Anno X, numero 1

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Anno X, numero 1
Anno 10, numero 1
Anno scolastico 2015/16
Istituto liceale
MATILDE DI CANOSSA
Reggio Emilia
-R.E.
A cura di:
Silingardi Carlotta
Elena Orrù
Anno 10, numero 1
Anno scolastico 2015/16
Istituto liceale
MATILDE DI CANOSSA
Reggio Emilia
-R.E.
A cura di:
Silingardi Carlotta
Elena Orrù
Coordinatori:
Melli, Palazzo
Coordinatori:
Melli, Palazzo
La voce di Matilde La voce di Matilde
Racconti di donne
Diritti delle donne
p. 8 a 14
p. 1 a 7
Racconti di donne
Diritti delle donne
p. 8 a 14
p. 1 a 7
Viaggi
Arte e cultura
Attualità
Progetti
L’angolo del delirio
p. 15 a 18
p. 19 a 22
p. 23 a 27
p. 28 a 29
p. 30 a 31
Viaggi
Arte e cultura
Attualità
Progetti
L’angolo del delirio
p. 15 a 18
p. 19 a 22
p. 23 a 27
p. 28 a 29
p. 30 a 31
Diritti delle donne
Diritti delle donne
Le donne e la letteratura
getta discredito su tutte
Quale peso hanno avuto le donne, da Eva alla
le donne nella cultura Marchesa di Monferrato
occidentale?
con tono intimidatorio
che non favoriva qualche
Conversando amichevol- poveretta intenzionata a
mente chissà quante vol- mettere mano alla penna.
te ci ha sfiorato questa Proseguendo nella ricercuriosità, ovvero il ruolo ca riscontriamo che i pridelle donne nella nostra mi documenti in lingua
storia letteraria? Se ci italiana trattano di argoaffidiamo ai ricordi sco- menti che poco si addilastici dobbiamo consta- cevano all’indole femmitare che pochissimi nomi nile: poemi di natura alfemminili tornano alla legorica o didascalica,
memoria, anzi tra i poemi epici, invettive
“Grandi” proprio nessu- politiche, canti goliardino. D’altronde, in epoche ci. La poesia d’amore,
in cui (salvo poche classi tema più congeniale
privilegiate) a fatica si all’animo femminile ebriusciva a mettere insie- be inizio in Italia su imime il pranzo con la cena, tazione della poesia prola cultura o anche il solo venzale ed acquisì indi“saper leggere e scrive- pendenza letteraria con i
re” era patrimonio di po- poeti della Scuola Sicichi uomini, perché alle liana. Mentre, però, in
donne, eccetto rare ecce- Provenza la presenza di
zioni, non veniva fornita poetesse non è del tutto
una educazione lettera- ignota, qui da noi non se
ria.
ne trova traccia. Unica
E’ curioso scoprire che eccezione, nel 1200, si
già in un testo del XII ha con una poetessa fiosecolo, dall’emblematico rentina, conosciuta con
titolo” Proverbi sulla lo pseudonimo di Comnatura delle donne”, un p i u t a
Donzella
poemetto (in quartine) si (significativo un nome
1
d’arte in un’epoca in cui
nessun poeta riteneva
opportuno schermarsi
dietro un altro nome). Di
lei rimangono solo tre
armoniosi sonetti in stile
siculo-provenzale.
Con l’avvento del Dolce
Stil Novo, la donna crebbe d’importanza non tanto come autrice di versi,
ma in quanto simbolo di
gentilezza e di virtù,
mezzo per elevarsi a Dio.
Ad ogni modo è da allora
che la donna entra nel
mondo della poesia.
Dobbiamo però arrivare
alla seconda metà del
XIV secolo per trovare
una presenza femminile
tra gli autori di cui ci è
stato tramandato il nome
e l’opera. Tra gli scrittori
di tematiche religiose
spicca una giovane donna, destinata ad essere
canonizzata: Caterina da
Siena (1347-1380) con
le Lettere e il Dialogo
della Divina Provvidenza.
Le donne e la letteratura
getta discredito su tutte
Quale peso hanno avuto le donne, da Eva alla
le donne nella cultura Marchesa di Monferrato
occidentale?
con tono intimidatorio
che non favoriva qualche
Conversando amichevol- poveretta intenzionata a
mente chissà quante vol- mettere mano alla penna.
te ci ha sfiorato questa Proseguendo nella ricercuriosità, ovvero il ruolo ca riscontriamo che i pridelle donne nella nostra mi documenti in lingua
storia letteraria? Se ci italiana trattano di argoaffidiamo ai ricordi sco- menti che poco si addilastici dobbiamo consta- cevano all’indole femmitare che pochissimi nomi nile: poemi di natura alfemminili tornano alla legorica o didascalica,
memoria, anzi tra i poemi epici, invettive
“Grandi” proprio nessu- politiche, canti goliardino. D’altronde, in epoche ci. La poesia d’amore,
in cui (salvo poche classi tema più congeniale
privilegiate) a fatica si all’animo femminile ebriusciva a mettere insie- be inizio in Italia su imime il pranzo con la cena, tazione della poesia prola cultura o anche il solo venzale ed acquisì indi“saper leggere e scrive- pendenza letteraria con i
re” era patrimonio di po- poeti della Scuola Sicichi uomini, perché alle liana. Mentre, però, in
donne, eccetto rare ecce- Provenza la presenza di
zioni, non veniva fornita poetesse non è del tutto
una educazione lettera- ignota, qui da noi non se
ria.
ne trova traccia. Unica
E’ curioso scoprire che eccezione, nel 1200, si
già in un testo del XII ha con una poetessa fiosecolo, dall’emblematico rentina, conosciuta con
titolo” Proverbi sulla lo pseudonimo di Comnatura delle donne”, un p i u t a
Donzella
poemetto (in quartine) si (significativo un nome
1
d’arte in un’epoca in cui
nessun poeta riteneva
opportuno schermarsi
dietro un altro nome). Di
lei rimangono solo tre
armoniosi sonetti in stile
siculo-provenzale.
Con l’avvento del Dolce
Stil Novo, la donna crebbe d’importanza non tanto come autrice di versi,
ma in quanto simbolo di
gentilezza e di virtù,
mezzo per elevarsi a Dio.
Ad ogni modo è da allora
che la donna entra nel
mondo della poesia.
Dobbiamo però arrivare
alla seconda metà del
XIV secolo per trovare
una presenza femminile
tra gli autori di cui ci è
stato tramandato il nome
e l’opera. Tra gli scrittori
di tematiche religiose
spicca una giovane donna, destinata ad essere
canonizzata: Caterina da
Siena (1347-1380) con
le Lettere e il Dialogo
della Divina Provvidenza.
Diritti delle donne
Successivamente nel XV
secolo, nella Firenze Medicea, troviamo tra gli
scrittori di sacre rappresentazioni: Antonia
Giannotti Pulci con la
sua Santa Guglielma.
Sposò il fratello del poeta Luigi Pulci, autore del
Morgante. E Alessandra
Macinghi Strozzi (1407
-1471), vedova di Matteo
Strozzi. Agli inizi del
secolo XVI viene citata
Tullia D’Aragona (1508
-1556), una cortigiana
nata a Roma ma vissuta
presso varie corti italiane. Di lei rimangono eleganti Rime (secondo i
canoni petrarcheschi)e
l’opera Dialogo della
infinità di amore. Secondo la critica letteraria
questi scritti non raggiungono un vero valore
letterario, almeno secondo il giudizio di studiosi
come Natalino Sapegno.
Penso, comunque, sia
doveroso ricordare qui i
nomi delle poetesse riportati nei libri di letteratura ad uso delle scuole.
-Barbara Torelli Strozzi
(1475-1533), gentildonna parmense. Ricordia-
mo un sonetto sulla morte del marito Ercole
Strozzi, assassinato pochi giorni dopo le nozze.
-Veronica Gambara
(1485-1551), contessa
bresciana, che andò sposa a Gilberto, signore di
Correggio. Scrisse rime
aderenti al linguaggio
petrarchesco, tutte dedicate al marito (in vita e
in morte di lui). Di lei
abbiamo sia sonetti che
raffinate canzoni.
- Vittoria Colonna (1490
- 1547) romana, moglie
del marchese di Pescara
(ebbe numerosi amici
intellettuali e artisti come
Michelangelo). Scrisse
anche lei rime di gusto
petrarchesco con un linguaggio elegante. Ci ha
lasciato un canzoniere
- Francesca Turrini Bufalini (umbra, di Città di
Castello) XVI secolo, di
lei scarse sono le notizie
sulla vita. Compose poesie sacre e delicate liriche petrarchesche
- Laura Terracina (1519
-1577), nobile napoletana. Seguì i moduli petrarcheschi. Scrisse le
rime(poesie di forti ac-
Diritti delle donne
Successivamente nel XV
secolo, nella Firenze Medicea, troviamo tra gli
scrittori di sacre rappresentazioni: Antonia
Giannotti Pulci con la
sua Santa Guglielma.
Sposò il fratello del poeta Luigi Pulci, autore del
Morgante. E Alessandra
Macinghi Strozzi (1407
-1471), vedova di Matteo
Strozzi. Agli inizi del
secolo XVI viene citata
Tullia D’Aragona (1508
-1556), una cortigiana
nata a Roma ma vissuta
presso varie corti italiane. Di lei rimangono eleganti Rime (secondo i
canoni petrarcheschi)e
l’opera Dialogo della
infinità di amore. Secondo la critica letteraria
questi scritti non raggiungono un vero valore
letterario, almeno secondo il giudizio di studiosi
come Natalino Sapegno.
Penso, comunque, sia
doveroso ricordare qui i
nomi delle poetesse riportati nei libri di letteratura ad uso delle scuole.
-Barbara Torelli Strozzi
(1475-1533), gentildonna parmense. Ricordia-
centi religiosi e morali)
-Isabella Morra (15201548) poetessa lucana
dalla breve e tragica esistenza. Figlia del feudatario di un piccolo borgo
lucano ( antica Favale)
nella valle del fiume Sinni. Dopo l’esilio del padre in Francia, rimane
prigioniera della prepotenza e ignoranza dei
fratelli. Nella solitudine
del castello paterno compose versi che esprimono
profonda amarezza e solitudine. Strinse una relazione intellettuale (più
che amorosa) con la
complicità del precettore,
con il poeta, il nobile
spagnolo Diego Sandoval De Castro, che aveva un possedimento confinante con il suo. Gelosi
di tale relazione i barbari
fratelli uccisero lei, il
precettore e il nobile presunto amante.
Ci lascia un breve Canzoniere di cui fa parte il
sonetto Siri che va oltre
l’imitazione del Petrarca
(i critici hanno ravvisato
nei suoi versi oltre al
2
mo un sonetto sulla morte del marito Ercole
Strozzi, assassinato pochi giorni dopo le nozze.
-Veronica Gambara
(1485-1551), contessa
bresciana, che andò sposa a Gilberto, signore di
Correggio. Scrisse rime
aderenti al linguaggio
petrarchesco, tutte dedicate al marito (in vita e
in morte di lui). Di lei
abbiamo sia sonetti che
raffinate canzoni.
- Vittoria Colonna (1490
- 1547) romana, moglie
del marchese di Pescara
(ebbe numerosi amici
intellettuali e artisti come
Michelangelo). Scrisse
anche lei rime di gusto
petrarchesco con un linguaggio elegante. Ci ha
lasciato un canzoniere
- Francesca Turrini Bufalini (umbra, di Città di
Castello) XVI secolo, di
lei scarse sono le notizie
sulla vita. Compose poesie sacre e delicate liriche petrarchesche
- Laura Terracina (1519
-1577), nobile napoletana. Seguì i moduli petrarcheschi. Scrisse le
rime(poesie di forti ac-
centi religiosi e morali)
-Isabella Morra (15201548) poetessa lucana
dalla breve e tragica esistenza. Figlia del feudatario di un piccolo borgo
lucano ( antica Favale)
nella valle del fiume Sinni. Dopo l’esilio del padre in Francia, rimane
prigioniera della prepotenza e ignoranza dei
fratelli. Nella solitudine
del castello paterno compose versi che esprimono
profonda amarezza e solitudine. Strinse una relazione intellettuale (più
che amorosa) con la
complicità del precettore,
con il poeta, il nobile
spagnolo Diego Sandoval De Castro, che aveva un possedimento confinante con il suo. Gelosi
di tale relazione i barbari
fratelli uccisero lei, il
precettore e il nobile presunto amante.
Ci lascia un breve Canzoniere di cui fa parte il
sonetto Siri che va oltre
l’imitazione del Petrarca
(i critici hanno ravvisato
nei suoi versi oltre al
2
Diritti delle donne
senso malinconico della
vita, (che parrebbe anticipare il pessimismo leopardiano), un accento
poetico nuovo che preannuncia una nuova epoca
letteraria.
- Chiara Matraini, lucchese nata nel 1514 e
vissuta fin quasi alla fine
del secolo. Di cui si dice
soltanto che scrisse rime
petrarchesche di carattere amoroso
- Gaspara Stampa (1523
-1554), padovana, trasferita a Venezia. Benchè di
modeste origini si integrò perfettamente con
l’ambiente mondano della città. Fu apprezzata
cantante e poetessa. (si
dette un nome poetico di
“Anassilla”, dall’Anaxus, nome latino del
fiume Piave. Intraprese
una breve relazione con
un nobile e per lui scrisse
il canzoniere, una sorta
di diario intimo a cui affidò i suoi stati d’animo
e i segreti del suo cuore.
I critici del Romanticismo la giudicarono quasi
una seconda Saffo. Scrisse secondo il corrente
gusto petrarchesco e rinascimentale, versi ricchi
3
Diritti delle donne
di musicalità e languida
tenerezza, uno stile decoroso e venato di una
schietta sensualità.
Proprio alla fine del secolo, quando comincia a
diffondersi un presentimento del gusto barocco,
ci imbattiamo in un’autrice di favole pastorali,
che venivano presentate
in teatro:
- Laura Guidiccioni
(1550-1599), lucchese,
moglie del compositore
Lucchesini, visse a Firenze alla corte dei Medici. Compose sulla sua
musica il Satiro e la disperazione di Fileno
- Isabella Andreini
(1562-11604) una poetessa padovana, anche
famosa attrice di teatro
che intrattenne rapporti
con i maggiori letterati
dell’epoca come il Tasso, il Marino. Nel Seicento, epoca contrassegnata dalla fissità delle
regole e del rigido formalismo, della quale
Leopardi disse: << l’Italia ebbe allora versi senza poesia>>. In questo
secolo scarsa è la presenza di nomi femminili
nella nostra letteratura,
infatti troviamo citate
solamente:
-Lucrezia Marinella nobile veneziana che scrisse in versi e in prosa. Di
lei si ricorda un poema
epico-religioso sulla IV
crociata, dal titolo Enrico, ovvero Bisanzio acquistato
-Margherita Sarrocchi,
colta poetessa napoletana
(morta a Roma nel
1618): Difese nei suoi
scritti le tesi di Galilei.
Di lei si citano le Lettere
e un poema Scanderbeide, pubblicato postumo
nel 1623.
Verso la fine del XVII
secolo la nascita dell’Arcadia fu di grande richiamo ad una vita più semplice, lontana dai fasti
dell’epoca barocca. Gli
iscritti cantavano una
vita idilliaca e propugnavano un modo di verseggiare aggraziato e musicale. Tra i letterati del
XVIII secolo solo poche
presenze femminili: Maria Selvaggia Borghini(1656-1731), pisana, poetessa e Accade-
senso malinconico della
vita, (che parrebbe anticipare il pessimismo leopardiano), un accento
poetico nuovo che preannuncia una nuova epoca
letteraria.
- Chiara Matraini, lucchese nata nel 1514 e
vissuta fin quasi alla fine
del secolo. Di cui si dice
soltanto che scrisse rime
petrarchesche di carattere amoroso
- Gaspara Stampa (1523
-1554), padovana, trasferita a Venezia. Benchè di
modeste origini si integrò perfettamente con
l’ambiente mondano della città. Fu apprezzata
cantante e poetessa. (si
dette un nome poetico di
“Anassilla”, dall’Anaxus, nome latino del
fiume Piave. Intraprese
una breve relazione con
un nobile e per lui scrisse
il canzoniere, una sorta
di diario intimo a cui affidò i suoi stati d’animo
e i segreti del suo cuore.
I critici del Romanticismo la giudicarono quasi
una seconda Saffo. Scrisse secondo il corrente
gusto petrarchesco e rinascimentale, versi ricchi
3
di musicalità e languida
tenerezza, uno stile decoroso e venato di una
schietta sensualità.
Proprio alla fine del secolo, quando comincia a
diffondersi un presentimento del gusto barocco,
ci imbattiamo in un’autrice di favole pastorali,
che venivano presentate
in teatro:
- Laura Guidiccioni
(1550-1599), lucchese,
moglie del compositore
Lucchesini, visse a Firenze alla corte dei Medici. Compose sulla sua
musica il Satiro e la disperazione di Fileno
- Isabella Andreini
(1562-11604) una poetessa padovana, anche
famosa attrice di teatro
che intrattenne rapporti
con i maggiori letterati
dell’epoca come il Tasso, il Marino. Nel Seicento, epoca contrassegnata dalla fissità delle
regole e del rigido formalismo, della quale
Leopardi disse: << l’Italia ebbe allora versi senza poesia>>. In questo
secolo scarsa è la presenza di nomi femminili
nella nostra letteratura,
infatti troviamo citate
solamente:
-Lucrezia Marinella nobile veneziana che scrisse in versi e in prosa. Di
lei si ricorda un poema
epico-religioso sulla IV
crociata, dal titolo Enrico, ovvero Bisanzio acquistato
-Margherita Sarrocchi,
colta poetessa napoletana
(morta a Roma nel
1618): Difese nei suoi
scritti le tesi di Galilei.
Di lei si citano le Lettere
e un poema Scanderbeide, pubblicato postumo
nel 1623.
Verso la fine del XVII
secolo la nascita dell’Arcadia fu di grande richiamo ad una vita più semplice, lontana dai fasti
dell’epoca barocca. Gli
iscritti cantavano una
vita idilliaca e propugnavano un modo di verseggiare aggraziato e musicale. Tra i letterati del
XVIII secolo solo poche
presenze femminili: Maria Selvaggia Borghini(1656-1731), pisana, poetessa e Accade-
Diritti delle donne
mica degli stravaganti,
tradusse dal latino le
opere di Tertulliano.
Scrisse numerosi sonetti
e canzoni.
-Faustina Maratti, poetessa e bellissima moglie
del poeta arcade Giambattista Zappi
- Isabella Pignone del
Carretto, Teresa Zani ,
Petronilla Paolina Massimi
Di loro come di tutte le
poetesse arcadi si ricordano versi bucolici.
Verso la fine del XVIII
secolo raggiunge una
certa notorietà la marchesa Eleonora De Fonseca Pimentel(17521799).
Nel XIX secolo, con la
poetica nuova e passionale del Romanticismo,
si trovano in mezzo a
tanti nomi di poeti anche
quelli delle poetesse o
scrittrici. Da menzionare
una scrittrice di novelle e
racconti di influsso manzoniano, ma che anticipano alcuni aspetti del
Verismo:
-Caterina Percoto(18121887), friulana. Tra le
sue opere vi sono i Racconti e le Novelle popo-
lari.
Del secondo Ottocento è
la milanese
-Anna Radius Zuccari
(1846-1918), conosciuta
come NEERA( pseudonimo tratto da eroine mitologiche) che scrisse
numerosi romanzi e libri
di poesie e racconti (in
parte autobiografici)
improntati ad uno stile
tardo-romantico.
Più famosa invece è la
scrittrice e giornalista,
nata a Patrasso, Grecia,
da padre italiano e madre
greca
-Matilde Serao, che fin
dalla primissima infanzia
(dal1860) andò a vivere
a Napoli. A 22 anni entrò
nella redazione del Corriere del Mattino, successivamente collaborò con
molti giornali dell’epoca.
Scrisse molti romanzi di
stile tardo-romantico e
verista, tra i più famosi Il
ventre di Napoli e Il
paese di cuccagna.
Curiosità anche per la
sua tragica fine suscitò la
figura di Evelina Cattermole Mancini (1849
Diritti delle donne
mica degli stravaganti,
tradusse dal latino le
opere di Tertulliano.
Scrisse numerosi sonetti
e canzoni.
-Faustina Maratti, poetessa e bellissima moglie
del poeta arcade Giambattista Zappi
- Isabella Pignone del
Carretto, Teresa Zani ,
Petronilla Paolina Massimi
Di loro come di tutte le
poetesse arcadi si ricordano versi bucolici.
Verso la fine del XVIII
secolo raggiunge una
certa notorietà la marchesa Eleonora De Fonseca Pimentel(17521799).
Nel XIX secolo, con la
poetica nuova e passionale del Romanticismo,
si trovano in mezzo a
tanti nomi di poeti anche
quelli delle poetesse o
scrittrici. Da menzionare
una scrittrice di novelle e
racconti di influsso manzoniano, ma che anticipano alcuni aspetti del
Verismo:
-Caterina Percoto(18121887), friulana. Tra le
sue opere vi sono i Racconti e le Novelle popo-
-1896), fiorentina, di padre scozzese, assassinata
dall’uomo con cui conviveva. Scrisse una raccolta di versi con lo pseudonimo di Contessa Lara.
Nel suo stile già si avverte il segno del prossimo
Decadentismo, specie
per l’Estetismo, per il
gusto dell’esotico, dell’erotismo e dei simboli. La
sua è una poesia di confessione autobiografica,
un diario confidenziale.
Una vena più realistica la
troviamo in Vittoria
Aganoor Pompili, padovana di origine armena.
Una famosissima scrittrice verista di questo periodo è stata Grazia Deledda(1871-1936), di
Nuoro che nel 1927 ricevette il premio Nobel per
la Letteratura. Ricordiamo tra i suoi romanzi:
Canne al vento, Cosima,
Marianna Sirca, Elias
Porolu.
Di scarso rilievo è l’opera della scrittrice Annie
Vivanti, nata a Londra
da padre italiano, allieva
di Giosuè Carducci,
scrittrice di romanzi e di
versi.
4
lari.
Del secondo Ottocento è
la milanese
-Anna Radius Zuccari
(1846-1918), conosciuta
come NEERA( pseudonimo tratto da eroine mitologiche) che scrisse
numerosi romanzi e libri
di poesie e racconti (in
parte autobiografici)
improntati ad uno stile
tardo-romantico.
Più famosa invece è la
scrittrice e giornalista,
nata a Patrasso, Grecia,
da padre italiano e madre
greca
-Matilde Serao, che fin
dalla primissima infanzia
(dal1860) andò a vivere
a Napoli. A 22 anni entrò
nella redazione del Corriere del Mattino, successivamente collaborò con
molti giornali dell’epoca.
Scrisse molti romanzi di
stile tardo-romantico e
verista, tra i più famosi Il
ventre di Napoli e Il
paese di cuccagna.
Curiosità anche per la
sua tragica fine suscitò la
figura di Evelina Cattermole Mancini (1849
-1896), fiorentina, di padre scozzese, assassinata
dall’uomo con cui conviveva. Scrisse una raccolta di versi con lo pseudonimo di Contessa Lara.
Nel suo stile già si avverte il segno del prossimo
Decadentismo, specie
per l’Estetismo, per il
gusto dell’esotico, dell’erotismo e dei simboli. La
sua è una poesia di confessione autobiografica,
un diario confidenziale.
Una vena più realistica la
troviamo in Vittoria
Aganoor Pompili, padovana di origine armena.
Una famosissima scrittrice verista di questo periodo è stata Grazia Deledda(1871-1936), di
Nuoro che nel 1927 ricevette il premio Nobel per
la Letteratura. Ricordiamo tra i suoi romanzi:
Canne al vento, Cosima,
Marianna Sirca, Elias
Porolu.
Di scarso rilievo è l’opera della scrittrice Annie
Vivanti, nata a Londra
da padre italiano, allieva
di Giosuè Carducci,
scrittrice di romanzi e di
versi.
4
Diritti delle donne
Nell’epoca dei poeti crepuscolari troviamo Amalia Guglielminetti (18811941), nata a Torino, famosa per la lunga relazione con il poeta Guido
Gozzano. Scrisse poesie
ricche di sensualità inquieta: Le vergini folli;
L’insonne; I serpenti di
Medusa di stile dannunziano.
Poetesa, invece, di buona
notorietà nella prima metà del XX secolo, è stata
Ada Negri(1870-1944),
lodigiana, di umili origini, che insegnò a lungo
come maestra nelle scuole statali. Tra le sue opere ricordiamo: Fatalità,
Tempesta, Maternità. I
suoi scritti sono da inserirsi nel filone della poesia “intimista” per la forte passionalità. Il suo
capolavoro è ritenuto Il
libro di Mara(1919), rievocazione di un tardivo
amore perduto. Nei lavori più maturi adottò moduli pascoliani e dannunziani nella produzione in
versi e nelle prose , il
romanzo Stella mattutina e in alcuni libri di novelle ha usato un tono
5
Diritti delle donne
più dimesso e autobiografico.
Più recente è l’opera di
Sibilla Aleramo, pseudonimo di Rina faccio
(Alessandria,1876-Roma
1960), autrice determinata, visse vicino agli ambienti culturali della sinistra ed aderì al movimento Comunista. Seguì
le innovazioni poetiche
del Novecento e si legò
sentimentalmente con
poeti quali Cardarelli,
Campana e Boine. Ebbe
un grande successo con
il suo primo romanzo
Una donna(1906)che
per la sua tematica la mise subito a capo di un
movimento femminista.
Scrisse numerose raccolte di versi, Momenti,
Poesie, Sì alla terra
(1934).
Nell’epoca contemporanea particolare attenzione meritano le poesie di
Antonia Pozzi(191219389, milanese, morta
suicida a soli ventisei
anni, di cui restano un
volume dedicato a Flaubert e una raccolta di
versi con la prefazione di
Montale, dal titolo Paro-
le (1930-1938).
Saggista e scrittrice di
molte opere di narrativa
è stata la fiorentina Anna
Banti, pseudonimo di
Lucia Lopresti (18951985)che nel 1955 ha
vinto il premio Viareggio con il romanzo Le
donne muoiono. Merita
attenzione ancheRenata
Viganò(Bologna 19001976) scrittrice precoce,
a soli 13 anni pubblica la
sua prima raccolta di
poesie Ginestra in fiore;
Piccola Fiamma;. Raggiunse la sua notorietà
col romanzo L’Agnese
va a morire(1949) di
impianto neorealistico
ispirato alla Resistenza,
Donne della Resistenza
(1955) 28 ritratti di antifasciste bolognesi cadute; Matrimonio in brigata(1976), raccolta di racconti partigiani. Autrice
prevalentemente anch’ella di romanzi è stata Elsa
Morante(Roma 19181985).Di lei ricordiamo
L’isola di Arturo e La
Nell’epoca dei poeti crepuscolari troviamo Amalia Guglielminetti (18811941), nata a Torino, famosa per la lunga relazione con il poeta Guido
Gozzano. Scrisse poesie
ricche di sensualità inquieta: Le vergini folli;
L’insonne; I serpenti di
Medusa di stile dannunziano.
Poetesa, invece, di buona
notorietà nella prima metà del XX secolo, è stata
Ada Negri(1870-1944),
lodigiana, di umili origini, che insegnò a lungo
come maestra nelle scuole statali. Tra le sue opere ricordiamo: Fatalità,
Tempesta, Maternità. I
suoi scritti sono da inserirsi nel filone della poesia “intimista” per la forte passionalità. Il suo
capolavoro è ritenuto Il
libro di Mara(1919), rievocazione di un tardivo
amore perduto. Nei lavori più maturi adottò moduli pascoliani e dannunziani nella produzione in
versi e nelle prose , il
romanzo Stella mattutina e in alcuni libri di novelle ha usato un tono
5
più dimesso e autobiografico.
Più recente è l’opera di
Sibilla Aleramo, pseudonimo di Rina faccio
(Alessandria,1876-Roma
1960), autrice determinata, visse vicino agli ambienti culturali della sinistra ed aderì al movimento Comunista. Seguì
le innovazioni poetiche
del Novecento e si legò
sentimentalmente con
poeti quali Cardarelli,
Campana e Boine. Ebbe
un grande successo con
il suo primo romanzo
Una donna(1906)che
per la sua tematica la mise subito a capo di un
movimento femminista.
Scrisse numerose raccolte di versi, Momenti,
Poesie, Sì alla terra
(1934).
Nell’epoca contemporanea particolare attenzione meritano le poesie di
Antonia Pozzi(191219389, milanese, morta
suicida a soli ventisei
anni, di cui restano un
volume dedicato a Flaubert e una raccolta di
versi con la prefazione di
Montale, dal titolo Paro-
le (1930-1938).
Saggista e scrittrice di
molte opere di narrativa
è stata la fiorentina Anna
Banti, pseudonimo di
Lucia Lopresti (18951985)che nel 1955 ha
vinto il premio Viareggio con il romanzo Le
donne muoiono. Merita
attenzione ancheRenata
Viganò(Bologna 19001976) scrittrice precoce,
a soli 13 anni pubblica la
sua prima raccolta di
poesie Ginestra in fiore;
Piccola Fiamma;. Raggiunse la sua notorietà
col romanzo L’Agnese
va a morire(1949) di
impianto neorealistico
ispirato alla Resistenza,
Donne della Resistenza
(1955) 28 ritratti di antifasciste bolognesi cadute; Matrimonio in brigata(1976), raccolta di racconti partigiani. Autrice
prevalentemente anch’ella di romanzi è stata Elsa
Morante(Roma 19181985).Di lei ricordiamo
L’isola di Arturo e La
Diritti delle donne
storia. La sua poesia
Alibi e Il mondo salvato
dai ragazzini. Aderì
all’area di sinistra e al
neorealismo.
Tra le autrici scomparse
di recente ricordiamo
Lalla Romano(19062001) Nasce in provincia di Cuneo, iscritta al
partito d’Azione, prese
parte attiva alla Resistenza, esperienza i cui
echi confluirono in molte sue opere. Poetessa,
narratrice, pittrice e critica d’arte. Di lei vi sono
raccolte di poesie, Fiore,
L’autunno, Tetto murato, L’uomo che parlava solo. Tra le opere
di narrativa: Le metamorfosi, in atmosfera
surrealista e simbolista.
Una tematica costante di
Lalla Romano è l’indagine nella memoria. E
ancora:
Natalia Levi Ginzburg (Palermo
1916Roma
1991)autrice di
romanzi e raccon . La sua vita
dopo il matrimonio con l’an fa-
scista
Leone
Ginzburg si svolse tu"a all’insegna dell’an fascismo militante.
Passò gli anni tra
il 1940 e il 1943
al confino in un
paesino dell’Abruzzo. Tra le
sue opere ricordiamo
Lessico
familiare con cui
vinse il Premio
Strega nel 1963,
Valen no,
La
famiglia Manzoni
Margherita Guidacci (Firenze 19211992), docente
di Lingua e le"eratura inglese al
Magistero a Roma, ha pubblicato numerosi libri
di poesie, come
La sabbia e l’angelo, Poesie per
i poe , Il buio e
lo splendore in
cui porta una
forte esperienza
religiosa in uno
s le che ricorda
l’este smo rarefa"o.
Oriana Fallaci( Firenze 1929-2006).
Figlia di un an fascista, partecipa giovanissima
al
movimento
della Resistenza,
Gius zia e Libertà,
come
staffe"a. Esordisce come giornalista negli anni
cinquanta come
corrispondente
di guerra negli
anni
Se"anta.
Nel 1975 pubblica Le era ad un
bambino
mai
nato; Un uomo
(1979); Inshallah
(1990). Nel 2008
viene pubblicato
postumo il suo
ul mo libro Un
6
Diritti delle donne
storia. La sua poesia
Alibi e Il mondo salvato
dai ragazzini. Aderì
all’area di sinistra e al
neorealismo.
Tra le autrici scomparse
di recente ricordiamo
Lalla Romano(19062001) Nasce in provincia di Cuneo, iscritta al
partito d’Azione, prese
parte attiva alla Resistenza, esperienza i cui
echi confluirono in molte sue opere. Poetessa,
narratrice, pittrice e critica d’arte. Di lei vi sono
raccolte di poesie, Fiore,
L’autunno, Tetto murato, L’uomo che parlava solo. Tra le opere
di narrativa: Le metamorfosi, in atmosfera
surrealista e simbolista.
Una tematica costante di
Lalla Romano è l’indagine nella memoria. E
ancora:
Natalia Levi Ginzburg (Palermo
1916Roma
1991)autrice di
romanzi e raccon . La sua vita
dopo il matrimonio con l’an fa-
scista
Leone
Ginzburg si svolse tu"a all’insegna dell’an fascismo militante.
Passò gli anni tra
il 1940 e il 1943
al confino in un
paesino dell’Abruzzo. Tra le
sue opere ricordiamo
Lessico
familiare con cui
vinse il Premio
Strega nel 1963,
Valen no,
La
famiglia Manzoni
Margherita Guidacci (Firenze 19211992), docente
di Lingua e le"eratura inglese al
Magistero a Roma, ha pubblicato numerosi libri
di poesie, come
La sabbia e l’angelo, Poesie per
i poe , Il buio e
lo splendore in
cui porta una
forte esperienza
religiosa in uno
s le che ricorda
l’este smo rarefa"o.
Oriana Fallaci( Firenze 1929-2006).
Figlia di un an fascista, partecipa giovanissima
al
movimento
della Resistenza,
Gius zia e Libertà,
come
staffe"a. Esordisce come giornalista negli anni
cinquanta come
corrispondente
di guerra negli
anni
Se"anta.
Nel 1975 pubblica Le era ad un
bambino
mai
nato; Un uomo
(1979); Inshallah
(1990). Nel 2008
viene pubblicato
postumo il suo
ul mo libro Un
6
Diritti delle donne
GIE.
Amelia Rosselli, nata
nel 1930 a Parigi
dall’esule an fascista
Carlo Rosselli, ha vissuto in Francia, Inghilterra e a Roma
dove è morta suicida
nel 1998. Nella sua
poesia si intrecciano
gli influssi dei simbolis francesi e dei
poe italiani del Novecento: Tra le sue
produzioni ricordiamo Variazione bellica, Serie ospedaliera, La libellula, Sleep
Alda
Merini
(Milano1931-2009).
La sua è stata una
vita abbastanza travagliata e al limite
della pazzia. La sua
produzione poe ca
sopra"u"o è vas ssima. Molte raccolte
di poesie: Paura di
Dio (1955); Nozze
romane; La pazza
della porta accanto;
Des na a morire;
7
Diritti delle donne
Poesie (1971); Le rime petrose ; Le più
belle poesie; Vuoto
d’amore1991; Le briglie d’oro(2005).
GIE.
Amelia Rosselli, nata
nel 1930 a Parigi
dall’esule an fascista
Carlo Rosselli, ha vissuto in Francia, Inghilterra e a Roma
dove è morta suicida
nel 1998. Nella sua
poesia si intrecciano
gli influssi dei simbolis francesi e dei
poe italiani del Novecento: Tra le sue
produzioni ricordiamo Variazione bellica, Serie ospedaliera, La libellula, Sleep
Alda
Merini
(Milano1931-2009).
La sua è stata una
vita abbastanza travagliata e al limite
della pazzia. La sua
produzione poe ca
sopra"u"o è vas ssima. Molte raccolte
di poesie: Paura di
Dio (1955); Nozze
romane; La pazza
della porta accanto;
Des na a morire;
Questo lavoro, che non
ha la pretesa di un compendio esaustivo, vuol
essere, invece, una semplice carrellata di nomi
al femminile, un omaggio alle donne che ancora oggi stentano ad avere
un adeguato rilievo e il
giusto riconoscimento
nell’ambito della storia
letteraria nostrana. Sicura che l’elenco non possa
esaurirsi in queste poche
pagine, auspico di poterlo ampliare e approfondire prossimamente con il
contributo di tutti quelli
che amano la lettura.
Isabella
(docente)
Palazzo
7
Poesie (1971); Le rime petrose ; Le più
belle poesie; Vuoto
d’amore1991; Le briglie d’oro(2005).
Questo lavoro, che non
ha la pretesa di un compendio esaustivo, vuol
essere, invece, una semplice carrellata di nomi
al femminile, un omaggio alle donne che ancora oggi stentano ad avere
un adeguato rilievo e il
giusto riconoscimento
nell’ambito della storia
letteraria nostrana. Sicura che l’elenco non possa
esaurirsi in queste poche
pagine, auspico di poterlo ampliare e approfondire prossimamente con il
contributo di tutti quelli
che amano la lettura.
Isabella
(docente)
Palazzo
Racconti
Racconti
Vita da cani
Un giovane nordcoreano recluso in un campo di concentramento tenta la fuga, ma
fallisce e muore ingoiato dalle
acque del fiume.
Salvo per miracolo, dopo una
notte passata nell’incubo del
bosco, Minho decise grazie
alla luce del giorno e alla corrente debole di attraversare la
foce del fiume Han. Avvicinandosi al grande specchio
d’acqua che si muoveva leggermente per la brezza e facendo attenzione a non inciampare sui sassi, si guardò
attorno con la speranza di
scorgere una barca abbandonata. Rimasto deluso, si sedette disorientato sulla riva e
all’improvviso si sentì sfinito
e affamato. Si prese la testa
fra le mani cercando di eliminare le orribili immagini delle
esperienze di qualche giorno
prima. Aveva le mani graffiate, i piedi scalzi, le gambe
piene di tagli. Guardò per
un’ultima volta verso il fiume
e, stringendo i pugni, si alzò
barcollando. Non aveva niente
da perdere ormai e non aveva
più paura. Con un salto si
ritrovò sott’acqua e ma si pentì subito di quello che aveva
appena fatto sentendosi impotente di fronte alla corrente
che aumentava sempre più.
Rabbrividì davanti al macabro
e nauseante spettacolo che si
presentò ai suoi occhi: decine
di cadaveri giacevano sul fondale, ma si fece coraggio e
con una spinta riuscì a guadagnare la superficie dell’acqua
torbida. Si guardò indietro e
sentì forti gli ululati dei cani
della polizia, li immaginava
veloci, ferocissimi, con gli
occhi iniettati di sangue, che
correvano al fianco dei militari nord coreani altrettanto
rapidi; a quel punto non aspettò un secondo di più, rimise la
testa sott’acqua, nuotò a lungo
pensando alla vita che l’aspettava potendo arrivare sull’altra sponda. Aveva pianificato
da mesi di evadere da Hwasong, il campo di concentr
amento 16, aveva studiato a
lungo le tattiche adottate da
Shin Donghyuk, l’unica persona riuscita ad evadere da
una prigione nordcoreana;
sentì il suo cuore battere forte
al pensiero dei tunnel sotterranei che permettevano il passaggio di 30 mila soldati
all’ora. Era quasi sbalordito
del fatto che i poliziotti a
guardia del campo non l’avessero ancora preso, forse stavano guadagnando tempo o forse volevano ancora divertirsi.
Dopo un tempo indeterminato
si fermò cercando di restare a
galla nonostante i muscoli
indolenziti. Le nuvole scivolavano pigramente sul cielo
azzurro, in lontananza poteva
scorgere i grattacieli di una
città, dietro, la sottile striscia
di bosco silenzioso lo intimi-
Vita da cani
diva e lo incitava ad allontanarsi velocemente, ma non
riusciva più a muoversi, il
tempo sembrava essersi fermato. Rivolse di nuovo lo
sguardo verso la sua destinazione e non si accorse delle
ombre furtive che disturbavano la tranquillità del bosco.
Con un boato improvviso
l’acqua attorno a lui si colorò
di rosso. Vari latrati si mescolavano alle risate disumane e
irritanti dei suoi inseguitori.
Minho ebbe una fitta al cuore,
girò gli occhi al cielo e notò
che stava diventando sempre
più nero. Si ammutolì cessando di respirare, mentre l’acqua torbida lo accoglieva tra
le sue gelide braccia.
Polisciuc Ana 5^D
8
Un giovane nordcoreano recluso in un campo di concentramento tenta la fuga, ma
fallisce e muore ingoiato dalle
acque del fiume.
Salvo per miracolo, dopo una
notte passata nell’incubo del
bosco, Minho decise grazie
alla luce del giorno e alla corrente debole di attraversare la
foce del fiume Han. Avvicinandosi al grande specchio
d’acqua che si muoveva leggermente per la brezza e facendo attenzione a non inciampare sui sassi, si guardò
attorno con la speranza di
scorgere una barca abbandonata. Rimasto deluso, si sedette disorientato sulla riva e
all’improvviso si sentì sfinito
e affamato. Si prese la testa
fra le mani cercando di eliminare le orribili immagini delle
esperienze di qualche giorno
prima. Aveva le mani graffiate, i piedi scalzi, le gambe
piene di tagli. Guardò per
un’ultima volta verso il fiume
e, stringendo i pugni, si alzò
barcollando. Non aveva niente
da perdere ormai e non aveva
più paura. Con un salto si
ritrovò sott’acqua e ma si pentì subito di quello che aveva
appena fatto sentendosi impotente di fronte alla corrente
che aumentava sempre più.
Rabbrividì davanti al macabro
e nauseante spettacolo che si
presentò ai suoi occhi: decine
di cadaveri giacevano sul fondale, ma si fece coraggio e
con una spinta riuscì a guadagnare la superficie dell’acqua
torbida. Si guardò indietro e
sentì forti gli ululati dei cani
della polizia, li immaginava
veloci, ferocissimi, con gli
occhi iniettati di sangue, che
correvano al fianco dei militari nord coreani altrettanto
rapidi; a quel punto non aspettò un secondo di più, rimise la
testa sott’acqua, nuotò a lungo
pensando alla vita che l’aspettava potendo arrivare sull’altra sponda. Aveva pianificato
da mesi di evadere da Hwasong, il campo di concentr
amento 16, aveva studiato a
lungo le tattiche adottate da
Shin Donghyuk, l’unica persona riuscita ad evadere da
una prigione nordcoreana;
sentì il suo cuore battere forte
al pensiero dei tunnel sotterranei che permettevano il passaggio di 30 mila soldati
all’ora. Era quasi sbalordito
del fatto che i poliziotti a
guardia del campo non l’avessero ancora preso, forse stavano guadagnando tempo o forse volevano ancora divertirsi.
Dopo un tempo indeterminato
si fermò cercando di restare a
galla nonostante i muscoli
indolenziti. Le nuvole scivolavano pigramente sul cielo
azzurro, in lontananza poteva
scorgere i grattacieli di una
città, dietro, la sottile striscia
di bosco silenzioso lo intimi-
diva e lo incitava ad allontanarsi velocemente, ma non
riusciva più a muoversi, il
tempo sembrava essersi fermato. Rivolse di nuovo lo
sguardo verso la sua destinazione e non si accorse delle
ombre furtive che disturbavano la tranquillità del bosco.
Con un boato improvviso
l’acqua attorno a lui si colorò
di rosso. Vari latrati si mescolavano alle risate disumane e
irritanti dei suoi inseguitori.
Minho ebbe una fitta al cuore,
girò gli occhi al cielo e notò
che stava diventando sempre
più nero. Si ammutolì cessando di respirare, mentre l’acqua torbida lo accoglieva tra
le sue gelide braccia.
Polisciuc Ana 5^D
8
Racconti di donne
Racconti di donne
La mano di Fatima
va i loro piedi nudi e che quella mano fosse magi-
va i loro piedi nudi e che quella mano fosse magi-
Sogni infranti di donne e complicava il loro cam- ca, capace di infondere
Sogni infranti di donne e complicava il loro cam- ca, capace di infondere
uomini costretti a lascia- mino già travagliato.
re la propria terra per C’ero anch’io in quella
sottrarsi agli orrori della notte cupa e misteriosa,
guerra e che vengono tra innumerevoli spiriti
ingoiati dal “mare no- erranti e senza patria,
fingevo di non sentire la
strum”
fatica che indeboliva il
Una luce fioca illumina- mio corpo e
il dolore
va la riva, delineava il atroce che lacerava il
profilo di un paesaggio mio spirito; guardavo il
tanto caro, Tripoli: cer- cielo, stringendo sempre
tezza del passato e ricor- più forte le mie mani per
do confuso del futuro. Su proteggere l’unico ricorquella riva migliaia di do della mia famiglia.
uomini, donne e bambini Difendevo con tutte le
avanzavano
con
passi mie forze un ciondolo, la
lenti, silenziosi, sommer- Mano di Fatima, che i
si da pensieri, paure, miei genitori mi avevano
preoccupazioni.
Erano regalato in occasione del
esseri fragili, così inno- mio diciottesimo comcenti
da
non
curarsi pleanno, convinti che mi
dell’ambiente degradato avrebbe preservato dalle
che li circondava, della atrocità della vita. Mi
terra fangosa che ricopri- piaceva
9
La mano di Fatima
pensare
che
speranza e gioia.
Trascinata dall’ondeggiare della folla, con lo
sguardo rapito dalla maestosità dell’orizzonte
raggiunsi una barca di
legno, deteriorata dal
mare, dal vento e dalle
intemperie, sulla quale i
passeggeri erano stipati
come merci scartate.
Guardavo attonita quella
distesa umana, quella
gente privata della dignità, quando fui richiamata
dalla voce roca e fastidiosa di un uomo dall’aspetto gretto e meschino,
dagli occhi strabordanti
di malvagità, che ci intimava di non fiatare e di
non muoverci. La sua
mano viscida mi prese
avidamente i soldi che
tenevo nella piccola tasca della mia felpa. Sembrava inverosimile che
tante anime in fuga riponessero il loro barlume
uomini costretti a lascia- mino già travagliato.
re la propria terra per C’ero anch’io in quella
sottrarsi agli orrori della notte cupa e misteriosa,
guerra e che vengono tra innumerevoli spiriti
ingoiati dal “mare no- erranti e senza patria,
fingevo di non sentire la
strum”
fatica che indeboliva il
Una luce fioca illumina- mio corpo e
il dolore
va la riva, delineava il atroce che lacerava il
profilo di un paesaggio mio spirito; guardavo il
tanto caro, Tripoli: cer- cielo, stringendo sempre
tezza del passato e ricor- più forte le mie mani per
do confuso del futuro. Su proteggere l’unico ricorquella riva migliaia di do della mia famiglia.
uomini, donne e bambini Difendevo con tutte le
avanzavano
con
passi mie forze un ciondolo, la
lenti, silenziosi, sommer- Mano di Fatima, che i
si da pensieri, paure, miei genitori mi avevano
preoccupazioni.
Erano regalato in occasione del
esseri fragili, così inno- mio diciottesimo comcenti
da
non
curarsi pleanno, convinti che mi
dell’ambiente degradato avrebbe preservato dalle
che li circondava, della atrocità della vita. Mi
terra fangosa che ricopri- piaceva
9
pensare
che
speranza e gioia.
Trascinata dall’ondeggiare della folla, con lo
sguardo rapito dalla maestosità dell’orizzonte
raggiunsi una barca di
legno, deteriorata dal
mare, dal vento e dalle
intemperie, sulla quale i
passeggeri erano stipati
come merci scartate.
Guardavo attonita quella
distesa umana, quella
gente privata della dignità, quando fui richiamata
dalla voce roca e fastidiosa di un uomo dall’aspetto gretto e meschino,
dagli occhi strabordanti
di malvagità, che ci intimava di non fiatare e di
non muoverci. La sua
mano viscida mi prese
avidamente i soldi che
tenevo nella piccola tasca della mia felpa. Sembrava inverosimile che
tante anime in fuga riponessero il loro barlume
Racconti di donne
di speranza in quel tra- avevano distrutto la mia poco a poco la nostra
imbarcazione e un’onda
ghettatore senza cuore. famiglia.
Racconti di donne
di speranza in quel tra- avevano distrutto la mia poco a poco la nostra
imbarcazione e un’onda
ghettatore senza cuore. famiglia.
D’improvviso, su quella Con questo pensiero, mi anomala, dalla violenza
D’improvviso, su quella Con questo pensiero, mi anomala, dalla violenza
barca, eravamo diventati abbandonai ad un pianto inaudita, fece naufragare
barca, eravamo diventati abbandonai ad un pianto inaudita, fece naufragare
tutti compagni di viag- che era al tempo stesso in un istante i sogni di
tutti compagni di viag- che era al tempo stesso in un istante i sogni di
gio, con vite diverse ma pieno di speranza, di so- un’intera esistenza. Sen-
gio, con vite diverse ma pieno di speranza, di so- un’intera esistenza. Sen-
con destini comuni. Fa- gni, il balsamo che ri- tivo la forza venirmi me-
con destini comuni. Fa- gni, il balsamo che ri- tivo la forza venirmi me-
cendomi spazio tra i cor- margina le ferite e che no, assistevo impotente
cendomi spazio tra i cor- margina le ferite e che no, assistevo impotente
pi affaticati dei miei nuo- dona il coraggio di af- al mio destino ma, strin-
pi affaticati dei miei nuo- dona il coraggio di af- al mio destino ma, strin-
vi amici, mi rannicchiai frontare gli ostacoli della gendo sempre più forte
vi amici, mi rannicchiai frontare gli ostacoli della gendo sempre più forte
in un cantuccio, deside- vita. Mi sembrò di riper- la Mano di Fatima, non
in un cantuccio, deside- vita. Mi sembrò di riper- la Mano di Fatima, non
rosa di isolarmi da quella correre la mia infanzia, avevo paura. In quell’o-
rosa di isolarmi da quella correre la mia infanzia, avevo paura. In quell’o-
realtà di urla, gemiti e l’adolescenza, i momen- scurità la mia anima è
realtà di urla, gemiti e l’adolescenza, i momen- scurità la mia anima è
lamenti per assaporare ti felici e spensierati di diventata un’onda… che
lamenti per assaporare ti felici e spensierati di diventata un’onda… che
nella mia mente, la dol- un passato che si era dis- porta le speranze dei mi-
nella mia mente, la dol- un passato che si era dis- porta le speranze dei mi-
cezza della libertà.
solto rapidamente e che granti lontano, verso una
La barca cominciò a era
diventato
soltanto terra idilliaca di pace e
muoversi, ad allontanarsi un’immagine evanescen- libertà.
inesorabilmente
solto rapidamente e che granti lontano, verso una
La barca cominciò a era
diventato
soltanto terra idilliaca di pace e
muoversi, ad allontanarsi un’immagine evanescen- libertà.
dalla te.
riva che rappresentava la Improvvisamente
cezza della libertà.
inesorabilmente
una
dalla te.
riva che rappresentava la Improvvisamente
una
mia Patria, una terra ge- folata di vento mi riportò Manuela Ferroni
mia Patria, una terra ge- folata di vento mi riportò Manuela Ferroni
nerosa che mi aveva dato alla realtà: il freddo co- 5D
nerosa che mi aveva dato alla realtà: il freddo co- 5D
la vita, che mi aveva per- minciava a penetrarmi
la vita, che mi aveva per- minciava a penetrarmi
messo di crescere, una nelle ossa, a raggelare il
messo di crescere, una nelle ossa, a raggelare il
terra diventata a poco a poco calore che ancora
terra diventata a poco a poco calore che ancora
poco tirannica, causa di riempiva il mio cuore. Il
poco tirannica, causa di riempiva il mio cuore. Il
sofferenze e violenze che mare grosso inghiottiva a
sofferenze e violenze che mare grosso inghiottiva a
10
10
Racconti di donne
Racconti di donne
Un’identità negata
In una notte di settembre
in cui la luna piena illumina il mare, in un angolo remoto della costa siciliana, lo specchio d’acqua riflette la mia immagine : il mio viso mi appare strano, ma non è
questo che mi turba.
A preoccuparmi è un
pensiero che si fa sempre
più insistente: dove sarà
lui? Lui che amo più della mia vita, che è così
lontano da me, mentre io
sono appena approdata su
una nuova terra. Spero
che stia bene, ma là dove
c’è la guerra non hai più
certezze: non sai mai se
vedrai nuovamente sorgere il sole e non puoi
far altro che sperare. Finalmente ce l’ho fatta,
sono scappata a bordo di
uno di quei barconi affollati di migranti e adesso
sono qui, sono salva in
una terra straniera. Il
passato non si dimentica,
è parte di noi, ed io non
voglio dimenticare i caldi
raggi del sole libico, le
corse attraverso le aride
11
terre, per procurarsi un
sorso d’acqua, la mia
famiglia, l’uomo
che
amo. Non voglio dimenticare niente, nemmeno il
rumore delle bombe che
cadono, e che producono
un suono che entra nelle
orecchie e scende sempre
più giù, arriva al cuore, ti
entra nelle viscere, ti penetra fino alle ossa: è un
rumore che ti cambia per
sempre.
Mentre penso a tutto
questo, calde lacrime scivolano lungo le mie
guance, scendono da occhi a cui manca la luce,
occhi profondi più del
mare ma vuoti perché
sanno di non potere vedere più la mia Africa. Ecco
cosa manca: il mio cuore
che non ha mai abbandonato la Libia. La fuga
non è stata una mia scelta: il mio uomo ha voluto
che fuggissi, mi ha obbligata a scappare, mi ha
persino pagato il biglietto. L’ha fatto per il mio
bene, ma non mi ha dato
il tempo di portare niente
con me, ecco perché una
parte di me è ancora le-
gata al Paese che ho dovuto abbandonare.
Mi sento colpevole di
essere andata via senza
poter salutare i miei cari,
nemmeno la mia cara
nonna, la persona più importante, perché mi ha
regalato i veri valori della
vita. Il mio cuore piange
al pensiero che non la
rivedrò più, anche se riuscisse a sopravvivere alla
guerra, sarebbe troppo
anziana per affrontare un
viaggio così lungo per
raggiungermi in Italia.
E’ tutta colpa delle guerre! Ce ne sono così tante
in Africa, sono mostri
che distruggono tutto e
tutti; se non si viene uccisi si resta soli, ridotti
come schiavi, alienati,
sottomessi ai potenti. A
spingermi a fuggire è stata la speranza, unica amica consolatrice, la speranza di trovare un mondo migliore, un mondo di
pace dove un giorno potrà, forse, raggiungermi il
mio amato sposo. A questo bimbo che porto in
grembo, quale futuro potrò dare?
Un’identità negata
In una notte di settembre
in cui la luna piena illumina il mare, in un angolo remoto della costa siciliana, lo specchio d’acqua riflette la mia immagine : il mio viso mi appare strano, ma non è
questo che mi turba.
A preoccuparmi è un
pensiero che si fa sempre
più insistente: dove sarà
lui? Lui che amo più della mia vita, che è così
lontano da me, mentre io
sono appena approdata su
una nuova terra. Spero
che stia bene, ma là dove
c’è la guerra non hai più
certezze: non sai mai se
vedrai nuovamente sorgere il sole e non puoi
far altro che sperare. Finalmente ce l’ho fatta,
sono scappata a bordo di
uno di quei barconi affollati di migranti e adesso
sono qui, sono salva in
una terra straniera. Il
passato non si dimentica,
è parte di noi, ed io non
voglio dimenticare i caldi
raggi del sole libico, le
corse attraverso le aride
11
terre, per procurarsi un
sorso d’acqua, la mia
famiglia, l’uomo
che
amo. Non voglio dimenticare niente, nemmeno il
rumore delle bombe che
cadono, e che producono
un suono che entra nelle
orecchie e scende sempre
più giù, arriva al cuore, ti
entra nelle viscere, ti penetra fino alle ossa: è un
rumore che ti cambia per
sempre.
Mentre penso a tutto
questo, calde lacrime scivolano lungo le mie
guance, scendono da occhi a cui manca la luce,
occhi profondi più del
mare ma vuoti perché
sanno di non potere vedere più la mia Africa. Ecco
cosa manca: il mio cuore
che non ha mai abbandonato la Libia. La fuga
non è stata una mia scelta: il mio uomo ha voluto
che fuggissi, mi ha obbligata a scappare, mi ha
persino pagato il biglietto. L’ha fatto per il mio
bene, ma non mi ha dato
il tempo di portare niente
con me, ecco perché una
parte di me è ancora le-
gata al Paese che ho dovuto abbandonare.
Mi sento colpevole di
essere andata via senza
poter salutare i miei cari,
nemmeno la mia cara
nonna, la persona più importante, perché mi ha
regalato i veri valori della
vita. Il mio cuore piange
al pensiero che non la
rivedrò più, anche se riuscisse a sopravvivere alla
guerra, sarebbe troppo
anziana per affrontare un
viaggio così lungo per
raggiungermi in Italia.
E’ tutta colpa delle guerre! Ce ne sono così tante
in Africa, sono mostri
che distruggono tutto e
tutti; se non si viene uccisi si resta soli, ridotti
come schiavi, alienati,
sottomessi ai potenti. A
spingermi a fuggire è stata la speranza, unica amica consolatrice, la speranza di trovare un mondo migliore, un mondo di
pace dove un giorno potrà, forse, raggiungermi il
mio amato sposo. A questo bimbo che porto in
grembo, quale futuro potrò dare?
Racconti di donne
Avrà i colori della Libia,
che forse lui non vedrà
mai, ma spero potrà crescere in un mondo diverso, dove sarà considerato
come persona con gli
stessi diritti degli altri,
anche nella sua diversità.
Intanto spunta l’alba di
un nuovo giorno, nella
luce del cielo che sta rischiarando vado incontro
al mio destino col cuore
pieno di paura, ma anche
di fiducia verso un nuovo
domani migliore.
Racconti di donne
Avrà i colori della Libia,
che forse lui non vedrà
mai, ma spero potrà crescere in un mondo diverso, dove sarà considerato
come persona con gli
stessi diritti degli altri,
anche nella sua diversità.
Intanto spunta l’alba di
un nuovo giorno, nella
luce del cielo che sta rischiarando vado incontro
Giacomini Elena 5^D
12
al mio destino col cuore
pieno di paura, ma anche
di fiducia verso un nuovo
domani migliore.
Giacomini Elena 5^D
12
Racconti di donne
Racconti di donne
Fuga dall’Egitto
Un titolo biblico che nasconde in realtà un breve
racconto di violenze subite da una donna
Fuggo dalla mia madre
terra, l’Egitto, dai miei
figli, che non potrò più
rivedere, dalle mie abitudini, scappo soprattutto
da mio marito, un mostro
che da tempo si nutre
solo di alcool e violenza,
quel demonio che ogni
sera, dopo essersi ubriacato tornava a casa e mi
picchiava, senza ragione,
sfogando tutta la rabbia e
la violenza che covava
tutto il giorno facendo
una vita da accattone.
Nascosta nel montacarichi di un furgone, porto
13
con me tutto il mio coraggio e la voglia di sottrarmi ad una vita di soprusi
e cattiverie, ad una esistenza che ti annienta
nell’identità e che ti impone di sopravvivere strisciando, attenta a non fare il minimo rumore per
non disturbare il mostro
che dorme al tuo fianco,
che è sempre in agguato,
pronto a colpirti e non
solo nel corpo, e che ti
riduce ad una larva umana.
Quanto coraggio e quanta forza d’animo ho dovuto raccogliere in me
per fare questo angoscioso passo, diretta verso
una meta lontana, la
Francia, forse il Belgio,
Fuga dall’Egitto
uno dei pochi luoghi dove mio marito non potrà
trovarmi, rinunciando per
sempre ai miei figli, per
una nuova identità e una
nuova esistenza che so
già non essere facile.
Sono pronta a ricominciare tentando di cancellare
il mio passato; tuttavia,
ciò che non potrò mai
davvero cancellare sono,
insieme alle cicatrici che
porto sul mio viso, il ricordo sempre vivo dei
miei bambini che ho dovuto abbandonare.
Dafny 5^D
Un titolo biblico che nasconde in realtà un breve
racconto di violenze subite da una donna
Fuggo dalla mia madre
terra, l’Egitto, dai miei
figli, che non potrò più
rivedere, dalle mie abitudini, scappo soprattutto
da mio marito, un mostro
che da tempo si nutre
solo di alcool e violenza,
quel demonio che ogni
sera, dopo essersi ubriacato tornava a casa e mi
picchiava, senza ragione,
sfogando tutta la rabbia e
la violenza che covava
tutto il giorno facendo
una vita da accattone.
Nascosta nel montacarichi di un furgone, porto
13
con me tutto il mio coraggio e la voglia di sottrarmi ad una vita di soprusi
e cattiverie, ad una esistenza che ti annienta
nell’identità e che ti impone di sopravvivere strisciando, attenta a non fare il minimo rumore per
non disturbare il mostro
che dorme al tuo fianco,
che è sempre in agguato,
pronto a colpirti e non
solo nel corpo, e che ti
riduce ad una larva umana.
Quanto coraggio e quanta forza d’animo ho dovuto raccogliere in me
per fare questo angoscioso passo, diretta verso
una meta lontana, la
Francia, forse il Belgio,
uno dei pochi luoghi dove mio marito non potrà
trovarmi, rinunciando per
sempre ai miei figli, per
una nuova identità e una
nuova esistenza che so
già non essere facile.
Sono pronta a ricominciare tentando di cancellare
il mio passato; tuttavia,
ciò che non potrò mai
davvero cancellare sono,
insieme alle cicatrici che
porto sul mio viso, il ricordo sempre vivo dei
miei bambini che ho dovuto abbandonare.
Dafny 5^D
Racconti di donne
Uno scorcio di vita (ir)reale e quotidiana
Cinque giorni passati
nell'incubo di un decrepito furgone diretto a
Persevo, nel sud della
Serbia:, a momenti ci
manca l’aria, non possiamo assolutamente
muoverci neanche di un
millimetro, o rischiamo
di essere scoperti. Il furgone è decisamente obsoleto e si sente un forte
odore di metano. Accanto
a me vedo molti bambini
gravemente denutriti e
con gli occhi infossati dal
pianto, ho ormai terminato le poche gocce d'acqua
che avevo a disposizione.
È finalmente finito
quest'orribile, quanto assurdo o impossibile, viaggio! Alcuni dei nuovi
compagni mi mostrano le
foto della loro terra colpita dalle intelligentiti e
copiose bombe americane abbattutesi sul suolo
siriano; tutto è stato distrutto: case, negozi, auto,
sogni e soprattutto speranze.
Per raggiungere Persevo
ci aspetta acora un lungo
tratto di strada da percor-
Racconti di donne
Uno scorcio di vita (ir)reale e quotidiana
Cinque giorni passati
nell'incubo di un decrepito furgone diretto a
Persevo, nel sud della
Serbia:, a momenti ci
manca l’aria, non possiamo assolutamente
muoverci neanche di un
millimetro, o rischiamo
di essere scoperti. Il furgone è decisamente obsoleto e si sente un forte
odore di metano. Accanto
a me vedo molti bambini
gravemente denutriti e
con gli occhi infossati dal
pianto, ho ormai terminato le poche gocce d'acqua
che avevo a disposizione.
È finalmente finito
quest'orribile, quanto assurdo o impossibile, viaggio! Alcuni dei nuovi
compagni mi mostrano le
foto della loro terra colpita dalle intelligentiti e
copiose bombe americane abbattutesi sul suolo
siriano; tutto è stato distrutto: case, negozi, auto,
sogni e soprattutto speranze.
Per raggiungere Persevo
ci aspetta acora un lungo
tratto di strada da percor-
rere a piedi, dicono siano
una trentina di chilometri.
Un' anziana signora
sull'ottantina si sente male, la ricoverano d'urgenza, ha perso i figli e i
nipoti e non sa più cosa
fare, piange, è distrutta e
rimpiange di aver intrapreso questo viaggio della
disperazione.
Anch’io non so dove sto
andando, né cosa incontrerò o ciò che il futuro
avrà in serbo per me.
L'unico dato certo è che
la mia vita precedente è
stata completamente annientata dall'orrore di
un'inutile guerra ed io
non ho alternative se non
quella di fuggire verso
una nuova speranza...
Alessia Vezzani
14
rere a piedi, dicono siano
una trentina di chilometri.
Un' anziana signora
sull'ottantina si sente male, la ricoverano d'urgenza, ha perso i figli e i
nipoti e non sa più cosa
fare, piange, è distrutta e
rimpiange di aver intrapreso questo viaggio della
disperazione.
Anch’io non so dove sto
andando, né cosa incontrerò o ciò che il futuro
avrà in serbo per me.
L'unico dato certo è che
la mia vita precedente è
stata completamente annientata dall'orrore di
un'inutile guerra ed io
non ho alternative se non
quella di fuggire verso
una nuova speranza...
Alessia Vezzani
14
Viaggi
Viaggi
Verso la terra dei canguri
Sono su un aereo diretto
in Australia, la terra dalle
mille promesse e prospettive ; il mio animo è
triste mentre lascio la mia
amata patria, ma è ormai
tempo che io faccia delle
scelte. Spero di trovare
un lavoro mentre l’Italia
non ha più nulla da offrirmi. Dopo la laurea in
Scienze Giuridiche ho
fatto la “gavetta” non retribuita in uno studio legale; questo lavoro però
non mi ha consentito di
far carriera, né di costruirmi una vita, sono
ancora condizionata a
stare in casa e a dipendere dai miei che mi mantengono.
Abbandono la mia città,
Reggio Emilia, dove ho
vissuto per ventinove anni, la famiglia, la casa e
tutti i miei affetti per cercare altrove un futuro che
qui mi è negato. La mia
situazione mi unisce a
mille altri giovani che
come me, dopo anni di
studi e sacrifici si trovano ad un bivio: dipendere
dai propri cari o tentare
15
l’avventura, l’ignoto,
con la speranza di avere
maggiori opportunità in
una terra straniera che
possa apprezzare il proprio talento.
Non sarà facile ricominciare un percorso totalmente differente rispetto
a quello che era la mia
quotidianità, ma è troppo
tardi per tirarsi indietro;
“il dado è tratto”, la decisione è presa.
Intanto
che l’aereo sorvola l’Oceano lasciandosi alle
spalle le nazioni europee, il pensiero torna alla
mia casa in Italia: mi
rivedo bambina felice, a
scuola coi miei compagni, all’università con gli
amici di studi e di spensieratezza.
Dopo ventiquattro ore di
volo approdo in Australia, più precisamente a
Perth, mentre il mio
umore è sempre più a
terra. Dall’aeroporto
prendo un taxi per raggiungere la periferia e
arrivo alla pensione. Mi
sento strana, stanca, ma
c’è qualcosa che mi rin-
cuora, dalla finestra della
mia stanza c’è una vista
mozzafiato: riesco a vedere il mare, il porto e le
mille luci di questa città
per me straniera. Mentre
guardo l’orizzonte mi
perdo nell’immensità del
mare: ripenso alle vacanze estive con gli amici,
penso alla felicità di quel
periodo. Improvvisamente lo sbattere di una finestra mi riporta alla realtà
e in quel mentre realizzo
che l’Australia non è così
male, certo avrò bisogno
di tempo per ambientarmi, ma credo che questa
esperienza potrà aiutarmi
a crescere, a mettere in
campo tutte le mie capacità permettendomi di
realizzare i miei sogni.
Piredda Simona 5^D
Verso la terra dei canguri
Sono su un aereo diretto
in Australia, la terra dalle
mille promesse e prospettive ; il mio animo è
triste mentre lascio la mia
amata patria, ma è ormai
tempo che io faccia delle
scelte. Spero di trovare
un lavoro mentre l’Italia
non ha più nulla da offrirmi. Dopo la laurea in
Scienze Giuridiche ho
fatto la “gavetta” non retribuita in uno studio legale; questo lavoro però
non mi ha consentito di
far carriera, né di costruirmi una vita, sono
ancora condizionata a
stare in casa e a dipendere dai miei che mi mantengono.
Abbandono la mia città,
Reggio Emilia, dove ho
vissuto per ventinove anni, la famiglia, la casa e
tutti i miei affetti per cercare altrove un futuro che
qui mi è negato. La mia
situazione mi unisce a
mille altri giovani che
come me, dopo anni di
studi e sacrifici si trovano ad un bivio: dipendere
dai propri cari o tentare
15
l’avventura, l’ignoto,
con la speranza di avere
maggiori opportunità in
una terra straniera che
possa apprezzare il proprio talento.
Non sarà facile ricominciare un percorso totalmente differente rispetto
a quello che era la mia
quotidianità, ma è troppo
tardi per tirarsi indietro;
“il dado è tratto”, la decisione è presa.
Intanto
che l’aereo sorvola l’Oceano lasciandosi alle
spalle le nazioni europee, il pensiero torna alla
mia casa in Italia: mi
rivedo bambina felice, a
scuola coi miei compagni, all’università con gli
amici di studi e di spensieratezza.
Dopo ventiquattro ore di
volo approdo in Australia, più precisamente a
Perth, mentre il mio
umore è sempre più a
terra. Dall’aeroporto
prendo un taxi per raggiungere la periferia e
arrivo alla pensione. Mi
sento strana, stanca, ma
c’è qualcosa che mi rin-
cuora, dalla finestra della
mia stanza c’è una vista
mozzafiato: riesco a vedere il mare, il porto e le
mille luci di questa città
per me straniera. Mentre
guardo l’orizzonte mi
perdo nell’immensità del
mare: ripenso alle vacanze estive con gli amici,
penso alla felicità di quel
periodo. Improvvisamente lo sbattere di una finestra mi riporta alla realtà
e in quel mentre realizzo
che l’Australia non è così
male, certo avrò bisogno
di tempo per ambientarmi, ma credo che questa
esperienza potrà aiutarmi
a crescere, a mettere in
campo tutte le mie capacità permettendomi di
realizzare i miei sogni.
Piredda Simona 5^D
Viaggi
Trekking Matildico
Il giorno 21 ottobre alcune classi prime dell'Istituto "Matilde di Canossa" si sono recate al castello di Canossa per un
progetto d'accoglienza.
Il programma giornaliero
era così strutturato: nella
prima parte della mattinata le classi sono state
divise in sezioni e successivamente hanno visitato il museo accompagnate da una guida. Qui
hanno potuto osservare
alcuni oggetti tipici della
vita quotidiana di Matilde e conversare con la
guida riguardo alcune
vicende accadute al tempo della regina. Dopo
aver osservato il modellino rappresentante la
struttura completa del
castello in epoca medievale, le classi si sono recate all'esterno del museo per poter visitare i
resti della cripta e osservare il territorio circo-
stante. Durante questa
visita, oltre alla parte storica, gli alunni hanno
potuto avere una spiegazione riguardo l'ambiente
locale da parte di un
esperto appartenente al
CAI (Club Alpino Italiano) che li ha informati
sulla composizione e la
formazione delle rocce
presenti. Ritornati nel
punto d'incontro, gli
alunni hanno avuto un
momento di svago mentre attendevano i compagni delle altre classi che
stavano concludendo la
visita. Le professoresse
avevano comprato dei
panini e della nutella così da rendere più allegro
questo momento di pausa. Dopo essersi riunite,
le classi hanno avuto
l'opportunità di prendere
parte al trekking vero e
proprio: una lunga camminata seguendo i percorsi del territorio che
Viaggi
Trekking Matildico
circonda il castello. Nei
giorni successivi i ragazzi hanno parlato con i
professori riguardo l'esperienza e sono emersi
commenti positivi.
Il giorno 21 ottobre alcune classi prime dell'Istituto "Matilde di Canossa" si sono recate al castello di Canossa per un
progetto d'accoglienza.
Il programma giornaliero
era così strutturato: nella
prima parte della mattinata le classi sono state
divise in sezioni e successivamente hanno visitato il museo accompagnate da una guida. Qui
hanno potuto osservare
alcuni oggetti tipici della
vita quotidiana di Matilde e conversare con la
guida riguardo alcune
vicende accadute al tempo della regina. Dopo
aver osservato il modellino rappresentante la
struttura completa del
castello in epoca medievale, le classi si sono recate all'esterno del museo per poter visitare i
resti della cripta e osservare il territorio circo-
Lolli Martina
Acerbi Arianna
Cerullo Miriana
Vecchi Ines
1D
16
stante. Durante questa
visita, oltre alla parte storica, gli alunni hanno
potuto avere una spiegazione riguardo l'ambiente
locale da parte di un
esperto appartenente al
CAI (Club Alpino Italiano) che li ha informati
sulla composizione e la
formazione delle rocce
presenti. Ritornati nel
punto d'incontro, gli
alunni hanno avuto un
momento di svago mentre attendevano i compagni delle altre classi che
stavano concludendo la
visita. Le professoresse
avevano comprato dei
panini e della nutella così da rendere più allegro
questo momento di pausa. Dopo essersi riunite,
le classi hanno avuto
l'opportunità di prendere
parte al trekking vero e
proprio: una lunga camminata seguendo i percorsi del territorio che
circonda il castello. Nei
giorni successivi i ragazzi hanno parlato con i
professori riguardo l'esperienza e sono emersi
commenti positivi.
Lolli Martina
Acerbi Arianna
Cerullo Miriana
Vecchi Ines
1D
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Viaggi
Viaggi
Otzi...ando si impara
Qui c’è anche il Duomo di
Reggio Emilia, Dicembre enormi dimensioni che è
2015
stato costruito in stile gotiCome si vive l’atmosfera co e rivestito di magnifici
del Natale in Alto Adige? affreschi; ovunque ci sono
Quali sono le tipiche tradi- insegne e cartelli in doppia
zioni regionali e culinarie? lingua, italiano e tedesco.
Cosa si può visitare a Bol- Davanti ai nostri occhi c’ezano? Chi era Otzi, l’uomo rano tutte le bancarelle tipivenuto dal ghiaccio?
che natalizie, realizzate con
Per rispondere a queste dodel legno e a forma di camande e a mille altri intesetta, che vendevano piccoressanti interrogativi, e per
li e grandi capolavori di
degustare golosissime tazze
ogni genere, come le statuidi cioccolata calda e ottimi
ne del presepe, magneti
strudel di mele noi alunni
figurati, palline dipinte di
delle classi 1E, 2E, 1C e
cristallo e tante piccole par1D ci siamo diretti il giorno
ticolarità. I venditori erano
16 dicembre nella città di
persone molto gentili e corBolzano, il capoluogo
tesi; infatti hanno risposto a
dell’Alto Adige. Siamo
tutte le nostre domande e
partiti prestissimo e ancora
curiosità. Dopo avere solacon gli occhi assonnati siamente “assaggiato” i mermo saliti sul pullman verso
catini natalizi di Bolzano,
la nostra destinazione
ci siamo diretti al Museo
“Paradiso innevato”. Dopo
Archeologico di questa citcirca 4 ore di lungo viagtà dove tutti noi alunni abgio, verso le ore 10, siamo
biamo potuto ammirare
arrivati in piazza Walther
Otzi, cioè l’uomo venuto
dove ci ha accolto un beldal ghiaccio, che deve il
lissimo albero natalizio
suo nome al ritrovamento
gigante addobbato con delsulle Alpi Venoste tra il
le splendide palline coloraTirolo austriaco e l’Italia da
te e degli allegri festoni.
parte di due coniugi tede17
schi durante un’escursione
il 19 settembre 1991. Subito si pensava che il corpo
appartenesse a un alpinista
italiano scomparso misteriosamente alcuni decenni
prima, mentre altri pensavano che fosse un soldato
morto durante la prima
guerra mondiale, ma già
nelle settimane successive è
subito chiaro che si tratta di
una scoperta sensazionale,
cioè di un uomo preistorico
risalente a circa 5.000 anni
fa. La guida del museo ci
ha subito mostrato la ricostruzione di Otzi e ogni
indumento che indossava al
momento del ritrovamento
e ci ha anche rivelato che
Otzi è stato il primo essere
umano tatuato di cui si abbia conoscenza, cosa che lo
ha fatto diventare una star
fra i tatuatori di tutto il
mondo. L’uomo venuto dal
ghiaccio, alto 160 cm. per
50 Kg. di peso, ne aveva
ben 57 e si pensava che
servissero per combattere i
dolori provocati dall’artrite
con significato anche di
tipo magico e propiziatorio.
Otzi...ando si impara
Qui c’è anche il Duomo di
Reggio Emilia, Dicembre enormi dimensioni che è
2015
stato costruito in stile gotiCome si vive l’atmosfera co e rivestito di magnifici
del Natale in Alto Adige? affreschi; ovunque ci sono
Quali sono le tipiche tradi- insegne e cartelli in doppia
zioni regionali e culinarie? lingua, italiano e tedesco.
Cosa si può visitare a Bol- Davanti ai nostri occhi c’ezano? Chi era Otzi, l’uomo rano tutte le bancarelle tipivenuto dal ghiaccio?
che natalizie, realizzate con
Per rispondere a queste dodel legno e a forma di camande e a mille altri intesetta, che vendevano piccoressanti interrogativi, e per
li e grandi capolavori di
degustare golosissime tazze
ogni genere, come le statuidi cioccolata calda e ottimi
ne del presepe, magneti
strudel di mele noi alunni
figurati, palline dipinte di
delle classi 1E, 2E, 1C e
cristallo e tante piccole par1D ci siamo diretti il giorno
ticolarità. I venditori erano
16 dicembre nella città di
persone molto gentili e corBolzano, il capoluogo
tesi; infatti hanno risposto a
dell’Alto Adige. Siamo
tutte le nostre domande e
partiti prestissimo e ancora
curiosità. Dopo avere solacon gli occhi assonnati siamente “assaggiato” i mermo saliti sul pullman verso
catini natalizi di Bolzano,
la nostra destinazione
ci siamo diretti al Museo
“Paradiso innevato”. Dopo
Archeologico di questa citcirca 4 ore di lungo viagtà dove tutti noi alunni abgio, verso le ore 10, siamo
biamo potuto ammirare
arrivati in piazza Walther
Otzi, cioè l’uomo venuto
dove ci ha accolto un beldal ghiaccio, che deve il
lissimo albero natalizio
suo nome al ritrovamento
gigante addobbato con delsulle Alpi Venoste tra il
le splendide palline coloraTirolo austriaco e l’Italia da
te e degli allegri festoni.
parte di due coniugi tede17
schi durante un’escursione
il 19 settembre 1991. Subito si pensava che il corpo
appartenesse a un alpinista
italiano scomparso misteriosamente alcuni decenni
prima, mentre altri pensavano che fosse un soldato
morto durante la prima
guerra mondiale, ma già
nelle settimane successive è
subito chiaro che si tratta di
una scoperta sensazionale,
cioè di un uomo preistorico
risalente a circa 5.000 anni
fa. La guida del museo ci
ha subito mostrato la ricostruzione di Otzi e ogni
indumento che indossava al
momento del ritrovamento
e ci ha anche rivelato che
Otzi è stato il primo essere
umano tatuato di cui si abbia conoscenza, cosa che lo
ha fatto diventare una star
fra i tatuatori di tutto il
mondo. L’uomo venuto dal
ghiaccio, alto 160 cm. per
50 Kg. di peso, ne aveva
ben 57 e si pensava che
servissero per combattere i
dolori provocati dall’artrite
con significato anche di
tipo magico e propiziatorio.
Viaggi
L’esperto del museo ci ha
poi fatto svolgere una
splendida attività che ha
permesso a noi allievi di
diventare guide per un
giorno e scoprire gli indumenti di Otzi: una sopraveste e gambali in pelliccia di
capra, un bel cappello in
pelliccia di orso, scarpe
fatte con una rete vegetale
e imbottite di paglia e rivestite di pelle di cervo, cintura di cuoio di vitello e un
marsupio contenente piccoli strumenti.
Il piccolo uomo aveva
un’ascia con lama di rame,
un pugnale di selce, un
grande arco e una faretra in
pelle di camoscio con delle
frecce. Noi ragazzi abbiamo potuto osservare le ossa
vere di Otzi e il suo corpo
contenuto in una teca di
vetro trasparente, a temperatura costante e fredda.
Abbiamo girato per la città
in parte accompagnati dalla
guida e in parte da soli:
sembrava che noi stessimo
vivendo in un mondo fiabesco, in una realtà fatta di
sogni zuccherati, tanta magia e un velo di pazzia.
Tutta piazza Walther sembrava un villaggio per gnomi, elfi e fate turchine in
miniatura che rendeva l’atmosfera ancora più speciale e particolare.
Questo viaggio di istruzione ha unito elementi di storia, geografia, scienze e
lingua tedesca ed è stato
semplicemente fantastico,
perchè questa esperienza
ha permesso a tutti noi ragazzi di imparare tanto
con il sorriso sulle labbra,
divertendoci con i nostri
coetanei, compagni di avventura e amici di vita.
Spero e mi auguro di fare
altre gite così belle ed emozionanti che lasciano bei
ricordi nel cuore e nella
mente di chi le ha vissute.
Tutto ciò è stato possibile
grazie ai nostri insegnanti
accompagnatori che hanno
contribuito con il loro impegno e pazienza alla realizzazione di questo magnifico progetto.
Sara Jenny Iotti 1E
18
Viaggi
L’esperto del museo ci ha
poi fatto svolgere una
splendida attività che ha
permesso a noi allievi di
diventare guide per un
giorno e scoprire gli indumenti di Otzi: una sopraveste e gambali in pelliccia di
capra, un bel cappello in
pelliccia di orso, scarpe
fatte con una rete vegetale
e imbottite di paglia e rivestite di pelle di cervo, cintura di cuoio di vitello e un
marsupio contenente piccoli strumenti.
Il piccolo uomo aveva
un’ascia con lama di rame,
un pugnale di selce, un
grande arco e una faretra in
pelle di camoscio con delle
frecce. Noi ragazzi abbiamo potuto osservare le ossa
vere di Otzi e il suo corpo
contenuto in una teca di
vetro trasparente, a temperatura costante e fredda.
Abbiamo girato per la città
in parte accompagnati dalla
guida e in parte da soli:
sembrava che noi stessimo
vivendo in un mondo fiabesco, in una realtà fatta di
sogni zuccherati, tanta magia e un velo di pazzia.
Tutta piazza Walther sembrava un villaggio per gnomi, elfi e fate turchine in
miniatura che rendeva l’atmosfera ancora più speciale e particolare.
Questo viaggio di istruzione ha unito elementi di storia, geografia, scienze e
lingua tedesca ed è stato
semplicemente fantastico,
perchè questa esperienza
ha permesso a tutti noi ragazzi di imparare tanto
con il sorriso sulle labbra,
divertendoci con i nostri
coetanei, compagni di avventura e amici di vita.
Spero e mi auguro di fare
altre gite così belle ed emozionanti che lasciano bei
ricordi nel cuore e nella
mente di chi le ha vissute.
Tutto ciò è stato possibile
grazie ai nostri insegnanti
accompagnatori che hanno
contribuito con il loro impegno e pazienza alla realizzazione di questo magnifico progetto.
Sara Jenny Iotti 1E
18
Arte e cultura
Arte e cultura
L’evoluzione della Street Art:
Arte o vandalismo?
Si può dire che l’uomo
utilizzasse come tela il
muro già nel Paleolitico,
quando, pur non avendo
molti mezzi per esprimersi, sentiva un tale
bisogno di disegnare che
iniziò a rappresentare
scene della sua vita sulle
pareti delle caverne. Si
parlò per la prima volta
di “graffito” nel libro
dell’archeologo Raffaele
Garrucci, “Graffiti de
Pompéi”, in cui egli lo
definiva come la creazione di disegni o scritte
senza regole, fatti da
gente su cose della gente. Ma questa corrente
era ancora lontana dal
diffondersi. Tutto iniziò
alla fine degli anni Sessanta, quando un giovane ragazzo greco, che
lavorava come consegna
-giornali a domicilio per
le strade di New York,
per combattere la noia,
decise di iniziare a lasciare la sua firma inventata per i vicoli e sui muri vicino ai quali passava
ogni giorno. Nell’arco di
19
un anno comparve la
scritta “Taki 183” su circa 300.000 superfici.
Quello che questo ragazzino non sapeva era che
con lui stava nascendo il
concetto di “Tag”, cioè
firma del graffitista, e
tutta la corrente artistica
di ribellione che lo precedeva. Nel 1971 viene
pubblicato il primo articolo giornalistico sul
fenomeno dei graffiti
con un’intervista a Taki
183 sulla prima pagina
del New York Times.
Per le strade della zona
del Bronx si iniziò quindi a diffondere la moda
dei Tag e anche dei disegni più complessi e articolati. La cultura “hip
hop” portò avanti il concetto di graffito come
simbolo di ribellione,
trasgressione e libertà
espressiva. Tramite la
cultura rap, che conquistò le radio internazionali e le ondate di turisti
che ogni giorno nelle
strade si trovavano sempre più a contatto con
questa moda, essa prese
piede anche in Europa,
iniziando a mutare con
nuove sfumature e dimensioni. Si inizia così a
parlare di Street Art, vere e proprie opere d’arte
ben lontane dal concetto
di Tag, che pian piano da
Londra a Parigi a tutta
l’Europa invasero i muri
vecchi e grigi di vernice
spray, acrilico e tempera.
La Street Art prese il
controllo delle capitali,
cercando di comunicare
con la gente attraverso i
muri. E’ però sbagliato
cercare di spiegare questa nuova corrente artistica tramite la descrizione di tecniche che la caratterizzano, perché nel
corso del tempo è entrata
in contatto con tante culture e tradizioni che la
hanno influenzata e la
plasmata: dalle città toscane agli angoli sperduti del Portogallo, dai
ghetti americani più soggetti a criminalità ai muri dei paesini inglesi di
campagna.
L’evoluzione della Street Art:
Arte o vandalismo?
Si può dire che l’uomo
utilizzasse come tela il
muro già nel Paleolitico,
quando, pur non avendo
molti mezzi per esprimersi, sentiva un tale
bisogno di disegnare che
iniziò a rappresentare
scene della sua vita sulle
pareti delle caverne. Si
parlò per la prima volta
di “graffito” nel libro
dell’archeologo Raffaele
Garrucci, “Graffiti de
Pompéi”, in cui egli lo
definiva come la creazione di disegni o scritte
senza regole, fatti da
gente su cose della gente. Ma questa corrente
era ancora lontana dal
diffondersi. Tutto iniziò
alla fine degli anni Sessanta, quando un giovane ragazzo greco, che
lavorava come consegna
-giornali a domicilio per
le strade di New York,
per combattere la noia,
decise di iniziare a lasciare la sua firma inventata per i vicoli e sui muri vicino ai quali passava
ogni giorno. Nell’arco di
19
un anno comparve la
scritta “Taki 183” su circa 300.000 superfici.
Quello che questo ragazzino non sapeva era che
con lui stava nascendo il
concetto di “Tag”, cioè
firma del graffitista, e
tutta la corrente artistica
di ribellione che lo precedeva. Nel 1971 viene
pubblicato il primo articolo giornalistico sul
fenomeno dei graffiti
con un’intervista a Taki
183 sulla prima pagina
del New York Times.
Per le strade della zona
del Bronx si iniziò quindi a diffondere la moda
dei Tag e anche dei disegni più complessi e articolati. La cultura “hip
hop” portò avanti il concetto di graffito come
simbolo di ribellione,
trasgressione e libertà
espressiva. Tramite la
cultura rap, che conquistò le radio internazionali e le ondate di turisti
che ogni giorno nelle
strade si trovavano sempre più a contatto con
questa moda, essa prese
piede anche in Europa,
iniziando a mutare con
nuove sfumature e dimensioni. Si inizia così a
parlare di Street Art, vere e proprie opere d’arte
ben lontane dal concetto
di Tag, che pian piano da
Londra a Parigi a tutta
l’Europa invasero i muri
vecchi e grigi di vernice
spray, acrilico e tempera.
La Street Art prese il
controllo delle capitali,
cercando di comunicare
con la gente attraverso i
muri. E’ però sbagliato
cercare di spiegare questa nuova corrente artistica tramite la descrizione di tecniche che la caratterizzano, perché nel
corso del tempo è entrata
in contatto con tante culture e tradizioni che la
hanno influenzata e la
plasmata: dalle città toscane agli angoli sperduti del Portogallo, dai
ghetti americani più soggetti a criminalità ai muri dei paesini inglesi di
campagna.
Arte e cultura
La Street Art infatti non
è più un disegno a vernice spray, ma va ben oltre. L’artista portoghese
Alexandre Farto inizia a
scalfire l’intonaco con
martelli e scalpelli per
realizzare veri e propri
ritratti di dimensioni gigantesche. Intere facciate
di edifici di Mosca, Lisbona, Londra e anche
Grottaglie in Italia, sono
diventate una tela per le
suggestive immagini di
questo artista, che, grattando via pezzi di vecchi
muri lasciati in stato di
abbandono, crea opere di
indiscutibile bellezza.
Con un suo compaesano,
Diogo Machado, nasce
invece la tecnica del
“Azulejo”, nome di una
ceramica tipica portoghese, che si basa sul
ricoprire muri o arredi
urbani con disegni di
mattonelle di ceramica
finemente decorate, per
mostrare la bellezza che
si crea contrapponendo
la compostezza e la precisione di un elemento
tipico della tradizione
all’ambiente spoglio,
grigio e malandato che è
normale trovare nei quartieri più poveri della sua
città. E’ infine molto diffuso anche in Italia lo
“Yarn Bombing”, che
consiste nel ricoprire superfici intere di ponti,
edifici o alberi di filati o
fibre di tessuti lavorati a
maglia o ad uncinetto,
per trasportare colui che
Arte e cultura
La Street Art infatti non
è più un disegno a vernice spray, ma va ben oltre. L’artista portoghese
Alexandre Farto inizia a
scalfire l’intonaco con
martelli e scalpelli per
realizzare veri e propri
ritratti di dimensioni gigantesche. Intere facciate
di edifici di Mosca, Lisbona, Londra e anche
Grottaglie in Italia, sono
diventate una tela per le
suggestive immagini di
questo artista, che, grattando via pezzi di vecchi
muri lasciati in stato di
abbandono, crea opere di
indiscutibile bellezza.
Con un suo compaesano,
Diogo Machado, nasce
invece la tecnica del
“Azulejo”, nome di una
assiste in una realtà parallela, ricca di colori,
nella quale le cose appaiono all’opposto di
come dovrebbero essere.
Fin dall’origine di questa
corrente gli artisti che ne
fecero parte si suddivisero in due scuole di pensiero. C’era chi pensava
che essendo essa nata
come movimento artistico, in onore della libertà
di espressione e di ribellione dal controllo, dovesse rimanere fuori dalle gallerie d’arte, come
sosteneva l’artista messicano Siqueiros, che in un
articolo affermò: “L’arte
con la potenza dell’immagine deve parlare direttamente al popolo,
mai nei musei, ma solo
20
ceramica tipica portoghese, che si basa sul
ricoprire muri o arredi
urbani con disegni di
mattonelle di ceramica
finemente decorate, per
mostrare la bellezza che
si crea contrapponendo
la compostezza e la precisione di un elemento
tipico della tradizione
all’ambiente spoglio,
grigio e malandato che è
normale trovare nei quartieri più poveri della sua
città. E’ infine molto diffuso anche in Italia lo
“Yarn Bombing”, che
consiste nel ricoprire superfici intere di ponti,
edifici o alberi di filati o
fibre di tessuti lavorati a
maglia o ad uncinetto,
per trasportare colui che
assiste in una realtà parallela, ricca di colori,
nella quale le cose appaiono all’opposto di
come dovrebbero essere.
Fin dall’origine di questa
corrente gli artisti che ne
fecero parte si suddivisero in due scuole di pensiero. C’era chi pensava
che essendo essa nata
come movimento artistico, in onore della libertà
di espressione e di ribellione dal controllo, dovesse rimanere fuori dalle gallerie d’arte, come
sosteneva l’artista messicano Siqueiros, che in un
articolo affermò: “L’arte
con la potenza dell’immagine deve parlare direttamente al popolo,
mai nei musei, ma solo
20
Arte e cultura
per la strada”. Altri invece nel corso del tempo
sempre più si convinsero
che questa corrente artistica in continua evoluzione dovesse pian piano
adattarsi alla società e
commercializzarsi. A
simboleggiare questa netta suddivisione si possono prendere come esempio due artisti: Keith Haring e Banksy. Haring,
che per primo sosteneva
fosse “stupido relegare
arte nei musei”, in seguito all’arrivo della notorietà, nel giro di un anno
aveva esposizioni nelle
gallerie più prestigiose e
addirittura inaugurò nello
stesso anno il suo “New
York pop shop”, un negozio che anche attualmente vende veri e propri
graffiti stampati su orologi, magliette, posters e
gadgets. In contrasto a
questa commercializzazione si pone un controverso artista, Banksy, che
si fece largo tra le strade
dei quartieri poveri di
Bristol e che stanco del
continuo tentativo di
classificare e controllare
la sua arte, si mise per
provocazione seduto per
21
Arte e cultura
strada a vendere per pochi dollari le sue opere,
che dai musei internazionali erano quotate cifre
stratosferiche.
ters e street artists. A Los
Angeles, invece, si sta
tentando di neutralizzare
questo fenomeno, tramite
un distretto di polizia,
incaricato di scovare e
Personalmente apprezzo fermare i graffitisti di
molto la coerenza che tutto il sud California, il
dimostra un artista come “Tagnet”.
Banksy, che con totale
disinteresse scavalca la Anche in Italia non mansocietà, così desiderosa cano i comuni che hanno
di controllare tutto. Se- deciso di aprire le porte
condo me la Street Art ai graffitisti, mettendo a
rimane autentica perché loro disposizione spazi
il pubblico non può valu- ed edifici. Sono nate antare il suo valore estetico che associazioni come
considerando prima il l’Inward, tramite le quali
suo valore economico, street artists svolgono le
cosa che invece succede loro attività in accordo
con molti altri tipi di arti con gli enti locali. Molti
contemporanee. Al di là di loro vedono però quedi come l’artista decida sto disegnare e produrre
di rapportarsi con la so- in spazi autorizzati come
cietà, questa si chiederà un tentativo di ingabbiare
se ciò che egli definisce il concetto di Street Art, e
opere siano vera arte o se decidono di non scendere
sconfinino nel vandali- a compromessi.
smo. La Street Art, infatti, si basa anche sull’ille- Come può un’arte che si
galità del gesto stesso. basa sulla protesta e sul
Molte zone del mondo tentativo di smuovere la
hanno deciso non solo di società che cerca sempre
convivere con questo tipo più di guadagnare potere,
di arte, ma di valorizzar- stabilire proprio con essa
la, come in Francia dove accordi su dove si possa
vengono messi a disposi- o non si possa disegnare
zione interi palazzi a wri- o scrivere?
per la strada”. Altri invece nel corso del tempo
sempre più si convinsero
che questa corrente artistica in continua evoluzione dovesse pian piano
adattarsi alla società e
commercializzarsi. A
simboleggiare questa netta suddivisione si possono prendere come esempio due artisti: Keith Haring e Banksy. Haring,
che per primo sosteneva
fosse “stupido relegare
arte nei musei”, in seguito all’arrivo della notorietà, nel giro di un anno
aveva esposizioni nelle
gallerie più prestigiose e
addirittura inaugurò nello
stesso anno il suo “New
York pop shop”, un negozio che anche attualmente vende veri e propri
graffiti stampati su orologi, magliette, posters e
gadgets. In contrasto a
questa commercializzazione si pone un controverso artista, Banksy, che
si fece largo tra le strade
dei quartieri poveri di
Bristol e che stanco del
continuo tentativo di
classificare e controllare
la sua arte, si mise per
provocazione seduto per
21
strada a vendere per pochi dollari le sue opere,
che dai musei internazionali erano quotate cifre
stratosferiche.
ters e street artists. A Los
Angeles, invece, si sta
tentando di neutralizzare
questo fenomeno, tramite
un distretto di polizia,
incaricato di scovare e
Personalmente apprezzo fermare i graffitisti di
molto la coerenza che tutto il sud California, il
dimostra un artista come “Tagnet”.
Banksy, che con totale
disinteresse scavalca la Anche in Italia non mansocietà, così desiderosa cano i comuni che hanno
di controllare tutto. Se- deciso di aprire le porte
condo me la Street Art ai graffitisti, mettendo a
rimane autentica perché loro disposizione spazi
il pubblico non può valu- ed edifici. Sono nate antare il suo valore estetico che associazioni come
considerando prima il l’Inward, tramite le quali
suo valore economico, street artists svolgono le
cosa che invece succede loro attività in accordo
con molti altri tipi di arti con gli enti locali. Molti
contemporanee. Al di là di loro vedono però quedi come l’artista decida sto disegnare e produrre
di rapportarsi con la so- in spazi autorizzati come
cietà, questa si chiederà un tentativo di ingabbiare
se ciò che egli definisce il concetto di Street Art, e
opere siano vera arte o se decidono di non scendere
sconfinino nel vandali- a compromessi.
smo. La Street Art, infatti, si basa anche sull’ille- Come può un’arte che si
galità del gesto stesso. basa sulla protesta e sul
Molte zone del mondo tentativo di smuovere la
hanno deciso non solo di società che cerca sempre
convivere con questo tipo più di guadagnare potere,
di arte, ma di valorizzar- stabilire proprio con essa
la, come in Francia dove accordi su dove si possa
vengono messi a disposi- o non si possa disegnare
zione interi palazzi a wri- o scrivere?
Arte e cultura
Arte e cultura
Tali artisti quindi preferi- che sono: vera “Arte”.
scono rimanere fedeli a
se stessi e fare Street Art
dove ritengono che ce ne
sia bisogno, anche a patto
di es s er e d efi ni t i
“vandali”. Sarebbe davvero ipocrita da parte della società non definire
arte questo tipo di opere e
capisco il punto di vista
degli artisti che, tentando
di rimanere coerenti con i
loro principi non prendono accordi con la società.
Penso, però, che sia importante specificare un
concetto: la Street Art
nasce per difendere la
libertà di espressione. Ma
non va dimenticato che la
libertà di ognuno finisce
quando essa tenta di prevaricare quella dell’altro.
Tali artisti quindi preferi- che sono: vera “Arte”.
scono rimanere fedeli a
se stessi e fare Street Art
dove ritengono che ce ne
sia bisogno, anche a patto
di es s er e d efi ni t i
“vandali”. Sarebbe davvero ipocrita da parte della società non definire
arte questo tipo di opere e
capisco il punto di vista
degli artisti che, tentando
di rimanere coerenti con i
loro principi non prendono accordi con la società.
Penso, però, che sia importante specificare un
concetto: la Street Art
nasce per difendere la
libertà di espressione. Ma
non va dimenticato che la
libertà di ognuno finisce
quando essa tenta di prevaricare quella dell’altro.
Quindi è sbagliato sentirsi autorizzati ad utilizzare
un bene culturale della
città, una casa privata o
un negozio come se fosse
la propria tela, ma invece,
se si sfruttano spazi abbandonati a se stessi, angoli di città grigi e rovinati, e gli si ridà vita e
bellezza, allora queste
opere devono essere rispettate e amate per ciò
Quindi è sbagliato sentirsi autorizzati ad utilizzare
un bene culturale della
città, una casa privata o
un negozio come se fosse
la propria tela, ma invece,
se si sfruttano spazi abbandonati a se stessi, angoli di città grigi e rovinati, e gli si ridà vita e
bellezza, allora queste
opere devono essere rispettate e amate per ciò
Laura Magnani 3° C
22
Laura Magnani 3° C
22
Attualità
Attualità
Quanto è reale la crisi?
Siamo sempre più assillati dalle notizie sull’immigrazione che ci arrivano tramite i mass-media:
l’Italia, come gli altri
paesi dell’Europa mediterranea, sembra essere
sopraffatta da questo
problema irrisolvibile e
insuperabile. Tra coloro
che approdano sul suolo
italiano vi sono persone
di qualunque età e condizione, una massa assai
eterogenea accumunata
solo dalla disperazione e
dalla miseria. Oltre a
donne, bambini ed anziani, si hanno infatti anche
numerosi giovani, dei
quali una minoranza è
costituita da studenti universitari e professionisti.
Il motivo per cui tante
persone, che fuggono da
contesti decisamente
peggiori di quelli che
hanno spinto gl’italiani
ad abbandonare la propria patria un secolo addietro, vedono in modo
23
così positivo l’idea di
vivere e lavorare nel nostro paese sembra sfuggirci decisamente. Alcuni forse ritengono inconcepibile che vi possano
essere davvero reali possibilità di lavoro per questa gente, quando è molto difficile se non impossibile per gl’italiani più
giovani: stando alle stime ufficiali dell’ISTAT,
infatti, il tasso di disoccupazione per la fascia
d’età compresa tra i 16 e
i 25 anni è superiore al
40%. Cifra, questa, che
fa impallidire se raffrontata con i valori registrati
negli altri stati dell’Unione Europea; le differenze vanno ben oltre
quelle riguardanti altri
aspetti socio-economici,
basti solo pensare alla
stessa disoccupazione in
generale. È vero che
quest’ultima è più del
doppio della Germania,
ma da noi i giovani sen-
za un’occupazione sono
anche quasi quattro volte
il numero complessivo
degl’italiani privi di un
impiego. Tornando adesso agli immigrati che
cercano lavoro nel nostro
paese, nonostante le attuali problematiche legate all’esigenza di fornire
il minimo di vitto e alloggio per i profughi, e
le difficoltà suscitate
dall’esasperante lentezza
del nostro spaventoso
apparato burocratico,
con tutte le questioni che
ne derivano e che comunque mettono a rischio la sicurezza dei
nostri cittadini, pare proprio che stia salendo progressivamente il numero
di stranieri occupati nella
nostra economia. Il settore maggiormente interessato è il primario. Operai
agricoli e braccianti, in
condizioni di soggiorno
regolari e con contratti
lavorativi del tutto
Quanto è reale la crisi?
Siamo sempre più assillati dalle notizie sull’immigrazione che ci arrivano tramite i mass-media:
l’Italia, come gli altri
paesi dell’Europa mediterranea, sembra essere
sopraffatta da questo
problema irrisolvibile e
insuperabile. Tra coloro
che approdano sul suolo
italiano vi sono persone
di qualunque età e condizione, una massa assai
eterogenea accumunata
solo dalla disperazione e
dalla miseria. Oltre a
donne, bambini ed anziani, si hanno infatti anche
numerosi giovani, dei
quali una minoranza è
costituita da studenti universitari e professionisti.
Il motivo per cui tante
persone, che fuggono da
contesti decisamente
peggiori di quelli che
hanno spinto gl’italiani
ad abbandonare la propria patria un secolo addietro, vedono in modo
23
così positivo l’idea di
vivere e lavorare nel nostro paese sembra sfuggirci decisamente. Alcuni forse ritengono inconcepibile che vi possano
essere davvero reali possibilità di lavoro per questa gente, quando è molto difficile se non impossibile per gl’italiani più
giovani: stando alle stime ufficiali dell’ISTAT,
infatti, il tasso di disoccupazione per la fascia
d’età compresa tra i 16 e
i 25 anni è superiore al
40%. Cifra, questa, che
fa impallidire se raffrontata con i valori registrati
negli altri stati dell’Unione Europea; le differenze vanno ben oltre
quelle riguardanti altri
aspetti socio-economici,
basti solo pensare alla
stessa disoccupazione in
generale. È vero che
quest’ultima è più del
doppio della Germania,
ma da noi i giovani sen-
za un’occupazione sono
anche quasi quattro volte
il numero complessivo
degl’italiani privi di un
impiego. Tornando adesso agli immigrati che
cercano lavoro nel nostro
paese, nonostante le attuali problematiche legate all’esigenza di fornire
il minimo di vitto e alloggio per i profughi, e
le difficoltà suscitate
dall’esasperante lentezza
del nostro spaventoso
apparato burocratico,
con tutte le questioni che
ne derivano e che comunque mettono a rischio la sicurezza dei
nostri cittadini, pare proprio che stia salendo progressivamente il numero
di stranieri occupati nella
nostra economia. Il settore maggiormente interessato è il primario. Operai
agricoli e braccianti, in
condizioni di soggiorno
regolari e con contratti
lavorativi del tutto
Attualità
normali, abbondano in
diverse circostanze:
europei dell’est e dei Balcani, nordafricani e mediorientali, senegalesi e
nigeriani vengono impiegati per la vendemmia
nelle Langhe, la raccolta
della frutta in Trentino e
dei pomodori nelle Puglie, per non parlare degl’indiani senza i quali le
stalle di mezza Emilia
chiuderebbero i battenti, e
peraltro anche una produzione d’eccellenza come
il Parmigiano, destinato
in massima parte all’esportazione, continua ad
esserci grazie a manodopera proveniente dall’estero (in particolare polacca). Sono invece di
meno, ma la cifra non è
per questo meno significativa, gli addetti nel settore dell’edilizie e le maestranze (con una competenza apprezzabile) nelle
più svariate industrie.
Non si dice insomma
un’esagerazione quando
si afferma che, per alme-
no i due terzi, il nostro Pil
nazionale viene prodotto
da stranieri. Passando ora
al tema della disoccupazione tra gl’italiani, a ben
vedere si comprende subito come coloro che appartengono alle ultime
generazioni, i quali non
hanno un lavoro e soprattutto non lo cercano affatto, mostrano quasi una
sorta d’insofferenza nei
confronti di certi tipi
d’occupazione. Questo
deriva prettamente dal
fatto che gli studi svolti e
una retribuzione talvolta
bassa rendono poco auspicabili certi “ruoli” nel
tessuto produttivo. Questo ci porta ad affrontare
necessariamente una questione strettamente connessa con questa, ovvero
se sia giusto bollare i giovani con certi epiteti coniati apposta per loro, come “bamboccioni” o, ancor meglio, “ciusi”, termine, quest’ultimo, coniato da Elsa Fornero, già
ministro del Lavoro du-
rante l’esecutivo tecnico
di Mario Monti.
Per quanto i livelli medi
d’istruzione attuali siano i
più alti mai avuti, coloro
che sono stati così fortunati da ricevere un’educazione coi fiocchi sono,
per assurdo, quelli destinati, a quanto sembra, ad
un futuro di contratti a
tempo determinato e di
precarietà, e pertanto anche di difficoltà economiche, sebbene l’Italia abbia
una ricchezza privata decisamente maggiore rispetto a Francia e Germania. Sono dunque da incolpare gli sfiduciati e i
demoralizzati? E si è proprio sicuri che quelli che
oggi hanno la “certezza”
di stipendi, salari e pensioni si sarebbero accontentati di poco se avessero
avuto maggiori possibilità? Va da sé che, non essendoci sbocchi occupazionali quantitativamente
e qualitativamente compatibili con la presente
situazione, un numero
24
Attualità
normali, abbondano in
diverse circostanze:
europei dell’est e dei Balcani, nordafricani e mediorientali, senegalesi e
nigeriani vengono impiegati per la vendemmia
nelle Langhe, la raccolta
della frutta in Trentino e
dei pomodori nelle Puglie, per non parlare degl’indiani senza i quali le
stalle di mezza Emilia
chiuderebbero i battenti, e
peraltro anche una produzione d’eccellenza come
il Parmigiano, destinato
in massima parte all’esportazione, continua ad
esserci grazie a manodopera proveniente dall’estero (in particolare polacca). Sono invece di
meno, ma la cifra non è
per questo meno significativa, gli addetti nel settore dell’edilizie e le maestranze (con una competenza apprezzabile) nelle
più svariate industrie.
Non si dice insomma
un’esagerazione quando
si afferma che, per alme-
no i due terzi, il nostro Pil
nazionale viene prodotto
da stranieri. Passando ora
al tema della disoccupazione tra gl’italiani, a ben
vedere si comprende subito come coloro che appartengono alle ultime
generazioni, i quali non
hanno un lavoro e soprattutto non lo cercano affatto, mostrano quasi una
sorta d’insofferenza nei
confronti di certi tipi
d’occupazione. Questo
deriva prettamente dal
fatto che gli studi svolti e
una retribuzione talvolta
bassa rendono poco auspicabili certi “ruoli” nel
tessuto produttivo. Questo ci porta ad affrontare
necessariamente una questione strettamente connessa con questa, ovvero
se sia giusto bollare i giovani con certi epiteti coniati apposta per loro, come “bamboccioni” o, ancor meglio, “ciusi”, termine, quest’ultimo, coniato da Elsa Fornero, già
ministro del Lavoro du-
rante l’esecutivo tecnico
di Mario Monti.
Per quanto i livelli medi
d’istruzione attuali siano i
più alti mai avuti, coloro
che sono stati così fortunati da ricevere un’educazione coi fiocchi sono,
per assurdo, quelli destinati, a quanto sembra, ad
un futuro di contratti a
tempo determinato e di
precarietà, e pertanto anche di difficoltà economiche, sebbene l’Italia abbia
una ricchezza privata decisamente maggiore rispetto a Francia e Germania. Sono dunque da incolpare gli sfiduciati e i
demoralizzati? E si è proprio sicuri che quelli che
oggi hanno la “certezza”
di stipendi, salari e pensioni si sarebbero accontentati di poco se avessero
avuto maggiori possibilità? Va da sé che, non essendoci sbocchi occupazionali quantitativamente
e qualitativamente compatibili con la presente
situazione, un numero
24
Attualità
sempre crescente di giovani italiani freschi di
studi, anche se non hanno frequentato atenei
particolarmente illustri e
non possiedono una spiccata conoscenza della
lingua inglese, decide di
trasferirsi all’estero, dove il mercato del lavoro
appare tutt’altro che saturo. Medici e infermieri
in Svizzera (Canton Ticino), avvocati ed esperti
nel campo del diritto
(canonico) negli Usa,
archeologi ed antropologi che partono per spedizioni di ricerca finanziate
da altri Stati (cosa da cui
si è ancora ben lontani
qui da noi, vedi Pompei
ed Ercolano), senza contare lo stuolo di laureati
in discipline scientifiche
ed informatiche che pul-
25
Attualità
lulano nei centri di ricerca, come la Silicon Valley. Quando si parla di
“fuga dei cervelli” non ci
si riferisce solo a chi è
nello spazio o nei sotterranei di Ginevra, ma anche a migliaia di altri
giovani laureati, con tanto di specializzazioni e
master vari. Avviandoci
verso la conclusione, è
quindi evidente che gli
stranieri fanno cose che
gl’italiani preferiscono
non fare, ma non si può
negare che l’Italia sia un
paese contraddistinto da
un sistema rigido e chiuso, corporativistico. Giustamente il giornalista
statunitense Alan Friedman, nel suo libro
“Ammazziamo il gattopardo”, ha parlato di vere
e proprie caste o lobby,
non solo per quel che
riguarda notai e commercialisti, ma anche farmacisti e perfino tassisti.
Un mercato del lavoro
più equo ed aperto, degli
imprenditori disposti a
investire nel futuro e
nell’economia reale, una
seria politica di assunzioni a tempo indeterminato, questo ed altro serve
adesso all’Italia, statica
sul piano economico per
la crisi ma anche e soprattutto su quello sociale, per la naturale tendenza a favorire l’interesse
privato a danno del benessere collettivo.
Davide Grisendi 5^I
sempre crescente di giovani italiani freschi di
studi, anche se non hanno frequentato atenei
particolarmente illustri e
non possiedono una spiccata conoscenza della
lingua inglese, decide di
trasferirsi all’estero, dove il mercato del lavoro
appare tutt’altro che saturo. Medici e infermieri
in Svizzera (Canton Ticino), avvocati ed esperti
nel campo del diritto
(canonico) negli Usa,
archeologi ed antropologi che partono per spedizioni di ricerca finanziate
da altri Stati (cosa da cui
si è ancora ben lontani
qui da noi, vedi Pompei
ed Ercolano), senza contare lo stuolo di laureati
in discipline scientifiche
ed informatiche che pul-
25
lulano nei centri di ricerca, come la Silicon Valley. Quando si parla di
“fuga dei cervelli” non ci
si riferisce solo a chi è
nello spazio o nei sotterranei di Ginevra, ma anche a migliaia di altri
giovani laureati, con tanto di specializzazioni e
master vari. Avviandoci
verso la conclusione, è
quindi evidente che gli
stranieri fanno cose che
gl’italiani preferiscono
non fare, ma non si può
negare che l’Italia sia un
paese contraddistinto da
un sistema rigido e chiuso, corporativistico. Giustamente il giornalista
statunitense Alan Friedman, nel suo libro
“Ammazziamo il gattopardo”, ha parlato di vere
e proprie caste o lobby,
non solo per quel che
riguarda notai e commercialisti, ma anche farmacisti e perfino tassisti.
Un mercato del lavoro
più equo ed aperto, degli
imprenditori disposti a
investire nel futuro e
nell’economia reale, una
seria politica di assunzioni a tempo indeterminato, questo ed altro serve
adesso all’Italia, statica
sul piano economico per
la crisi ma anche e soprattutto su quello sociale, per la naturale tendenza a favorire l’interesse
privato a danno del benessere collettivo.
Davide Grisendi 5^I
Attualità
Attualità
RAEE Wanted
Ogni volta che ci regalano un cellulare nuovo
mettiamo nel casseto
quello vecchio. Non appena il frullatore si rompe, lo abbandoniamo, per
sostituirlo con il mixer
nuovo che vostra madre
ama. Per non parlare del
trapano che vostro padre
ha distrutto nel cercare di
bucare il muro portante,
in modo da far passsare i
cavi della nuova smart-tv
che ha sostituito il vecchio televisore col lettore
vhs.
Ma vi siete mai chiesti se
questi apparecchi elettrici
ed elettronici potessero
avere il modo di tornare
utili?
RAEE Wanted
siamo i primi testimoni di
tutto ciò, in quanto la nostra scuola è stata coinvolta in un progetto di
sensibilizzazione ambientale e di raccolta RAEE in
collaborazione con Iren e
l'università di Modena e
E voi vi chiederete :"ma Reggio.
quando devo buttare il
trapano, cosa devo fare?" Ma perchè fare tutto questo?
Tranquilli, non siete gli
unici a farvi queste do- Perchè noi siamo coloro
mande, infatti il problema che vivranno nel futuro e
principale degli italiani è in quanto tali abbiamo sia
proprio il non saper gesti- il dovere che il diritto di
re lo smaltimento dei vivere in un ambiente puRAEE. In molti addirittu- lito e non minacciato dalra lo fanno in modo total- la presenza di rifiuti danmente scorretto, rischian- nosi. Perciò è necessario
do di diffondere nell'am- fare tutto il possibile, parbiente sostanze nocive, tendo dalla raccolta diffemettendo a rischio la sa- renziata e dei RAEE nella
lute dei cittadini. Fortuna- nostra città.
tamente, però, l'Italia prevede di diffondere il più Ma chi lo ha deciso?
possibile la conoscenza di Questo è stato deciso dai
un giusto metodo di smal- paesi dell'unione europea,
timento, partendo in parti- i quali hanno stabilito che
colare dalle scuole.
bisogna incrementare la
me pala eolica, il frullatore sarebbe parte di un frigorifero, mentre il giusto
smaltimento del televisore col lettore vhs eviterebbe l'immissione di sostanze dannose nell'ambiente.
Ogni RAEE (rifiuti da
apparecchiature elettriche
ed elettroniche) può essere non solo riutilizzato,
ma anche diventare una
fonte di recupero di costose materie prime. Infatti quel vecchio cellularaccolta dei RAEE e che
re potrebbe rinascere co- Per l'appunto, noi studenti
26
Ogni volta che ci regalano un cellulare nuovo
mettiamo nel casseto
quello vecchio. Non appena il frullatore si rompe, lo abbandoniamo, per
sostituirlo con il mixer
nuovo che vostra madre
ama. Per non parlare del
trapano che vostro padre
ha distrutto nel cercare di
bucare il muro portante,
in modo da far passsare i
cavi della nuova smart-tv
che ha sostituito il vecchio televisore col lettore
vhs.
Ma vi siete mai chiesti se
questi apparecchi elettrici
ed elettronici potessero
avere il modo di tornare
utili?
siamo i primi testimoni di
tutto ciò, in quanto la nostra scuola è stata coinvolta in un progetto di
sensibilizzazione ambientale e di raccolta RAEE in
collaborazione con Iren e
l'università di Modena e
E voi vi chiederete :"ma Reggio.
quando devo buttare il
trapano, cosa devo fare?" Ma perchè fare tutto questo?
Tranquilli, non siete gli
unici a farvi queste do- Perchè noi siamo coloro
mande, infatti il problema che vivranno nel futuro e
principale degli italiani è in quanto tali abbiamo sia
proprio il non saper gesti- il dovere che il diritto di
re lo smaltimento dei vivere in un ambiente puRAEE. In molti addirittu- lito e non minacciato dalra lo fanno in modo total- la presenza di rifiuti danmente scorretto, rischian- nosi. Perciò è necessario
do di diffondere nell'am- fare tutto il possibile, parbiente sostanze nocive, tendo dalla raccolta diffemettendo a rischio la sa- renziata e dei RAEE nella
lute dei cittadini. Fortuna- nostra città.
tamente, però, l'Italia prevede di diffondere il più Ma chi lo ha deciso?
possibile la conoscenza di Questo è stato deciso dai
un giusto metodo di smal- paesi dell'unione europea,
timento, partendo in parti- i quali hanno stabilito che
colare dalle scuole.
bisogna incrementare la
me pala eolica, il frullatore sarebbe parte di un frigorifero, mentre il giusto
smaltimento del televisore col lettore vhs eviterebbe l'immissione di sostanze dannose nell'ambiente.
Ogni RAEE (rifiuti da
apparecchiature elettriche
ed elettroniche) può essere non solo riutilizzato,
ma anche diventare una
fonte di recupero di costose materie prime. Infatti quel vecchio cellularaccolta dei RAEE e che
re potrebbe rinascere co- Per l'appunto, noi studenti
26
Attualità
il loro smaltimento deve
venire effettuato secondo
delle determinate normative nel luogo in cui il
rifiuto è stato prodotto.
Questo permette ad un
paese come l'Italia, che
produce tonnellate di
RAEE ogni anno, di recuperare una buona parte
di materie prime, o comunque di uso frequente
(ferro, plastica, terre rare,
ecc), senza dover acquistarle all'estero.
Ciò porterebbe alla creazione di un'economia circolare e, in un caso quasi
utopico, alla formazione
di un sistema "Rifiuti Zero", in cui tutto viene riciclato, anche i rifiuti e le
sostanze che normalmente non è possibile riutilizzare.
Ma per fare in modo che
ciò diventi realtà, bisogna
che le abitudini dei cittadini cambino. Qui a Reggio in particolare, abbiamo una buona base da
cui poter partire, ma per
27
Attualità
avere dei risultati concreti è necessario che ognuno di noi abbandoni la
propria pigrizia e cominci a rendersi conto di
quanto è importante occuparsi dell'ambiente.
Per chi volesse saperne di
più o partecipare a progetti di elearning (corsi
online riguardanti i
RAEE), qui ci sono dei
link utili da visitare.
www.weenmodels.eu
http://elearningraee.unimore.it
Raccogliere i RAEE oggi
significa migliorare il
nostro domani.
Silingardi Seligardi
Carlotta 3^D
il loro smaltimento deve
venire effettuato secondo
delle determinate normative nel luogo in cui il
rifiuto è stato prodotto.
Questo permette ad un
paese come l'Italia, che
produce tonnellate di
RAEE ogni anno, di recuperare una buona parte
di materie prime, o comunque di uso frequente
(ferro, plastica, terre rare,
ecc), senza dover acquistarle all'estero.
avere dei risultati concreti è necessario che ognuno di noi abbandoni la
propria pigrizia e cominci a rendersi conto di
quanto è importante occuparsi dell'ambiente.
Ciò porterebbe alla creazione di un'economia circolare e, in un caso quasi
utopico, alla formazione
di un sistema "Rifiuti Zero", in cui tutto viene riciclato, anche i rifiuti e le
sostanze che normalmente non è possibile riutilizzare.
www.weenmodels.eu
Ma per fare in modo che
ciò diventi realtà, bisogna
che le abitudini dei cittadini cambino. Qui a Reggio in particolare, abbiamo una buona base da
cui poter partire, ma per
27
Per chi volesse saperne di
più o partecipare a progetti di elearning (corsi
online riguardanti i
RAEE), qui ci sono dei
link utili da visitare.
http://elearningraee.unimore.it
Raccogliere i RAEE oggi
significa migliorare il
nostro domani.
Silingardi Seligardi
Carlotta 3^D
Progetti
Progetti
(Les) jardin dans le ciel
“(Les) jardins dans le
ciel”, una piccola vision
gallery che valorizzi un
luogo, perché tutti sollevino il capo ad ammirare
il nostro lavoro creativo,
auspicando che ne venga
colto il significato.
La classe 3° A ha svolto
con la prof.ssa Antonella
De Nisco il progetto
“(Les) jardins dans le
ciel” con un approfondimento sulla storia dell’arte dei giardini e un lavoro
grafico-letterario sulla
lingua francese (nostro
ambito curricolare); il
prodotto finale è un lavoro installativo: un lungo intreccio che andrà
collocato nella nostra
scuola; l’intreccio sarà
costituito da un insieme
di strisce che interpretano
nomi di fiori e verzura e
che convivono come in
un giardino, ma sembrano sospesi nel cielo. Si
potrà comprendere meglio il laboratorio leggendo la presentazione della
prof.ssa De Nisco:
“Nell’architettura dei
giardini si riflettono le
culture e le società. I più
bei giardini del mondo
raccontano l’avventura
della storia: i giardini
pensili di Babilonia e
l’hortus hurbanus dei
romani, il giardino islamico e l’hortus conclusus
del Medioevo, il giardino
del Rinascimento italiano
e le geometrie del giardino francese, l’Arcadia e
il giardino inglese, il
giardino contemporaneo;
includiamo in questo percorso storico l’importante Giardino dei Giusti,
nato a Gerusalemme nel
1960"… Il progetto di
approfondimento della
disciplina intende alimentare negli allievi non
solo
la
ricercaconoscenza di nuove parole in lingua francese o
una maggiore sensibilità
verso la natura, ma vuol
essere un invito ad interpretare lo spazio come
un luogo simbolico e di
riflessione. L’intreccio
collettivo fatto di parole
colorate (nomi di alberi,
(Les) jardin dans le ciel
fiori, frutti, verdure…)
diventa l’ installazionemetafora di un giardino
tessuto in cielo. Come un
grande dipinto mobile
costituito dai nomi delle
piante cercate, tradotte e
interpretate dai ragazzi
in colorati disegni e tecniche libere. (Les) jardins dans le ciel interpreta in modo inatteso lo
spazio della scuola, come
luogo della parola e della collaborazione reciproca. Questo progetto
oltre ad essere stato un
interessante laboratorio
grafico sulle parole della
natura in lingua, interpretate ed elaborate con
tecniche artistiche libere
e personali, diventa anche una metafora che invita le persone all’unione, in un lavoro collettivo, attraverso l’intreccio
dei loro disegni. Così come il giardino può essere
visto come spazio di pace, di armonia anche artistica tra diversi elementi
naturali, questo intreccio
realizzato nella scuola
diventa luogo di espressione personale, ma
28
“(Les) jardins dans le
ciel”, una piccola vision
gallery che valorizzi un
luogo, perché tutti sollevino il capo ad ammirare
il nostro lavoro creativo,
auspicando che ne venga
colto il significato.
La classe 3° A ha svolto
con la prof.ssa Antonella
De Nisco il progetto
“(Les) jardins dans le
ciel” con un approfondimento sulla storia dell’arte dei giardini e un lavoro
grafico-letterario sulla
lingua francese (nostro
ambito curricolare); il
prodotto finale è un lavoro installativo: un lungo intreccio che andrà
collocato nella nostra
scuola; l’intreccio sarà
costituito da un insieme
di strisce che interpretano
nomi di fiori e verzura e
che convivono come in
un giardino, ma sembrano sospesi nel cielo. Si
potrà comprendere meglio il laboratorio leggendo la presentazione della
prof.ssa De Nisco:
“Nell’architettura dei
giardini si riflettono le
culture e le società. I più
bei giardini del mondo
raccontano l’avventura
della storia: i giardini
pensili di Babilonia e
l’hortus hurbanus dei
romani, il giardino islamico e l’hortus conclusus
del Medioevo, il giardino
del Rinascimento italiano
e le geometrie del giardino francese, l’Arcadia e
il giardino inglese, il
giardino contemporaneo;
includiamo in questo percorso storico l’importante Giardino dei Giusti,
nato a Gerusalemme nel
1960"… Il progetto di
approfondimento della
disciplina intende alimentare negli allievi non
solo
la
ricercaconoscenza di nuove parole in lingua francese o
una maggiore sensibilità
verso la natura, ma vuol
essere un invito ad interpretare lo spazio come
un luogo simbolico e di
riflessione. L’intreccio
collettivo fatto di parole
colorate (nomi di alberi,
fiori, frutti, verdure…)
diventa l’ installazionemetafora di un giardino
tessuto in cielo. Come un
grande dipinto mobile
costituito dai nomi delle
piante cercate, tradotte e
interpretate dai ragazzi
in colorati disegni e tecniche libere. (Les) jardins dans le ciel interpreta in modo inatteso lo
spazio della scuola, come
luogo della parola e della collaborazione reciproca. Questo progetto
oltre ad essere stato un
interessante laboratorio
grafico sulle parole della
natura in lingua, interpretate ed elaborate con
tecniche artistiche libere
e personali, diventa anche una metafora che invita le persone all’unione, in un lavoro collettivo, attraverso l’intreccio
dei loro disegni. Così come il giardino può essere
visto come spazio di pace, di armonia anche artistica tra diversi elementi
naturali, questo intreccio
realizzato nella scuola
diventa luogo di espressione personale, ma
28
Progetti
Progetti
soprattutto di confronto e quelli della scuola. Abcollaborazione.
biamo pensato di collocaCiò che conta è l’idea e re l’installazione in uno
non l’abilità nel disegno, spazio di passaggio, crel’impegno e l’interpretazione soggettiva che la diamo simbolico e imclasse ha investito nelle portante: sospeso nel corsingole parole, rendendo- ridoio che porta alla bile personali e capaci di
contribuire all’armonia di blioteca dell’istituto, un
un “intreccio” collettivo. bel patrimonio e piccolo
giardino di grande valore
Questo lavoro vuole es- culturale
della nostra
sere un progetto decorati- scuola che noi spesso sotvo in grado di valorizzare tovalutiamo.
spazi, difficili e non semAntonella Amedei
classe 3 A - EsaBac
pre belli, come appunto
soprattutto di confronto e quelli della scuola. Abcollaborazione.
biamo pensato di collocaCiò che conta è l’idea e re l’installazione in uno
non l’abilità nel disegno, spazio di passaggio, crel’impegno e l’interpretazione soggettiva che la diamo simbolico e imclasse ha investito nelle portante: sospeso nel corsingole parole, rendendo- ridoio che porta alla bile personali e capaci di
contribuire all’armonia di blioteca dell’istituto, un
un “intreccio” collettivo. bel patrimonio e piccolo
giardino di grande valore
Questo lavoro vuole es- culturale
della nostra
sere un progetto decorati- scuola che noi spesso sotvo in grado di valorizzare tovalutiamo.
spazi, difficili e non semAntonella Amedei
classe 3 A - EsaBac
pre belli, come appunto
29
-
29
-
L’angolo del delirio
L’angolo del delirio: NASA deciditi
Bisogna dirlo: a volte nuovo segno venisse
Internet è davvero sor- messo in uso.
prendente!
Il nome? Ofiuco.
L’altro giorno stavo navi- Ofiuco.
gando su Google, e ho
Non so perché, ma suona
trovato un articolo che
talmente strano che appeparlava della NASA e dei
na lo sento mi viene in
segni zodiacali. Mi sono
mente una costellazione a
chiesta “Ma se i segni
forma di testuggine che
zodiacali sono astrologisuona un’ocarina, ma si
ci, la NASA che c’ensa, è solo fantasia. Ho
tra?” E curiosa ho letto
sentito che a dire il vero è
l’articolo. Caspita, che
una specie di ammazzzanotizia ho letto!
tore di serpenti, questo
In poche parole c’era Ofiuco, e perciò mi semscritto che negli ultimi bra ben lontano dalla mia
giorni su Twitter è nato idea di tartaruga musiciun vero e proprio delirio sta. Tornando all’aspetto
perché la NASA, sul suo generale della cosa, il
sito dedicato ai bambini, tutto non mi avrebbe colha spiegato che in realtà pito così tanto se non
le costellazioni principali avessi appreso che seconnon sono 12, bensì 13, e do la NASA, invece di
che quindi in realtà esi- essere uno scorpione vesterebbe un altro segno lenoso assassino, sono
zodiacale e che i giorni una bilancia del superaffibbiati ai segni corren- mercato.
ti sarebbero completaSignori miei, questo mi
mente sballati se questo
sembra un calo di qualità.
Invece di avvelenare i
L’angolo del delirio
L’angolo del delirio: NASA deciditi
seccatori, peso le arance
alla Coop. Senza offesa
per le Bilance, ma vorrei
proprio vedervi in una
situazione di pericolo.
Se vi aggrediscono cosa
fate? Lanciate i pesini?
Almeno gli scorpioni
seccano che è una meraviglia.
Smettendo di divagare,
anche se degli scorpioni
non me ne importa quasi
nulla, dato che secondo
me il destino non te lo
predicono le stelle ma i
voti in pagella, l’idea di
essere un altro segno zodiacale dà una sensazione
strana. Che poi, ad essere
sinceri, gli scorpioni hanno creato una serie di
luoghi comuni sui segni
che fanno ridere da morire quanto sono falsi. Per
esempio, si dice che chi è
del Cancro sia una persona carinissima, fantastica
e meravigliosissima.
Ma se ho conosciuto certi
30
Bisogna dirlo: a volte nuovo segno venisse
Internet è davvero sor- messo in uso.
prendente!
Il nome? Ofiuco.
L’altro giorno stavo navi- Ofiuco.
gando su Google, e ho
Non so perché, ma suona
trovato un articolo che
talmente strano che appeparlava della NASA e dei
na lo sento mi viene in
segni zodiacali. Mi sono
mente una costellazione a
chiesta “Ma se i segni
forma di testuggine che
zodiacali sono astrologisuona un’ocarina, ma si
ci, la NASA che c’ensa, è solo fantasia. Ho
tra?” E curiosa ho letto
sentito che a dire il vero è
l’articolo. Caspita, che
una specie di ammazzzanotizia ho letto!
tore di serpenti, questo
In poche parole c’era Ofiuco, e perciò mi semscritto che negli ultimi bra ben lontano dalla mia
giorni su Twitter è nato idea di tartaruga musiciun vero e proprio delirio sta. Tornando all’aspetto
perché la NASA, sul suo generale della cosa, il
sito dedicato ai bambini, tutto non mi avrebbe colha spiegato che in realtà pito così tanto se non
le costellazioni principali avessi appreso che seconnon sono 12, bensì 13, e do la NASA, invece di
che quindi in realtà esi- essere uno scorpione vesterebbe un altro segno lenoso assassino, sono
zodiacale e che i giorni una bilancia del superaffibbiati ai segni corren- mercato.
ti sarebbero completaSignori miei, questo mi
mente sballati se questo
sembra un calo di qualità.
Invece di avvelenare i
seccatori, peso le arance
alla Coop. Senza offesa
per le Bilance, ma vorrei
proprio vedervi in una
situazione di pericolo.
Se vi aggrediscono cosa
fate? Lanciate i pesini?
Almeno gli scorpioni
seccano che è una meraviglia.
Smettendo di divagare,
anche se degli scorpioni
non me ne importa quasi
nulla, dato che secondo
me il destino non te lo
predicono le stelle ma i
voti in pagella, l’idea di
essere un altro segno zodiacale dà una sensazione
strana. Che poi, ad essere
sinceri, gli scorpioni hanno creato una serie di
luoghi comuni sui segni
che fanno ridere da morire quanto sono falsi. Per
esempio, si dice che chi è
del Cancro sia una persona carinissima, fantastica
e meravigliosissima.
Ma se ho conosciuto certi
30
L’angolo del delirio
Cancri che meritavano di
essere tagliati a metà da
un pesce spada! Non
prendiamoci in giro dai!
Ed è anche il nome di una
malattia! E poi i poveri
Gemelli, che avrebbero
una doppia faccia? L’unica persona con una doppia faccia che io abbia
mai visto è stato Voldemort, il cattivo della saga
di Harry Potter. Sarà dei
Gemelli anche lui?
Ed infine non riesco a
capire perché lo Scorpione sia un segno d’acqua e
l’Acquario no. Dentro c’è
l’acqua! Lo dice anche il
nome!!! Voi avete mai
visto uno Scorpione farsi
31
L’angolo del delirio
un bagno in mare a Riccione? Cosa c’entra l’acqua con questo animale
velenoso? Un fico secco!
Ecco perché secondo me
lo zodiaco manca di coerenza.
Elena Orrù 3°D
Cancri che meritavano di
essere tagliati a metà da
un pesce spada! Non
prendiamoci in giro dai!
Ed è anche il nome di una
malattia! E poi i poveri
Gemelli, che avrebbero
una doppia faccia? L’unica persona con una doppia faccia che io abbia
mai visto è stato Voldemort, il cattivo della saga
di Harry Potter. Sarà dei
Gemelli anche lui?
Ed infine non riesco a
capire perché lo Scorpione sia un segno d’acqua e
l’Acquario no. Dentro c’è
l’acqua! Lo dice anche il
nome!!! Voi avete mai
visto uno Scorpione farsi
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un bagno in mare a Riccione? Cosa c’entra l’acqua con questo animale
velenoso? Un fico secco!
Ecco perché secondo me
lo zodiaco manca di coerenza.
Elena Orrù 3°D
Si ringraziano tutti coloro che hanno partecipato alla
composizione di questo numero, in particolare si ringrazia il precedente duo editoriale.
Si ringraziano tutti coloro che hanno partecipato alla
composizione di questo numero, in particolare si ringrazia il precedente duo editoriale.
La voce di matilde.
La voce di matilde.
32
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