Inserto Osteoporosi

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Inserto Osteoporosi
CEFORMED
CENTRO REGIONALE DI FORMAZIONE
PER L’AREA DELLE CURE PRIMARIE
Via Galvani n. 1 – 34074 MONFALCONE (GO)
In questo numero di “Medicina e Sanità” continuiamo a pubblicare, analogamente ad altre riviste mediche, delle pagine di educazione sanitaria rivolta ai pazienti, che possono essere staccate, fotocopiate o esposte nelle sale d’attesa e consegnate ai pazienti
L’informazione per il paziente:
Nove domande
(e risposte)
sull’osteoporosi
a cura di Gianni Segalla e Amedeo Gasparin
MMG - Ceformed
1. Cos’è l’osteoporosi?
“L’osteoporosi è una patologia sistemica dello scheletro caratterizzata da una diminuzione della massa ossea e da
un’alterazione della microarchitettura ossea, con conseguente aumento della fragilità scheletrica e predisposizione alle
fratture.”
(OMS 2003)
L’osteoporosi non dovrebbe essere considerata una “malattia”, ma piuttosto una condizione di “fragilità ossea”
che aumenta il rischio di fratture.
2. Chi colpisce?
• Nel mondo 1 donna su 3 e 1 uomo su 8 , di oltre 50
anni, sono affetti da osteoporosi.
• Le donne hanno un rischio 4 volte superiore di sviluppare la patologia.
• La sua incidenza aumenta con l’età sino ad interessare
la maggior parte della popolazione oltre l’ottava decade di vita.
3. Quali conseguenze comporta?
Le persone affette da osteoporosi hanno un maggior
rischio di incorrere in fratture ossee per traumi anche bana–1–
li, in particolare vertebrali e di femore. Queste ultime sono un evento molto grave per il paziente anziano e ciò è dimostrato
da fatto che entro un anno dalla frattura una persona su 4 è deceduta. Questo tasso di mortalità è simile a quello dell’ictus e
del tumore della mammella. Inoltre il 50% delle donne fratturate al femore presenta una consistente diminuzione dell’autosufficienza e il 20% deve essere affidato a strutture di lungodegenza.
4. Quali persone sono più a rischio di sviluppare l’osteoporosi?
Sono più a rischio le donne dopo la menopausa, poiché la mancanza degli ormoni femminili (gli estrogeni) aumenta la
perdita di massa ossea (riassorbimento), ed in genere tutte le persone anziane nelle quali si ha una riduzione della capacità
dell’osso di rigenerarsi (neoformazione). Certamente non tutte le donne in postmenopausa ne tutte le persone anziane sono
destinate a diventare osteoporotiche e a fratturarsi; infatti giocano un ruolo importante altre variabili che sono chiamate
fattori di rischio clinico: i principali sono:
– La familiarità per fratture osteoporotiche
– L’appartenere alla razza bianca
– La magrezza
– Il fumo di sigaretta
– L’eccessivo consumo di alcolici
– La sedentarietà
– La scarsa assunzione di calcio nella dieta
– La carenza di vitamina D
L’osteoporosi postmenopausale e quella senile rappresentano i due tipi più frequenti (osteoporosi primitive), ma esistono anche forme secondarie, correlate a condizioni in grado di compromettere il metabolismo dell’osso. Tra queste le
principali sono l’ipertiroidismo e l’iperparatiroidismo, alcune malattie del sangue come il mieloma, malattie reumatiche
come l’artrite reumatoide, e l’uso cronico di farmaci come il cortisone, gli ormoni tiroidei e i farmaci immunosoppressori.
5. Come si diagnostica l’osteoporosi?
Solitamente l’osteoporosi non dà alcun sintomo soggettivo. Il paziente non si accorge quindi di cosa sta succedendo nel
suo scheletro e, nella stragrande maggioranza dei casi, attribuisce erroneamente all’osteoporosi la lombalgia di cui frequentemente soffre. In realtà i sintomi come il calo della statura, il dolore dorso-lombare e la cifosi compaiono solo quando la
malattia si è instaurata da tempo è si è complicata con fratture vertebrali.
Pertanto per diagnosticarla prima che si complichi con le fratture è necessario misurare la massa (o densità) scheletrica:
ciò si può fare con varie tecniche genericamente definite come densitometria ossea (o mineralometria ossea computerizzata-MOC).
–2–
La densitometria ossea è oggi eseguita quasi esclusivamente con la tecnica a doppio raggio X (DEXA). I siti più
misurati sono il femore prossimale e la colonna lombare.
E’ una indagine diagnostica che utilizza un fascio di raggi
X che, attraversando un segmento osseo si attenua in maniera proporzionale alla sua densità. Raffrontando questo valore con quello dei soggetti adulti sani dello stesso sesso
(picco di massa ossea) si ha un valore detto t-score che ne
rappresenta la deviazione standard (DS). Il t-score “normale”
è maggiore di -1 DS.
Secondo l’OMS si considera affetta da osteoporosi una
persona con un t-score inferiore a – 2.5 DS. Si parla invece di
osteopenia, condizione intermedia, di rischio di fratture
solo lievemente aumentato, quando il t-score è compreso
tra -1 e -2,5 DS. I fattori genetici giustificano circa il 70% della
variabilità individuale della massa ossea ad ogni età.
Quanto più basso è il valore di T-score alla densitometria tanto maggiore è la fragilità ossea e quindi il rischio di fratture.
Il rischio relativo di frattura aumenta di 1,5-3 volte per ogni deviazione standard di riduzione del valore della densità minerale ossea (unità di T score) La precisione della densitometria oscilla però tra lo 0.5% ed il 3% a seconda delle tecniche. Il “cambiamento minimo rilevabile” della massa ossea mediante densitometria é quindi compreso tra l’1% e l’8%.
L’affidabilità delle usuali metodiche di indagine per identificare i candidati al trattamento è stata fortemente messa in dubbio
dalle recenti conferme secondo cui il maggior numero di fratture si verifica nella realtà in soggetti con T-score superiore a -2,5.
Infatti un soggetto può avere un maggiore rischio di fratture, indipendentemente dai suoi valori densitometrici, se cade
facilmente (per alterazioni dell’equilibrio, problemi di forza muscolare, problemi di deambulazione, uso di sedativi o uso
concomitante molti farmaci, alterazioni della vista, demenza, rischi domestici come scarpe, pavimenti o tappeti scivolosi,
ingombri vicino al letto, scarsa illuminazione, assenza di maniglie, storia di precedenti cadute e paura di cadere, ecc.), oppure se presenta alterazioni della microarchitettura ossea che ne causano una minore resistenza.
In pratica: l’esecuzione di una densitometria ossea non consente di identificare la maggior parte delle persone che subiranno una frattura in un periodo medio-breve.
–3–
L’obiettivo dell’intervento sanitario è la riduzione del rischio di frattura: a tale fine la capacità della densitometria ossea
d’identificare chi avrà più facilmente fratture viene sostanzialmente sminuita.
Altre metodiche, come quelle ad ultrasuoni (falange prossimale della mano, calcagno) sono attualmente considerate
non sufficientemente affidabili per l’uso clinico. Anche la TAC quantitativa) non viene considerata una tecnologia di prima
scelta; può essere un alternativa alla DEXA nei soggetti affetti da patologie degenerative dell’osso.
Gli esami di laboratorio sono poco utili per la diagnosi di osteoporosi, in quanto non vi sono delle alterazioni biochimiche
rilevabili. Alcuni semplici accertamenti (emocromo, VES, PCR, protidogramma, calcemia, fosforemia, creatininemia, fosfatasi alcalina) possono essere utili al medico per escludere altre malattie dell’osso. L’esame radiografico dello scheletro è utile
per la diagnosi differenziale e delle fratture, ma non serve per una diagnosi precoce di osteoporosi.
6. Chi deve fare la densitometria e quando?
L’indagine densitometrica è generalmente consigliata alle donne sopra i 65 anni. Infatti i 65 anni di età rappresentano
una soglia oltre la quale il rischio di fratture assoluto comincia ad aumentare più rapidamente e varia molto da un soggetto
all’altro in rapporto al t-score. Sotto i 65 anni (e in particolare all’età abituale della menopausa) il rischio assoluto di fratture –
in assenza di altri fattori o malattie (vedi avanti) – è comunque basso e varia molto poco in rapporto ai valori di T-score.
La bassa capacità della densitometria ossea di predire il rischio di fratture non consente di utilizzare tale indice come
test di screening di popolazione, soprattutto nei soggetti giovani. Pertanto, la densitometria ossea non va eseguita
come la mammografia ogni 1-2 anni in tutte le donne a partire dai 40 (o 50) anni.
Un’alternativa allo screening è la valutazione caso per caso in cui i candidati al test vengono individuati sulla base di fattori di rischio riconosciuti. Ad esempio, i soggetti con una precedente
frattura da fragilità presentano un rischio doppio di successive fratture, rispetto a chi non ha avuto fratture.
E infatti nei maschi e nelle donne di età inferiore a 65 anni l’esame può essere utile solo in presenza dei seguenti fattori di rischio:
Presenza di almeno uno dei seguenti
Fattori di rischio maggiori
1. Per soggetti di ogni età di sesso femminile e maschile:
a. Precedenti fratture da fragilità (causate da trauma minimo) o riscontro radiologico di fratture vertebrali.
–4–
b. Riscontro radiologico di osteoporosi
c. Terapie croniche (attuate o previste) con farmaci che riducono la massa ossea (cortisonici, eparine, ecc.)
d. Malattie che possono ridurre la massa ossea:
• Malattie endocrine (per esempio assenza prolungata di mestruazioni, ipertiroidismo, diabete insulino-dipendente, ecc.)
• Rachitismi/osteomalacia.
• Sindromi da denutrizione, compresa l’anoressia nervosa
• Celiachia e sindromi da malassorbimento,
• Malattie infiammatorie intestinali croniche severe,
• Malattie croniche del fegato
• Fibrosi cistica,
• Insufficienza renale cronica, sindrome nefrosica e altre malattie croniche renali,
• Malattie del sangue con rilevante coinvolgimento osseo (mieloma, ecc.)
• artrite reumatoide e malattie sistemiche del connettivo
• Malattie genetiche con alterazioni metaboliche e di struttura dell’apparato scheletrico.
• Trapianto d’organo.
• Allettamento e immobilizzazioni prolungate (>3 mesi).
• Paralisi cerebrale, distrofia muscolare, atrofia muscolare e spinale.
2. Limitatamente a donne in menopausa
• Storia di frattura osteoporotica in età inferiore a 75anni nella madre.
• Menopausa iniziata prima di 45 anni.
• Magrezza: indice di massa corporea (rapporto tra peso in kg e altezza in metri al quadrato) < 19 kg/m2 .
La densitometria è, inoltre, indicata in presenza di:
3 o più fattori di rischio minori per le donne in menopausa
1. Età superiore a 65 anni.
2. Storia familiare di severa osteoporosi.
3. Periodi superiori a 6 mesi di assenza di mestruazioni premenopausale.
4. Inadeguato apporto di calcio.
5. Carenza di vitamina D.
6. Fumo > 20 sigarette/die
7. Abuso alcolico (>60 g/die di alcool).
3 o più fattori di rischio minori per gli uomini di età superiore a 60 anni
1. Storia familiare di severa osteoporosi.
2. Magrezza (indice di massa corporea < a 19Kg/m2.
3. Inadeguato apporto di calcio .
4. Carenza di vitamina D.
5. Fumo >20 sigarette/die
6. Abuso alcolico (>60 g/die di alcool).
Eventuali successivi controlli densitometrici sono giustificati solo ad una distanza di 18-36 mesi (in media 2 anni) e solo
se la conoscenza delle variazioni di massa ossea serve a modificare le decisioni cliniche.
Non è raccomandata la ripetizione di routine dell’esame prima di 18 mesi né nei soggetti non in trattamento né in quelli
in trattamento allo scopo di verificare l’efficacia della terapia.
L’intervallo di tempo può essere più breve, comunque non meno di 12 mesi (6 mesi nei bambini), in determinate condizioni che riducono rapidamente e fortemente la massa ossea (ad esempio, terapia cortisonica ad alte dosi, tumori maligni,
malattie delle ghiandole paratiroidi, allettamento e immobilizzazioni prolungate superiori a 3 mesi, condizioni di grave malnutrizione).
Nei controlli sarebbe opportuno utilizzare la stessa metodica e la stessa apparecchiatura che è stata impiegata alla diagnosi o alla prima valutazione, in particolare in campo pediatrico.
Questo approccio è stato adottato dalla maggior parte delle Linee Guida che concordano sulla non utilità di uno screening nei 10-15 anni successivi alla menopausa e tendono a suggerire una valutazione densitometrica in donne oltre i
65 anni o di età più giovane solo se a rischio.
Come sempre, un esame dovrebbe essere prescritto in presenza di un sospetto clinico, con l’obiettivo di facilitare la
decisione terapeutica.
In pazienti con pregresse fratture da traumi minimi l’indagine densitometrica serve a confermare il dubbio diagnostico
di osteoporosi.
–5–
Del tutto inappropriata è, invece, la richiesta di densitometria per dolori articolari diffusi e/o segni e sintomi attribuibili
ad artrosi, dolori alla colonna vertebrale o lombosciatalgia, in assenza di fattori di rischio per osteoporosi.
Il solo dato del T-score è quindi scarsamente rilevante, così come nel caso della valutazione del rischio cardiovascolare,
bisogna considerare globalmente tutti i fattori di rischio.
7. L’osteoporosi si può prevenire?
La prevenzione dell’osteoporosi è possibile mediante la correzione dei fattori di rischio modificabili; in pratica è importante consigliare alle donne la riduzione o meglio la cessazione del fumo, la moderazione nel consumo di alcol, il mantenimento del peso corporeo entro i limiti di
normalità.
LIVELLI RACCOMANDATI
Alcuni interventi non farmacologici si
DI ASSUNZIONE di CALCIO (LARN 1996)
sono poi dimostrati di particolare utilità,
BAMBINI: 1-6 anni 800 mg/die, 7-10 anni 1000 mg/die
primo fra tutti un introito giornaliero adeADOLESCENTI: 12-17 anni 1300 mg/die
guato di calcio e vitamina D, ottenibile
ADULTI: fino a 29 anni 1000 mg/die, 30-50/60 anni 800 mg/die
mediante la dieta e l’esposizione al sole, o,
GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO: 1200 mg/die
eventualmente, con una supplementazione
ANZIANO: 1000 mg/die (per riduzione sintesi di colecalciferolo)
farmacologica. L’associazione del calcio (più
MENOPAUSA: > 50 anni 1200-1500 mg/die
di 1,2 g/die) alla vit.D migliora i risultati nella
prevenzione delle fratture: la vit.D da sola
potrebbe non bastare. Non esistono evidenze consolidate che la somministrazione di calcio incrementi gli eventi cardiovascolari.
Contenuto di calcio in alcuni
Un ruolo importante nella prevenzione svolge l’attività fisica: è noto infatti che
alimenti (mg/100g)
periodi anche brevi di immobilizzazione sono deleteri per la massa ossea cosi come è
dimostrato che una adeguata attività fisica con carico (corsa, ginnastica, jogging, tennis, ecc.) riduce la perdita di massa ossea nelle donne in postmenopausa. Pertanto è
• Latte intero
119
giusto incoraggiare le pazienti a svolgere una anche minima attività fisica (es.: cammi• Latte scremato
120
nare per almeno 30’ al dì) che ha un effetto positivo anche sul rischio di caduta.
• Yogurt
120
Non dobbiamo dimenticare inoltre che l’importanza dell’osteoporosi è legata al
• Parmigiano
1.310
fatto che questa condizione aumenta il rischio di frattura.
• Pecorino stag. 1.160
Il verificarsi della frattura è però determinato anche, e forse in maggior misura,
• Emmenthal
1.145
dal rischio di caduta. È pertanto estremamente importante suggerire alle pazienti,
specialmente anziane una serie di accorgimenti utili alla prevenzione delle cadute.
8. L’osteoporosi si può curare?
Esistono dei farmaci che hanno dimostrato di ridurre il rischio di frattura (vertebrale e femorale) nelle persone affette da
osteoporosi. Essi vanno utilizzati tuttavia, solo nelle persone ad alto rischio, in aggiunta alle misure non farmacologiche.
La soglia di intervento farmacologico è determinata non solo dal dato densitometrico (t-score < -2.5 SD), ma anche da
altre condizioni rappresentate principalmente dall’età, dal peso, dalla familiarità, e dall’esistenza di pregresse fratture.
I principali farmaci antiosteoporotici appartengono alla classe dei bisfosfonati, molecole che riducono il riassorbimento
dell’osso. I più utilizzati sono l’alendronato, il risedronato, l’ibandronato e lo zoledronato.
Alendronato e risedronato sono risultati efficaci solo in pazienti ad alto rischio, cioè soggetti con osteoporosi e
precedenti fratture. Nei soggetti hanno osteoporosi ma che non hanno ancora avuto fratture le uniche prove di efficacia sono disponibili per l’alendronato nella prevenzione delle fratture vertebrali.
DECALOGO DEI SUGGERIMENTI PER LA PREVENZIONE
DELLE CADUTE DOMESTICHE NELL'ANZIANO
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
8)
9)
10)
cambiare posizione ed alzarsi dal letto sempre in maniera lenta e progressiva
lasciare almeno una luce accesa nella casa durante la notte
usare farmaci solo se prescritti dal medico
non eccedere nell'assunzione di alcool
usare sempre e comunque calzature chiuse
evitare la cera sui pavimenti e rimuovere oggetti mobili ( tappeti, sgabelli, ecc.)
controllare vista e udito e usare sempre occhiali e protesi acustiche
predisporre il bagno con maniglie e misure antisdrucciolo
evitare frequenti variazioni di ambiente e nell'ambiente
mantenere la funzionalità articolare con appositi esercizi
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Con l’alendronato
trattando per 5 anni 30
soggetti si può evitare
un caso di frattura vertebrale, trattando 48 soggetti si evita una frattura
del collo del femore. Con
il risedronato i soggetti
da trattare per 5 anni
sono rispettivamente 36
e 99. L’ibandronato ha
dimostrato per ora di
ridurre solo il rischio di
fratture vertebrali.
La terapia deve esse-
re continuativa, anche se con cadenze diverse da prodotto a prodotto (giornaliera, settimanale, mensile ed anche annuale)
protratta per alcuni anni. Particolare attenzione va posta alle modalità di assunzione dei prodotti per os, causa la loro ridotta
tollerabilità esofago-gastrica:
devono essere ingeriti almeno 30 minuti prima di qualsiasi alimento, bevanda o farmaco della giornata dopo essersi alzati dal
letto per iniziare la giornata, con un bicchiere colmo d’acqua (non meno di 200 ml). Non bisogna stendersi fino a quando non si è
mangiato qualcosa, il che deve avvenire almeno 30 minuti dopo l’assunzione della compressa.
Proprio per questo motivo attualmente sono da preferire le formulazioni settimanali o mensili.
Molta minore importanza riveste il rischio di cui molto si parla di osteonecrosi della mandibola, evento estremamente raro in
chi utilizza i bifosfonati per os nella cura dell’osteoporosi. Non è pertanto logico sospendere il trattamento in occasione di cure
odontoiatriche, semmai va mantenuta una accurata igiene orale associata ad una terapia antibiotica mirata in caso di interventi
odontoiatrici complessi.
La supplementazione di calcio e vit.D è importante anche nei soggetti in trattamento con bisfosfonati, per garantire l’efficacia di questi ultimi.
Si sono dimostrati efficaci nel ridurre il rischio di frattura anche farmaci che, a differenza dei bisfosfonati, agiscono sulla
neoformazione dell’osso: il ranelato di stronzio e la teriparatide, un frammento attivo dell’ormone paratiroideo. Essi però
richiedono una somministrazione giornaliera, teriparatide inoltre richiede particolari avvertenze che ne limitano l’uso a condizioni particolari da parte di centri specialistici.
Altri farmaci efficaci nel ridurre le fratture sono gli estrogeni e il raloxifene, un farmaco con azione parzialmente simile,
che è però efficace solo nel ridurre le fratture vertebrali, non quelle del femore.
In realtà gli estrogeni vengono utilizzati nei primi anni dopo la menopausa per curarne i sintomi ed un loro uso prolungato è oggi sconsigliato causa gli effetti negativi in particolare sulla mammella e sul sistema cardiovascolare. Pertanto, dato
che le fratture osteoporotiche sono più frequenti nelle donne più anziane ed il beneficio degli estrogeni sull’osso si esaurisce dopo qualche anno dalla sospensione, viene meno il razionale del loro utilizzo per questo scopo.
Nelle situazioni di osteopenia (rischio di fratture lievemente aumentato rispetto ai soggetti normali ma non così alto
come nell’osteoporosi) valgono le stesse raccomandazioni di supplementazione di calcio e vit. D, più esercizio fisico utili per
la prevenzione delle fratture, mentre l’uso degli altri farmaci è poco efficace.
9. Come si trattano le fratture osteoporotiche?
La frattura di femore deve essere trattata con un intervento chirurgico di osteosintesi o artroprotesi quanto più precocemente possibile per accelerare la mobilizzazione del paziente ed evitare le gravi e spesso mortali complicanze.
Per quanto riguarda le fratture vertebrali, ad un tradizionale trattamento con riposo a letto ed uso di busto ortopedico, si
sono aggiunte negli ultimi anni delle possibilità chirurgiche che si propongono di rinforzare il corpo della vertebra fratturata
mediante l’iniezione di cemento (vertebroplastica e cifoplastica).
Bibliografia
1. Linee guida SIOMS 2009
http://www.siommms.it/B3P_Siommms/B3PortalConfig/DinamicPortalFiles/FileComuni/linee_guida.pdf
2. Conferenza di consenso Quale informazione per la donna in menopausa sulla terapia ormonale sostitutiva?
http://www.partecipasalute.it/cms/files/Documento-definitivo-consenso.pdf
3. RACCOMANDAZIONI RELATIVE ALL’OSTEONECROSI DELLA MASCELLA/MANDIBOLA ASSOCIATA A TERAPIA CON
BISFOSFONATI IN PAZIENTI CON OSTEOPOROSI: DOCUMENTO DI CONSENSO Associazione Nazionale Dentisti Italiani
– ANDI Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro – SIOMMMS
http://www.reumatologia.it/obj/file/RaccomandazioniONJ-BPsANDI-SIOMMMS6mag09.pdf
4. European guidance for the diagnosis and management of osteoporosis in postmenopausal women J. A. Kanis et alii.
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