Una gita a Venezia - Rotary Club Arezzo Est

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Una gita a Venezia - Rotary Club Arezzo Est
Mauro Sasdelli *
Una gita a Venezia
Un minuscolo, ma baldanzoso manipolo di aretini al grido di “Rotary Est, sed
nos sumus” partì, sulle ali di un bianco cavallo d’acciaio, alla conquista di Venezia, guidati dalla novella Jeanne D’Arc, donna Liletta Fornasari, sotto le bandiere
del capitano Don Dario Deni, principe di San Anastasio. Giunti nella capitale della Repubblica Veneta, in una splendida giornata, i prodi aretini deposero lo spirito guerriero e si arresero senza colpo ferire alla magnificenza dei monumenti,
palazzi, dimore e chiese veneziane, accolti calorosamente dalla plenipotenziaria
dei Dogi Silvia Pichi, di ben note origini aretine, che graziosamente si unì al
gruppo. A bordo di vaporetti e a piedi per le calli, poterono ammirare la splendida città acquatica, addentrandosi in chiese e palazzi affrescati dalle pitture di
Tiepolo, Canaletto, Guardi, Longhi, Pittoni e Piazzetta, che saranno descritti con
grande dovizia da madame Chiara Deni. A me, misero cronachista, il compito di
descrivere alcuni fatti degni di essere tramandati ai posteri. Alla sera il gruppo si
recò al Teatro la Fenice dove veniva rappresentata l’opera lirica La Traviata di
Verdi. Il teatro era splendido, luccicante di stucchi e ori, ma lo spettacolo fu
molto originale, direi inusuale: il regista ebbe la pensata di ambientare l’opera
negli anni 2000. La signorina Violetta era una giovinetta che si faceva pagare in
Euro per le sue prestazioni, attorniata da una tribù di giovani in jeans e maglietta. Nel momento di “Libiamo nei lieti calici” i figuranti ballarono a tempo di rock
e presto la scena si trasformò in un orgia, terminata con il visconte Gastone, in
camicia rossa e barba bianca simile a Garibaldi, che sodomizzò la povera Violetta. Il secondo atto presentò alcune chicche come la danza delle zingarelle trasformata in striptease e la scena madre di Alfredo che al grido di “qui pagata io
l’ho” gettò in faccia a Violetta una manciata di Euro. Magico poi il finale in cui
Violetta, moribonda, cadde su un televisore acceso e, mancando sulla scena un
letto, morì in piedi, sostenuta dall’amato Alfredo. Al termine, nonostante la
bravura dei cantanti, gli applausi furono molto tiepidi, degni di un pubblico
educato. La sera per ristorare le stanche membra, i prodi aretini vennero accolti
in un ristorante adeguato alle loro origini guerriere, l’“Osteria agli assassini”. Il
giorno seguente il gruppo, sempre più fiaccato da un’instancabile Liletta, dopo
aver girovagato per chiese, si rese conto di aver perso un componente, che data
la stazza, non poteva passare inosservato, messer Remo Chiarini. Venne allertato il Bargello e inviati piccioni esploratori, ma il nostro prode, a bordo di un vascello, ricomparve d’improvviso, senza apparenti segni di torture. Si vocifera
che abbia ottenuto la libertà dai piombi veneziani in cambio di una pinta di olio
d’oliva extravergine. Intanto donna Liletta continuava a correre per calli e ponti,
alla ricerca di altre chiese, con il gruppo che la seguiva ormai allo stremo. Tanto
fu il girovagare, che venne dimenticato l’orario di partenza del cavallo d’acciaio.
E allora vi fu la corsa verso la stazione. E qui si vide all’opera l’ingegno aretino.
Chi prese il vaporetto, chi il motoscafo, chi una nave, chi andò in gondola, chi si
mise a correre, ma alla fine tutti si ritrovarono sani e salvi, facendo un gioioso
ritorno alla terra madre, felici di aver trascorso due giornate entusiasmanti, in
vera amicizia rotariana.
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Past President 1999-2000
Di seguito alcune immagini da Venezia