LE USTIONI

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LE USTIONI
LEZIONE DI CHIRURGIA MAXILLO FACCIALE
06/11/2002 15.30-17.30
DOTT.GASLINI
Sbob. Alessandra Pizzolato
LE USTIONI
L’ustione è una malattia che molti sottovalutano. In realtà un’ustione estesa a tutto il corpo è una evenienza drammatica e molto
dolorosa (immaginate il dolore della semplice vescichetta che tutti ci siamo procurati esteso a tutto il corpo!). Esiste un’estrema
varietà di presentazione clinica delle ustioni anche se in realtà la malattia è una sola. La valutazione della ferita è importante per la
persona e per l’entità della lesione ma anche perché oltre una certa estensione non è più un fattore locale ma una malattia sistemica
che può creare una prognosi molto grave o addirittura infausta con dei costi di guarigione estremamente elevati, non tanto economici
quanto per il pz con dei tempi di degenza lunghissimi. La guarigione può dare una restitutio ad integrum ma anche lasciare dei
postumi estremamente invalidanti.
Con questa lezione vorrei dare delle indicazioni utili a dei medici generici in modo che sappiano come trattare correttamente i propri
pz. Ricordate: un’ustione mal curata subito da ulteriori aggravamenti! E’ importante sapere cosa fare ma soprattutto cosa è meglio non
fare!
Classificazione.
1.
Termiche (caldo, freddo vd.congelamento)
2.
Elettriche (folgorazione)
3.
Chimiche (sostanze causticanti)
1. Termiche
Definizione.
Processo patologico conseguente l’esposizione cutanea alle basse o alte temperature o agenti (acqua, vapore, gas, olio, metallo,
fiamma, catrame).
Sede. (dove avvengono le ustioni. Importante perché implicati agenti diversi a seconda dei luoghi)
Casa :fiamme, caffè, acqua. Lavoro :sostanze chimiche, correnti. Tempo libero. Etc..
Dobbiamo notare che statisticamente l’87% delle ustioni avviene entro le mura domestiche, di cui il 50% in cucina. Questo perché chi
è in casa non valuta il rischio degli accidenti, al contrario di quanto avviene negli ambienti di lavoro in cui ci sono delle norme di
sicurezza da rispettare.
Determinismo dell’ustione.
Tipo di agente ustionante. E’ importante valutare la capacità di immagazzinare calore. Esempio: il caffè mantiene il calore più
dell’acqua che invece si raffredda rapidamente.
Intensità della temperatura. Esistono tipi di ustione da fiamma calda (azzurra) e da fiamma fredda .
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Tempo di esposizione. Esempio: l’esposizione ad una media temperatura per un tempo prolungato fa un danno maggiore che un’alta
temperatura per un tempo breve.
Superficie a contatto (la distanza, la presenza di un vestito che protegge, etc..)
Modalità dell’evento
Ambiente: in un luogo chiuso oltre alle fiamme ci sarà più calore e anche il rischio di inalazione di gas roventi.
Fattori prognostici.
Estensione. Deve essere valutata subito. Si usa la vecchia regola del 9 (in realtà non troppo corretta) che ha lo scopo di facilitare il
calcolo dell’estensione dell’ustione per stabilirne la gravità ed il comportamento più idoneo nel trattamento. Esistono 2 schemi, uno
per l’adulto e uno per il bambino, che tengono conto della variazione percentuale a carico della testa e degli arti in rapporto all’intero
organismo. Ex. Testa pari a 3.5% e tronco pari a 16%: vedete che non esiste più una regola del nove ben precisa…Nel bambino
abbiamo delle percentuali diverse perché viene calcolato, secondo una regola ormai standardizzata e statisticamente accettata, che il
rapporto tra superficie corporea e struttura corporea sia superiore.
Le ustioni possono essere lievi: <5% nel bambino, <10% nell’adulto
medie: dal 5 al 10% nel bambino, dal 10 al 20% nell’adulto
gravi: > 10% nel bambino, >20% nell’adulto
Queste percentuali danno indicazione per un’ospedalizzazione o meno del pz.
Profondità. Come tutti sapete la nostra pelle ha una struttura costituita da uno strato epiteliale, uno strato dermico, uno strato adiposo
sottostante chiamato ipoderma. Le ustioni vengono classificate in :
1 e 2 grado superficiale in cui abbiamo guarigione spontanea , riepitelizzazione immediata nel giro di 6 giorni, restitutio ad integrum
senza esiti cicatriziali né aspetti cromatici della cute.
3 grado e 2 grado profondo guariscono per seconda intenzione con esiti cicatriziali evidenti o addirittura richiedono terapia chirurgica
che deve essere fatta nell’immediato.
4 grado ovvero la carbonizzazione.
Sede (volto, collo, estremità, genitali, regione anale, capezzoli) è importante dire che a seconda della sede possiamo avere danni
maggiori o minori.
Età. Sono a rischio le età estreme: i bambini e le persone molto anziane.
Patologie associate (ferite, lesioni vascolari, fratture) possono peggiorare la prognosi
Patologie pregresse ovvero le patologie sistemiche croniche come il diabete, insufficienza epatica, etc..
(ampio commento a immagini che spero di ottenere al più presto e che lascerò in fotocopisteria)
1 GRADO: strato epiteliale bruciato che ha subito l’insulto termico, strato sieroso, ondulazioni tipiche del derma conservate
=>quando cade lo strato epidermico superficiale e si riassorbe il siero si ha una completa restitutio ad integrum.
2 GRADO PROFONDO: la lesione ha intaccato il derma e alcune papille sono distrutte =>cadendo la parte necrotica sono visibili
macroscopicamente le parti in cui le papille sono conservate e quelle in cui invece non lo sono. In seguito avviene la riepitelizzazione
spontanea a partire dalla cute laterale.
3 GRADO: distruzione a metà spessore o completa di tutto il derma => cadendo l’escara ci sarà l’esposizione dell’ipoderma o delle
strutture sottostanti.
Classificazione macroscopica delle ustioni.
1 grado : lesione rosso vivo, brunastro, eritema che può essere a stampo (vd utilizzo di lampade abbronzanti), la cute è integra, c’è
desquamazione cutanea che poi si riepitelizza. Microscopicamente vediamo iperemia e vasodilatazione sia delle arterie che dei
capillari. La prognosi è la completa restitutio ad integrum nell’arco di 5 o 6 giorni.
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Un’ustione di questo grado, indotta ad esempio dalla tecnica laser del surface lifting, può ledere le cellule melanocitarie e dare come
complicanza un’ipermelanosi piuttosto che un’ipercheratosi o cute a macchie.
2 grado superficiale : compaiono le cosiddette flittene. Lo strato tra epidermide e derma subisce un insulto tale per cui si ha
vasodilatazione e conseguente fuoriuscita di liquido dal letto vascolare che scolla i 2 strati. Rimuovendo questo liquido sieroso il
fondo appare rosso vivo. Microscopicamente c’è interessamento del derma con aumento della permeabilità capillare e trasudazione
plasmatica che è responsabile della formazione del siero. Anche in questo caso rimosse le flittene e passati i 6 giorni l’epitelio, che
continua a rinnovarsi, prevede alla completa guarigione. Questo tipo di ustione e il rispettivo trattamento sono molto dolorosi perché
le papille nervose non più protette sono molto esposte.
2 grado profondo : compaiono le flittene, il fondo appare bianco perlaceo, marezzato, con delle macchie tra il bianco e il rosso.
Microscopicamente è interessato il derma, conservato il fondo delle papille. La sensibilità è ridotta. Il dolore è presente nelle zone
arrossate, assente nelle zone biancastre dove le papille sono state distrutte. Quando poi decade il fondo necrotico e affiorano le papille
torna la sintomatologia dolorosa.La riepitelizzazione è spontanea ma impiega anche 15 /20 giorni a seconda di quante papille sono
conservate. Se la lesione è molto profonda le papille intatte possono essere in numero non sufficiente per sostenere una
riepitelizzazione spontanea. Una complicanza è rappresentata dall’infezione delle papille rimaste integre con conseguente autolisi
tissutale, peggioramento della situazione fino al passaggio in un 3 grado.
3 grado : si manifesta tipicamente l’escara necrotica che può essere secca (da ferro da stiro, brace) o umida (da acqua bollente,
catrame) a seconda dell’agente che ha causato l’ustione. L’alterazione microscopica è rappresentata dalla necrosi completa
dell’epidermide e dell’ipoderma fino ad interessare anche il grasso sottocutaneo e addirittura, dove questo è molto sottile, anche le
fasce muscolari. La guarigione avviene per seconda intenzione ma con tempi estremamente lunghi. L’utilizzo di innesti di chirurgici è
sicuramente da preferirsi anche per il miglior risultato e la conseguente soddisfazione del pz.
Indipendentemente dall’aspetto delle lesioni il pz con ustioni che superino quei valori soglia citati in precedenza (5% e 10%) richiede
una particolare attenzione per il rischio di sviluppare la cosiddetta malattia
da ustione.
Essa è una risposta sistemica che comporta alterazioni emodinamiche e biochimiche a tutto l’organismo, si manifesta nel giro di
48/72 ore in una forma acuta e grave che può portare ad una sindrome morbosa a cui si da il nome di shock da ustione.
Quindi nel corso dei complessi meccanismi fisiopatologici che caratterizzano un’estesa ustione esiste sempre accanto alla lesione
tissutale locale una risposta sistemica che coinvolge tutti gli organi e gli apparati ed in modo caratteristico l’omeostasi circolatoria.
Si intende con il termine di shock un quadro morboso caratterizzato da una vasocostrizione periferica, da ipotensione arteriosa, da
apatia del pz, sudorazione fredda, polso frequente e filiforme. L’ustionato è tremante, scomposto, spaventato. In questo caso lo
shock è di tipo neurogeno ma se l’estensione aumenta abbiamo uno shock di tipo ipovolemico, non emorragico, ma caratterizzato da
un abbassamento della PVC, HT elevato per aumento dell’emoconcentrazione e una diuresi diminuita. Questo quadro iniziale può
associarsi dopo 3 o 4 settimane a uno stato tossinfettivo (in genere sostenuto Gram negativi).
Sequenza delle alterazioni emodinamiche microcircolatorie che sembrano prodursi con frequenza nelle varie fasi dello shock.
1 fase : vasocostrizione (S1).
In seguito all’azione della noxa patogena, ovvero l’ustione, si ha un’immissione massiva di catecolamine sia per stimolazione
surrenalica conseguente ad impulsi di origine centrale, sia per aumento generalizzato del tono simpatico. In seguito all’azione delle
catecolamine si ha la contrazione della muscolatura liscia delle arteriole e degli sfinteri precapillari con conseguente ridotto flusso nel
letto capillare. Gli shunts artero-venosi si aprono costituendo una via preferenziale per il ritorno del sangue al cuore: questo è un
meccanismo di difesa dell’organismo per mantenere salvi gli organi vitali (cervello, cuore, rene). A valle dei capillari ischemici le
cellule ipoperfuse vanno incontro ad una condizione di ipossia con conseguente acidosi e spostamento dei processi metabolici verso
l’anerobiosi. Il quadro poi si complica ulteriormente perché dai tessuti lesi si liberano anche istamina, prostaglandine, chinine,etc.. che
manterranno poi la seconda fase.
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2 fase : espansione dello spazio vascolare (S2).
Le condizioni di ipossia e conseguente acidosi si aggravano e vengono liberate dai tessuti sostanze chimiche vasoattive, che
agirebbero sugli sfinteri lisci precapillari dilatandoli, essendosi anche progressivamente ridotta, a causa dell’elevata acidità locale, la
reattività dei recettori adrenergici alla stimolazione simpatica.
I capillari si riempiono così passivamente di sangue con grande aumento dello spazio vascolare rispetto alle condizioni di normalità.
A questo punto una grande quantità di sangue riempie passivamente il letto capillare diminuendo la massa ematica circolante che non
riesce più ad assicurare un ritorno al cuore sufficiente. La gettata cardiaca, inoltre, diminuisce anche a causa del persistere delle
contrazioni del segmento venoso post-capillare. Una notevole quantità di sangue ristagna alla periferia nel fenomeno del cosiddetto
“trapping”.
3 fase : coagulazione intravasale disseminata (S3).
Per alterazioni dell’equilibrio esistente tra processi coagulativi e fibrinolitici si formano piccoli trombi che bloccano la circolazione
già rallentata in molti capillari aggravando lo stato di ipossia ed acidosi già esistente.
4 fase (shock irreversibile) : attivazione dei meccanismi della fibrinolisi (S4).
La DIC porta in breve tempo al consumo dei fattori della coagulazione. Viene così attivata la fibrinolisi endogena che tende a lisare e
a dissolvere i trombi e quindi a ripristinare lentamente il flusso. Se tuttavia la circolazione è stata bloccata troppo a lungo si
sviluppano alterazioni tessutali irreversibili a livello di organi vitali come rene, fegato e cuore. Queste alterazioni fisiologiche, unite
all’anossia e all’abbassamento del Ph, inducono la liberazione di varie sostanze vasoattive capaci a loro volta di alterare in modo
significativo la permeabilità endoteliale e quindi ancor più di diminuire la perfusione tessutale.
Nella fase iniziale dello shock si verifica l’inondazione dell’organismo da parte delle catecolamine risultante da una caduta pressoria
e in parte dovuta a un meccanismo neurogeno. Tale iperincrezione catecolaminica è all’origine di gravi turbe emodinamiche in
quanto, con la violenta e persistente vasocostrizione generalizzata, aggrava l’anossia tessutale.
Shock da ustione.
La caratteristica fondamentale dello stato di shock è l’insufficiente perfusione dei tessuti, con conseguente alterazione dei meccanismi
di trasporto di ossigeno e metaboliti, provocata essenzialmente da una insufficienza acuta del flusso ematico nella circolazione
periferica.
E’ uno shock ipovolemico secondario dovuto sia a perdita di plasma che di acqua ed elettroliti.
I fattori scatenanti sono i mediatori chimici vasoattivi (catecolamine).
La malattia da ustione è determinata anche dalle alterazioni
dell’equilibrio idroelettrolitico e proteico e non solo da quei
fenomeni neurologici vasomotori descritti in precedenza. La presenza di piaghe, ovvero di una soluzione di continuità con l’esterno,
determina la fuoriuscita di sostanze idriche, saline e proteiche a causa della distruzione del tessuto e del liquido interstiziale.
•
Perdite idriche avvengono entro le prime 48/72 ore dall’ustione, con particolare intensità nelle prime 8/10 ore. Una quantità di
liquido viene persa per gemizio dell’area lesa, mentre gran parte dei liquidi sfuggiti dal letto vasale si accumula nell’interstizio
delle aree ustionate. La quantità di liquido accumulato nelle zone ustionate dipende ovviamente dall’estensione dell’ustione.
Nelle ustioni importanti (più del 20%) può essere stimato sino a 100-300 ml/h nelle prime10/18 ore. I liquidi persi nell’edema da
ustione provengono dal distretto extracellulare, cioè dall’acqua plasmatica e da quella interstiziale.
•
Perdite saline il liquido perso nell’interstizio ha la medesima composizione di quello plasmatico e di quello di riserva
interstiziale. Parlando di perdite saline nei liquidi del terzo spazio ci si riferisce ovviamente al cloruro di sodio e più precisamente
al sodio. Comunemente si pensa di trattare il pz ustionato dando del plasma in quanto il contenuto delle flittene è siero. In realtà
questo trattamento induce a morte il pz. Il risultato di studi a riguardo ha evidenziato che nella fase immediatamente seguente le
prime 18/24 ore, specialmente negli ustionati più gravi, sono segnalate sodiemie più basse del normale e indici di pool liquido
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superiori a quelli del pool salino: ciò è spiegabile con la perdita di sodio dal liquido interstiziale nelle prime ore mentre il plasma
viene perso in un tempo successivo. Vi è inoltre l’assorbimento del sodio da parte delle cellule lese che riduce la tonicità del
liquido extracellulare. La sodiemia quindi diminuisce perché il sodio viene sia sequestrato sia perso.
•
Perdite proteiche sono costituite principalmente da albumina, però si nota che il rapporto è molto basso. Se l’ustione permane
aperta c’è continuamente una perdita: allora nel tempo la quantità di proteine si abbassa perdendo soprattutto albumina. Negli
ustionati questo è un problema che si presenta avanti nel tempo: non è comunque con l’albumina che noi correggiamo lo shock da
ustione.
•
Valutazione clinica delle perdite di acqua , sali e proteine
Ht perdendo acqua e sale si concentra ed aumenta
Na+ normale nelle piccole ustioni o comunque scende
Proteine totali inizialmente normali, in seguito possiamo avere ipoproteinemia.
•
Equilibrio acido-base (pH) è la risultante di componenti metaboliche e respiratorie. Nell’ustionato si verificano
aumenti di acidi organici ed inorganici che normalmente l’organismo tenta di compensare aumentando l’attività respiratoria che
peraltro può essere deficitaria per lesioni dirette ai polmoni (inalazione). Aumenta anche il fabbisogno energetico, soddisfatto
dall’utilizzo dei grassi di riserva da cui deriva la formazione di corpi chetonici e conseguente acidosi chetosica da trauma e
digiuno.
Trattamento.
•
Medico. Bisogna al più presto intraprendere il trattamento antishock (le lesioni cutanee possono aspettare!): quindi ripristinare la
quantità di liquidi necessari a integrare quelle perdite verso lo spazio interstiziale per adeguare il volume ematico alla modificata
capacità del letto vascolare. I parametri da considerare sono ancora una volta: PVC diminuita, Ht aumentato per
l’emoconcentrazione, diuresi ridotta per una diminuita funzionalità renale, osmolarità aumentata perché le urine si concentrano.
Per poter intervenire è necessario inquadrare il caso attraverso l’applicazione di una formula che considera la percentuale di
superficie ustionata, il peso e l’età del pz e che da come risultato i ml di liquidi da perfondere. La prima metà di questi liquidi
deve essere somministrata nelle prime 8 ore, il resto diluito in 16 ore e poi si passa ad una terapia di mantenimento sempre nella
stessa quantità diluita nelle 24 ore. Dal momento che è soprattutto il sodio responsabile degli squilibri elettrolitici si dovranno
somministrare soprattutto liquidi cristalloidi che hanno un alto contenuto di sodio, preferibili ai colloidi che invece contengono
plasma. Bisogna prendere una vena prima che il pz vada in shock, periferica o centrale a seconda dell’entità. Introdurre un
catetere vescicale per evitare che un’ustione ai genitali e il conseguente edema impediscano la minzione. Infusione di liquidi
elettrolitici (importante la quantità nelle fasi iniziali). Avvolgere il pz in teli sterili senza preoccuparsi di rimuovere agenti esogeni
(catrame) con il rischio di peggiorare la situazione. Inviare subito il pz in un centro specializzato. Una volta ospedalizzato
bisogna applicare la terapia del dolore perché quest’ultimo può scatenare uno shock neurogeno con liberazione di catecolamine e
quindi aumentare lo shock da ustione. Se necessario immediatamente intubare e rianimare il pz perché può avere respirato dei gas
ed avere insufficienza respiratoria, instaurare una terapia infusionale per compensare gli squilibri elettrolitici ed acido-basici.
Esami di laboratorio (Ht, Na+, acidità, Pco2, proteine totali, diuresi, PVC, osmolarità). In seguito intraprendere una terapia topica
ed eventualmente chirurgica. Il dolore è vivissimo, soprattutto nei gradi superficiali e quindi bisogna tentare l’abolizione o
l’attenuazione del dolore per ridurre l’increzione delle catecolamine (più profonda è l’ustione meno è dolorosa). Si deve usare la
via endovenosa perché è immediata, la via intramuscolare è troppo lenta. Non si deve aver paura a somministrare gli analgesici,
soprattutto morfina e derivati o addirittura acetilsalicicato di lisina (?). Se ci sono delle lesioni al volto bisogna sempre prendere
in considerazione l’eventualità dell’inalazione di gas e quindi di avere delle ustioni alle vie aeree superiori o inferiori, quindi
procedere con intubazione o tracheostomia oppure se non si riesce con l’intubazione perché c’è un edema della glottide o si è
arrivati troppo tardi si possono somministrare derivati cortisonici per ridurre l’edema o un broncodilatatore nel caso si sospettasse
un’insufficienza respiratoria delle basse vie.
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Topico. Occorre attuare un’accurata pulizia della cute, radere peli e capelli perché trattengono lo sporco, asportare materiale
estraneo (catrame, vestiti, plastica e anche le pomate che in realtà peggiorano l’ustione), detergere con soluzioni saponose (non
acqua ossigenata che ha azione ossidante, ma soluzioni come Betadine). Nelle ustioni di 1 grado, una volta lavate e pulite,
possiamo usare delle pomate cortisoniche per ridurre l’iperemia. Nel 2 grado dobbiamo rimuovere la cute ustionata e i flitteni,
togliere il siero, disinfettare. Nel 3 grado l’escara che crea stasi venosa e l’edema a valle, ad esempio attorno ad un arto proprio
come un manicotto, deve essere recisa in più punti. Infine ricopriamo l’ustione con delle garze grasse che contengono una
soluzione di paraffina (inutili le garze a scopo cicatrizzante perché in realtà sono solo inquinanti) che permettono la trasudazione
del siero che quindi viene assorbito da ulteriori garze più esterne e nello stesso tempo impediscono l’adesione delle garze alla
ferita e quindi quando vengono rimosse non creano dolore. TERAPIA DI MANTENIMENTO del 2 grado superficiale: dopo tre
giorni se la medicazione è stata fatta secondo le norme di sterilità (ricordatevi: l’ustione sterilizza! Elimina cellule e germi) è utile
rimuovere con disinfettanti non alcolici (Clorexidina , Betadine che però può ridurre la capacità di riepitelizzazione), in seguito
ricoprire con tulle grasse e aspettare quattro giorni affinchè la riepitelizzazione sia completa. La valutazione di un’ustione di 2
grado, cioè se di tipo superficiale o profonda, avviene dopo 72 ore quando, cessata la fase di vasodilatazione, è possibile
distinguere un fondo biancastro ( 2 grado profondo) piuttosto che arrossato (2 grado superficiale). In questi casi possiamo fare un
trattamento topico di attesa aspettando che l’escara si demarchi (cade la parte biancastra e compaiono le papille) e nel frattempo
fare degli impacchi con sostanze antibatteriche (nitrato d’argento, pomate come l’Elase, etc..). Il trattamento del 3 grado prevede
la rimozione dell’escara demarcata.
•
Chirurgico. Nelle ustioni di 3 e 2 grado profondo possiamo intervenire con due tipi di trattamenti: uno primario che consiste nel
ripristino del tegumento e uno secondario per correggere gli esiti delle cicatrici. L’escarectomia precoce viene praticata intorno
alla quarta/quinta giornata dopo che il pz ha superato la fase dello shock: le escare vengono rimosse e innestate perché possono
essere fonte di tossicità. L’ escarectomia può essere fatta per via chirurgica con il bisturi oppure tangenziale con il dermotomo. In
un 2 grado profondo piuttosto esteso si procede con questo tipo di intervento senza aspettare la riepitelizzazione spontanea
perché in questo modo la guarigione che segue presenta meno cicatrici cheloidee. Oppure se il 2 grado non è molto esteso si
lascia demarcare l’escara fino a che si stacca il tessuto necrotico e abbiamo la possibilità di valutare se le papille riaffiorano. Se
questo non avviene o subentrano dei peggioramenti si procede con gli innesti. Per l’escarectomia si usano degli enzimi
proteolitici (proteasi, chimotripsina, tripsina) ma questi trattamenti sono poco efficaci e i tempi piuttosto lunghi: si possono
applicare a pz che non hanno grosse perdite di sostanza. Per quanto riguarda le TECNICHE CHIRURGICHE si usano i cosiddetti
innesti cutanei epidermici: possono essere sottili alla Thiersch (con il dermotomo si prende la parte superficiale dell’epidermide),
Mesh-Graft ( si inserisce un lembo alla Thiersch in una macchina che fa dei buchi a modi rete per aumentare l’estensione e
coprire zone ampie che poi si riepitelizzano spontaneamente), micro-Graft (tecnica ormai abbandonata), allo e xeno-innesti
(ormai poco utilizzato, si fa sui grandi ustionati utilizzando innesti eterologhi – ad esempio di parenti- con l’idea che l’innesto
sulla piaga blocchi la perdita di liquidi e nel frattempo permetta la rigenerazione del tessuto del pz. Però in quarta o quinta
giornata devono essere rimossi perché altrimenti creano un’adesione che darà dolore al pz), cheratinociti (cellule germinali della
cute che vengono coltivate sottoforma di lembi e innestate sul pz, i risultati però sono discordanti) e poi c’è la banca della pelle
per il trattamento dei grossi ustionati (i lembi di pelle vengono conservati per le fasi successive del trattamento). L’altro
trattamento chirurgico sono i lembi cutanei di vicinanza che non vengono mai utilizzati immediatamente nell’ustionato ma in
tempi più lunghi, ad esempio nella correzione degli esiti, oppure i lembi di lontananza e gli interventi microchirurgici.
•
Riabilitativo. Non mi soffermo sul trattamento chirurgico degli esiti, basta che ricordiate che le cicatrici possono essere
ipertrofiche, ipotrofiche e cheloidee. L’unico problema è valutare se queste cicatrici saranno invalidanti e potranno creare
ipofunzionalità agli arti e al corpo.
2. Elettriche
Ovvero la folgorazione da corrente elettrica.
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Possono essere puntiformi, estese oppure dare carbonizzazione.
La corrente produce dei danni termici sia alla pelle che ai tessuti profondi, dal punto di contatto al punto di uscita ( il cosiddetto
“arco”).Può coinvolgere tutte le strutture (muscoli, tendini, ossa, nervi, organi interni).
La gravità dipende dal voltaggio, dall’intensità, dall’amperaggio, dalla resistenza ( le ossa, ad esempio, sono molto più resistenti di
un vaso), dalla distanza percorsa, dalla suscettibilità individuale cioè la costituzione e dal calore generale.
La corrente a basso voltaggio può investire lavoratori come gli elettricisti che aggiustando un pannello elettrico vengono investiti da
una grossa fiammata: il pz giunge in ps completamente nero per un’ustione di 2 grado dovuta ad una fiamma rossa, quindi fredda per
sua fortuna, la lesione dove c’è stato il contatto è molto minima.
La corrente ad alto voltaggio è quella che tipicamente investe la casalinga che con le mani bagnate prende in mano la spina della
lavatrice: la pz può riportare delle ustioni puntiformi (piccoli fori di entrata e di uscita con un piccolo tessuto grigiastro carbonizzato).
Oppure le ustioni possono essere estese, con un’ampia lesione d’ingresso: le ritroviamo soprattutto nei lavoratori del settore. Se il
contatto è durato molto a lungo possiamo avere la trombosi completa dei vasi fino ad avere una necrosi massiva che rende necessaria
l’amputazione dell’arto perché non c’è la possibilità di attuare una trombolisi.
Il trattamento è come quello delle ustioni di 3 grado: la crosticina va trattata, rimossa perché altrimenti si può infettare.
L’inquadramento del pz, di cui è a rischio la vita, prevede accertamenti di funzionalità cardiaca, esami di laboratorio, ricerca di danni
organici, etc.
3. Chimiche
sono ustioni dovute ad agenti caustici (acidi, basici o composti organici).
La gravità è data dalla concentrazione, dalla quantità e dalla durata del contatto che dura fino a che la sostanza non viene
completamente rimossa.
Trattamento: la prima cosa da fare davanti all’agente causticante è l’immediata rimozione e successivamente la neutralizzazione
attraverso delle soluzioni tampone. Se è un acido potremo usare un sale di una base forte con un acido debole, se è una base il
contrario. C’è un problema: le basi non sono mai liquide, sono sempre saline! Quindi è difficile neutralizzare una base! Allora se è un
acido dopo averlo lavato e diluito possiamo tranquillamente tamponarlo con delle soluzioni di bicarbonato di sodio. Attenzione che
queste sostanze si annidano nei pori della pelle e quindi richiedono una detersione profonda per essere rimosse. Lo stesso fanno le
basi che sotto forma di polveri si annidano e necessitano un’intensa rimozione meccanica con dell’acqua. Successivamente si può
passare all’applicazione di sostanze medicamentose come per le ustioni di 3 grado.
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