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08-10-2014
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L'ANALISI
Ora la frenata è strutturale
Giorgio Barba Navaretti
Sarebbe sbagliato considerare la frenata dell'industria tedesca in agosto come episodica e non strutturale.
La deflazione europea e l'assenza di politiche di rilancio della domanda ormai frenano anche la magnifica
industria della Germania.
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Il mercato unico è fondamentale per la crescita di tutta l'industria continentale. E nessuno dei suoi membri
può evitare di risentire del passo lento degli altri. Siamo tutti nella stessa barca. Neanche la Germania può
fare a meno di considerare una politica seria e a vasto raggio di rilancio dell'economia europea. Sarebbe
davvero folle voltare le spalle allo scambio tra flessibilità di bilancio e serie riforme strutturali. Il
rallentamento tedesco potrebbe rendere questo compromesso possibile (per quanto le dichiarazioni di ieri
di Weidmann contro le recenti mosse della Bce non lascino ben sperare) e bene fa Renzi a perseguirlo
presentandosi al summit europeo oggi a Milano avendo fatto passi significativi sulle regole del lavoro.
Diversi commentatori derubricano la frenata di agosto a un eccesso di vacanze scolastiche. Ma il crollo
persiste anche se si considerano i dati depurati dagli effetti stagionali. Il meno 5,7% negli ordini e il meno
4% nella produzione rispetto a luglio rappresentano le maggiori cadute mensili da gennaio 2009. Il dato
però più preoccupante è la relativa stagnazione di lungo termine degli indici, che in sostanza sono fermi ai
livelli di inizio 2011 e di fine 2008. Meglio dell'Italia, che continua ad essere circa del 20% sotto, ma non
una rampa di lancio. La Germania aveva recuperato a fine 2010 i livelli pre-crisi e con la dinamica delle
esportazioni extra-Ue ha superato indenne lo shock dei debiti sovrani. Ma ora che i mercati extraeuropei
frenano, il traino dell'Europa è essenziale. Il 57% delle esportazioni tedesche vanno nell'Unione e la
Francia pesa per il 10%. La svalutazione dell'euro non basterà a rilanciare l'export della Germania. Il calo
degli ordini di agosto deriva soprattutto da una caduta della domanda internazionale, nonostante nel mese
la valuta avesse già iniziato e perdere terreno. I contenuti di qualità e tecnologia delle esportazioni
tedesche rendono la loro domanda poco influenzata dalle variazioni dei prezzi internazionali. Infine, se
anche le imprese tedesche riuscissero a guadagnare quote di mercato, gli immensi surplus commerciali
che hanno già accumulato limitano la capacità del paese di erodere spazio altrui senza creare ulteriori
squilibri nell'area.
Dunque, la ripresa di ordini e produzione per la Germania può avvenire solo attraverso la crescita del
mercato unico nel suo complesso. La frenata dell'industria più dinamica del continente è un ennesima
conferma di come la mancanza di crescita sia il primo squilibrio da correggere. L'abbraccio tra riforme
strutturali e politiche di rilancio della domanda è ora indispensabile per far ripartire gli investimenti e
riqualificare l'offerta. Soprattutto per togliere dalle spalle della costruzione europea il manto di incertezza
che il cicaleccio politico e la mancanza di obiettivi condivisi hanno continuato a inspessire. C'è da
augurarsi che proprio l'incespicare tedesco possa convincere la politica europea a ritrovare la strada della
crescita.
barba @unimi.it
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Il paradosso del simile è che perché
si è simili bisogna stare insieme, ma
per la stessa ragione è difficile farlo.
Questa la si...
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