Impaginato RIVISTA n 20 DEF
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Impaginato RIVISTA n 20 DEF
superficie 339.856 ettari, comuni 26, abitanti 138.334 Presidente Pietrina Murrighile sedi provvisorie: Palazzo degli Scolopi, Piazza del Carmine - 07029 Tempio Pausania tel. 079 6725701-18 fax 079 6725717 Via Nanni, 17/19 07026 Olbia tel. 0789 5576100-12 fax 0789 21833 LA PROVINCIA DI OLBIA TEMPIO OT OLBIA-TEMPIO Aggius Aglientu Alà Dei Sardi Arzachena Badesi Berchidda Bortigiadas Buddusò Budoni Calangianus Golfo Aranci La Maddalena Loiri Porto San Paolo Luogosanto Luras Monti Olbia Oschiri Padru Palau San Teodoro Santa Teresa di Gallura S. Antonio di Gallura Telti Tempio Pausania Trinità d’Agultu LEGENDA LEGENDE LEGEND superstrada, con uscita Schnellstraße, mit Ausfahrt motorway, with exit porto Hafen port Abbazia Abtei abbey strada a percorrenza veloce, senza spartitraffico Einbahnige Schnellstraße rapid way ferrovia, con stazione Einsenbahn, mit Bahnohof railway, with station grotta Höhle cavern strada statale Bundesstraße hightway aeroporto Flughafen airport spiaggia attrezzata Bewachter strand guarded beach strada asfaltata Asphaltierte Straße paved road campeggio Zeltplatz camping strada non asfaltata Nicht asphaltierte Straße unpaved road rifugio montano Berghütte mountain hotel confine di provincia Provinzgrenze provincial boundary distanze chilometriche Entfemungen in Kilometer distances in km nuraghe nuraghe nuraghe traghetto Fähre ferry-boat linea di navigazione Schiffahrtslinie motorship-line faro, fanale Leuchtturm, feuer lighthouse, beacon acque Gewässer waters monte Berg mount zona archeologica Ausgrabungsstätte archeological excavation altitudine Höhe spot elevation torre Turn tower bosco Wald wood rocca Schloß, Burg castel, fortress parco naturale Naturpark natural park 53 © Copyright Mare nostrum editrice. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata dalla legge. Nessuna parte di questa cartina può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dell’editore. provincia C U L T U R A Testo e foto di Antonio Mannu Il sogno di Orfeo. Quattordicesima edizione. Il tunisino Dhafer Youssef, cantante e suonatore di oud, durante il suo concerto solo nella chiesa di Sant’Antonio Abate a Nughedu San Nicolò il 14 agosto 2001. TIME AZZ J IN T ime in Jazz muove i primi passi nel 1988. Il festival, creato e voluto dal fiatista sardo Paolo Fresu, nasce e cresce a Berchidda, suo luogo natale, un piccolo centro di circa 3000 abitanti abbarbicato alle pendici del monte Limbara. Come si usa dire, molta acqua è passata da quel timido inizio di fine anni 80, molto è cambiato nella forma del festival, nelle sue proposte, nel paese che lo ospita. Che è cambiato anche per Time in Jazz. Grazie al festival è cresciuto culturalmente, diventando nel contempo luogo di attrazione turistica, un turismo motivato principalmente dall’interesse culturale: sia che si tratti di seguirne le avventure e le proposte musicali, che i percorsi enologici messi in campo dal “Museo del Vino”, una struttura nata, forse non a caso, dopo l’avvento di Time in Jazz. Nel frattempo è cambiato, radicalmente e normalmente, il mondo intero. Digital trance, il tema del festival dello scorso anno, alla fine degli anni 80 non sarebbe stato proponibile: l’informatizzazione di massa era agli albori, la telefonia mobile muoveva i primi passi. Di fotocamere digitali poi, tra i fotografi che si accuccia- vano sotto il palco della vecchia, accogliente piazzetta, nemmeno l’ombra, e per diversi anni a venire. Time in Jazz era giovane, delicato, quasi sommesso. Transenne non se ne vedevano; il paese intero, e i visitatori, potevano godere, volendo, le note e lo spettacolo, a distanza, seduti ai tavolini dei bar della piazza, sorseggiando Giogantinu o bevendo bionda Ichnusa. Le cose cambiano, è nella natura loro. Cambia anche il calendario. Le prime cinque edizioni di Time in Jazz, sino al 92, sono accadute in settembre. In settembre perché, come scriveva Paolo Fresu nelle note introduttive alla prima edizione: “Non a caso è stato scelto un periodo, l’inizio di settembre, prima del quale si sono esaurite tutte quelle proposte che hanno caratterizzato l’Estate Culturale isolana” questo perché, diceva ancora Fresu: “Time in Jazz tende a differenziarsi dai grossi avvenimenti (festival(s) e Rassegne) che finalmente, da un po’ di anni, si presentano sempre più spesso in Sardegna.” E proseguiva: “Il nostro intento è infatti, offrire delle proposte musicali che normalmente non si trovano nei circuiti di programmazione, in modo da giustificare la scelta di Berchidda in principio come luogo dove “succede” qualcosa”. C U L T U R A L’altra metà del jazz. Tredicesima edizione: Iva Bittova, violinista e cantante ceca, sul palco di Piazza del Popolo il 12 agosto 2000. Il sogno di Orfeo. Quattordicesima edizione. Piazza del Popolo. Il batterista del gruppo “Khmer”, guidato dal norvegese Nils Petter Molvaer, tromba, avvolto dal fumo il 12 agosto 2001. 56 Un programma, quello del primo anno della rassegna, che si segnalava per le molte presenze di musicisti sardi (dai Metrò al Billy’s Garage Trio, passando per il quartetto di Enzo Favata), per la commistione tra musica e cinema della proposta di Bruno Tommaso, per i film e le conferenze tenute da Marcello Piras. Ma il tempo scorre e porta consiglio e nel 93, sesta edizione, ci si sposta ad agosto, in pieno agosto, a ferragosto. Da allora il festival conosce un mutamento e cresce, in modo esponenziale, il suo pubblico. Un pubblico più vasto ha significato una risonanza maggiore nell’isola, in Italia, nel mondo intero. E la sua natura è cambiata. Da avvenimento sommesso e delicato, quasi timido nel rapporto con il paese, Time in Jazz è lentamente diventato un evento che attrae folle tra le più eterogenee: vacanzieri costacei, a volte un po’ cafoni che, in attesa del concerto serale, svaligiano il Museo del Vino, comprando a casse Lughente o Tancafarrà; sconvolti di ogni tipo e qualità, forniti, a volte e malauguratamente, del più tremendo strumento percussivo che l’uomo abbia mai conosciuto: il bonghetto da piazza. Consumatori sciamanici di birra a fiumi. Attenti ascoltatori. Inviati e invitati dell’Arte. Presenzialisti amanti, o di questo convinti, della musica colta. Aficionados che li incontri sempre, da anni, o almeno dagli ultimi dieci anni in poi. Gente che arriva, passa una sera in piazza, chiacchera, consuma, mangia panadas e basta: musica non ascolta, arte non vede. Gente che va dappertutto: all’albaincimaaimontisottolapioggia; al mattino alle chiese dei dintorni, e così al pomeriggio. Poi un frenetico giro per i luoghi dell’arte, passando prima per stazioni e treni, fino a sera ai concerti in Piazza del Popolo. E non finisce qui: dopo i concerti in piazza assalto al cielo ed allo spazio aperto del Museo del Vino, oppure, per i più tranquilli, performance o proiezioni, invero poco frequentate. Gente che si diverte a far trenino, davanti alla bella chiesa di San Michele tra gli alberi, con i tristi Gnawa del Marocco, celestemente ed improbabilmente vestiti a festa. Fu vera trance? ... Gente che storce il naso davanti ai bottai, ai cuochi, agli arrotini di Experimentum Mundi (remix) di Battistelli. Che sarà pure una performance datata, come ha scritto qualcuno ma, a parer mio, è una delle proposte più affascinanti che siano atterrate a Berchidda. E non a caso è stata riproposta dopo quasi dieci anni dalla prima. Gente che danza, che si diverte, gente che s’annoia. Gente entusiasta, critica, stanca, felice. “Cooking’ Jazz” è il titolo del festival 2006, giunto alla diciannovesima edizione. Il programma comincia il 10 agosto, alle ore 10, lontano da Berchidda, in mezzo al mare, a bordo di una nave che solca il Tirreno, traversata marittima da Livorno ad Olbia. L’evento musical marittimo si chiama appunto “Concert-azione navale”. Protagonista la Gangbè Brass Band, che arriva dal Benin. Alla banda africana sono inoltre affidate le quotidiane parate per le vie di Berchidda che, all’imbrunire, introducono i concerti serali in Piazza del Popolo. I musicisti della Gangbè Brass Band saranno anche protagonisti di due “Concert-azioni aeroportuali”, entrambe di scena all’aeroporto Costa Smeralda di Olbia e della consueta festa finale con giochi pirotecnici, danze e cotillons. Anche se in realtà l’ultimo Nel frattempo è cambiato, episodio del festival, quello riservato ai più coriacei e irriducibili, si terrà opportunamente all’alba del 16 agosto sulle vette di Montalvu, foresta radicalmente e normalmente, demaniale del Limbara. “Radiofrequenze con il cielo” è il titolo di un’alDigital trance. ba di note dedicata a Roberto “Billy” Sechi, batterista isolano che è il mondo intero. Diciottesima edizione. andato via quasi in silenzio l'autunno scorso, uno dei protagonisti della Paolo Fresu durante la prima edizione di Time in Jazz. Un gesto opportuno e delicato affidato “Celtic Procession” del al piano solo di Rita Marcotulli. Ancora una sfida per gli impavidi cavalieri cagliaritani della Penty Service, chitarrista Jacques protagonisti negli anni di alcune forme arcaiche di teletrasporto. Quello della strumentazione necessaria ad Pellen. Piazza del avventurosi e splendidi concerti, tenuti in luoghi ameni e di difficile accesso. Popolo, 11 agosto “Cookin’ jazz", dunque:”-raccontano le note introduttive al programma 2006-“ovvero, jazz e cucina, jazz e 2005. gusto. Sull’abbinamento di due termini apparentemente lontani, il festival gioca quest’anno le sue carte per pro- 57 C U L T U R A Digital trance. Diciottesima edizione. Chiesa di San Michele, agro di Berchidda. Jon Balke piano solo. 13 agosto 2005. (S)colpire la percussione. Nona edizione. E’ l’immagine che meglio racconta questa edizione del 96, che ruotava intorno alle Pietre Sonore di Pinuccio Sciola. Pierre Favre suona le sculture di Sciola in “La Pierre Sonore”. 15 agosto 1996. 58 seguire il percorso, da sempre caro a Time in Jazz, del confronto fra musica e altri codici. (…) Time in Jazz può così imbandire una tavola come sempre ricca di prelibatezze musicali.” Tra il raccolto piano solo di Rita Marcotulli e l’allegra battaglia navale, a suon di fiati e di tamburi, della Gangbè Brass Band, una vera e propria messe di eventi musicali e non solo. Il primo appuntamento serale con la musica si materializza nel pomeriggio del 10 all’Agnata, il buen retiro di Fabrizio De Andrè alle pendici del Limbara. Rita Marcotulli e Maria Pia De Vito in “Anime jazz”. Vino e costellazioni a sera, al Museo del Vino/Enoteca Regionale, alle 21 e 30. A cura della cooperativa La Memoria Storica “Calici sotto le stelle”. All’alba di venerdi 11 agosto, sul Montalvu, “Due colori esistono al mondo. Il verde è il secondo”. Concerto happening in memoria di Roberto “Billy” Sechi. Protagonisti Francesco Sotgiu, Carlo Sezzi, Gianni Filindeu, Roberto Pellegrini, Pier Francesco Loche, Alessandro Garau e Luca Piana. Sempre l’11, al mattino, con orario da definire, “Suoni in transito” performance per musicisti e treno sonoro lungo la tratta Cagliari Berchidda a cura di Alessandro Olla. Arrivo previsto del treno a Berchidda alle prime luci dell’alba del 19 agosto, a festival finito ed archiviato. Miracoli della TAV di Sardegna, provare per credere. Naturalmente scherziamo. Il treno arriverà a Berchidda, proveniente da Cagliari, entro la mezzanotte dell’11 agosto. Si prosegue con la musica in chiesa: a Pattada, con Bebo Ferra e Paolino Dalla Porta, alle 18 a San Michele; ad Ozieri, alle 21 e 30 a N.S. di Monserrato, col trombettista norvegese Arve Henriksen e lo statunitense Jan Bang. Alle 19 e 45 a Berchidda, e sarà cosi ogni giorno del festival, Gangbè Brass Band per le vie del borgo. Il 12 agosto appuntamento ghiotto e mattutino alle 11, chiesa di San Michele tra gli alberi a Berchidda. Quattro contrabassisti, Furio Di Castri, Paolino Dalla Porta, Ares Tavolazzi e Salvatore Maltana mettono in scena “Il principio dei bassi comunicanti”. Esordio in Piazza del Popolo alle 21 e 30 con “The Recipe” e con “Duke” Paolo Vinaccia, gigante della batteria partenopeo trapiantato in Norvegia, in combutta con Arve Henriksen, Jan Bang e due attori. La ricetta in questione? Polpo con uva passa e pinoli che verrà (probabilmente) realizzata dal vivo durante il concerto. Donizzetti, Mascagni, Rossini e Verdi collaborano inconsapevolmente alla seconda proposta della serata: “Il vino all’opera”, giocosa escursione tra i brindisi più noti della lirica a cura del trio P.A.F. (Fresu, Salis, Di Castri) e delle immagini di Alex Pinna. Monti, Santuario di San Paolo Eremita, ore 11 di domenica 13 agosto. Luogo ed orario evocativo. Appuntamento da non mancare per i devoti di san Piano. Antonello Salis e Stefano Bollani in duo. Si vaticinano scintille. Al pomeriggio a Nughedu San Nicolò Gianfranco Grisi e Matteo Turella in “Cristallarmonio-I concerti di W. A. Mozart”. Grisi, accompagnato dal chitarrista Matteo Turella, suonerà due strumenti inusuali dei quali è specialista: la concertina inglese e il cristallarmonio. Chiesa di Sant’Antonio Abate ore 18. Pienamente rispettosi del tema del festival i due concerti serali della domenica, naturalmente in onda da Piazza del Popolo, Berchidda centro. "Bere, mangiare, cantare" il titolo del primo, che avrà per protagonisti Peppe Servillo e gli argentini Javier Girotto ai fiati e Natalio Mangalavite al pianoforte; "Concerto per quintetto e catering" quello del pianista Stefano Bollani alla testa di una formazione che schiera Mirko Guerrini e Nico Gori alle ance, Ferruccio Spinetti al contrabbasso e Cristiano Calcagnile alla batteria. Il 14 agosto comincia al Museo del Vino con la presentazione di un libro e di un DVD, "Paolo Fresu: Talkabout – Biografia a due voci". A seguire il Nat trio, formazione nata tre anni fa durante i Seminari Jazz di Nuoro, per un concerto aperitivo. Piano solo di Stefano Bollani alle 18, nella Chiesa di Nostra Signora di Castro ad Oschiri. Ricchissima serata in Piazza del Popolo. Apre le danze un duo molto amato formato dal sassofonista Gianluigi Trovesi e dal fisarmonicista Gianni Coscia. "In cerca di cibo" è stata una loro riuscitissima incisione di qualche anno fa. Ne rispolverano il titolo per aprire la serata. Un’autentica regina del jazz, Carla Bley, proseguirà con “Dinner Music”. La pianista, compositrice e arrangiatrice americana arriva a Berchidda in compagnia del bassista Steve Swallow e del sassofonista inglese Andy Sheppard, per incontrare l’Orchestra Jazz della Sardegna. Ferragosto comincia all’arboreto mediterraneo della foresta demaniale. Trovesi e Coscia alle 11. Alle 13, presso la Cantina Sociale Giogantinu, “Vino Dentro” viaggio surreale nel mondo del vino di Antonio Caldonazzi. Alle 18, sempre a Berchidda, chiesa di Santa Caterina, Carla Bley, Steve Swallow e Andy Sheppard in trio per “Songs with Legs”. Alle 20, nei giardini della casa di riposo per anziani, l’ormai consueto appuntamento con la gara di poesia e i poeti improvvisatori della Sardegna. Di scena quest’anno Salvatore Scanu e Giuseppe Porcu. Serata conclusiva in Piazza del Popolo affidata ad Ascanio Celestini e Paolo Fresu. L’affabulatore romano e il berchiddese con la sua tromba hanno di recente avviato un dialogo artistico a base di racconti e musica. A Berchidda lo riprenderanno seguendo il tema di quest’anno. Storie e note ispirate quindi alla musica e al cibo, al gusto del palato e al piacere dell’ascolto. A conclusione della dotta conferenza fuochi artificiali e musica per la festa finale con la Gangbè Brass Band. E buon appetito. Berchidda, centro di 3.300 abitanti abbarbicato sui primi contrafforti del monte Limbara, sorge nel cuore di un territorio ricco di tracce umane fin dai tempi più remoti. Lo testimoniano i numerosi resti archeologici di epoca preistorica: domus de janas, strutture difensive megalitiche, dolmen e nuraghi, che impreziosiscono la pianura e le numerose colline. Del periodo romano è possibile, con l'ausilio di guide esperte, rinvenire tratti della strada romana e di un ponte in località Silvani. Nel Medioevo i Giudicati lottarono spesso tra di loro per contendersi questo territorio, importante dal punto di vista economico (produzione cerealicola) e strategico (confine tra Giudicati di Torres e Gallura). Risalgono a questo periodo i resti del Castello di Monte Acuto: parti di contrafforti murari; strutture megalitiche di difesa, resti delle cisterne per l'approvvigionamento idrico. La popolazione risiedeva in diversi centri: Berchidda, S. Salvatore di Nulvara, Resteblas. Le chiese campestri di S. Andrea, S. Caterina, S. Salvatore, S. Michele e S. Marco sono quasi certamente la testimonianza di un insediamento più esteso di quello attuale. Il periodo spagnolo, quello sabaudo e quello post-unitario non hanno lasciato sul territorio monumenti degni di nota. In questo secolo Berchidda si è segnalata per lo spiccato spirito cooperativistico che ha portato alla creazione di importanti attività nel settore agro-zootecnico. Vino, formaggio, dolci, pasta fresca, carne, salumi, hanno trovato produttori singoli o associati capaci di farli apprezzare ovunque; valenti artigiani e imprenditori si distinguono nella lavorazione del legno, del sughero, dell'alluminio, delle pietre ornamentali. Il fiore all'occhiello di Berchidda è, comunque, costituito dagli straordinari progressi compiuti dagli allevatori nel settore degli ovini e del miglioramento dei pascoli, trasformati intensamente ma non tanto da cancellare i "segni" del passato recente: case rurali ben conservate, frantoi, ruderi di antichi mulini, impedrados. L'aspetto meno noto, ma forse più significativo del territorio di Berchidda è infine la straordinaria ricchezza e bel- (S)colpire la percussione. Nona edizione. Un momento della straordinaria opera di musica immaginistica “Experimentum Mundi” di Giorgio Battistelli, per percussioni, voci, maestri selciaroli, bottai, falegnami, arrottini, calzolai, fabbro-ferrai, pasticciere, muratori e scalpellino. 17 agosto 1996. lezza del suo patrimonio naturalistico. Il selvaggio e misterioso fascino dei boschi che orlano il fiume Seleme sino ai primi contrafforti del Limbara (che penetra nel paese attraverso i colli di S. Alvara e Monte Ruinas) contrasta con un territorio fortemente caratterizzato dall'assoluto dominio di leccio, sughere, mirto, corbezzolo, fillirea, ginepro. Dalla sommità delle alture si gode una splendida vista sulla valle con le sue colline verdeggianti, impreziosite da vigneti e villette rurali, con la pianura su cui scorrono sinuosi i fiumi che affluiscono al lago Coghinas, occhieggiante, a ponente, dietro la sagoma inconfondibile del Monte Acuto. Volgendo lo sguardo a nord si può ammirare il profilo della catena montuosa del Limbara. Notevole è il patrimonio enogastronomico berchiddese Da segnalare indubbiamente i vini, su tutti il fragrante vermentino, i formaggi, i salumi, i dolci, il miele, i succulenti piatti della cucina tradizionale. 59 superficie 393.382 ettari, comuni 52, abitanti 164.260 Presidente Roberto Deriu sede: Piazza Italia, 22 - 08100 Nuoro tel. 0784 238600 LA PROVINCIA DI NUORO NU NUORO Aritzo Atzara Austis Belvì Birori Bitti Bolotana Borore Bortigali Desulo Dorgali Dualchi Fonni Gadoni Galtellì Gavoi Irgoli Lei Loculi Lodè Lodine Lula Macomer Mamoiada Meana Sardo Noragugume Nuoro Oliena © Copyright Mare nostrum editrice. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata dalla legge. Nessuna parte di questa cartina può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dell’editore. provincia Ollolai Olzai Onanì Onifai Oniferi Orani Orgosolo Orosei Orotelli Ortueri Orune Osidda Ottana Ovodda Posada Sarule Silanus Sindia Siniscola Sorgono Teti Tiana Tonara Torpè LEGENDA LEGENDE LEGEND superstrada, con uscita Schnellstraße, mit Ausfahrt motorway, with exit porto Hafen port Abbazia Abtei abbey strada a percorrenza veloce, senza spartitraffico Einbahnige Schnellstraße rapid way ferrovia, con stazione Einsenbahn, mit Bahnohof railway, with station grotta Höhle cavern strada statale Bundesstraße hightway aeroporto Flughafen airport spiaggia attrezzata Bewachter strand guarded beach strada asfaltata Asphaltierte Straße paved road campeggio Zeltplatz camping strada non asfaltata Nicht asphaltierte Straße unpaved road rifugio montano Berghütte mountain hotel confine di provincia Provinzgrenze provincial boundary distanze chilometriche Entfemungen in Kilometer distances in km nuraghe nuraghe nuraghe traghetto Fähre ferry-boat linea di navigazione Schiffahrtslinie motorship-line faro, fanale Leuchtturm, feuer lighthouse, beacon acque Gewässer waters monte Berg mount zona archeologica Ausgrabungsstätte archeological excavation altitudine Höhe spot elevation torre Turn tower bosco Wald wood rocca Schloß, Burg castel, fortress parco naturale Naturpark natural park 61 c u l t u r a e s t o r i a Sa harrera. Orgosolo, nuove costruzioni. Testo e foto di Roberto Mura ORGOSOLO INCANTATA INDOMABILE CUORE SARDO O rgosolo è forse, tra i comuni della Sardegna centrale, il più famoso e famigerato. Bello, rude, rustico, taciturno, originale, poetico, misterioso e affascinante, a camminare tra le sue vie si respira aria della vera identità dei Sardi, di quel popolo di pastori erranti che, tra mito e sofferenza, ancora tanta parte hanno nella realtà odierna dell’Isola. Poco meno di cinquemila abitanti, Orgosolo è quel fiero centro della Barbagia di Ollolai che nasce alle falde del monte Lisorgoni: con oltre 220 mila ettari il suo territorio è uno dei più grandi del nuorese. I primi dimostrabili indizi della sua antropizzazione, oggetti in pietra e cocci di ceramiche, riportano al Neolitico Medio (5000 a.C.). Nell’età del rame e del bronzo la popolazione trasse sostentamento dalle foreste e dai fiumi, dall’agricoltura e dall’allevamento. Le domus de janas dislocate in tutta la campagna, tra le quali è famosa quella con betilo scolpito di Sa Lopasa, i dolmen, i menhir - in specie quello monumentale di Pedras Fittas - e le tombe dei giganti di Sa Charchera, Ventosu, Sa Senepida rendono testimonianza del periodo prenuragico. L’età megalitica prosperò, ne sono segno gli oltre trentacinque nuraghi: Biduni, Dovilineo, Illole, Delacana, Ortottida, Filigai, Lartiò, Mereu, Gorropu, Lollove i più conosciuti. I rapporti coi Romani in principio furono caratterizzati da feroce contrapposizione militare. L’estensione del seminativo a tutte le zone pianeggianti dell’Isola, strategia che doveva garantire le scorte frumentarie di Roma, impedì la transumanza e mise in seria difficoltà l’economia pastorale delle popolazioni montane, in particolare barbaricine e, in specie, orgolesi. Tra alti e bassi gli scambi culturali e commerciali con l’Impero si intensificarono, grazie soprattutto a nuove strade e avamposti come quello di Orulu, costruito dai Romani a pochi chilometri da Orgosolo. In età giudicale il paese fu dei Dore del Logudoro e in seguito venne incorporato ai territori arborensi. La comunità agropastorale sofferse l’avidità degli esattori iberici: l’impossibilità materiale a pagare e il perverso governo del territorio da parte dei signori, che piegarono la comunità foraggiando la stessa criminalità, furono le principali cause di diffusione di un banditismo a due facce: una mitica e l’altra tristissima. Coi Savoia fu tempo di malandate riforme e isolamento. Il paese non recepì la legge sulle chiudende e mantenne lo sfruttamento collettivo delle terre. Di proprietà privata si parlerà solo nel 1867. La crisi sociale che imperversò dopo l’Unità d’Italia arrivò anche qui: crebbero banditismo, repressione statale e sfiducia tra popolazione e istituzioni. Famigerata fu la “Caccia grossa” descritta da Giulio Bechi nel suo omonimo libro, culminata col conflitto a fuoco tra le forze dell’ordine e i banditi a Murguliai, nelle campagne di Orgosolo. Era il 1889. Avvincente e ormai entrata a far parte del dna del paese, “resistenziale” per eccellenza, per dirla alla Lilliu, fu la “rivolta di Pratobello” del giugno 1969. La popolazione occupò in massa i pascoli di Pratobello, facenti parte del territorio comunale, dove per decisione del ministro della Difesa sarebbe dovuto sorgere, dopo l’esproprio dei terreni, un poligono di tiro permanente per l’artiglieria e una base di acquartieramento per l’esercito. Il faccia a faccia tra lo Stato e gli orgolesi vide la “vittoria” antimilitarista e a Pratobello non sorse nessuna base. Resta la canzone di Rubanu a ricordarlo: “Orgosolo pro terra de bandidos fin’a eris da-e totu’ fis connota, ma oe a Pratobello tot’ unidos fizos tuos falado’ sun in lota contra s’invasione militare…”. Classico uomo barbaricino ritratto nei muri del paese. Pratobello, faccia a faccia tra militari e donne del paese. c u l t u r a e s t o r i a Golosità La gastronomia orgolese è fatta di piatti semplici e gustosi. Hulurjones di farina e uova, con carne, ricotta, formaggio fresco, maharrones lados al sugo, ministru di pasta fresca conditi col formaggio. Tra i secondi regnano il maialetto di latte alla brace, l’agnello, il capretto, la selvaggina e la pecora in cappotto. Ottimo il cannonau voluttuoso e l’infuocata, incomparabile acquavite. La tradizione del pane annovera il carasau, le spianate e i coccones. Tra i formaggi il pecorino e le provolette di latte vaccino, vera delizia se consumate arrosto con un sottile strato di miele. Tra i dolci su pistiddi, realizzato con farina, miele, zucchero e scorza d’arance, sas urilletas di farina, uova e zucchero, sas hasadinas di formaggio fresco, uova e zafferano. Come arrivare: da Nuoro (18 km di distanza) si percorre la provinciale per Locoe ed Orgosolo. Orgosolo dista da: Olbia 120 km, Siniscola 60 km, Dorgali 45 km, Oliena 15 km, Orosei 55 km, Tortolì 70 km. Mangiare, dormire e fare escursioni: Ristorante Petit Hotel, via Mannu 9, tel. 0784/402009; Ristorante “Ai monti del Gennargentu”, loc. Settiles, tel. 0784/402374; Hotel ristorante pizzeria “Sa ‘e Jana”, via Peppino Catte 2, tel. 0784/402437; “Sandalion servizi turistici”, via Diaz 8, tel. 0784 413298 0784 401170 [email protected]. Offre pranzo coi pastori, trekking, visita ai murales, escursioni in fuoristrada. “Società servizi turistici Cultura & Ambiente” di Cossu Pietrino e Dore Gino S.n.c., Corso Repubblica 102, tel. 0784/401015, 339 8155586 - 349 1016825, [email protected]. Offre pranzo coi pastori o in ristorante, trekking, escursioni in fuoristrada, mountain bike e a cavallo, soggiorno in bad and breakfast, camping. Ottimi siti internet su Orgosolo, da cui sono anche state tratte parte delle informazioni dell’articolo, sono: www.comune.orgosolo.it; web.tiscali.it/animanga; oltre 1400 metri di quota, una delle sue punte più imponenti. Soggiogante e misterioso, il Supramonte si abbellisce di gole, creste e guglie, celando grotte, doline, voragini e inghiottitoi. Il monte custodisce segreti buoni e cattivi, di vita e di morte, e ha ispirato scrittori e artisti del calibro di Cambosu e De André. Ma Orgosolo è celebre anche per il suo costume: in quello femminile splendono il rosso del corpetto e della benda gialla - su lionzu, tessuto col filo di seta dei bachi allevati dalle donne del paese - e le magie dei motivi stilizzati del grembiule. In quello da uomo brilla ancora il rosso de su zippone e conquista il vellutato blu scuro de sa trippa. A chi visiterà il paese capiterà certo di sentire, nelle feste o anche solo in un baretto, gli uomini cantare a “tenore”. La stessa parola, che significa “quattro voci”, è orgolese e da qui ha marciato per tutta l’Isola. Bassu, hontra, mesu vohe e vohe, oggi care anche all’Unesco e diventate patrimonio comune dell’umanità, intonano i temi di una cultura millenaria e suggestiva, fatta di gesti e sguardi, di lavoro e fatica, di mito e storia, di gioia e dolore. A Orgosolo le maggiori feste paesane sono: San Marco, il 25 aprile, Antonia Mesina, il 17 maggio, Santi Martiri Anania e Egidio, la prima domenica di giugno, San Pietro, il 29 giugno. La Beata Vergine Assunta, dal 13 al 18 agosto, è la più omaggiata con processioni, sfilate e corse a cavallo. Sono passati trent’anni da che Francesco del Casino giunse in paese a “imbrattare” i muri con i colori della rivolta, e le facciate delle case si fecero specchio di quei corpi, di quelle vesti, di quei silenzi e di quelle parole che grazie ai murales, oggi circa centocinquanta, ancora pesano. Famoso nel mondo, il muralismo orgolese è traino turistico notevole: oltre sessantamila visitatori ogni anno offrono i loro sguardi alle pareti delle casette paesane. Il viandante è preda di vicoli stretti e stregati, il suo occhio scambia ombre per forme e forme per ombre. Tutta la verità si legge sui muri: lotta allo sfruttamento, resistenza all’oppressione culturale, povertà, antimilitarismo, rivoluzione, sardità. Ma anche desideri di gente comune, momenti di vita quotidiana, trasposizione di visi che non devono invecchiare. Orgosolo è tutto questo e mille cose in più: ogni suggestione e ogni contraddizione della nostra isola vi è espressa al massimo grado, lo è la generosità e la ferocia, la felicità e lo sgomento, la bellezza e l’assurdo. Perché è proprio qui che batte il cuore indomabile della nostra Sardegna. nella pagina accanto: Una signora di Orgosolo col suo scialle. In alto: processione a Orgosolo in una foto storica. Bibliografia principale sul paese: Cagnetta Franco, Banditi a Orgosolo - Guaraldi 1975; Vincent Edouard, La passione di Orgosolo - Fossataro 1970; Piredda G. Andrea, Orgosolo e il Supramonte - Kikinu 1990; Salis G. Battista, Orgosolo tra storia e mito - Gasperini 1990; Corda Elettrio, Storia di Orgosolo. 1937/1953 - Rusconi 1989; Dore Pasquale S., Orgosolo. Santi e briganti. - Il Torchietto 1993; Muggianu Pietro, Orgosolo ‘68-70. Il triennio rivoluzionario, Studiostampa 1998; in alto: Lo splendido costume di Orgosolo. 64 Il territorio orgolese è per tre quarti montano: a est il Supramonte, a sud i picchi del monte Armario e di Mandra ‘e Haia. Le cime vigilano su un altopiano in parte boscoso e in parte a pascolo, e a settentrione i piani di Lohoe e Sorasi costituiscono l’unica zona agricola. La campagna è percorsa dal Cedrino, dai rii Sorasi, Punzitta, Olai e il Flumineddu. Vi sgorgano le sorgenti di Alasi, Sa Vena Manna, Untana Vona, Sa Mela, Sa Lhopasa, Su Olosti. Leccio, quercia, ginepro, tasso, perastro, acero minore, corbezzolo sono il manto verde di queste terre in cui dimorano cinghiali, volpi, lepri, conigli, martore, donnole, gatti selvatici e mufloni. Non mancano l’aquila reale e del Bonelli, falchi, poiane e rari grifoni. Nei boschi volano pernici, starne, ghiandaie, taccole, corvi e colombacci. Il Supramonte, che coi suoi 50 kmq interessa anche i comuni di Oliena, Dorgali e Urzulei, trova in Sa Pruna, in agro orgolese, con I muri di Orgosolo spesso presentano immagini drammatiche. 65 superficie 185.424 ettari, comuni 23, abitanti 58.389 Presidente Piero Carta sede provvisoria: Zona Scala e Murta (ingresso Vigili del fuoco) - 08045 Lanusei tel. 0782 42108 fax 0782 41053 LA PROVINCIA DI OGLIASTRA OG OGLIASTRA © Copyright Mare nostrum editrice. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata dalla legge. Nessuna parte di questa cartina può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dell’editore. provincia Arzana Barisardo Baunei Cardedu Elini Gairo Girasole Ilbono Jerzu Lanusei Loceri Lotzorai Osini Perdasdefogu Seui Talana Tertenia Tortolì Triei Ulassai Urzulei Ussassai Villagrande Strisaili LEGENDA LEGENDE LEGEND superstrada, con uscita Schnellstraße, mit Ausfahrt motorway, with exit porto Hafen port Abbazia Abtei abbey strada a percorrenza veloce, senza spartitraffico Einbahnige Schnellstraße rapid way ferrovia, con stazione Einsenbahn, mit Bahnohof railway, with station grotta Höhle cavern strada statale Bundesstraße hightway aeroporto Flughafen airport spiaggia attrezzata Bewachter strand guarded beach strada asfaltata Asphaltierte Straße paved road campeggio Zeltplatz camping strada non asfaltata Nicht asphaltierte Straße unpaved road rifugio montano Berghütte mountain hotel confine di provincia Provinzgrenze provincial boundary distanze chilometriche Entfemungen in Kilometer distances in km nuraghe nuraghe nuraghe traghetto Fähre ferry-boat linea di navigazione Schiffahrtslinie motorship-line faro, fanale Leuchtturm, feuer lighthouse, beacon acque Gewässer waters monte Berg mount zona archeologica Ausgrabungsstätte archeological excavation altitudine Höhe spot elevation torre Turn tower bosco Wald wood rocca Schloß, Burg castel, fortress parco naturale Naturpark natural park 69 I t i n e r a r i Il paese è sempre desolato, a parte alcuni animali da cortile. GAIRO CINQUANT’ANNI DOPO L’ Ogliastra è un’immensa landa desolata, caratterizzata da profonde valli, singolari picchi di roccia calcarea: i famosi tacchi e tonneri, resti di un antico mare che è stato spezzato, eroso e spinto in alto, fin quasi a toccare il cielo, come il Monte Perdaliana, la più famosa formazione del genere in Sardegna. In queste terre brulle, coperte da una vegetazione lussureggiante, i paesini stanno appesi sui versanti, quasi in bilico, intrecciati su morfologie disegnate dal tempo geologico e meteorologico. Incantato da questi scenari mi sento come un funambolo sulla strada che costeggia la profonda valle del Rio Pardu, che con il calare della sera inizia a coprirsi di una sottile nebbiolina. La scena sembra un po’ tetra, ma lo spettacolo è mozzafiato. La strada che attraversa Seui e Ussassai è andata un po’ in disuso da quando è stata costruita la Nuoro – Villagrande (S.S.389), ma permette di godere appieno della bellezza del paesaggio Ogliastrino. Dopo aver lasciato Seui, superato un ponte al limite della vertigine, ed aver affrontato diversi chilometri di tornanti impegnativi scorgo i tetti di un paese ed una grande chiesa ma, ormai al crepuscolo, mi accorgo che quello davanti a me, privo del conforto di qualsiasi illuminazione, non è Gairo, come mi aspettavo, ma il vecchio borgo, abbandonato dopo una disastrosa alluvione. Testo e foto di Gian Luca Dedola 70 71 I t i n e r a r i La massa di fango CRONACA DI UN DISASTRO ANNUNCIATO sulla destra avanza Era il 1951, la stagione delle piogge fu incredibilmente abbondante: tre giorni in particolare fecero segnare un livello delle precipitazioni di regime tropicale, quotidianamente ne furono misurati 500 mm, circa. Per rendersi conto della portata dell’evento, si può pensare che uno dei record assoluti nel pianeta è quello di Baguio, nelle Filippine, dove durante un tifone si raggiunsero i 1168 mm di pioggia in un solo giorno, appena il doppio di quello che colpì la Sardegna. La pioggia, che nell’isola è spesso agognata per le prolungate siccità, era arrivata troppo abbondante ed in troppo poco tempo, colpendo un terreno fragile, posto in una condizione gravitazionale difficile. La montagna franò lungo la valle, il paese fu investito, agitato, devastato: fu la fine di Gairo. Dalla stessa alluvione fu colpito il paese di Osini, situato sul versante opposto della valle, anch’esso distrutto in maniera irreparabile. Il giorno dopo il drammatico evento si contarono i danni e gli scomparsi, agli specialisti non restò che decretare la pericolosità del sito, concetto già espresso prima di quell’insensato epilogo. “Non volevamo lasciare il nostro paese, racconta un’anziana donna incontrata in un market nei pressi della strada principale della nuova Gairo, eravamo disposti a ricostruirlo, ma c’erano ricordi troppo brutti per restare”. Nel modo in cui la giovane cassiera mi racconta quello che gli è stato riferito dai suoi genitori e dai suoi nonni, mi rendo conto che i più giovani non hanno nessun legame con quell’evento, forse è solo una storia legata a quel posto spettrale appena sotto il paese. L’unico rammarico dei tecnici che seguirono la vicenda è quello di non essere riusciti a scongiurarla, avevano avvertito dell’oggettivo pericolo che correva quell’area, ma nessuno volle sentire ipotesi di abbandono del borgo. In seguito all’alluvione gli abitanti furono costretti a spostarsi più a monte, anche se la costruzione del nuovo paese non fu avviata in un’area tanto distante o perlomeno priva di pericoli; qualcuno trattiene ancora il fiato durante i periodi particolarmente piovosi. Dopo il 1951 i vecchi abitanti si trasferirono principalmente nel nuovo paese battezzato Gairo Sant’Elena (o semplicemente Gairo), una parte di essi preferì metter su casa a Gairo Taquisara (o semplicemente Taquisara), sulla strada per Seui, una piccola parte andò ad abitare a Cardedu, un piccolo borgo affacciato sul mare, che fino a quel giorno era stato utilizzato quasi esclusivamente come residenza estiva. ogni anno, si prevede che in un paio di secoli, a meno che non vengano fatti piccoli interventi, Gairo vecchio sarà in gran parte cancellata dalla valle. GLI INGRANAGGI DELLA NATURA Sassari, se non per il fatto dell’incauta scelta in cui ha costruito il paese. L’ignaro responsabile è il fiume Pardu che, intorno a 100.000 anni fa, ha cambiato la sua foce, modificando così anche la sua dinamica ed aumentando la sua capacità di erosione del letto. Rendendo di conseguenza meno solidi i versanti, composti comunque di rocce con una struttura poco stabile, più soggetta ad ammorbidirsi ed appesantirsi per opera dell’acqua, la gravità che attrae questi corpi verso il basso, il clima temperato che favorisce l’erosione, l’appoggio su un substrato impermeabile capace di isolare dal terreno sottostante ampie porzioni di suolo fungendo da scivolo naturale, sono altri fattori che possono condizionare la genesi di una frana. Le deformazioni gravitative profonde modellano quotidianamente il paesaggio dell’isola, come del resto d’Italia e del mondo, la scarsa densità demografica della nostra regione, il più delle volte, evita dei drammatici epiloghi”. “Solo ultimamente si sta apprezzando l’importanza di studiare questi fenomeni e di allargare le indagini anche in aree all’apparenza sicure, basta pensare che la valutazione di impatto ambientale, è un obbligo solo dal 1988”. RINASCITA Trainato da un’economia agro-pastorale, Gairo riprese lentamente a crescere, beneficiando anche di un certo flusso turistico sia nei suoi terreni affacciati sul mare dove sorge, tra l’altro, la singolare spiaggia di “li Coccorrocci”(enormi ciottoli), sia nell’immacolato entroterra, Un vecchio rudere il in cui si ergono monumenti naturali come il Monte Perdaliana. Questo ultimo rilievo ha una cima calcarea che cui piano inferiore poggiava sul versante s’innalza per circa cento metri dal terreno circostante, stagliandosi contro il cielo come un enorme menhir. della valle. La struttura Probabilmente per via di questa caratteristica la leggenda narra che gli Iliesi (Perda Iliana), una delle antiche ha funzionato da conpopolazioni sarde che tenne testa ai Cartaginesi e ai Romani, si raccogliessero intorno a questa pietra per discutenimento contro la tere tutte le questioni di una certa importanza. Perdaliana era frana. considerato l’altare della concordia: i conflitti interni, quelli la stagione delle piogge con gli altri popoli della Barbagia o con gli invasori, avevano fine sotto l’imponente guglia, che pensavano potesse essere fu incredibilmente abbondante stata innalzata solo da un essere superiore. Le meraviglie naturali di quest’area sono innumerevoli, i Tacchi di Tonneri e Arquerì, la sconfinata foresta di Montarbu, attraversata dall’antica linea ferroviaria sarda, percorsa ormai dal romantico trenino verde, col quale si può riprovare l’ebbrezza di ricalcare i passi di Lawrence, noto al pubblico per il suo famoso romanzo “L’amante di Lady Chatterly”, che dopo questo viaggio pubblicò l’indimenticabile “Mare e Sardegna”. “L’uomo non ebbe alcuna colpa di questa tragedia, mi spiega il professor Sergio Ginesu dell’Università di Una panoramica del paese, in cui si può apprezzare quanto questo sia appoggiato sul ciglio del versante della valle. 72 73 I t i n e r a r i Il ponte che collega Seui con Ulassai e quindi Gairo. Vivamente sconsigliato a chi soffre di vertigini. La spiaggia di NEL MUSEO DELLA MEMORIA Ritornai nel paese abbandonato alle prime luci dell’alba, quella sensazione di solitudine emotiva e di ostilità verso il silenzio mi stava ancora sulle spalle. Nella via principale, l’unica asfaltata, sfilavano i ruderi del vecchio Gairo cerca di inserirsi paese. Una casa su due piani era stata sventrata da una pietra grande quanto un furgone, un’altra, che all’appanel panorama turistico renza sembrava in ottimo stato, mancava completamente della parte posteriore, altre ancora erano state riattate isolano. a stalla, pollaio o porcilaia, ai segni della distruzione si erano sommati quelli del tempo, lasciando uno scenario post-atomico. Un gruppo di irriverenti galline, che mi stava appresso come un cucciolo in cerca di cibo, mi fece scrollare di dosso la malinconia, allora iniziai a notare quei particolari che rendevano il villaggio unico, un luogo in cui il tempo si era congelato, un fossile urbano, capace di raccontare com’erano i borghi dell’entroterra sardo mezzo secolo fa. M’inoltrai nelle stradine ripide, appena addolcite da gradini di pietra scistosa, la stessa che rende questa valle instabile. Nella costruzione delle abitazioni si era seguita la naturale conformazione Alcuni animali del terreno, evitando sbancamenti costosi e impegnativi per quei tempi. L’intonaco grossolano aveva ormai da cortile vivono nel abbandonato molte facciate, scoprendo un’intelaiatura in pietra retta dall’incastro e dalla forza di gravità, in cui paese abbandonato vi erano scarse tracce di malta, la cui comparsa si poteva osservare, in maniera progressiva, nelle case via via più recenti. Una vecchia pietra circolare rivelava dove un tempo, con tutta probabilità, sorgeva il frantoio del paese, Gairo produce un’ottima qualità di olio d’oliva, seppure meno pubblicizzato di quelli del circondario. Quello che rimane dei vecchi solai rivela la copertura in canne, unico materiale isolante del periodo. I viottoli sono pieni di sorprese, anche se le razzie degli ultimi vent’anni hanno spogliato le abitazioni di piccole perle storiche, come gli infissi, alcuni arredi in muratura, gli antichi interruttori della corrente elettrica e tanti piccoli oggetti senza valore abbandonati durante l’esodo, che oggi avrebbero potuto raccontare tanto. un luogo in cui il tempo Gairo vecchio, come il vicino paese di Osini, affrontasi è congelato no ogni giorno il lavorio lento della natura, che lentamente troverà un equilibrio nelle sue forme, inghiottendo la terra a monte per poi costruire nuovi campi a valle. In questo ciclo scompariranno i due borghi, restituendo le pietre ordinate con tanta cura al caotico corso degli eventi naturali, che a volte operano su una scala di tempi infinitamente lunga, altre nel breve arco di una vita, quindi fino al giorno in cui l’ultima casa resterà in piedi, sarà possibile visitare ed ammirare com’erano gli antichi paesi sardi, prima che il progresso sostituisse la pietra con il mattone. Li Coccorrocci è una delle attrattive con cui 74 75 superficie 303.999 ettari, comuni 88, abitanti 167.971 Presidente Pasquale Onida sede: Via Carboni - 09170 Oristano tel. 0783 7931 LA PROVINCIA DI ORISTANO OR ORISTANO Abbasanta Aidomaggiore Albagiara Ales Allai Arborea Ardauli Assolo Asuni Baradili Baratili San Pietro Baressa Bauladu Bidonì Bonarcado Boroneddu Bosa Busachi Cabras Cuglieri Curcuris Flussio Fordongianus Genoni Ghilarza Gonnoscodina Gonnosnò Gonnostramatza Laconi Magomadas Marrubiu Masullas Milis Modolo Mogorella Mogoro Montresta Morgongiori Narbolia Neoneli Norbello Nughedu S. Vittoria Nurachi Nureci Ollastra Oristano Palmas Arborea Pau Paulilatino LEGENDA LEGENDE LEGEND superstrada, con uscita Schnellstraße, mit Ausfahrt motorway, with exit porto Hafen port Abbazia Abtei abbey strada a percorrenza veloce, senza spartitraffico Einbahnige Schnellstraße rapid way ferrovia, con stazione Einsenbahn, mit Bahnohof railway, with station grotta Höhle cavern strada statale Bundesstraße hightway aeroporto Flughafen airport spiaggia attrezzata Bewachter strand guarded beach strada asfaltata Asphaltierte Straße paved road campeggio Zeltplatz camping strada non asfaltata Nicht asphaltierte Straße unpaved road rifugio montano Berghütte mountain hotel confine di provincia Provinzgrenze provincial boundary distanze chilometriche Entfemungen in Kilometer distances in km nuraghe nuraghe nuraghe traghetto Fähre ferry-boat linea di navigazione Schiffahrtslinie motorship-line faro, fanale Leuchtturm, feuer lighthouse, beacon acque Gewässer waters monte Berg mount zona archeologica Ausgrabungsstätte archeological excavation altitudine Höhe spot elevation torre Turn tower bosco Wald wood rocca Schloß, Burg castel, fortress parco naturale Naturpark natural park Pompu Riola Sardo Ruinas S. Nicolò Arcidano Sagama Samugheo San Vero Milis Santa Giusta Santulussurgiu Scano Montiferro Sedilo Seneghe Senis Sennariolo Siamaggiore Siamanna Siapiccia Simala Simaxis Sini Siris Soddì Solarussa Sorradile Suni Tadasuni Terralba Tinnura Tramatza Tresnuraghes Ula Tirso Uras Usellus Villa S. Antonio Villanova Truschedu Villaurbana Villaverde Zeddiani Zerfaliu 77 © Copyright Mare nostrum editrice. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata dalla legge. Nessuna parte di questa cartina può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dell’editore. provincia i t i n e r a r i Testo di Ignazio Landis “LA BELLA DI CABRAS” sei chilometri da Oristano, sulla riva orientale dello stagno di Mare-Pontis, giace Cabras, il villaggio più popoloso del Circondario, dopo San Lussurgiu, Cuglieri e Terralba. Nell’anno 1834 contava 3556 abitanti; oggi ne conta 4200. Le case di Cabras - come quelle della maggior parte dei paesi del Campidano - sono costrutte di ladiri; così sono denominati certi mattoni indigeni composti di argilla e paglia, disseccati al sole. Più che al suo famoso stagno, così ricco di pesci; più che alle sue vigne e ai molti oliveti che gli fanno corona, Cabras deve la propria fama alle sue donne, giudicate per voto unanime le più belle della Sardegna.” Enrico Costa, La bella di Cabras - 1887 “A Così inizia uno dei romanzi dello scrittore sardo Enrico Costa dedicato alla bellezza delle ragazze del piccolo centro dell’oristanese. Cabras è un grosso paese che sorge sulla sponda orientale dell'omonimo stagno, il più ampio della Sardegna ed uno dei più grandi d’Europa, con una superficie di 2.200 ettari. La presenza contemporanea di acqua dolce e acqua marina ha creato un habitat ideale per molti uccelli tipici delle zone umide del Mediterraneo tra cui il falco di palude, la folaga, il pollo sultano, il falco pellegrino, il gabbiano reale, il fistione ed una specie rarissima di anatra selvatica col becco blu e la coda lunghissima. Tra le specie ittiche, invece, prevalgono muggini, carpe, tinche e anguille; anche la vegetazione, per la bassa salinità, è tipica degli ambienti di acqua dolce. Lo stagno ha da sempre rappresentato una risorsa fondamentale per il paese influenzando usi e costumi locali: caratteristica di questa zona infatti è la merca, un metodo per mantenere freschi i muggini, usato fin dai tempi dei fenici, per il quale il pesce viene avvolto in erbe palustri e messo in acqua e sale garantendo, in questo modo, un ottimo stato di conservazione per parecchi giorni. I pescatori attraversano il lago e pescano sui caratteristici is fassonis, delle antiche imbarcazioni costruite con giunchi lacustri simili a quelle delle popolazioni dell’America pre-colombiana. Ogni anno lo specchio d’acqua fa da scenario ad una originalissima competizione tra questi particolari mezzi di trasporto che per essere guidati richiedono una grande abilità da parte del conducente, costretto a remare in piedi. In mezzo allo stagno si erge l'isolotto di Cùccuru is Arrìus dove sono state rinvenute alcune tombe; solo una striscia di sabbia separa lo stagno di Cabras da quello di Mistras che si collega al mare. Quasi ai piedi del promontorio di Capo S. Marco sorge la chiesa di S. Giovanni di Sinis e l'antico nuraghe di Angius Corruda mentre più a nord si trova la costa di Abbarossa e il promontorio di Turre e Seu, un’oasi del WWF. Il centro abitato è costituito per la maggior parte da case ad un piano, alcune costruite con mattoni crudi, i cosiddetti ladres, mentre il nome Cabras è dovuto ai baroni che in passato erano proprietari della peschiera. Le spiagge di San Giovanni di Sinis e di Is Aruttas, le profondità dell’isola di Mal di Ventre che celano relitti di 78 epoca romana, le capanne di falasco caratteristiche dei villaggi di pescatori, le rovine dell’antica Tharros, le statuine neolitiche di Cuccuru is Arrius, le testimonianze medioevali dell’insediamento di Masone Capras fino ai resti del castello giudicale, sono esempi di ciò che è possibile visitare nel territorio di Cabras. Nel centro sorge la parrocchiale di Santa Maria Assunta che risale al Seicento: i ruderi del Castello degli Arborea, edificato sulla riva orientale dello stagno di Mar'e Pontis, vennero restaurati e utilizzati per la costruzione della chiesa. Ancora oggi si crede, infatti, che, in nome della grande devozione di Eleonora d'Arborea per la SS. Vergine, la regina avesse dedicato alla Madonna la Cappella del Castello, come dimostrano le frequenti invocazioni presenti nel codice de la Carta de Logu. In Via Tharros, ai bordi dello stagno, si trova il Museo Civico che raccoglie reperti archeologici preistorici, nuragici e romani soprattutto dell’area di Sinis e di Tharros. Lungo la strada che conduce all’importante sito archeologico, s'incontra il santuario ipogeo di S. Salvatore, realizzato in epoca romana (III sec. d.C.), al centro di un villaggio di cumbessias, le tipiche casette utilizzate in passato dai pellegrini che qui si recavano ogni anno per partecipare ai festeggiamenti in onore del santo. Divenuto solo in un secondo momento un tempio della fede cristiana, esso presenta all'interno un pozzo sacro e resti di pitture con rappresentazioni legate ai riti salvifici praticati sul luogo dalle precedenti popolazioni pagane. La chiesa è di grande valore storico-culturale: vi si accede mediante una stretta scalinata che giunge in un corridoio con ai lati due camere ricoperte con volte a botte. Procedendo nel corridoio si entra in una rotonda coperta a cupola dove, nel pavimento, è presente un pozzo le cui acque sono ritenute medicali. Dalla rotonda si accede ad altri tre vani, di cui uno semicircolare e due rettangolari. Sulle pareti di quasi tutti i vani sono visibili segni di scrittura e numerose immagini (diverse figure femminili, due leoni e delle navi) che ripercorrono la storia millenaria della religione sarda, dal culto nuragico dell’acqua miracolosa al culto punico del dio guaritore Sid fino agli dei romani, Ercole, Marte e Venere sostituiti infine da un Salvatore cristiano. La grande piazza centrale antistante il santuario è stata utilizzata negli anni Sessanta come set di alcuni film western all’italiana. All’inizio di Settembre, inoltre, si svolge una singolare manifestazione in onore di San Salvatore chiamata “la corsa degli scalzi”: essa infatti ricorda l’impresa di un gruppo di giovani che, dopo aver abbandonato il villaggio per le incursioni dei mori, vi tornarono per sottrarre la statua del santo al saccheggio. Così anche oggi corridori scalzi, vestiti di bianco, portano la statua dalla chiesa di Cabras a San Salvatore e ritornano poi al paese, richiamando una moltitudine di turisti. All'estremità della penisola del Sinis, sul Capo S. Marco, poco distante dal borgo di S. Giovanni, sorge l'antica città fenicia di Tharros, uno dei siti archeologici più importanti di tutto il Mediterraneo, fondata nel VIII sec. a.C e divenuta porto fiorente sotto il dominio dei Cartaginesi e i Romani, in cui si possono ammirare i resti di un acquedotto, due edifici termali, un tempio punico, un tophet (altare sacrificale) e un battistero paleocristiano. In ambito gastronomico Cabras è conosciuta in tutta l’isola per la produzione della prelibata bottarga, uova di femmina di muggine salate, compresse ed essiccate, che si riconosce per il suo colore ambrato; tra i vini si annovera la Vernaccia il cui gusto armonizza e contrasta il sapore raffinato di questo caratteristico e ambito caviale di Sardegna. Per informazioni: www.prolococabras.it Tel. +39 329 8111176 – +39 0783 290828 79