forza maggiore - Parrocchia Santa Maria Segreta
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forza maggiore - Parrocchia Santa Maria Segreta
INTERVISTA A RUBEN OSTLUND Come nasce la storia di "Forza Maggiore"? “Forza Maggiore” trae origine da una domanda che mi ha affascinato a lungo: come reagiscono gli esseri umani in situazioni improvvise e inaspettate come una catastrofe? “Forza Maggiore” è in qualche misura l’opposto di un film hollywoodiano. Qui di solito c’è una famiglia che vive in pace; all’improvviso arriva una minaccia esterna e il padre deve usare la violenza come difesa (non vorrebbe, ma è costretto a farlo). Una volta fatti fuori i cattivi, la famiglia può tornare a vivere in pace. Questo arco narrativo rappresenta un modo ideologico di guardare alla vita e alla società. Io sono invece interessato auna situazione in cui possiamo capire che stiamo facendo la cosa sbagliata. Tomas vive un dilemma, perché è duro ammettere di aver fatto quello che ha fatto, ma è duro anche continuare a mentire. Si tratta di una storia vera? Questa storia nasce da un aneddoto impossibile da dimenticare. Qualche anno fa una coppia di amici era in vacanza in Sudamerica, quando sono sbucati dal nulla dei tizi con la pistola e hanno aperto il fuoco: il marito istintivamente è scappato, lasciando sola la moglie. Tornati in Svezia, dopo un bicchiere o due di vino, lei iniziava a raccontare questa storia e continuava a ripeterla... ho fatto ricerche su altre storie vere simili a questa e ho scoperto che mentre secondo i canoni della società in cui viviamo, gli uomini dovrebbero proteggere le loro donne e loro famiglie, in realtà, in queste situazioni, sembra siano proprio gli uomini a reagire più spesso con la fuga. Nel finale c'è un'apertura all'ottimismo Nel finale del film, ci accorgiamo che tutte le persone scese dal pullman si vergognano di aver esagerato le proprie emozioni. Ma dopo un po’, percepiscono una connessione fra loro, una specie di solidarietà, camminando insieme per la strada. Questo vuol dire essere umani. Noi viviamo delle montagne russe emotive che ci spingono a indossare una maschera fissa per non mostrare quello che siamo davanti agli altri. Nel forte e inaspettato momento di condivisione del finale, per un attimo queste maschere sembrano cadere. FORZA MAGGIORE TITOLO ORIGINALE Turist REGIA Ruben Östlund INTERPRETI Johannes Kuhnke Lisa Loven Kongsli Clara Wettergren Vincent Wettergren Kristofer Hivju. SCENEGGIATURA Ruben Östlund FOTOGRAFIA Fredrik Wenzel MONTAGGIO Jacob Secher DURATA 118’ ORIGINE DE/GER/FRA 2014 Filmografia • Forza maggiore (2014) • Play (2011) • Involuntary (2008) IL REGISTA LA TRAMA Ruben Östlund ha iniziato la sua attività negli anni novanta come regista di video sciistici, per poi andare a studiare alla scuola di cinema di Göteborg, presso la quale si è laureato nel 2001. È il cofondatore, assieme al produttore Erik Hemmendorff, della casa di produzione Plattform Produktion, che produce i suoi film. Nel 2004 ha diretto il suo primo lungometraggio non documentaristico, Gitarrmongot (noto anche come The Guitar Mongoloid). Il film ha vinto il premio FIPRESCI alla 27ª edizione del Festival cinematografico internazionale di Mosca ed è stato candidato al Nordic Council Film Prize. Il cortometraggio di Östlund Händelse vid bank (o Incident by a Bank) ha vinto il Golden Bear come miglior cortometraggio alla 60ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino e il Grand Prix al Tampere Film Festival nel 2011. Nel 2008 e nel 2011 rispettivamente, Östlund ha diretto altri due lungometraggi, De ofrivilliga (o Involuntary) e Play di cui il secondo è la prosecuzione del primo. Tomas e Ebba sono i genitori di Vera e Harry. Tomas lavora molto, dunque questa vacanza sulle Alpi, hotel di lusso e giornate dedicate allo scii tutti insieme, parte con grandi aspettative. Ma accade un imprevisto. Mentre siedono per pranzo ai tavoli all'aperto di un ristorante panoramico, una valanga si dirige a grande velocità verso di loro e pare destinata a travolgerli. L'istinto di Tomas è quello di mettersi in salvo il più in fretta possibile, l'istinto di Ebba è quello di proteggere i figli ed eventualmente morire con loro. La valanga si arresta prima e i quattro rientrano sani e salvi. Ma qualcosa nella coppia si è incrinato ed è una crepa che è destinata ad aprirsi sempre di più. Trattazione leggera per il dramma familiare Film sulla vergogna, fra Bergman e Bunuel di Federico Pontiggia il Fatto quotidiano di Fabio Ferzetti Il messaggero Alpi francesi, una famiglia svedese in settimana bianca. L’hotel è lussuoso, il paesaggio ameno, le piste perfette, i cannoni tuonano per controllare le valanghe. Tutto bene, finché un’esplosione non è poi così controllata e la valanga sembra travolgere la terrazza su cui Tomas, Ebba e i figli Vera e Harry stanno pranzando: attimi di terrore, mentre il bianco occupa tutto. Ma due reazioni opposte: Ebba si preoccupa dei figli, Tomas prende guanti, cellulare e corre via. Tutti indenni, tranne la relazione: Ebba non perdona a Tomas di essersene andato a gambe levate, di non aver protetto né lei né, soprattutto, i figli. Insomma, sotto la neve non finisce nessuno, ma le conseguenze sono egualmente devastanti: Tomas si trincera nel mutismo, Ebba non ci dorme e due sconosciuti o due amici sono analogamente buoni per tornare sul misfatto, verbalizzando in pubblico…Tranquilli, il tema è serio, molto, ma la trattazione che ne dà lo svedese, classe 1974, regista e sceneggiatore Ruben Ostlund è ironica, ilare, “alleggerita”. Già, forse Tomas s’è dato per causa di forza maggiore, ma una coppia, una famiglia può stare in piedi se qualcuno nel momento del bisogno è scappato? Progressivamente, lo stesso Tomas non se ne dà pace, ma capire se ci fa o ci è non è facile: Ostlund spariglia le carte e i registri, mette il film nella carreggiata del dramedy ma sentimentale, comico, romanzo di formazione, e chi più ne ha, sono sul tavolo, pardon, sullo schermo. L’unica vera pecca è la durata eccessiva (un’ora e 58 minuti), ma Turist offre splendide immagini alpine, contrappunti sonori iperbolici e l’insostenibile leggerezza dell’istinto di sopravvivenza su un basso continuo che nella (mancata) tragedia trova sempre l’occasione di una sacrosanta risata. Riuscirà il buon Tomas a tornare compagno, padre, uomo? Ah, saperlo… Se Michael Haneke, il regista di 'Caché' e del 'Nastro bianco', dirigesse una di quelle implacabili commedie sugli uomini che sapeva scrivere solo John Cassavetes, il risultato somiglierebbe a questo 'Forza maggiore', quarto film di uno svedese tutto da scoprire, Ruben Östlund che metabolizza la lezione del suo più illustre conterraneo, Ingmar Bergman naturalmente, aggiornandola alla nostra epoca. Quando il benessere diffuso e una tecnologia sempre più soft e pervasiva soffoca qualsiasi confronto con le forze primordiali della Natura, tanto fuori che dentro di noi. Mentre le conquiste del femminismo e i confini sempre più labili fra i sessi convivono con aspettative magari antiquate ma ancora molto radicate nella mentalità di tutti. Senza distinzione di genere, cultura o età. ogni luogo e ogni momento di quella vita di svago assume sfumature minacciose e insieme esilaranti. Anche grazie a una straordinaria colonna sonora e a una capacità unica di rendere minacciosi gli spazi, quelli geometrici dell'albergo come quelli selvaggi delle montagne, che dà a questa commedia crudele accenti ora buñueliani, per il senso sempre incombente dell'assurdo, e ora addirittura epici. Un grande film sulla vergogna, e sui sentimenti più inconfessabili in generale, in cui comico e tragico si confondono fino a diventare una cosa sola. Come succede solo ai più grandi. PS: Pare quasi superfluo, ma in Italia un film così non lo sappiamo fare. E non per le valanghe, s’intende. La valanga che travolge le emozioni di Valerio Caprara Il mattino “Forza maggiore” del quarantenne regista svedese Ostlund è un film, come si dice sbrigativamente, per cinefili, ma è proprio per questo che una sommessa richiesta lo fa sopravvivere nelle retrovie delle sale cittadine. In una località di vacanza delle Alpi francesi una famigliola ha la percezione di stare sul punto d’essere travolta da una valanga: il padre è sicuro che non succeda niente, ma poi, imprevedibilmente perde la testa e compie un gesto ignobile. L’autentica catastrofe emotiva e psicologica si scatena, però, quando l’allarme cessa e tutti scoprono d’essere rimasti “fortunatamente” vivi: sulla scia del cinema della crudeltà di Haneke, il protagonista viene accerchiato da atmosfere e situazioni sempre più distruttive, minacciose, grottesche. La metafora centrale –esposta con uno stile spigoloso, rapsodico e a tratti tutt’altro che gradevole- si basa su quelle pulsioni e quelle reazioni socialmente inconfessabili che, dopo avere inferto ferite alonate di umanissima vergogna, provocano una reazione a catena in cui rabbia, disperazione, perdita del potere (soprattutto maschile) e tradimenti si confondono irrimediabilmente. Una potentissima commedia umana di Maurizio Porro Corriere della sera Non è un film catastrofico quello premiato e insinuante del 40enne svedese Ruben Östlund. Questa bellissima commedia umana che inizia in flash da primo giorno di crociera e finisce in geniale metafora on the road, aperta sull'infinito, ha una potenza espressiva incontrollabile, una valanga di emozioni sotterranee, sentimenti inespressi, con stile moderno che riguarda tutti e nessuno e osserva da scienziato la seduzione della bugia e la capacità di negare la codardia. Arrivato al cinema con passione per sci e video, l'autore salda il debito filmando impeccabile e cinico la rarefatta aria di montagna e la paura dei sensi. La ricca documentazione sulla psicologia degli scampati a catastrofi, ossigena un racconto non sociologico ma interiore, che dimostra la vacuità delle istituzioni affettive e la falsa confidenza tra coppie che coccolano le incomprensioni: nessuno si conosce più. Non pensate a un film intimidatorio: il dramma è stemperato nella vita, nelle sciate fuori pista, fino alla catarsi finale che ci ripete ancora, se ce ne fosse bisogno, che è infelice la terra che ha ancora bisogno di eroi. Metafora familiare di un regista talentuoso di Alberto Mazzoni Ondacinema La neve immacolata. Dal finestrino dell'aereo, le Alpi sembrano più paradisiache delle nubi sovrastanti, un susseguirsi frattale di valli bianche e vette. Scendendo ad altezza d'uomo, i dettagli artificiali emergono ed è su questi che si sofferma Ostlund, il talentuoso regista/sceneggiatore di "Forza maggiore". Non c'è inquadratura fissa o carrellata sulle nevi che non includa un tubo per le esplosioni controllate, i pali e i cavi della teleferica o simili, e le piste di notte sono percorse da file di gatti di neve come insetti meccanici. L'azione di sciare è bella, ma per quei minuti di discesa si pagano tutta una trafila di code, armadietti, mettersi e togliersi tute e scarponi, e su queste azioni Ostlund si concentra. Pare evidente la metafora sulla famiglia. La famiglia borghese è l'impianto sciistico, pieno di scricchiolii, forzature, dettagli che rovinano l'insieme e operazioni che dobbiamo fare ma eviteremmo volentieri. Non che il libero amore sia la soluzione, i personaggi della cougar in libera uscita e della coppia lui quarantenne divorziato lei ventenne alternativa appaiono tristi come la famiglia del film, solo più superficiali perché è mancato loro il momento di verità che per i protagonisti è stata la valanga allo chalet. Non è successo niente, ma avrebbe potuto. "Forza maggiore" è un bel film, pieno di idee narrative e registiche. Non è lo "Scene da un matrimonio" dei nostri tempi, sarebbe troppo chiedere. Ma non si può non festeggiare quando un autore finora conosciuto solo in patria si affaccia sulla scena europea con questo stile. Ostlund sa selezionare le inquadrature in modo tale che siano belle a vedersi e funzionali alla storia. Molte sono fisse per scene intere e i personaggi si dibattono all'interno di cornici immobili. Particolarmente efficace la cena con gli amici, tutti a sedere ben visibili, tranne la madre che cammina nervosamente attorno al tavolo con la testa tagliata dall'inquadratura, quasi fosse un fantasma. Dai droni agli smartphone, "Forza maggiore" è anche un film in cui la sceneggiatura ben rappresenta l'estensione e la continuità dell'impatto delle tecnologie personali nelle nostre vite, Un altro aspetto notevole di "Forza Maggiore" è la cura del sonoro. Il silenzio può essere progressivamente riempito dal risuonare del vuoto degli alberghi stile "Shining", dal battito cardiaco di chi è in scena, da una lontana e fastidiosa musica da discoteca, e il vento può essere sostituito dal cigolare di una teleferica, in una soggettiva dei suoni che aggiunge un livello veramente ricco alla pellicola. E allora fatevi il favore di vederlo al cinema se leggete questa recensione in tempo.