Quel buon Patto per la Fabbrica che potrebbe sgonfiarsi per il No

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Quel buon Patto per la Fabbrica che potrebbe sgonfiarsi per il No
ANNO XXI NUMERO 294 - PAG II
IL FOGLIO QUOTIDIANO
MARTEDÌ 13 DICEMBRE 2016
Quel buon Patto per la Fabbrica che potrebbe sgonfiarsi per il No sciagurato
E’
un primo e importantissimo passo
verso un vero e proprio rinnovamento
culturale e lo abbiamo fatto insieme al sindacato”. Il commento a caldo del presidente di Federmeccanica, Fabio Storchi, sull’ipotesi di rinnovo contrattuale sottoscritto
alcune settimana fa da Confindustria e dai
sindacati, sembrava essere la prima conferma di quanto il Patto per la Fabbrica,
promosso dal numero uno di Confindustria
Vincenzo Boccia, avrebbe potuto fare bene
al rilancio e alla innovazione della filiera
industriale italiana.
Le parole di Boccia, pronunciate ad ottobre dal palco del convegno dei Giovani imprenditori di Capri, erano destinate ad aprire una nuova stagione culturale nelle relazioni tra imprenditori, sindacati e governo.
Ma senza il conforto e il sostegno di un
esempio positivo, quelle affermazioni sarebbero rimaste solo buone intenzioni, che al
massimo avrebbero potuto registrare l’ennesima (e forse l’ultima) occasione persa.
Nuove relazioni industriali e nuovi contratti legati alla produttività e alla competitività, infatti, rappresentano il fulcro del
Patto della Fabbrica propugnato da Boccia, la cui azione da leader degli industriali italiani vuole ridare un forte valore culturale e sociale all’industria e alla sua attività, che non è solo profitto e business, in
quanto deve tornare a incidere positivamente anche sul rapporto tra organizzazione e dipendente.
Al di là del dettato economico non trascurabile (l’aumento di 92 euro mensili in
busta paga è significativo), l’elemento più
importante della recente intesa risiedeva
proprio nella definizione di una nuova cornice culturale nel quale bisogna collocare
e leggere l’accordo (si veda ad esempio la
formazione e la valorizzazione delle risor-
se umane).
Le dimissioni di Matteo Renzi potrebbero avere un impatto negativo anche sulla
nuova stagione di riforme delle relazioni
industriali, e sarebbe un peccato perché
proprio in questo momento c’è bisogno di
una sintonia forte e consapevole di tutte le
parti sociali per disegnare il modello dell’Industria 4.0, sul quale si gioca la competitività dell’industria e della ricerca made
in Italy.
Il rilancio della fabbrica, sull’onda del
recupero della centralità dell’economia
reale dopo gli anni delle speculazioni finanziarie facili può e deve costituire una
fase di cambiamento culturale, preludio di
una nuova stagione di sviluppo e di riposizionamento del concetto stesso di azienda,
che deve tornare a diventare il luogo dello
sviluppo, del dialogo, della intrapresa civile, della creatività e della sperimentazione.
La nuova alleanza, invocata da Boccia e
messa nero su bianco alcune settimane fa
all’interno di un settore caratterizzato da
sempre da un’elevata conflittualità tra le
parti, non solo serve a sottolineare la competitività dell’industria meccanica italiana, ma aiuta la fabbrica a tornare protagonista e a riacquistare valore.
Nell’accordo, infatti, si evidenzia l’apporto della formazione in ottica di sviluppo
della industria 4.0, un tema sul quale il governo bene ha fatto a investire destinando
in bilancio 13 miliardi in sette anni, risorse che le imprese possono utilizzare attraverso la leva fiscale e non quella consueta
dei contributi.
L’intesa trasferisce idealmente la fabbrica nella nuova dimensione, quella nella
quale tecnologia, creatività e capitale umano si fondono nelle competenze diffuse sul
territorio, che sanno legare produzione e
servizi, innovazione di processo e qualità
dei prodotti.
La fabbrica insomma ritrova la sua accezione positiva per farsi trasparente, accogliente, sicura e sostenibile, e si candida a
sostenere il cambiamento culturale che
con l’Industria 4.0 segnerà i prossimi anni
anche in Italia.
Da queste premesse nasce l’accordo tra
Federmeccanica e i sindacati, intesa unitaria che non veniva più sottoscritta dal 2008.
In quei mesi teneva banco il fallimento della Lehman Brothers. La volontà degli attori di assecondare e dare forma al cambiamento promosso da Industria 4.0 ha trasformato l’incubo di questi nove anni in un
nuovo inizio. A meno la crisi di governo
non riattivi vecchie tensioni e l’innata vocazione del paese a bloccare tutto. Anche
le buone intenzioni.
Stefano Cianciotta
Segretario cercasi
Ci sono Rossi ed Emiliano, ma
nel Pd Zingaretti avrebbe con sé
i giovani turchi e forse Bersani
(segue dalla prima pagina)
E una di queste incognite, per esempio,
è la variabile Michele Emiliano, l’arruffato governatore della Puglia: si candida o
non si candida? I suoi mezzi passi in avanti assumono un ritmo minaccioso alle orecchie dei tessitori congressuali della sinistra: non è infatti considerato uno di famiglia (diessina), non è culturalmente un
riformista (Rossi e Zingaretti lo sono), ma
è un capopopolo forte di un consenso popolare tutto concentrato nel meridione, non
abbastanza per imporsi in un congresso ma
forse abbastanza per far saltare gli schemi
di altre candidature, per indebolirle. E insomma Emiliano, già adesso, in questa
complicata fase che allude al congresso del
Pd, è già temuto, è uno con il quale probabilmente la sinistra dovrà cercare di fare
accordi.
“Il Pd sta andando a sbattere”, dice Miguel Gotor, senatore, consigliere di Pier
Luigi Bersani, “Renzi sta tramontando e io
mi sento di dire questo agli amici di sinistra che lo sostengono all’interno del partito, cioè a Martina, a Orfini, a Orlando e all’ultimo Gianni Cuperlo: ‘aprite gli occhi’.
L’alternativa a Renzi ci sarà, emergerà, ma
ancora non è il momento. Per adesso c’è un
treno che tocca a Renzi portare avanti, probabilmente a sbattere definitivamente. Poi,
lui proverà a ottenere una rivincita congressuale e a quel punto le posizioni verranno fuori con chiarezza: la differenza tra
una sinistra che ritiene di dover essere
l’ancella di Renzi, dentro e fuori dal Pd, e
mi riferisco non solo a Orfini, Martina e Cuperlo ma anche a Pisapia, e una sinistra
che invece vuole costruire una vera alternativa a Renzi restando saldamente dentro
il Pd. Anzi, preparandosi a riconquistare la
segreteria del partito”. E il candidato?
“Prima c’è il metodo poi il nome”. Zingaretti? “Zingaretti è in gamba, ha un alto profilo di buon amministratore, ha saputo tenersi defilato”, e insomma è una buona, anzi un’ottima carta, sembra dire Gotor.
E insomma Zingaretti, che non si è mai
arruolato in nessuna delle mille aree politiche in cui si è frazionata la sinistra del
Partito democratico, forse proprio per
questo, piacicchia a tutti. Un po’ meno, forse, alla corrente di Roberto Speranza,
quella che molto malevolmente viene
adesso definita la corrente neodalemiana
del Pd, dove, a domanda diretta su Zingaretti mettono in rilievo più dubbi che certezze, più elementi critici che di simpatia:
Zingaretti è certamente di sinistra, ma non
è precisamente un trentenne – dicono – e
inoltre, aggiungono, “proprio perché si è
mantenuto defilato non lo conosce nessuno”. Eppure, questo, non è detto che sia un
handicap. (sm)
IL RIEMPITIVO
di Pietrangelo Buttafuoco
Uno spettacolo degno del Colosseo fu il dibattito tra Massimo D’Alema e Paolo Gentiloni – oggi presidente
del Consiglio incaricato – il 30 agosto
scorso, a Catania, in un atteso appuntamento al Festival nazionale dell’Unità.
Il pubblico ne aveva pena di Gentiloni.
In tanti si portavano la mano agli occhi
per non vedere lo strazio cui lo sottoponeva un feroce e divertito D’Alema. Non
ci fu gara. Il magnifico Max se lo sbranò
e di Gentiloni non ne fece restare neppure le ossa mentre in tutta l’isola – è
storia di appena ieri – cominciava a ribollire la rabbiosa alzata dei No al Referendum. Comincia dunque la cronaca
di oggi. Gentiloni deve varare un nuovo
governo e però un consiglio: faccia tesoro della sua biografia dove, al netto delle lagne radicali, squilla la militanza in
Democrazia Proletaria. Non si può prescindere dal sublime motto che Carmelo Calabrese – militante a Milano,
straordinario angelo custode degli ultimi – alzando il pugno chiuso lanciava
nei comizi di Dp. Ne faccia tesoro, Gentiloni. La fedeltà alla giovinezza è l’unica prova di sincerità. Gridi gioioso quel
che nelle manifestazioni di disoccupati, di proletari operai e contadini la santa anima di Carmelo urlava ai compagni
delle periferie: “Mettetevi un dito nel
culo e la vita vi sorriderà!”.
INNAMORATO FISSO
di Maurizio Milani
Ecco cosa dice la mia barista
(che amo):
1) La legge elettorale va bene
quella vigente. Bisogna uniformare l’età
degli aventi diritto al voto. Adesso per il
Senato devi avere 25 anni anni. Con la
riforma del mio amore l’età minima per
votare sarà uguale per Camera e Senato. Cioè 21 anni. Quindi anche per lo stato si diventa maggiorenni a anni 21. Fino
a quell’età si è giustamente minorenni
(fissi).
2) Siccome non si è riusciti a tirare giù
il compenso dei consiglieri regionali e
farlo uguale ai sindaci, facciamo l’opposto: tiriamo su lo stipendio degli 8.000
sindaci italiani a quello dei consiglieri
regionali.
P. S. E non lo dico perché la mia ragazza è sindaco di Alberga (un comune vicino, per la verità).
INFRASTRUTTURE RECUPERO ENERGIA AGENZIA
REGIONALE LIGURE - I.R.E. S.P.A.
Estratto di bando di gara - CIG 6865713599
Questo Ente indice una procedura aperta per l’affidamento dei servizi di
progettazione esecutiva e, con opzione, del coordinamento della sicurezza
in fase di esecuzione e della direzione dei lavori per la sistemazione della
SP31 Strada della Ripa. Importo stimato comprensivo di opzioni Euro
270.022,00 + IVA + oneri previdenziali. Gli atti di gara possono essere
scaricati dal sito www.ireliguria.it o www.appaltiliguria.it. Termine ricezione
offerte: 23/12/2016 ore 12.00. RUP: ing. Flavio Barbieri.
L’amministratore unico avv. Paolo Piacenza