Duparc: La mélodie triste

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Duparc: La mélodie triste
Conservatorio di Musica “Lorenzo Perosi” – Campobasso
Corso sperimentale “Repertori vocali da camera
nell’Ottocento”
Elaborato nelle discipline:
Storia della musica
Critica del testo musicale
Analisi musicale
Estetica
Storia della poesia per musica
Duparc: La mélodie triste
Docenti:
Allievo:
Barbara Lazotti
Piero Niro
Luigi Pecchia
Marina Mezzina
Introduzione
1. La mélodie: storia e nascita di un genere
 1.1 La romance
 1.2 La mélodie
2. Henri Duparc : la vita
3. Le prime Cinq mélodies, op. 2
 3.1 Sérenade e Chanson triste
 3.2 Romance de Mignon e Le Galop
 3.3 Soupir
4. Extase
5. Duparc e Baudelaire
 L’invitation au voyage
 La vie antérieure
Allegati 1 – 5
Catalogo completo delle opere
Bibliografia completa
Introduzione
La mélodie per canto e pianoforte diventa un “genere” in
Francia nella quarta decade del diciannovesimo secolo per
una serie di alcuni fattori, di cui i più importanti sono:
1. la decadenza artistica della romance per cui diventa necessario
qualcosa che la sostituisca;
2. l’introduzione in Francia e la divulgazione dei Lieder di
Schubert, che riuscirono a influenzare enormemente la
produzione per canto e pianoforte;
3. il sorgere della nuova poesia romantica francese, che fornì ai
compositori testi che aiutarono la loro ispirazione e che li
forzarono a non adagiarsi in forme e stili semplici e
composizioni superficiali.
Analizzerò di seguito, per comprendere la nascita, i
presupposti e le motivazioni per cui la mélodie si è imposta e
secondo quali canoni, la storia e l’intrecciarsi dei fattori sopra
elencati.
La Romance
Il termine romance originariamente veniva indicato soltanto
come una forma letteraria
nei dizionari dell’inizio del
diciottesimo secolo e solo alla metà del medesimo troviamo
qualche cenno del fatto che essa fosse cantata.1
1
Dictionaire de l’Académie Française (1718), Encyclopédie (1765).
Nel suo Dictionnaire de musique J.J Rousseau descrive
finalmente in maniera più chiara e dettagliata la romance:
“un'aria nella quale è cantata una piccola poesia dallo stesso
nome, divisa in stanze, il cui soggetto è usualmente una storia
d’amore, spesso tragica”.2
Da un punto di vista puramente musicale la romance
sembra aver avuto origine dalla brunette3, che, mentre la
romance era esclusivamente cantata, poteva essere anche
strumentale.
All’inizio la romance de salon non ebbe una grande influenza
sulla vita musicale se non quando, inserita nell’Opéra comique,
venne esportata fino a comparire in raccolte inglesi e
tedesche.
La romance cominciò a raggiungere la propria indipendente
maturità artistica con “Plaisir d’amour” del 1784, composta da
Martini4, dove, al contrario delle prime romance in cui la parte
dell’accompagnamento era affidata al basso continuo sul
clavicembalo, questa volta essa era completamente scritta e
realizzata per pianoforte.
2
Rousseau. Jean-Jacques (Ginevra 1712-Ermenonville, Oise, 1778) pubblicò a
Parigi nel 1768 il Dictionnaire de musique.
3
La brunette era di moda in Francia fra il diciassettesimo e diciottesimo secolo;
consisteva in una composizione vocale o strumentale (infatti spesso aveva come
titolo Sarabande, Courante, ecc.) di argomento pastorale-amoroso.
L’origine del termine si può far risalire a petit-brune, la brunetta che rappresentava l’
amour tendre nelle airs de cour.
4
Luogo e data di Martini
Dopo la Rivoluzione francese, in cui i testi cominciarono
anche a narrare gli avvenimenti correnti, la romance si distinse
in linea di massima per tre tipi di contenuti letterari (storico,
pastorale e sentimentale), altrettanti stili di composizione
(narrativo, drammatico e lirico) e, per quanto riguarda gli
aspetti puramente musicali, in due tipi di composizioni,
sebbene dai confini non così nettamente marcati: la prima
nella quale il significato del testo risultava fondamentale, per
cui la linea melodica era strettamente legata alle parole e
questo legame era rinsaldato dalla parte pianistica, e la
seconda dove questo legame era completamente disatteso e la
linea melodica aveva un carattere musicalmente avulso dal
testo e la parte del pianoforte ricopriva un ruolo di mero
sostegno della parte vocale.
La romance conobbe il suo pieno sviluppo durante la
Rivoluzione e l’Impero, quando gli elementi preromantici
cominciarono a far breccia negli eventi musicali e poetici: i
compositori cominciarono a sentirsi soffocati dal rigido
impianto strofico e i poeti si resero conto di non potersi più
esprimere con lo stile dell’ancient regime.
Nonostante queste limitazioni la romance ebbe il merito di
dare alla Francia, per la prima volta dopo l’air de cour5, un tipo
5
L’air de cour deriva dalla air de musique mesurée, un genere polifonico a sua volta
derivato dalla chanson en vaudeville (quasi una prefigurazione di melodia armonizzata
in stile omoritmico, in forma di aria strofica in voga nel periodo umanistico che
deve la sua fortuna alla intelligibilità del testo, tenuto in grande considerazione dagli
di canzone di indubitabile valore artistico, dove testo e
musica sono entrambi protagonisti della composizione.
Il suo declino comincia con la Restaurazione e l’avvento
della borghesia al potere economico.
Dal 1815 vengono attribuiti alla romance vari titoli, tipo
nocturne, barcarole, chansonette, tarantelle, etc. ognuno dei quali si
riferisce ad un tipo particolare di contenuto (per es. la
tarantella quando si trattano soggetti italiani) e nasce anche la
Romance dialoguée, in cui uno strumento (ad esempio il violino,
violoncello o corno) è inserito proprio per dialogare con la
voce, non più ad libitum, ma con una parte obbligata che
risponde e continua la melodia del canto.6
Si può sostenere che la causa della progressiva perdita di
qualità artistica e di ricerca poetico-musicale nella romance sia
stata dovuta proprio alla sua crescente, enorme popolarità
che determinò il singolare fenomeno per cui ogni giornale
francese non si presentava più al pubblico senza un
supplemento che pubblicasse una nuova romance. Da questa
umanisti ; il termine vaudeville ha una provenienza incerta, ma forse si riferisce a
Vaux de Vire, una località della Normandia).
L’air de musique mesurée conserva queste caratteristiche musicali, ma è costruita in
maniera molto più rigida su una forma regolare di successioni di battute e la sua
costruzione strofica si lega strettamente alle forme metriche delle quantità del verso
misurato. Nel passaggio dallo stile polifonico a quello di melodia accompagnata
queste rigidità si stemperano nell’air de cour, dove i metri antichi vengono
abbandonati e viene usata la rima. La rigida adesione alle sillabi lunghe e brevi viene
sostituita da una linea melodica che si adatta di più al normale fluire della parola.
6
I nomi dei maggiori compositori delle Romance della Restaurazione, del regno di
Louis Philippe e del Secondo Impero di Napoleone III si possono trovare in
NOSKE, Frits, op. cit., pagg. 7-8.
imponente richiesta di pubblicazioni si verificò ben presto la
nascita di una tale quantità di insulsaggini musicali, di
componimenti d’occasione con titoli improbabili, che risulta
quasi impossibile trovare una romance di un qualsiasi valore
artistico.7
Infatti, nonostante il 1830 verrà chiamato “anno
romantico” e che la romance possa essere considerata a prima
vista una composizione particolarmente adatta a ricevere i
nuovi impulsi del Romanticismo, soltanto due compositori
praticarono un genere che potremmo definire Romantic
Romance: Louis Niedermayer8 e Hyppolite Monpou9.
Si distinsero soprattutto per le scelte dei testi: Niedermeyer
si fece conoscere e viene ricordato soprattutto per aver
composto Le lac, tratto dalle Méditation poétiques di Lamartine.
Sebbene non fosse il primo a tentare di musicare questa
poesia fu però il primo a comprenderne la reale portata: riuscì
per esempio a comprendere che le Meditation avrebbero
sofferto dell’impianto strofico della chanson e così costruì un
impianto musicale che prevedeva una grande e libera
introduzione che abbracciava le prime quattro stanze e la vera
romanza strofica cominciava soltanto con la quinta stanza.
7
Un giornale francese le ménestrel arrivò a pubblicare una romance dal tiotolo
“Homeopathic romance”, solo perché l’autrice del testo era la moglie del Dott.
Hahnemann, appunto, omeopata!!!
8
Niedermayer, Abrahm Louis de, Nyon Vaud 27/04/1802 – Parigi 14/03/1861.
9
Monpou, François-Louis Hyppolite, Parigi 12/01/1804- Orléans 10/08/1841
Non per questo può essere considerato un precursore
della mélodie, anche se rispetto ai suoi contemporanei
dimostrò molta più attenzione al legame fra testo e musica e
diede più importanza strutturale all’accompagnamento
pianistico.
Anche Monpou fu attratto dalla poesia Romantica:
compose molte liriche su testo di Victor Hugo e Musset.
Proprio grazie all’incontro di questi diue grandi poeti,
nonostante fosse considerato dai suoi insegnanti poco più
che un talento mediocre, Monpou fu costretto a fare un
passo avanti rispetto ai suoi predecessori sul fronte del verso
in musica.10
10
Il problema del verso e della metrica francese adattati alla musica è veramente
complesso da trattare e, in questa sede, fuori luogo data la vastità del soggetto.
Qui mi preme soltanto rilevare che le difficoltà che teorici e compositori trovarono
al momento di toccare tale argomento furono dovute soprattutto a un grande
fraintendimento iniziale sulla metrica francese: i primi studi del rapporto fra verso e
musica furono condotti ai tempi della chanson mesurées à l’antique (di cui si è parlato
alla nota 5) e quindi sotto l’influsso del pensiero umanistico. Si ritenne che il metro
francese, in imitazione di quello antico greco e latino, si costituisse nell’alternanza di
sillabe lunghe e brevi . (Per i nomi dei teorici e musicisti che si occuparono
dell’argomento cfr. NOSKE, Frits, French Song from Berluioz to Duparc, 1968(?) Dover
Publications, Inc, New York, pagg. 42-44).
Tutte le successive riflessioni ebbero il suddetto punto di partenza.
Il paradosso si raggiunse quando Rousseau arrivò a negare l’esistenza del principio
di quantità sillabica nella versificazione francese, ma poiché era convinto che la
lingua greca, proprio perché in possesso di tale principio, fosse una lingua altamente
musicale e musicabile, giunse alla conclusione che quella francese, non avendo la
possibilità di tale accentuazione musicale, fosse la lingua antimusicale per
eccellenza(!) e collegò a questa presunta antimusicalità anche il problema delle
vocali francesi (soprattutto i suoni “nasalizzati”) e la “famigerata” e muta.
Questa quantomeno azzardata teoria ebbe almeno il merito di scatenare una serie di
reazioni (spesso alquanto indignate) e di riflessioni su questo tema, fra cui le teoria
dell’ estetico(?) Michel-Paul de Chabanon che mise in ridicolo le pubbliche e
superficiali opinioni sul caso e soprattutto rivendicò alla musica un dignità di un
linguaggio che non può essere influenzato da ogni lingua nazionale.
Si dovrebbe poi parlare della frase “bilanciata” o “quadrata”, una costruzione
melodica suddivisa in due, quattro o otto battute, basata sul principio della
simmetria e della stessa distribuzione degli accenti nella poesia e nella musica; tale
principio, come si può facilmente immaginare, crea molti problemi nelle
composizioni strofiche in cui gli accenti delle stanze seguenti alla prima hanno una
disposizione diversa dai versi precedenti.
Fu Scoppa che finalmente sostituì il concetto di quantità con quello di intensità
(accento tonico).
Partendo dalla divisione italiana delle parole in sdrucciolo, piano e tronco dimostrò che
le parole francesi seguono gli stessi principi, senza però possedere lo sdrucciolo.
Il problema che aveva tenuto occupati teorici e trattatisti sembrò risolversi alla fine
del diciannovesimo secolo, quando finalmente si abbandonò la frase “bilanciata”
per seguire finalmente il ritmo del verso, spinti anche dalle idee wagneriane dello
Sprechgesang e della unendliche Melodie: soprattutto Schuré, Combarieu e d’Indy
cercarono di formulare una teoria che avrebbe finalmente unito espressione
musicale ed espressione poetica.
In particolare d’Indy portò alle estreme consequenze la dipendenza del ritmo
musicale dal linguaggio sostenendo che “la notazione musicale serve a rappresentare
graficamente il linguaggio del suono, per la stessa ragione e nello stesso modo in cui la scrittura
rappresenta il linguaggio delle parole…In tutte le epoche il significato delle parole è stato associato
all’accento musicale… “. Quest’atteggiamento accrebbe le teorie di purismo sulla
versificazione e la prosodia, tanto che il teorico Henry Woollett giunse a pubblicare
nel suo Prosody for the Use of the Composer un assioma con sedici corollari, che si
possono così riassumere:
Assioma: Sillabi forti su tempi forti, sillabi deboli su tempi deboli.
Corollari:
1. e muta su tempo debole (o su tempo mezzo – forte nei tempi veloci);
2. e muta su valori più corti della sillaba forte precedente, o di valore uguale se
il valore è corto e la sillaba forte cade sulla parte forte del tempo;
3. e muta su note di altezza più bassa della precedente;
4. mai mettere una e muta su un’appoggiatura;
5. quando una e muta è preceduta da una vocale (come in vie ) le due sillabi
devono essere poste su due note simili e legate;
6. è possibile non assegnare un tempo alla sillaba muta solo nel caso della
finale –aient dell’imperfetto e del condizionale; ( … )
7. l’appoggiatura dovrebbe essere usata raramente e solo sulle sillabi forti
d’apertura;
8. I vocalizzi ( … ) sono permessi solo come un elemento di colore locale
nello stile delle folk – song o come descrizione musicale;
9. i nomi propri dovrebbero essere trattati “prosodicamente” secondo la
pronuncia del loro paese d’origine;
10. la ripetizione di parole non voluta dal librettista è vietata. Il compositore
deve sempre rispettare il testo.
Nel suo trattato Woollett, chiedendo assoluta osservanza a questi principi, arriva
addirittura a criticare compositori come Gounod, Fauré e Debussy, tutti conosciuti,
invece, per la correttezza della loro prosodia.
Quando si arrivò al 1900 ancora molti trattatisti fornirono una serie di regole per
mettere efficacemente in musica poesia e prosa francese e si assistette a una serie di
Infatti la versificazione romantica non si può adattare con
successo alla “frase bilanciata” e Mounpou dovette cercare
nuove soluzioni, che spesso però non raggiunsero buoni
risultati.
prese di posizione sulle scelte da compiersi (alcuni poeti affermeranno di detestare
che le loro poesie venissero messe in musica, Debussy dichiarò di preferire la prosa,
perché i versi posseggono già una loro musica e impulso interiore, ecc.) da
analizzare caso per caso.
La Mélodie
Scorrendo, come si è fatto per la romance, i significati che i
vari
dizionari,
enciclopedie
e
opere
di
argomento
musicologico attribuiscono al termine mélodie ci si rende
facilmente conto che gli studiosi contemporanei a questo
genere a stento si resero conto che con la mélodie nasceva un
modo nuovo di intendere una composizione per canto e
pianoforte.11
Molti studiosi del ventesimo secolo individuano in Berlioz
il primo che diede nome ai suoi piccoli pezzi vocali mélodie,
altri vedono l’uso del termine legato all’introduzione del Lied
di Schubert in Francia.
Frits Noske12, pur considerando di grande importanza
soprattutto la seconda ipotesi, ha approfondito la questione
delle origini del termine e l’ha individuata nella raccolta di
poesie che il poeta irlandese Thomas Moore13 ha composto
appositamente per delle arie popolari irlandesi.
Il titolo della raccolta, a Selection of Irish Melodies, with
Symphonies and Accompaniments by Sir John Stevenson, Mus. Doc,
and Characteristic Words by Thomas Moore, dimostra come il
poeta considerasse musica e poesia un’unità.
11
Nel migliore dei casi l’articolista si rende conto che mélodie non è sinonimo di chanson , ma
il termine viene proposto come traduzione di Lied (Dictionnaire de la langue Française, Parigi
1887).
12
NOSKE, Frits, op. cit.
13
Moore, Thomas, Dublino 28/05/1779 – Devizes, Wiltshire 26/02/1852
Fuori dall’Irlanda, comunque, i testi divennero più
conosciuti delle melodie e in Francia molti compositori
musicarono i poemi di Moore.
A questo punto del suo sviluppo la mélodie ha più o meno il
significato di “aria” e diventa simile alla Weise tedesca (lett.
melodia), ma, mentre “aria” aveva sempre designato un
pezzo appartenente a un’opera o a un oratorio, il nuovo
termine aveva il vantaggio di evitare confusione fra i due
significati.
Stilisticamente molte di queste mélodie non sono altro che
semplici romanze con un carattere quasi folklorico e il nome
all’inizio non designò molto di più di barcarole, nocturne, etc.
Soltanto con le prime pubblicazioni dei Lieder di Schubert in
Francia e sotto la loro diretta influenza la mélodie si sviluppò
come un genere indipendente.
Nell’autunno del 1833 l’editore Richault pubblicò alcuni
dei più conosciuti Lieder di Schubert sotto il titolo di Six
mélodies célèbres avec paroles francaise par M Bélanger de Fr. Schubert
e, poco tempo dopo, pubblicò Le roi des aulnes (Erlkönig su
testo di Goethe).
Dopo il 1840 molti altri Lieder
di Schubert furono
pubblicati sempre con le traduzioni di Deschamps e Bélanger
e furono pubblicati anche alcuni di Beethoven, Mendelssohn
e Schumann.
La fama di Schubert crebbe rapidamente in Francia grazie
all’impegno di Adolphe Nourrit14, il più grande cantante del
periodo romantico, il cui interesse per i Lieder di Schubert fu
destato da un’esecuzione dell’ Erlkönig nella trascrizione di
Liszt eseguita dall’autore stesso (e non è difficile immaginare
l’impressione che provocò!).
Dopo la sua rottura con l’Operà di Parigi, Nourrit decise di
dedicarsi alla diffusione della liederistica schubertiana (aveva
già inserito molti brani nei suoi precedenti concerti) anche
nelle province francesi; purtroppo non conoscendo il tedesco
e la relativa pronuncia dovette adeguarsi alle traduzioni di
Bélanger,
di
cui
era
peraltro
scontento,
ponendo,
giustamente, molta attenzione al testo originario e al suo
significato. Le traduzioni dal tedesco al francese, infatti, erano
scorrette non solo dal punto di vista della versificazione (per
cui, a volte, si arrivava a cambiare anche la musica per
adattarla al nuovo verso), ma spesso stravolgevano il senso
stesso delle parole.
Accadde così che il valore dei Lieder
fu riconosciuto
soprattutto nell’elemento puramente musicale, mentre quello
poetico purtroppo non riuscì a far conoscere la grande
letteratura tedesca e che i francesi non riuscirono a
comprendere Schubert nella sua grande capacità melodica
proprio perché, essendo così legata alle parole, risultava priva
14
del suo maggior fascino e attribuirono al compositore altri
meriti musicali (peraltro tutti veri) quali la ricchezza armonica
e l’importanza dell’accompagnamento.
In questo modo la mélodie fu influenzata da uno Schubert
visto da una angolazione drammatica, non potendo il lirismo
delle sue melodie emergere a causa della suddetta
incomprensione dei testi, e creò una situazione che si è
ripetuta spesso nella storia della musica francese: si verificò,
cioè, la divisione in due veri e propri partiti, l’uno che
accusava il compositore tedesco di aver indirettamente ucciso
la romance (peraltro da tempo agonizzante, io aggiungerei) e
l’altro che salutava con entusiasmo la rivoluzione avvenuta
nel “salotto musicale”.
Può risultare utile riportare una parte della scherzosa farsa
scritta da Blanchard, un fedelissimo del genere nazionale, ma
anche un critico acuto e obiettivo, proprio sull’argomento di
questa rivoluzione musicale, in cui i personaggi non sono
compositori o teorici, bensì i generi musicali stessi, come il
Sig. Requiem, Lady Sinfonia, Il Lied, etc. e il moderatore è il
Sig. 184115:
(Nella traduzione cercherò di rendere l’umorismo celato nel
modo di usare la lingua dei personaggi)
15
Il moderatore è l’anno 1841 poiché l’articolo apparve sul primo numero del nuovo anno ( il 1841,
appunto) della Revue et Gazette musicale.
La romance: (rivolta a 1841 con accento francese) “Io sono
eminentemant francese e ti pregò di protegermi, di prenderé
le mie parti.”
1841: “Contro chi?”
Il Lied: “Mein Gott! Ma kontro ti me, ke l’ho rimpiatzata! Io
prillo qvanto lei, anke ti più; io sono più nuofo ti lei, io sono
il figlio favorito di Schubert e lo difento anche per Proch e
Dessauer.
1841: Calma, calma. Nonostante il tuo accento noi ti abbiamo
garantito i diritti civili fino a che non sarai naturalizzato.
Il Lied: Io non foglio essere naturalitzato, io voglio rimanere
tetesko.
1841: Va bene; allora rimani tedesco.
Il Lied: Ma io foglio fivere a Parigi, kantare a Parigi, inkantare
Parigi.
1841: Allora vivi a Parigi, canta a Parigi, incanta Parigi.
Il Lied: Ma io no foglio che la romance dika ke mi ha dato i
natali, ke discento da lei.
1841: Oh, che testa dura! Mettetevi d’accordo fra
voi…Sposatevi! Dalla vostra unione dovrà pur risultare
qualcosa di buono!
Il Lied: Lei è troppo fekkia.