Orco strega lupo - Alessandro Norsa
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Orco strega lupo - Alessandro Norsa
ASPETTI SIMBOLICI NELLE FIGURE MITOLOGICHE LESSINICHE A. Norsa* In questo articolo esamineremo alcune delle figure mitologiche lessiniche. Ci dedicheremo alla descrizione, nello specifico, di quegli esseri (Orco e strega, lupo) che hanno un rapporto con i sentimenti umani considerati negativi: la crudeltà e la malvagità. Dopo aver presentato le caratteristiche generali della fiaba, della sua struttura, dei suoi aspetti simbolici e pedagogici, ci addentreremo nella lettura simbolica degli esseri mitologici qui presi in considerazione. ASPETTI GENERALI Col termine fiaba designiamo quel racconto fantastico di origine popolare che, trasmesso oralmente, attinge abbondantemente al meraviglioso, avendo come protagonisti esseri sovrannaturali (fate, folletti, streghe, orchi...) che si muovono, unitamente agli altri personaggi della narrazione, in un mondo astratto, di sogno. Mentre la favola ha l'intento di ammaestrare, enunciando un precetto morale o di saggezza pratica, alla fiaba è estraneo qualsiasi proposito didascalico e moraleggiante: ha il fine in sé, nel piacere della narrazione, carattere o peculiarità che condivide col gioco, attività autotelica per antonomasia. Caratteri e universalità della fiaba La fiaba incarna ed esprime sentimenti, emozioni, aspirazioni, speranze comuni a tutta l'umanità. Per richiamarci alla terminologia junghiana, le fiabe, ricche di motivi e di figure archetipe, riflettono e svelano i processi dell'inconscio collettivo, ereditato dai nostri lontani progenitori, rappresentando una sorta di "patrimonio genetico" dell'umanità. Non esiste praticamente popolo che, accanto alla sua mitologia, non abbia le sue fiabe. In tutte si riscontra una singolare analogia di temi, motivi, costanti e topoi, spesso indipendentemente da reciproci contatti, influssi e contaminazioni, pur nelle varianti e negli adattamenti nazionali, regionali e locali. La circolarità dei medesimi motivi avvalora la tesi di chi considera la fiaba un prodotto dell'anima universale comune a tutti i popoli in una fase primitiva del suo sviluppo. Attraverso la via dell'immaginario, la fiaba accomuna e avvicina civiltà e culture lontanissime, dimostrando come nell'intimo di ciascun uomo alberghino i medesimi pensieri, speranze, * Psicologo Psicoterapeuta, Centro di Salute Mentale di Marzana, I Servizio Psichiatrico ULSS 20, Verona. 1 bisogni, aspirazioni. Nei suoi motivi può riconoscersi l'umanità tutta, perché universali sono i problemi che affronta in forma simbolica: il passaggio dall'infanzia all'età adulta, col motivo dell'allontanamento da casa e del viaggio; l'eterna dicotomia tra bene e male; il conflitto tra l'originario principio di piacere e le norme etiche e sociali; la tensione tra dipendenza e autonomia... Il che legittima e sollecita l'inserimento della fiaba all'interno di itinerari di educazione multiculturale, in virtù del suo significato affratellante, che trascende qualsiasi confine o barriera di razza, sesso, cultura, religione. L'irrisolto problema delle origini Le origini della fiaba si perdono nella notte dei tempi. A spiegarle si affannano teorie, quali quella mitica, indianista, antroposofica, poligenetica... E' probabile che queste narrazioni trasmesse oralmente siano una riduzione e semplificazione di antichi miti, filtrati nel tempo e rielaborati in età successive dalla fantasia popolare. Fiaba e struttura psichica infantile Nell’ottica della lettura della fiaba al bambino, le storie narrate risultano vere in quanto simboli di problemi psicologici e non in quanto descrizioni della realtà. Il loro aspetto più positivo è proprio quello di non prendere mai l'avvio dalla realtà fisica del bambino, di semplificare al massimo situazioni e personaggi in modo da esprimere i dilemmi esistenziali in modo chiaro e conciso, di essere popolate di personaggi tipici anziché unici, di contenere sempre una personificazione del male che non è mai ambivalente, di corrispondere al pensiero animistico del bambino, di parlare il suo linguaggio, di adeguarsi cioè ai suoi processi mentali. Proprio per queste sue caratteristiche di fondo che la fanno vivere in consonanza con il mondo infantile, la fiaba acquista aspetti di verità e ciò che vi è narrato viene recepito come esperienza interiore; "quando tutto il fantasticare di desideri miracolosamente realizzati del bambino si incarna in una fata buona, quando tutti i suoi desideri distruttivi si incarnano in una strega cattiva, tutte le sue paure in un lupo vorace, tutte le richieste della sua coscienza in uno stregone incontrato durante un'avventura, tutta la sua collera gelosa in un animale che strappa via col becco gli occhi dei suoi arcirivali, allora il bambino può finalmente cominciare a operare una cernita fra le sue contraddittorie tendenze. Iniziato questo processo il bambino viene a trovarsi sempre meno inghiottito da un incontrollabile caos" 1. Proprio perché derivano da un "contenuto comune conscio e inconscio, plasmato però dalla mente conscia" 2 che rappresenta il consenso di molti sui problemi considerati universali e sulla soluzione da dare loro, la fiaba può 1 2 Calò A., Il mondo della fiaba e i bisogni psicologici del bambino, Milella, Lecce, 1981 Cumella A., La fiaba nello sviluppo mentale del bambino, TEV, Caltanisetta, 2002 2 essere definita "un dono d'amore" per il bambino. Essa rassicura, infonde speranza nel futuro, suggerisce che sempre il protagonista arriverà in porto anche se deve superare prove difficili: lasciare i genitori, perdersi nel bosco, combattere contro i mostri e le streghe; convince il bambino che alla fine potrà vincere quella battaglia che egli deve combattere contro sé stesso per comprendere e affermare la sua personalità. LE FIGURE MITICHE LESSINICHE Data la vastità dell’argomento, nei paragrafi seguenti descriveremo solo alcune delle figure mitologiche più significative della mitologia lessinica, riservandoci di trattare le altre in un contributo successivo. In particolare tratteremo degli orchi e delle streghe, che hanno senso, assumono significato in quanto espressioni di ingiustizia, di oppressione magica, di costante pericolo per gli innocenti appena venuti al mondo e già esposti al rischio di essere divorati o usati. L’ORCO Descrizione: l’Orco, nelle fiabe lessiniche, è rappresentato come un uomo gigante, con il corpo coperto da un lungo e folto pelo nero ed i piedi simili a quelli di un mulo. Sua peculiare caratteristica è quella di apparire sotto le più svariate sembianze: come gigante, soprattutto come uomo o come animale. Talvolta è stato visto come un gigante di forma umana che cammina poggiando i piedi da una parte all’altra dei versanti di una valle, e scagliare massi enormi. Ai bambini viene presentato come un uomo grande, brutto e cattivo o come una bestia selvatica e feroce che li può rapire e mangiare. Per assumere aspetto visibile, onde mettere in atto i suoi scherzi, come gli altri esseri soprannaturali di origine demoniaca, preferisce le ore notturne o serali. Più soggette ad essere spaventate dall'Orco sono le persone deboli, ammalate, con difficoltà psicologiche, i bambini e le donne durante la gravidanza. Interpretazione: l'idea dell'orco, nella sua forma possente, ricorda i Giganti dell’Età Classica. I Giganti sono i figli di Zeus e vengono chiamati Titani; tra questi quello che maggiormente può essere assimilato all’idea dell’Orco è Cronos, poiché è il simbolo della forza cieca o divoratrice: infatti nel mito questo Titano divora i suoi figli. In questa prospettiva, Cronos è collegato sia all’idea della morte che a quelle del tempo, in quanto tutto ciò che è nato dalla materia serve come supporto momentaneo allo spirito immortale, ma è votato all'annientamento. Nella psicanalisi l’immagine dell’Orco è quindi assimilata a quella di Cronos in modi differenti: come l'immagine ipertrofizzata e caricaturale del 3 padre che vuole conservare indefinitamente la propria onnipotenza e non sopporta l'idea di dividerla o di rinunziarvi; o che preferisce la stasi evolutiva dei figli alla loro crescita, poiché teme che un giorno potrebbero togliergli il ruolo; oppure come l'immagine deforme e perversa del padre che serve solo da spauracchio ai bambini, poichè ha difficoltà nell’essere autorevole ed è costretto ad essere severo ed autoritario. A questo proposito potremmo ricollegarci all’idea dell’utilizzo dell’invocazione del sopraggiungere dell’Orco da parte di quei genitori che desiderano che i figli compiano un’azione contro il loro desiderio “guarda che se non fai come ti dico io, viene l’Orco che ti mangia”. Allo stesso tempo le persone che sono più facilmente spaventate dall’immagine dell’Orco hanno delle motivazioni psicologiche: i bambini ed i folli sono coloro che maggiormente possono confondere il simbolico con il reale, l’immaginario con il concreto ed essere per questo preda più degli altri della suggestione della presenza degli esseri mitologici. Questo, anche se in minor quantità, può avvenire in persone malate (e febbricitanti) o deboli (perché denutrite), poiché maggiormente sensibili alle modificazioni degli stati di coscienza. Essenzialmente, lo stesso motivo è da ricondursi a persone che abusano si sostanze alcoliche. 4 LA STREGA (STRIA) Descrizione: La stria si distingue dagli esseri fantastici in quanto persona in carne ed ossa. Spesso nelle fiabe lessiniche si trasforma in un gatto nero, o è accompagnata da questo nei suoi spostamenti, o lo invia per sua commissione. Secondo le leggende, il suo potere si manifestava col procurare danno alle persone, colpendole nel fisico con malattie. Il sortilegio poteva essere esercitato anche nei confronti degli animali, primi fra gli altri le mucche, a cui veniva sottratto il latte. Come antidoto al maleficio bisognava bruciare tutte le cose della persona colpita, oppure farle bollire in un paiolo. Si sarebbe così attirata sull'uscio di casa una donna: la prima a comparire sarebbe stata la stria per liberare il perseguitato dal maleficio. Contro il sortilegio si poteva anche mettere una scopa di traverso l'uscio, oppure offrire qualche cibaria alla supposta strega in occasione di banchetti per nozze, battesimi o avvenimenti particolari. Anche nell’Alto Vicentino abbiamo ricordi del sabba, il ballo rituale che avveniva all'incrocio di quattro strade. Le strie vi intervenivano con un pentolino che conteneva l'ostia consacrata, mezzo col quale entrare in contatto col diavolo ed attuare così il maleficio. Essere in contatto con il maligno era considerato simbolo di eresia e ciò ha fatto sì che la stregoneria fosse perseguitata dalla Chiesa dopo la riorganizzazione del suo apparato, avvenuta con il Concilio di Trento. Si dice che le strie non potessero morire se prima non avessero donato il loro pentolino ad un'altra donna che diveniva a sua volta una stria. Interpretazione: Il termine strega discende dal latino strix (uccello notturno, strige o barbagianni). L’idea della strega si lega spesso a una simbologia della doppia presenza: vita e morte, eros e thanatos, gioventù e vecchiaia, bellezza bruttezza, bene e male ecc. Una caratteristica frequente della strega delle fiabe della lessinia è quella di essere molto vecchia, di una vecchiezza esagerata e spesso semideforme. Il che collega all’idea di una vita che sconfina nella morte, ovvero allo spirito che si mantiene in vita oltre ai limiti umani, la pone in una considerazione come entità soprannaturale. Questo sarebbe da collegarsi alla credenza popolare del suo contatto con Satana come contraccambio della sua devozione. C.G. Jung afferma che le streghe sono una proiezione dell'anima maschile, cioè dell'aspetto femminile primitivo che sussiste nell'inconscio dell'uomo: le streghe materializzano quest'ombra odiosa, di cui gli uomini non possono liberarsi, e assumono al tempo stesso una potenza temibile; per le donne, la strega è il capro espiatorio, sul quale trasferiscono gli elementi oscuri delle pulsioni. Ma tale proiezione è in realtà una partecipazione segreta alla natura immaginaria delle streghe. Finché le forze oscure dell'inconscio non assurgono alla chiarezza della conoscenza, dei sentimenti e dell'azione, la strega continua a vivere in noi. Frutto di repressioni, ella incarna «i desideri, i timori e le altre tendenze della nostra psiche che sono incompatibili con il nostro io, sia perché sono troppo infantili, sia per tutt'altra ragione». Jung ha osservato che l'anima è spesso personificata da una strega o da una sacerdotessa, perché le donne hanno più legami con le forze oscure. La strega è l'antitesi dell'immagine idealizzata della donna. In un altro senso, la strega è stata considerata come una degradazione delle sacerdotesse, delle sibille, delle maghe druidiche, a causa dell'influenza della predicazione cristiana. Esse furono descritte in maniera orrenda e 5 diabolica, contrariamente agli antichi iniziati che collegavano il Visibile e l'Invisibile, l'umano e il divino. Vediamo in particolare alcuni significati dei simboli delle streghe: - la notte. È il momento in cui le streghe solitamente appaiono. È l’immagine dell’inconscio, del profondo, dell’oscuro, del sonno, e dei sogni. Per contrapposizione alla luce, fonte di vita e generazione, è rappresentazione di morte e conclusione. - il gatto nero. Per gli occhi che riflettono la luce può essere assimilato al barbagianni e alla civetta; come questi è simbolo delle forze ctonie e per il colore del suo manto è una metamorfosi, della notte, della morte e delle forze dell’inconscio. - il pentolino. Per la sua forma è associabile all’utero e quindi al tema della sessualità. Il mettere un’ostia consacrata nel “pentolino” significa unire il sacro al profano o, meglio, profanare ciò che c’è di più sacro. IL LUPO (LOO) Descrizione: Conosciuto come Bolf o Per a Giazza, come Logo in Lessinia Orientale e più comunemente Loo nella rimanente, l'immagine di questo essere fantastico deriva senz'altro dal lupo. Dalla fantasia popolare non viene però più presentato come un lupo. Viene descritto come un animale senz'altro più grosso di un lupo, con la testa rotondeggiante come un gatto, con una dentatura molto sviluppata e forte, con i canini sporgenti come un cinghiale, che può arrampicarsi sugli alberi e possiede unghioni lunghi come 6 un orso. Vive in tane e covoli sottoroccia. Non è sempre in circolazione, ma esce all'aperto soprattutto quando c'è il tempo in cambiamento o, viceversa, la sua apparizione è indice che il tempo sta cambiando. Predilige le ore notturne, tende agguati alle persone o le rincorre per sbranarle. Se lo si sentisse ululare di notte (il suo ululato è simile a quello del lupo) non bisogna mai rispondergli imitando il suo verso, perché rivelando il proprio sito, si facilita la sua caccia. Interpretazione: Questo essere mitologico rispetto- all’Orco, che è completamente fantastico, ed alla strega, che a quest’ambito si avvicina molto- è difficilmente distinguibile dall’animale reale. Per questa ragione l’aspetto simbolico è ridotto rispetto alle figure mitologiche descritte precedentemente, poiché possiede caratteristiche che lo pongono al centro di quel terreno misto tra la normalità e il senso simbolico. Essendo la Lessinia abitata dai lupi, era naturale avere paura di questi animali ed altrettanto doversi difendere fisicamente ed emotivamente, parlandone in gruppo. Raccontare nei falò del Loo significava indirettamente parlare delle proprie paure, e questo, a volte, poteva avere un effetto catartico delle proprie ansie e tensioni, soprattutto quando le fiabe si concludevano con la sua cattura o uccisione. Da un punto di vista simbolico il lupo rappresenta quella pulsione che esiste in ogni animale e quindi anche nell’uomo: l’aggressività. In termini analitici esistono principalmente due tipi di aggressività: la prima diretta, espressa in modo visibile ed aperto, anche detta orale, la seconda indiretta, che si manifesta ad esempio attraverso atti mancati, silenzi, o altre modalità comunicative non verbali. L’aggressività che è associabile a quella del lupo è quella istintiva, che a volte diviene incontrollabile proprio perché fa parte di quel retaggio animale che appartiene alla storia dell’uomo. In diverse culture la gola di questo animale è simbolo di morte, notte, caverna e quindi inferi. 7 BIBLIOGRAFIA: Benetti A., I racconti dei filò dei monti Lessini. La grafica, Verona, 1983. Bettelheim B., Il mondo incantato, tr. it., Feltrinelli, Milano, 1977. Bonomi E. I fantastici abitatori dei covoli e delle grotte della Lessinia, Curatorium Cimbricum Veronense, Verona, 1992 Calò A., Il mondo della fiaba e i bisogni psicologici del bambino, Milella, Lecce, 1981 Caprettini G.P., Dizionario della fiaba. Simboli, personaggi, storie delle fiabe regionali italiane, Meltemi, Roma, 1998. Carloni G., La fiaba al lume della psicoanalisi, in "Rivista di psicoanalisi", n. 11, maggio-agosto 1963. 8 Chevalier J., Gheerbrant. Dizionario dei simboli. BUR Edizioni, Milano1999. Cumella A., La fiaba nello sviluppo mentale del bambino, TEV, Caltanisetta, 2002. Dekker T., Koorvan der J., Meder T., Dizionario delle fiabe e delle favole, tr. it., B. Mondadori, Milano, 2001. 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