanto interveniva ricordando fatti accaduti. Risero
entrambe, canzonando i pensionanti più bizzarri.
“Mamma, avete lavorato tanto entrambi, eppure ricordo sui
vostri volti tanta serenità, è come se i vostri problemi non fossero stati veri. Papà ti ha sempre amata e nonostante la stanchezza del duro lavoro, spesso, alla sera organizzava serate
danzanti fuori sul portico. Ricordo come ti faceva volteggiare
quando ballavate il valzer”.
Ripresero a camminare verso il ristorante.
“Vorrei tanto, che fosse così anche per me!”, disse Piera in
tono malinconico.
“La mia vita è cambiata all’improvviso tanti anni fa, quando
ho preso la decisione di tenermi il mio bambino. Per tanto tem63
po ho giocato a fare la mamma, sempre grazie a te, che sei stata
presente nella crescita di David”.
“Ci sono giorni in cui mi sento così stressata e vorrei mandare tutto all’aria, altri, come oggi, che mi fanno sentire al settimo cielo. Mi pongo un mare di interrogativi, di come sarà la
mia vita matrimoniale con Andrea. Saprà essere un buon padre
per mio figlio? Sarà amore fino a che morte non ci separi?”.
Edvige, voleva esprimere tutto l’amore che aveva per lei,
ma le parole avrebbero dato un risultato parziale. La prese
per mano, come una bambina fragile da accompagnare e proseguirono il cammino. Ormai il locale si intravedeva e si rese
conto che non avevano mai smesso di parlare.
“Buon giorno Giorgio, come stai?”, domandò Piera al proprietario del locale.
“Finalmente hai riaperto! Mi mancavano le tue ottime fettuccine”.
“Sto bene grazie. Sono carico di energia per iniziare una
nuova stagione, speriamo di lavorare, perché come vedi ho apportato delle modifiche al locale e i lavori hanno prosciugato il
mio conto in banca. Sedetevi a questo tavolo, se non avete fretta, più tardi, vengo a farvi compagnia. Che bella mamma che
hai!”, esclamò. “È quasi più bella di te. Sembrate sorelle, come
mai non ti ho mai fatto la corte Piera?”,
domandò Giorgio, accarezzandole i capelli.
“A questa domanda non saprei cosa rispondere, ma, ormai è
troppo tardi il 23 luglio mi sposo!”, replicò lei.
“Auguri Piera! Se vuoi un mio consiglio, sei ancora in tempo, non farlo. Conosco l’uomo fortunato che mi ha
preceduto?”, domandò Giorgio sarcasticamente. Poi, senza
aspettare la risposta, sgattaiolò via tra i tavoli.
Edvige rise di gusto a queste alternanze di battute: “Che tipo
strano. È sempre così o ha un debole per te?”, domandò a sua
figlia.
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“E’ proprio così. È il classico ragazzo che tiene in piedi una
compagnia da solo, lo conosco da molto tempo, non è certo
l’uomo da sposare, è un gran lavoratore ma, in fatto di donne,
lasciamo perdere!”.
“Lui è come le api, vola sempre da un fiore all’altro prendendosi sempre il meglio”.
Così chiacchierando Piera, in attesa delle fettuccine al ragù,
aveva bevuto due bicchieri di vino. Le gote pallide si arrossarono, cominciò a ridere di gusto e questo continuò per tutto il
pranzo che finì con un dolce della casa portato da Giorgio che,
come aveva promesso, si era seduto tra le due donne.
“Hai detto che ti sposi a luglio. Hai scelto un bellissimo
mese, verrò in chiesa a vederti”, disse Giorgio.
“Hai già pensato che regalo farmi o devo consegnarti la lista
di nozze?”, domandò Piera a Giorgio con un’espressione ironica. “Devi sapere che mi sposo per completare l’arredamento
della casa e per fare il viaggio dei miei sogni, le Maldive!”.
“L’avevo intuito. Dopotutto voi donne siete così, sognate il
principe azzurro, il bel vestito, la chiesa, il ristorante e poi
quando tutto è finito iniziano i guai per noi uomini!”
“Io non mi farò mai intrappolare da nessuna donna”
“Attento Giorgio, mai dire mai!”, rispose Piera, poi chiedendo il conto disse: “Ti aspetto in chiesa, anche se sono quasi certa che te ne dimenticherai”. E si abbracciarono da buoni amici.
“A parte gli scherzi, mi ha fatto piacere rivederti Piera. Tanti
auguri di cuore”.
Con queste parole Giorgio si congedò da Piera e da sua madre augurandole un buon proseguimento di giornata.
“Mamma, lo sai che ore sono?”.
“Manca un quarto alle quattro. Fra trequarti d’ora David
esce da scuola, dobbiamo accelerare il passo”.
“Non correre Piera, mi fai venire l’affanno!”, borbottò Edvige alla figlia.
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“Dai, mamma, lo sai che camminare a passo svelto fa bene
alla circolazione e poi brucia i grassi in eccesso!”.
Così dicendo, Piera prese sotto braccio Edvige e ritornando
ad andatura normale si guardarono sorridendo e continuarono a
dialogare.
“David, ti piace questa bomboniera?”, domandò Piera che
confusa nella scelta, tra i vari oggetti aveva trovato un portaritratti di cristallo semplice ma raffinato.
“Veramente no, però mamma, se non ti dispiace, vorrei
chiederti se andiamo a casa. Mi sono stancato di girare in questo negozio, magari torni un altro giorno con la nonna o con
Andrea”.
Piera lo guardò imbronciata, anche sua madre aveva un’espressione stanca, mentre la commessa continuava imperterrita
a mostrare svariati oggetti, all’improvviso, prese la decisione
più sofferta. “Signorina, sono spiacente, tornerò un giorno della
prossima settimana, ora mi sono fatta un’idea, ne parlerò col
mio ragazzo. Buonasera”.
Uscirono dal negozio. Edvige, intuendo il malumore di sua
figlia, non aprì bocca. Sapeva che il minimo cenno sarebbe stato il pretesto per accendere una discussione ma, ci pensò David. “Mamma, non capisco perché ti sei imbronciata. Adesso
non parli più? Senti… Ma è proprio necessario comprare quelle
cose? A chi le devi dare? Se sposarsi rende così nervosi è meglio non farlo!”.
Intanto si stavano avviando verso casa. Piera non rispose.
“Mamma, non penserai di comprarmi per il giorno del tuo
matrimonio un vestito elegante? Io non lo metto e neanche
quelle scarpe lucide di pelle con le stringhe che, aveva il nipote
di Andrea quando ha fatto la Prima Comunione!”.
Superarono il primo incrocio, David prese un attimo di pausa, poi continuò.
“La nonna mi ha detto che dopo il matrimonio andrai via per
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un mese, io rimango solo?”
Piera si fermò di scatto. Aveva una voglia esagerata di farlo
tacere, come si permetteva suo figlio di parlarle in questo
modo? Non lo aveva mai visto così deciso nei suoi propositi.
David era forse turbato per via dello sposalizio?
Oppure era geloso di Andrea? Non si era mai posta queste
domande poiché Andrea aveva sempre nutrito per David un
profondo affetto paterno.
“Ascoltami attentamente. Adesso stai esagerando. Non ti permetto di parlarmi in modo così imperioso. A casa, se vorrai,
continueremo la conversazione. Adesso cambia atteggiamento!”.
Edvige che fino a quel momento aveva mantenuto il silenzio
totale intervenne.
“Piera, perché non cercate di trovare una soluzione che vi
metta d’accordo entrambi? Sono certa che troverete un capo di
vestiario non troppo elegante e nello stesso tempo adatto alla
circostanza. Per quanto riguarda le scarpe troverete senz’altro
una calzatura non di pelle e senza lacci, così David potrà portarla anche dopo il matrimonio. Per il viaggio di nozze, tuo figlio, per esempio, potrà andare a casa dei suoi cugini, così, non
sentirà troppo la tua mancanza. Cose ne pensate?”.
Piera sorrise: “Mamma, hai la capacità di trovare sempre
una soluzione. Come ti ho detto oggi, se ci sono problemi, tu
non li rendi veri e come al solito hai ragione. Troveremo sicuramente un accordo”.
David, prese per mano sua madre e le propose di fare pace,
voleva rimanere a dormire a casa della nonna. Stava riproponendo una delle tante cose che a Piera quel giorno non andavano. Avrebbe voluto terminare la serata con suo figlio e con Andrea. Ormai erano arrivati, doveva rispondere.
“Ok, va bene, se ci tieni”
“Grazie mamma!”, e la baciò lasciandosela poi alle spalle.
Mancavano due isolati e Piera sarebbe giunta a casa. A differenza delle altre volte desiderava che il figlio fosse stato con
lei. Stranamente quella sera provava gelosia nei confronti di
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sua madre, un sentimento che non aveva mai provato. Tranne
quella famosa sera, quando Brian le aveva chiesto di chi era il
figlio e lei, senza esitare un attimo aveva risposto: “ David è
mio”.
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13.
Adelle salì in macchina e si fece accompagnare direttamente
a casa.
Aveva bisogno di tranquillità.
Entrò nella sua stanza, scostò le tende dalle finestre per fare
entrare l’ultima luce della giornata.
Accese il fuoco nel camino e si servì uno sherry.
Finalmente poteva rivedere la sua giornata e riflettere.
Doveva trovare assolutamente un modo per scoprire la verità su Piera e il suo bambino.
Gli occhi di Adelle erano catturati dalla fiamma sfavillante
che i ceppi nel camino sprigionavano, mentre la sua mente era
un vortice di pensieri. Finalmente si destò da quell’ipnotismo e
decise cosa fare. Sarebbe partita per la Svizzera, avrebbe incontrato l’amico di Dan e poi sarebbe ripartita per l’Italia. Rimaneva solo la scusa da inventare per poter giustificare la sua
improvvisa partenza.
Adelle bussò alla porta dello studio di Brian.
“ Ciao, hai qualche secondo da dedicarmi?”
“Ciao mamma, siediti pure e dimmi. Sai che per te trovo
sempre tempo”.
“Ho ricevuto una telefonata da Jasmine che mi ha invitata a
trascorrere qualche giorno in una Beauty Farm in Svizzera e
credo che accetterò il suo invito. Ho bisogno di un po’ di relax. So che anche tu stai attraversando un momento particolare
e penso che stare un pò solo con te stesso ti possa aiutare. Fra
due giorni partirò”
“Hai ragione mamma, ho bisogno di riflettere per prendere
determinate decisioni, grazie per la tua comprensione”.
Adelle diede un bacio a suo figlio e si congedò da lui.
Il giorno seguente, Adelle fissò un appuntamento con il dott.
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Kloten, responsabile del laboratorio di ricerca a Zurigo. Prenotò il volo, fece gli ultimi acquisti e finalmente il giorno dopo
partì.
Durante il volo Adelle si concentrò sull’approccio che
avrebbe dovuto tenere con il dott.Kloten.
Il quesito da porgli era molto disagevole da affrontare, ma
come sempre Adelle decise di lasciare tutto in mano al suo
istinto. Avrebbe esposto quanto la sua mente istintivamente e
naturalmente le avrebbe suggerito.
Guardò fuori dal finestrino dell’aereo per godersi l’infinito
del cielo.
Adelle arrivò all’appuntamento largamente in anticipo.
Il dott. Kloten era un uomo maturo, Adelle lo osservò con
attenzione, statura media, capelli brizzolati, fronte alta, occhi
scuri, la sua voce calma trasmetteva tranquillità.
“Ben arrivata signora Baker. Piacere di conoscerla, si accomodi”.
“Buonasera dottore. Mi scuso innanzi tutto per l’eccessivo
anticipo e la ringrazio per avermi ricevuta così tempestivamente. In effetti, ho urgenza di esporle un problema che mi sta molto a cuore”.
Adelle raccontò così la parte della storia che interessava la
scoperta della presunta paternità di suo figlio e concluse dicendo: “Dottore mi rivolgo a lei per sapere se mi può aiutare a scoprire la verità”.
70
14.
Il dottore si alzò, prese dalla libreria un plico di fogli stampati, in silenzio ne scelse qualcuno e li porse alla donna.
“Signora Baker, adesso leggeremo insieme i fogli che ha in
mano, così capirà. Lei, vuole sapere se è possibile effettuare un
test del DNA su un bambino in maniera del tutto anonima e
senza il consenso della madre. Se ho ben capito, lei ha il timore
che suo figlio sia stato incastrato dalla sua ex compagna per
motivi puramente economici. A mio parere signora trovo questa paura puramente infondata, poiché il bambino in questione,
se ho ben capito ha dieci anni. Mi domando, perché mai, questa
donna ha taciuto per tanto tempo? E perché a distanza di un decennio si è decisa a svelare la paternità? Comunque, non sono
rilevanti, queste mie perplessità, ora passiamo alle risposte. Il
test si effettua per risolvere casi di paternità incerta. Per esempio, come può leggere anche lei, per determinare la maternità
in caso di abbandono o per stabilire chi sono i genitori naturali
di un bambino adottato, o per stabilire chi sono i veri genitori
in caso di scambio accidentale di neonati. Per determinare la
parentela per questioni assicurative o di eredità. Questo potrebbe essere il suo caso, ma come le ho già detto prima, sono molto scettico”.
Adelle intervenne: “ Dottore, il test ha valore legale?”.
“Sì, è possibile. È scritto alla pagina dodici. In questo caso il
prelievo deve essere effettuato con la presenza di un testimone
indipendente, ad esempio il suo legale, che confermi l’identità
delle persone esaminate e inoltri i campioni al laboratorio
CBA. I tribunali richiedono un procedimento particolare per
l’effettuazione del test, inclusa una documentazione di ogni custodia e una prova dell’identità di tutte le persone coinvolte.
Inoltre, per questo tipo di test a valore legale, è richiesto il con71
senso di entrambi i genitori, contrariamente a quanto avviene
per il test informativo”.
“Dunque Dottore, si può eseguire il test informativo senza il
campione della madre?”, domandò Adelle.
“Sì, grazie alle tecnologie di oggi, raggiungiamo una probabilità minima del 99,99%. Signora Baker, ha detto che il bambino vive in Italia, so che non esiste nessuna norma che impedisca al padre di effettuare il test senza il consenso della madre,
o vieti a un laboratorio di analisi di accettare la richiesta. Certo
l’esame avrà unicamente uno scopo informativo e non validità
legale. Per averla, come le ho già spiegato, essendo il minore
sotto potestà genitoriale, l’esame andrà richiesto dopo aver ottenuto il consenso di entrambi i genitori e il coinvolgimento del
tribunale dei minori. Signora Baker porti il plico a suo figlio.
Gli faccia leggere il contenuto. Esaminate la questione insieme.
Io per il momento non posso fare altro. Suo figlio ha tutto il diritto di richiedere il test e, se positivo, di riconoscerlo come suo
figlio. La madre non può negarlo e nessun giudice sano di mente glielo negherà. Ovviamente sono passati dieci anni dalla nascita del bambino”.
Kloten a questo punto fece un’espressione dubbiosa e poi
aggiunse: “ Il giudice, potrebbe avere delle perplessità, così
come sono venute a me, ma in ogni caso sarà inevitabile il tribunale. Mi dispiace signora Baker per non esserle stato di grande aiuto. Se mi permette, le consiglio di tenere anche in considerazione la violenza psicologica che il bambino potrebbe subire se suo figlio decidesse di procedere al test”.
“Sì”, rispose con un filo di voce Adelle, che nel frattempo
aveva raggiunto la porta d’uscita. Rimase immobile con le
gambe che le tremavano e lo stupore di non essere riuscita a risolvere neanche in parte il problema. Abbozzò un sorriso, strinse cordialmente la mano del medico e si congedò da lui.
Si sentiva una perfetta cretina. Avrebbe dovuto agire in
modo determinato col dottore, fargli capire che voleva arrivare
72
allo scopo per vie traverse senza il coinvolgimento del figlio e
di Piera. Avrebbe pagato qualsiasi somma ma, ora cosa poteva
fare?
Riprese l’ascensore, salì al quinto piano, entrò nel laboratorio e chiese alla segretaria se poteva chiamare il dottore. Aveva
dimenticato di fargli un’ultima domanda di vitale importanza.
La segretaria la fece accomodare in uno dei tanti salottini.
Adelle sentiva le gote calde, il battito del cuore accelerato,
doveva assolutamente osare. Cercò di calmarsi e attese per più
di dieci minuti.
Il dottore si presentò nuovamente. “ Signora Baker, la vedo
turbata, mi dica?”.
“Dottore, non sono stata molto chiara con lei nel raccontarle
i fatti. Ho tralasciato un particolare importante. Desidero, anzi,
voglio arrivare a sapere la verità senza il coinvolgimento della
madre e neanche di mio figlio, a qualsiasi prezzo e in qualunque modo, col suo aiuto, spero”.
Il dottore non sembrava stupito. Le disse di riaccomodarsi
che sarebbe tornato da lei a momenti. E così fu. Le allungò un
biglietto da visita e si congedò da lei dicendo: “Mi chiami a
questo numero, le fisserò un altro appuntamento a casa mia.
Buonasera signora Baker”.
‘Destinazione: Beauty Farm Hotel’, pensò Adelle, stringendo tra le dita il biglietto da visita di Kloten. Prese un taxi e
chiamò Jasmine, l’amica che la stava aspettando in hotel.
La conversazione telefonica fu breve, poche frasi per farle
capire che a breve le avrebbe spiegato tutto nei minimi dettagli.
Adelle nutriva per lei un profondo sentimento di amicizia
che durava da moltissimi anni. Con lei aveva condiviso parte
della sua gioventù, la fortuna aveva voluto che i loro percorsi
di vita non si dividessero. I loro figli avevano giocato insieme e
ogni occasione era buona per passare il loro tempo libero in vacanza, con i rispettivi mariti. Il destino aveva voluto che Adelle
rimanesse vedova, il suo amatissimo Daniele era morto troppo
73
giovane, lasciandola in una cupa disperazione. Jasmine in quel
periodo scuro seppe curare le ferite della sua amica con amore,
senza invadere troppo la sua vita privata.
Adelle si guardò intorno appagata dalla vista della città di
Zurigo. Giunta a destinazione, salì in camera, chiuse la porta
alle sue spalle, sorrise all’amica e si accomodò sul divano di
pelle marrone. Ordinò in camera del tè caldo e nell’attesa sfogliò il catalogo dell’hotel.
“Hai visto Jasmine? Ci sono due ristoranti, il primo con specialità svizzere, l’altro con specialità cinesi, tailandesi e indonesiane e un bar con ambiente cubano. Che ne pensi se ci godiamo un po’ la serata?”
“Hai voglia di scherzare?”, chiese stupita Jasmine. “Questo
significa che hai buone notizie? Comunque se continui a leggere c’è il centro benessere con piscina, sauna, bagno caldo e solarium e vorrei approfittarne, dopotutto siamo venute in Svizzera per questo, giusto?”, domandò Jasmine in tono canzonatorio.
“Giusto!”, rispose Adelle.
La conversazione tra le due amiche fu interminabile. Adelle
non tralasciò nessun particolare, di tanto in tanto Jasmine replicava: “Stai attenta amica mia, forse stai andando oltre quanto
sia lecito fare, non tenendo in considerazione che, se Brian dovesse venire a sapere cosa stai tramando, potrebbe rompere il
vostro rapporto. Inoltre, devi raccontargli un’infinità di bugie e
questo non è da te, senza contare quanto ti costerà”.
Adelle fermò la valanga di considerazioni che l’amica aveva
esposto con enfasi: “Hai ragione anche tu”. Poi piangendo aggiunse: ”Sono spaventata e l’idea di perdere l’amore di Brian
per delle menzogne mi fa rabbrividire. So che sto rischiando e
soprattutto sbagliando. Dovrei starne fuori ma, devo anche proteggerlo, come ho sempre fatto in tutti questi anni. Devo sapere
la verità e poi sarà lui a decidere”.
“Sei sicura?”, domandò Jasmine incredula. Proprio non riu74
sciva a credere che saputa la verità si sarebbe messa in disparte.
“Domani chiamerò Kloten per fissare un appuntamento, spero di andare a casa sua nella mattinata, così ci rimane del tempo per fare un po’ di acquisti a Bahnhof Strasse”.
“Questa parte del discorso mi piace, adoro fare shopping,
specialmente se paghi tu!”
“Cara Jasmine, il mio conto in banca avrà domani un notevole calo, non dimenticare Kloten, e poi accontentati, sei in un
hotel cinque stelle e stasera serata cubana”.
“ Dai! Hai voglia di fare conquiste? Questo mi fa molto piacere. Dopotutto sei ancora una donna piacente, distinta e ricca.
Basta, non aggiungo altro altrimenti finiamo col litigare, ultimamente non sai più stare agli scherzi!”.
Infatti l’espressione di Adelle si era fatta seria.
“Credi che i soldi possano comprare anche gli uomini?”
“Certamente!”, rispose Jasmine.
“Tu domani con il denaro comprerai Kloten ma… Adesso
basta! Chiudiamo questa conversazione. Calmati e pensa a
quello che dirai, quando telefonerai a Brian”.
Così dicendo, uscì dalla stanza lasciando Adelle senza parole.
Il mattino seguente Adelle, dopo colazione, telefonò a Kloten fissando l’appuntamento alle undici.
Giunta a casa del medico, fu accolta dallo stesso e fatta accomodare nello studio della sua abitazione.
“Carissima!”, esclamò Kloten cordialmente, quasi fossero
amici. Questo atteggiamento da parte del medico mise Adelle a
suo agio.
“Veniamo al dunque”, aggiunse il dottore.
“Ieri mi è parsa turbata e francamente lo posso capire. Dunque, ho pensato di farla venire a casa mia in modo tale che possa raccontarmi tutto, senza tralasciare alcun dettaglio, affinchè
io possa capire veramente cosa la spinge a voler arrivare a
compiere azioni che potrebbero danneggiarla seriamente a li75
vello emotivo, economico e legale”.
Adelle, sospirò, abbassò lo sguardo, poi lentamente rialzando il capo, rivolse a Kloten la sua attenzione.
“Le racconterò la vicenda nei minimi dettagli, così che lei
non mi prenda per una pazza isterica, con manie di persecuzione ma… L’avverto… Non sono venuta a Zurigo per fare una
passeggiata e neanche per confessare le mie angosce. Quando
avrò terminato non uscirò da questa stanza senza aver risolto.
Ho bisogno del suo aiuto”.
Kloten sorrise, allungò il busto in avanti, porgendo alla signora la sua mano.
“Promesso. Ora ha tutta la mia attenzione, signora Baker”.
Adelle raccontò la storia, come se fosse davanti al suo confessore e quando ebbe finito, si alzò e girando le spalle a Kloten diede sfogo a un desolante pianto.
Si alzò anche lui, fece il giro della scrivania, si avvicinò a lei
e l’abbracciò.
Un abbraccio sincero, una storia commovente, sembrava un
romanzo ma, lui era ancora al punto di partenza: non poteva
aiutarla. Il punto cruciale rimaneva, quali frasi avrebbe usato
per farglielo capire?
“Posso darti del tu Adelle?”, domandò palesemente imbarazzato, Kloten.
Lei non rispose, stava ancora asciugando gli occhi dalle lacrime che rigavano il suo volto, cercò di riprendere la dignità
che pensava aver perso, poi d’istinto domandò: “Posso ancora
sperare nel tuo aiuto?”
“Sì Adelle, ma non come vuoi tu”.
La fece sedere sul divano.
“Sono veramente dispiaciuto ma, credimi, ora che so tutta la
vicenda, ho la massima convinzione che tu non debba agire in
nessun modo. Lascia che sia tuo figlio a fare il primo passo,
sempre che lo voglia fare, non forzare gli eventi, in fondo Piera
cosa pretende?”
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Niente”, disse Adelle.
“Dunque le tue paure sono per il momento infondate. È solo
il tuo cuore di madre a farti soffrire. Abbandona le ipotesi dolorose e vedrai che il tempo, mi darà ragione. Piera, per quello
che mi hai raccontato è una donna speciale, ha cresciuto il suo
bambino da sola. Se aveva delle pretese si sarebbe fatta viva lei
tanto tempo fa, invece non lo ha fatto. Questo cosa ti fa pensare? Non dimenticare che è stato tuo figlio a cercarla. Lei ha
solo acconsentito a rivederlo. Quello che si sono detti, tu non lo
sai, dunque, stai traendo conclusioni affrettate”.
Adelle si alzò dal divano.“Dunque?”, domandò seccata.
“Come pensi di aiutarmi? Tante belle parole e io torno a Londra col mio bagaglio di incertezze. Sì, hai ragione su tutto ma,
non voglio fare la bella addormentata nel bosco, come la fiaba.
Potrei svegliarmi un giorno e scoprire che la verità non è a lieto
fine”.
Kloten l’abbracciò nuovamente. Lei s’irrigidì. Lui prese le
sue mani.
“Ascoltami, Adelle. Ti conosco da solo un giorno, con certezza so che sei una donna intelligente. Se la morale della fiaba
non sarà quella che vuoi tu, l’accetterai, così come hai accettato
la menomazione di Brian e la sua omosessualità”.
Lei lo guardava, si stava convincendo che le parole di Kloten erano sagge, era piacevole sentire il calore delle sue mani,
lui le teneva ancora strette.
“Come ti ho promesso, il mio aiuto te lo darò, ma non come
vuoi tu. Siediti Adelle, vuoi bere qualcosa?”
“Sì”, rispose lei, “Qualcosa di fresco”.
Kloten tornò nella stanza con due aperitivi.
“Spero ti piaccia, è un drink a base di frutta”.
“Buono”, rispose lei dopo averlo sorseggiato.
“La mia proposta è quella di consigliarti un buon investigatore privato, sarà lui a metterti al corrente della vita di Piera e
di suo figlio. Scatterà delle foto, così tu vedrai il volto del bam77
bino. Conoscerai le loro abitudini, se vivono in modo agiato o
nelle ristrettezze economiche. Inoltre, ti fornirà indirizzi utili
che potrebbero servirti un domani, nel caso tuo figlio desideri
procedere al test”.
“Accetto”, disse Adelle. “Mi hai convinto. Conosci un buon
investigatore?”.
“Sì, ne conosco alcuni ma, sicuramente a Londra ce ne sono
altrettanti seri. Sono certo che troverai quello giusto e poi, ti
costerà molto meno”.
“Certo”, rispose Adelle e guardò l’ora.
“Si è fatto tardi, la mia amica sarà in pensiero per me, è meglio che tolga il disturbo. Ti ho fatto perdere un sacco di tempo
prezioso. Ora dimmi, a quanto ammonta il tuo onorario?”.
Lui rimase in silenzio qualche secondo, sembrava imbarazzato.
“Puoi sdebitarti con una cena, che accetto volentieri”.
Adelle rispose: “Sono a Zurigo con la mia amica, non posso
lasciarla da sola, non è gentile da parte mia. Domani riparto per
Londra e le ho promesso che nel pomeriggio saremmo andate a
Bahnhof Strasse, a fare acquisti. Ho un’idea migliore!”, aggiunse lei. “Ti invito a Londra. Sarai ospite a casa mia, naturalmente, con tua moglie e per tutto il tempo che lo desideri”.
“Accetto l’invito volentieri, conosco la tua città ma, la rivedrò con più entusiasmo in tua compagnia. Lasciami il tuo recapito telefonico e l’indirizzo”.
Adelle prese un suo biglietto da visita e lo porse con un sorriso nelle mani di lui che, visibilmente emozionato, la accompagnò alla porta.
“E’ un piacere averti conosciuto”, disse lei.
Kloten sorrise.
“Verrò a Londra da solo, semplicemente perché non sono
sposato. È stato un piacere anche per me averti conosciuta. Ti
auguro una buona permanenza a Zurigo e un buon viaggio di
ritorno. Arrivederci Adelle”.
78
Durante il tragitto che la riportava in hotel, Adelle pensò a
quanto era successo nel giro di tre ore, Kloten le aveva fatto
cambiare opinione su Piera. Tutto le sembrava meno penoso,
l’idea del detective la convinceva sempre più a non fare mosse
azzardate, sarebbe tornata a Londra con meno pena nell’animo.
Cercò nella borsa il biglietto da visita del dottore, lo rilesse
con più attenzione, era curiosa di sapere il suo nome ‘Heinz’.
79
15.
Tornata in hotel, Adelle raccontò la decisione presa all’amica Jasmine. Dopo la conversazione avuta con Heinz e vedendo
lo stupore nei suoi occhi disse: “Perché stai sorridendo?”.
“Sorrido per un semplice motivo, solo stamane parlavi del
dott. Kloten in modo distaccato, ora mi rendo conto dalle tue
parole che il dottore è diventato all’improvviso ‘Heinz’ e che
sei anche arrossita a questa mia affermazione. Colpita nel segno?”
“Smettila!”, rispose Adelle “Riesci sempre a mettermi in
imbarazzo. Ha voluto che ci dessimo del tu. Non trovo niente
di sconveniente nel rivolgermi a lui in modo confidenziale.
Dopo che gli ho raccontato parte della mia vita, penso sia opportuno trattarlo come un amico”.
“Sono d’accordo ma non negare che ha un forte ascendente
su di te, in sole tre ore di conversazione è riuscito a farti cambiare idea e a tranquillizzarti, pertanto …”
“Non cambierai mai! Adesso però usciamo, il tempo passa e
ci rimane poco da dedicare al tuo hobby preferito. Sei pronta?”,
disse Adelle canzonando l’amica e pensò fra sé ‘Non riesco a
nasconderle nulla, neanche la più piccola emozione!’.
“Prontissima!”, rispose Jasmine e si incamminarono verso
Bahnhof Strasse.
Passarono un pomeriggio in allegria, dentro e fuori varie
boutique e verso sera rientrando in albergo sommerse dalle
compere decisero di rilassarsi, facendosi fare dei meritati massaggi.
Trascorsero la serata la nel locale cubano tanto desiderato da
Adelle e si addormentarono dopo aver chiacchierato come due
adolescenti.
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Adelle osservava dal finestrino dell’aereo diretto verso Londra il paesaggio svizzero che lentamente andava svanendo, per
immergersi fra le nuvole ovattate che l’avrebbero portata verso
casa, dove avrebbe dovuto affrontare suo figlio, cercando di
trovare le parole più giuste per spiegargli quello che aveva fatto
a sua insaputa. Sperava nella sua comprensione e collaborazione per poter arrivare alla verità.
I consigli ricevuti da Heinz avrebbero portato sicuramente a
un buon risultato, dunque il viaggio fatto non era stato inutile.
Tutt’altro, pensò abbozzando un sorriso e accarezzandosi i capelli con la mano.
Arrivata a casa, Adelle fu accolta da Brian con la solita dimostrazione d’affetto e dopo aver pranzato, si sedettero in salotto dove, con molta calma e diplomazia, Adelle cominciò a
raccontare a suo figlio la vera motivazione di quel viaggio.
Brian non disse niente, lasciò finire il discorso alla madre,
ascoltò attentamente le sue motivazioni. Non era in grado di replicare e si rendeva conto che pur sbagliando, almeno lei aveva
fatto qualcosa per aiutarlo a capire. Anche Steve con la sua assenza lo stava aiutando. Solo lui, il diretto interessato, era inerme. Preferiva stare in solitudine con i suoi dubbi e lacerarsi l’anima, non risolvendo nulla.
Capì di colpo che era giunto il momento di agire. Guardò
sua madre negli occhi e rivolgendosi a lei con un sorriso disse:
“Dovrei essere in collera con te per non avermi detto la verità
ma riesco solo a ringraziarti, per avermi aiutato a capire che è
giunto il momento che io agisca, anche con il tuo aiuto. Per prima cosa leggerò la lettera scritta da Piera, dopo di che in base
al contenuto prenderò delle decisioni a riguardo. Sei d’accordo
mamma?”.
Adelle incredula di fronte a tanta fermezza acconsentì e avvicinandosi al figlio lo abbracciò, rassicurandolo con la sua
presenza e insieme andarono nello studio, dove Brian prese fra
le mani la lettera di Piera e dopo tanta attesa l’aprì.
81
In quella pagina scritta d’impulso e di fretta Brian lesse le
verità di Piera
‘Caro brian,
quando leggerai questa lettera io saro' gia’ partita.
Preferisco non vederti, ci siamo salutati ieri sera. Ora voglio solo che tu sappia come la penso su determinate cose che
sono successe nella mia vita.
Sei partito tanti anni fa, lasciandomi sola senza spiegazioni,
e ora hai voluto vedermi, per sapere da me se il figlio che dieci
anni fa ho partorito da sola è tuo!
Sinceramente, non lo so e non lo voglio sapere. Potrebbe
essere tuo oppure essere il figlio di quell’unico sbaglio di una
notte, se ricordi bene come sono andate le cose, capirai che il
dubbio sussiste.
Non mi interessa saperlo, te lo ripeto. Dal momento in cui
ho saputo di aspettare un bimbo, ho portato avanti la gravidanza da sola. Mi avvalgo di tutti i diritti morali di questo
mondo nel considerare e affermare che quel bambino che tu
oggi, dopo dieci anni, vorresti con tutto te stesso come figlio
legittimo, sia solo ed esclusivamente mio.
Non pecco di presunzione affermando che ho saputo crescerlo nel migliore dei modi. Per sua fortuna non gli è mancata la figura paterna con la presenza di Andrea.
Pertanto, una famiglia che pensa a lui c’è sempre stata.
Non voglio giudicare il tuo comportamento, ognuno di noi è
responsabile delle proprie scelte e consapevole delle relative
conseguenze.
Mi spiace per tutto quello che ti è successo, ti auguro tanta
serenità e gradirei cortesemente che tu lasciassi le cose come
sono. Non insistere nel voler sapere a tutti i costi chi è il padre di mio figlio.
Un padre ce l'ha, non sarà il legittimo ma è quello che lo
rappresenta in maniera eccellente.
82
Ti chiedo scusa se ho sbagliato qualcosa nei tuoi confronti.
ti ho amato tantissimo, e averti rivisto ha fatto riaffiorare ricordi bellissimi di momenti trascorsi con te. Mi hai fatto capire
chiaramente le tue motivazioni. Cercherò in tutti i modi di capirti , ma non posso accettare il modo in cui mi hai lasciata
sola , dovevi trovare il coraggio di dire la verità.
Adesso non serve a nessuno, la tua verità. la usi per pulirti
la coscienza e per, in qualche modo, ferirmi ancora. voglio vivere!!!!!!
Lasciaci vivere!!!!!!!!!!!
Addio
Piera’
Brian rilesse quelle parole così determinate e distaccate moltissime volte. Poi pose la lettera nelle mani della madre, che
dopo averla letta, si sedette sulla poltrona di fronte alla scrivania, attonita e spaventata davanti a tanta determinazione.
Il contenuto di quella lettera aveva confuso e complicato,
ancor di più i fatti.
Quale era il modo giusto per poter aiutare suo figlio?
Innanzi tutto doveva sapere come si erano svolti i fatti tanti
anni prima, anche se non era affar suo, e si vedeva costretta a
chiedere a Brian determinate confidenze.
Doveva farlo ma quello non era il momento più adatto.
Brian aveva bisogno di incassare il colpo per poterne parlare
con più razionalità.
Decise così di lasciarlo nel suo silenzio e, salutandolo, si allontanò dallo studio.
Rimasto solo Brian si avvicinò alla vetrata che si affacciava
sulla grande piazza. Avrebbe voluto correre via da tutto e da
tutti, non sapeva cosa pensare, il dubbio che David fosse suo figlio rimaneva latente e continuava a perseguitarlo. Non accettava il contrario, aveva la stessa determinazione di Piera nel83
l’affermare che David fosse suo!
Quello sbaglio di una notte lo aveva ignorato e continuava a
non considerarlo.
Non poteva rispettare le suppliche di Piera, doveva assolutamente arrivare alla verità.
Si scatenò dentro di lui rabbia e rancore verso se stesso per
non aver fatto niente per quel bambino in tutti questi anni e
giurò a se stesso di arrivare a sapere e convalidare la paternità.
Era pronto a qualunque cosa pur di non rimanere nel dubbio
angosciante che l’assillava.
A Rimini le giornate passavano velocemente e i preparativi
del matrimonio si svolgevano nel migliore dei modi, tutto andava alla perfezione.
La scuola era terminata e i turisti cominciavano ad arrivare,
le strade si animavano e tutto prendeva vita. Un’atmosfera di
continua festa aleggiava nell’aria, ormai riscaldata dal sole estivo.
David aveva terminato con ottimi risultati la quinta elementare, con grande soddisfazione di Piera, della nonna e di Andrea, che per l’occasione avevano organizzato una bellissima
festa in suo onore dedicandogli attenzione e tanto amore.
Piera cercò, in tutti i modi possibili, di passare più tempo
con il figlio rendendolo partecipe all’evento e aveva ascoltato il
consiglio di sua madre, decidendo insieme a lui l’abbigliamento più adeguato alla situazione e corrispondente ai suoi gusti.
Insieme avevano anche deciso che dopo il matrimonio si sarebbe trasferito dai cugini sino al loro ritorno dal viaggio di
nozze e tutto ciò aveva reso felice e più tollerante David.
Quella mattina a casa di Piera si stavano concludendo i lavori di ristrutturazione dell’appartamento e mentre Andrea e Piera
controllavano insieme al geometra che tutto fosse stato fatto
come da capitolato suonò il cellulare di lei che, noncurante di
appurare il mittente della telefonata rispose d’impulso: “Pron84
to?”
“Ciao Piera, sono Brian!”.
Silenzio assoluto da parte di lei, si impietrì e diede un’occhiata ad Andrea che vedendola allontanarsi capì il suo imbarazzo e intelligentemente le voltò le spalle continuando a dialogare con il geometra.
“Ciao, Brian”, rispose lei riprendendo padronanza nel dialogo. “Come mai, questa telefonata inaspettata?”, chiese Piera incuriosita.
“Ho bisogno assoluto di parlare con te, riguardo al contenuto della tua lettera”, rispose Brian.
“In questo momento mi trovi impegnata, non posso assolutamente dedicarti del tempo, se non ti dispiace ci sentiamo più
tardi, ti chiamo io appena ne ho la possibilità”.
“Ok”, rispose Brian e la salutò.
Piera cercò di non far intravedere il suo imbarazzo data la
situazione, concluse con Andrea l’incontro con il geometra, lo
salutarono soddisfatti del lavoro svolto e appena si trovò sola
con lui, gli disse immediatamente della telefonata ricevuta da
Brian.
Ne parlarono insieme e insieme decisero di ascoltare cosa
volesse ancora da lei.
Piera lo richiamò nel primo pomeriggio.
La telefonata di Piera a Brian aveva agitato e preoccupato
entrambi, perché egli aveva chiaramente dato a intendere di voler sapere a tutti i costi chi è il padre biologico di David.
Chiese espressamente la volontà di sottoporsi alle ricerche
del caso.
Brian in quel momento non ebbe nessuna risposta immediata. Piera volle prendersi del tempo per poter decidere con Andrea il da farsi; Andrea si dimostrò determinato nel voler prendere in mano la situazione, cominciava ad essere stanco degli
interventi inopportuni e invasivi di Brian nella loro vita.
85
A Londra nel frattempo Brian aveva spiegato alla madre la
sua decisione e le aveva raccontato della telefonata fatta a Piera, sottolineando la sua fermezza nel voler arrivare alla risposta
desiderata. Adelle ascoltò in silenzio la decisione del figlio e
insieme cominciarono a discutere, studiando le mosse più opportune da farsi.
Non potevano lontanamente immaginare in quale situazione
si stavano inoltrando e ignoravano la fermezza di posizione e la
forte coalizione di Piera e Andrea nel difendere ciò che con
tanto amore avevano costruito.
86
16.
“Ciao Piera”, disse Michele giunto al lavoro. “Sono in ritardo, ci vediamo dopo, magari a pranzo”.
“Contaci!”, rispose determinata Piera.
Michele salì al secondo piano, rassegnato dal modo di rispondere di Piera. In lei c’era sovente un atteggiamento e un
tono che lui non conosceva. Piera era in parte cambiata nei suoi
confronti, eppure avevano entrambi chiarito i loro dubbi, qualcosa però non convinceva Michele. Forse l’atteggiamento di
Piera era imputabile ai preparativi del matrimonio, oppure l’ostacolo era ancora Brian.
Salutò la paziente che lo stava aspettando e accantonò i suoi
pensieri.
Purtroppo Michele non riuscì a pranzare con Piera, anzi digiunò fino a tardo pomeriggio, poi decise di fare una pausa,
scese al primo piano e bussò alla porta di Piera.
“Ciao prezzemolino, posso entrare?”, domandò lui e, noncurante della risposta, si sedette comodamente davanti alla scrivania di lei.
“Sono esausto, devo ancora fare fisioterapia a due pazienti,
ho circa venti minuti di pausa. Mi vuoi guardare per favore?”,
esclamò spazientito Michele.
“Ok!”, Piera alzò lo sguardo rivolgendosi a lui malamente.
“Ho parecchio lavoro arretrato, adesso non so più come fare a
sbrigare queste pratiche in sospeso. In più, ho deciso come
un’oca, di smettere di fumare”.
“Meraviglioso!”, esclamò lui. “Cosa ti ha spinto a prendere
una decisione così repentina e importante?”.
“Ho giurato a me stessa che ce la farò. Purtroppo oggi sto
malissimo, sento nello stomaco una voce che mi dice ‘Dai,
cosa aspetti? Accendi questa cazzo di sigaretta, muoviti!’. Ieri
87
sera quando ho spento l’ultima, ero così convinta, sentivo l’odore disgustoso del tabacco bruciato. Oggi sono una larva in
agonia, ho persino la tachicardia. Michele, aiutami!”.
Lui si alzò, si avvicinò a lei e le massaggiò lentamente lo
stomaco.
“Non ho dubbi, ce la farai. Il problema è che hai scelto il
momento sbagliato. Volevo dirti una cosa, ma non mi sembra il
momento adatto, sei troppo nervosa”.
“ Adesso me la dici questa cosa! Spero per te che non sia
brutta”, replicò Piera.
Michele si passò una mano fra i capelli ricci, si risedette e
iniziò il discorso.
“Ieri mattina ho ricevuto una telefonata da Brian, mi ha
chiesto il tuo numero di cellulare che, io ovviamente gli ho
dato, semplicemente perché mi sono stancato di fare il terzo incomodo. Sono anni che sento lui, che sento te. Oggi voglio
uscire dalla vostra storia”.
“Certo, non è bello da parte mia, parlarti in questo modo
ma, credimi è la miglior cosa che io possa fare per evitare di
perderti come amica. Purtroppo percepisco che fra noi si è rotto
quel feeling speciale che ci rendeva unici. Dovevo dirtelo Piera, ti voglio troppo bene e forse, è per questo che ho sbagliato
con te ma, non sbaglierò più. Te lo prometto, anzi farò di più,
per dimostrarti il mio totale affetto, da domani smetterò anch’io
di fumare. Sei contenta prezzemolino? Ancora non mi hai detto
il motivo per cui hai deciso che da oggi non fumi più”.
Piera non rispose e proseguì il discorso. “Brian mi ha già telefonato, sconvolgendomi ancora la vita. Vuole sapere se David è suo figlio. Non solo, vuole fare il test di paternità, quello
è matto! Spero che si ravveda, altrimenti questa storia finirà
male, ho fatto veramente fatica ieri sera a calmare Andrea che è
andato su tutte le furie. Però, pensandoci bene, adesso che ho
bisogno di te per fare da interlocutore fra me e Brian, hai pensato bene di farti da parte! Caro amico mio, così non si fa! Mi88
chele, tu mi devi aiutare, dopotutto me lo devi… Giusto?”
“Giusto”, rispose lui, incredulo. Voleva finalmente uscire da
quel pasticcio e Piera astutamente l’aveva rimesso nella rete,
ormai non aveva più scampo, doveva sottostare alle richieste
del suo prezzemolino.
Si diedero appuntamento a casa di Piera per la sera stessa,
avrebbero parlato più dettagliatamente dell’argomento.
Michele si presentò a casa di Piera con Leon, il suo adorato
cucciolo.
Appoggiò sul tavolo i pasticcini, li portava spesso poiché sapeva che David era goloso di dolci.
Tolse il guinzaglio al cane e si accomodò sul divano.
“Bello!”, disse accarezzando la stoffa rossa.
“Appunto!”, rispose Piera. “Cerca di non fare avvicinare il
tuo cane al mio divano nuovo. Vorrei che rimanesse tale almeno per ventiquattro mesi, il tempo necessario per finire di pagarlo”.
“Da bravo Leon, vai a cuccia”. Michele si era alzato portando il cane vicino alla porta d’ingresso.
“Fai la guardia Leon e stai attento che stasera non mi sbranino”, e ritornò in salotto.
Andrea entrò nella stanza con il caffè, salutò cordialmente
Michele e aspettò il momento giusto per intervenire nella conversazione riguardante Brian.
Il momento non tardò ad arrivare, Andrea prese al balzo la
parola.
“So da Piera, che sei in contatto con Brian. Fagli sapere da
parte mia, che deve stare alla larga da Piera e da David, io non
lo conosco e francamente non ci tengo a farlo ma, se quell’idiota mi costringe, lo concio per le feste! Chissà, magari cambia
idea e lascia fare il padre a chi sa farlo. O forse vuole solo giocare a fare il papà con la mamma? Non sono intervenuto fino a
questo momento solo per rispetto di Piera ma non farò il fesso
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della situazione. Digli che l’amore non si compra, noi a luglio
ci sposiamo e David vivrà con noi, cazzo! Ma come si permette
di invadere la vita degli altri, così su due piedi?”.
Michele, annuì imbarazzato e cercò di placare l’animo infuriato di Andrea, smussando gli angoli della conversazione.
L’intervento di Piera fu a dir poco determinante, lei seppe
calmare il suo uomo, e riportò la conversazione a uno stato piacevole.
“Sai Andrea”, disse Michele, “la mia diversità e l’amicizia
che da anni lega me e Brian mi dà la certezza di dirti che, non è
così imbecille come lo stai descrivendo. È un uomo con tanti
difetti ma anche con molte virtù, tu non lo conosci, stai solo difendendo da lui la tua futura famiglia. Come ho già detto oggi a
Piera, io voglio starne fuori da questa storia il più possibile.
Non mi sento in grado di difendere Piera e neanche di accusare
Brian, per un motivo molto semplice: nutro per entrambi un
profondo affetto. Se posso darti un consiglio, vi suggerisco di
rivolgervi a un avvocato. Non è certo con la violenza che fermerai Brian dal suo intento. Comunque, dato che mi avete preso in causa, sappiate che state sottovalutando l’intelligenza di
Brian e forse tu Piera stai negando il diritto a un uomo di farsi
chiamare papà. È vero, sarebbe solo il padre biologico, ma pur
sempre il padre. Analizziamo bene nei dettagli la questione:
Piera, sostieni ancora che David sia solo tuo? Ma, fra qualche
mese avrà un nuovo genitore, chi gli farà da padre? Sarà quello
biologico o quello adottivo? Fino a che punto è giusto nascondere la verità al bambino? O forse vi vergognate di dire al ragazzo che ha un padre gay? Scusatemi tanto ma io non vi capisco, se si tratta di avere amicizie omosessuali siete di larghe vedute, quando la situazione oltrepassa e richiede una tolleranza
superiore alle vostre capacità, allora nascono le barriere? Allora i gay si tolgono dai piedi, con le buone o con le cattive, perché il massimo della concessione è un amico omosessuale!”.
Andrea si alzò di scatto, uscì sul terrazzino e si accese una
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sigaretta.
Piera esterrefatta guardava Michele.
“Amico mio, ringrazia il cielo che ti voglio un mondo di
bene, perché altrimenti le parole che hai detto, te le avrei fatte
rimangiare tutte. Comunque hai ragione tu, stai fuori da questa
brutta storia e soprattutto non cercare di farmi cambiare opinione e non dimenticare mai, per nessuna ragione al mondo, che io
quell’uomo l’ho amato veramente e tu lo sai! Così come sai
quante lacrime ho versato per lui e mentre tu te lo portavi a letto, io disperatamente sognavo il suo volto e il suo amore. Ora,
tu vieni in casa mia a farmi la morale sull’omosessualità? Proprio tu? Forse ti ho mancato di rispetto? E per dirla tutta, hai
passato gran parte del tuo tempo, proprio con mio figlio! Io non
ho mai messo barriere sul tuo essere diverso, credo che tu mi
debba delle scuse”.
“Si è fatto tardi”, disse Michele alzandosi dalla poltrona.
“Ricordati domani di portare i pasticcini a David, sono contento che si sia fermato dalla nonna. Non sarebbero uscite queste verità in sua presenza. So che stasera mi detesti Piera ma,
domani cambierai opinione e sai perché? Primo, perché in fondo alle tue ragioni, ci sono anche le mie verità. Secondo perché
io ti adoro”.
Michele uscì sul terrazzo a salutare Andrea che, volutamente si era sdraiato sul dondolo per non continuare la conversazione.
Poi, rientrando in casa, si avvicinò a Leon, accarezzò la testa
del suo amato cane e disse ad alta voce: “Piera, prendi uno
straccio, il cane ha fatto la pipì vicino alla porta. Buonanotte
prezzemolino”.
La conversazione continuò fra Piera e Andrea.
“Sai amore”, disse lui “sono uscito sul terrazzo per non rispondergli male. Sappi che gli porto rispetto perché è tuo amico, altrimenti stasera si prendeva un pugno in faccia, quello che
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ancora non ho dato a Brian. Ma come si permette di difendere
un imbecille, lo fa e sai perché? Perché è come lui e sai qual è
la cosa che, più mi fa incazzare? È la tua continua disponibilità
nei suoi confronti. Michele non si può criticare, però lui, lo
vedi come fa? Lui, si permette di dire quello che pensa, senza
tanti preamboli. Continua se vuoi a frequentarlo, ma non obbligarmi a passare con lui le serate. Dopo aver sentito quello che
ha detto stasera con me ha chiuso il tuo amico”.
Piera non aveva voglia di litigare, accusò il colpo. L’unica
cosa che veramente voleva fare era quella di accendersi una sigaretta e fumarsela da sola, mandando tutti al diavolo.
Entrò nella stanza da bagno, chiuse la porta a chiave… Sospirò… Si guardò allo specchio e vide una bella ragazza dai
grandi occhi azzurri: “Forza Piera fatti coraggio, vedrai che ce
la farai!”.
Riempì la vasca da bagno e si immerse dentro. Finalmente
poteva rilassarsi un po', che giornata infernale era stata!
Fece scivolare tutte le parole dette e sentite, non voleva scusarsi e scusare nessuno. L’unica cosa che desiderava era un letto dove far riposare il corpo e la mente.
E così fece. Entrò nel lettone, si raggomitolò fra le lenzuola
e disse fra sé ‘Sogni d’oro Piera’.
92
17.
Il cellulare suonò.
“Pronto!”, rispose Piera ancora nel dormiveglia.
“Ciao mamma, ma stai ancora dormendo?”, disse David agitandosi.
“Ciao amore. Sì dormivo, che ore sono?”
“Sono le otto, mamma muoviti mi devi venire a prendere,
per portarmi al pullman. Fai presto! Sul foglio che mi hanno
consegnato all’oratorio ieri pomeriggio, c'è scritto che non
aspettano e alle otto e tre quarti partono, se sei ancora a letto mi
fai perdere la gita con i miei compagni!”.
“Non preoccuparti fra un quarto d’ora sono sotto casa dalla
nonna. Quando suono scendi, ciao”.
‘Non ho sentito la sveglia devo muovermi!’.
Si infilò un paio jeans e una maglietta, ai piedi le infradito.
Si sciacquò la faccia, legò i capelli con un grosso fermaglio e
di corsa scese le scale. In dieci minuti si trovò sotto casa di sua
madre. Suonò il claxon e ironicamente quando vide David disse: “Possibile che devo sempre aspettarti?”.
“Hai voglia di scherzare mamma? Muoviti! Dobbiamo passare a prendere anche Dario. Secondo me perdiamo il
pullman!”.
“Ma va là! Arriveremo anche in anticipo”, disse Piera ridendo e ingranò la marcia.
“Eccoci arrivati, puntuali come svizzeri, contento?”.
“Sì mamma, hai sempre ragione. Se la nonna ti vedeva guidare ti avrebbe sgridato”.
“Ma noi non diciamo niente alla nonna. Dammi un cinque,
dai!”.
Scesero dalla macchina e si avvicinarono al pullman. La
giornata era ottima e la gita organizzata dall’oratorio al Centro
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Equestre Parco Del Marano avrebbe reso felice David. Amava
in modo smisurato i cavalli. Fin da piccolo Piera lo accompagnava spesso a vedere le gare e all’età di sette anni lo aveva
iscritto ad equitazione in un maneggio non lontano da casa, per
la gioia di David.
Il pullman carico di ragazzi partì in perfetto orario, Piera salutò suo figlio e tornò verso casa.
Durante il tragitto si fermò presso un chiosco sulla spiaggia
a fare colazione. Seduta a un tavolino ammirava la spiaggia ancora deserta e si ricordò di una mattina di tanti anni fa quando,
dopo una lunga notte d’amore passata con Brian, aveva sprigionato, correndo, la gioia provata con lui.
Diventò triste all’improvviso, ricordava anche il dolore provato al suo ritorno e associò quel pensiero alle parole dette da
Michele la sera prima: ‘Insieme alle tue ragioni ci sono anche
le mie verità’. Questa ultima frase di lui, la tormentava, sapeva
sempre colpire nel segno con le sue affermazioni.
‘Sto veramente facendo la cosa giusta, o è solo la paura di
far soffrire David che mi fa decidere di ignorare la verità?
Come faccio a parlare di quello che mi è successo a un bambino di soli dieci anni?
Prima o poi vorrà sapere di più, di quel padre svanito nel
nulla tanti anni fa. Non vorrei fosse troppo tardi, è veramente
giusto tacere e continuare ad ignorare? Andrea gli ha fatto da
padre e continuerà a farlo, ma chi e’ il vero padre di mio figlio?
Non me lo sono mai chiesta, perché adesso mi tormenta questo
dubbio? Forse ho sempre dato per scontato che fosse Brian e se
invece risultasse di Paolo?
No, non può essere, non posso pensare di essere stata così
sfigata, di lui mi ricordo solo il nome!
Se guardo David vedo la mia immagine, non c’è segno di
identificazione, nemmeno un piccolo particolare che mi induca
ad associare qualche somiglianza a uno di loro! Che rebus
complicato da risolvere!’.
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Si alzò e cominciò a camminare lungo la spiaggia. Amava
quel bambino in modo smisurato, era tutta la sua vita e sicuramente, in fondo al suo cuore, avrebbe trovato la risposta a tutte
quelle domande. Doveva trovarla, come doveva trovare la forza
di affrontare la verità.
Giunse alla macchina, guardò l’ora, le dieci. “È tardi mi
devo muovere fra due ore devo timbrare, basta con questi pensieri, ho tante cose da fare non fossilizziamoci, troverò una soluzione anche a questi problemi e poi ne parlerò con calma con
Miky, è o non è il mio migliore amico?”.
Così dicendo abbozzò un sorriso e si diresse verso casa.
Nel pomeriggio chiamò Michele e lo invitò a bere un caffè
durante la pausa. Non riusciva a concentrarsi, continuava a
pensare ai suoi problemi, doveva assolutamente parlare con lui.
Era l’unico che fosse in grado di aiutarla, sentiva che se ne
avesse parlato ad Andrea non avrebbe concluso nulla. Anzi,
avrebbe ingigantito la cosa, si sarebbe sentito coinvolto e poi la
sua ultima sfuriata contro Brian, le aveva fatto capire che, non
avrebbe accettato nulla che potesse rompere il loro equilibrio.
Michele accettò l’invito, aveva intuito la motivazione. Conosceva troppo bene Piera e sapeva che le sue parole l’avevano
fatta riflettere, era pronto ad aiutarla e a considerare con lei
qualsiasi opportunità per arrivare a una soluzione equa.
Il loro discorso abbozzato durante la pausa ebbe un prosieguo. Dopo il lavoro andarono insieme ad attendere l’arrivo di
David ed essendo in abbondante anticipo, ebbero il tempo sufficiente per parlare con molta calma.
Michele, dopo aver ascoltato i dubbi di Piera, era sempre più
convinto e fermo sulla sua opinione.
Decisero così di andare insieme da un avvocato, sicuramente con un aiuto professionale avrebbero trovato il modo migliore per poter risolvere il problema, tutelandosi.
“Quanto tempo devo aspettare, per avere una sua risposta?”,
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chiese, seccato, Brian alla madre.
“Stai calmo, non è con la fretta che arriveremo a sapere la
verità”.
“Ok, ma un minimo di educazione nei miei confronti non
guasta. È passato del tempo dalla sua telefonata, vorrei sapere
almeno come la pensa, riguardo alla mia richiesta, così saprò
come muovermi”.
“Perché? Speri ancora che si possa risolvere il tutto amichevolmente e di comune accordo?”.
“Sì mamma, me lo auguro. Non vorrei arrivare a una lotta
legale con Piera, cerca di capirmi”.
“Certo ti capisco, ma ti stai illudendo. Preparati ad affrontare ogni tipo di avversità e usa il buon senso, come ti ho già detto. Opterei per un consiglio legale, prendiamo al più presto un
appuntamento con l’avvocato. Solo lui sarà in grado di consigliarci sul da farsi, sei d’accordo? Ti informo anche che ho preso contatti con un detective di adeguato rilievo. Quando sarai
pronto e vorrai incontrarlo fammelo sapere”.
“Ok mamma, oggi stesso fisserò l’appuntamento dall’avvocato e riguardo al detective fai in modo che ci si possa incontrare il prossimo venerdì, nel tardo pomeriggio. Stamani ne
parlerò anche con Steve, ti terrò aggiornata”.
“Va bene caro, come vuoi tu. Ora devo lasciarti ho parecchie commissioni da svolgere, ci vediamo questa sera, ciao”,
così Adelle si congedò dal figlio, soddisfatta di aver finalmente
iniziato a concretizzare il suo intento.
Steve arrivò in anticipo da Brian, era smanioso di incontrarlo. Il loro allontanamento forzato lo aveva stremato, non vedeva l’ora di riabbracciarlo. Aveva fatto la cosa più giusta, ora il
suo uomo era in grado di affrontare la situazione e insieme
avrebbero trovato la soluzione a questo problema e a ogni altro
ostacolo che si sarebbe posto durante il loro cammino.
Passarono parte del tempo a dar sfogo ai loro sentimenti. Il
loro distacco li aveva riavvicinati in una complicità totale e de96
cisero, dopo essersi spiegati, di affrontare la situazione insieme, senza più remore e ostacoli.
Steve si accordò in modo tale da poter essere presente all’incontro con l’avvocato e diede a Brian alcuni suggerimenti affinchè si procurasse degli oggetti che potessero semplificare le
indagini del detective. Gli chiese di cercare fra le sue cose una
foto di Piera e di preparare una relazione dettagliata della loro
relazione con tempi e luoghi trascorsi insieme. Era convinto
che tutto ciò potesse servire per un eventuale intervento legale.
Brian acconsentì e dopo averlo salutato cominciò la sua ricerca.
Chiamò il maggiordomo e si fece aiutare. Le scatole con tutti i ricordi di quel tempo si trovavano in soffitta, descrisse dettagliatamente gli involucri e gli chiese di portarli nel suo studio.
Sembrava un ragazzino emozionato, quando uno a uno, riguardava tutti gli oggetti che avevano segnato quel periodo.
Momenti spensierati e dolcissimi passati con lei, ma nello stesso tempo dolorosi. Trovò anche il suo vecchio cellulare, lo
mise sotto carica e rilesse i messaggi inviati e quelli ricevuti da
Piera.
Ricordò quanto affetto li aveva legati e sperava di non dover
intraprendere un’azione legale nei suoi confronti, sicuramente
avrebbe danneggiato entrambi.
Scelse alcune foto da mostrare al detective e documentò dettagliatamente il tutto. Ordinò al maggiordomo di riportare in
soffitta le cose rimaste, guardò il cellulare nessun messaggio da
Piera. In fondo ci sperava ancora e decise di farsi un bagno rilassante, nell’attesa della cena.
A Rimini nel frattempo, Piera e Michele stavano aspettando
il ritorno di David dalla gita, non avevano smesso neanche un
attimo di parlare, si erano chiariti anche sulla discussione della
sera prima ed erano tornati ad essere gli amici inseparabili di
sempre. Non vi era dubbio, nessuno avrebbe potuto metterli
97
contro, neanche le ostilità dichiarate da Andrea nei loro confronti avrebbero rovinato il loro rapporto e Piera lo capì. Strinse la mano al suo amico dicendogli: “Amici per sempre!”. Lui
l’abbracciò e facendole un grattino sulla testa rispose: “Amici
per sempre, prezzemolino mio!”.
Il pullman arrivò in perfetto orario. David corse incontro
alla madre che, vedendolo arrivare con tanto entusiasmo, capì
che la serata sarebbe stata improntata sulla descrizione dettagliata della gita e che i cavalli l’avrebbero fatto da padrona.
Conoscendo suo figlio non poteva essere altrimenti e così fu. Il
suo racconto cominciò appena salito in macchina, per andare
verso casa.
Michele li salutò, doveva correre dal suo Leon. Aveva passato un pomeriggio come ai vecchi tempi con Piera, era contento di averla aiutata e di aver ritrovato il suo prezzemolino.
98
18.
Andrea dormiva stringendo a sé il corpo di Piera, i cui occhi, quella notte, non volevano riposare.
Si divincolò da lui, dalle persiane non filtrava nessun spiraglio di luce. Si alzò per vedere l’orario.
Entrò in cucina, il grande orologio nero appeso alla parete
segnava le tre e trentadue.
Svogliatamente tirò a sé il cassetto, infilò la mano tastando
qua e là fra gli oggetti, cercava qualcosa che non c’era.
Sapeva che se avesse fatto qualche passo più in là, nella
giacca di Andrea, avrebbe trovato una sigaretta.
Resistette. Aprì lo stipetto, c’erano parecchie confezioni di
svariate tisane, ne scelse una a caso. Tutte erano rilassanti, aveva fatto provvista al supermercato, come coadiuvante per non
fumare.
Sorseggiando la sua bevanda calda, si organizzò mentalmente per il giorno che a poco sarebbe arrivato, lasciando alla notte
le sue tribolazioni.
Tornò a letto ma, il sonno era fuggito con la notte. Si girò e
rigirò fra le lenzuola. I pensieri si affollavano nella sua mente,
si soffermò sul nome e cognome dell’avvocato. Aveva preso
l’appuntamento per il giorno seguente alle diciotto e trenta. Voleva andarci con Miky, era stato lui a consigliarle l’avvocato
Demagistris Emanuele.
Lo immaginò alto, brizzolato, di bell’aspetto, accanto a una
segretaria strafiga seduta alla scrivania, circondata da pratiche
accatastate qua e là, in attesa di essere archiviate.
Doveva anche telefonare a Brian, non era stata per niente
cortese con lui. Dopotutto David era al sicuro, perché mai doveva spaventarsi? Nessuno poteva portarle via la sua creatura.
Dunque, perché sentiva dentro di lei una voglia pazza di fuggi99
re? Ma da chi? Da che cosa? L’avvocato l’avrebbe consigliata
e tutelata, ma tutto questo le sarebbe costato parecchio denaro e
lei non navigava certo nell’oro.
Il matrimonio comportava molte spese e poi c’era stata, anche la ristrutturazione dell’appartamento.
Certo non poteva chiedere ad Andrea i soldi della parcella
dell’avvocato e perché?, si domandò, in fondo, fra tre mesi sarà
mio marito.
Le domande lasciarono alle risposte troppi perché così decise che, si sarebbe mossa senza l’aiuto di Andrea, da sola, semplicemente perché sentiva che era quella la cosa più sensata da
fare.
La tisana non aveva avuto nessun effetto calmante.
Cominciò mentalmente a fare i conti, nemmeno l’andamento
del portafoglio le dava sollievo quella notte. Volse il suo pensiero al giorno del matrimonio, al suo bel vestito, alla chiesa,
agli invitati a sua madre e al suo adorato padre.
La sveglia, prepotentemente, suonò.
Piera aveva vegliato la notte ma, non solo, non si era nemmeno riposata mentalmente. Si alzò, preparò il caffè, si vestì,
aspettò le otto, sarebbe passata da sua madre, voleva salutare e
abbracciare il suo bambino prima di andare a lavorare.
Si presentò allo studio dell’avvocato Demagistris da sola.
Michele aveva deciso all’ultimo momento di non accompagnarla, non voleva prendere il posto di Andrea. Dal momento
che lei non voleva coinvolgerlo, ogni sollecitudine da parte sua
sarebbe stata inopportuna e accettò la decisione del suo amico
con rispetto.
Che stupore!
‘Dovevo immaginarlo’ pensò tra sé Piera.
“Signora Canavesi, si accomodi”, disse l’avvocato.
La sua gestualità, il modo di esporsi, elementi che portavano
a un’unica riflessione, Demagistris è gay!
‘Ma è mai possibile che io debba avere sempre a che fare
100
con loro?’ pensò tra sé Piera e rivolgendosi all’avvocato, iniziò
il discorso.
“Sono qui, avvocato, per poter tutelare mio figlio…”
Il racconto continuò, concludendosi: “Il presunto padre è
omosessuale”.
L’avvocato scrisse tutto quanto poteva essergli d’aiuto, tranquillizzò Piera e aggiunse: “Signora Canavesi, con il suo consenso, manderò due righe al signor Gozzi Brian. Lo metterò al
corrente che lei, come mia cliente, desidera essere tutelata, pertanto qualsiasi cosa abbia da comunicargli, lo dovrà far pervenire al mio studio. Lei da questo momento non dovrà avere
nessun rapporto verbale col signor Gozzi. Qualora dovesse ricevere comunicazioni, non prenda nessun tipo di iniziativa,
d’altronde anche lui avrà il suo legale, sarà certamente un intercalare scritto fra noi avvocati, almeno per i primi tempi, poi si
vedrà. Vorrei porle una domanda personale, ma di rilievo, se lo
desidera può anche non rispondere”
“Prego!”, disse Piera.
“Da quanto tempo è a conoscenza dell’omosessualità del signor Gozzi?”.
“Ci siamo conosciuti molti anni fa, eravamo ragazzi. Frequentavamo il liceo, ci amavamo, come una coppia normalissima, non ho mai lontanamente pensato alla sua diversità. Insomma, avvocato, facevamo sesso con trasporto, nulla mi ha fatto
mai pensare che …”, Piera si zittì.
“Dunque, quando ha scoperto che non è eterosessuale?”
“Da poco più di un mese, è stato lui a dirmelo”, rispose Piera.
“Capisco”, disse Demagistris.
“Comunque, per il momento non è necessario che io sappia
tutta la storia. Aspettiamo e vediamo come intenderà muoversi
il signor Gozzi”.
Così dicendo l’avvocato si congedò da Piera.
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Nell’abitacolo della sua cinquecento rossa, Piera telefonò ad
Andrea.
“Ciao amore. Sono appena uscita dallo studio di Demagistris, non ho voglia di fermarmi al supermercato, che ne pensi
se andiamo a mangiare una pizza?”.
Andrea acconsentì. “Vado io con David a prendere quella al
trancio da Aldo che, è più buona. Ci troviamo a casa. Un bacio
amore!”.
Prima di avviare il motore, Piera compose il numero di Michele.
“Sei occupato?”.
“No”, rispose lui.
“Sono in macchina, sto andando a casa”, disse Piera.
“Ti ho chiamato adesso, perché dopo non posso parlarti liberamente, c’è David”.
“Vuoi salire a casa mia?”, la interruppe lui.
Piera non rispose subito, guardò l’orologio, prese qualche
secondo di tempo e disse: “Sì, sarò da te fra circa un quarto
d’ora, a dopo”, e chiuse la telefonata.
Salì di corsa le scale, arrivò al terzo piano con il fiatone, non
suonò il campanello, la porta di casa di Michele era aperta.
“Ti ho sentito salire le scale”, disse lui ridendo “Dai entra ti
faccio un caffè”.
Piera si sedette sullo sgabello in cucina.
“Potevi avvisarmi che Demagistris fa parte dei vostri!”.
Lui si girò porgendo a Piera la tazza di caffè e la baciò sulla
fronte, poi ridendo disse: “Perché, cosa cambia? La parcella
non sarà meno salata, mi hai chiesto un avvocato e io ti ho dato
quello che conosco. Vero che è un gran bel figo?”.
“Insomma!”, rispose lei, “Sei meglio tu!”.
Lui si ringalluzzì, soddisfatto come un bambino che ha rubato la marmellata. Poi, riportando lo sguardo a Piera domandò
come era andato il colloquio con l’avvocato.
“Bene”, rispose lei.
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“Mi ha detto che gli manderà una lettera, per avvisarlo che
da ora, qualunque cosa abbia da dirmi, lo dovrà fare tramite il
mio avvocato. Sai Michy, dovrei chiamarlo ma non ho il coraggio di dirgli che fra noi due, da adesso in poi ci sarà un legale,
che tristezza!”.
Piera si prese la testa fra le mani, rimase in silenzio.
Lui si avvicinò a lei, le accarezzò i lunghi capelli così come
si fa a una bambina impaurita.
“Piera, guardami. Non devi prendere alla lettera tutto quello
che ti dice Demagistris. Lui per il momento ti sta solo consigliando e tutelando ma, ricordatelo, sei solo tu, la persona che
deciderà la strada che vorrai percorrere. Prenditi i tuoi tempi di
riflessione e ricordati che non hai a che fare con un mostro.
Brian è l’uomo che hai amato. Ti ha delusa questo è vero, ti
spaventa, questo lo posso capire ma, ti ripeto non è un mostro.
Chiamalo, informalo che sei andata dall’avvocato, comportati
da persona civile, vedrai che tutto andrà bene”.
Piera si alzò e disse: “È tardi, devo andare. Andrea sarà in
pensiero per me”.
Lo abbracciò e di corsa scese le scale, i suoi uomini la stavano aspettando.
103
19.
“Sei pronta mamma?”, chiese Brian impaziente, “Steve ci
sta aspettando in macchina!”.
“Eccomi! Scusami caro ma, come al solito mi hanno chiamato dall’ufficio e ho dovuto risolvere un problema ”, rispose
Adelle e andarono all’appuntamento con il loro avvocato.
Giunsero in perfetto orario, la segretaria li fece accomodare.
Dan, così chiamato amichevolmente da entrambi, li salutò
cordialmente.
Essendo a conoscenza del loro problema, esposto precedentemente da Adelle e in un secondo tempo, nel colloquio telefonico, dal figlio, senza tanti giri di parole, arrivò subito al nocciolo della questione e rivolgendosi in prima persona a Brian
disse: “Analizzando i fatti da te riportati, devo dedurre che sei
irremovibile nella tua volontà di voler procedere con la ricerca
e che non ci sia maniera alcuna per giungere allo stesso risultato, mi chiedo comunque se la tua decisione non possa essere rivista e analizzata diversamente”.
Brian guardò Dan, dicendogli: “In quale altro modo, potrei
analizzare la cosa?”.
“Dunque, comincio spiegandoti che, se tu volessi procedere,
sicuramente riusciresti a ottenere il risultato. Ma, tenendo in
considerazione che avendo come presupposto la negazione della madre a procedere, saremo costretti a rivolgerci alle autorità
giudiziarie. Questo comporta tempi molto lunghi e dei danni
psicologici per entrambi, da non sottovalutare, visto il vostro
rapporto che, a dir tuo, non risulta negativo, almeno finora. Ancor più rilevante il disagio psicologico sul minore che potrebbe
in qualche modo, supponendo un risultato negativo della ricerca, ritorcersi contro. Pertanto, vista la situazione, sia in modo
legale che confidenziale, ti consiglio di riflettere, prima di dare
104
il via a una situazione senza ritorno e opterei per un tuo intervento amichevole, con la madre. Dopo di che, se non si riuscisse a ottenere il risultato desiderato, decideremo di intervenire
legalmente”.
Dan concluse, non avendo risposta immediata: “Prenditi ancora del tempo, non essere precipitoso”.
Brian lo guardò in silenzio, non aveva interrotto in nessun
modo il suo dire, aveva ascoltato attentamente ogni parola e
suo malgrado dedusse la logica ineccepibile di quel discorso.
Annuì, rivolgendo lo sguardo a Steve e alla madre che avevano
fatto da spettatori senza intervenire.
Si rivolse a Dan dimostrando gratitudine per i suoi consigli
e si congedò da lui rassicurandolo che avrebbe preso in considerazione la proposta fattagli.
Tornarono a casa quasi in silenzio. Ognuno di loro stava riflettendo sulle parole ascoltate e sia Steve che Adelle non vollero prendere posizione a riguardo, aspettavano il parere di
Brian che, non tardò ad arrivare: “Ok, farò come mi ha consigliato Dan, anche se non credo in una concessione così amichevole, visto la tempestiva risposta di Piera. Comunque ci proverò, in ogni caso non ho nulla da perdere!”.
Continuò poi sottolineando che questa decisione non escludeva l’incontro con il detective, avrebbe in ogni caso fatto fare
delle ricerche, doveva e voleva sapere tutto su David.
Nei giorni che precedettero l’incontro con il detective, Brian
si immerse nel lavoro. Voleva in qualche modo distogliere il
pensiero di David dalla sua mente e malgrado non ci riuscisse
completamente, si rese conto che con il passare dei giorni il suo
problema gli appariva meno irrisolvibile.
Cominciò a rilassarsi pienamente dopo aver concluso l’incontro con il detective. Adelle, come al solito, era riuscita a ingaggiare il top in quel campo e, soddisfatto degli accordi presi,
confidava in un tempestivo risultato.
Desiderava ardentemente di vedere, anche solo in foto il
105
volto di David. Sperava in cuor suo di scoprire in lui qualche
tratto somatico del suo volto che lo inducesse alla conclusione
desiderata.
I giorni scorrevano velocemente. Era passata una settimana
e Piera non aveva ancora chiamato.
Sperava in una sua telefonata ma, concluse che avrebbe dovuto fare lui il primo passo e quel sabato pomeriggio, capitò
qualcosa di strano.
Come in una sequenza di un film, le due immagini riflesse
contemporaneamente sullo schermo, mostravano i due protagonisti, vivere la stessa scena.
Piera si trovava in terrazza a gustarsi da sola i raggi del sole
e rivolgeva il suo pensiero a Brian, tenendo fra le mani il cellulare. Avrebbe voluto chiamarlo, voleva ascoltare il consiglio di
Michele.
Desiderava informare Brian del suo incontro con l’avvocato
e credeva si potesse raggiungere un accordo senza cominciare
una battaglia legale, non ne aveva la voglia e forse nemmeno la
forza.
Brian era vicino alla grande vetrata del suo studio, ammirava le immagini dei passanti che gli scorrevano davanti e pensava a Piera. Fra le sue mani il cellulare impostato sulla rubrica,
pronta a essere aperta per evidenziare il suo numero e così fece.
Nello stesso tempo a Rimini si stava vivendo la stessa scena
e contemporaneamente si chiamarono, senza poter parlare: la
linea risultava occupata.
Rifecero il numero parecchie volte simultaneamente. Nulla
da fare, sempre occupato.
Cominciavano a innervosirsi, fino a quando Brian desolato
disse fra sé ‘Non ha ancora perso il vizio di stare le ore al telefono!’. E proprio in quel momento il suo cellulare suonò.
“Ciao Brian, sono Piera! Finalmente riesco a parlarti sei
sempre al telefono”, disse lei in modo scherzoso.
“Ciao, veramente è il contrario! Ho provato parecchie volte
106
a chiamarti e trovavo sempre occupato”.
“Ma dai? Non ci posso credere, ci stavamo chiamando in
contemporanea”, replicò Piera.
“Ebbene, sì!”, disse lui e aggiunse, “Questo è un buon segno, vuol dire che stavamo pensando la stessa cosa”.
“Certo Brian, dunque siamo sulla stessa lunghezza d’onda?”
“Direi di sì. Approfittiamone quindi e diciamoci il motivo
della nostra telefonata”, rispose lui.
“Ok, comincio io, sei d’accordo Brian?”
“Ok, ti ascolto”
In un attimo Piera fece un calcolo velocissimo e dedusse che
gli sarebbe costata una cifra quella telefonata e così, all’improvviso gli disse: “Brian, devo chiederti un favore, puoi richiamarmi tu? Ho quasi finito il credito”
“Ok”, rispose sorridendo e la richiamò.
“Scusami, non è carino da parte mia ma…”.
Brian la interruppe dicendo: “Non preoccuparti, comincia
pure”.
“Settimana scorsa, dopo la tua telefonata che, sinceramente
mi ha sconvolto, mi sono rivolta a un avvocato. Volevo in
qualche modo tutelare il mio David e mi è stato consigliato di
non mettermi in contatto con te, avrebbe fatto sì che tu fossi informato sulle mie decisioni tramite lettera. Tutto questo, mi
sembra ridicolo visto il nostro trascorso e ho deciso di chiamarti, per poterne parlare da persone civili, sei d’accordo?”, gli
chiese Piera.
“Anch’io ho pensato la stessa cosa, anche se sinceramente
mi è stata consigliata dal mio avvocato. Come vedi abbiamo
mosso gli stessi passi e ora siamo arrivati alla conclusione che
la cosa più giusta sia trovare un compromesso che non danneggi entrambi e in maggior modo David”.
Le ultime parole di Brian tranquillizzarono entrambi e continuarono la loro conversazione, esponendo i loro pensieri e desideri in modo pacato.
107
Parlarono per più di un’ora e arrivarono a una conclusione,
proposta da Piera.
Lei avrebbe accettato la sua richiesta di effettuare la ricerca
del DNA, a una condizione, in nessun modo Brian avrebbe dovuto far sapere a David, chi fosse il vero padre.
Non voleva assolutamente sconvolgere la vita di suo figlio,
le loro vite erano completamente diverse e in qualche modo doveva tutelare suo figlio.
Se le analisi avessero confermato la sua paternità lo avrebbe
informato regolarmente sulla sua vita e solo al compimento del
suo diciottesimo anno avrebbe affrontato la situazione.
A suo parere, in modo più razionale, la verità non avrebbe
sconvolto la vita di suo figlio, ormai maturo per poter affrontare determinate situazioni.
Aggiunse anche che il tutto si sarebbe svolto dopo il suo
matrimonio, per motivi puramente di tempo. Aveva troppe cose
da fare e, sino a quel giorno, non poteva assolutamente occuparsi anche di questo.
Brian acconsentì alla sua richiesta, pur non condividendola.
Era, a suo parere, nei suoi confronti dolorosa ma capì che questo era l’unico modo per arrivare al suo scopo. Accettò le condizioni poste da Piera, se il risultato delle analisi fosse stato positivo, avrebbe fatto il padre, con il massimo riserbo.
Forse questo, era il prezzo che doveva pagare, per il male
che le aveva fatto!
Si salutarono amichevolmente, entrambi erano dovuti scendere a compromessi ma, era stato l’unico modo, per evitare
inutili lotte legali.
La sera stessa, Brian, durante la cena, data la presenza di
Steve, approfittò per raccontare la decisione presa con Piera.
Aveva in qualche modo ascoltato i consigli di Dan ma, nell’esporre i fatti, non entrò nei particolari della loro conversazione,
ritenendoli del tutto personali.
108
Si limitò a raccontare determinate situazioni che, lo avevano
indotto ad accettare quella proposta.
Steve, dopo averlo ascoltato, gli elencò i lati negativi che
avrebbe dovuto affrontare ma convenne che era l’unico modo
per non creare problemi a David e accettando la sua decisione
gli rinnovò la sua presenza nel percorrere insieme una strada, a
dir suo, molto tortuosa.
Adelle ascoltò in silenzio i loro discorsi fino a quando Brian
rivolgendosi a lei, chiese: “Mamma sei stata in silenzio fin ora.
Gradirei sapere il tuo parere a riguardo, sempre se ne hai voglia”.
Adelle, sorseggiando molto lentamente un eccellente vino
d’annata, espose il suo pensiero in modo del tutto pacato: “Credo sia la cosa più giusta da fare in questo momento, altrimenti
arriveremmo a una lunga lotta legale, sconveniente per entrambi. Ma c’è un però, da non sottovalutare”.
“Quale?”, chiese Brian. “Abbiamo già elencato tutti i danni
psicologici che andrò ad affrontare!”
“Sì”, rispose Adelle, “Solo ed esclusivamente i tuoi danni.
Non hai tenuto in considerazione nemmeno un po’ la mia sofferenza. Scoprire di essere nonna, cosa che ritenevo alquanto
difficile potesse succedere e non poter amare quel bambino!”.
Brian la guardò e senza pensarci due volte le disse: “Che diritto hai di dire una cosa del genere? Come fai a pensare che
non abbia preso in considerazione anche il tuo dolore?”
“Sei mia madre, la persona a me più cara ma questa volta
non mi farò influenzare da nessuno”
“Ho preso questa decisione per il bene di David e di Piera,
mettendo da parte, per una volta nella mia vita, il mio ego e
non sarai tu, mamma, a farmi cambiare idea. Pertanto ti chiedo
di rispettare il mio pensiero e di non metterti al centro del problema. Questa è la mia vita e non accetto interferenze a riguardo!”.
Adelle non commentò, incassò il colpo e con molto ramma109
rico continuò la cena.
Solo quando fu sola nella sua stanza, diede sfogo al suo dolore ma, promise a se stessa di aiutare suo figlio, malgrado non
condividesse il suo volere.
Nei giorni successivi, Brian informò Dan della decisione
presa. Ebbe un lungo colloquio a tu per tu con l’avvocato che,
conoscendolo fin da ragazzo, si permise di parlargli con molta
franchezza e lo rassicurò dimostrandogli l’affetto del quale lui
aveva un esagerato bisogno.
I risultati dell’indagine non tardarono a venire, il detective
aveva concluso il suo lavoro in modo eccellente, fornendo a
Brian una dettagliata relazione.
Ora Brian sapeva tutto su David. Come passava le sue giornate, gli amici che frequentava, la scuola in cui era andato, la
casa dove abitava con Piera e anche la casa della nonna con la
quale passava molto del suo tempo.
Era stato fotografato in diverse situazioni, con Piera, con
Andrea e anche con Michele e il suo cane.
Brian rivedeva nelle foto, luoghi famigliari e quelle visioni
l’avevano commosso ma il suo sguardo era continuamente diretto a David. Era un bellissimo bambino, grande per l’età che
aveva e rimase stupito, nel notare la forte somiglianza con Piera, era la sua immagine riflessa. Incredibile non c’era nulla che
potesse dare un segnale per poter dire che quel bambino fosse
suo.
Non si perse d’animo e pensò fra sé ‘Presto lo sapremo, anche se non ho dubbi, questo è mio figlio, lo sento’.
Scelse fra le tante foto quella che a parer suo, era la migliore. Fece fare un ingrandimento e l’appese nel suo studio vicino
al ritratto di suo padre, ovvero il nonno di David.
110
20.
Piera aveva da poco finito gli acquisti.
La giornata era quasi all’imbrunire, a quell’ora il tepore era
gradevole. Decise di fermarsi al bar e ordinò al tavolo un caffè
con panna montata. Nell’attesa telefonò a Michele informandolo che sarebbe andata a casa di lui, voleva sfogarsi un po' col
suo migliore amico.
Michele aveva sempre tempo per lei e naturalmente le disse:
“Va bene prezzemolino, ti aspetto”.
“Ho parlato con Brian”, disse Piera, aspettandosi da Michele
un minimo di stupore.
“Per caso, ti sei confessato con Brian?”, domandò Piera in
tono sarcastico.
“Non incominciare Piera, dimmi quello che vuoi ma, cambia
tono per favore!”.
“Allora, amico mio, incomincio col dirti che io e Brian abbiamo deciso di procedere con il test di paternità, dopo il mio
sposalizio, quando tornerò dal viaggio di nozze”.
“Perché non subito?”, domandò Michele.
“E perché subito!”, rispose lei, “Sono passati dieci anni, non
vedo perché non possa aspettare tre mesi!”.
Lo stridio della voce di Piera fece sobbalzare Michele.
“Ma è possibile che questo cane salti sempre addosso alle
persone?”. Cercò con la mano di pulire alla bene e meglio i
pantaloni bianchi che indossava.
“Insegnagli a stare seduto, cavolo!”.
“Comunque, ti stavo dicendo…”
“Parla, ti ascolto”, disse Miky dalla cucina, mentre sfornava
la torta di mele.
Piera proseguì: “Non voglio assolutamente coinvolgere mio
figlio in questa squallida storia, faremo il test nella massima di111
screzione. David sa che suo padre è scappato tanti anni fa, prima ancora che lui nascesse, dunque per me la vita continuerà
indipendentemente dal risultato del test e Brian dovrà attenersi
alle mie condizioni”.
“E quali sono?”, chiese sbigottito Michele, ancora indaffarato a guarnire il dolce.
“Semplicemente, se sarà lui il padre, lo dovrà fare a distanza. Avrà notizie di David ma non dovrà mai per nessuna ragione al mondo avvicinarlo, io lo terrò informato nel tempo, della
crescita di mio figlio, questo è tutto!”.
Piera guardando l’amico capì dall’espressione del volto che
non era soddisfatto.
“Scusa Michele, quella smorfia sul tuo viso è per quello che
ti ho raccontato?”.
“No!”, rispose lui “C’è, che la torta non è venuta come al
solito e domani la dovrò portare al centro, a una mia paziente.
Che ne pensi se beviamo un buon bicchiere di vino?”, chiese
Michele.
“ Sì, vada per il fragolino”, accettò sorridente Piera.
Si sedettero sul dondolo in balcone e parlarono tenendosi la
mano, come fratelli, schiettamente consapevoli, sapevano accettarsi, misurarsi, criticarsi fino all’orlo della sopportazione.
Michele provò inutilmente di convincere l’amica a mettersi
nei panni di Brian. Lo sforzo fu invano, lei era determinata
come non mai, d'altronde, non poteva pretendere oltre da questa donna. Aveva preso la decisione più logica, proteggere il figlio e nello stesso tempo permettere a Brian di procedere con il
test.
Cercare di convincere Piera a considerare Brian come padre
per suo figlio era veramente troppo, almeno per quel giorno.
Piera avrebbe voluto, come ai vecchi tempi fermarsi a dormire dal suo amico, aveva ancora tanto da dire e tanto da ascoltare ma, il dovere l’attendeva.
Baciò l’amico e tornò a casa.
112
Mancavano ventuno giorni al suo matrimonio.
Il 23 luglio arrivò!
Arrivò anche Piera, in Chiesa, accompagnata da suo zio Angelo.
Ad attenderla all’altare c’era Andrea, a qualche passo da
loro David e i testimoni.
Parenti e amici riempivano il sacrario.
La funzione religiosa fu accompagnata da un sermone coinvolgente, la promessa solenne con lo scambio delle fedi, la
messa cantata da una carissima amica di Edvige, l’uscita dalla
Casa del Signore e il lancio del riso come buon augurio.
Ora, i due sposi si baciavano fra gli auguri di tutti gli invitati.
Piera era bellissima! Edvige la guardava commossa, gli amici la circondavano d’attenzione. David la teneva per mano
come se fosse lì a proteggere la sua mamma, Andrea si avvicinò, rubò la sposa e poi tutti al ristorante a festeggiare.
Come ogni evento, anche il 23 luglio lasciò il posto al giorno seguente. Piera e Andrea sarebbero partiti per la loro luna di
miele, destinazione Maldive.
David dormì da Michele.
Visibilmente turbato, piangeva. Solo Leon riusciva a rubare
qualche sorriso al bambino, il pensiero che Andrea gli portava
via la mamma per un mese lo rattristava. Eppure sapeva da
tempo di questo viaggio, la mamma gli aveva promesso che lo
avrebbe portato dai cugini ma, era inutile, David aveva il cuore
a pezzi.
Per la prima volta, sentiva che la mamma non era più sua.
Piera raggiante, nel tardo pomeriggio andò da Michele, voleva salutare e abbracciare il suo adorato figliolo. Lo trovò raggomitolato sul divano che guardava distrattamente un programma televisivo.
Alla sua vista il bambino cominciò ancora a piangere.
113
“Mamma non partire, io non voglio rimanere da solo”.
Piera sfoderò tutta l’energia che aveva in corpo per rassicurare suo figlio. L’impresa fu abbastanza ardua, suo figlio le assomigliava in tutto, anche caratterialmente.
Baci, promesse, regali, non bastarono per alleviare il dolore
di David.
Piera, presa dallo sconforto, si lasciò andare in un pianto silenzioso, abbracciò suo figlio dicendogli: “Amore mio, il tuo
atteggiamento mi fa tanto soffrire ma, se mi vuoi bene, devi essere felice per me. La mamma ha prenotato questo viaggio parecchi mesi fa, tu lo sapevi. Ne abbiamo parlato mille volte, un
mese, non è un secolo, quando tornerò, staremo insieme tutta la
vita e poi arriverà il giorno che sarai tu ad andare in vacanza
senza la tua mamma”.
David, abbozzò un sorriso, accarezzò il viso della mamma,
guardandola con quei grandi occhi azzurri.
“Mamma, io non ti lascerò mai”
“Quando sarò grande, ti porterò sempre con me, te lo prometto”
“Domani Michele ti accompagnerà dai tuoi cugini, vedrai
che non ti accorgerai neanche della mia assenza. Ricordati di
fare tutti i giorni i compiti delle vacanze, non mangiare troppi
dolci e non dimenticarti di lavarti i denti prima di andare a dormire e …”, così Piera elencò al figlio tutto quello che doveva e
non doveva fare.
Il distacco da suo figlio rappresentava un grosso ostacolo da
superare.
Arrivò il momento dell’addio, un bacio al suo adorato David, un bacio al suo carissimo Michele, scese di corsa le scale
senza girarsi.
Tornando a casa, nel tragitto, la mente di Piera fu avvolta da
una girandola di pensieri.
Brian che voleva giocare a fare il papà, la mamma che lasciava il figlio per andare col marito in viaggio di nozze e il fi114
glio chi avrebbe chiamato papà, Brian o Andrea? E se invece il
destino voleva che fosse Paolo il vero padre? Quel bel ragazzo, l’amore di una notte?
Quante domande. Accese la radio cercando di distrarre la
mente da quel groviglio di pensieri negativi. No, non avrebbe
permesso a nessuno di rovinare ciò di cui lei era consapevolmente orgogliosa, l’amore di suo figlio e di suo marito.
Tra le braccia di Andrea ritrovò la serenità.
Decise che era giunto il momento di preparare la valigia.
L’attendevano circa dodici ore di viaggio, senza contare gli
spostamenti ma poi il paradiso terrestre li avrebbe fatti sognare.
Edvige li stava aspettando per cena, non poteva partire senza
abbracciare la sua adorata madre.
Dall’idrovolante, Piera mandò a David il suo primo messaggio da Bathala atollo di Ari.
‘Amore mio, non sono ancora arrivata, osservo dall’alto con
meraviglia l’acqua limpida e cristallina, ti voglio un mondo di
bene ciao, la tua mamma’.
Giunti a destinazione Piera e Andrea dopo aver girato l’isola, fatto il primo bagno e cenato nel tipico ristorante, giunti in
camera cominciarono a inviare messaggi a parenti e amici.
Il secondo messaggio di Piera andò a Michele: ‘Bathala è
un’isola unica nel suo genere, la natura è l’attrice protagonista
e noi siamo le comparse di uno spettacolo meraviglioso, T.V.B,
un bacio da Piera e Andrea’.
L’ultimo messaggio della giornata dedicato alla mamma:
‘Ciao mamma, qui è tutto magico, il viaggio è stato stressante,
scusa se ti disturbo, ora tu stai dormendo, bacioni!’.
115
21.
Tutto era tornato alla normalità, la vita di Piera riprendeva la
solita routine.
David al ritorno della madre, aveva riacquistato il sorriso e
si apprestava a iniziare il nuovo anno scolastico.
Iniziava per lui un nuovo cammino, avrebbe frequentato la
prima media, cambiato scuola e conosciuto nuovi compagni,
era preoccupato ma nello stesso tempo entusiasta.
La convivenza con Andrea era serena, d'altronde non era
piombato all’improvviso nella sua vita. Da parecchi anni si frequentavano, l’unico cambiamento che avrebbe potuto influire
sul quotidiano, era il fatto che vivesse con loro ma ciò lo aveva
rassicurato al punto tale che, una sera prima di dormire, aveva
confessato alla madre di essere contento che si fosse sposata e
le aveva detto: “Mamma sono tanto felice, adesso, stiamo più
tempo insieme e non mi porti più così spesso dalla nonna. Ci
stavo bene con lei ma, sto meglio con te e Andrea, adesso siamo una famiglia”.
Piera nel sentire quelle parole, capì di aver fatto la scelta più
giusta e se anche Andrea non era il suo vero padre era soddisfatta nel vedere che il suo David lo amava, gli dava sicurezza
e questo a lei bastava.
L’avrebbe aiutato nel percorso della sua crescita. Non le
sfiorava minimamente il dubbio che potesse un giorno pentirsi
di qualcosa, era come al solito convinta delle sue scelte.
Passò circa un mese, quando un sabato mattina Brian la
chiamò.
Dopo essersi raccontati gli ultimi eventi, presero accordi per
effettuare il test di paternità.
Decisero entrambi che la soluzione migliore fosse quella di
116
non spostare David dall’Italia. Doveva sembrare un semplice
esame di controllo e l’incontro con Brian nella clinica, sarebbe
stato casuale, non dovevano in nessun modo destare sospetti. Si
sarebbe presentato come un vecchio amico venuto dall’Inghilterra, anche lui in clinica per esami di controllo.
Brian partì da Londra insieme ad Adelle, aveva insistito
moltissimo per poterlo accompagnare. Lui avrebbe voluto fare
questo viaggio con Steve ma sua madre desiderava ardentemente conoscere il bambino. Non riuscì a negarglielo, forse
quella sarebbe stata l’unica volta che l’avrebbe visto, doveva
darle questa opportunità.
Partirono il sabato seguente, avevano prenotato al Gran Hotel di Rimini, un soggiorno del tempo necessario per avere i risultati del DNA.
Il lunedì seguente Piera si recò alla clinica e tutto si svolse
in modo naturale.
David aveva borbottato ma questo era lecito, lei lo convinse
come al suo solito e tutto procedette normalmente.
L’incontro casuale con Brian e Adelle aveva in qualche
modo procurato tensione fra loro. Visibilmente emozionati avevano conosciuto David ma l’ingenuità e la spontaneità dei
bambini riportò tutto alla casualità stabilita.
Gli esami si erano conclusi e gli esiti sarebbero stati consegnati non prima di quindici giorni.
Piera si avvicinò a Brian con molta disinvoltura, come se il
tutto si svolgesse sul set di una ripresa. Era entrata perfettamente nella parte e notò l’ammirazione di lui nel vedere quanto
fosse in grado di sostenerla.
Egli fece altrettanto e quando David si avvicinò a lui per salutarlo, scherzosamente gli chiese: “Allora ometto, è andato
tutto bene, la paura che avevi ti è passata?”
“Sì, non mi hanno fatto niente, aveva ragione la mamma. È
durato solo un secondo, spero che mi passi questo brutto mal di
gola!”, disse David, in modo baldanzoso.
117
“Sicuramente sarà così, non preoccuparti vedrai che con l’esito di questo esame, troveranno la cura giusta”, rispose Brian,
accarezzandolo sulla testa.
Adelle li guardava con occhi dolcissimi, avrebbe voluto
stringere a sé quel bambino, dirgli che era sua nonna e riempirlo di baci. La certezza che fosse suo nipote non era ancora tangibile ma il suo istinto le diceva che, non c’erano dubbi a riguardo.
Quel meraviglioso bambino era suo nipote!
Si salutarono cordialmente scambiandosi la promessa di risentirsi. Tutto era andato secondo i piani stabiliti, David aveva
conosciuto Brian e gli era sembrato un incontro puramente casuale.
Tornando a casa Piera fu assalita da mille domande, riguardo all’infermità di Brian.
David volle sapere tutto quello che era successo. La sua curiosità inconsapevolmente lo induceva a chiedere informazioni
su quell’uomo e a un tratto assumendo un’aria seriosa disse a
sua madre: “Ma, Brian non è il tuo amico di Londra?”.
Piera raggelò!
“Mamma, hai capito cosa ti ho chiesto?”
“Sì David. Sto guidando, non mi posso distrarre tanto. Da
quando siamo saliti in macchina non hai fatto altro che farmi
domande, mi stai mandando in tilt! Certo”, disse Piera e senza
dargli tempo di riflettere aggiunse “Non sapevo che sarebbe
venuto in Italia per fare degli accertamenti. Forse a quel tempo
non lo sapeva nemmeno lui, non gliel’ho chiesto. Non mi sembrava importante, sono stata contenta di rivederlo e poi finalmente l’hai conosciuto anche tu, il mio amico dal nome
strano!”, e rise, facendogli un grattino sulla testa.
Ancora una volta aveva trovato la risposta giusta. Era riuscita a rispondere alle domande di suo figlio, con la massima disinvoltura.
Quando fu sola con Andrea diede sfogo alla tensione accu118
mulata. Egli l’ascoltò, tenendola fra le sue braccia, non poteva
fare altro. Lei aveva fatto la sua scelta, non sarebbe servito a
nulla esprimere il suo parere, era stata molto chiara a riguardo.
Cercò in ogni modo di rassicurarla e la convinse che tutto sarebbe andato come lei aveva stabilito. La baciò e poco dopo si
addormentarono.
I giorni che precedettero il ritiro degli esami furono lunghissimi sia per Piera che per Brian. Si erano sentiti spesso e senza
rendersene conto, non fecero altro che parlare di quello che
avrebbero provato nel vedere i risultati.
Brian sperava fortemente in un esito positivo. Piera invece
era confusa, avrebbe voluto anche lei che fosse lui il vero padre
ma aveva paura e durante le loro conversazioni spesso volle essere rassicurata su quanto le aveva promesso.
Il giorno tanto atteso arrivò.
Tremavano entrambi quando il medico consegnò loro la busta con il referto.
Piera si dovette sedere, guardò Brian negli occhi. Anche lui
era visibilmente emozionato.
Appoggiò la busta sulle gambe di lui e disse: “Ti prego,
aprila tu”.
Lui la guardò e di colpo l’aprì.
Silenzio assoluto fra loro.
Brian lesse il risultato, si girò verso di lei e piangendo le disse: “Grazie per avermi dato il dono più grande della vita, David
è il mio bambino!”.
La reazione di Piera fu spontanea, si alzò e abbracciò Brian,
piansero insieme. Quelle lacrime erano di gioia per entrambi,
tutta la tensione accumulata svanì e lei si rese conto, proprio in
quel momento, che non avrebbe mai potuto odiare quell’ uomo,
nonostante il male ricevuto.
Tutto però doveva rimanere come stabilito, assolutamente
non avrebbe permesso il contrario.
Parlarono a lungo, ci furono mille raccomandazioni da parte
119
di Brian riguardo a David, poi si salutarono come due buoni
amici rinnovando le promesse fatte.
Le loro strade in quel momento si divisero. Piera tornò verso
casa, Brian si recò in albergo con Adelle e partirono per Londra
la sera stessa.
Felice del risultato ottenuto ma consapevole insieme alla
madre dell’enorme sacrificio che avrebbero dovuto affrontare.
Anche per Piera non era facile affrontare quel cambiamento,
del tutto psicologico. Tutti quegli anni passati senza sapere chi
fosse il padre di suo figlio, ora la certezza che il suo bambino
fosse l’essenza di quell’amore sbagliato non le dava la serenità
tanto cercata ma doveva farsi forza e continuare nella sua scelta.
David aveva una famiglia, era felice e nulla doveva rovinare
quello che lei aveva costruito.
E come in un film, il tempo passò così velocemente quasi da
non rendersi conto che, David di lì a poco avrebbe compiuto
diciotto anni.
Era diventato un bellissimo ragazzo, non solo per la madre
che lo guardava con occhi orgogliosi ma anche per lo sciame di
ragazze che lo circondava.
Non era mai solo, aveva moltissimi amici. Il suo carattere
gioviale e la simpatia innata induceva le persone ad amarlo.
Aveva frequentato il liceo linguistico, con i suoi alti e bassi.
Solo negli ultimi tempi aveva tralasciato un po' gli studi, si era
innamorato!
Piera non era soddisfatta della situazione, ma lo capiva. Si
rivedeva da ragazza e sperava in una sua ripresa.
Quando lei glielo faceva notare, lui rispondeva sempre:
“Non ti preoccupare mamma, recupero tutto!”.
Da quell’ ultima volta in clinica Piera e Brian si sentirono
120
regolarmente.
All’inizio i loro colloqui furono telefonici, poi decisero di
inviarsi delle mail. Deduzione logica! Il protrarsi delle telefonate aveva un costo oneroso, almeno per Piera.
Brian era rimasto agli occhi di David un caro amico della
mamma.
Era successo che durante i loro collegamenti lui piombasse
all’improvviso nella stanza, incuriosito chiedeva alla madre
con chi fosse collegata e lei con disinvoltura rispondeva: “Con
Brian, vuoi salutarlo?”. Lui non gli negava mai il saluto, alcune
volte frettoloso, altre si soffermava alcuni minuti a parlare con
lui.
Tutto ciò rendeva molto più semplice il loro accordo. Era
capitato ma, raramente, che anche Adelle fosse presente in quei
momenti e il suo cuore si riempiva di gioia nel vedere il viso
del nipote.
Brian, pur non vivendolo direttamente, si sentiva partecipe
della vita del figlio.
Era riuscito in qualche modo anche a convincere Piera di
poter partecipare finanziariamente, pur in minima parte, al suo
mantenimento.
Spesso Piera si soffermava a riflettere sulla situazione creatasi e così determinatamente voluta da lei. Tutto sommato non
vedeva ostacoli, il loro accordo continuava nel migliore dei
modi e sinceramente era sempre più convinta di aver fatto la
scelta giusta per il bene di David.
Ma purtroppo tutto questo non durò molto. Il destino all’improvviso volle interferire in quella apparente serenità e piombò
come un uragano nelle loro vite.
Era appena finita la scuola e David si stava preparando agli
esami di maturità, nello stesso tempo era riuscito a ottenere anche la patente di guida, soddisfatto e ansioso di poter finalmente guidare. Quel sabato pomeriggio espresse il desiderio di acquistare un’automobile.
121
Piera e Andrea non erano d’accordo, assolutamente non volevano e non potevano affrontare quella spesa in quel periodo
anche se, a sentir lui, la macchina in questione era un vero affare.
La discussione fra loro si animò, David non accettava il rifiuto e come capita spesso a quell’età, assunse un tono maleducato nei suoi confronti dicendole: “I soldi per comprarla ci
sono, userò quelli che mi hai messo da parte per gli studi. In fin
dei conti sono miei e non sarà la fine del mondo se preleverò
una minima somma per pagare la macchina!”.
Quella frase mandò su tutte le furie Piera, la discussione si
animò al punto tale che dovette intervenire Andrea.
Fino a quel momento non era mai capitato di dover usare
parole forti nei confronti di David e successe l’imprevedibile.
Andrea ebbe un impulso irrefrenabile quando si sentì dire:
“Tu non centri, non metterti in mezzo. Non sei mio padre per
poterlo fare!”. Si diresse verso David e gli diede una sberla.
Si pentì all’istante dell’azione fatta ma in quel momento David guardandolo negli occhi con risentimento, uscì di corsa dalla stanza.
Piera lo fermò e con la grinta di una leonessa gli gridò:
“Come ti sei permesso di parlare in questo modo ad Andrea?”.
Lui si divincolò e sbattendo la porta uscì dalla stanza.
Piera e Andrea continuarono la discussione in modo animato e senza rendersi conto che David non era uscito di casa a un
certo punto Andrea in modo sarcastico disse: “Collegati subito
con Brian, raccontagli quello che è successo e digli quanto è
stato maleducato suo figlio, forse lui riesce a darti una mano,
nel farlo ragionare!”. E uscì di casa sbattendo la porta.
Quella fu la frase che fece gelare il sangue a Piera perché all’improvviso si trovò davanti David che aveva sentito tutto. Si
avvicinò a sua madre, la guardò negli occhi che trafiggevano il
suo sguardo come una lama tagliente e disse: “Che cazzo ha
detto Andrea, Brian è mio padre?”.
122
Piera si dovette sedere, si sentiva mancare. In quel momento
il mondo le crollava addosso, tutto era stato inutile. Suo figlio
era venuto a conoscenza della verità nella maniera più sbagliata.
Si prese la testa fra le mani e scoppiò in un pianto ininterrotto. Il destino le aveva giocato un brutto scherzo, il momento
più sbagliato era arrivato, doveva affrontarlo.
Alzò il viso, David la stava fissando impietrito, non riusciva
a muoversi, sarebbe voluto scappare ma, riuscì solo a dire:
“Voglio sapere tutto, adesso mi siedo e tu mi racconti ogni
cosa, me lo devi!”.
Piera scosse la testa, quasi come per poterla liberare da quella morsa e cominciò il suo racconto.
Provò un dolore lancinante nel petto nel raccontare a suo figlio tutta la sua vita ma, come aveva detto lui, glielo doveva.
Non fu facile ma riuscì ad arrivare in fondo. Ora il suo David sapeva ogni cosa, si sentì svuotata. Aveva condiviso con lui
ogni emozione di quella storia e osservava stupita il suo sguardo che non aveva mai cessato di fissarla come se ogni piccola
sfumatura gli desse modo di ricostruire quel dannato puzzle
della sua vita.
David cercò di riprendersi. Aveva ascoltato sua madre senza
interromperla, come faceva da bambino, solo che il protagonista della fiaba in questo caso era lui e da protagonista intervenne.
“Non posso crederci, eppure è vero, sembra un film la tua
vita mamma. Capisco e condivido le tue scelte sino al momento del test per la paternità ma da quel momento tu hai sbagliato.
So che hai creduto di fare la cosa più giusta, volevi tutelare la
mia serenità ma come vedi non ci sei riuscita”.
“Cosa me ne frega se mio padre è gay? È sempre mio padre
e tu me l’hai negato! D’accordo, Andrea ha sostituito la sua figura in modo eccellente, pur non condividendo la tua scelta,
anzi dovrò scusarmi con lui appena rientra. Ma, non è mio pa123
dre! Certo che è stato un bel pugno nello stomaco. Diciotto
anni passati con la certezza che mio padre fosse scappato da te
per sempre. Ero convinto che il suo nome non l’avessi mai saputo. Non te l’ho mai chiesto, questo è vero, ma mi chiedo
come tu possa non averlo mai pensato. Sì, certo aspettavi la
mia maggiore età per dirmelo, come se con la maturità il colpo
mi avesse fatto meno male. Ti sei illusa mamma, fa male, credimi, forse ancor di più! Non cambierà niente mamma, stai
tranquilla. Ti vorrò sempre bene, sei mia madre, ma non potrò
mai perdonarti di avermi negato l’amore di mio padre”.
In quel momento entrò Andrea. Mentre camminava per le
vie di Rimini, per poter riflettere su quello che era successo con
David, gli venne il dubbio che lui non fosse uscito di casa e che
quella frase detta su Brian l’avesse sentita.
Sperò in cuor suo che ciò non fosse vero, ma la scena che gli
si pose davanti gli fece capire subito quello che era successo in
sua assenza. Si rese conto di essere stato la causa di quell’evento.
David gli andò incontro, si abbracciarono ed entrambi si
chiesero scusa per l’accaduto.
Il discorso interrotto proseguì fra loro tre e dopo essersi
chiarito con entrambi, David arrivò a una decisione: “Penso
che la cosa più giusta da fare, sia di continuare la nostra vita
normalmente. In questo momento non ho assolutamente il tempo necessario per affrontare il discorso con mio padre, fra una
settimana ho la maturità e devo per forza concentrarmi per poterla affrontare al meglio, siete d’accordo spero”.
“Certo. Ci mancherebbe, non è proprio il momento giusto!”,
risposero entrambi.
“Vi chiedo comunque di non far parola con nessuno dell’accaduto, nemmeno con Brian. Hai capito mamma?”.
“Se vi sentirete, farai finta di niente. Andrò a Londra finita
la maturità e finalmente avrò la possibilità di confrontarmi con
124
lui”.
Piera si alzò e abbracciò suo figlio, avrebbe fatto esattamente quello che lui le aveva chiesto.
Il suo David era diventato grande, era giunto il tempo di accettare le sue decisioni. Amava quel ragazzo in un modo assoluto e capì di dover in qualche modo recidere il cordone ombelicale che fino al quel giorno li aveva fatti vivere in simbiosi.
Mantenne la parola data, non ne parlò neanche con Miky.
Fece fatica a non sfogarsi con lui ma non voleva più sbagliare,
non avrebbe per nessuna ragione al mondo infranto quella promessa.
Gli esami di maturità erano finiti, David li aveva superati.
Adesso era pronto per partire, a giorni sarebbe andato a Londra
senza avvisare nessuno.
Voleva sorprenderlo e assaporare da lui qualsiasi cosa detta
nella massima spontaneità. Non immaginava lontanamente
quello che gli sarebbe capitato al suo arrivo.
125
22.
Il custode dello stabile dove abitava Brian avvisò che, il signor Canavesi David desiderava salire.
Il maggiordomo avvisò Adelle che, impietrita dall’annuncio,
rimase senza parole.
L’emozione fu tale che decise di andargli incontro. Spalancò
l’uscio di casa e come una ragazzina scese le scale di corsa e,
ancor prima che lui capisse, se la trovò davanti.
“Ciao nonna!”, e si abbracciarono.
Adelle lo prese per mano, salirono in ascensore e si recarono
in casa. Lo presentò al maggiordomo dicendogli: “Ti presento
mio nipote, hai visto che bel ragazzo?”, così dicendo andarono
in salotto, dove gli fu servito del tè .
David, emozionantissimo, cominciò a raccontare alla nonna
la motivazione della sua visita inaspettata.
Si prolungò parecchio sui particolari domandati da Adelle
che, incredula, continuava a guardarlo, non avrebbe mai sperato in un tale miracolo.
David le domandò: “Dov’è papà?”. E si rese conto di aver
pronunciato per la prima volta, quella parola tanto desiderata e
magica nello stesso tempo.
Adelle dovette tornare alla cruda realtà.
“Tuo padre è stato ricoverato lunedì scorso in ospedale”.
“Perché?”, domandò David, interrompendola.
“Ultimamente non si sentiva troppo bene. Il nostro medico
di fiducia ha insistito per fargli fare degli accertamenti a riguardo”.
David cominciò a preoccuparsi quando vide l’espressione
seriosa della nonna.
“Possiamo andare subito da lui in ospedale?”
“Certo!”, rispose la nonna.
126
“Ora che sei qua, tutto è possibile!”.
L’autista li accompagnò, finalmente arrivarono da Brian.
Prima di entrare nella stanza David si fermò, i battiti del suo
cuore erano accelerati e chiese alla nonna di poter entrare da
solo.
Adelle con lo sguardo annuì e incoraggiandolo gli fece cenno di entrare.
Bussò alla porta, sentì la voce di Brian dire: “Come
in!”(avanti).
David oltrepassò il piccolo corridoio e si trovò di fronte a
suo padre.
Brian rimase ammutolito alla vista di suo figlio, non si sarebbe mai aspettato di vederlo in ospedale.
Cercò di camuffare l’emozione ma le lacrime gli rigavano il
viso.
A quel punto David, avvicinandosi al padre, lo abbracciò.
In quella espressione di affetto c’era tutta l’emozione di una
vita vissuta con un vuoto mai colmato e David pronunciò per la
prima volta quelle parole: “Ciao. Come stai papà?”.
Brian si staccò dall’abbraccio e gli chiese: “Ripeti David
quello che hai appena detto, chiamami ancora papà!”
“Papà, papà, papà, te lo ripeterò da adesso in poi per sempre”.
Il desiderio più grande di Brian si era avverato. Inaspettatamente aveva davanti a lui suo figlio, e tutto il dolore di quegli
anni passati lontano da lui svanì. Il suo David lo aveva chiamato papà con il trasporto che solo un figlio può dimostrare.
“Raccontami come sei venuto a conoscenza di tutto”, disse
Brian.
“Adesso non è il momento più adatto papà. Fuori c’è la nonna, sta aspettando di entrare. Abbiamo tutto il tempo necessario
per poterne parlare con più calma e non in ospedale. Ora la faccio entrare, potrebbe preoccuparsi”.
“Hai ragione, chiamala, già me la immagino, sarà in ansia”.
127
Adelle entrò sorridendo al suo Brian, la gioia le illuminava
il viso, lo baciò e emozionata gli disse: “Oggi è il giorno più felice della mia vita, mi sento rinascere. Ho vicino a me mio figlio e mio nipote, non l’avrei mai sperato”. Accarezzò, contemporaneamente, le loro mani che, si stringevano.
Il giorno seguente, David ebbe una lunga conversazione con
Piera.
Gli raccontò dello stato di salute di Brian e di come si era
svolto il loro incontro.
Lei lo pregò di tenerla informata e di non farsi problemi se
voleva rimanere con il padre per un periodo più lungo del dovuto.
Il soggiorno di David a Londra si prolungò, data la degenza
continuata di Brian in ospedale.
Passò molto del suo tempo con il padre, le loro chiacchierate
erano interminabili. Avevano tutta una vita da raccontarsi.
David con i suoi racconti lo faceva spesso sorridere e riusciva a togliere dal suo volto la preoccupazione del suo stato che,
nell’attesa dei risultati delle analisi, purtroppo continuava a
peggiorare.
Aveva conosciuto anche Steve. Spesso dopo aver passato
l’intera giornata in clinica con Brian, si ritrovano a casa sua per
passare la serata e inevitabilmente finivano a parlare di lui.
David attingeva come un assetato, qualsiasi notizia che potesse fargli conoscere più profondamente, suo padre.
I giorni passavano e la preoccupazione aumentava. I timori
che Brian avesse qualche malattia grave si annidavano nei loro
animi e quel drammatico momento arrivò.
Dopo la visita giornaliera dei medici, quella mattina Adelle
fu chiamata nello studio del primario, i risultati definitivi degli
accertamenti erano arrivati.
Chiese a David di accompagnarla, il timore di ricevere brutte notizie la spaventava.
128
La donna coraggiosa che era sempre stata non esisteva, in
quel momento si appoggiò completamente a suo nipote.
Tutto il mondo crollò sulle loro spalle nel sentire pronunciare quelle parole: “I risultati degli esami, purtroppo signora Baker portano a un’unica conclusione. Suo figlio Brian si è ammalato gravemente, di una forma di leucemia fulminante”
“No, non è possibile. Vi sarete sbagliati, controllate di nuovo!”, disse David, poi continuò, “Diglielo anche tu nonna che,
non può essere vero!”.
‘Ti prego Dio, fa che si sbaglino. L’ho appena ritrovato, non
posso perderlo di nuovo!’, pensò fra sé David.
Adelle cercò in qualche modo di calmare David e riprese la
conversazione con il primario.
“Dottore mi dica chiaramente come si svilupperà la malattia
e quanto tempo rimane da vivere a mio figlio”.
Totalmente inermi, ascoltarono fino in fondo le sue parole.
Secondo il parere clinico, a Brian sarebbero rimasti solo tre
mesi di vita, se le cure intensive di chemioterapia non avessero
portato alcun risultato.
David quella mattina non riuscì a entrare nella stanza di
Brian, chiese alla nonna di trovare qualche scusa da dire al padre, aveva un assoluto bisogno di solitudine.
Vagò quasi senza meta per le vie di Londra, il dolore che
provava era così violento che si dovette fermare, accasciandosi
su di un prato e li riuscì a darsi sfogo.
Non voleva arrendersi, voleva a tutti i costi combattere il
male che stava distruggendo suo padre.
Chiese aiuto a Dio, pregando capì che doveva tornare in clinica, voleva esserci nel momento in cui i medici avessero comunicato il risultato degli esami a Brian. Non poteva lasciarlo
da solo ad affrontare quella terribile notizia.
Ancora una volta, il destino, lo stava mettendo a dura prova.
Ora, però, c’era con lui anche il suo David ad aiutarlo.
Il professore entrò nella stanza del degente e gli comunicò,
129
dopo averlo informato sul suo stato di salute, la necessità di
procedere urgentemente con la chemioterapia. Rassicurò Brian
e fece cenno alla signora Baker di seguirlo.
Nello studio il primario confermò la gravità della situazione,
lasciando uno spiraglio di speranza alla madre.
Brian chiamò subito Steve, aveva un assoluto bisogno del
suo appoggio morale, in quel momento anche la vicinanza di
David non lo rincuorava, non poteva sfogare le sue paure sul figlio.
Steve non tardò ad arrivare e quando furono finalmente soli,
Brian diede sfogo al suo sconforto.
“Steve, mi stanno illudendo. Sento che questa volta non ce
la farò. Non è giusto, non voglio morire proprio adesso che ho
ritrovato mio figlio, com’è crudele il destino!”.
Si appoggiò alla spalla di Steve e piansero insieme.
“Steve, ti chiedo un favore, fai in modo che non debbano accanirsi su di me con delle terapie devastanti, servirebbero solo
ad allungarmi la vita di qualche mese, riducendomi a una larva.
Desidero, tornare al più presto a casa ed essere mentalmente lucido, il più a lungo possibile. E poter passare parte del mio
tempo prezioso, con mio figlio”.
Il suo compagno lo rassicurò, amava Brian ma, questa volta
non poteva salvarlo da quel crudele destino. Si sentiva perso al
pensiero di perderlo ma cercò con tutte le forze di farsi coraggio, era l’unico modo per poterlo aiutare.
Si staccò dal suo abbraccio e lo adagiò lentamente sul cuscino, Brian era visibilmente provato.
David aveva bisogno di sfogare le sue angosce, la persona a
lui più cara era in Italia.
Chiese a Steve di potersi collegare in internet. Voleva mettersi in contatto visivo con sua madre, non avrebbe potuto parlare con lei di una cosa così dolorosa telefonicamente.
Stettero collegati molto ma nessuna parola di Piera riuscì a
placare il suo dolore anzi, quel collegamento mandò in forte
130
depressione emotiva anche lei. Brian era stato il suo primo
grande amore.
La scomparsa di Brian lasciò un vuoto incolmabile negli
animi di chi l’aveva amato.
Una parte di Adelle morì con lui, il suo unico conforto era
David, l’amato nipote ritrovato.
Steve non seppe darsi pace, la solitudine lo stava distruggendo, solo il tempo l’avrebbe aiutato.
Piera dietro la sua corazza esteriore cercò in tutti i modi di
aiutare il suo David.
Non era facile, per quel ragazzo tornare a vivere senza il padre, conosciuto e perso, in così poco tempo.
Rimini un mese dopo rappresentava nella sua essenza il grigiore dell’autunno.
David con sua madre passeggiavano lungo il viale alberato,
le foglie autunnali facevano da tappeto sotto le loro suole.
Sottobraccio, sotto un unico ombrello si riparavano dalla
pioggia e distrattamente immersi nei loro pensieri abbozzavano
qualche frase per interrompere quei silenzi.
“Sai mamma alcune volte penso che sono un ragazzo ricco
ma terribilmente infelice. Sarebbe stato meglio non averlo mai
conosciuto mio padre. Non avrei gioito nel conoscerlo ma, allo
stesso tempo mi sarei risparmiato, tutto questo dolore”.
Quelle parole dette dal figlio fecero tornare Piera indietro
negli anni, a quella sera in cui Brian nel suo appartamento a
Londra le disse dopo averle confessato la sua omosessualità:
“Stellina mia vorrei tornare indietro nel tempo e cancellare il
nostro amore, poiché sono pienamente cosciente del male che ti
ho fatto”.
Risparmiò questa riflessione al figlio e sottobraccio continuarono a camminare verso casa.
131
Indice
Prefazione
p. 5
1
p. 7
2
p. 9
3
p. 11
4
p. 13
5
p. 17
6
p. 23
7
p. 30
8
p. 37
9
p. 43
10
p. 51
11
p. 57
12
p. 62
13
p. 69
14
p. 71
15
p. 80
16
p. 87
17
p. 93
18
p. 99
19
p. 104
20
p. 111
21
p. 116
22
p. 126
© Edizioni SENSOINVERSO
Collana AcquaFragile
www.edizionisensoinverso.it
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Via Vulcano, 31 – 48124 – Ravenna (RA)