Anno X, numero 1
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Anno X, numero 1
Anno 10, numero 1 Anno scolastico 2015/16 Istituto liceale MATILDE DI CANOSSA Reggio Emilia -R.E. A cura di: Silingardi Carlotta Elena Orrù Anno 10, numero 1 Anno scolastico 2015/16 Istituto liceale MATILDE DI CANOSSA Reggio Emilia -R.E. A cura di: Silingardi Carlotta Elena Orrù Coordinatori: Melli, Palazzo Coordinatori: Melli, Palazzo La voce di Matilde La voce di Matilde Racconti di donne Diritti delle donne p. 8 a 14 p. 1 a 7 Racconti di donne Diritti delle donne p. 8 a 14 p. 1 a 7 Viaggi Arte e cultura Attualità Progetti L’angolo del delirio p. 15 a 18 p. 19 a 22 p. 23 a 27 p. 28 a 29 p. 30 a 31 Viaggi Arte e cultura Attualità Progetti L’angolo del delirio p. 15 a 18 p. 19 a 22 p. 23 a 27 p. 28 a 29 p. 30 a 31 Diritti delle donne Diritti delle donne Le donne e la letteratura getta discredito su tutte Quale peso hanno avuto le donne, da Eva alla le donne nella cultura Marchesa di Monferrato occidentale? con tono intimidatorio che non favoriva qualche Conversando amichevol- poveretta intenzionata a mente chissà quante vol- mettere mano alla penna. te ci ha sfiorato questa Proseguendo nella ricercuriosità, ovvero il ruolo ca riscontriamo che i pridelle donne nella nostra mi documenti in lingua storia letteraria? Se ci italiana trattano di argoaffidiamo ai ricordi sco- menti che poco si addilastici dobbiamo consta- cevano all’indole femmitare che pochissimi nomi nile: poemi di natura alfemminili tornano alla legorica o didascalica, memoria, anzi tra i poemi epici, invettive “Grandi” proprio nessu- politiche, canti goliardino. D’altronde, in epoche ci. La poesia d’amore, in cui (salvo poche classi tema più congeniale privilegiate) a fatica si all’animo femminile ebriusciva a mettere insie- be inizio in Italia su imime il pranzo con la cena, tazione della poesia prola cultura o anche il solo venzale ed acquisì indi“saper leggere e scrive- pendenza letteraria con i re” era patrimonio di po- poeti della Scuola Sicichi uomini, perché alle liana. Mentre, però, in donne, eccetto rare ecce- Provenza la presenza di zioni, non veniva fornita poetesse non è del tutto una educazione lettera- ignota, qui da noi non se ria. ne trova traccia. Unica E’ curioso scoprire che eccezione, nel 1200, si già in un testo del XII ha con una poetessa fiosecolo, dall’emblematico rentina, conosciuta con titolo” Proverbi sulla lo pseudonimo di Comnatura delle donne”, un p i u t a Donzella poemetto (in quartine) si (significativo un nome 1 d’arte in un’epoca in cui nessun poeta riteneva opportuno schermarsi dietro un altro nome). Di lei rimangono solo tre armoniosi sonetti in stile siculo-provenzale. Con l’avvento del Dolce Stil Novo, la donna crebbe d’importanza non tanto come autrice di versi, ma in quanto simbolo di gentilezza e di virtù, mezzo per elevarsi a Dio. Ad ogni modo è da allora che la donna entra nel mondo della poesia. Dobbiamo però arrivare alla seconda metà del XIV secolo per trovare una presenza femminile tra gli autori di cui ci è stato tramandato il nome e l’opera. Tra gli scrittori di tematiche religiose spicca una giovane donna, destinata ad essere canonizzata: Caterina da Siena (1347-1380) con le Lettere e il Dialogo della Divina Provvidenza. Le donne e la letteratura getta discredito su tutte Quale peso hanno avuto le donne, da Eva alla le donne nella cultura Marchesa di Monferrato occidentale? con tono intimidatorio che non favoriva qualche Conversando amichevol- poveretta intenzionata a mente chissà quante vol- mettere mano alla penna. te ci ha sfiorato questa Proseguendo nella ricercuriosità, ovvero il ruolo ca riscontriamo che i pridelle donne nella nostra mi documenti in lingua storia letteraria? Se ci italiana trattano di argoaffidiamo ai ricordi sco- menti che poco si addilastici dobbiamo consta- cevano all’indole femmitare che pochissimi nomi nile: poemi di natura alfemminili tornano alla legorica o didascalica, memoria, anzi tra i poemi epici, invettive “Grandi” proprio nessu- politiche, canti goliardino. D’altronde, in epoche ci. La poesia d’amore, in cui (salvo poche classi tema più congeniale privilegiate) a fatica si all’animo femminile ebriusciva a mettere insie- be inizio in Italia su imime il pranzo con la cena, tazione della poesia prola cultura o anche il solo venzale ed acquisì indi“saper leggere e scrive- pendenza letteraria con i re” era patrimonio di po- poeti della Scuola Sicichi uomini, perché alle liana. Mentre, però, in donne, eccetto rare ecce- Provenza la presenza di zioni, non veniva fornita poetesse non è del tutto una educazione lettera- ignota, qui da noi non se ria. ne trova traccia. Unica E’ curioso scoprire che eccezione, nel 1200, si già in un testo del XII ha con una poetessa fiosecolo, dall’emblematico rentina, conosciuta con titolo” Proverbi sulla lo pseudonimo di Comnatura delle donne”, un p i u t a Donzella poemetto (in quartine) si (significativo un nome 1 d’arte in un’epoca in cui nessun poeta riteneva opportuno schermarsi dietro un altro nome). Di lei rimangono solo tre armoniosi sonetti in stile siculo-provenzale. Con l’avvento del Dolce Stil Novo, la donna crebbe d’importanza non tanto come autrice di versi, ma in quanto simbolo di gentilezza e di virtù, mezzo per elevarsi a Dio. Ad ogni modo è da allora che la donna entra nel mondo della poesia. Dobbiamo però arrivare alla seconda metà del XIV secolo per trovare una presenza femminile tra gli autori di cui ci è stato tramandato il nome e l’opera. Tra gli scrittori di tematiche religiose spicca una giovane donna, destinata ad essere canonizzata: Caterina da Siena (1347-1380) con le Lettere e il Dialogo della Divina Provvidenza. Diritti delle donne Successivamente nel XV secolo, nella Firenze Medicea, troviamo tra gli scrittori di sacre rappresentazioni: Antonia Giannotti Pulci con la sua Santa Guglielma. Sposò il fratello del poeta Luigi Pulci, autore del Morgante. E Alessandra Macinghi Strozzi (1407 -1471), vedova di Matteo Strozzi. Agli inizi del secolo XVI viene citata Tullia D’Aragona (1508 -1556), una cortigiana nata a Roma ma vissuta presso varie corti italiane. Di lei rimangono eleganti Rime (secondo i canoni petrarcheschi)e l’opera Dialogo della infinità di amore. Secondo la critica letteraria questi scritti non raggiungono un vero valore letterario, almeno secondo il giudizio di studiosi come Natalino Sapegno. Penso, comunque, sia doveroso ricordare qui i nomi delle poetesse riportati nei libri di letteratura ad uso delle scuole. -Barbara Torelli Strozzi (1475-1533), gentildonna parmense. Ricordia- mo un sonetto sulla morte del marito Ercole Strozzi, assassinato pochi giorni dopo le nozze. -Veronica Gambara (1485-1551), contessa bresciana, che andò sposa a Gilberto, signore di Correggio. Scrisse rime aderenti al linguaggio petrarchesco, tutte dedicate al marito (in vita e in morte di lui). Di lei abbiamo sia sonetti che raffinate canzoni. - Vittoria Colonna (1490 - 1547) romana, moglie del marchese di Pescara (ebbe numerosi amici intellettuali e artisti come Michelangelo). Scrisse anche lei rime di gusto petrarchesco con un linguaggio elegante. Ci ha lasciato un canzoniere - Francesca Turrini Bufalini (umbra, di Città di Castello) XVI secolo, di lei scarse sono le notizie sulla vita. Compose poesie sacre e delicate liriche petrarchesche - Laura Terracina (1519 -1577), nobile napoletana. Seguì i moduli petrarcheschi. Scrisse le rime(poesie di forti ac- Diritti delle donne Successivamente nel XV secolo, nella Firenze Medicea, troviamo tra gli scrittori di sacre rappresentazioni: Antonia Giannotti Pulci con la sua Santa Guglielma. Sposò il fratello del poeta Luigi Pulci, autore del Morgante. E Alessandra Macinghi Strozzi (1407 -1471), vedova di Matteo Strozzi. Agli inizi del secolo XVI viene citata Tullia D’Aragona (1508 -1556), una cortigiana nata a Roma ma vissuta presso varie corti italiane. Di lei rimangono eleganti Rime (secondo i canoni petrarcheschi)e l’opera Dialogo della infinità di amore. Secondo la critica letteraria questi scritti non raggiungono un vero valore letterario, almeno secondo il giudizio di studiosi come Natalino Sapegno. Penso, comunque, sia doveroso ricordare qui i nomi delle poetesse riportati nei libri di letteratura ad uso delle scuole. -Barbara Torelli Strozzi (1475-1533), gentildonna parmense. Ricordia- centi religiosi e morali) -Isabella Morra (15201548) poetessa lucana dalla breve e tragica esistenza. Figlia del feudatario di un piccolo borgo lucano ( antica Favale) nella valle del fiume Sinni. Dopo l’esilio del padre in Francia, rimane prigioniera della prepotenza e ignoranza dei fratelli. Nella solitudine del castello paterno compose versi che esprimono profonda amarezza e solitudine. Strinse una relazione intellettuale (più che amorosa) con la complicità del precettore, con il poeta, il nobile spagnolo Diego Sandoval De Castro, che aveva un possedimento confinante con il suo. Gelosi di tale relazione i barbari fratelli uccisero lei, il precettore e il nobile presunto amante. Ci lascia un breve Canzoniere di cui fa parte il sonetto Siri che va oltre l’imitazione del Petrarca (i critici hanno ravvisato nei suoi versi oltre al 2 mo un sonetto sulla morte del marito Ercole Strozzi, assassinato pochi giorni dopo le nozze. -Veronica Gambara (1485-1551), contessa bresciana, che andò sposa a Gilberto, signore di Correggio. Scrisse rime aderenti al linguaggio petrarchesco, tutte dedicate al marito (in vita e in morte di lui). Di lei abbiamo sia sonetti che raffinate canzoni. - Vittoria Colonna (1490 - 1547) romana, moglie del marchese di Pescara (ebbe numerosi amici intellettuali e artisti come Michelangelo). Scrisse anche lei rime di gusto petrarchesco con un linguaggio elegante. Ci ha lasciato un canzoniere - Francesca Turrini Bufalini (umbra, di Città di Castello) XVI secolo, di lei scarse sono le notizie sulla vita. Compose poesie sacre e delicate liriche petrarchesche - Laura Terracina (1519 -1577), nobile napoletana. Seguì i moduli petrarcheschi. Scrisse le rime(poesie di forti ac- centi religiosi e morali) -Isabella Morra (15201548) poetessa lucana dalla breve e tragica esistenza. Figlia del feudatario di un piccolo borgo lucano ( antica Favale) nella valle del fiume Sinni. Dopo l’esilio del padre in Francia, rimane prigioniera della prepotenza e ignoranza dei fratelli. Nella solitudine del castello paterno compose versi che esprimono profonda amarezza e solitudine. Strinse una relazione intellettuale (più che amorosa) con la complicità del precettore, con il poeta, il nobile spagnolo Diego Sandoval De Castro, che aveva un possedimento confinante con il suo. Gelosi di tale relazione i barbari fratelli uccisero lei, il precettore e il nobile presunto amante. Ci lascia un breve Canzoniere di cui fa parte il sonetto Siri che va oltre l’imitazione del Petrarca (i critici hanno ravvisato nei suoi versi oltre al 2 Diritti delle donne senso malinconico della vita, (che parrebbe anticipare il pessimismo leopardiano), un accento poetico nuovo che preannuncia una nuova epoca letteraria. - Chiara Matraini, lucchese nata nel 1514 e vissuta fin quasi alla fine del secolo. Di cui si dice soltanto che scrisse rime petrarchesche di carattere amoroso - Gaspara Stampa (1523 -1554), padovana, trasferita a Venezia. Benchè di modeste origini si integrò perfettamente con l’ambiente mondano della città. Fu apprezzata cantante e poetessa. (si dette un nome poetico di “Anassilla”, dall’Anaxus, nome latino del fiume Piave. Intraprese una breve relazione con un nobile e per lui scrisse il canzoniere, una sorta di diario intimo a cui affidò i suoi stati d’animo e i segreti del suo cuore. I critici del Romanticismo la giudicarono quasi una seconda Saffo. Scrisse secondo il corrente gusto petrarchesco e rinascimentale, versi ricchi 3 Diritti delle donne di musicalità e languida tenerezza, uno stile decoroso e venato di una schietta sensualità. Proprio alla fine del secolo, quando comincia a diffondersi un presentimento del gusto barocco, ci imbattiamo in un’autrice di favole pastorali, che venivano presentate in teatro: - Laura Guidiccioni (1550-1599), lucchese, moglie del compositore Lucchesini, visse a Firenze alla corte dei Medici. Compose sulla sua musica il Satiro e la disperazione di Fileno - Isabella Andreini (1562-11604) una poetessa padovana, anche famosa attrice di teatro che intrattenne rapporti con i maggiori letterati dell’epoca come il Tasso, il Marino. Nel Seicento, epoca contrassegnata dalla fissità delle regole e del rigido formalismo, della quale Leopardi disse: << l’Italia ebbe allora versi senza poesia>>. In questo secolo scarsa è la presenza di nomi femminili nella nostra letteratura, infatti troviamo citate solamente: -Lucrezia Marinella nobile veneziana che scrisse in versi e in prosa. Di lei si ricorda un poema epico-religioso sulla IV crociata, dal titolo Enrico, ovvero Bisanzio acquistato -Margherita Sarrocchi, colta poetessa napoletana (morta a Roma nel 1618): Difese nei suoi scritti le tesi di Galilei. Di lei si citano le Lettere e un poema Scanderbeide, pubblicato postumo nel 1623. Verso la fine del XVII secolo la nascita dell’Arcadia fu di grande richiamo ad una vita più semplice, lontana dai fasti dell’epoca barocca. Gli iscritti cantavano una vita idilliaca e propugnavano un modo di verseggiare aggraziato e musicale. Tra i letterati del XVIII secolo solo poche presenze femminili: Maria Selvaggia Borghini(1656-1731), pisana, poetessa e Accade- senso malinconico della vita, (che parrebbe anticipare il pessimismo leopardiano), un accento poetico nuovo che preannuncia una nuova epoca letteraria. - Chiara Matraini, lucchese nata nel 1514 e vissuta fin quasi alla fine del secolo. Di cui si dice soltanto che scrisse rime petrarchesche di carattere amoroso - Gaspara Stampa (1523 -1554), padovana, trasferita a Venezia. Benchè di modeste origini si integrò perfettamente con l’ambiente mondano della città. Fu apprezzata cantante e poetessa. (si dette un nome poetico di “Anassilla”, dall’Anaxus, nome latino del fiume Piave. Intraprese una breve relazione con un nobile e per lui scrisse il canzoniere, una sorta di diario intimo a cui affidò i suoi stati d’animo e i segreti del suo cuore. I critici del Romanticismo la giudicarono quasi una seconda Saffo. Scrisse secondo il corrente gusto petrarchesco e rinascimentale, versi ricchi 3 di musicalità e languida tenerezza, uno stile decoroso e venato di una schietta sensualità. Proprio alla fine del secolo, quando comincia a diffondersi un presentimento del gusto barocco, ci imbattiamo in un’autrice di favole pastorali, che venivano presentate in teatro: - Laura Guidiccioni (1550-1599), lucchese, moglie del compositore Lucchesini, visse a Firenze alla corte dei Medici. Compose sulla sua musica il Satiro e la disperazione di Fileno - Isabella Andreini (1562-11604) una poetessa padovana, anche famosa attrice di teatro che intrattenne rapporti con i maggiori letterati dell’epoca come il Tasso, il Marino. Nel Seicento, epoca contrassegnata dalla fissità delle regole e del rigido formalismo, della quale Leopardi disse: << l’Italia ebbe allora versi senza poesia>>. In questo secolo scarsa è la presenza di nomi femminili nella nostra letteratura, infatti troviamo citate solamente: -Lucrezia Marinella nobile veneziana che scrisse in versi e in prosa. Di lei si ricorda un poema epico-religioso sulla IV crociata, dal titolo Enrico, ovvero Bisanzio acquistato -Margherita Sarrocchi, colta poetessa napoletana (morta a Roma nel 1618): Difese nei suoi scritti le tesi di Galilei. Di lei si citano le Lettere e un poema Scanderbeide, pubblicato postumo nel 1623. Verso la fine del XVII secolo la nascita dell’Arcadia fu di grande richiamo ad una vita più semplice, lontana dai fasti dell’epoca barocca. Gli iscritti cantavano una vita idilliaca e propugnavano un modo di verseggiare aggraziato e musicale. Tra i letterati del XVIII secolo solo poche presenze femminili: Maria Selvaggia Borghini(1656-1731), pisana, poetessa e Accade- Diritti delle donne mica degli stravaganti, tradusse dal latino le opere di Tertulliano. Scrisse numerosi sonetti e canzoni. -Faustina Maratti, poetessa e bellissima moglie del poeta arcade Giambattista Zappi - Isabella Pignone del Carretto, Teresa Zani , Petronilla Paolina Massimi Di loro come di tutte le poetesse arcadi si ricordano versi bucolici. Verso la fine del XVIII secolo raggiunge una certa notorietà la marchesa Eleonora De Fonseca Pimentel(17521799). Nel XIX secolo, con la poetica nuova e passionale del Romanticismo, si trovano in mezzo a tanti nomi di poeti anche quelli delle poetesse o scrittrici. Da menzionare una scrittrice di novelle e racconti di influsso manzoniano, ma che anticipano alcuni aspetti del Verismo: -Caterina Percoto(18121887), friulana. Tra le sue opere vi sono i Racconti e le Novelle popo- lari. Del secondo Ottocento è la milanese -Anna Radius Zuccari (1846-1918), conosciuta come NEERA( pseudonimo tratto da eroine mitologiche) che scrisse numerosi romanzi e libri di poesie e racconti (in parte autobiografici) improntati ad uno stile tardo-romantico. Più famosa invece è la scrittrice e giornalista, nata a Patrasso, Grecia, da padre italiano e madre greca -Matilde Serao, che fin dalla primissima infanzia (dal1860) andò a vivere a Napoli. A 22 anni entrò nella redazione del Corriere del Mattino, successivamente collaborò con molti giornali dell’epoca. Scrisse molti romanzi di stile tardo-romantico e verista, tra i più famosi Il ventre di Napoli e Il paese di cuccagna. Curiosità anche per la sua tragica fine suscitò la figura di Evelina Cattermole Mancini (1849 Diritti delle donne mica degli stravaganti, tradusse dal latino le opere di Tertulliano. Scrisse numerosi sonetti e canzoni. -Faustina Maratti, poetessa e bellissima moglie del poeta arcade Giambattista Zappi - Isabella Pignone del Carretto, Teresa Zani , Petronilla Paolina Massimi Di loro come di tutte le poetesse arcadi si ricordano versi bucolici. Verso la fine del XVIII secolo raggiunge una certa notorietà la marchesa Eleonora De Fonseca Pimentel(17521799). Nel XIX secolo, con la poetica nuova e passionale del Romanticismo, si trovano in mezzo a tanti nomi di poeti anche quelli delle poetesse o scrittrici. Da menzionare una scrittrice di novelle e racconti di influsso manzoniano, ma che anticipano alcuni aspetti del Verismo: -Caterina Percoto(18121887), friulana. Tra le sue opere vi sono i Racconti e le Novelle popo- -1896), fiorentina, di padre scozzese, assassinata dall’uomo con cui conviveva. Scrisse una raccolta di versi con lo pseudonimo di Contessa Lara. Nel suo stile già si avverte il segno del prossimo Decadentismo, specie per l’Estetismo, per il gusto dell’esotico, dell’erotismo e dei simboli. La sua è una poesia di confessione autobiografica, un diario confidenziale. Una vena più realistica la troviamo in Vittoria Aganoor Pompili, padovana di origine armena. Una famosissima scrittrice verista di questo periodo è stata Grazia Deledda(1871-1936), di Nuoro che nel 1927 ricevette il premio Nobel per la Letteratura. Ricordiamo tra i suoi romanzi: Canne al vento, Cosima, Marianna Sirca, Elias Porolu. Di scarso rilievo è l’opera della scrittrice Annie Vivanti, nata a Londra da padre italiano, allieva di Giosuè Carducci, scrittrice di romanzi e di versi. 4 lari. Del secondo Ottocento è la milanese -Anna Radius Zuccari (1846-1918), conosciuta come NEERA( pseudonimo tratto da eroine mitologiche) che scrisse numerosi romanzi e libri di poesie e racconti (in parte autobiografici) improntati ad uno stile tardo-romantico. Più famosa invece è la scrittrice e giornalista, nata a Patrasso, Grecia, da padre italiano e madre greca -Matilde Serao, che fin dalla primissima infanzia (dal1860) andò a vivere a Napoli. A 22 anni entrò nella redazione del Corriere del Mattino, successivamente collaborò con molti giornali dell’epoca. Scrisse molti romanzi di stile tardo-romantico e verista, tra i più famosi Il ventre di Napoli e Il paese di cuccagna. Curiosità anche per la sua tragica fine suscitò la figura di Evelina Cattermole Mancini (1849 -1896), fiorentina, di padre scozzese, assassinata dall’uomo con cui conviveva. Scrisse una raccolta di versi con lo pseudonimo di Contessa Lara. Nel suo stile già si avverte il segno del prossimo Decadentismo, specie per l’Estetismo, per il gusto dell’esotico, dell’erotismo e dei simboli. La sua è una poesia di confessione autobiografica, un diario confidenziale. Una vena più realistica la troviamo in Vittoria Aganoor Pompili, padovana di origine armena. Una famosissima scrittrice verista di questo periodo è stata Grazia Deledda(1871-1936), di Nuoro che nel 1927 ricevette il premio Nobel per la Letteratura. Ricordiamo tra i suoi romanzi: Canne al vento, Cosima, Marianna Sirca, Elias Porolu. Di scarso rilievo è l’opera della scrittrice Annie Vivanti, nata a Londra da padre italiano, allieva di Giosuè Carducci, scrittrice di romanzi e di versi. 4 Diritti delle donne Nell’epoca dei poeti crepuscolari troviamo Amalia Guglielminetti (18811941), nata a Torino, famosa per la lunga relazione con il poeta Guido Gozzano. Scrisse poesie ricche di sensualità inquieta: Le vergini folli; L’insonne; I serpenti di Medusa di stile dannunziano. Poetesa, invece, di buona notorietà nella prima metà del XX secolo, è stata Ada Negri(1870-1944), lodigiana, di umili origini, che insegnò a lungo come maestra nelle scuole statali. Tra le sue opere ricordiamo: Fatalità, Tempesta, Maternità. I suoi scritti sono da inserirsi nel filone della poesia “intimista” per la forte passionalità. Il suo capolavoro è ritenuto Il libro di Mara(1919), rievocazione di un tardivo amore perduto. Nei lavori più maturi adottò moduli pascoliani e dannunziani nella produzione in versi e nelle prose , il romanzo Stella mattutina e in alcuni libri di novelle ha usato un tono 5 Diritti delle donne più dimesso e autobiografico. Più recente è l’opera di Sibilla Aleramo, pseudonimo di Rina faccio (Alessandria,1876-Roma 1960), autrice determinata, visse vicino agli ambienti culturali della sinistra ed aderì al movimento Comunista. Seguì le innovazioni poetiche del Novecento e si legò sentimentalmente con poeti quali Cardarelli, Campana e Boine. Ebbe un grande successo con il suo primo romanzo Una donna(1906)che per la sua tematica la mise subito a capo di un movimento femminista. Scrisse numerose raccolte di versi, Momenti, Poesie, Sì alla terra (1934). Nell’epoca contemporanea particolare attenzione meritano le poesie di Antonia Pozzi(191219389, milanese, morta suicida a soli ventisei anni, di cui restano un volume dedicato a Flaubert e una raccolta di versi con la prefazione di Montale, dal titolo Paro- le (1930-1938). Saggista e scrittrice di molte opere di narrativa è stata la fiorentina Anna Banti, pseudonimo di Lucia Lopresti (18951985)che nel 1955 ha vinto il premio Viareggio con il romanzo Le donne muoiono. Merita attenzione ancheRenata Viganò(Bologna 19001976) scrittrice precoce, a soli 13 anni pubblica la sua prima raccolta di poesie Ginestra in fiore; Piccola Fiamma;. Raggiunse la sua notorietà col romanzo L’Agnese va a morire(1949) di impianto neorealistico ispirato alla Resistenza, Donne della Resistenza (1955) 28 ritratti di antifasciste bolognesi cadute; Matrimonio in brigata(1976), raccolta di racconti partigiani. Autrice prevalentemente anch’ella di romanzi è stata Elsa Morante(Roma 19181985).Di lei ricordiamo L’isola di Arturo e La Nell’epoca dei poeti crepuscolari troviamo Amalia Guglielminetti (18811941), nata a Torino, famosa per la lunga relazione con il poeta Guido Gozzano. Scrisse poesie ricche di sensualità inquieta: Le vergini folli; L’insonne; I serpenti di Medusa di stile dannunziano. Poetesa, invece, di buona notorietà nella prima metà del XX secolo, è stata Ada Negri(1870-1944), lodigiana, di umili origini, che insegnò a lungo come maestra nelle scuole statali. Tra le sue opere ricordiamo: Fatalità, Tempesta, Maternità. I suoi scritti sono da inserirsi nel filone della poesia “intimista” per la forte passionalità. Il suo capolavoro è ritenuto Il libro di Mara(1919), rievocazione di un tardivo amore perduto. Nei lavori più maturi adottò moduli pascoliani e dannunziani nella produzione in versi e nelle prose , il romanzo Stella mattutina e in alcuni libri di novelle ha usato un tono 5 più dimesso e autobiografico. Più recente è l’opera di Sibilla Aleramo, pseudonimo di Rina faccio (Alessandria,1876-Roma 1960), autrice determinata, visse vicino agli ambienti culturali della sinistra ed aderì al movimento Comunista. Seguì le innovazioni poetiche del Novecento e si legò sentimentalmente con poeti quali Cardarelli, Campana e Boine. Ebbe un grande successo con il suo primo romanzo Una donna(1906)che per la sua tematica la mise subito a capo di un movimento femminista. Scrisse numerose raccolte di versi, Momenti, Poesie, Sì alla terra (1934). Nell’epoca contemporanea particolare attenzione meritano le poesie di Antonia Pozzi(191219389, milanese, morta suicida a soli ventisei anni, di cui restano un volume dedicato a Flaubert e una raccolta di versi con la prefazione di Montale, dal titolo Paro- le (1930-1938). Saggista e scrittrice di molte opere di narrativa è stata la fiorentina Anna Banti, pseudonimo di Lucia Lopresti (18951985)che nel 1955 ha vinto il premio Viareggio con il romanzo Le donne muoiono. Merita attenzione ancheRenata Viganò(Bologna 19001976) scrittrice precoce, a soli 13 anni pubblica la sua prima raccolta di poesie Ginestra in fiore; Piccola Fiamma;. Raggiunse la sua notorietà col romanzo L’Agnese va a morire(1949) di impianto neorealistico ispirato alla Resistenza, Donne della Resistenza (1955) 28 ritratti di antifasciste bolognesi cadute; Matrimonio in brigata(1976), raccolta di racconti partigiani. Autrice prevalentemente anch’ella di romanzi è stata Elsa Morante(Roma 19181985).Di lei ricordiamo L’isola di Arturo e La Diritti delle donne storia. La sua poesia Alibi e Il mondo salvato dai ragazzini. Aderì all’area di sinistra e al neorealismo. Tra le autrici scomparse di recente ricordiamo Lalla Romano(19062001) Nasce in provincia di Cuneo, iscritta al partito d’Azione, prese parte attiva alla Resistenza, esperienza i cui echi confluirono in molte sue opere. Poetessa, narratrice, pittrice e critica d’arte. Di lei vi sono raccolte di poesie, Fiore, L’autunno, Tetto murato, L’uomo che parlava solo. Tra le opere di narrativa: Le metamorfosi, in atmosfera surrealista e simbolista. Una tematica costante di Lalla Romano è l’indagine nella memoria. E ancora: Natalia Levi Ginzburg (Palermo 1916Roma 1991)autrice di romanzi e raccon . La sua vita dopo il matrimonio con l’an fa- scista Leone Ginzburg si svolse tu"a all’insegna dell’an fascismo militante. Passò gli anni tra il 1940 e il 1943 al confino in un paesino dell’Abruzzo. Tra le sue opere ricordiamo Lessico familiare con cui vinse il Premio Strega nel 1963, Valen no, La famiglia Manzoni Margherita Guidacci (Firenze 19211992), docente di Lingua e le"eratura inglese al Magistero a Roma, ha pubblicato numerosi libri di poesie, come La sabbia e l’angelo, Poesie per i poe , Il buio e lo splendore in cui porta una forte esperienza religiosa in uno s le che ricorda l’este smo rarefa"o. Oriana Fallaci( Firenze 1929-2006). Figlia di un an fascista, partecipa giovanissima al movimento della Resistenza, Gius zia e Libertà, come staffe"a. Esordisce come giornalista negli anni cinquanta come corrispondente di guerra negli anni Se"anta. Nel 1975 pubblica Le era ad un bambino mai nato; Un uomo (1979); Inshallah (1990). Nel 2008 viene pubblicato postumo il suo ul mo libro Un 6 Diritti delle donne storia. La sua poesia Alibi e Il mondo salvato dai ragazzini. Aderì all’area di sinistra e al neorealismo. Tra le autrici scomparse di recente ricordiamo Lalla Romano(19062001) Nasce in provincia di Cuneo, iscritta al partito d’Azione, prese parte attiva alla Resistenza, esperienza i cui echi confluirono in molte sue opere. Poetessa, narratrice, pittrice e critica d’arte. Di lei vi sono raccolte di poesie, Fiore, L’autunno, Tetto murato, L’uomo che parlava solo. Tra le opere di narrativa: Le metamorfosi, in atmosfera surrealista e simbolista. Una tematica costante di Lalla Romano è l’indagine nella memoria. E ancora: Natalia Levi Ginzburg (Palermo 1916Roma 1991)autrice di romanzi e raccon . La sua vita dopo il matrimonio con l’an fa- scista Leone Ginzburg si svolse tu"a all’insegna dell’an fascismo militante. Passò gli anni tra il 1940 e il 1943 al confino in un paesino dell’Abruzzo. Tra le sue opere ricordiamo Lessico familiare con cui vinse il Premio Strega nel 1963, Valen no, La famiglia Manzoni Margherita Guidacci (Firenze 19211992), docente di Lingua e le"eratura inglese al Magistero a Roma, ha pubblicato numerosi libri di poesie, come La sabbia e l’angelo, Poesie per i poe , Il buio e lo splendore in cui porta una forte esperienza religiosa in uno s le che ricorda l’este smo rarefa"o. Oriana Fallaci( Firenze 1929-2006). Figlia di un an fascista, partecipa giovanissima al movimento della Resistenza, Gius zia e Libertà, come staffe"a. Esordisce come giornalista negli anni cinquanta come corrispondente di guerra negli anni Se"anta. Nel 1975 pubblica Le era ad un bambino mai nato; Un uomo (1979); Inshallah (1990). Nel 2008 viene pubblicato postumo il suo ul mo libro Un 6 Diritti delle donne GIE. Amelia Rosselli, nata nel 1930 a Parigi dall’esule an fascista Carlo Rosselli, ha vissuto in Francia, Inghilterra e a Roma dove è morta suicida nel 1998. Nella sua poesia si intrecciano gli influssi dei simbolis francesi e dei poe italiani del Novecento: Tra le sue produzioni ricordiamo Variazione bellica, Serie ospedaliera, La libellula, Sleep Alda Merini (Milano1931-2009). La sua è stata una vita abbastanza travagliata e al limite della pazzia. La sua produzione poe ca sopra"u"o è vas ssima. Molte raccolte di poesie: Paura di Dio (1955); Nozze romane; La pazza della porta accanto; Des na a morire; 7 Diritti delle donne Poesie (1971); Le rime petrose ; Le più belle poesie; Vuoto d’amore1991; Le briglie d’oro(2005). GIE. Amelia Rosselli, nata nel 1930 a Parigi dall’esule an fascista Carlo Rosselli, ha vissuto in Francia, Inghilterra e a Roma dove è morta suicida nel 1998. Nella sua poesia si intrecciano gli influssi dei simbolis francesi e dei poe italiani del Novecento: Tra le sue produzioni ricordiamo Variazione bellica, Serie ospedaliera, La libellula, Sleep Alda Merini (Milano1931-2009). La sua è stata una vita abbastanza travagliata e al limite della pazzia. La sua produzione poe ca sopra"u"o è vas ssima. Molte raccolte di poesie: Paura di Dio (1955); Nozze romane; La pazza della porta accanto; Des na a morire; Questo lavoro, che non ha la pretesa di un compendio esaustivo, vuol essere, invece, una semplice carrellata di nomi al femminile, un omaggio alle donne che ancora oggi stentano ad avere un adeguato rilievo e il giusto riconoscimento nell’ambito della storia letteraria nostrana. Sicura che l’elenco non possa esaurirsi in queste poche pagine, auspico di poterlo ampliare e approfondire prossimamente con il contributo di tutti quelli che amano la lettura. Isabella (docente) Palazzo 7 Poesie (1971); Le rime petrose ; Le più belle poesie; Vuoto d’amore1991; Le briglie d’oro(2005). Questo lavoro, che non ha la pretesa di un compendio esaustivo, vuol essere, invece, una semplice carrellata di nomi al femminile, un omaggio alle donne che ancora oggi stentano ad avere un adeguato rilievo e il giusto riconoscimento nell’ambito della storia letteraria nostrana. Sicura che l’elenco non possa esaurirsi in queste poche pagine, auspico di poterlo ampliare e approfondire prossimamente con il contributo di tutti quelli che amano la lettura. Isabella (docente) Palazzo Racconti Racconti Vita da cani Un giovane nordcoreano recluso in un campo di concentramento tenta la fuga, ma fallisce e muore ingoiato dalle acque del fiume. Salvo per miracolo, dopo una notte passata nell’incubo del bosco, Minho decise grazie alla luce del giorno e alla corrente debole di attraversare la foce del fiume Han. Avvicinandosi al grande specchio d’acqua che si muoveva leggermente per la brezza e facendo attenzione a non inciampare sui sassi, si guardò attorno con la speranza di scorgere una barca abbandonata. Rimasto deluso, si sedette disorientato sulla riva e all’improvviso si sentì sfinito e affamato. Si prese la testa fra le mani cercando di eliminare le orribili immagini delle esperienze di qualche giorno prima. Aveva le mani graffiate, i piedi scalzi, le gambe piene di tagli. Guardò per un’ultima volta verso il fiume e, stringendo i pugni, si alzò barcollando. Non aveva niente da perdere ormai e non aveva più paura. Con un salto si ritrovò sott’acqua e ma si pentì subito di quello che aveva appena fatto sentendosi impotente di fronte alla corrente che aumentava sempre più. Rabbrividì davanti al macabro e nauseante spettacolo che si presentò ai suoi occhi: decine di cadaveri giacevano sul fondale, ma si fece coraggio e con una spinta riuscì a guadagnare la superficie dell’acqua torbida. Si guardò indietro e sentì forti gli ululati dei cani della polizia, li immaginava veloci, ferocissimi, con gli occhi iniettati di sangue, che correvano al fianco dei militari nord coreani altrettanto rapidi; a quel punto non aspettò un secondo di più, rimise la testa sott’acqua, nuotò a lungo pensando alla vita che l’aspettava potendo arrivare sull’altra sponda. Aveva pianificato da mesi di evadere da Hwasong, il campo di concentr amento 16, aveva studiato a lungo le tattiche adottate da Shin Donghyuk, l’unica persona riuscita ad evadere da una prigione nordcoreana; sentì il suo cuore battere forte al pensiero dei tunnel sotterranei che permettevano il passaggio di 30 mila soldati all’ora. Era quasi sbalordito del fatto che i poliziotti a guardia del campo non l’avessero ancora preso, forse stavano guadagnando tempo o forse volevano ancora divertirsi. Dopo un tempo indeterminato si fermò cercando di restare a galla nonostante i muscoli indolenziti. Le nuvole scivolavano pigramente sul cielo azzurro, in lontananza poteva scorgere i grattacieli di una città, dietro, la sottile striscia di bosco silenzioso lo intimi- Vita da cani diva e lo incitava ad allontanarsi velocemente, ma non riusciva più a muoversi, il tempo sembrava essersi fermato. Rivolse di nuovo lo sguardo verso la sua destinazione e non si accorse delle ombre furtive che disturbavano la tranquillità del bosco. Con un boato improvviso l’acqua attorno a lui si colorò di rosso. Vari latrati si mescolavano alle risate disumane e irritanti dei suoi inseguitori. Minho ebbe una fitta al cuore, girò gli occhi al cielo e notò che stava diventando sempre più nero. Si ammutolì cessando di respirare, mentre l’acqua torbida lo accoglieva tra le sue gelide braccia. Polisciuc Ana 5^D 8 Un giovane nordcoreano recluso in un campo di concentramento tenta la fuga, ma fallisce e muore ingoiato dalle acque del fiume. Salvo per miracolo, dopo una notte passata nell’incubo del bosco, Minho decise grazie alla luce del giorno e alla corrente debole di attraversare la foce del fiume Han. Avvicinandosi al grande specchio d’acqua che si muoveva leggermente per la brezza e facendo attenzione a non inciampare sui sassi, si guardò attorno con la speranza di scorgere una barca abbandonata. Rimasto deluso, si sedette disorientato sulla riva e all’improvviso si sentì sfinito e affamato. Si prese la testa fra le mani cercando di eliminare le orribili immagini delle esperienze di qualche giorno prima. Aveva le mani graffiate, i piedi scalzi, le gambe piene di tagli. Guardò per un’ultima volta verso il fiume e, stringendo i pugni, si alzò barcollando. Non aveva niente da perdere ormai e non aveva più paura. Con un salto si ritrovò sott’acqua e ma si pentì subito di quello che aveva appena fatto sentendosi impotente di fronte alla corrente che aumentava sempre più. Rabbrividì davanti al macabro e nauseante spettacolo che si presentò ai suoi occhi: decine di cadaveri giacevano sul fondale, ma si fece coraggio e con una spinta riuscì a guadagnare la superficie dell’acqua torbida. Si guardò indietro e sentì forti gli ululati dei cani della polizia, li immaginava veloci, ferocissimi, con gli occhi iniettati di sangue, che correvano al fianco dei militari nord coreani altrettanto rapidi; a quel punto non aspettò un secondo di più, rimise la testa sott’acqua, nuotò a lungo pensando alla vita che l’aspettava potendo arrivare sull’altra sponda. Aveva pianificato da mesi di evadere da Hwasong, il campo di concentr amento 16, aveva studiato a lungo le tattiche adottate da Shin Donghyuk, l’unica persona riuscita ad evadere da una prigione nordcoreana; sentì il suo cuore battere forte al pensiero dei tunnel sotterranei che permettevano il passaggio di 30 mila soldati all’ora. Era quasi sbalordito del fatto che i poliziotti a guardia del campo non l’avessero ancora preso, forse stavano guadagnando tempo o forse volevano ancora divertirsi. Dopo un tempo indeterminato si fermò cercando di restare a galla nonostante i muscoli indolenziti. Le nuvole scivolavano pigramente sul cielo azzurro, in lontananza poteva scorgere i grattacieli di una città, dietro, la sottile striscia di bosco silenzioso lo intimi- diva e lo incitava ad allontanarsi velocemente, ma non riusciva più a muoversi, il tempo sembrava essersi fermato. Rivolse di nuovo lo sguardo verso la sua destinazione e non si accorse delle ombre furtive che disturbavano la tranquillità del bosco. Con un boato improvviso l’acqua attorno a lui si colorò di rosso. Vari latrati si mescolavano alle risate disumane e irritanti dei suoi inseguitori. Minho ebbe una fitta al cuore, girò gli occhi al cielo e notò che stava diventando sempre più nero. Si ammutolì cessando di respirare, mentre l’acqua torbida lo accoglieva tra le sue gelide braccia. Polisciuc Ana 5^D 8 Racconti di donne Racconti di donne La mano di Fatima va i loro piedi nudi e che quella mano fosse magi- va i loro piedi nudi e che quella mano fosse magi- Sogni infranti di donne e complicava il loro cam- ca, capace di infondere Sogni infranti di donne e complicava il loro cam- ca, capace di infondere uomini costretti a lascia- mino già travagliato. re la propria terra per C’ero anch’io in quella sottrarsi agli orrori della notte cupa e misteriosa, guerra e che vengono tra innumerevoli spiriti ingoiati dal “mare no- erranti e senza patria, fingevo di non sentire la strum” fatica che indeboliva il Una luce fioca illumina- mio corpo e il dolore va la riva, delineava il atroce che lacerava il profilo di un paesaggio mio spirito; guardavo il tanto caro, Tripoli: cer- cielo, stringendo sempre tezza del passato e ricor- più forte le mie mani per do confuso del futuro. Su proteggere l’unico ricorquella riva migliaia di do della mia famiglia. uomini, donne e bambini Difendevo con tutte le avanzavano con passi mie forze un ciondolo, la lenti, silenziosi, sommer- Mano di Fatima, che i si da pensieri, paure, miei genitori mi avevano preoccupazioni. Erano regalato in occasione del esseri fragili, così inno- mio diciottesimo comcenti da non curarsi pleanno, convinti che mi dell’ambiente degradato avrebbe preservato dalle che li circondava, della atrocità della vita. Mi terra fangosa che ricopri- piaceva 9 La mano di Fatima pensare che speranza e gioia. Trascinata dall’ondeggiare della folla, con lo sguardo rapito dalla maestosità dell’orizzonte raggiunsi una barca di legno, deteriorata dal mare, dal vento e dalle intemperie, sulla quale i passeggeri erano stipati come merci scartate. Guardavo attonita quella distesa umana, quella gente privata della dignità, quando fui richiamata dalla voce roca e fastidiosa di un uomo dall’aspetto gretto e meschino, dagli occhi strabordanti di malvagità, che ci intimava di non fiatare e di non muoverci. La sua mano viscida mi prese avidamente i soldi che tenevo nella piccola tasca della mia felpa. Sembrava inverosimile che tante anime in fuga riponessero il loro barlume uomini costretti a lascia- mino già travagliato. re la propria terra per C’ero anch’io in quella sottrarsi agli orrori della notte cupa e misteriosa, guerra e che vengono tra innumerevoli spiriti ingoiati dal “mare no- erranti e senza patria, fingevo di non sentire la strum” fatica che indeboliva il Una luce fioca illumina- mio corpo e il dolore va la riva, delineava il atroce che lacerava il profilo di un paesaggio mio spirito; guardavo il tanto caro, Tripoli: cer- cielo, stringendo sempre tezza del passato e ricor- più forte le mie mani per do confuso del futuro. Su proteggere l’unico ricorquella riva migliaia di do della mia famiglia. uomini, donne e bambini Difendevo con tutte le avanzavano con passi mie forze un ciondolo, la lenti, silenziosi, sommer- Mano di Fatima, che i si da pensieri, paure, miei genitori mi avevano preoccupazioni. Erano regalato in occasione del esseri fragili, così inno- mio diciottesimo comcenti da non curarsi pleanno, convinti che mi dell’ambiente degradato avrebbe preservato dalle che li circondava, della atrocità della vita. Mi terra fangosa che ricopri- piaceva 9 pensare che speranza e gioia. Trascinata dall’ondeggiare della folla, con lo sguardo rapito dalla maestosità dell’orizzonte raggiunsi una barca di legno, deteriorata dal mare, dal vento e dalle intemperie, sulla quale i passeggeri erano stipati come merci scartate. Guardavo attonita quella distesa umana, quella gente privata della dignità, quando fui richiamata dalla voce roca e fastidiosa di un uomo dall’aspetto gretto e meschino, dagli occhi strabordanti di malvagità, che ci intimava di non fiatare e di non muoverci. La sua mano viscida mi prese avidamente i soldi che tenevo nella piccola tasca della mia felpa. Sembrava inverosimile che tante anime in fuga riponessero il loro barlume Racconti di donne di speranza in quel tra- avevano distrutto la mia poco a poco la nostra imbarcazione e un’onda ghettatore senza cuore. famiglia. Racconti di donne di speranza in quel tra- avevano distrutto la mia poco a poco la nostra imbarcazione e un’onda ghettatore senza cuore. famiglia. D’improvviso, su quella Con questo pensiero, mi anomala, dalla violenza D’improvviso, su quella Con questo pensiero, mi anomala, dalla violenza barca, eravamo diventati abbandonai ad un pianto inaudita, fece naufragare barca, eravamo diventati abbandonai ad un pianto inaudita, fece naufragare tutti compagni di viag- che era al tempo stesso in un istante i sogni di tutti compagni di viag- che era al tempo stesso in un istante i sogni di gio, con vite diverse ma pieno di speranza, di so- un’intera esistenza. Sen- gio, con vite diverse ma pieno di speranza, di so- un’intera esistenza. Sen- con destini comuni. Fa- gni, il balsamo che ri- tivo la forza venirmi me- con destini comuni. Fa- gni, il balsamo che ri- tivo la forza venirmi me- cendomi spazio tra i cor- margina le ferite e che no, assistevo impotente cendomi spazio tra i cor- margina le ferite e che no, assistevo impotente pi affaticati dei miei nuo- dona il coraggio di af- al mio destino ma, strin- pi affaticati dei miei nuo- dona il coraggio di af- al mio destino ma, strin- vi amici, mi rannicchiai frontare gli ostacoli della gendo sempre più forte vi amici, mi rannicchiai frontare gli ostacoli della gendo sempre più forte in un cantuccio, deside- vita. Mi sembrò di riper- la Mano di Fatima, non in un cantuccio, deside- vita. Mi sembrò di riper- la Mano di Fatima, non rosa di isolarmi da quella correre la mia infanzia, avevo paura. In quell’o- rosa di isolarmi da quella correre la mia infanzia, avevo paura. In quell’o- realtà di urla, gemiti e l’adolescenza, i momen- scurità la mia anima è realtà di urla, gemiti e l’adolescenza, i momen- scurità la mia anima è lamenti per assaporare ti felici e spensierati di diventata un’onda… che lamenti per assaporare ti felici e spensierati di diventata un’onda… che nella mia mente, la dol- un passato che si era dis- porta le speranze dei mi- nella mia mente, la dol- un passato che si era dis- porta le speranze dei mi- cezza della libertà. solto rapidamente e che granti lontano, verso una La barca cominciò a era diventato soltanto terra idilliaca di pace e muoversi, ad allontanarsi un’immagine evanescen- libertà. inesorabilmente solto rapidamente e che granti lontano, verso una La barca cominciò a era diventato soltanto terra idilliaca di pace e muoversi, ad allontanarsi un’immagine evanescen- libertà. dalla te. riva che rappresentava la Improvvisamente cezza della libertà. inesorabilmente una dalla te. riva che rappresentava la Improvvisamente una mia Patria, una terra ge- folata di vento mi riportò Manuela Ferroni mia Patria, una terra ge- folata di vento mi riportò Manuela Ferroni nerosa che mi aveva dato alla realtà: il freddo co- 5D nerosa che mi aveva dato alla realtà: il freddo co- 5D la vita, che mi aveva per- minciava a penetrarmi la vita, che mi aveva per- minciava a penetrarmi messo di crescere, una nelle ossa, a raggelare il messo di crescere, una nelle ossa, a raggelare il terra diventata a poco a poco calore che ancora terra diventata a poco a poco calore che ancora poco tirannica, causa di riempiva il mio cuore. Il poco tirannica, causa di riempiva il mio cuore. Il sofferenze e violenze che mare grosso inghiottiva a sofferenze e violenze che mare grosso inghiottiva a 10 10 Racconti di donne Racconti di donne Un’identità negata In una notte di settembre in cui la luna piena illumina il mare, in un angolo remoto della costa siciliana, lo specchio d’acqua riflette la mia immagine : il mio viso mi appare strano, ma non è questo che mi turba. A preoccuparmi è un pensiero che si fa sempre più insistente: dove sarà lui? Lui che amo più della mia vita, che è così lontano da me, mentre io sono appena approdata su una nuova terra. Spero che stia bene, ma là dove c’è la guerra non hai più certezze: non sai mai se vedrai nuovamente sorgere il sole e non puoi far altro che sperare. Finalmente ce l’ho fatta, sono scappata a bordo di uno di quei barconi affollati di migranti e adesso sono qui, sono salva in una terra straniera. Il passato non si dimentica, è parte di noi, ed io non voglio dimenticare i caldi raggi del sole libico, le corse attraverso le aride 11 terre, per procurarsi un sorso d’acqua, la mia famiglia, l’uomo che amo. Non voglio dimenticare niente, nemmeno il rumore delle bombe che cadono, e che producono un suono che entra nelle orecchie e scende sempre più giù, arriva al cuore, ti entra nelle viscere, ti penetra fino alle ossa: è un rumore che ti cambia per sempre. Mentre penso a tutto questo, calde lacrime scivolano lungo le mie guance, scendono da occhi a cui manca la luce, occhi profondi più del mare ma vuoti perché sanno di non potere vedere più la mia Africa. Ecco cosa manca: il mio cuore che non ha mai abbandonato la Libia. La fuga non è stata una mia scelta: il mio uomo ha voluto che fuggissi, mi ha obbligata a scappare, mi ha persino pagato il biglietto. L’ha fatto per il mio bene, ma non mi ha dato il tempo di portare niente con me, ecco perché una parte di me è ancora le- gata al Paese che ho dovuto abbandonare. Mi sento colpevole di essere andata via senza poter salutare i miei cari, nemmeno la mia cara nonna, la persona più importante, perché mi ha regalato i veri valori della vita. Il mio cuore piange al pensiero che non la rivedrò più, anche se riuscisse a sopravvivere alla guerra, sarebbe troppo anziana per affrontare un viaggio così lungo per raggiungermi in Italia. E’ tutta colpa delle guerre! Ce ne sono così tante in Africa, sono mostri che distruggono tutto e tutti; se non si viene uccisi si resta soli, ridotti come schiavi, alienati, sottomessi ai potenti. A spingermi a fuggire è stata la speranza, unica amica consolatrice, la speranza di trovare un mondo migliore, un mondo di pace dove un giorno potrà, forse, raggiungermi il mio amato sposo. A questo bimbo che porto in grembo, quale futuro potrò dare? Un’identità negata In una notte di settembre in cui la luna piena illumina il mare, in un angolo remoto della costa siciliana, lo specchio d’acqua riflette la mia immagine : il mio viso mi appare strano, ma non è questo che mi turba. A preoccuparmi è un pensiero che si fa sempre più insistente: dove sarà lui? Lui che amo più della mia vita, che è così lontano da me, mentre io sono appena approdata su una nuova terra. Spero che stia bene, ma là dove c’è la guerra non hai più certezze: non sai mai se vedrai nuovamente sorgere il sole e non puoi far altro che sperare. Finalmente ce l’ho fatta, sono scappata a bordo di uno di quei barconi affollati di migranti e adesso sono qui, sono salva in una terra straniera. Il passato non si dimentica, è parte di noi, ed io non voglio dimenticare i caldi raggi del sole libico, le corse attraverso le aride 11 terre, per procurarsi un sorso d’acqua, la mia famiglia, l’uomo che amo. Non voglio dimenticare niente, nemmeno il rumore delle bombe che cadono, e che producono un suono che entra nelle orecchie e scende sempre più giù, arriva al cuore, ti entra nelle viscere, ti penetra fino alle ossa: è un rumore che ti cambia per sempre. Mentre penso a tutto questo, calde lacrime scivolano lungo le mie guance, scendono da occhi a cui manca la luce, occhi profondi più del mare ma vuoti perché sanno di non potere vedere più la mia Africa. Ecco cosa manca: il mio cuore che non ha mai abbandonato la Libia. La fuga non è stata una mia scelta: il mio uomo ha voluto che fuggissi, mi ha obbligata a scappare, mi ha persino pagato il biglietto. L’ha fatto per il mio bene, ma non mi ha dato il tempo di portare niente con me, ecco perché una parte di me è ancora le- gata al Paese che ho dovuto abbandonare. Mi sento colpevole di essere andata via senza poter salutare i miei cari, nemmeno la mia cara nonna, la persona più importante, perché mi ha regalato i veri valori della vita. Il mio cuore piange al pensiero che non la rivedrò più, anche se riuscisse a sopravvivere alla guerra, sarebbe troppo anziana per affrontare un viaggio così lungo per raggiungermi in Italia. E’ tutta colpa delle guerre! Ce ne sono così tante in Africa, sono mostri che distruggono tutto e tutti; se non si viene uccisi si resta soli, ridotti come schiavi, alienati, sottomessi ai potenti. A spingermi a fuggire è stata la speranza, unica amica consolatrice, la speranza di trovare un mondo migliore, un mondo di pace dove un giorno potrà, forse, raggiungermi il mio amato sposo. A questo bimbo che porto in grembo, quale futuro potrò dare? Racconti di donne Avrà i colori della Libia, che forse lui non vedrà mai, ma spero potrà crescere in un mondo diverso, dove sarà considerato come persona con gli stessi diritti degli altri, anche nella sua diversità. Intanto spunta l’alba di un nuovo giorno, nella luce del cielo che sta rischiarando vado incontro al mio destino col cuore pieno di paura, ma anche di fiducia verso un nuovo domani migliore. Racconti di donne Avrà i colori della Libia, che forse lui non vedrà mai, ma spero potrà crescere in un mondo diverso, dove sarà considerato come persona con gli stessi diritti degli altri, anche nella sua diversità. Intanto spunta l’alba di un nuovo giorno, nella luce del cielo che sta rischiarando vado incontro Giacomini Elena 5^D 12 al mio destino col cuore pieno di paura, ma anche di fiducia verso un nuovo domani migliore. Giacomini Elena 5^D 12 Racconti di donne Racconti di donne Fuga dall’Egitto Un titolo biblico che nasconde in realtà un breve racconto di violenze subite da una donna Fuggo dalla mia madre terra, l’Egitto, dai miei figli, che non potrò più rivedere, dalle mie abitudini, scappo soprattutto da mio marito, un mostro che da tempo si nutre solo di alcool e violenza, quel demonio che ogni sera, dopo essersi ubriacato tornava a casa e mi picchiava, senza ragione, sfogando tutta la rabbia e la violenza che covava tutto il giorno facendo una vita da accattone. Nascosta nel montacarichi di un furgone, porto 13 con me tutto il mio coraggio e la voglia di sottrarmi ad una vita di soprusi e cattiverie, ad una esistenza che ti annienta nell’identità e che ti impone di sopravvivere strisciando, attenta a non fare il minimo rumore per non disturbare il mostro che dorme al tuo fianco, che è sempre in agguato, pronto a colpirti e non solo nel corpo, e che ti riduce ad una larva umana. Quanto coraggio e quanta forza d’animo ho dovuto raccogliere in me per fare questo angoscioso passo, diretta verso una meta lontana, la Francia, forse il Belgio, Fuga dall’Egitto uno dei pochi luoghi dove mio marito non potrà trovarmi, rinunciando per sempre ai miei figli, per una nuova identità e una nuova esistenza che so già non essere facile. Sono pronta a ricominciare tentando di cancellare il mio passato; tuttavia, ciò che non potrò mai davvero cancellare sono, insieme alle cicatrici che porto sul mio viso, il ricordo sempre vivo dei miei bambini che ho dovuto abbandonare. Dafny 5^D Un titolo biblico che nasconde in realtà un breve racconto di violenze subite da una donna Fuggo dalla mia madre terra, l’Egitto, dai miei figli, che non potrò più rivedere, dalle mie abitudini, scappo soprattutto da mio marito, un mostro che da tempo si nutre solo di alcool e violenza, quel demonio che ogni sera, dopo essersi ubriacato tornava a casa e mi picchiava, senza ragione, sfogando tutta la rabbia e la violenza che covava tutto il giorno facendo una vita da accattone. Nascosta nel montacarichi di un furgone, porto 13 con me tutto il mio coraggio e la voglia di sottrarmi ad una vita di soprusi e cattiverie, ad una esistenza che ti annienta nell’identità e che ti impone di sopravvivere strisciando, attenta a non fare il minimo rumore per non disturbare il mostro che dorme al tuo fianco, che è sempre in agguato, pronto a colpirti e non solo nel corpo, e che ti riduce ad una larva umana. Quanto coraggio e quanta forza d’animo ho dovuto raccogliere in me per fare questo angoscioso passo, diretta verso una meta lontana, la Francia, forse il Belgio, uno dei pochi luoghi dove mio marito non potrà trovarmi, rinunciando per sempre ai miei figli, per una nuova identità e una nuova esistenza che so già non essere facile. Sono pronta a ricominciare tentando di cancellare il mio passato; tuttavia, ciò che non potrò mai davvero cancellare sono, insieme alle cicatrici che porto sul mio viso, il ricordo sempre vivo dei miei bambini che ho dovuto abbandonare. Dafny 5^D Racconti di donne Uno scorcio di vita (ir)reale e quotidiana Cinque giorni passati nell'incubo di un decrepito furgone diretto a Persevo, nel sud della Serbia:, a momenti ci manca l’aria, non possiamo assolutamente muoverci neanche di un millimetro, o rischiamo di essere scoperti. Il furgone è decisamente obsoleto e si sente un forte odore di metano. Accanto a me vedo molti bambini gravemente denutriti e con gli occhi infossati dal pianto, ho ormai terminato le poche gocce d'acqua che avevo a disposizione. È finalmente finito quest'orribile, quanto assurdo o impossibile, viaggio! Alcuni dei nuovi compagni mi mostrano le foto della loro terra colpita dalle intelligentiti e copiose bombe americane abbattutesi sul suolo siriano; tutto è stato distrutto: case, negozi, auto, sogni e soprattutto speranze. Per raggiungere Persevo ci aspetta acora un lungo tratto di strada da percor- Racconti di donne Uno scorcio di vita (ir)reale e quotidiana Cinque giorni passati nell'incubo di un decrepito furgone diretto a Persevo, nel sud della Serbia:, a momenti ci manca l’aria, non possiamo assolutamente muoverci neanche di un millimetro, o rischiamo di essere scoperti. Il furgone è decisamente obsoleto e si sente un forte odore di metano. Accanto a me vedo molti bambini gravemente denutriti e con gli occhi infossati dal pianto, ho ormai terminato le poche gocce d'acqua che avevo a disposizione. È finalmente finito quest'orribile, quanto assurdo o impossibile, viaggio! Alcuni dei nuovi compagni mi mostrano le foto della loro terra colpita dalle intelligentiti e copiose bombe americane abbattutesi sul suolo siriano; tutto è stato distrutto: case, negozi, auto, sogni e soprattutto speranze. Per raggiungere Persevo ci aspetta acora un lungo tratto di strada da percor- rere a piedi, dicono siano una trentina di chilometri. Un' anziana signora sull'ottantina si sente male, la ricoverano d'urgenza, ha perso i figli e i nipoti e non sa più cosa fare, piange, è distrutta e rimpiange di aver intrapreso questo viaggio della disperazione. Anch’io non so dove sto andando, né cosa incontrerò o ciò che il futuro avrà in serbo per me. L'unico dato certo è che la mia vita precedente è stata completamente annientata dall'orrore di un'inutile guerra ed io non ho alternative se non quella di fuggire verso una nuova speranza... Alessia Vezzani 14 rere a piedi, dicono siano una trentina di chilometri. Un' anziana signora sull'ottantina si sente male, la ricoverano d'urgenza, ha perso i figli e i nipoti e non sa più cosa fare, piange, è distrutta e rimpiange di aver intrapreso questo viaggio della disperazione. Anch’io non so dove sto andando, né cosa incontrerò o ciò che il futuro avrà in serbo per me. L'unico dato certo è che la mia vita precedente è stata completamente annientata dall'orrore di un'inutile guerra ed io non ho alternative se non quella di fuggire verso una nuova speranza... Alessia Vezzani 14 Viaggi Viaggi Verso la terra dei canguri Sono su un aereo diretto in Australia, la terra dalle mille promesse e prospettive ; il mio animo è triste mentre lascio la mia amata patria, ma è ormai tempo che io faccia delle scelte. Spero di trovare un lavoro mentre l’Italia non ha più nulla da offrirmi. Dopo la laurea in Scienze Giuridiche ho fatto la “gavetta” non retribuita in uno studio legale; questo lavoro però non mi ha consentito di far carriera, né di costruirmi una vita, sono ancora condizionata a stare in casa e a dipendere dai miei che mi mantengono. Abbandono la mia città, Reggio Emilia, dove ho vissuto per ventinove anni, la famiglia, la casa e tutti i miei affetti per cercare altrove un futuro che qui mi è negato. La mia situazione mi unisce a mille altri giovani che come me, dopo anni di studi e sacrifici si trovano ad un bivio: dipendere dai propri cari o tentare 15 l’avventura, l’ignoto, con la speranza di avere maggiori opportunità in una terra straniera che possa apprezzare il proprio talento. Non sarà facile ricominciare un percorso totalmente differente rispetto a quello che era la mia quotidianità, ma è troppo tardi per tirarsi indietro; “il dado è tratto”, la decisione è presa. Intanto che l’aereo sorvola l’Oceano lasciandosi alle spalle le nazioni europee, il pensiero torna alla mia casa in Italia: mi rivedo bambina felice, a scuola coi miei compagni, all’università con gli amici di studi e di spensieratezza. Dopo ventiquattro ore di volo approdo in Australia, più precisamente a Perth, mentre il mio umore è sempre più a terra. Dall’aeroporto prendo un taxi per raggiungere la periferia e arrivo alla pensione. Mi sento strana, stanca, ma c’è qualcosa che mi rin- cuora, dalla finestra della mia stanza c’è una vista mozzafiato: riesco a vedere il mare, il porto e le mille luci di questa città per me straniera. Mentre guardo l’orizzonte mi perdo nell’immensità del mare: ripenso alle vacanze estive con gli amici, penso alla felicità di quel periodo. Improvvisamente lo sbattere di una finestra mi riporta alla realtà e in quel mentre realizzo che l’Australia non è così male, certo avrò bisogno di tempo per ambientarmi, ma credo che questa esperienza potrà aiutarmi a crescere, a mettere in campo tutte le mie capacità permettendomi di realizzare i miei sogni. Piredda Simona 5^D Verso la terra dei canguri Sono su un aereo diretto in Australia, la terra dalle mille promesse e prospettive ; il mio animo è triste mentre lascio la mia amata patria, ma è ormai tempo che io faccia delle scelte. Spero di trovare un lavoro mentre l’Italia non ha più nulla da offrirmi. Dopo la laurea in Scienze Giuridiche ho fatto la “gavetta” non retribuita in uno studio legale; questo lavoro però non mi ha consentito di far carriera, né di costruirmi una vita, sono ancora condizionata a stare in casa e a dipendere dai miei che mi mantengono. Abbandono la mia città, Reggio Emilia, dove ho vissuto per ventinove anni, la famiglia, la casa e tutti i miei affetti per cercare altrove un futuro che qui mi è negato. La mia situazione mi unisce a mille altri giovani che come me, dopo anni di studi e sacrifici si trovano ad un bivio: dipendere dai propri cari o tentare 15 l’avventura, l’ignoto, con la speranza di avere maggiori opportunità in una terra straniera che possa apprezzare il proprio talento. Non sarà facile ricominciare un percorso totalmente differente rispetto a quello che era la mia quotidianità, ma è troppo tardi per tirarsi indietro; “il dado è tratto”, la decisione è presa. Intanto che l’aereo sorvola l’Oceano lasciandosi alle spalle le nazioni europee, il pensiero torna alla mia casa in Italia: mi rivedo bambina felice, a scuola coi miei compagni, all’università con gli amici di studi e di spensieratezza. Dopo ventiquattro ore di volo approdo in Australia, più precisamente a Perth, mentre il mio umore è sempre più a terra. Dall’aeroporto prendo un taxi per raggiungere la periferia e arrivo alla pensione. Mi sento strana, stanca, ma c’è qualcosa che mi rin- cuora, dalla finestra della mia stanza c’è una vista mozzafiato: riesco a vedere il mare, il porto e le mille luci di questa città per me straniera. Mentre guardo l’orizzonte mi perdo nell’immensità del mare: ripenso alle vacanze estive con gli amici, penso alla felicità di quel periodo. Improvvisamente lo sbattere di una finestra mi riporta alla realtà e in quel mentre realizzo che l’Australia non è così male, certo avrò bisogno di tempo per ambientarmi, ma credo che questa esperienza potrà aiutarmi a crescere, a mettere in campo tutte le mie capacità permettendomi di realizzare i miei sogni. Piredda Simona 5^D Viaggi Trekking Matildico Il giorno 21 ottobre alcune classi prime dell'Istituto "Matilde di Canossa" si sono recate al castello di Canossa per un progetto d'accoglienza. Il programma giornaliero era così strutturato: nella prima parte della mattinata le classi sono state divise in sezioni e successivamente hanno visitato il museo accompagnate da una guida. Qui hanno potuto osservare alcuni oggetti tipici della vita quotidiana di Matilde e conversare con la guida riguardo alcune vicende accadute al tempo della regina. Dopo aver osservato il modellino rappresentante la struttura completa del castello in epoca medievale, le classi si sono recate all'esterno del museo per poter visitare i resti della cripta e osservare il territorio circo- stante. Durante questa visita, oltre alla parte storica, gli alunni hanno potuto avere una spiegazione riguardo l'ambiente locale da parte di un esperto appartenente al CAI (Club Alpino Italiano) che li ha informati sulla composizione e la formazione delle rocce presenti. Ritornati nel punto d'incontro, gli alunni hanno avuto un momento di svago mentre attendevano i compagni delle altre classi che stavano concludendo la visita. Le professoresse avevano comprato dei panini e della nutella così da rendere più allegro questo momento di pausa. Dopo essersi riunite, le classi hanno avuto l'opportunità di prendere parte al trekking vero e proprio: una lunga camminata seguendo i percorsi del territorio che Viaggi Trekking Matildico circonda il castello. Nei giorni successivi i ragazzi hanno parlato con i professori riguardo l'esperienza e sono emersi commenti positivi. Il giorno 21 ottobre alcune classi prime dell'Istituto "Matilde di Canossa" si sono recate al castello di Canossa per un progetto d'accoglienza. Il programma giornaliero era così strutturato: nella prima parte della mattinata le classi sono state divise in sezioni e successivamente hanno visitato il museo accompagnate da una guida. Qui hanno potuto osservare alcuni oggetti tipici della vita quotidiana di Matilde e conversare con la guida riguardo alcune vicende accadute al tempo della regina. Dopo aver osservato il modellino rappresentante la struttura completa del castello in epoca medievale, le classi si sono recate all'esterno del museo per poter visitare i resti della cripta e osservare il territorio circo- Lolli Martina Acerbi Arianna Cerullo Miriana Vecchi Ines 1D 16 stante. Durante questa visita, oltre alla parte storica, gli alunni hanno potuto avere una spiegazione riguardo l'ambiente locale da parte di un esperto appartenente al CAI (Club Alpino Italiano) che li ha informati sulla composizione e la formazione delle rocce presenti. Ritornati nel punto d'incontro, gli alunni hanno avuto un momento di svago mentre attendevano i compagni delle altre classi che stavano concludendo la visita. Le professoresse avevano comprato dei panini e della nutella così da rendere più allegro questo momento di pausa. Dopo essersi riunite, le classi hanno avuto l'opportunità di prendere parte al trekking vero e proprio: una lunga camminata seguendo i percorsi del territorio che circonda il castello. Nei giorni successivi i ragazzi hanno parlato con i professori riguardo l'esperienza e sono emersi commenti positivi. Lolli Martina Acerbi Arianna Cerullo Miriana Vecchi Ines 1D 16 Viaggi Viaggi Otzi...ando si impara Qui c’è anche il Duomo di Reggio Emilia, Dicembre enormi dimensioni che è 2015 stato costruito in stile gotiCome si vive l’atmosfera co e rivestito di magnifici del Natale in Alto Adige? affreschi; ovunque ci sono Quali sono le tipiche tradi- insegne e cartelli in doppia zioni regionali e culinarie? lingua, italiano e tedesco. Cosa si può visitare a Bol- Davanti ai nostri occhi c’ezano? Chi era Otzi, l’uomo rano tutte le bancarelle tipivenuto dal ghiaccio? che natalizie, realizzate con Per rispondere a queste dodel legno e a forma di camande e a mille altri intesetta, che vendevano piccoressanti interrogativi, e per li e grandi capolavori di degustare golosissime tazze ogni genere, come le statuidi cioccolata calda e ottimi ne del presepe, magneti strudel di mele noi alunni figurati, palline dipinte di delle classi 1E, 2E, 1C e cristallo e tante piccole par1D ci siamo diretti il giorno ticolarità. I venditori erano 16 dicembre nella città di persone molto gentili e corBolzano, il capoluogo tesi; infatti hanno risposto a dell’Alto Adige. Siamo tutte le nostre domande e partiti prestissimo e ancora curiosità. Dopo avere solacon gli occhi assonnati siamente “assaggiato” i mermo saliti sul pullman verso catini natalizi di Bolzano, la nostra destinazione ci siamo diretti al Museo “Paradiso innevato”. Dopo Archeologico di questa citcirca 4 ore di lungo viagtà dove tutti noi alunni abgio, verso le ore 10, siamo biamo potuto ammirare arrivati in piazza Walther Otzi, cioè l’uomo venuto dove ci ha accolto un beldal ghiaccio, che deve il lissimo albero natalizio suo nome al ritrovamento gigante addobbato con delsulle Alpi Venoste tra il le splendide palline coloraTirolo austriaco e l’Italia da te e degli allegri festoni. parte di due coniugi tede17 schi durante un’escursione il 19 settembre 1991. Subito si pensava che il corpo appartenesse a un alpinista italiano scomparso misteriosamente alcuni decenni prima, mentre altri pensavano che fosse un soldato morto durante la prima guerra mondiale, ma già nelle settimane successive è subito chiaro che si tratta di una scoperta sensazionale, cioè di un uomo preistorico risalente a circa 5.000 anni fa. La guida del museo ci ha subito mostrato la ricostruzione di Otzi e ogni indumento che indossava al momento del ritrovamento e ci ha anche rivelato che Otzi è stato il primo essere umano tatuato di cui si abbia conoscenza, cosa che lo ha fatto diventare una star fra i tatuatori di tutto il mondo. L’uomo venuto dal ghiaccio, alto 160 cm. per 50 Kg. di peso, ne aveva ben 57 e si pensava che servissero per combattere i dolori provocati dall’artrite con significato anche di tipo magico e propiziatorio. Otzi...ando si impara Qui c’è anche il Duomo di Reggio Emilia, Dicembre enormi dimensioni che è 2015 stato costruito in stile gotiCome si vive l’atmosfera co e rivestito di magnifici del Natale in Alto Adige? affreschi; ovunque ci sono Quali sono le tipiche tradi- insegne e cartelli in doppia zioni regionali e culinarie? lingua, italiano e tedesco. Cosa si può visitare a Bol- Davanti ai nostri occhi c’ezano? Chi era Otzi, l’uomo rano tutte le bancarelle tipivenuto dal ghiaccio? che natalizie, realizzate con Per rispondere a queste dodel legno e a forma di camande e a mille altri intesetta, che vendevano piccoressanti interrogativi, e per li e grandi capolavori di degustare golosissime tazze ogni genere, come le statuidi cioccolata calda e ottimi ne del presepe, magneti strudel di mele noi alunni figurati, palline dipinte di delle classi 1E, 2E, 1C e cristallo e tante piccole par1D ci siamo diretti il giorno ticolarità. I venditori erano 16 dicembre nella città di persone molto gentili e corBolzano, il capoluogo tesi; infatti hanno risposto a dell’Alto Adige. Siamo tutte le nostre domande e partiti prestissimo e ancora curiosità. Dopo avere solacon gli occhi assonnati siamente “assaggiato” i mermo saliti sul pullman verso catini natalizi di Bolzano, la nostra destinazione ci siamo diretti al Museo “Paradiso innevato”. Dopo Archeologico di questa citcirca 4 ore di lungo viagtà dove tutti noi alunni abgio, verso le ore 10, siamo biamo potuto ammirare arrivati in piazza Walther Otzi, cioè l’uomo venuto dove ci ha accolto un beldal ghiaccio, che deve il lissimo albero natalizio suo nome al ritrovamento gigante addobbato con delsulle Alpi Venoste tra il le splendide palline coloraTirolo austriaco e l’Italia da te e degli allegri festoni. parte di due coniugi tede17 schi durante un’escursione il 19 settembre 1991. Subito si pensava che il corpo appartenesse a un alpinista italiano scomparso misteriosamente alcuni decenni prima, mentre altri pensavano che fosse un soldato morto durante la prima guerra mondiale, ma già nelle settimane successive è subito chiaro che si tratta di una scoperta sensazionale, cioè di un uomo preistorico risalente a circa 5.000 anni fa. La guida del museo ci ha subito mostrato la ricostruzione di Otzi e ogni indumento che indossava al momento del ritrovamento e ci ha anche rivelato che Otzi è stato il primo essere umano tatuato di cui si abbia conoscenza, cosa che lo ha fatto diventare una star fra i tatuatori di tutto il mondo. L’uomo venuto dal ghiaccio, alto 160 cm. per 50 Kg. di peso, ne aveva ben 57 e si pensava che servissero per combattere i dolori provocati dall’artrite con significato anche di tipo magico e propiziatorio. Viaggi L’esperto del museo ci ha poi fatto svolgere una splendida attività che ha permesso a noi allievi di diventare guide per un giorno e scoprire gli indumenti di Otzi: una sopraveste e gambali in pelliccia di capra, un bel cappello in pelliccia di orso, scarpe fatte con una rete vegetale e imbottite di paglia e rivestite di pelle di cervo, cintura di cuoio di vitello e un marsupio contenente piccoli strumenti. Il piccolo uomo aveva un’ascia con lama di rame, un pugnale di selce, un grande arco e una faretra in pelle di camoscio con delle frecce. Noi ragazzi abbiamo potuto osservare le ossa vere di Otzi e il suo corpo contenuto in una teca di vetro trasparente, a temperatura costante e fredda. Abbiamo girato per la città in parte accompagnati dalla guida e in parte da soli: sembrava che noi stessimo vivendo in un mondo fiabesco, in una realtà fatta di sogni zuccherati, tanta magia e un velo di pazzia. Tutta piazza Walther sembrava un villaggio per gnomi, elfi e fate turchine in miniatura che rendeva l’atmosfera ancora più speciale e particolare. Questo viaggio di istruzione ha unito elementi di storia, geografia, scienze e lingua tedesca ed è stato semplicemente fantastico, perchè questa esperienza ha permesso a tutti noi ragazzi di imparare tanto con il sorriso sulle labbra, divertendoci con i nostri coetanei, compagni di avventura e amici di vita. Spero e mi auguro di fare altre gite così belle ed emozionanti che lasciano bei ricordi nel cuore e nella mente di chi le ha vissute. Tutto ciò è stato possibile grazie ai nostri insegnanti accompagnatori che hanno contribuito con il loro impegno e pazienza alla realizzazione di questo magnifico progetto. Sara Jenny Iotti 1E 18 Viaggi L’esperto del museo ci ha poi fatto svolgere una splendida attività che ha permesso a noi allievi di diventare guide per un giorno e scoprire gli indumenti di Otzi: una sopraveste e gambali in pelliccia di capra, un bel cappello in pelliccia di orso, scarpe fatte con una rete vegetale e imbottite di paglia e rivestite di pelle di cervo, cintura di cuoio di vitello e un marsupio contenente piccoli strumenti. Il piccolo uomo aveva un’ascia con lama di rame, un pugnale di selce, un grande arco e una faretra in pelle di camoscio con delle frecce. Noi ragazzi abbiamo potuto osservare le ossa vere di Otzi e il suo corpo contenuto in una teca di vetro trasparente, a temperatura costante e fredda. Abbiamo girato per la città in parte accompagnati dalla guida e in parte da soli: sembrava che noi stessimo vivendo in un mondo fiabesco, in una realtà fatta di sogni zuccherati, tanta magia e un velo di pazzia. Tutta piazza Walther sembrava un villaggio per gnomi, elfi e fate turchine in miniatura che rendeva l’atmosfera ancora più speciale e particolare. Questo viaggio di istruzione ha unito elementi di storia, geografia, scienze e lingua tedesca ed è stato semplicemente fantastico, perchè questa esperienza ha permesso a tutti noi ragazzi di imparare tanto con il sorriso sulle labbra, divertendoci con i nostri coetanei, compagni di avventura e amici di vita. Spero e mi auguro di fare altre gite così belle ed emozionanti che lasciano bei ricordi nel cuore e nella mente di chi le ha vissute. Tutto ciò è stato possibile grazie ai nostri insegnanti accompagnatori che hanno contribuito con il loro impegno e pazienza alla realizzazione di questo magnifico progetto. Sara Jenny Iotti 1E 18 Arte e cultura Arte e cultura L’evoluzione della Street Art: Arte o vandalismo? Si può dire che l’uomo utilizzasse come tela il muro già nel Paleolitico, quando, pur non avendo molti mezzi per esprimersi, sentiva un tale bisogno di disegnare che iniziò a rappresentare scene della sua vita sulle pareti delle caverne. Si parlò per la prima volta di “graffito” nel libro dell’archeologo Raffaele Garrucci, “Graffiti de Pompéi”, in cui egli lo definiva come la creazione di disegni o scritte senza regole, fatti da gente su cose della gente. Ma questa corrente era ancora lontana dal diffondersi. Tutto iniziò alla fine degli anni Sessanta, quando un giovane ragazzo greco, che lavorava come consegna -giornali a domicilio per le strade di New York, per combattere la noia, decise di iniziare a lasciare la sua firma inventata per i vicoli e sui muri vicino ai quali passava ogni giorno. Nell’arco di 19 un anno comparve la scritta “Taki 183” su circa 300.000 superfici. Quello che questo ragazzino non sapeva era che con lui stava nascendo il concetto di “Tag”, cioè firma del graffitista, e tutta la corrente artistica di ribellione che lo precedeva. Nel 1971 viene pubblicato il primo articolo giornalistico sul fenomeno dei graffiti con un’intervista a Taki 183 sulla prima pagina del New York Times. Per le strade della zona del Bronx si iniziò quindi a diffondere la moda dei Tag e anche dei disegni più complessi e articolati. La cultura “hip hop” portò avanti il concetto di graffito come simbolo di ribellione, trasgressione e libertà espressiva. Tramite la cultura rap, che conquistò le radio internazionali e le ondate di turisti che ogni giorno nelle strade si trovavano sempre più a contatto con questa moda, essa prese piede anche in Europa, iniziando a mutare con nuove sfumature e dimensioni. Si inizia così a parlare di Street Art, vere e proprie opere d’arte ben lontane dal concetto di Tag, che pian piano da Londra a Parigi a tutta l’Europa invasero i muri vecchi e grigi di vernice spray, acrilico e tempera. La Street Art prese il controllo delle capitali, cercando di comunicare con la gente attraverso i muri. E’ però sbagliato cercare di spiegare questa nuova corrente artistica tramite la descrizione di tecniche che la caratterizzano, perché nel corso del tempo è entrata in contatto con tante culture e tradizioni che la hanno influenzata e la plasmata: dalle città toscane agli angoli sperduti del Portogallo, dai ghetti americani più soggetti a criminalità ai muri dei paesini inglesi di campagna. L’evoluzione della Street Art: Arte o vandalismo? Si può dire che l’uomo utilizzasse come tela il muro già nel Paleolitico, quando, pur non avendo molti mezzi per esprimersi, sentiva un tale bisogno di disegnare che iniziò a rappresentare scene della sua vita sulle pareti delle caverne. Si parlò per la prima volta di “graffito” nel libro dell’archeologo Raffaele Garrucci, “Graffiti de Pompéi”, in cui egli lo definiva come la creazione di disegni o scritte senza regole, fatti da gente su cose della gente. Ma questa corrente era ancora lontana dal diffondersi. Tutto iniziò alla fine degli anni Sessanta, quando un giovane ragazzo greco, che lavorava come consegna -giornali a domicilio per le strade di New York, per combattere la noia, decise di iniziare a lasciare la sua firma inventata per i vicoli e sui muri vicino ai quali passava ogni giorno. Nell’arco di 19 un anno comparve la scritta “Taki 183” su circa 300.000 superfici. Quello che questo ragazzino non sapeva era che con lui stava nascendo il concetto di “Tag”, cioè firma del graffitista, e tutta la corrente artistica di ribellione che lo precedeva. Nel 1971 viene pubblicato il primo articolo giornalistico sul fenomeno dei graffiti con un’intervista a Taki 183 sulla prima pagina del New York Times. Per le strade della zona del Bronx si iniziò quindi a diffondere la moda dei Tag e anche dei disegni più complessi e articolati. La cultura “hip hop” portò avanti il concetto di graffito come simbolo di ribellione, trasgressione e libertà espressiva. Tramite la cultura rap, che conquistò le radio internazionali e le ondate di turisti che ogni giorno nelle strade si trovavano sempre più a contatto con questa moda, essa prese piede anche in Europa, iniziando a mutare con nuove sfumature e dimensioni. Si inizia così a parlare di Street Art, vere e proprie opere d’arte ben lontane dal concetto di Tag, che pian piano da Londra a Parigi a tutta l’Europa invasero i muri vecchi e grigi di vernice spray, acrilico e tempera. La Street Art prese il controllo delle capitali, cercando di comunicare con la gente attraverso i muri. E’ però sbagliato cercare di spiegare questa nuova corrente artistica tramite la descrizione di tecniche che la caratterizzano, perché nel corso del tempo è entrata in contatto con tante culture e tradizioni che la hanno influenzata e la plasmata: dalle città toscane agli angoli sperduti del Portogallo, dai ghetti americani più soggetti a criminalità ai muri dei paesini inglesi di campagna. Arte e cultura La Street Art infatti non è più un disegno a vernice spray, ma va ben oltre. L’artista portoghese Alexandre Farto inizia a scalfire l’intonaco con martelli e scalpelli per realizzare veri e propri ritratti di dimensioni gigantesche. Intere facciate di edifici di Mosca, Lisbona, Londra e anche Grottaglie in Italia, sono diventate una tela per le suggestive immagini di questo artista, che, grattando via pezzi di vecchi muri lasciati in stato di abbandono, crea opere di indiscutibile bellezza. Con un suo compaesano, Diogo Machado, nasce invece la tecnica del “Azulejo”, nome di una ceramica tipica portoghese, che si basa sul ricoprire muri o arredi urbani con disegni di mattonelle di ceramica finemente decorate, per mostrare la bellezza che si crea contrapponendo la compostezza e la precisione di un elemento tipico della tradizione all’ambiente spoglio, grigio e malandato che è normale trovare nei quartieri più poveri della sua città. E’ infine molto diffuso anche in Italia lo “Yarn Bombing”, che consiste nel ricoprire superfici intere di ponti, edifici o alberi di filati o fibre di tessuti lavorati a maglia o ad uncinetto, per trasportare colui che Arte e cultura La Street Art infatti non è più un disegno a vernice spray, ma va ben oltre. L’artista portoghese Alexandre Farto inizia a scalfire l’intonaco con martelli e scalpelli per realizzare veri e propri ritratti di dimensioni gigantesche. Intere facciate di edifici di Mosca, Lisbona, Londra e anche Grottaglie in Italia, sono diventate una tela per le suggestive immagini di questo artista, che, grattando via pezzi di vecchi muri lasciati in stato di abbandono, crea opere di indiscutibile bellezza. Con un suo compaesano, Diogo Machado, nasce invece la tecnica del “Azulejo”, nome di una assiste in una realtà parallela, ricca di colori, nella quale le cose appaiono all’opposto di come dovrebbero essere. Fin dall’origine di questa corrente gli artisti che ne fecero parte si suddivisero in due scuole di pensiero. C’era chi pensava che essendo essa nata come movimento artistico, in onore della libertà di espressione e di ribellione dal controllo, dovesse rimanere fuori dalle gallerie d’arte, come sosteneva l’artista messicano Siqueiros, che in un articolo affermò: “L’arte con la potenza dell’immagine deve parlare direttamente al popolo, mai nei musei, ma solo 20 ceramica tipica portoghese, che si basa sul ricoprire muri o arredi urbani con disegni di mattonelle di ceramica finemente decorate, per mostrare la bellezza che si crea contrapponendo la compostezza e la precisione di un elemento tipico della tradizione all’ambiente spoglio, grigio e malandato che è normale trovare nei quartieri più poveri della sua città. E’ infine molto diffuso anche in Italia lo “Yarn Bombing”, che consiste nel ricoprire superfici intere di ponti, edifici o alberi di filati o fibre di tessuti lavorati a maglia o ad uncinetto, per trasportare colui che assiste in una realtà parallela, ricca di colori, nella quale le cose appaiono all’opposto di come dovrebbero essere. Fin dall’origine di questa corrente gli artisti che ne fecero parte si suddivisero in due scuole di pensiero. C’era chi pensava che essendo essa nata come movimento artistico, in onore della libertà di espressione e di ribellione dal controllo, dovesse rimanere fuori dalle gallerie d’arte, come sosteneva l’artista messicano Siqueiros, che in un articolo affermò: “L’arte con la potenza dell’immagine deve parlare direttamente al popolo, mai nei musei, ma solo 20 Arte e cultura per la strada”. Altri invece nel corso del tempo sempre più si convinsero che questa corrente artistica in continua evoluzione dovesse pian piano adattarsi alla società e commercializzarsi. A simboleggiare questa netta suddivisione si possono prendere come esempio due artisti: Keith Haring e Banksy. Haring, che per primo sosteneva fosse “stupido relegare arte nei musei”, in seguito all’arrivo della notorietà, nel giro di un anno aveva esposizioni nelle gallerie più prestigiose e addirittura inaugurò nello stesso anno il suo “New York pop shop”, un negozio che anche attualmente vende veri e propri graffiti stampati su orologi, magliette, posters e gadgets. In contrasto a questa commercializzazione si pone un controverso artista, Banksy, che si fece largo tra le strade dei quartieri poveri di Bristol e che stanco del continuo tentativo di classificare e controllare la sua arte, si mise per provocazione seduto per 21 Arte e cultura strada a vendere per pochi dollari le sue opere, che dai musei internazionali erano quotate cifre stratosferiche. ters e street artists. A Los Angeles, invece, si sta tentando di neutralizzare questo fenomeno, tramite un distretto di polizia, incaricato di scovare e Personalmente apprezzo fermare i graffitisti di molto la coerenza che tutto il sud California, il dimostra un artista come “Tagnet”. Banksy, che con totale disinteresse scavalca la Anche in Italia non mansocietà, così desiderosa cano i comuni che hanno di controllare tutto. Se- deciso di aprire le porte condo me la Street Art ai graffitisti, mettendo a rimane autentica perché loro disposizione spazi il pubblico non può valu- ed edifici. Sono nate antare il suo valore estetico che associazioni come considerando prima il l’Inward, tramite le quali suo valore economico, street artists svolgono le cosa che invece succede loro attività in accordo con molti altri tipi di arti con gli enti locali. Molti contemporanee. Al di là di loro vedono però quedi come l’artista decida sto disegnare e produrre di rapportarsi con la so- in spazi autorizzati come cietà, questa si chiederà un tentativo di ingabbiare se ciò che egli definisce il concetto di Street Art, e opere siano vera arte o se decidono di non scendere sconfinino nel vandali- a compromessi. smo. La Street Art, infatti, si basa anche sull’ille- Come può un’arte che si galità del gesto stesso. basa sulla protesta e sul Molte zone del mondo tentativo di smuovere la hanno deciso non solo di società che cerca sempre convivere con questo tipo più di guadagnare potere, di arte, ma di valorizzar- stabilire proprio con essa la, come in Francia dove accordi su dove si possa vengono messi a disposi- o non si possa disegnare zione interi palazzi a wri- o scrivere? per la strada”. Altri invece nel corso del tempo sempre più si convinsero che questa corrente artistica in continua evoluzione dovesse pian piano adattarsi alla società e commercializzarsi. A simboleggiare questa netta suddivisione si possono prendere come esempio due artisti: Keith Haring e Banksy. Haring, che per primo sosteneva fosse “stupido relegare arte nei musei”, in seguito all’arrivo della notorietà, nel giro di un anno aveva esposizioni nelle gallerie più prestigiose e addirittura inaugurò nello stesso anno il suo “New York pop shop”, un negozio che anche attualmente vende veri e propri graffiti stampati su orologi, magliette, posters e gadgets. In contrasto a questa commercializzazione si pone un controverso artista, Banksy, che si fece largo tra le strade dei quartieri poveri di Bristol e che stanco del continuo tentativo di classificare e controllare la sua arte, si mise per provocazione seduto per 21 strada a vendere per pochi dollari le sue opere, che dai musei internazionali erano quotate cifre stratosferiche. ters e street artists. A Los Angeles, invece, si sta tentando di neutralizzare questo fenomeno, tramite un distretto di polizia, incaricato di scovare e Personalmente apprezzo fermare i graffitisti di molto la coerenza che tutto il sud California, il dimostra un artista come “Tagnet”. Banksy, che con totale disinteresse scavalca la Anche in Italia non mansocietà, così desiderosa cano i comuni che hanno di controllare tutto. Se- deciso di aprire le porte condo me la Street Art ai graffitisti, mettendo a rimane autentica perché loro disposizione spazi il pubblico non può valu- ed edifici. Sono nate antare il suo valore estetico che associazioni come considerando prima il l’Inward, tramite le quali suo valore economico, street artists svolgono le cosa che invece succede loro attività in accordo con molti altri tipi di arti con gli enti locali. Molti contemporanee. Al di là di loro vedono però quedi come l’artista decida sto disegnare e produrre di rapportarsi con la so- in spazi autorizzati come cietà, questa si chiederà un tentativo di ingabbiare se ciò che egli definisce il concetto di Street Art, e opere siano vera arte o se decidono di non scendere sconfinino nel vandali- a compromessi. smo. La Street Art, infatti, si basa anche sull’ille- Come può un’arte che si galità del gesto stesso. basa sulla protesta e sul Molte zone del mondo tentativo di smuovere la hanno deciso non solo di società che cerca sempre convivere con questo tipo più di guadagnare potere, di arte, ma di valorizzar- stabilire proprio con essa la, come in Francia dove accordi su dove si possa vengono messi a disposi- o non si possa disegnare zione interi palazzi a wri- o scrivere? Arte e cultura Arte e cultura Tali artisti quindi preferi- che sono: vera “Arte”. scono rimanere fedeli a se stessi e fare Street Art dove ritengono che ce ne sia bisogno, anche a patto di es s er e d efi ni t i “vandali”. Sarebbe davvero ipocrita da parte della società non definire arte questo tipo di opere e capisco il punto di vista degli artisti che, tentando di rimanere coerenti con i loro principi non prendono accordi con la società. Penso, però, che sia importante specificare un concetto: la Street Art nasce per difendere la libertà di espressione. Ma non va dimenticato che la libertà di ognuno finisce quando essa tenta di prevaricare quella dell’altro. Tali artisti quindi preferi- che sono: vera “Arte”. scono rimanere fedeli a se stessi e fare Street Art dove ritengono che ce ne sia bisogno, anche a patto di es s er e d efi ni t i “vandali”. Sarebbe davvero ipocrita da parte della società non definire arte questo tipo di opere e capisco il punto di vista degli artisti che, tentando di rimanere coerenti con i loro principi non prendono accordi con la società. Penso, però, che sia importante specificare un concetto: la Street Art nasce per difendere la libertà di espressione. Ma non va dimenticato che la libertà di ognuno finisce quando essa tenta di prevaricare quella dell’altro. Quindi è sbagliato sentirsi autorizzati ad utilizzare un bene culturale della città, una casa privata o un negozio come se fosse la propria tela, ma invece, se si sfruttano spazi abbandonati a se stessi, angoli di città grigi e rovinati, e gli si ridà vita e bellezza, allora queste opere devono essere rispettate e amate per ciò Quindi è sbagliato sentirsi autorizzati ad utilizzare un bene culturale della città, una casa privata o un negozio come se fosse la propria tela, ma invece, se si sfruttano spazi abbandonati a se stessi, angoli di città grigi e rovinati, e gli si ridà vita e bellezza, allora queste opere devono essere rispettate e amate per ciò Laura Magnani 3° C 22 Laura Magnani 3° C 22 Attualità Attualità Quanto è reale la crisi? Siamo sempre più assillati dalle notizie sull’immigrazione che ci arrivano tramite i mass-media: l’Italia, come gli altri paesi dell’Europa mediterranea, sembra essere sopraffatta da questo problema irrisolvibile e insuperabile. Tra coloro che approdano sul suolo italiano vi sono persone di qualunque età e condizione, una massa assai eterogenea accumunata solo dalla disperazione e dalla miseria. Oltre a donne, bambini ed anziani, si hanno infatti anche numerosi giovani, dei quali una minoranza è costituita da studenti universitari e professionisti. Il motivo per cui tante persone, che fuggono da contesti decisamente peggiori di quelli che hanno spinto gl’italiani ad abbandonare la propria patria un secolo addietro, vedono in modo 23 così positivo l’idea di vivere e lavorare nel nostro paese sembra sfuggirci decisamente. Alcuni forse ritengono inconcepibile che vi possano essere davvero reali possibilità di lavoro per questa gente, quando è molto difficile se non impossibile per gl’italiani più giovani: stando alle stime ufficiali dell’ISTAT, infatti, il tasso di disoccupazione per la fascia d’età compresa tra i 16 e i 25 anni è superiore al 40%. Cifra, questa, che fa impallidire se raffrontata con i valori registrati negli altri stati dell’Unione Europea; le differenze vanno ben oltre quelle riguardanti altri aspetti socio-economici, basti solo pensare alla stessa disoccupazione in generale. È vero che quest’ultima è più del doppio della Germania, ma da noi i giovani sen- za un’occupazione sono anche quasi quattro volte il numero complessivo degl’italiani privi di un impiego. Tornando adesso agli immigrati che cercano lavoro nel nostro paese, nonostante le attuali problematiche legate all’esigenza di fornire il minimo di vitto e alloggio per i profughi, e le difficoltà suscitate dall’esasperante lentezza del nostro spaventoso apparato burocratico, con tutte le questioni che ne derivano e che comunque mettono a rischio la sicurezza dei nostri cittadini, pare proprio che stia salendo progressivamente il numero di stranieri occupati nella nostra economia. Il settore maggiormente interessato è il primario. Operai agricoli e braccianti, in condizioni di soggiorno regolari e con contratti lavorativi del tutto Quanto è reale la crisi? Siamo sempre più assillati dalle notizie sull’immigrazione che ci arrivano tramite i mass-media: l’Italia, come gli altri paesi dell’Europa mediterranea, sembra essere sopraffatta da questo problema irrisolvibile e insuperabile. Tra coloro che approdano sul suolo italiano vi sono persone di qualunque età e condizione, una massa assai eterogenea accumunata solo dalla disperazione e dalla miseria. Oltre a donne, bambini ed anziani, si hanno infatti anche numerosi giovani, dei quali una minoranza è costituita da studenti universitari e professionisti. Il motivo per cui tante persone, che fuggono da contesti decisamente peggiori di quelli che hanno spinto gl’italiani ad abbandonare la propria patria un secolo addietro, vedono in modo 23 così positivo l’idea di vivere e lavorare nel nostro paese sembra sfuggirci decisamente. Alcuni forse ritengono inconcepibile che vi possano essere davvero reali possibilità di lavoro per questa gente, quando è molto difficile se non impossibile per gl’italiani più giovani: stando alle stime ufficiali dell’ISTAT, infatti, il tasso di disoccupazione per la fascia d’età compresa tra i 16 e i 25 anni è superiore al 40%. Cifra, questa, che fa impallidire se raffrontata con i valori registrati negli altri stati dell’Unione Europea; le differenze vanno ben oltre quelle riguardanti altri aspetti socio-economici, basti solo pensare alla stessa disoccupazione in generale. È vero che quest’ultima è più del doppio della Germania, ma da noi i giovani sen- za un’occupazione sono anche quasi quattro volte il numero complessivo degl’italiani privi di un impiego. Tornando adesso agli immigrati che cercano lavoro nel nostro paese, nonostante le attuali problematiche legate all’esigenza di fornire il minimo di vitto e alloggio per i profughi, e le difficoltà suscitate dall’esasperante lentezza del nostro spaventoso apparato burocratico, con tutte le questioni che ne derivano e che comunque mettono a rischio la sicurezza dei nostri cittadini, pare proprio che stia salendo progressivamente il numero di stranieri occupati nella nostra economia. Il settore maggiormente interessato è il primario. Operai agricoli e braccianti, in condizioni di soggiorno regolari e con contratti lavorativi del tutto Attualità normali, abbondano in diverse circostanze: europei dell’est e dei Balcani, nordafricani e mediorientali, senegalesi e nigeriani vengono impiegati per la vendemmia nelle Langhe, la raccolta della frutta in Trentino e dei pomodori nelle Puglie, per non parlare degl’indiani senza i quali le stalle di mezza Emilia chiuderebbero i battenti, e peraltro anche una produzione d’eccellenza come il Parmigiano, destinato in massima parte all’esportazione, continua ad esserci grazie a manodopera proveniente dall’estero (in particolare polacca). Sono invece di meno, ma la cifra non è per questo meno significativa, gli addetti nel settore dell’edilizie e le maestranze (con una competenza apprezzabile) nelle più svariate industrie. Non si dice insomma un’esagerazione quando si afferma che, per alme- no i due terzi, il nostro Pil nazionale viene prodotto da stranieri. Passando ora al tema della disoccupazione tra gl’italiani, a ben vedere si comprende subito come coloro che appartengono alle ultime generazioni, i quali non hanno un lavoro e soprattutto non lo cercano affatto, mostrano quasi una sorta d’insofferenza nei confronti di certi tipi d’occupazione. Questo deriva prettamente dal fatto che gli studi svolti e una retribuzione talvolta bassa rendono poco auspicabili certi “ruoli” nel tessuto produttivo. Questo ci porta ad affrontare necessariamente una questione strettamente connessa con questa, ovvero se sia giusto bollare i giovani con certi epiteti coniati apposta per loro, come “bamboccioni” o, ancor meglio, “ciusi”, termine, quest’ultimo, coniato da Elsa Fornero, già ministro del Lavoro du- rante l’esecutivo tecnico di Mario Monti. Per quanto i livelli medi d’istruzione attuali siano i più alti mai avuti, coloro che sono stati così fortunati da ricevere un’educazione coi fiocchi sono, per assurdo, quelli destinati, a quanto sembra, ad un futuro di contratti a tempo determinato e di precarietà, e pertanto anche di difficoltà economiche, sebbene l’Italia abbia una ricchezza privata decisamente maggiore rispetto a Francia e Germania. Sono dunque da incolpare gli sfiduciati e i demoralizzati? E si è proprio sicuri che quelli che oggi hanno la “certezza” di stipendi, salari e pensioni si sarebbero accontentati di poco se avessero avuto maggiori possibilità? Va da sé che, non essendoci sbocchi occupazionali quantitativamente e qualitativamente compatibili con la presente situazione, un numero 24 Attualità normali, abbondano in diverse circostanze: europei dell’est e dei Balcani, nordafricani e mediorientali, senegalesi e nigeriani vengono impiegati per la vendemmia nelle Langhe, la raccolta della frutta in Trentino e dei pomodori nelle Puglie, per non parlare degl’indiani senza i quali le stalle di mezza Emilia chiuderebbero i battenti, e peraltro anche una produzione d’eccellenza come il Parmigiano, destinato in massima parte all’esportazione, continua ad esserci grazie a manodopera proveniente dall’estero (in particolare polacca). Sono invece di meno, ma la cifra non è per questo meno significativa, gli addetti nel settore dell’edilizie e le maestranze (con una competenza apprezzabile) nelle più svariate industrie. Non si dice insomma un’esagerazione quando si afferma che, per alme- no i due terzi, il nostro Pil nazionale viene prodotto da stranieri. Passando ora al tema della disoccupazione tra gl’italiani, a ben vedere si comprende subito come coloro che appartengono alle ultime generazioni, i quali non hanno un lavoro e soprattutto non lo cercano affatto, mostrano quasi una sorta d’insofferenza nei confronti di certi tipi d’occupazione. Questo deriva prettamente dal fatto che gli studi svolti e una retribuzione talvolta bassa rendono poco auspicabili certi “ruoli” nel tessuto produttivo. Questo ci porta ad affrontare necessariamente una questione strettamente connessa con questa, ovvero se sia giusto bollare i giovani con certi epiteti coniati apposta per loro, come “bamboccioni” o, ancor meglio, “ciusi”, termine, quest’ultimo, coniato da Elsa Fornero, già ministro del Lavoro du- rante l’esecutivo tecnico di Mario Monti. Per quanto i livelli medi d’istruzione attuali siano i più alti mai avuti, coloro che sono stati così fortunati da ricevere un’educazione coi fiocchi sono, per assurdo, quelli destinati, a quanto sembra, ad un futuro di contratti a tempo determinato e di precarietà, e pertanto anche di difficoltà economiche, sebbene l’Italia abbia una ricchezza privata decisamente maggiore rispetto a Francia e Germania. Sono dunque da incolpare gli sfiduciati e i demoralizzati? E si è proprio sicuri che quelli che oggi hanno la “certezza” di stipendi, salari e pensioni si sarebbero accontentati di poco se avessero avuto maggiori possibilità? Va da sé che, non essendoci sbocchi occupazionali quantitativamente e qualitativamente compatibili con la presente situazione, un numero 24 Attualità sempre crescente di giovani italiani freschi di studi, anche se non hanno frequentato atenei particolarmente illustri e non possiedono una spiccata conoscenza della lingua inglese, decide di trasferirsi all’estero, dove il mercato del lavoro appare tutt’altro che saturo. Medici e infermieri in Svizzera (Canton Ticino), avvocati ed esperti nel campo del diritto (canonico) negli Usa, archeologi ed antropologi che partono per spedizioni di ricerca finanziate da altri Stati (cosa da cui si è ancora ben lontani qui da noi, vedi Pompei ed Ercolano), senza contare lo stuolo di laureati in discipline scientifiche ed informatiche che pul- 25 Attualità lulano nei centri di ricerca, come la Silicon Valley. Quando si parla di “fuga dei cervelli” non ci si riferisce solo a chi è nello spazio o nei sotterranei di Ginevra, ma anche a migliaia di altri giovani laureati, con tanto di specializzazioni e master vari. Avviandoci verso la conclusione, è quindi evidente che gli stranieri fanno cose che gl’italiani preferiscono non fare, ma non si può negare che l’Italia sia un paese contraddistinto da un sistema rigido e chiuso, corporativistico. Giustamente il giornalista statunitense Alan Friedman, nel suo libro “Ammazziamo il gattopardo”, ha parlato di vere e proprie caste o lobby, non solo per quel che riguarda notai e commercialisti, ma anche farmacisti e perfino tassisti. Un mercato del lavoro più equo ed aperto, degli imprenditori disposti a investire nel futuro e nell’economia reale, una seria politica di assunzioni a tempo indeterminato, questo ed altro serve adesso all’Italia, statica sul piano economico per la crisi ma anche e soprattutto su quello sociale, per la naturale tendenza a favorire l’interesse privato a danno del benessere collettivo. Davide Grisendi 5^I sempre crescente di giovani italiani freschi di studi, anche se non hanno frequentato atenei particolarmente illustri e non possiedono una spiccata conoscenza della lingua inglese, decide di trasferirsi all’estero, dove il mercato del lavoro appare tutt’altro che saturo. Medici e infermieri in Svizzera (Canton Ticino), avvocati ed esperti nel campo del diritto (canonico) negli Usa, archeologi ed antropologi che partono per spedizioni di ricerca finanziate da altri Stati (cosa da cui si è ancora ben lontani qui da noi, vedi Pompei ed Ercolano), senza contare lo stuolo di laureati in discipline scientifiche ed informatiche che pul- 25 lulano nei centri di ricerca, come la Silicon Valley. Quando si parla di “fuga dei cervelli” non ci si riferisce solo a chi è nello spazio o nei sotterranei di Ginevra, ma anche a migliaia di altri giovani laureati, con tanto di specializzazioni e master vari. Avviandoci verso la conclusione, è quindi evidente che gli stranieri fanno cose che gl’italiani preferiscono non fare, ma non si può negare che l’Italia sia un paese contraddistinto da un sistema rigido e chiuso, corporativistico. Giustamente il giornalista statunitense Alan Friedman, nel suo libro “Ammazziamo il gattopardo”, ha parlato di vere e proprie caste o lobby, non solo per quel che riguarda notai e commercialisti, ma anche farmacisti e perfino tassisti. Un mercato del lavoro più equo ed aperto, degli imprenditori disposti a investire nel futuro e nell’economia reale, una seria politica di assunzioni a tempo indeterminato, questo ed altro serve adesso all’Italia, statica sul piano economico per la crisi ma anche e soprattutto su quello sociale, per la naturale tendenza a favorire l’interesse privato a danno del benessere collettivo. Davide Grisendi 5^I Attualità Attualità RAEE Wanted Ogni volta che ci regalano un cellulare nuovo mettiamo nel casseto quello vecchio. Non appena il frullatore si rompe, lo abbandoniamo, per sostituirlo con il mixer nuovo che vostra madre ama. Per non parlare del trapano che vostro padre ha distrutto nel cercare di bucare il muro portante, in modo da far passsare i cavi della nuova smart-tv che ha sostituito il vecchio televisore col lettore vhs. Ma vi siete mai chiesti se questi apparecchi elettrici ed elettronici potessero avere il modo di tornare utili? RAEE Wanted siamo i primi testimoni di tutto ciò, in quanto la nostra scuola è stata coinvolta in un progetto di sensibilizzazione ambientale e di raccolta RAEE in collaborazione con Iren e l'università di Modena e E voi vi chiederete :"ma Reggio. quando devo buttare il trapano, cosa devo fare?" Ma perchè fare tutto questo? Tranquilli, non siete gli unici a farvi queste do- Perchè noi siamo coloro mande, infatti il problema che vivranno nel futuro e principale degli italiani è in quanto tali abbiamo sia proprio il non saper gesti- il dovere che il diritto di re lo smaltimento dei vivere in un ambiente puRAEE. In molti addirittu- lito e non minacciato dalra lo fanno in modo total- la presenza di rifiuti danmente scorretto, rischian- nosi. Perciò è necessario do di diffondere nell'am- fare tutto il possibile, parbiente sostanze nocive, tendo dalla raccolta diffemettendo a rischio la sa- renziata e dei RAEE nella lute dei cittadini. Fortuna- nostra città. tamente, però, l'Italia prevede di diffondere il più Ma chi lo ha deciso? possibile la conoscenza di Questo è stato deciso dai un giusto metodo di smal- paesi dell'unione europea, timento, partendo in parti- i quali hanno stabilito che colare dalle scuole. bisogna incrementare la me pala eolica, il frullatore sarebbe parte di un frigorifero, mentre il giusto smaltimento del televisore col lettore vhs eviterebbe l'immissione di sostanze dannose nell'ambiente. Ogni RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) può essere non solo riutilizzato, ma anche diventare una fonte di recupero di costose materie prime. Infatti quel vecchio cellularaccolta dei RAEE e che re potrebbe rinascere co- Per l'appunto, noi studenti 26 Ogni volta che ci regalano un cellulare nuovo mettiamo nel casseto quello vecchio. Non appena il frullatore si rompe, lo abbandoniamo, per sostituirlo con il mixer nuovo che vostra madre ama. Per non parlare del trapano che vostro padre ha distrutto nel cercare di bucare il muro portante, in modo da far passsare i cavi della nuova smart-tv che ha sostituito il vecchio televisore col lettore vhs. Ma vi siete mai chiesti se questi apparecchi elettrici ed elettronici potessero avere il modo di tornare utili? siamo i primi testimoni di tutto ciò, in quanto la nostra scuola è stata coinvolta in un progetto di sensibilizzazione ambientale e di raccolta RAEE in collaborazione con Iren e l'università di Modena e E voi vi chiederete :"ma Reggio. quando devo buttare il trapano, cosa devo fare?" Ma perchè fare tutto questo? Tranquilli, non siete gli unici a farvi queste do- Perchè noi siamo coloro mande, infatti il problema che vivranno nel futuro e principale degli italiani è in quanto tali abbiamo sia proprio il non saper gesti- il dovere che il diritto di re lo smaltimento dei vivere in un ambiente puRAEE. In molti addirittu- lito e non minacciato dalra lo fanno in modo total- la presenza di rifiuti danmente scorretto, rischian- nosi. Perciò è necessario do di diffondere nell'am- fare tutto il possibile, parbiente sostanze nocive, tendo dalla raccolta diffemettendo a rischio la sa- renziata e dei RAEE nella lute dei cittadini. Fortuna- nostra città. tamente, però, l'Italia prevede di diffondere il più Ma chi lo ha deciso? possibile la conoscenza di Questo è stato deciso dai un giusto metodo di smal- paesi dell'unione europea, timento, partendo in parti- i quali hanno stabilito che colare dalle scuole. bisogna incrementare la me pala eolica, il frullatore sarebbe parte di un frigorifero, mentre il giusto smaltimento del televisore col lettore vhs eviterebbe l'immissione di sostanze dannose nell'ambiente. Ogni RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) può essere non solo riutilizzato, ma anche diventare una fonte di recupero di costose materie prime. Infatti quel vecchio cellularaccolta dei RAEE e che re potrebbe rinascere co- Per l'appunto, noi studenti 26 Attualità il loro smaltimento deve venire effettuato secondo delle determinate normative nel luogo in cui il rifiuto è stato prodotto. Questo permette ad un paese come l'Italia, che produce tonnellate di RAEE ogni anno, di recuperare una buona parte di materie prime, o comunque di uso frequente (ferro, plastica, terre rare, ecc), senza dover acquistarle all'estero. Ciò porterebbe alla creazione di un'economia circolare e, in un caso quasi utopico, alla formazione di un sistema "Rifiuti Zero", in cui tutto viene riciclato, anche i rifiuti e le sostanze che normalmente non è possibile riutilizzare. Ma per fare in modo che ciò diventi realtà, bisogna che le abitudini dei cittadini cambino. Qui a Reggio in particolare, abbiamo una buona base da cui poter partire, ma per 27 Attualità avere dei risultati concreti è necessario che ognuno di noi abbandoni la propria pigrizia e cominci a rendersi conto di quanto è importante occuparsi dell'ambiente. Per chi volesse saperne di più o partecipare a progetti di elearning (corsi online riguardanti i RAEE), qui ci sono dei link utili da visitare. www.weenmodels.eu http://elearningraee.unimore.it Raccogliere i RAEE oggi significa migliorare il nostro domani. Silingardi Seligardi Carlotta 3^D il loro smaltimento deve venire effettuato secondo delle determinate normative nel luogo in cui il rifiuto è stato prodotto. Questo permette ad un paese come l'Italia, che produce tonnellate di RAEE ogni anno, di recuperare una buona parte di materie prime, o comunque di uso frequente (ferro, plastica, terre rare, ecc), senza dover acquistarle all'estero. avere dei risultati concreti è necessario che ognuno di noi abbandoni la propria pigrizia e cominci a rendersi conto di quanto è importante occuparsi dell'ambiente. Ciò porterebbe alla creazione di un'economia circolare e, in un caso quasi utopico, alla formazione di un sistema "Rifiuti Zero", in cui tutto viene riciclato, anche i rifiuti e le sostanze che normalmente non è possibile riutilizzare. www.weenmodels.eu Ma per fare in modo che ciò diventi realtà, bisogna che le abitudini dei cittadini cambino. Qui a Reggio in particolare, abbiamo una buona base da cui poter partire, ma per 27 Per chi volesse saperne di più o partecipare a progetti di elearning (corsi online riguardanti i RAEE), qui ci sono dei link utili da visitare. http://elearningraee.unimore.it Raccogliere i RAEE oggi significa migliorare il nostro domani. Silingardi Seligardi Carlotta 3^D Progetti Progetti (Les) jardin dans le ciel “(Les) jardins dans le ciel”, una piccola vision gallery che valorizzi un luogo, perché tutti sollevino il capo ad ammirare il nostro lavoro creativo, auspicando che ne venga colto il significato. La classe 3° A ha svolto con la prof.ssa Antonella De Nisco il progetto “(Les) jardins dans le ciel” con un approfondimento sulla storia dell’arte dei giardini e un lavoro grafico-letterario sulla lingua francese (nostro ambito curricolare); il prodotto finale è un lavoro installativo: un lungo intreccio che andrà collocato nella nostra scuola; l’intreccio sarà costituito da un insieme di strisce che interpretano nomi di fiori e verzura e che convivono come in un giardino, ma sembrano sospesi nel cielo. Si potrà comprendere meglio il laboratorio leggendo la presentazione della prof.ssa De Nisco: “Nell’architettura dei giardini si riflettono le culture e le società. I più bei giardini del mondo raccontano l’avventura della storia: i giardini pensili di Babilonia e l’hortus hurbanus dei romani, il giardino islamico e l’hortus conclusus del Medioevo, il giardino del Rinascimento italiano e le geometrie del giardino francese, l’Arcadia e il giardino inglese, il giardino contemporaneo; includiamo in questo percorso storico l’importante Giardino dei Giusti, nato a Gerusalemme nel 1960"… Il progetto di approfondimento della disciplina intende alimentare negli allievi non solo la ricercaconoscenza di nuove parole in lingua francese o una maggiore sensibilità verso la natura, ma vuol essere un invito ad interpretare lo spazio come un luogo simbolico e di riflessione. L’intreccio collettivo fatto di parole colorate (nomi di alberi, (Les) jardin dans le ciel fiori, frutti, verdure…) diventa l’ installazionemetafora di un giardino tessuto in cielo. Come un grande dipinto mobile costituito dai nomi delle piante cercate, tradotte e interpretate dai ragazzi in colorati disegni e tecniche libere. (Les) jardins dans le ciel interpreta in modo inatteso lo spazio della scuola, come luogo della parola e della collaborazione reciproca. Questo progetto oltre ad essere stato un interessante laboratorio grafico sulle parole della natura in lingua, interpretate ed elaborate con tecniche artistiche libere e personali, diventa anche una metafora che invita le persone all’unione, in un lavoro collettivo, attraverso l’intreccio dei loro disegni. Così come il giardino può essere visto come spazio di pace, di armonia anche artistica tra diversi elementi naturali, questo intreccio realizzato nella scuola diventa luogo di espressione personale, ma 28 “(Les) jardins dans le ciel”, una piccola vision gallery che valorizzi un luogo, perché tutti sollevino il capo ad ammirare il nostro lavoro creativo, auspicando che ne venga colto il significato. La classe 3° A ha svolto con la prof.ssa Antonella De Nisco il progetto “(Les) jardins dans le ciel” con un approfondimento sulla storia dell’arte dei giardini e un lavoro grafico-letterario sulla lingua francese (nostro ambito curricolare); il prodotto finale è un lavoro installativo: un lungo intreccio che andrà collocato nella nostra scuola; l’intreccio sarà costituito da un insieme di strisce che interpretano nomi di fiori e verzura e che convivono come in un giardino, ma sembrano sospesi nel cielo. Si potrà comprendere meglio il laboratorio leggendo la presentazione della prof.ssa De Nisco: “Nell’architettura dei giardini si riflettono le culture e le società. I più bei giardini del mondo raccontano l’avventura della storia: i giardini pensili di Babilonia e l’hortus hurbanus dei romani, il giardino islamico e l’hortus conclusus del Medioevo, il giardino del Rinascimento italiano e le geometrie del giardino francese, l’Arcadia e il giardino inglese, il giardino contemporaneo; includiamo in questo percorso storico l’importante Giardino dei Giusti, nato a Gerusalemme nel 1960"… Il progetto di approfondimento della disciplina intende alimentare negli allievi non solo la ricercaconoscenza di nuove parole in lingua francese o una maggiore sensibilità verso la natura, ma vuol essere un invito ad interpretare lo spazio come un luogo simbolico e di riflessione. L’intreccio collettivo fatto di parole colorate (nomi di alberi, fiori, frutti, verdure…) diventa l’ installazionemetafora di un giardino tessuto in cielo. Come un grande dipinto mobile costituito dai nomi delle piante cercate, tradotte e interpretate dai ragazzi in colorati disegni e tecniche libere. (Les) jardins dans le ciel interpreta in modo inatteso lo spazio della scuola, come luogo della parola e della collaborazione reciproca. Questo progetto oltre ad essere stato un interessante laboratorio grafico sulle parole della natura in lingua, interpretate ed elaborate con tecniche artistiche libere e personali, diventa anche una metafora che invita le persone all’unione, in un lavoro collettivo, attraverso l’intreccio dei loro disegni. Così come il giardino può essere visto come spazio di pace, di armonia anche artistica tra diversi elementi naturali, questo intreccio realizzato nella scuola diventa luogo di espressione personale, ma 28 Progetti Progetti soprattutto di confronto e quelli della scuola. Abcollaborazione. biamo pensato di collocaCiò che conta è l’idea e re l’installazione in uno non l’abilità nel disegno, spazio di passaggio, crel’impegno e l’interpretazione soggettiva che la diamo simbolico e imclasse ha investito nelle portante: sospeso nel corsingole parole, rendendo- ridoio che porta alla bile personali e capaci di contribuire all’armonia di blioteca dell’istituto, un un “intreccio” collettivo. bel patrimonio e piccolo giardino di grande valore Questo lavoro vuole es- culturale della nostra sere un progetto decorati- scuola che noi spesso sotvo in grado di valorizzare tovalutiamo. spazi, difficili e non semAntonella Amedei classe 3 A - EsaBac pre belli, come appunto soprattutto di confronto e quelli della scuola. Abcollaborazione. biamo pensato di collocaCiò che conta è l’idea e re l’installazione in uno non l’abilità nel disegno, spazio di passaggio, crel’impegno e l’interpretazione soggettiva che la diamo simbolico e imclasse ha investito nelle portante: sospeso nel corsingole parole, rendendo- ridoio che porta alla bile personali e capaci di contribuire all’armonia di blioteca dell’istituto, un un “intreccio” collettivo. bel patrimonio e piccolo giardino di grande valore Questo lavoro vuole es- culturale della nostra sere un progetto decorati- scuola che noi spesso sotvo in grado di valorizzare tovalutiamo. spazi, difficili e non semAntonella Amedei classe 3 A - EsaBac pre belli, come appunto 29 - 29 - L’angolo del delirio L’angolo del delirio: NASA deciditi Bisogna dirlo: a volte nuovo segno venisse Internet è davvero sor- messo in uso. prendente! Il nome? Ofiuco. L’altro giorno stavo navi- Ofiuco. gando su Google, e ho Non so perché, ma suona trovato un articolo che talmente strano che appeparlava della NASA e dei na lo sento mi viene in segni zodiacali. Mi sono mente una costellazione a chiesta “Ma se i segni forma di testuggine che zodiacali sono astrologisuona un’ocarina, ma si ci, la NASA che c’ensa, è solo fantasia. Ho tra?” E curiosa ho letto sentito che a dire il vero è l’articolo. Caspita, che una specie di ammazzzanotizia ho letto! tore di serpenti, questo In poche parole c’era Ofiuco, e perciò mi semscritto che negli ultimi bra ben lontano dalla mia giorni su Twitter è nato idea di tartaruga musiciun vero e proprio delirio sta. Tornando all’aspetto perché la NASA, sul suo generale della cosa, il sito dedicato ai bambini, tutto non mi avrebbe colha spiegato che in realtà pito così tanto se non le costellazioni principali avessi appreso che seconnon sono 12, bensì 13, e do la NASA, invece di che quindi in realtà esi- essere uno scorpione vesterebbe un altro segno lenoso assassino, sono zodiacale e che i giorni una bilancia del superaffibbiati ai segni corren- mercato. ti sarebbero completaSignori miei, questo mi mente sballati se questo sembra un calo di qualità. Invece di avvelenare i L’angolo del delirio L’angolo del delirio: NASA deciditi seccatori, peso le arance alla Coop. Senza offesa per le Bilance, ma vorrei proprio vedervi in una situazione di pericolo. Se vi aggrediscono cosa fate? Lanciate i pesini? Almeno gli scorpioni seccano che è una meraviglia. Smettendo di divagare, anche se degli scorpioni non me ne importa quasi nulla, dato che secondo me il destino non te lo predicono le stelle ma i voti in pagella, l’idea di essere un altro segno zodiacale dà una sensazione strana. Che poi, ad essere sinceri, gli scorpioni hanno creato una serie di luoghi comuni sui segni che fanno ridere da morire quanto sono falsi. Per esempio, si dice che chi è del Cancro sia una persona carinissima, fantastica e meravigliosissima. Ma se ho conosciuto certi 30 Bisogna dirlo: a volte nuovo segno venisse Internet è davvero sor- messo in uso. prendente! Il nome? Ofiuco. L’altro giorno stavo navi- Ofiuco. gando su Google, e ho Non so perché, ma suona trovato un articolo che talmente strano che appeparlava della NASA e dei na lo sento mi viene in segni zodiacali. Mi sono mente una costellazione a chiesta “Ma se i segni forma di testuggine che zodiacali sono astrologisuona un’ocarina, ma si ci, la NASA che c’ensa, è solo fantasia. Ho tra?” E curiosa ho letto sentito che a dire il vero è l’articolo. Caspita, che una specie di ammazzzanotizia ho letto! tore di serpenti, questo In poche parole c’era Ofiuco, e perciò mi semscritto che negli ultimi bra ben lontano dalla mia giorni su Twitter è nato idea di tartaruga musiciun vero e proprio delirio sta. Tornando all’aspetto perché la NASA, sul suo generale della cosa, il sito dedicato ai bambini, tutto non mi avrebbe colha spiegato che in realtà pito così tanto se non le costellazioni principali avessi appreso che seconnon sono 12, bensì 13, e do la NASA, invece di che quindi in realtà esi- essere uno scorpione vesterebbe un altro segno lenoso assassino, sono zodiacale e che i giorni una bilancia del superaffibbiati ai segni corren- mercato. ti sarebbero completaSignori miei, questo mi mente sballati se questo sembra un calo di qualità. Invece di avvelenare i seccatori, peso le arance alla Coop. Senza offesa per le Bilance, ma vorrei proprio vedervi in una situazione di pericolo. Se vi aggrediscono cosa fate? Lanciate i pesini? Almeno gli scorpioni seccano che è una meraviglia. Smettendo di divagare, anche se degli scorpioni non me ne importa quasi nulla, dato che secondo me il destino non te lo predicono le stelle ma i voti in pagella, l’idea di essere un altro segno zodiacale dà una sensazione strana. Che poi, ad essere sinceri, gli scorpioni hanno creato una serie di luoghi comuni sui segni che fanno ridere da morire quanto sono falsi. Per esempio, si dice che chi è del Cancro sia una persona carinissima, fantastica e meravigliosissima. Ma se ho conosciuto certi 30 L’angolo del delirio Cancri che meritavano di essere tagliati a metà da un pesce spada! Non prendiamoci in giro dai! Ed è anche il nome di una malattia! E poi i poveri Gemelli, che avrebbero una doppia faccia? L’unica persona con una doppia faccia che io abbia mai visto è stato Voldemort, il cattivo della saga di Harry Potter. Sarà dei Gemelli anche lui? Ed infine non riesco a capire perché lo Scorpione sia un segno d’acqua e l’Acquario no. Dentro c’è l’acqua! Lo dice anche il nome!!! Voi avete mai visto uno Scorpione farsi 31 L’angolo del delirio un bagno in mare a Riccione? Cosa c’entra l’acqua con questo animale velenoso? Un fico secco! Ecco perché secondo me lo zodiaco manca di coerenza. Elena Orrù 3°D Cancri che meritavano di essere tagliati a metà da un pesce spada! Non prendiamoci in giro dai! Ed è anche il nome di una malattia! E poi i poveri Gemelli, che avrebbero una doppia faccia? L’unica persona con una doppia faccia che io abbia mai visto è stato Voldemort, il cattivo della saga di Harry Potter. Sarà dei Gemelli anche lui? Ed infine non riesco a capire perché lo Scorpione sia un segno d’acqua e l’Acquario no. Dentro c’è l’acqua! Lo dice anche il nome!!! Voi avete mai visto uno Scorpione farsi 31 un bagno in mare a Riccione? Cosa c’entra l’acqua con questo animale velenoso? Un fico secco! Ecco perché secondo me lo zodiaco manca di coerenza. Elena Orrù 3°D Si ringraziano tutti coloro che hanno partecipato alla composizione di questo numero, in particolare si ringrazia il precedente duo editoriale. Si ringraziano tutti coloro che hanno partecipato alla composizione di questo numero, in particolare si ringrazia il precedente duo editoriale. La voce di matilde. La voce di matilde. 32 32