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Beatrice Gusmano – Anna Lorenzetti (a cura di) LAVORO, ORIENTAMENTO SESSUALE E IDENTITÀ DI GENERE Dalle esperienze internazionali alla progettazione di buone prassi in Italia Armando editore Sommario Prefazione di Marco De Giorgi Introduzione 1. Discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere: il contesto socio-economico 1.1 Il contesto socio-economico italiano 1.2 La discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere nel mercato del lavoro 1.3 Crisi economica e discriminazione 1.4 Implicazioni per l’analisi di replicabilità: le specificità italiane 2. Discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere: contesto giuridico 2.1 L’orientamento sessuale 2.2 L’identità di genere 7 11 19 23 27 32 45 51 52 70 3. Mappatura delle buone prassi internazionali 3.1 Metodologia di ricognizione delle buone pratiche internazionali 3.2 Il contesto normativo nei Paesi considerati 3.3 Ambiti di intervento 3.4 Principali risultati della ricognizione 79 81 93 128 4. Buone prassi internazionali: proposte per la replicabilità 4.1 Inserimento lavorativo 4.2 Condizioni di lavoro 135 141 144 77 4.3 Linee guida 4.4 Formazione professionale 4.5 Mainstreaming 146 147 149 5. Costituzione e organizzazione dei Tavoli Tecnici 5.1 Il coinvolgimento degli attori del territorio 5.2 La presentazione dello stato dell’arte alle amministrazioni 5.3 Il primo Tavolo Tecnico 5.4 I Tavoli Tecnici e il lavoro in rete: alcune considerazioni 153 155 6. Tavoli Tecnici al lavoro 6.1 Progettazione della replicabilità nelle ROC 6.2 Calabria 6.3 Campania 6.4 Puglia 6.5 Sicilia 6.6 Considerazioni sulla conduzione dei Tavoli Tecnici: aspetti positivi e miglioramenti auspicabili 169 172 174 184 191 203 157 161 165 211 7. Ruolo degli enti territoriali 217 7.1 Indicazioni utili per le amministrazioni regionali e locali 218 7.2 Buone prassi nell’amministrazione pubblica in quanto 228 datrice di lavoro 7.3 Brevi spunti conclusivi 236 Conclusioni 241 Riferimenti bibliografici 249 Indice delle abbreviazioni 255 Prefazione Il presente volume è il frutto di una ricerca dal titolo “Le buone pratiche antidiscriminatorie a livello internazionale nello specifico ambito dell’orientamento sessuale e identità di genere”, commissionata nel 2011 dall’UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali – e finanziata dal Fondo Sociale Europeo, nell’ambito PON “Governance ed azioni di sistema”, 2007-2013, Obiettivo Convergenza, Asse D – Pari opportunità e non discriminazione, Obiettivo specifico 4.2, Azione 7. La ricerca è stata condotta nel 2012 da un team di ricercatori, ricercatrici e professionisti dell’Associazione Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford1, con l’obiettivo di mappare le buone 1 Avvocatura per i diritti LGBTI è un’associazione senza scopo di lucro di avvocate, avvocati e praticanti che promuove la diffusione della cultura e del rispetto dei diritti delle persone omosessuali, bisessuali, transessuali, transgender ed intersessuali, in particolare favorendone lo studio e la conoscenza tra gli operatori del diritto. Nell’ambito delle sua attività scientifiche, l’Associazione ha pubblicato diversi volumi specialistici di contenuto giuridico e ha promosso (o è stata partner) di progetti europei e italiani sui temi dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere. Dalla sua costituzione, Avvocatura ha organizzato o collaborato all’organizzazione di oltre 200 eventi formativi patrocinati da enti pubblici nazionale e internazionali e da ordini professionali. Presso la sede nazionale di Bergamo, l’Associazione ha istituito il Centro Europeo di Studi sull’Orientamento Sessuale e l’Identità di Genere. Il centro è dotato di una biblioteca che conta oltre 600 volumi giuridici, in diverse lingue, su questioni legate all’identità di genere e l’orientamento sessuale. La biblioteca è aperta a tutti coloro che ne fanno richiesta. Avvocatura, inoltre, ha costituito e coordina una rete di professionisti, avvocati e giuristi, chiamata Rete Lenford, in ricordo di un attivista jamaicano, impegnato nella promozione dei diritti delle persone LGBTI e nella lotta per i diritti delle persone sieropositive, ucciso nel 2005. 7 prassi di contrasto alle discriminazioni subite in ambito lavorativo dalle persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender (LGBT), proprie di altri contesti e di verificarne la replicabilità in chiave nazionale. La ricerca prevedeva altresì l’attivazione di Tavoli Tecnici organizzati su base regionale in Campania, Calabria, Puglia e Sicilia (ossia nelle Regioni “Obiettivo Convergenza”). Riprendendo l’esito della ricerca di cui rappresenta una sintesi, il volume affronta la prospettiva socio-economica e giuridica delle discriminazioni a danno delle persone LGBT nell’ambito del lavoro, lasciando emergere il ruolo potenziale delle amministrazioni pubbliche quali attori chiave di un cambiamento prima di tutto culturale. Come emerge con chiarezza, pure a fronte di strumenti normativi inequivocabili nel vietare discriminazioni, il contesto nazionale mostra un quadro preoccupante di prassi discriminatorie. Il volume illustra altresì la mappatura delle buone prassi realizzate in altri contesti nazionali e riepiloga i risultati dei Tavoli Tecnici, lasciando ampio margine alla valorizzazione del ruolo delle amministrazioni territoriali nel dare attuazione a politiche inclusive. La decisione di pubblicare la ricerca nell’ambito della propria collana editoriale deriva dalla volontà di UNAR di rilanciare il dibattito pubblico sul tema e di rimuovere quelle barriere che, spesso, tengono fuori le questioni LGBT dalle politiche pubbliche, talvolta inadeguate a rispondere ai bisogni di chi vive una condizione di particolare vulnerabilità a causa della non accettazione sociale del suo orientamento sessuale e/o della sua identità di genere. Pur se istituito in attuazione della Direttiva di contrasto alle discriminazioni fondate sulla razza e l’origine etnica (Dir. n. 2000/43), UNAR ha visto, nel tempo, ampliare il proprio raggio di azione anche agli altri fattori di discriminazione considerati dal L’Associazione e i suoi soci offrono assistenza legale e patrocinano cause, spesso di particolare rilevanza ai fini dell’avanzamento dei diritti delle persone LGBTI. Si rimanda al sito dell’Associazione www.retelenford.it per maggiori informazioni. 8 diritto europeo, fra cui l’orientamento sessuale e l’identità di genere, oltre all’età, alla disabilità, alla religione e alle convinzioni personali. Particolarmente significativi sono stati gli interventi nell’ambito dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere che hanno visto, nel 2013, la pubblicazione delle “Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT”, utile strumento operativo per un percorso di alfabetizzazione. Con l’approvazione della Strategia Nazionale LGBT 2013-2015 (con D.M. del 19 aprile 2013), UNAR ha voluto guardare in una molteplicità di direzioni, affiancando percorsi di ricerca scientifica alla promozione di azioni positive e alla produzione di strumenti divulgativi e a carattere informativo, senza peraltro lasciare da parte azioni operative di fattivo sostegno alle condizioni di marginalità. In questo percorso, l’UNAR ha promosso la creazione di reti territoriali antidiscriminazione, con il coinvolgimento e la valorizzazione dei diversi attori istituzionali e non. In questo senso, va certamente sottolineato il ruolo di facilitatore progressivamente assunto nell’avviare un dialogo fra Associazioni LGBT, amministrazioni pubbliche chiamate ad attuare politiche inclusive, parti datoriali e sindacali e in generale ogni stakeholder. Importanti atti di collaborazione sono stati siglati negli anni, dando il via a percorsi di confronto e dialogo con i soggetti chiamati ad agire sul territorio; fra questi, risulta particolarmente significativa la collaborazione con l’Osservatorio per la Sicurezza contro gli Atti Discriminatori (OSCAD), istituito presso il Ministero dell’Interno, nell’ottica di una collaborazione per i casi di discriminazione con rilevanza penale, legati all’omofobia e alla transfobia. Fondamentali le azioni messe in campo da UNAR con l’obiettivo di sensibilizzare, informare, comunicare e dunque scardinare stereotipi e pregiudizi, tra cui la campagna nazionale di comunicazione istituzionale contro l’omofobia “Rifiuta l’omofobia. Non essere tu quello diverso”, realizzata dal Dipartimento per le Pari Opportunità, e le attività formative realizzate nell’ambito del progetto “Diversità come valore” (inquadrato nel Programma comunitario “Progress” in riferimento all’obiettivo “Lotta contro la discrimina9 zione”). Peraltro, da quest’ultimo, è stato avviato il progetto sperimentale “Reti territoriali contro le discriminazioni”, importante strumento di confronto a livello territoriale che ha dato significativi frutti. Come emerge anche nel presente volume, le amministrazioni regionali e locali possono porsi quali attori strategici nel contrasto alle discriminazioni a causa dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere ed è fondamentale dunque la consapevolezza del margine di manovra consentito dalla legislazione. L’apertura di UNAR al territorio e alla cittadinanza è confermata dalla disponibilità del servizio di contact center che, tramite l’attivazione del numero verde gratuito 800.90.10.10 e via web (www. unar.it), si pone in costante dialogo con chiunque abbia vissuto o assistito a episodi di discriminazione. In conclusione, questo volume e la ricerca da cui ha avuto origine rappresentano un importante contributo che si vuole offrire in termini di proposte, idee e iniziative che le amministrazioni pubbliche e i datori di lavoro possono attivare nel contrasto alle discriminazioni verso le persone LGBT. I risultati della ricerca non costituiscono un punto di arrivo, ma un passaggio verso nuove azioni e nuove strategie orientate alla piena inclusione delle persone LGBT in una società aperta e dinamica, che sia al passo con i tempi. 10 Marco De Giorgi (Direttore UNAR) Introduzione a cura di beatrice gusmano Nel contesto nazionale, la centralità sociale e culturale del lavoro è sancita dal primo articolo della Costituzione in cui si afferma che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, e tale centralità emerge con forza dall’insieme delle disposizioni contenute nel Titolo III della Carta costituzionale1. Ma che cosa significa concretamente promuovere il lavoro come aspetto centrale nella vita di ogni individuo? Significa modificare la cultura del lavoro, le politiche lavorative, le prassi aziendali e le iniziative pubbliche affinché il mercato del lavoro diventi inclusivo di tutte le diversità, permettendo alle persone di svolgere il proprio lavoro indipendentemente dalla provenienza etnica, dall’età, dalla disabilità, dal genere, dall’orientamento sessuale o dal credo religioso. In questa sede sono stati presi in considerazione due aspetti dell’identità, ovvero l’orientamento sessuale e l’identità di genere, 1 Così, l’art. 35 Cost. tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni, ivi compresa la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori, la promozione degli accordi e delle organizzazioni internazionali volti ad affermare e regolare i diritti del lavoro; l’art. 36 Cost. afferma il diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del proprio lavoro, riconoscendo che questa deve essere in ogni caso sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa; riconosce inoltre quale diritto il riposo settimanale e le ferie annuali retribuite; l’art. 37 Cost. riconosce alla donna lavoratrice gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore, creando così una frattura rispetto alla precedente tradizione giuridica, che vedeva le donne quali soggetti giuridici subordinati rispetto agli uomini. Nell’art. 37, letto dagli studiosi come specifica dell’art. 3 Cost., si riconosce che le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento dell’essenziale funzione familiare della lavoratrice e devono assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. Tutela inoltre il lavoro minorile. 11 aspetti che nella nostra società vengono dati per scontati, assumendo che tutti i lavoratori e tutte le lavoratici presenti sul posto di lavoro siano eterosessuali e cisgender2. La presenza di persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali) mette quindi in discussione uno degli aspetti più stringenti della società in cui viviamo, ovvero l’eteronormatività, che possiamo definire sia come il dare per scontato che tutte le persone sono eterosessuali, sia come la legittimazione di una specifica forma di sessualità (quella eterosessuale): non tutte le forme di eterosessualità però vengono legittimate allo stesso modo, dato che le politiche pubbliche avvantaggiano le relazioni eterosessuali che prevedono la monogamia, il matrimonio, la presenza di prole, la coabitazione. Gli effetti dell’eteronormatività si ripercuotono, quindi, non solo sulle persone omosessuali che mettono in discussione le norme legate all’orientamento sessuale o sulle persone trans3 che superano 2 A differenza delle persone transgender, le persone cisgender hanno una perfetta corrispondenza tra sesso biologico (definito alla nascita), identità di genere (percezione interiore del proprio genere) e ruolo di genere (aspettative sociali rispetto al proprio genere). 3 Con il termine trans ci si intende qui riferire ai casi in cui l’identità di genere (IG) non è conforme alle aspettative sociali associate al sesso biologico assegnato alla nascita, includendo le persone che si sono sottoposte a un trattamento medico e chirurgico per la riassegnazione del sesso anagrafico, sulla base di una condizione medicalmente codificata come ‘disturbo dell’identità di genere’ (persone transessuali); le persone che non hanno ancora compiuto questo passaggio medicochirurgico e sono ‘in transito’; quelle che non intendono affrontare, per ragioni di carattere medico o personale, una trasformazione irreversibile (persone transgender); le persone che utilizzano degli abiti socialmente non convenzionali per il proprio genere (persone cross-dresser). Sicuramente da escludere è l’inclusione anche dei casi di intersessualismo, ovvero in cui vi siano al contempo caratteri sessuali (primari o secondari) sia maschili sia femminili. Sebbene sia sempre più diffuso, e considerato politicamente più corretto, includere le persone intersessuali nei temi e nelle istanze relative alle persone LGBT (da cui l’acronimo LGBTI) la presente ricerca si è concentrata, come richiesto dal relativo bando, sulla discriminazione per orientamento sessuale e per identità di genere e ha quindi tralasciato ricerche e politiche relative alle persone intersessuali. Per questa ragione, il più delle volte sarà usato l’acronimo LGBT, non volendo trarre indebite estensioni dei risultati della ricerca senza opportune verifiche e approfondimenti. Infine, per ragioni di sintesi a volte secondo l’uso tradizionale, si utilizzerà il genere maschile per indicare sia quello maschile che quello femminile; nella maggior parte dei casi, vengono invece utilizzati sia il femminile che il maschile per sottolineare l’importanza che un linguaggio non sessista può avere nel superamento delle disparità di genere. 12 i confini dicotomici del genere, ma hanno anche ripercussioni sulla vita delle persone eterosessuali che non rispondono a queste norme sociali (basti pensare al fatto che alcune garanzie sul posto di lavoro sono estendibili al/la partner solo in caso di matrimonio). Ovviamente l’eteronormatività è un concetto mutevole che varia a seconda del tempo e dello spazio: fino a mezzo secolo fa anche il fatto che il reddito dovesse provenire esclusivamente dal capofamiglia maschio era espressione dell’eteronormatività ma, nel presente, le famiglie monoreddito sono più una conseguenza della crisi economica che non delle scelte private compiute all’interno della coppia. Lavorare sulle politiche significa, dunque, prendere in considerazione il fatto che gli ambienti lavorativi sono costruiti su un ideale di eteronormatività che può costringere al silenzio e all’invisibilità i lavoratori gay e trans, e le lavoratrici lesbiche e trans che, non vedendo riconosciute le proprie specificità (legittimazione del/la partner dello stesso sesso, garanzie legate alla relazione omosessuale in corso, tutele sul posto di lavoro per prevenire la discriminazione…) dalle normative vigenti, spesso preferiscono non essere visibili al lavoro per evitare di essere discriminati/e. Il dibattito internazionale (Colgan et al., 2007) ha dimostrato che, quando i lavoratori e le lavoratrici non eterosessuali hanno la possibilità di scegliere come gestire la propria identità sessuale nel contesto lavorativo, grazie a soluzioni organizzative inclusive, i benefici sono esperibili sia a livello individuale che a livello strutturale. Di conseguenza, l’obiettivo dei contesti lavorativi dovrebbe essere quello di sviluppare una cultura organizzativa che non pesi esclusivamente sui lavoratori e sulle lavoratrici LGBT, ma che preveda un coinvolgimento da parte dell’intero ambiente di lavoro (Gusmano, 2008). Un altro aspetto che è necessario tenere in considerazione nello sviluppo delle politiche di contrasto alle discriminazioni è la riduzione della spesa pubblica statale che ha favorito un approccio di governance, interpretato anche attraverso il decentramento dei poteri dallo Stato agli enti locali4. Di conseguenza, una delle strategie 4 Per un maggiore approfondimento dello sviluppo di politiche LGBT nell’ottica di governance si vedano Bertone e Gusmano (2011; 2013). 13 utilizzate per la promozione delle politiche sociali è la costruzione di reti (networking) tra pubblico, privato, terzo settore e mercato. Simile decentramento ha però prodotto dati contrastanti anche all’interno di uno stesso Paese, dove ad esempio accanto a tutele e garanzie in alcuni ambiti (ad esempio lavorativo, sanitario o scolastico), spesso è assente una protezione della persona intesa nel suo complesso, mancando una legislazione nazionale di tutela contro le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere. Si rilevano così casi di omofobia e transfobia, ovvero discriminazioni determinate da un quadro normativo lacunoso; assenza di prevenzione nei confronti dei discorsi e/o della violenza d’odio; mancanza di una legislazione che riconosca diritti e doveri alle famiglie composte da persone LGBT, nonché di tutela in caso di maternità e paternità delle persone omosessuali e transessuali. Questi aspetti non sono privi di riflessi in ambito lavorativo, come ad esempio in relazione alle modalità di definizione dei periodi di ferie, ai permessi per motivi familiari o a congedi e permessi di maternità o paternità. Bisogna poi considerare il fatto che la maggior parte delle iniziative attivate in Italia rientra nel novero delle politiche negative, ovvero tese alla riduzione del pregiudizio e della discriminazione, mentre a livello europeo si è lavorato molto sulle politiche positive, ovvero tese a mettere sullo stesso piano le esperienze eterosessuali e quelle omosessuali (dal lato dell’orientamento sessuale), e le esperienze transessuali e transgender e quelle legate alla binarietà del genere (dal lato dell’identità di genere). Tale cambio di prospettiva permette di far uscire i soggetti discriminati dalla posizione di vulnerabilità, offrendo strumenti per lavorare sull’empowerment (ovvero sulla crescita delle possibilità materiali di sostentamento, di autonomia individuale e quindi di azione sociale) e sull’agency dei lavoratori e delle lavoratrici LGBT. Oltre che ‘a valle’, per gli effetti dell’ambito socio-economico sulle prospettive occupazionali e le esperienze professionali delle persone LGBT su basi di parità e uguaglianza, l’ambito del lavoro è infatti centrale anche ‘a monte’, perché per la maggior parte degli individui il mercato del lavoro costituisce la principale fonte di reddito, e quindi di empowerment. Grazie ad azioni mirate ed efficaci, il mondo del 14 lavoro può dunque costituire il veicolo di un più maturo sviluppo della cultura dell’inclusione, contro ogni tipo di discriminazione e a favore della promozione delle pari opportunità, che consenta di superare gli stereotipi riferiti alle persone LGBT. Come nota conclusiva, è importante ribadire che il primo passo verso la parità nelle opportunità e nei diritti è dato dal riconoscimento delle diversità e delle discriminazioni che derivano dall’imperativo di omologazione identitaria. Tale rincorsa all’omologazione è, inoltre, rafforzata anche dal diffondersi di spinte nazionaliste supportate da partiti e organizzazioni populiste, come è avvenuto nel caso dell’ascesa di partiti xenofobi di estrema destra in diversi Stati europei quali Regno Unito, Olanda, Bulgaria, Repubblica Ceca, Grecia, Francia5. Sintesi della ricerca Il presente volume riassume i principali risultati del progetto “Le buone pratiche antidiscriminatorie a livello internazionale nello specifico ambito dell’orientamento sessuale” realizzato da Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford da settembre 2011 a settembre 2012. Tale lavoro ha avuto tre principali finalità: la mappatura della legislazione e delle buone pratiche internazionali (di seguito, BBPP); la progettazione della replicabilità di alcune BBPP nelle Regioni Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, di seguito ROC); la predisposizione di indicazioni utili per gli enti territoriali. Scendendo nel merito di questi tre punti, la mappatura della legislazione e delle buone prassi internazionali, con particolare riguardo al contesto europeo, in materia di non discriminazione relativa all’orientamento sessuale e all’identità di genere nel mercato del lavoro ha riguardato diversi ambiti quali: accesso al lavoro, condizioni di lavoro, formazione e qualificazione professionale, retribuzione, accesso alle carriere, diversity management. La caratteristica 5 Per un approfondimento si veda il sito di ECRI (Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza). 15 di considerare la legislazione vigente come data, aspetto richiesto dalla committenza, offre l’occasione per una prospettiva nuova al problema di come contrastare e prevenire la discriminazione. Infatti, mentre la maggior parte del dibattito politico e culturale si concentra su aspetti legati a riforme e proposte normative, l’esperienza e il vissuto delle persone – nel caso in oggetto di questo studio, dei lavoratori e delle lavoratrici – dipende fortemente dall’applicazione concreta delle norme giuridiche positivizzate, dalle altre norme e istituzioni sociali di ordine non giuridico (quali usi, costumi, ecc.), dalle prassi sia dei soggetti pubblici che privati. Per questa ragione, anche l’analisi degli spazi di intervento locale, disponibili alle amministrazioni regionali e locali, risulta di grande rilevanza. In seguito alla mappatura, si è valutato il grado di replicabilità di alcune di tali buone pratiche nelle ROC e si è proceduto alla costituzione di Tavoli Tecnici regionali per la progettazione della replicabilità di alcune BBPP scelte direttamente dai componenti dei Tavoli Tecnici. L’obiettivo di questa intensa fase di networking è stato il trasferimento di conoscenze, modelli ed esperienze di successo, già sperimentate in altri contesti, relative a pratiche inclusive nel mondo del lavoro e alla valorizzazione delle diversità. Durante questi incontri, a cui hanno partecipato le amministrazioni locali e regionali, i sindacati, le Associazioni LGBT, le parti datoriali e il terzo settore, è stato possibile condurre una progettazione delle politiche partecipata anche con il supporto di esperti italiani che, lavorando nell’ambito della formazione e della Pubblica Amministrazione (di seguito PA), sono riusciti a fornire la loro esperienza come supporto alla pianificazione. Nel seguente prospetto vengono elencate le BBPP progettate in ciascuna Regione per la trasferibilità della BP internazionale attraverso l’ausilio di un esperto nazionale sull’ambito di intervento prescelto: 1. Calabria: Formazione professionale agli insegnanti delle scuole medie e superiori • Buona prassi internazionale: ONG GLEN – Gay & Lesbian Equality Network (Irlanda); 16 • Esperto italiano: Luca Cipriani, referente Servizio LGBT del Comune di Torino. 2. Puglia: Ricerca e implementazione delle politiche regionali LGBT • Il Piano diagnostico LGBT del Comune di Barcellona (Spagna); • Raffaele Lelleri, coordinatore scientifico della ricerca Io sono io lavoro (Arcigay, 2011). 3. Campania: Mainstreaming • La struttura organizzativa del Consorzio LGBT del Comune di Colonia (Germania); • Roberto Emprin, referente Servizio LGBT del Comune di Torino. 4. Sicilia: Formazione professionale per i dirigenti degli enti pubblici • Comune di South Lanarkshire (Scozia); • Giuseppe Burgio, pedagogista e formatore sulle tematiche LGBT. L’ultimo passaggio della ricerca ha riguardato la predisposizione di linee guida per le Pubbliche Amministrazioni, in particolare regionali e locali, finalizzate alla promozione della parità di trattamento e all’inclusione socio-economica delle persone LGBT. Queste linee guida riguardano sia le amministrazioni – soprattutto regionali – quali promotrici e realizzatrici di politiche, che quindi si confrontano con i bisogni e le istanze della popolazione LGBT come utente, parte della cittadinanza e della forza lavoro, sia le amministrazioni come datrici di lavoro, che hanno al loro stesso interno il problema (e l’opportunità) di realizzare le migliori condizioni lavorative per tutte e tutti. Questo secondo aspetto, all’apparenza secondario, è tanto più rilevante in Italia e nelle ROC, alla luce della significativa quota di lavoratori occupati nel settore pubblico o in aziende utenti o fornitrici del settore pubblico e della possibilità di indicare con 17 maggiore facilità obiettivi di politiche antidiscriminatorie alle amministrazioni pubbliche6. 6 Team di ricerca e attribuzioni. Il presente progetto si caratterizza per un’analisi multidisciplinare del mercato del lavoro e dell’inclusione sociale delle persone LGBT, ed è stato condotto da un team di ricercatori e ricercatrici di vario background: • Beatrice Gusmano, sociologa, referente dei Tavoli Tecnici e responsabile della progettazione delle buone pratiche nelle ROC: autrice dell’introduzione e dei capitoli 3 (a eccezione del paragrafo 3.2), 4, 5, e del capitolo 6 in collaborazione con Carlo D’Ippoliti; • Anna Lorenzetti, giurista, responsabile del contesto giuridico: autrice del paragrafo 2.2, del capitolo 7 e delle conclusioni; • Carlo D’Ippoliti, economista, coordinatore del progetto: autore del capitolo 1, ha collaborato alla revisione del capitolo 6; • Maria Federica Moscati, giurista, responsabile delle analisi delle buone prassi internazionali e del contesto giuridico nei vari Paesi: autrice del paragrafo 2.1.2; • Maria Grazia Sangalli, giurista: autrice del capitolo 2 (a eccezione dei paragrafi 2.1.2 e 2.2); • Giacomo Viggiani, filosofo del diritto, ha collaborato all’analisi del contesto e delle BBPP: autore del paragrafo 3.2. Hanno collaborato alla ricerca diversi giuristi, esperti e accademici italiani e stranieri, direttamente responsabili della ricerca e della documentazione sulle buone prassi in specifiche aree tematiche e/o linguistiche: • Francesca Bellocco, Roma: Portogallo, Spagna, Brasile (OS e IG); • Elisabetta Crivelli, Bologna: Irlanda, Regno Unito, Portogallo, Spagna (IG); • Antonio D’Amore, Milano: USA, Canada (OS); • Zofia Jablonksa, Varsavia: Paesi dell’Est Europa (OS e IG); • Tiziana Laratta, Milano: BBPP e diritto dell’Unione Europea (OS e IG); • Maria Federica Moscati, Londra: Regno Unito (OS e IG); • Maria Grazia Sangalli, Bergamo: Francia (OS); • Karin Schonpflug, Vienna: Austria, Germania e Svizzera (OS e IG); • Giacomo Viggiani, Genova: Danimarca, Islanda, Norvegia, Svezia, Finlandia, Sudafrica (OS e IG). L’ideazione e la stesura delle schede di rilevazione delle buone prassi sono da attribuirsi a Tiziana Vettor (professoressa associata di Diritto del Lavoro presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca). 18