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SOCIETA’ DI SCIENZE FARMACOLOGICHE APPLICATE SOCIETY FOR APPLIED PHARMACOLOGICAL SCIENCES SSFAoggi Notiziario di Medicina Farmaceutica Bimestrale della Società di Scienze Farmacologiche Applicate Aprile 2016 numero Fondata nel 1964 54 Frode in ricerca Sommario: Editoriale 1 Riunione progetto SMD 2 Convegno AIFA e Farmindustria 4 Sharing clinical trial data 5 Normativa ISO 7 Frode in ricerca 10 Documento SIAR 13 Laennec 15 Indagine Comitati Etici 16 Drugs past expiration date 18 Notizie dai master 19 Libro di oggi 20 BMJ 21 Mauro Moroni 21 Oggi parliamo di…. 22 Phase I death 24 Comunicato SSFA Giovani 25 Libro SIAR 26 Uso compassionevole dei farmaci 27 ADR 29 News on Clinical Trials 31 Nuovi Soci 32 Frode in ricerca. ne parla poco, molto poco, ed è un male. Se ne parla poco, quasi a voler nascondere un fenomeno fastidioso, un cancro di cui non si vuole prendere coscienza. Ma questo non va bene, perché chi compie le frodi in ricerca se ne sta approfittando e, con la tacita complicità di chi non ne parla, alimenta un settore che sta assumendo dimensioni molto pericolose. Gli stessi editori delle maggiori riviste scientifiche hanno riconosciuto di non avere mezzi adeguati per combattere questo malattia, che sta seriamente minando la credibilità della maggioranza dei ricercatori che si comportano correttamente. Abbiamo tutti a mente la vicenda della correlazione fra vaccinazione contro il morbillo ed autismo: una ricerca inventata dal medico inglese Andrew Wakefield, che nel 1998 ottenne addirittura la pubblicazione del suo falso sulla prestigiosa rivista The Lancet. E ci vollero quasi 10 anni per smentire le sue ricerche, dopo che un giornalista scoprì che un avvocato, specializzato in cause contro l’industria farmaceutica, gli aveva regalato ben 500.000 sterline. La ricerca venne cancellata dalla rivista, ed Andrew Wakefield fu infine espulso dall’ordine dei medici: ma la notizia delle sue falsità è rimasta poco nota, tanto è vero che molti genitori continuano a rifiutare le vaccinazioni ai figli, in particolare quella contro il morbillo. Pensate che, grazie al vaccino, si è passati da 545.000 decessi di bambini contagiati dal virus del morbillo nel 1990, a 96.000 decessi nel 2013: eppure il morbillo resta la malattia prevenibile con un vaccino che causa il maggior numero di morti. Frode in ricerca. Finalmente ne parlano apertamente le maggiori riviste scientifiche internazionali, ed anche noi, con la nostra piccola voce , ci associamo al coro di chi non può accettare che l’integrità della maggioranza dei ricercatori sia messa a repentaglio da pochi soggetti senza scrupoli. Nelle pagine 10 - 12 abbiamo raccolto alcune recenti pubblicazioni: la loro lettura lascia un profondo senso di sconforto, al quale dobbiamo reagire con fermezza. Domenico Criscuolo XXV CONGRESSO GIQAR Parma 18 - 20 maggio 2016 SEZIONE POSTER: CONCORSO CON PREMIO AL VINCITORE Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB PRATO Anno X numero 54 Pagina 2 PRIMA RIUNIONE DEL NATIONAL PHARMATRAIN CERTIFICATION BOARD (nPCB) sul progetto SMD (Specialist in Medicines Development) Roma, 15 febbraio 2016, presso AIFA Come è noto, SSFA è impegnata nel progetto SMD patrocinato ed organizzato dalla Pharmatrain Federation. Una descrizione del progetto è stata preparata da Domenico Criscuolo ed è riportata nel numero 52 di SSFA Oggi. All’Italia è stato assegnato il ruolo di apripista in Europa (mentre il Giappone lo sta facendo per il resto del mondo), e la SSFA sta quindi operando per avviare il progetto coinvolgendo tutte le istituzioni che possono essere interessate (AIFA, Ministero della Salute, Università, SIF, Farmindustria). Alla riunione di Roma erano presenti Domenico Criscuolo, Francesco De Tomasi, Luciano M. Fuccella e Marco Romano, che rappresentano la SSFA nel nPCB, Elena Bresciani (Master Università di Milano Bicocca), Ranieri Guerra (Ministero della Salute), Sandra Petraglia (AIFA), Luca Steardo (SIF), Roberto Verna (Università di Roma La Sapienza). Sergio Bonini (EMA) ha partecipato in teleconferenza da Londra. Dopo la presentazione del progetto SMD da parte di D. Criscuolo e l’illustrazione del ruolo di SSFA nel progetto da parte di M. Romano, Presidente di SSFA, R. Guerra ha sottolineato come il progetto SMD possa essere utile per definire le competenze di chi si occupa di sviluppo di nuovi farmaci. In particolare ha focalizzato l’esposizione sulle patologie neglette (“unmet needs”) quali ad esempio: lo sviluppo di preparazioni farmaceutiche che facilitino l’aderenza alle terapie, in considerazione del crescente numero di anziani che devono praticare la politerapia; il problema della crescente antibiotico-resistenza sia in campo umano che veterinario. Altra iniziativa interessante, da non trascurare e per la quale è importante un’adeguata formazione del personale coinvolto, è rappresentata dallo sviluppo della medicina tradizionale cinese, in considerazione anche dei finanziamenti che la Cina mette a disposizione. Come già è comparso su SSFA Oggi, SSFA collabora con l’Università di Milano Bicocca per sviluppare iniziative con università cinesi nei settori degli scambi di laureati e di organizzazione di corsi di formazione. Concludendo, il Dr. Guerra ha espresso un parere favorevole sul progetto SMD e sul suo sviluppo internazionale. L. Steardo ha illustrato i cambiamenti che, da diversi anni, stanno caratterizzando la SIF, che da associazione di natura accademi- ca principalmente dedita agli studi di farmacocinetica e farmacodinamica e sugli eventi avversi, va sempre più dedicandosi alla sperimentazione clinica, agli aspetti regolatorii, alla farmacovigilanza, agli aspetti del post-marketing ed alle medicine alternative. I testi di farmacologia attuali sono profondamente cambiati rispetto a quelli di 20-30 anni fa ed oggi presentano sezioni o capitoli dedicati alla sperimentazione clinica. La SIF è quindi pronta a collaborare per l’attuazione del progetto SMD. S. Petraglia ha ricordato che la formazione è una delle mission più importanti di AIFA, che già partecipa, con suoi docenti, a numerosi corsi sulla sperimentazione clinica. A livello europeo AIFA sta collaborando alla definizione dei CV di competenza in vari settori della sperimentazione clinica dei farmaci. Pertanto assicura la collaborazione di AIFA anche al progetto SMD, auspicando una maggiore presenza dell’Italia nel contesto delle università del gruppo Nazioni Unite. S. Bonini, in collegamento telefonico da Londra, ha confermato che EMA nutre un forte interesse per le iniziative di formazione, indirizzate ad accrescere la cultura scientifica nello sviluppo dei nuovi farmaci destinati sia all’uomo che all’animale. I nuovi farmaci ed i trattamenti innovativi richiedono infatti non solo il possesso delle conoscenze tradizionali ma anche, causa la rapida evoluzione delle nuove conoscenze, stretti contatti con l’accademia e con gli ambienti ove si fa ricerca avanzata. EMA avverte anche la necessità di stimolare la formazione del personale interno che si occupa di affari regolatorii ma anche delle persone che ne rappresentano gli interlocutori abituali. Per questi motivi EMA ha costituito lo EU Network Training Centre, iniziativa congiunta di EMA e HMA (Heads of Medicines Agencies), network dei Responsabili delle Agenzie nazionali responsabili della regolamentazione dei prodotti medicinali per uso umano e veterinario. E’ inoltre in formazione un nuovo Frame(Continua a pagina 3) Anno X numero 54 Pagina 3 Il gruppo internazionale del progetto SMD all’ultima riunione di Bruxelles work Program per stabilire un’efficace collaborazione nello sviluppo, nella valutazione e nel monitoraggio dei farmaci, che anche comprenda programmi congiunti di formazione e manifestazioni scientifiche. S. Bonini ha ricordato l’approccio registrativo attualmente in sviluppo: a fronte del tradizionale sistema di licensing “Si/ No”, anche allo scopo di potere disporre tempestivamente di nuovi farmaci salvavita, si sta adottando frequentemente il sistema di “adaptive licensing”, cioè di autorizzazioni progressive mano a mano che procedono gli studi sul farmaco. Al contrario di quanto avviene col sistema tradizionale, nel quale dopo l’AIC il numero di pazienti trattati aumenta molto rapidamente, con il sistema “adaptive licensing” il numero aumenta più lentamente ed i pazienti meglio corrispondono alle indicazioni del farmaco, consentendo di raccogliere più corrette informazioni ed anche meglio garantendo la sicurezza dei pazienti. Concludendo, S. Bonini ha affermato che il settore farmaceutico richiede una esperienza multidisciplinare e curricula formativi specifici. Ciò significa una maggiore collaborazione tra tutte le parti interessate per raggiungere l’armonizzazione degli strumenti formativi e delle certificazioni. Si tratta di una disciplina emergente, ancora bisognosa di un generale consenso ma indispensabile per formare il futuro personale sia nell’accademia che nella sanità, nell’industria e nella strutture regolatorie. E. Bresciani (Università di Milano Bicocca) ha illustrato l’attività del Master in Ricerca Preclinica e Clinica dei Farmaci che si svolge presso questa università, giunto alla 8° edizione. Il Master ha adottato il Syllabus Pharma Train ed ha ricevuto il riconoscimento di Centro di Eccellenza. Il Master si svolge su 267 ore di lezioni frontali e su 650 ore di stage, con dissertazione finale di una tesi. Per la verifica dell’apprendimento, al termine di ogni lezione i partecipanti debbono rispondere a 6 domande; sono poi previsti 3 esami in itinere ed uno a fine corso con un questionario a risposte multiple. Il 50% circa delle lezioni sono tenute in lingua inglese e tutte sono registrate ed inserite con le proiezioni sul sito del Master: i docenti sono 62, 14 provenienti dall’università e 48 dall’industria, da CRO e da società scientifiche. Dopo ogni lezione i partecipanti debbono esprimere la valutazione del docente; è prevista anche la valutazione complessiva del modulo. A questo scopo, da quest’anno è stato introdotto l’uso di un tablet che consente la valutazione immediata. Con il passare delle edizioni si è assistito ad un importante aumento del numero delle domande di partecipazione: da 30 alla prima edizione (con 16 iscritti) a 105 nell’ultima edizione. Si è tuttavia mantenuto il limite di 30 iscrizioni, sia per consentire una soddisfacente partecipazione alle discussioni durante le lezioni sia soprattutto per assicurare il reperimento delle strutture ove attuare lo stage che rappresenta l’elemento critico fondamentale. Sinora vi è stata comunque buona collaborazione da parte di aziende farmaceutiche, CRO e centri di ricerca di ospedali. Per l’ammissione, vengono valutati i titoli del candidato, il quale deve superare una prova di comprensione della lingua inglese: infine ha luogo un colloquio di selezione. Un risultato molto importante è rappresentato dai dati di job placement, cioè dal numero di persone che hanno trovato lavoro dopo il conseguimento del Master. A questo scopo, la segreteria del Master ha continuato a raccogliere ogni anno i dati dei partecipanti ed i risultati mostrano che il 100% di essi è occupato, e che una percentuale intorno al 25% ha avuto il contratto di impiego al termine dello stage. R. Verna (Università La Sapienza, Roma) ha portato la sua esperienza relativa al master da lui diretto, iniziato nel 2002 con 12-18 partecipanti su 20-30 posti disponibili. In quest’ultimo anno, tuttavia, le iscrizioni si sono ridotte a 5. La percentuale di job placement è stata del 70% circa. Il suo problema è che l’anno prossimo andrà in pensione e sinora non si è reperito nessun candidato disposto a prendere il suo posto. In conclusione, tutti gli intervenuti hanno espresso interesse a partecipare al progetto che ritengono importante ed utile. La raccomandazione unanime è stata che, in considerazione delle numerose iniziative formative nel settore dello sviluppo dei farmaci già esistenti e che mostrano di aumentare ulteriormente, si cerchino collaborazioni con altri analoghi programmi e, soprattutto, che si dia a SMD una impronta internazionale possibilmente anche attraverso una certificazione da parte di organismi universitari e regolatorii. Luciano M. Fuccella e Francesco De Tomasi Anno X numero 54 Pagina 4 CONVEGNO AIFA E FARMINDUSTRIA Lo scorso 21 gennaio, a Roma EUR, si sono dati appuntamento molti attori della sperimentazione clinica italiana, in un convegno promosso congiuntamente da AIFA e Farmindustria. L’evento ha avuto molta eco nella stampa, per cui non riteniamo utile farvene una sintesi. Riportiamo qui di seguito le parole del dr Mario Melazzini, nuovo presidente AIFA. “E’ fondamentale costruire sinergie tra tutti i soggetti coinvolti e mettere in campo un lavoro di squadra. La ricerca rappresenta infatti un poderoso strumento di valore ed innovazione, in particolare quella clinica e biomedica. In questo senso l’Italia detiene un capitale umano senza eguali, ma nonostante le eccellenze non mancano ostacoli e difficoltà a causa di procedure disomogenee e di normative frammentate. E’ perciò preziosissimo il lavoro profuso da AIFA, impegnata a ottimizzare la filiera e a recepire gli aspetti innovativi introdotti dal Regolamento europeo. Il cambiamento in atto investirà tantissimi attori, ma in particolare i pazienti: i processi saranno complessi ma apporteranno una radicale semplificazione. Le novità possono essere racchiuse in tre concetti chiave: correttezza, trasparenza e sicurezza. Al termine di questo percorso l’Italia dovrà confermare il proprio ruolo di leader della sperimentazione clinica”. Il dr Massimo Scaccabarozzi, Presi- dente Farmindustria, ha aggiunto: “Il contesto richiede necessariamente interventi coordinati- All’interno di questo panorama l’Italia deve riuscire a valorizzare aree di ricerca nelle quali, allo stato attuale, si colloca al top. Siamo infatti l’hub farmaceutico europeo e dobbiamo riuscire a diventarlo anche nella ricerca. L’importante è adottare una strategia che non punti esclusivamente all’innovazione clinica e tecnologica, ma anche a quella regolatoria. Ed è proprio qui che dobbiamo anticipare e vincere la sfida con l’Europa, per farci trovare pronti quando si prenderanno decisioni che gestiranno il cambiamento, senza attendere il 2018, altrimenti sarà troppo tardi. In sostanza, l’Italia deve mostrare la capacità di muoversi lungo tre binari: migliorare le sinergie esistenti, assicurare competitività e rimuovere pregiudizi e steccati, costruendo alleanze tra pubblico e privato”. Ed ecco l’intervento di Marco Romano: “L’inizio di un nuovo anno mi porta ad esprimere un augurio a tutti noi. La SSFA che rappresento qui oggi si occupa prevalentemente di formazione e di ricerca clinica finalizzata allo sviluppo di nuove molecole per la prevenzione e la terapia delle malattie fisiche e psichiche. A vario titolo e nei rispettivi ruoli, tutti gli attori qui presenti, Ministero della Salute e ISS, Autorità Regolatorie, Comitati Etici, Aziende Farmaceutiche e CRO, Società Scientifiche, Clinici e Ricercatori, Associazioni di Pazienti, condividono la stessa finalità cioè il miglioramento della qualità di vita di tutti noi e della nostra sopravvivenza. L’augurio e insieme il mio auspicio per questo nuovo anno è che si realizzi una sempre maggiore collaborazione tra tutti coloro che si occupano di salute con grande rispetto e aiuto reciproco; vorrei che vi fossero meno “ismi”, meno individualismi, egoismi, campanilismi a favore di una maggiore solidarietà, rispetto, collaborazione; in altre parole dovremmo evitare talvolta di innalzare barriere ma al contrario costruire ponti tra noi per lasciare a chi prenderà il nostro posto sulla terra un futuro migliore del presente, con più amore, più solidarietà, più amicizia, più generosità e meno guerre, meno rivalità, meno gelosie, meno particolarismi, meno protagonismi, meno “ismi” appunto. E’ certo infatti che uniti si lavora meglio e si ottengono risultati straordinari. Dobbiamo pensare al bene comune e ai nostri discendenti, non solo a noi stessi. Probabilmente qualcuno tra voi penserà che sono un ingenuo e un utopista; può darsi ma francamente sono felice di esserlo. La vita è breve e dovremmo non soltanto godere ogni giorno come un dono di Dio ma lasciare una traccia positiva del nostro passaggio a chi verrà dopo di noi. Grazie per la vostra attenzione” VII CONGRESSO BIAS Verona 30 giugno - 1 luglio 2016 Anno X numero 54 Pagina 5 Sharing clinical trial data A proposal from the International Committee of Medical Journal Editors BMJ 2016;352:i255 The International Committee of Medical Journal Editors (ICMJE) believes that there is an ethical obligation to responsibly share data generated by interventional clinical trials because participants have put themselves at risk. In a growing consensus, many funders around the world—foundations, government agencies, and industry—now mandate data sharing. Here we outline ICMJE’s proposed requirements to help meet this obligation. We encourage feedback on the proposed requirements. Anyone can provide feedback at www.icmje.org by 18 April 2016. ICMJE defines a clinical trial as any research project that prospectively assigns people or a group of people to an intervention, with or without concurrent comparison or control groups, to study the cause and effect relationship between a health related intervention and a health outcome. Further details may be found in theRecommendations for the Conduct, Reporting, Editing and Publication of Scholarly Work in Medical Journals atwww.icmje.org. As a condition of consideration for publication of a clinical trial report in our member journals, ICMJE proposes to require authors to share with others the deidentified individual patient data (IPD) underlying the results presented in the article (including tables, figures, and appendices or supplementary material) no later than six months after publication. The data underlying the results are defined as the IPD required to reproduce the article’s findings, including necessary metadata. This requirement will go into effect for clinical trials that begin to enroll participants beginning one year after ICMJE adopts its data sharing requirements. Enabling responsible data sharing is a major endeavor that will affect the fabric of how clinical trials are planned and conducted and how their data are used. By changing the requirements of the manuscripts we will consider for publication in our journals, editors can help foster this endeavor. As editors, our direct influence is logically, and practically, limited to those data underpinning the results and analyses we publish in our journals. ICMJE also proposes to require that authors include a plan for data sharing as a component of clinical trial registration. This plan must include where the researchers will house the data and, if not in a public repository, the mechanism by which they will provide others access to the data, as well as other elements outlined in the 2015 Institute of Medicine report on data sharing (for example, whether data will be freely available to anyone upon request or only after application to and approval by a learned intermediary, whether a data use agreement will be required).1 ClinicalTrials.gov has added an element to its registration platform to collect data sharing plans. We encourage other trial registries to similarly incorporate mechanisms for the registration of data sharing plans. Trialists who want to publish in ICMJE member journals (or non-member journals that choose to follow these recommendations) should choose a registry that includes a data sharing plan as a specified registry item or allows for its entry as a free text statement in a miscellaneous registry field. As a condition of consideration for publication in our member journals, authors will be required to include a description of the data sharing plan in the submitted manuscript. Authors may choose to share the deidentified IPD underlying the results presented in the article under less restrictive, but not more restrictive, conditions than were indicated in the registered data sharing plan. ICMJE already requires the prospective registration of all clinical trials before enrollment of the first participant. This requirement aims, in part, to prevent selective publication and selective reporting of research outcomes, and to prevent unnecessary duplication of research effort. Including a commitment to a data sharing plan is a logical addition to trial registration that will further each of these goals. Prospective trial registration currently includes documenting the planned primary and major secondary endpoints to be assessed, which enables identification of incomplete reporting as well as post hoc analyses. Declaring the plan for sharing data prior to their collection will further enhance transparency in the conduct and reporting of clinical trials by exposing when data availability following trial completion differs from prior commitments. Sharing clinical trial data, including deidentified IPD, requires planning to ensure appropriate ethics committee or institutional review board approval and the informed consent of study participants. Accordingly, we will defer these requirements for one year to allow investigators, trial sponsors, and regulatory bodies time to plan for their implementation. Just as the confidentiality of trial participants must be protected (through the deidentification of IPD), and the needs of those reasonably requesting data met (through the provision of useable data), the reasonable rights of investigators and trial sponsors must also be protected. ICMJE proposes the following to safeguard these rights. First, ICMJE editors will not consider the deposition of data in a registry to constitute prior publication. Second, authors of secondary analyses using these shared data must attest that their use was in accordance with the terms (if any) agreed to upon their receipt. Third, they must reference the source of the data using a unique identifier of a clinical trial’s data set to provide appropriate credit to those who generated it and allow searching for the studies it has supported. Fourth, authors of secondary analyses must explain completely how theirs differ from previous analyses. In addition, those who gener(Continua a pagina 6) Anno X numero 54 Pagina 6 (Continua da pagina 5) ate and then share clinical trial data sets deserve substantial credit for their efforts. Those using data collected by others should seek collaboration with those who collected the data. However, because collaboration will not always be possible, practical, or desired, an alternative means of providing appropriate credit needs to be developed and recognized in the academic community. We welcome ideas about how to provide such credit. Data sharing is a shared responsibility. Editors of individual journals can help foster data sharing by changing the requirements of the manuscripts they will consider for publication in their journals. Funders and sponsors of clinical trials are in a position to support and ensure adherence to IPD sharing obligations. If journal editors become aware that IPD sharing obligations are not being met, they may choose to request additional information; to publish an expression of concern; to notify the sponsors, funders, or institutions; or in certain cases, to retract the publication. In the rare situation in which compliance with these requirements is impossible, editors may consider authors’ requests for exceptions. If an exception is made, the reason(s) must be explained in the publication. Sharing data will increase confidence and trust in the conclusions drawn from clinical trials. It will enable the independent confirmation of results, an essential tenet of the scientific process. It will foster the development and testing of new hypotheses. Done well, sharing clinical trial data should also make progress more efficient by making the most of what may be learned from each trial and by avoiding unwarranted repetition. It will help to fulfill our moral obligation to study participants, and we believe it will benefit patients, investigators, sponsors, and society. This editorial is being published simultaneously in Annals of Internal Medicine, The BMJ, Canadian Medical Association Journal, Chinese Medical Journal, Deutsches Ärzteblatt (German Medical Journal), Ethiopian Journal of Health Sciences, JAMA (Journal of the American Medical Association), Nederlands Tijdschrift voor Geneeskunde (Dutch Medical Journal), New England Journal of Medicine, New Zealand Medical Journal, PLoS Medicine, Revista Médica de Chile, The Lancet, and Ugeskrift for Laeger (Danish Medical Journal). COMUNICATO EMA SU PRIORITY MEDICINES The European Medicines Agency would like to inform you that the new PRIME (PRIority MEdicines) scheme to strengthen support to medicines that target an unmet medical need has been launched today. The scheme focuses on medicines that may offer a major therapeutic advantage over existing treatments, or benefit patients with no treatment options. Through PRIME, the Agency offers early, proactive and enhanced support to medicine developers to optimise the generation of robust data on a medicine’s benefits and risks and enable accelerated assessment of marketing applications. A press release on PRIME and further information have been published on the EMA website, including details on how to apply. In the event of queries, a dedicated e-mail has been set up ([email protected]). 1 2 Drug Discovery: Contract Research Organization: THERAMetrics is an international, full-service, technology-driven Contract Research & Development Organization providing services and solutions throughout the entire drug discovery & development cycle – from Preclinical to Market Access. THERAMetrics S.p.A. Via Alberto Falck, 15 20099 Sesto San Giovanni (MI), Italy Tel.: +39 02 2413 491 Fax: +39 02 2486 2961 [email protected] www.therametrics.com § Hypothesis generating software tool § International project management § Drug repurposing and repositioning § Regulatory support & submissions § Pre-screening of any selected project § Study activation and monitoring § Improving of sustainability of § Data management & statistics current R&D system § Medical coding & medical review § Pharmacovigilance § Medical writing 4 3 Early Clinical Services: Clinical Supply Services: § Manufacturing and packaging § Logistics and distribution § Return and destruction § IMPD preparation § Multilingual labelling and QR codes § Two own PŚase I research units § Testing compounds and devices in healthy volunteers, patients, children and special populations § High recruitment potential § ICH-GCP trained staff Anno X numero 54 Pagina 7 IMPATTO DELLA NUOVA NORMATIVA ISO 9001:2015 Introduzione Come le precedenti versioni, la norma ISO 9001:2015 specifica i requisiti per l’implementazione di un modello di un sistema di gestione per la qualità (QMS: Quality Management System) per tutte le organizzazioni, indipendentemente dal tipo e dimensione delle stesse e dai prodotti forniti. L’ultima edizione di tale norma è stata pubblicata a settembre 2015, ed annulla e sostituisce la precedente edizione ISO 9001:2008. Il presente articolo si propone di fornire una sintesi essenziale dei cambiamenti principali della ISO rispetto alla precedente edizione. Le organizzazioni che possiedono già una certificazione ISO 9001:2008 avranno tre anni di tempo a partire dalla pubblicazione della ISO 9001:2015 per adeguarsi alla nuova versione di questo standard; il periodo di transi- zione terminerà pertanto nel settembre 2018. Struttura e terminologia Uno dei cambiamenti più significativi della nuova ISO riguarda la struttura e la terminologia adottata. La figura 1 illustra la struttura della nuova norma, rendendo esplicito anche il collegamento con le fasi del ciclo PDCA (Plan-Do-Check-Act). Tale ciclo era utilizzato anche nella precedente versione della ISO, ma nella nuova versione vi è una migliore distribuzione del testo in capitoli secondo la medesima logica, mettendo in evidenza in modo più chiaro gli elementi salienti di un Management System. Nella figura 1 sono inoltre evidenziati i punti della norma in cui sono descritti i nuovi requisiti introdotti che verranno dettagliati nei prossimi paragrafi. La ISO 9001:2015 adotta la struttura delle clausole specificate nell’annesso SL della direttiva ISO -vedi ISO/IEC Directives, Part 1 and Consolidated ISO supplement- Annex SL (Proposal for management system standards)–Appendix 2 (High level structure, identical core text, common terms and core definitions). L’annesso SL definisce l’indice, la terminologia ed i contenuti generali standard delle norme che disciplinano i Management System. Attraverso la struttura dell'annesso SL, le organizzazioni sono in grado di allineare o integrare i loro QMS con i requisiti degli altri sistemi di gestione. Per quanto riguarda la terminologia, la tabella 1 mostra le principali differenze tra la nuova ISO e la preceFigura 1 Sezioni della ISO 9001:2015 (Continua a pagina 8) Pagina 8 Anno X numero 54 (Continua da pagina 7) dente edizione: come si può vedere dalla tabella, il temine “Prodotti” è stato sostituito nella nuova ISO con il termine “Prodotti e servizi” per includere ulteriori categorie di output del processo (hardware, servizi, software e materiali processati) e per evidenziare le differenze tra di loro nell’applicazione di alcuni requisiti. Inoltre non viene più utilizzata nella dell’organizzazione viene recepita a pieno titolo nel nuovo modello di QMS. Pur non richiedendo l’adozione di un sistema strutturato di risk management, la norma promuove l’adozione di un approccio olistico (risk based thinking) basato sulla gestione dei rischi nelle diverse po di applicazione deve essere documentato e aggiornato (Figura 1sezione 4.1, 4.2, 4.3 della norma). I dirigenti devono dimostrare un maggior coinvolgimento diretto nel QMS dell'organizzazione: l’alta direzione deve dar prova di leadership verso il sistema di gestione, anziché limitarsi Tabella 1 Le principali differenze nella terminologia tra la ISO 9001:2008 e la ISO 9001:2015 ISO 9001:2008 ISO 9001:2015 Products Products and services Exclusions Not used Management representative Not used Documentation, quality manual, documented procedures, records Documented information Work environment Environment for the operation of processes Monitoring and measuring equipment Monitoring and measuring resources Purchased products Externally provided products and services Supplier External provider nuova ISO una sezione relativa alle “esclusioni”; ma viene chiarita l’applicabilità della norma in sezioni dedicate. Tra le principali variazioni apportate, non viene più richiesta nella nuova norma la figura del rappresentante di direzione di qualità e l’espressione “informazioni documentate” sostituisce le precedenti: “procedura documentata” e “documentazione”. Nonostante le modifiche apportate, è importante notare che alle organizzazioni che hanno già un QMS conforme alla ISO 9001 non viene richiesto di modificare la terminologia utilizzata nei documenti esistenti per riflettere quelle specificate nella ISO 9001:2015. Pertanto le organizzazioni possono scegliere di utilizzare i termini più consoni alle loro attività/ processi. Approccio risk based La considerazione del rischio nei processi decisionali e nella gestione strategica e operativa fasi di pianificazione, implementazione, applicazione e miglioramento del QMS (Figura 1- sezione 6.1 e 9.2 della norma). L’approccio risk based ingloba anche la gestione delle azioni preventive, per le quali non sono più previsti requisiti specifici. Contesto organizzativo e leadership La nuova norma evidenzia che il processo di progettazione e implementazione del QMS deve essere effettuato in funzione dell’organizzazione produttiva coinvolta. La norma richiede alle organizzazione di riflettere in maniera chiara e logica su quel che può influire internamente e esternamente sui loro sistemi di gestione e di prepararsi e dimostrare che tali informazioni siano oggetto di monitoraggio e revisione. Una volta definito il campo di applicazione del QMS, l’organizzazione dovrebbe applicare tutti i requisiti della norma, o fornire una chiara giustificazione per i requisiti che ritiene non applicabili. Il cam- a dimostrare il proprio impegno verso di esso (Figura 1- sezione 5.1 della norma). Gestione della documentazione I requisiti relativi alla documentazione del QMS sono molto semplificati e diventano più flessibili, lasciando all’organizzazione la responsabilità di documentare quanto ritenuto necessario, definendone i criteri e livelli di approfondimento (Figura 1- sezione 7.5 della norma). La norma non obbliga più alla stesura di procedure documentate, perché è l’organizzazione stessa a decidere quel che è necessario. Da evidenziare in particolare che nella nuova norma non viene più richiesta la redazione del manuale qualità. In diverse occasioni, tuttavia, si specifica l’esigenza di mantenere o conservare informazioni documentate per concretizzare, chiarire e dimostrare il fatto che il sistema è aggiornato ed efficace. Le informazioni documenta(Continua a pagina 9) Anno X numero 54 (Continua da pagina 8) te possono essere in qualsiasi formato stabilito dall’organizzazione, purché forniscano evidenza di conformità; viene pertanto a decadere la necessità di mantenere ampi archivi cartacei. Organizational Knowledge Nella nuova norma viene introdotto il concetto di “organizational knowledge” volto a evidenziare la necessità di identificare e gestire le conoscenze per assicurare che l’organizzazione possa ottenere la conformità di prodotti e servizi (Figura 1- sezione 7.1 della norma). Requisiti ad hoc sono stati introdotti con la finalità di salvaguardare l’organizzazione dalla eventuali perdita di conoscenza (p.e. attraverso il turnover dello staff) e incoraggiare l’organizzazione ad acquisire sempre la conoscenza necessaria. Controllo dei processi, prodotti e servizi esterni Nella nuova norma sono prese in considerazione tutte le tipologie di processi, prodotti e servizi esterni (p.e. outsourcing). I controlli richiesti possono variare in maniera consistente a seconda della natura dei processi, prodotti e servizi acquistati. L’organizzazione dovrà utilizzare un approccio basato sul rischio per la definizione di tali controlli (Figura 1sezione 8.4 della norma). Conclusione La nuova norma offre grandi opportunità alle organizzazioni che adotteranno il modello di sistema di gestione della qualità: offrendo un approccio meno prescrittivo al quality management ed un modello più flessibile, il QMS potrebbe finalmente essere percepito dalle organizzazioni come strumento per creare valore all’interno dell’organizzazione, in grado di accrescere la soddisfazione del cliente e dimostrare che il prodotto/servizio fornito sia effettivamente conforme ai requisiti normativi applicabili. L’uso di una struttura e di un linguaggio comune per i diversi Pagina 9 modelli di management system possono consentire alle organizzazioni una più facile implementazione del QMS ed una migliore integrazione con la gestione strategica e operativa dell’organizzazione stessa. Per contro però la semplificazione dei requisiti prescrittivi potrebbe portare ad applicazioni discrezionali e riduttive da parte delle organizzazioni. Le organizzazioni che decidono di adottare un QMS in accordo al modello ISO richiedono in genere la certificazione da parte di organismi di certificazione predisposti. Viene pertanto lecito interrogarsi anche sulle potenziali difficoltà nel processo di auditing e sulla omogeneità di comportamento da parte di tali organismi. Per poter condurre audit efficaci e con valore aggiunto, tali organismi dovranno possedere elevate competenze professionali. D’altro canto solo attraverso i cambiamenti definiti nella nuova ISO, le organizzazioni potrebbero implementare il QMS in maniera più “sostanziale” e meno “formale” garantendo finalmente l’effettivo utilizzo da parte di tutte le persone coinvolte. Per quanto riguarda il mondo farmaceutico, l’implementazione del QMS in accordo alle ISO è ancora più facile per- ché la nuova norma prende in carico i precetti (p.e. risk based approach) del QMS pharma dettati dagli enti regolatori (p.e. ICH Q9 e ICH Q10). Essendo meno prescrittiva in termini formali/terminologici, la nuova norma permette di evitare la creazione di ulteriori strutture procedurali in aggiunta al QMS pharma per raggiungere la conformità ISO. Marianna Esposito Laureata in Fisica, consulente dal 2000 presso la PQE dove ha avuto modo di maturare una vasta esperienza nella convalida dei sistemi computerizzati e nella gestione dei Sistemi di Qualità. Dal 2004 ricopre il ruolo di PQE Senior Project Manager ed ha coordinato diversi progetti internazionali di convalida. Come QA Auditor ha svolto diverse ispezioni GCP, di farmacovigilanza e valutazioni di conformità per monitor. Ha inoltre supportato diverse aziende farmaceutiche nell’implementazione dei Sistemi di Qualità in ambito GCP, GMP e di farmacovigilanza. Anno X numero 54 Pagina 10 La frode in ricerca è purtroppo molto più diffusa di quanti si pensi, anche perché è spesso difficile da identificare. Ecco alcuni recenti episodi denunciati da riviste internazionali. Retraction—Effect of vitamin and trace-element supplementation on immune responses and infection in elderly subject DOI: http://dx.doi.org/10.1016/S0140-6736(16)00166-5 On Oct 6, 2015, we asked the Dean of Medicine of Memorial University, St John's, Newfoundland and Labrador, Canada, to conduct a formal investigation into the research by Dr Ranjit Kumar Chandra that culminated in his publication in The Lancet in 1992.1 Chandra gives Memorial University as his address in the 1992 paper, and Memorial University is also acknowledged as supporting the research through a University Research Professorship Award. We reopened our investigations into this paper because of documentation released into the public domain during a libel trial in Canada involving Chandra and the Canadian Broadcasting Corporation (CBC), which Chandra lost in July, 2015. Chandra has informed us that he is appealing against the judgment. The libel trial was about three programmes made by the CBC which raised concerns about Chandra's research, including the 1992 paper. Previous concerns about the 1992 publication were raised by Kenneth J Carpenter, Seth Roberts, and Saul Sternberg as documented in Correspondence in The Lancet in 2003,2 with a reply by Chandra;3 and when Nutrition retracted a paper by Chandra in 2005,4 which involved the same subjects as the 1992 Lancet paper. On Nov 27, 2015, Memorial University sent us a report by Dr William Pryse-Phillips, dated Oct 23, 2009, with supplementary comments dated Nov 3, 2015.5 The Pryse-Phillips report into a paper by Chandra that was submitted to the BMJ in 2000, published in Nutrition in 2001, and retracted in 2005, concluded that this paper “was not in full compliance with the scientific, ethical and/or integrity standards of Memorial University at the time”. On Dec 11, 2015, after further correspondence with Memorial University, we received a letter from Dr Gary Kachanoski, President and Vice-Chancellor of Memorial University, stating that it is “our view that the concerns documented by the Pryse-Phillips report in relation to ‘subjects and methods’ in combination with concerns identified by other commentators, provide confirmation that there are serious problems with the veracity of the 1992Lancet publication”. In view of the concerns raised, together with the conclusions drawn by Memorial University, which was Chandra's institution in 1992, the balance of probabilities in our judgment is that the reliability of the 1992 Lancet paper by Chandra can no longer be assured. Chandra disputes these concerns and Memorial's conclusions, and does not agree with the need to retract the 1992 paper. Nevertheless, we retract the 1992 Lancet paper from the scientific record. References Chandra, RK. Effect of vitamin and trace-element supplementation on immune responses and infection in elderly subjects. Lancet. 1992; 340: 1124–1127 Carpenter, KJ, Roberts, S, and Sternberg, S. Nutrition and immune function: a 1992 report. Lancet.2003; 361: 2247 Chandra, RK. Author's reply. Lancet. 2003; 361: 2247–2248 Meguid, MM. Retraction. Nutrition. 2005; 21: 286 Pryse-Phillips, W. Inquiry into Dr RK Chandra's submitted paper to the BMJ: #00/5797. Revised version of my report of January 2009, after examination of discovered material. Oct 23, 2009. U/GK/PRYSE-PHILLIPS REPORT1126. PDF (2015). CORSO BASE SULLA SPERIMENTAZIONE CLINICA Milano, 29 - 30 settembre e 10 ottobre 2016 Il corso è indirizzato ai laureati che iniziano ad occuparsi di studi clinici, o che hanno pochi anni di esperienza nella sperimentazione clinica. Giunto alla sedicesima edizione, ha formato - grazie alle competenze dei docenti SSFA - quasi 500 professionisti della ricerca clinica. Non perdete questa occasione! Anno X numero 54 Pagina 11 Le ricerche scientifiche fatte con Photoshop Inseguire per mesi un risultato. Esperimenti, prove, calcoli. Ma la ricerca costata fatica e soldi non produce gli esiti sperati. O addirittura non porta a nulla. È a questo punto che al ricercatore viene in aiuto Photoshop. «Il fenomeno della falsificazione delle ricerche accademiche è molto più diffuso di quanto si creda. Almeno il 10 % dell’intera produzione scientifica mondiale è viziata da plagi, dati “aggiustati”, immagini corrette al computer o addirittura fabbricate ad arte. Si tratta di milioni di truffe accademiche in tutto il mondo. Ed il dato è certamente sottostimato». A parlare è Enrico Bucci, a sua volta ricercatore, ma ormai di professione segugio degli errori e soprattutto delle mistificazioni altrui. Formatosi a Napoli, ora vive in Piemonte, dove ha fondato una società, la BiodigitalValley, che su commissione analizza i dati degli studi scientifici. Ha raccontato la sua esperienza, e il fenomeno globale della manipolazione dei dati, in un libro di recente pubblicazione, «Cattivi scienziati», Add Editori. Recentemente si è tornato a parlare di «research integrity», l’etica nell’attività scientifica, per la sanzione comminata dall’Università di Napoli al gruppo di studio capeggiato da Federico Infascelli, ordinario di Nutrizione nel dipartimento di Veterinaria della Federico II. Il docente e dieci suoi collaboratori, professori associati e ricercatori, hanno ricevuto un richiamo formale dal proprio ateneo per tre articoli pubblicati su riviste scientifiche internazionali sui danni all’organismo provocati dagli OGM. Ricerche che contenevano dati alterati. E anche dietro questa indagine interna, partita dalle contestazioni fatte dalla senatrice a vita Elena Cattaneo durante un’audizione parlamentare, c’è lo zampino del nostro segugio. «Il nostro sistema ha rilevato diverse manipolazioni», commenta Bucci. Del caso si è occupata anche Nature, che riporta una dichiarazione della Cattaneo: «Si tratta di una vicenda molto seria, perché riguarda un tema molto dibattuto». L’uso di organismi geneticamente modificati in agricoltura è da sempre oggetto di laceranti polemiche, soprattutto in Italia. E Infascelli è considerato uno dei più autorevoli studiosi del fronte del No-OGM. Le selezioni accademiche si basano sulla quantità e sulla qualità di ciò che si è pubblicato. Gli stessi fondi per la ricerca vengono assegnati sulla base dei risultati scientifici ottenuti. Sfornare pubblicazioni è dunque un’esigenza vitale per ogni ricercatore. «La pubblicazione è la moneta sonante dell’accademia italiana, lo strumento per fare carriera e ottenere finanziamenti. Ma purtroppo mancano controlli rigorosi», continua Bucci. I ricercatori nel mondo sono 9 milioni. Ci si aspetta che ciascuno di loro firmi più di una ricerca all’anno per ottenere una progressione di carriera. «Come vedete si tratta di una quantità enorme di ricerche e di dati che ormai nessuno, neppure le più prestigiose riviste scientifiche, è in grado di controllare attentamente», aggiunge l’autore del libro denuncia. In campo biomedico, dove gli interessi sono enormi, spesso la falsificazione si limita all’alterazione di immagini ottenute al microscopio che sintetizzano l’esito di esperimenti. Si va dal banale copia e incolla, al ritocco vero e proprio. «Molto spesso si tratta di manipolazioni che ad occhio nudo è impossibile rilevare - conclude Bucci -. Noi riusciamo a scoprirle grazie al nostro software». Imagecheck, il programma della BioDigitalValley, è in grado di processare fino a un milione di immagini, segnalando immediatamente le figure riutilizzate più volte, i fotomontaggi, le sovrapposizioni fraudolente: «In meno di due anni, abbiamo già individuato almeno 500 articoli manipolati in Italia». Ma quanti sono i falsi accademici? Nel tentativo di stabilire un numero statisticamente accettabile, «Cattivi scienziati» avanza una serie di stime deduttive. La prima prende spunto da un’indagine della rivista Nature su quasi 8000 ricercatori. Un terzo dei quali (protetto dall’anonimato) ha ammesso pratiche scorrette e fraudolente nella propria attività. Uno studio del ricercatore Daniele Fanelli ha invece fissato al 2% il tasso di frode scientifica. Dato certamente sottostimato, dal momento che si basa su dichiarazioni volontarie (e questa volta non anonime) degli autori. Un’analisi condotta dall’Università di San Diego rivela invece che non meno dell’81% degli interpellati sarebbe disponibile ad alterare un risultato sperimentale per ottenere un finanziamento o una pubblicazione. Tirando le somme, Bucci giunge ad una forbice minima che va dal 3% al 13% delle pubblicazioni in tutto il mondo. Considerando che nei soli Stati Uniti ogni anno viene inviata per la revisione una media di 30 milioni di articoli scientifici, è facile immaginare che al momento sono in circolo diversi milioni di dati scientifici manomessi. Anche le ricerche serie e corrette possono esserne inquinate, «l’intero edificio scientifico - conclude Bucci - che si basa su quanto altri hanno scoperto prima di noi, rischia di essere minato alle fondamenta». Anno X numero 54 Pagina 12 Paolo Macchiarini - science in conflict The Lancet DOI: http://dx.doi.org/10.1016/S0140-6736(16)00341-X The resignation of Anders Hamsten as Vice-Chancellor of the Karolinska Institute has accelerated a growing sense of emergency within the Swedish biomedical science community. His departure comes during the same week that the Royal Swedish Academy of Sciences issued an unprecedented statement accusing Paolo Macchiarini of “ethically indefensible working methods”. The Academy is the body that awards annual Nobel Prizes in Physics, Chemistry, and Economics (the Nobel Prize in Physiology or Medicine is awarded by the Karolinska Institute, hence the likely acute embarrassment at the tarnished reputation of one of the world's most respected scientific centres). The Academy concludes that there is a “crisis of confidence in Swedish medical research” and they demand that the inquiry into Macchiarini's work be reopened and transferred from the Karolinska to an independent ethical review board. The Academy also finds “it deeply unfortunate that the well-publicised report about the first operation with an artificial trachea, published in The Lancet in 2011, remains unchanged on the journal's website”. The reason it remains unchanged, of course, is that the most recent investigation into Macchiarini's work, conducted by the Karolinska, found that he was not guilty of scientific misconduct. And here lies the reason for the crisis—the escalating and angry debate about Macchiarini's work has, the Academy believes, seriously damaged public trust in the Karolinska and the integrity of Swedish science. For a country that takes its contribution to global science so seriously, this situation is simply unacceptable. We take all allegations of scientific misconduct extremely seriously. The Lancet's view has been, and remains, that the normal standards of justice should apply to Paolo Macchiarini. Being innocent until proven guilty is a difficult principle to hold on to when calls for action now to assuage the crisis are so vociferous. Indeed, for many of the protagonists in this conflict, it would be helpful if some drastic action could be taken immediately to dissipate the crisis or even make it disappear. Retraction of the paper might be one such action. Pierre Delaere, a professor of ear, nose, throat, head, and neck surgery in Leuven, Belgium, has written that, “The sooner the publications on the engineered windpipe and gullet are withdrawn, the sooner there will come an end to what may be the biggest lie in medical history.” We have contacted Macchiarini to seek his views about the latest accusations. He tells us that he will “be looking into all the allegations” once again. A new inquiry will now take place. It should be transparent and decisive. The inquiry should ideally be conducted by an international team of experts, including members who have no direct connection with either the Karolinska or Swedish science. We must wait for that investigation to complete its task and reach a new verdict. The first inquiry initiated by the Karolinska found Macchiarini guilty of research fraud. The second found him not guilty. We will respond quickly to the verdict of the new investigation. That inquiry must be allowed to take its course. Pre-emptive judgments about Macchiarini's work would only worsen the reputation of science in the public sphere. In Anders Hamsten's resignation statement, he writes that the Karolinska has “received new information which definitely gives a modified picture of the charges of irregularity against Paolo Macchiarini”. He concludes that, “it seems very likely that my decision in this case was wrong”. And, “there is much to indicate that the judgment reached by KI last summer should be amended to scientific misconduct, which in plain language means research fraud”. Hamsten also reflects on the appointment of Macchiarini to Karolinska—”I can see that I completely misjudged Paolo Macchiarini and that he and KI should have gone their separate ways far earlier. It was in all probability wrong to employ him in 2010.” And he responds to criticism of the Karolinska itself: “in the recent discussion Karolinska Institutet has also been criticised for a culture of self-sufficiency, unhealthy elitism and prestige thinking. This may be true, I don't know…Now we must examine ourselves and get to the bottom of the question of whether an unhealthy academic culture prevails here.” Hamsten writes painfully about the “media storm”, together with the “multifarious and strident” calls for his resignation. What are needed now are cool heads and impartial hearts. This crisis will be resolved. But time must be allowed for due process to be done and seen to be done. Anno X numero 54 Pagina 13 Timely access to therapies for severe diseases with unmet medical need: a proposal for the European Countries Timely access to therapies for severe diseases with unmet medical need. Introduction In many European Countries patients have to wait a long period of time before the medicines, approved by the European Commission on the basis of the EMA/CHMP positive opinion, are really available in a democratic way. Many efforts have been done to improve the situation and in some particular cases national legislation, like the French ATU and the Italian 648 Law, have addressed this issue although with a certain degree of variability among treatments. However for many severe diseases and in many Member States the situation is far from being satisfactory. The European legislation has provided many tools to favor the early availability of therapies, when a severe disease is concerned and there is an unmet medical need. In fact the Orphan Medicinal Product status (according to Regulation 141/2000), the conditional approval (according to Regulation 507/2006) and the accelerated procedure (according to Regulation 726/2004) have been conceived to favor the early availability of therapy for severe diseases with an unmet medical need. The recent “Reflection paper on a proposal to enhance early dialogue to facilitate accelerated assessment of priority medicines (PRIME)” expresses the same objective. However in many cases these admirable intentions are frustrated by the time requested by the national procedures for the reimbursement, which are mandatory for a real democratic availability of the therapy to the patients. One interesting exception is the German Act on Reform of the Market for Medical Products (AMNOG). According to this law, right after the European Marketing Authorization, a medicine can be reimbursed at a price defined by the owner of the MA. At the same time a procedure for the negotiation starts. At the end of the negotiation the price will be modified accordingly. However this German procedure cannot be proposed for all the European Countries, because most of them have not the resources to bear the connected economic impact or have different political agenda with lower willingness to invest on pharmaceuticals / healthcare. Patient need The priority for patients with a severe disease, life threatening or strongly debilitating, is the availability of the best therapy as soon as the positive benefit / risk ratio has been established. This is particularly true if the new therapy addresses an unmet medical need or has demonstrated a significant clinical benefit compared with the available treatments. Rational for a new proposal for the real timely availability for “priority treatments” Presently the evaluation of the severity of the disease and the unmet medical need, at European level, is already done in the following cases: For Orphan Medicinal Products by COMP, according to Regulation 141/2000 For the extension of indication by CHMP (on the basis of a request by the applicant) (Article 14(11) of the Regulation 726/2004) For the Conditional MA by CHMP, according to Regulation 507/2006 For the Accelerated procedure by SAWG/CHMP, according to Regulation 726/2004 In the future also the “PRIME” procedure will include this evaluation according to the “Reflection paper on a proposal to enhance early dialogue to facilitate accelerated assessment of priority medicines (PRIME)” In conclusion in these cases the centralized procedure for the marketing authorization includes an assessment, made by CHMP or COMP, regarding the severity of the disease and the unmet medical need or the significant benefit. It is worth reminding that, in case of Orphan Medicinal Products, Regulation 847/2000 article 3 clarifies that “significant benefit” means a “clinically relevant advantage or a major contribution to patient care” . New Proposal : additional administrative “Special Timely Procedure” for the reimbursement of therapies forsevere diseases having an unmet medical need or a significant benefit in comparison with the existing therapies. For therapies for severe diseases and an unmet medical need or a “significant benefit” as evaluated recently* by CHMP or by COMP, Member States, on a voluntary basis, trigger an administrative mechanism of immediate reimbursement and so of immediate availability for all the patients in need. Because also the compatibility with the economic resources has to be respected, a special national procedure has to be studied in the details, taking into account sustainability. With the aim of making this administrative national procedures sustainable, the following limitations are suggested: The national administrative “special timely procedure” will be used just for therapies for severe diseases, which means life threatening or chronically debilitating conditions, according to a recent* CHMP or COMP evaluation. The definition of “severe diseases” is already defined in the European Regulation for OMPs (Regulation 141/2000, article 3). (Continua a pagina 14) Pagina 14 Anno X numero 54 (Continua da pagina 13) The national administrative “special timely procedure” will be used just for therapies recently* recognized by the CHMP or by COMP to address an unmet medical need or to have a significant benefit in comparison with the current therapies for the same condition (as in the European Regulation 847/2000, article 3). The national administrative “special timely procedure” will be restricted to the following cases: Orphan Medicinal Products according to Regulation 141/2000 Extension of indication with significant benefit according to Article 14(11) of Regulation 726/2004 Conditional MA according to Regulation 507/2006 MA approved through the accelerated procedure according to Regulation 726/2004 The national administrative “special timely procedure” will be used just for Marketing Authorization or extension of indication following a positive opinion by CHMP by consensus. The national administrative “special timely procedure” allows the immediate reimbursement by the NHS: no additional assessment by the NHS is necessary The initial price is decided by the sponsor, and it is equal to the lowest price for the same medicine available in the European Union. This price could be immediately aligned in case other lower prices would be agreed, at the end of the usual procedure for price and reimbursement, in Countries sharing this special national timely procedure Possible 100% payback by the sponsor, when the usual National procedure of negotiation will be finished, equal to the difference between the used free price and the price established at the end of the procedure. A national “Register” for the new treatment, if requested by the National Authority, could be placed effective from the initial drug availability A maximum turnover (ceiling), in the first 12 months could be fixed: for example 0.5% of the total national expenditure for medicines reimbursed by the NHS. In case the expected expenditure is higher, the sponsor has two alternatives: Renounce this national timely procedure Supply the medicine as free of charge after the fixed ceiling during the first 12 months. Failure of the usual P&R negotiation: a failure of the usual national negotiation is quite unlikely in case of therapies for unmet need or with additional clinical benefit for severe diseases. In any case, if a failure occurs, the applicant will be obliged to payback a certain percentage of the turnover (for example 20%) and the medicine will be classified in class C (this outcome is valid for Italy: for other Countries a specific clause has to be studied, Country by Country, depending on the National legislation). This administrative “special timely procedure” does not substitute but is in addition to the usual national procedure for P&R negotiation. It has the objective of reducing the time between the European Marketing Authorization and the real availability in the Country for therapies with an additional significant benefit and for severe diseases. This administrative “special timely procedure” does not substitute but is in addition and could be synergetic to the procedure under evaluation by EMA and EUnetHTA for a “first European HTA at the time of the MA”. It has the limited objective to reduce at a minimum the gap in time between the MA and the real availability of the medicine in many Member States. *In this proposal “recent” and “recently” mean no more than 6 months before the Marketing Authorization COMMENTO A CURA DEL GRUPPO DI LAVORO SSFA Farmacoeconomia e Market Access La proposta SIAR di un early access /fast track per alcune tipologie di farmaci è molto interessante. É utile chiarire e condividere le regole con tutti gli attori interessati: AIFA, industria e pazienti. Il documento è un ottimo punto di confronto con chi, a vario livello, ha interesse al benessere del paziente ed a garantire un’opzione terapeutica a chi una cura non ha. Il gruppo Farmacoeconomia e Market Access della SSFA ha però evidenziato alcune criticità che sarebbe bene affrontare, da subito, con le Istituzioni nazionali e regionali, al fine di rendere realmente disponibile, nel minor tempo possibile, l’innovazione terapeutica salvavita. Nel testo SIAR non si fa riferimento, purtroppo, ai Prontuari Terapeutici Ospedalieri Regionali (PTOR) che, come è noto, sono il tallone d’Achille del “fast track”. Le commissioni preposte alla valutazione impiegano diversi mesi per l’ inserimento di un farmaco nel PTOR ; risulta dunque critico questo passaggio, al fine di garantire velocemente una strategia terapeutica salvavita al paziente. Quindi suggeriamo che, ottenuto il “fast track” nazionale, non ci sia alcuna necessità di recepimento o valutazione regionale/locale per l’inserimento in Prontuario, garantendo di fatto le condizioni di un accesso veloce al mercato. A nostro avviso la posizione sulla possibilità di rimborsare il farmaco con il prezzo “più basso” europeo necessiterebbe inoltre di alcuni approfondimenti. Lo stesso direttore AIFA, il dott. Luca Pani, in audizione in Parlamento ha (Continua a pagina 15) Anno X numero 54 Pagina 15 (Continua da pagina 14) sottolineato che i prezzi di rimborso delle specialità medicinali in Italia sono mediamente più bassi rispetto agli altri Paesi Europei. Il prezzo di cessione va letto insieme alle altre condizioni di rimborsabilità. Piani terapeutici, tetti di spesa, PbR (pay by result), pay back, sconti non trasparenti ed altre metodologie rendono i confronti ardui e talvolta molto difficili. Il processo di rimborsabilità, con le regole del prezzo europeo più basso, risulterebbe ancora più difficile (forse impossibile) qualora fosse richiesta un’estensione delle indicazioni per una specialità medicinale già registrata in Italia, ed a cui siano stati attribuiti un prezzo di rimborso, accordi negoziali, tagli e sconti più o meno trasparenti. Bisognerebbe inoltre valutare l’effetto del “prezzo più basso” sulle dinamiche di acquisto: si potrebbero generare meccanismi di esportazione parallela di farmaci dall’Italia verso altri paesi dell’Unione Europea. Il GdL SSFA avanza infine una proposta: lasciare la possibilità all’azienda di fissare il prezzo in prima istanza, e pensare a meccanismi compensativi (pay back), per rimborsare allo Stato la differenza tra il prezzo proposto e quello negoziato con AIFA. In ogni caso è utile il dibattito ed il focus su questo tema. Rimane aperta la questione "risorse" o meglio “risorse adeguate” dedicate alla innovazione per la cura di patologie gravi. Senza questa attenzione tutte le proposte ragionevoli possono subire uno stop. In questo senso le associazioni dei pazienti, a livello europeo e nazionale, dovrebbero avere ruolo e voce. Rene Laennec: How fear of women's chests led a doctor to invent the stethoscope The stethoscope is the most recognisable of all pieces of medical equipment, and is identifiable by even the smallest children as being representative of a doctor. Its inventor René Théophile Hyacinthe Laënnec would have turned 235 on February 17, and has been honoured with a Google Doodle. Laennec was born in 1781 in France, and studied medicine under his physician uncle in Nantes until he was called to serve as a medical cadet in the French Revolution. He was revered as an excellent student after he resumed his studies in Paris in 1801, and began working in the Necker Hospital once the French monarchy had been reestablished in 1815. In 1816, shyness led Laennec to invent the stethoscope. He was examining a young woman complaining of heart problems. At that time, doctors generally listened to patients' heartbeats by resting an ear against the patient's chest, but the conservative Laennec thought this improper under the circumstances, especially as she was overweight. He rolled a piece of paper into a tube and pressed it to her chest, allowing him to hear the sounds of her heart. Some believe he was inspired by the flute, which he used to play. "I happened to recollect a simple and well-known fact in acoustics, ... the great distinctness with which we hear the scratch of a pin at one end of a piece of wood on applying our ear to the other," he wrote in the preface to his seminal research paper De l'Auscultation Médiate in 1819. "Immediately, on this suggestion, I rolled a quire of paper into a kind of cylinder and applied one end of it to the region of the heart and the other to my ear, and was not a little surprised and pleased to find that I could thereby perceive the action of the heart in a manner much more clear and distinct than I had ever been able to do by the immediate application of my ear." Inspired by his paper experiment, he built several hollow wooden prototype instruments attached to a single microphone at one end and earpiece at the other, and named it the stethoscope. The term is derived from the Greek words 'stethos' for chest, and 'scopos' for examination. The instrument was swiftly adopted across France and wider Europe, before spreading to the US. Laennec died of tuberculosis aged just 45 in 1826, but was aware of the importance of his discovery, calling it "the greatest legacy of my life." In 1851 Irish physician Arthur Leared invented a binaural stethoscope, which fitted into both ears, made of a durable plastic called gutta-percha. The first commercially available instrument, made of India rubber and wood, was patented the same year by Doctor Nathan Marsh of Cincinnati. Unfortunately it was too fragile to be used properly. The next year New York-based doctor George Cammann successfully adapted the design for wider commercial production, made of ivory earpieces connected to a metal tube held together by a hinge. Known as Cammann's Stethoscope, variations of the design have remained in use ever since. Cammann never patented his design because he believed it should be freely available to all doctors. Anno X numero 54 Pagina 16 Indagine presso i comitati etici da parte del gruppo di medicina complementare Cerchiamo di conoscere e capire meglio l’iniziativa intrapresa da Lucia Beinat e da Alfredo Vannacci (gruppo medicina complementare), che hanno svolto un’indagine conoscitiva presso i Comitati Etici sullo stato della ricerca clinica nel settore della medicina complementare. Gentilissimi, qual è stato il motivo che vi ha spinto come SSFA, in collaborazione con SIF, ad avviare un’indagine conoscitiva presso tutti i Comitati Etici sullo stato della ricerca clinica nel settore della medicina complementare? Il mercato degli integratori è in continua crescita: stando alle fonti Federsalus (l’associazione che rappresenta le aziende del settore), in Italia abbiamo + 8,9% a valore nel 2015. La ragione? Alla prescrizione medica si affianca sempre di più l’acquisto diretto del consumatore in farmacia, parafarmacia o presso la grande distribuzione, a dimostrazione che siamo sempre più attenti a tutto ciò che può favorire il nostro benessere. Negli anni abbiamo visto svilupparsi diverse tipologie di prodotti: a partire dai prodotti dietetici (iposodici, privi di glutine) e dagli alimenti destinati ai lattanti e prima infanzia, via via si sono sviluppati alimenti addizionati di vitamine e sali, alimenti fortificati con aggiunta di calcio, omega-tre, alimenti specifici per gli sportivi o destinati a fini medici speciali, nutraceutici, probiotici. Sono comparsi nuovi ingredienti e alimenti complessi per lo più di origine vegetale non presenti nella nostra alimentazione tradizionale (es. succo di noni). Studi epidemiologici, suffragati da ricerche sul piano biologico riguardanti i meccanismi coinvolti, hanno sempre di più evidenziato come il consumo di alcuni ingredienti presenti in certi alimenti della nostra dieta comune possano determinare favorevoli benefici per la nostra salute (es. il resveratrolo). In questo scenario di prodotti così variegato e sempre più ampio, diventa fondamentale la corretta informazione sulle “caratteristiche” e i “benefici” che tali prodotti possiedono che indirizzi prescrittori e utilizzatori ad un loro uso corretto e ben finalizzato nelle circostanze dovute. Questo vale soprattutto per i prodotti che vantano “claims” salutistici. La necessità di evidenze scientifiche adeguate che sostengano tali “claims” è diventata pressante in virtù anche dell’entrata in vigore del Regolamento Europeo 1924/2006, che demanda all’EFSA la valutazione di tutta la documentazione a supporto. Gli studi clinici, in questo contesto, giocano un ruolo fondamentale e primario. Non è facile pianificare uno studio con prodotti indirizzati ad una popolazione complessivamente “sana”: esistono indiscutibili difficoltà metodologiche e concettuali. L’inquadramento normativo attuale fornisce linee di indirizzo generale, anche se esistono linee guida dell’EFSA, ma solo per alcune specifiche categorie di prodotti. In ragione di ciò, come gruppo di lavoro SSFA, in collaborazione con SIF, abbiamo attivato un’indagine presso i Comitati Etici italiani volta a fotografare lo stato della ricerca in questo settore, conoscere le criticità e le necessità e promuovere iniziative adeguate. Nella prima fase d’indagine quanti Comitati Etici hanno risposto? E quali? L’indagine è partita con una prima fase conoscitiva di fattibilità. Abbiamo predisposto un questionario generale per capire se si facessero studi in questo settore e se fosse possibile approfondire certi aspetti, messo su una piattaforma on-line e lanciata l’iniziativa con una lettera di presentazione indirizzata a 84 Comitati Etici dislocati sul territorio. La partecipazione era assolutamente volontaria: 22 hanno risposto compilando il questionario on-line (tra questi molti CE tra i più grossi e rappresentativi). Quali sono state le risposte che avete ottenuto. Abbiamo avuto la conferma che si fanno studi in questo settore: il 77% dei CE riceve richieste in tal senso; il 36% li considera una categoria a se stante separata; il 18% ha predisposto una specifica catalogazione interna per differenziarli da altri studi, il 18% ha predisposto una specifica documentazione/modulistica per la richiesta. Il dato più importante, manifestato dal 73% dei CE è l’esigenza di una regolamentazione specifica per questa categoria di studi. Dai dati ricevuti abbiamo altresì avuto conferma della possibilità di passare ad una seconda fase più conoscitiva: l’82% dei CE ha dichiarato infatti di essere in grado di indicare il numero di studi attualmente valutati e il 68% di quanti in passato. Per meglio conoscere la realtà della ricerca clinica in questo settore dopo la prima fase avete avviato o attivato una (Continua a pagina 17) Anno X numero 54 Pagina 17 (Continua da pagina 16) seconda fase d’indagine “atta a fotografare più nel dettaglio il panorama degli studi nel campo della Medicina Complementare”. A chi vi siete rivolti in questa seconda fase? E’ già partita la seconda fase, molto più approfondita, che vuole conoscere meglio e in dettaglio le aree in cui si fanno questi studi, le loro caratteristiche, le difficoltà che i CE hanno nella loro valutazione, le problematiche riscontrate. E’ stata indirizzata a tutti gli 84 CE coinvolti nella prima fase, indipendentemente dalla loro partecipazione iniziale. Tutti sono stati informati dell’esito della prima indagine ed inviatati a partecipare a questa seconda, compilando il questionario on-line. La partecipazione, ricordo, è sempre su base volontaria. Cosa vi aspettate? La seconda fase dell’indagine è molto diretta e finalizzata. L’intento ben dichiarato nella lettera di presentazione è d’ interesse comune. Ci aspettiamo una buona risposta. E soprattutto alla fine di questo importante lavoro come e cosa pensate di fare? Esamineremo attentamente i dati ottenuti e in funzione di essi, oltre a divulgarli opportunamente, ci renderemo promotori d’iniziative atte a promuovere e sostenere le attività di ricerca clinica nel settore della Medicina Complementare. A cura di Giovanni Abramo Lucia Beinat ha una pluridecennale esperienza nel mondo farmaceutico e CRO in diversi ruoli e gradi di responsabilità nel settore della ricerca clinica, medical & scientific affairs, business development, dove ha operato attivamente nella pianificazione e gestione di importanti progetti a livello internazionale. I suoi interessi vanno dallo studio della sicurezza dei farmaci, dei vaccini e dei fitoterapici (Farmacovigilanza e Fitovigilanza) alle medicine non convenzionali, con particolare riferimento alla ricerca preclinica e clinica e alla valutazione di efficacia e sicurezza di queste discipline. Anno X numero 54 Pagina 18 Drugs past their expiration date JAMA February 2 Volume 315, Number 5 : 510 Healthcare providers are often asked if drugs can be used past the expiration date. Because of legal restrictions and liability concerns, manufacturers do not sanction such use and usually do not even comment on the safety or effectiveness of their products beyond the date on the label. Since our last publication on the subject, more data have become available. Safety There are no published reports of human toxicity due to ingestion, injection or topical application of a current drug formulation after its expiration date. Renal tubular damage has been reported with use of degraded tetracycline in a formulation that is no longer available. Stability Data from the US department of Defense/FDA Shelf Life Extension Program, which tests the stability of drug products past their expiration date, have shown that 2650 of 3005 lots (88%) of 122 different product stored in their unopened original containers remained stable for an average of 66 months after their expiration date. On these, 312 lots (12%) remained stable for >4 years, after the expiration date. Failure on the basis of potency, pH, water content, dissolution, physical appearance or presence of impurities occurred in 749 lots (18%) but none failed within 1 year. Potassium iodide, which has extensively stockpiled for use in a radiation emergency, has shown no significant degradation over many years. Heat, Humidity and Long Term Storage Storage in high heat and/or humidity can accelerate the degradation of some drug formulations, but in one study, captopril tablets, theophylline tablets (Theo-Dur, and others) and cefoxitin sodium powder for injection (Mefoxin and others) stored at 40°C and 75% relative humidity, remained stable for 1.5-9 years beyond their expiration dates. In another study, theophylline retained 90% of its potency 30 years past its expiration date. A study of eight products that had been stored in their unopened original containers for 28-40 years past expiration found that 12 of 14 active ingredients had retained > 90% of their original potency: aspirin retained < 5% of its potency and amphetamine < 60%. Liquid drugs Solutions and suspensions are generally less stable than solid dosage forms, but in one report, four outdated samples of atropine solution (three up to 12 years past expiration and one >50 years past expiration) were all found to contain significant amounts of the drug. Drugs in solution that have become cloudy or discolored or shown sign of precipitation, particularly injectables, should not be used. Suspensions are especially susceptible to freezing. Limiting factors with ophthalmic drugs include evaporation of the solvent and the continued ability of the preservative to inhibit microbial growth. Epinephrine solutions in EpiPen®(epinephrine injection) auto-injectors may lose potency after the expiration date. In a study of 34 pens that had expired 1-90 months previously, the decrease in epinephrine content was proportional to the number of months past the expiration date. One study found that pens 3-36 months past their expiration dates contained 84.2-101.5 % of the labeled dose, but a study of pens stored in EMS vehicles (Emergency Vehicles) that had expired 1-11 years previously found that only 12.6% -31.3% of the labeled dose remained. No data are available on other epinephrine auto-injectors such as Auvi-Q®(epinephrine injection, USP). Conclusions When no suitable alternative is available, outdated drugs may be effective. How much potency they retain varies with the drug, the lot, the preservatives (if any). And the storage conditions, especially heat and humidity; many solid dosage formulations stored under reasonable conditions in their original unopened containers retain > 90% of their potency for at least 5 years after the expiration date on the label, and sometimes much longer. Solutions and suspensions are generally less stable. There are no reports of toxicity from degradation products of currently available drugs. Pagina 19 Anno X numero 54 NOTIZIE DAI MASTER Master di Camerino Lo scorso 12 febbraio si è svolta, presso l’abituale sede di Ataena ad Ancona, la giornata delle discussioni delle tesi degli studenti del master dell’Università di Camerino, a conclusione del loro ciclo di lezioni svolte nel corso del 2015. Una delegazione SSFA, rappresentata da Anna Piccolboni, da Giuseppina Corvasce e dal sottoscritto, tutti cooptati come relatori delle tesi, ha trascorso un’intensa mattina, ascoltando le presentazioni degli studenti, e commentando le loro affermazioni. Le tesi erano molto ben fatte, e spaziavano, solo per fare qualche esempio, dai biosimilari alle terapie personalizzate, dalla gestione del farmaco sperimentale agli studi adattativi, dall’uso in dermatologia del plasma ricco in piastrine alla raccolta dati sulla qualità della vita negli studi in oncologia. Al termine della sessione, la commissione esaminatrice, coordinata dal prof Fiorenzo Mignini, ha assegnato i voti agli studenti: la valutazione era basata sulla frequenza alle lezioni, sull’argomento della tesi, e sulla qualità della presentazione. Tutti i voti sono stati superiori a 100, ed uno studente molto bravo ha ottenuto, con giudizio unanime, il voto di 110 e lode. Si è quindi concluso il primo capitolo del master di Camerino, ma il secondo è già iniziato, con i nuovi studenti che frequentano le lezioni, concentrate una volta al mese, da gennaio a settembre, dal giovedì pomeriggio al sabato mattina. Domenico Criscuolo Anno X numero 54 Pagina 20 Il libro di oggi…. Ricordo che spesso, quando l’amico Paolo Lucchelli mi invitava a fare un seminario al mitico corso di Varenna sulla sperimentazione clinica, mi fermavo a parlare con lui di varie cose. Ed inevitabilmente Paolo finiva per citarmi il libro di cui vi parlo oggi, il breve saggio “ Allegro ma non troppo” di Carlo Cipolla. Si tratta di un testo molto breve, circa 80 pagine in un formato tascabile: se andate da Milano a Roma in treno, a Firenze lo avete già finito. In verità, il libro è poi composto da due brevi saggi. Il primo, basato sulle formidabili conoscenze storiche dell’autore, si intitola “Il ruolo del pepe nello sviluppo economico del Medioevo”, ed è un’ avvincente storia semiseria di come il pepe sia stato il protagonista centrale dell’economia Europea medioevale. Ma la vera perla è il secondo saggio, che si intitola “Le leggi fondamentali della stupidità umana”. L’autore ci delizia con le cinque leggi della stupidità umana: non voglio anticiparvi il piacere della lettura, ma non posso fare a meno di citare la terza legge, chiamata anche aurea, che recita così: “Una persona stupida è una persona che causa un danno ad altri senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita”. Compratelo subito su Amazon, sono certo che ne resterete soddisfatti. OFFICINEBIANCHE.IT Domenico Criscuolo A TRUST ENGINE IN THE EARLY STAGE OF CLINICAL DEVELOPMENT Project Design Study Conduct (own site) Trial Monitoring PK /PD Analysis DM Statistics Medical Writing Regulatory Support CROSS, CROSS RESEARCH & CROSS METRICS PROPERLY MANAGE TRIAL UNCERTAINTY Uncertainty is intrinsic to early stage of clinical development. Phase I-II, linking bio-pharmaceutics & clinical pharmacology to medical sciences, are niches for specialized CROs. Since 1996 we have planned and performed trustful collaborations for Phase I and II clinical projects to most of the Italian pharmaceutical companies. THE ACQUIRED RELIABILITY IS BASED ON: > 19 years experience > 400 clinical trials performed > 140 molecules tested > 60 scientific publications Main Offices: 6850 Mendrisio - Switzerland - www.croalliance.com Anno X numero 54 Pagina 21 Siamo abituati a leggere molte notizie, di cui spesso non abbiamo informazioni sulle esatte dimensioni. Ecco qualche numero che dovrebbe farci riflettere. Medicine by numbers BMJ 2015;351:h5228 What’s the evidence that any of the 150ௗ000 health apps available in Europe actually work? Not much, says Stephen Armstrong (doi:10.1136/bmj.h4597). Health professionals and lay people use them to monitor, manage, and even treat conditions. But apps are not heavily regulated. Compliance focuses on data protection and honest advertising, with few apps categorised as “medical devices” that need regulation by such organisations as the UK Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency or the US Food and Drug Administration. The NHS Choices Health Apps Library lists apps found to be clinically safe and legally compliant. Meanwhile the Royal College of Physicians advises its members to use only apps that have a CE certificate. The UK government proposes a four stage assessment of apps, ranging from a crowdsourced initial stage to robust independent assessment, possibly involving the National Institute for Health and Care Excellence. But it’s unclear whether this assessment will have legal force; and it might process at most 10ௗ000 apps a year. Also without good evidence are calcium supplements or increased dietary calcium for reducing fracture risk in older people. Two research articles by Mark Bolland and colleagues published this week (doi:10.1136/bmj.h4580, doi:10.1136/bmj.h4183) make it plain that dozens of clinical trials with tens of thousands of participants have shown only a tiny effect on bone density in people who otherwise have a normal varied diet and no clinically relevant effect on fracture risk. Why then, asks Karl Michaëlsson in a linked editorial (doi:10.1136/bmj.h4825), do so many organisations continue to recommend intake of high levels of calcium and vitamin D that cannot be achieved by diet alone? The profitability of the global supplements industry might play a part, he speculates, noting how difficult it is to identify the influence of industry on people who write dietary recommendations. Such interests are, of course, rife across healthcare. Timothy Anderson and colleagues (doi:10.1136/bmj.h4826) have quantified the links between academic leaders and US healthcare companies, including those producing medical equipment and biotechnology as well as drugs. In 446 publicly traded companies, they identified 279 directors affiliated with 85 non-profit academic institutions who collectively received nearly $55m (£36m; €50m) in individual payments (median individual compensation $193ௗ000) alongside tens of thousands of company shares. Although some academic institutions place limits on the amounts their staff can receive from companies, David Rothman asks in a linked editorial (doi:10.1136/bmj.h5065), “Why is $5000 a day acceptable but not $50ௗ000?” He recommends just saying no: non-profit medical leaders should be excluded from directorships of healthcare companies. It may seem obvious that explosives and chemical weapons used in conflicts such as the current one in Syria affect civilian men, women, and children as well as combatants. Not so clear are how large the effects and how disproportionately they affect different populations. Debarati Guha-Sapir and colleagues (doi:10.1136/bmj.h4736) use the registries of violent deaths produced by human rights groups and non-governmental organisations to reveal the numbers behind the devastating effects of aerial bombardment and ground level explosives that have killed tens of thousands of Syrian civilians. As Hamit Dardagan notes in his linked editorial (doi:10.1136/bmj.h5041), these data underline the urgent need to ban the use of indiscriminate weapons in populated areas. We must hope these numbers prove persuasive. Mauro Moroni è morto: era membro della commissione Aids Dopo una breve malattia si è spento nella sua casa a Pedemonte, frazione di Gravellona Toce, Mauro Moroni, infettivologo di fama internazionale. Aveva 79 anni ed era conosciuto per il suo lavoro, come scienziato, ma anche per l’impegno umano, nella lotta alle malattie infettive e all’Aids in particolare. Moltissime le testimonianze di stima e affetto giunte alla famiglia da parte del mondo scientifico, ed in particolare quella del ministro della Sanità Beatrice Lorenzin che ha definito Mauro Moroni «una mente eccezionale». Dal 1981 al 2010 ha ricoperto l’incarico di direttore del Dipartimento di Malattie Infettive presso l’ospedale L. Sacco di Milano. Attualmente era presidente del Comitato etico dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) Lazzaro Spallanzani di Roma. «Con lui - afferma il direttore scientifico dello Spallanzani, Giuseppe Ippolito - finisce una generazione di grandi maestri delle malattie infettive che hanno scritto la storia recente della disciplina». Anno X numero 54 Pagina 22 Oggi parliamo di…. Marmota monax, modello animale per ricerche sulla patogenesi, sull’evoluzione e sulle terapie dell’epatite B Marmota monax (Famiglia: Sciuridae, Ordine: Rodentia) vive negli Appalachi, catena montuosa parallela alla costa atlantica nord americana, dal golfo del San Lorenzo fino all'Alabama, e nell’isola di Terranova. Il suo soprannome più comune, woodchuck, è di origine incerta e di oscuro significato, nulla avendo a che fare con wood e chucking wood. Molto probabilmente, ha un’etimologia popolare che deriva da wuchak, termine con il quale i Narragansett, indiani di lingua algonchina stanziati nel Rhode Island e nel New England, chiamavano questa marmotta, poi “tradotto” dai coloni inglesi, per allitterazione, in woodchuck, termine che forse ricordava loro, in qualche modo, l’habitat tipico di questa marmotta. Marmota monax può essere allevata in cattività e, nonostante la sua naturale aggressività, è usata come modello animale in numerosi settori della ricerca biomedica. L’ambito nel quale Marmota monax ha trovato, e tuttora trova, l’impiego più rilevante, è la ricerca sull’epatite cronica B umana: infettata, in natura o sperimentalmente, con il woodchuck hepatitis virus (WHV), sviluppa quasi nel 100% dei casi, una patologia molto simile all’epatite B umana che, come quest’ultima, tende ad evolvere in carcinoma epatocellulare (HCC). WHV, scoperto e descritto per la prima volta nel 1977, in una colonia di woodchuck con un’elevata incidenza di individui affetti da epatite cronica e da HCC, è stato il primo hepadnavirus di mammifero (famiglia Hepadnaviridae, genere Orthohepadnavirus) e di uccello (Avihepadnavirus), ad essere descritto, dopo la scoperta del virus dell’epatite B umana (HBV) fatta da Baruch S. Blumberg (1925-2011) nel 1965 (Nobel per la medicina 1976): sono virus a DNA, con specifico tropismo per il fegato (Hepa-DNA-virus), piccolo capside sferico (40-48 nm) contenente circular double-stranded DNA, con una regione single-stranded. Quasi tutti i woodchock che diventano carrier cronici di WHV, dopo inoculo sperimentale del virus in età neonatale, sviluppano una grave epatite che esita in un HCC entro i primi 24 anni di vita, con ciclo replicativo virale e lesioni epatiche incredibilmente simili a quelle riscontrate nell’infezione da HBV nell’uomo. L’aspettativa mediana di vita HCCfree di questi woodchuck è di 24 mesi, mentre l’aspettativa mediana di vita è di 30-32 mesi. La prova che WHV evolve in HCC in Marmota monax, rafforza conclusioni basate su studi epidemiologici e di virologia molecolare, per i quali HBV è un fattore eziologico importante nell’epatocarcinogenesi umana. Woodchuck di allevamento, infettati in età neonatale con inoculi standardizzati di WHV, diventano al 100% carrier cronici di WHV e forniscono dati farmacocinetici e farmacodinamici nella R&D di nuove molecole anti-HBV, in un modello animale di patologia umana ben carat- terizzato, affidabile e robusto. Inoltre, il quadro tossicologico e delle lesioni epatiche presenti nei woodchuck malati trattati con pirimidine fluorurate, è sovrapponibile a quello osservato nel paziente affetto da HBV e curato con gli stessi farmaci, dimostrando tutto il potenziale di questo modello animale nella valutazione preclinica della tossicità e tollerabilità di nuovi farmaci antivirali. Per ridurre i gravi side-effect extraepatici indotti dalle terapie di lungo termine dell’epatite cronica B, farmaci anti-HBV sono stati coniugati con albumine galattosilate che ne assicurano il trasporto selettivo agli/e il rilascio controllato negli epatociti. La selettività del target è assicurata dall’interazione dei residui galattosidici del carrier con il recettore di membrana dell’asialoglicoproteina presente, con alta densità e affinità, solo sugli epatociti, dove media l’endocitosi del complesso farmaco-albumine galattosilate. Entrati negli epatociti, i farmaci complessati sono indirizzati ai lisosomi, dove enzimi scindono il legame del complesso, liberando il principio attivo, che viene così a trovarsi, con elevata biodisponibilità, praticamente solo negli epatociti. Analoghi nucleosidici della pirimidina, studiati in trial clinici per il trattamento dell’infezione cronica di HBV, sono stati testati contro la replicazione di WHV in woodchuck infettati cronicamente, per confrontarne l’efficacia anti-HBV nell’uomo con quella anti-WHB nella marmotta. Vidarabina, ribavirina, lamivudina e famciclovir hanno inibito, nel woodchuck, viremia e replicazione intraepatica del WHVDNA in modo consistente con la rispettiva efficacia clinica in pazientiHBV; zitovudina (AZT), inattiva nei pazienti, lo è stata anche contro la replicazione di WHV nei woodchuck. Una singola somministrazione orale/die, per 4 settimane, di clevudina, analogo nucleosidico della pirimidina, a woodchuck carrier cronici di WHV ha abbattuto significativamente, e in modo dose-correlato, viremia, antigenemia, replicazione intraepatica di WHV ed espressione intraepatica di WHcAg (antigene del core di WHV). Alla dose maggiore somministrata (10 mg/kg/die) sono state (Continua a pagina 23) Anno X numero 54 (Continua da pagina 22) osservate anche riduzioni significative dei livelli di WHV-RNA e di (ccc) WHV-DNA (covalently closed circular WHV-DNA). L’abbattimento dose -dipendente della viremia è stato marcatamente rapido ai dosaggi maggiori di clevudina, con riduzioni dei livelli serici di WHV-DNA di oltre 3 log, già dopo solo 2-3 giorni di terapia. Nel 50% almeno degli animali trattati con la dose maggiore, la viremia è rimasta soppressa significativamente per 10-12 settimane, dopo la sospensione della terapia, mentre nei diversi gruppi sperimentali trattati col farmaco si è osservato un ritardo dose-correlato del rimbalzo della viremia. Non sono state rilevate evidenze di tossicità dose-dipendenti riferibili al trattamento. Trial clinici di breve termine hanno confermato, in pazienti affetti da epatite B, la potente e sostenuta attività antivirale di clevudina contro HBV, senza effetti tossici riconducibili alla terapia, la cui assenza/scarsità veniva spiegata con l’assenza di citotossicità e di alterazioni della funzione mitocondriale. Purtroppo, solo in seguito si scoprì che la terapia a lungo termine con clevudina può indurre, in alcuni pazienti con epatite cronica B, la deplezione del DNA mitocondriale, con conseguente miopatia mitocondriale associata a mionecrosi. Tra gli aspetti clinici e patologici della grave sindrome rabdomiolitica diagnosticata in 7 pazienti curati per 8-13 mesi con clevudina, la sintomatologia più grave era una debolezza muscolare prossimale lentamente progressiva nell’arco di parecchi mesi. Inoltre, elevati livelli ematici di creatinachinasi (marker di danneggiamento/ sofferenza delle fibre muscolari) ed il quadro miopatico, risultante dall’elettromiografia, indicavano in una grave forma di miopatia scheletrica la causa della ingravescente debolezza muscolare denunciata da questi soggetti, diagnosi confermata da biopsie muscolari, che evidenziavano una forma severa di mionecrosi associata a numerose fibre muscolari rosse sfilacciate, fibre negative alla citocromo-C ossidasi ed una predominante atrofia delle fibre muscolari di tipo II. La PCR quantitativa su biopsie della muscolatura di questi pazienti indicava una massiccia deplezione di DNA mitocondriale nei Pagina 23 miociti scheletrici. Fialuridina, altro analogo nucleosidico della pirimidina, è stata somministrata per 4 settimane a woodchuck carrier cronici di WHV. Un’efficacia significativa antiHBV, alla dose di 1.5 mg/kg/die i.p., non era accompagnata da effetti tossici, durante le 4 settimane di trattamento e nel follow-up posttrattamento. In un secondo esperimento, fialuridina è stata somministrata (1.5 mg/kg/die os) per 12 settimane a woodchuck carrier di WHV. Dopo 4 settimane, la concentrazione serica di WHV-DNA era inferiore di 2 -3 log a quella dei controlli e non era più rilevabile, con dot-blot convenzionale, dopo 12 settimane. Inoltre, gli intermedi replicativi del WHVDNA epatico erano diminuiti di 100 volte e l’espressione epatica di WHcAg era marcatamente ridotta. Nessun segno di tossicità è stato osservato dopo 4 settimane di trattamento ma, dopo 6-7 settimane, è stato registrato un calo dell’assunzione di cibo e, dopo 8 settimane, il peso corporeo delle marmotte trattate era significativamente inferiore al peso dei controlli. Anoressia, perdita di peso, deperimento organico, devastazione della muscolatura scheletrica e letargia si sono progressivamente aggravati, tanto che tutte le marmotte trattate con fialuridina sono morte, o sono state eutanasiate, tra il 78° ed il 111° giorno dall’inizio della terapia. Insufficienza epatica (iperbilirubinemia, calo del fibrinogeno nel siero, elevato tempo di protrombina), acidosi lattica e steatosi epatica erano i sintomi caratteristici degli stadi finali della tossicità indotta da fialuridina. La tossicità epatica ritardata in Marmota monax, era molto simile, a quella precedentemente osservata in pazienti in terapia con questo farmaco, quand’era ancora in fase sperimentale, e con molecole della stessa classe chimica (clevudina, lamivudina). Eppure, fialuridina era stata ampiamente studiata, durante il processo di R&D preclinico, in ben 4 specie animali, seguendo i protocolli e le richieste regolatore, allora vigenti, emanate dall’FDA, senza che comparissero sintomi di tossicità epatica. Inoltre, ben due sperimentazioni cliniche di breve termine con fialuridina non avevano evidenziato effetti tossici. In base a questi risul- tati preclinici e clinici favorevoli, l’NIH ha programmato e avviato (1992-’93) questa sperimentazione di Fase II con fialuridina, in pazienti con epatite cronica B, della durata di 6 mesi. Purtroppo, durante questo trial clinico si registrarono esiti letali in 5 pazienti/15 trattati, mentre altri 2 sopravvissero solo grazie al trapianto di fegato. La causa di questi esiti drammatici fu individuata in una grave e rara forma di tossicità ritardata e inattesa, perché non evidenziata durante la sperimentazione preclinica, mancando un appropriato modello animale, (il modello WHVwoodchuck risale al 1998, 5 anni dopo questo studio clinico) - causata da insufficienza epatica fulminante associata ad insufficienza renale e acidosi lattica. Il meccanismo d’azione di questa grave tossicità ritardata fu poi individuato e caratterizzato su epatoblasti in coltura: fialuridina, ed i suoi metaboliti, inibiscono la Ȗ-DNA polimerasi, danneggiando la replicazione del DNA mitocondriale. L’incorporazione di analoghi multipli, probabilmente adiacenti a posizioni di sequenze adenosiniche, ostacola l’allungamento della catena del DNA, con conseguente perdita di DNA mitocondriale, comparsa di difetti ultrastrutturali nei mitocondri e accumulo di goccioline lipidiche nel citoplasma. Questo tragico incidente, lungi da rappresentare una sconfitta della sperimentazione animale, ne ribadisce, anzi, validità e indispensabilità. E ciò è tanto più vero se riferito al modello WHVwoodchuck che, messo a punto solo 5 anni dopo il grave incidente di cui si è detto, è risultato 1) predittivo di efficacia terapeutica contro l’infezione da WHV/HBV, 2) in grado di riprodurre fedelmente, in un modello animale, gli effetti tossici dei farmaci anti-HBV che possono insorgere durante terapie di lungo termine con derivati nucleosidici della pirimidina e 3) adatto allo studio dei meccanismi molecolari che mediano la tossicità ritardata di questa classe di farmaci. Studi appropriati, disegnati per evidenziare una tossicità ritardata, sono ormai diventati parte integrante dell’R&D preclinico regolatorio previsto per molecole candidate alla ricerca clinica. Domenico Barone Anno X numero 54 Pagina 24 Phase I study in France The fault for the death of one patient and the serious injuries to 5 others in a French drug trial is down to the medicine itself, rather than the CRO and pharma company conducting the study. This is according to a new report by the French National Agency for Drug Safety, which said the compound being tested--BIA 10-2474--produced an "astonishing and unprecedented" reaction in the brain of a small number of patients, which could not have been foreseen. In all, 90 patients had taken the drug, but in January, 6 trial participants took a higher-dose form of the treatment (10 times greater than required), with one becoming brain dead and later dying. Five others were seriously ill, but reports suggest that they are now recovering. The Phase I trial was being undertaken by the French CRO Biotrial on behalf of Portuguese drugmaker Bial for BIA 10-2474, a medicine that blocks the enzyme FAAH to treat anxiety. Dominique Martin, director general of the agency, said of the report: "It is clearly the molecule that is the cause. The common element between the victims is indeed that molecule." He added, as reported by French newspaper Le Monde: "There was no warning [of toxicity] from the first volunteers. It is as if a dam had burst somewhere." The initial report ruled out any manufacturing problems and said there was no shared genetic weakness among the victims, who suffered similar damage to the same part of the brain. But questions still remain. French Health Minister Marisol Touraine said a month ago that Biotrial "should have halted the tests" after the first person was hospitalized. This didn't happen, however, and 5 more people were given the medicine the next day. And several weeks ago, new evidence came to light that Biotrial may have ignored preclinical warning signs of neurological damage. This allegation came when Le Figaro reported it had seen information that an early-stage animal study of the drug had left "a number" of dogs dead and other animals suffering with serious side effects similar to those seen in the fatal human study. The agency's experts have in fact questioned why so much animal testing had preceded the human trials. They said it was "surprising to see that rats, mice, dogs and monkeys were all used"-raising the question as to whether there were concerns over side effects. But in general, the agency wants to learn from the trial. "What matters now is what action can be taken: there is a before and after," said Martin. He added that the regulator has now forwarded all the scientific documents relating to the study on to other health agencies, including the FDA and EMA, although Bial is reported by Le Monde to have raised concerns about others seeing the IP around the study. A number of Big Pharma companies, including Pfizer and Sanofi, tested similar molecules before, but their studies failed to find efficacy. No serious neurological side effects were ever noted in these companies' tests. Phase I Death in France: Update The French national drug safety agency (ANSM), released the timeline of events for the Phase I clinical trial of BIA 10-2474, and it confirms what had been speculated, that the eight healthy volunteers received the fifth of the highest dose escalation (50 mg) of the investigational drug at the same time. This goes against EMA recommendations released in 2007, to address failures of a 2006 Phase I trial conducted in the UK, that specifically stated that trials be designed with “sequence and interval between dosing of subjects within the same cohort,” among other ways to help mitigate risk. The Phase I trial contracted by Portuguese pharma company Bial to CRO Biotrial was conducted in Rennes, France. The ANSM document outlines that after the eight received their doses, one was hospitalized that evening. The remaining seven then received the sixth dose the next morning. The eighth man succumbed to a coma that day. Biotrial and Bial then discontinued the trial and notified ANSM, three days later. In the interim, five additional participants were hospitalized and now MRIs are indicating brain injuries to four of them. On January 22, the FDA announced it would work with the EMA and ASNM to learn more about the safety issues around BIA 10-2474, a fatty acid amide hydrolase (FAAH) enzyme inhibitor. Additionally, the regulatory authority is in the process of collecting and reviewing safety information pertinent to FAAH inhibitors under investigation in the United States. Riceviamo e volentieri pubblichiamo la seguente dichiarazione FRANCIA : STUDIO DI FASE I Venerdì 15 gennaio 2016 l’autorità sanitaria francese ANSM (Agence nationale de sécurité du médicament et des produits de santé) ha riferito che durante l'esecuzione di uno studio clinico di Fase I, 6 volontari sono stati colpiti da reazione avversa grave, con conseguente ospedalizzazione in terapia intensiva. Purtroppo le cure intensive non sono state sufficienti a salvare la vita di uno di questi soggetti, che ha perso la vita a causa di danni cerebrali irreversibili. Mentre il mondo scientifico, regolatorio e giuridico sta ancora interrogandosi su come una simile tragedia possa essere avvenuta, cercando di identificare eventuali errori, omissioni e responsabilità, qualcuno punta il dito sulla (Continua a pagina 25) Anno X numero 54 Pagina 25 (Continua da pagina 24) sperimentazione animale additandola senza esitazioni come causa dell’accaduto. L’Associazione Nazionale Biotecnologi Italiani, Research4Life e l’Associazione Luca Coscioni a riguardo rilevano però che: 1) è stato chiarito dalle istituzioni sanitarie francesi che il farmaco sperimentale non è né un derivato della cannabis, né a base di cannabis; 2) nessuno ha ancora rilasciato delle informazioni utili a definire i contorni della questione, tanto è vero che, in un editoriale, la rivista Nature ha espresso un condivisibile risentimento per la mancanza di informazioni, visto che l’ANSM, ma nemmeno Biotrial o Bial (l’istituto presso cui si è svolta la sperimentazione e l’azienda farmaceutica sponsor, rispettivamente) hanno ancora rilasciato pubblicamente indicazioni né sul composto, né sulle dinamiche dell’incidente; 3) non è corretto affermare che la legge italiana, a partire dal 2017, vieterà l’utilizzo del modello animale per lo studio delle sostanze d’abuso. Questa, oltre ad essere un’affermazione non veritiera (il D.Lgs. 26/2014 ha volutamente lasciato aperta la questione), è anche confondente in quanto gli studi nel modello animale per determinare l’eventuale tossicità dei farmaci, indipendentemente dal principio attivo, sono e resteranno obbligatori in tutto il mondo (Italia compresa). Alla luce di queste considerazioni, l’incidente al momento è ben lungi dall’essere spiegato: appare improbabile una tossicità classe-specifica, in quanto altri composti simili (inibitori FAAH) sono già stati oggetto di sperimentazione senza evidenziare alcun effetto di questo tipo. Rimane una sola certezza: ad oggi non è possibile identificare le cause di questa tragedia, e la comunità scientifica attende ancora i dati necessari per ricostruire l’accaduto ed elaborare delle ipotesi plausibili. Riteniamo che sia moralmente scorretto sfruttare mediaticamente questo caso, per sostenere battaglie che nulla hanno a che vedere con esso. Per rispetto delle persone colpite dall’incidente, il nostro consiglio è di attendere fatti concreti su cui ragionare e nel frattempo di rifarsi al celebre detto di Iacopo Badoer “un bel tacer, mai fu scritto”. Associazione Nazionale Biotecnologi Italiani Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica Research4life Comunicato formazione SSFA Giovani - SSFAOggi Cari colleghi, in seguito alla riunione del Consiglio Direttivo di SSFA (CD), svoltasi a Milano nel mese di febbraio, siamo lieti di annunciare la nascita di SSFA Giovani! Questo nuovo gruppo, frutto di un lavoro di collaborazione tra quattro exstudenti del Master in “Ricerca e Sviluppo Pre-Clinico e Clinico dei Farmaci” ed il CD, deriva dalla necessità di creare un tramite tra il mondo universitario e quello del lavoro oltre a consentire il confronto e lo scambio di opinioni tra colleghi. SSFA giovani ha lo scopo principale di promuovere la formazione, l’aggiornamento e lo sviluppo di un network relazionale. I giovani under 35 interessati al mondo del farmaco, della nutraceutica e dei dispositivi medici, avranno la possibilità di essere accolti in uno spazio a loro dedicato, all’interno del quale potranno confrontarsi con colleghi di diversa età ed esperienza lavorativa e proporre idee e tematiche che andranno ad integrare le attività dei vari gruppi di lavoro (GdL). I più giovani potranno trovare supporto nell’orientamento verso il mondo del lavoro e della formazione post-laurea. Inoltre, vogliamo incrementare l’utilizzo dei social network per diffondere le notizie e coinvolgere maggiormente i soci SSFA. Cercheremo di collaborare con le sezioni Giovani di altre Società Scientifiche. Insieme poi proveremo a dare forma ad altre proposte che potranno entrare a far parte dei programmi di lavoro. Vi invitiamo già da ora a partecipare ad un incontro GRATUITO di mezza giornata che si terrà a Milano presumibilmente nel mese di Settembre, durante il quale si parlerà di “Job in Pharma”. Informazioni più dettagliate saranno fornite nei prossimi numeri di SSFAOggi, sul sito internet e tutti i canali di comunicazione della società. Sarà questa anche l’occasione per presentarci, conoscerci e iniziare a confrontarci. Vi aspettiamo! Michela, Rossella, Valeria e Mario Anno X numero 54 Pagina 26 Un manuale pratico di sperimentazione clinica: perché? La normativa per la sperimentazione clinica dei medicinali ha subito profondi cambiamenti negli ultimi anni: essi hanno avuto un impatto principalmente sulle procedure da seguire per la richiesta delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento di una sperimentazione in Italia. Ma non sono solo le procedure per il rilascio dell’autorizzazione a essere cambiate: in seguito all’entrata in vigore della legge 189/2012, la meglio conosciuta Legge Balduzzi, i processi, le regole e gli attori sono radicalmente trasformati. AIFA è l’unica Autorità Competente in materia di sperimentazione clinica dei medicinali ed ha iniziato a partecipare al processo di valutazione VHP (Voluntary Harmonisation Procedure); l’Osservatorio Nazionale per la Sperimentazione Clinica (OsSC) è rinato dalle proprie ceneri, dopo la chiusura improvvisa nel dicembre 2012, con una funzionalità completamente nuova (da mero contenitore e raccoglitore di dati a strumento necessario e indispensabile per la richiesta di autorizzazione ad AIFA ed ai Comitati Etici) ed i CE si sono visti ridurre nel loro numero totale, con una riorganizzazione su base regionale legata alla popolazione residente. Ma ulteriori cambiamenti, se non meglio stravolgimenti, sono già previsti nel prossimo futuro con l’entrata in vigore del Regolamento Europeo sulla sperimentazione clinica, atteso per l’autunno 2018, ed il progetto di valutazione coordinata - tra AIFA e CE del centro coordinatore -di una richiesta di autorizzazione ad una sperimentazione clinica in accordo alla VHP. Parlare di sperimentazione clinica vuol dire parlare di svariati aspetti legati a questo mondo: dalle norme principali di riferimento quali la Good Clinical Practice (GCP) agli aspetti etici e metodologici; dai metodi statistici - che sono alla base per la pianificazione e per l’analisi dei dati - alla sperimentazione clinica in ambito pediatrico; dalla sicurezza nelle sperimentazioni alle terapie innovative fino all’uso compassionevole, alle malattie rare ed ai farmaci orfani. Questo manuale nasce dalla volontà di avere a disposizione un testo il cui scopo sia di affrontare questi aspetti e dalla necessità di coprire un vuoto editoriale in materia (la prima edizione del manuale risale al 2002) mettendo a disposizione un testo di riferimento, che sia utile a chi si affaccia al mondo della sperimentazione clinica per la prima volta, ed a chi invece avverta l’esigenza di rivedere oppure approfondire tematiche e concetti già noti, prefiggendosi l’obiettivo di trattare gli aspetti della sperimentazione clinica per diverse tipologie di prodotto (medicinale ad uso umano, dispositivo medico, medicinale veterinario, cosmetici, nutraceutici, …) senza tralasciare gli aspetti normativi fondamentali e le conoscenze teoriche necessarie (metodologia ed etica, sicurezza, metodi statistici). Un capitolo dettagliato è stato dedicato alla GCP, un tema complesso ma fondamentale nella gestione ed esecuzione delle sperimentazioni cliniche. Di attualità, visto il crescente numero degli studi in pediatria richiesti dalla normativa europea, è il capitolo dedicato alle sperimentazioni sui bambini che rappresentano un campo di ricerca fondamentale per il progresso medico-scientifico, oggi che nuove molecole potenzialmente efficaci si affacciano nel trattamento di patologie metaboliche infantili e spesso rare. L’uso compassionevole dei farmaci viene spiegato in dettaglio, non solo rispetto alla normativa italiana ma inqua- drandolo nel contesto legislativo europeo. Una sezione è stata dedicata alla nuova frontiera delle terapie: le terapie innovative, quali la terapia genica, la terapia cellulare somatica e l’ingegneria tissutale. Una parte importante è rappresentata dal capitolo sulla sperimentazione clinica interventistica, dove si è cercato di dare spazio alle procedure necessarie per operare con l’OsSC, anche se il processo è in chiara evoluzione ed ha già subito alcuni recenti cambiamenti. Al capitolo sulla sicurezza legata all’utilizzo dei farmaci il compito non facile di spiegare come e perché il monitoraggio della safety di un farmaco rivesta grande importanza nel corso di uno studio clinico. Il testo è stato redatto a più mani grazie al coinvolgimento ed alla collaborazione di autori esperti nelle singole aree tematiche, che hanno utilizzato la propria conoscenza ed esperienza professionale quotidiana, e che ha portato ad una impostazione pratica, e non solo teorica, del manuale. La preziosa prefazione del prof. Adriano Chiò, ricercatore dell’Università di Torino e responsabile del “Centro Regionale Esperto per la Sclerosi Laterale Amiotrofica” dell’Ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, conferisce infine una prestigiosa introduzione. Gianluca Botta per conto della SIAR Anno X numero 54 Pagina 27 Uso compassionevole del Farmaco Il 28 gennaio scorso si è tenuto a Roma, nella storica cornice dell’Università degli Studi “La Sapienza”, un seminario di aggiornamento sull’uso compassionevole organizzato dal Gruppo di Medicina Farmaceutica. Il sottotitolo del seminario, “Il punto di vista degli attori”, chiarisce subito lo scopo dell’incontro ovvero di mettere a confronto tutti coloro che sono coinvolti nell’importante e delicato meccanismo di fornitura precoce di un farmaco innovativo attraverso l’uso compassionevole. In questo modo AIFA, un’azienda sanitaria ed il relativo Comitato Etico, un medico, un’ associazione di pazienti e un’azienda farmaceutica hanno potuto illustrare il loro punto di vista, riassumendo la loro esperienza ed evidenziando le criticità ancora esistenti. L’interessante e fertile dibattito che ne è scaturito dimostra ancora una volta che, rendendo possibile ai pazienti l’accesso precoce a farmaci innovativi attraverso la collaborazioDr.ssa Maria Federica Barchetti ne tra le parti, si rende un servizio in primis al paziente e al tempo stesso all’intero settore. Le presentazioni del seminario sono disponibili al seguente link: http://www.ssfa.it/Page.asp? SitoID=1&PaginaID=1489&Path=0:x1147:x1231:x1488:x1489 Riccardo Ascone Dr.ssa Lisa Salvatore Are prolific authors too much of a good thing? Dominant authors can lead to an imbalance of power within an evidence base BMJ 2015;351:h2782 According to a linked article by Holleman and colleagues,1 diabetes research is dominated by a few dozen prolific researchers, a handful so productive that they were designated “supertrialists.” Holleman and colleagues examined randomised controlled trials of glucose lowering drugs published in the 20 years up to 2013, and found that roughly a third (32.4%) of reports were published by less than 1% (110 of 13ௗ592) of authors. The most prolific individuals were named on seven trial reports, on average, every year for the last 10 years. Holleman and colleagues’ study did not determine how many separate trials were reported by these articles, but even assuming that large trials generate several publications, they found that some authors had an extraordinary output. In a similar study of prolific authors,2 the 10 most productive in each of four medical specialties were named on at least one publication per 10 working days each year, showing that the issue is not restricted to diabetes research. Making a meaningful contribution to both the research and publication processes, as required by authorship criteria from the International Committee of Medical Journal Editors (ICMJE),3 involves a serious investment of time. Is it possible to fulfil a strict interpretation of the ICMJE authorship criteria and report findings from a trial every other month? This might be possible for certain contributions that are not particularly time consuming but are intellectually critical to the research and therefore deserving of authorship, for example, providing statistical expertise for a study design and analysis plan. Holleman and colleagues did not investigate the precise contribution of authors, but this would be an interesting area for further study. Furthermore, interpretation of the ICMJE criteria varies. Indeed, we (Continua a pagina 28) Anno X numero 54 Pagina 28 (Continua da pagina 27) already know that some researchers consider the criteria overly stringent or even unethical.4 Why should we worry about how authorship guidelines are interpreted and applied? As the Council of Sciences Editors’ Taskforce noted in 2000, “a healthy biomedical research ecosystem absolutely requires a healthy system of authorship.”5 The ICMJE criteria were introduced in an attempt to achieve and maintain such a system, and disagreements about how they are interpreted undermine authorship. This has implications for who takes credit and responsibility for research findings.6 Inconsistent application of authorship guidelines could mislead readers about who actually did the work and can obscure the role of organisations, institutions, and employers (for example, if drug company employees are omitted). Holleman and colleagues’ study highlights the potential for distortion in the evidence base for diabetes drugs. Having 0.8% of authors responsible for one in three articles describing randomised controlled trials—and therefore providing the main evidence on a class of drugs—suggests a serious imbalance of power. More than four fifths of the most prolific authors came from just four countries, and 91% of their publications were sponsored by commercial companies. Therefore, the needs of patients outside those countries may be under-represented, along with the views of independent researchers without commercial interests. One possible reason for the dominance of commercial research is that investigators working with pharmaceutical companies receive more technical and financial support in developing publications than independent researchers. The involvement of properly acknowledged professional medical writers is not, in itself, a bad thing. In fact, a recent study showed that support from professional writers could improve the reporting of trials.7 However, a lack of support—owing to lack of resources, lack of awareness of the benefits of involving professional medical writers, or academic prejudice against seeking such assistance—could create a form of publication bias. With greater support and therefore greater productivity, the views of industry funded trialists will have a larger share of voice than those of independent clinicians and researchers. The dominance of a minority of prolific authors might also be exacerbated by pharmaceutical companies’ traditional cultivation of “key opinion leaders.” Critics of this practice have suggested that key opinion leaders can become “experts acting as the marketing arm of the drug industry” and that they help companies “take control of . . . reporting investigations.”8 However, Holleman and colleagues did not explore the relationships of prolific authors with the pharmaceutical or medical device industry, and furthermore, the cultivation of opinion leaders by industry may be decreasing. For example, GlaxoSmithKline has announced it will stop paying doctors to speak on its behalf,9and many companies now follow good publication practice,10 which forbids payment for guest authorship. Still, the phenomenon of prolific authorship clearly persists and deserves further investigation. Academia also needs to consider its role in this phenomenon. Research institutions should ask whether their culture encourages academics to seek publication above all else by judging them on research output rather than, for example, teaching, peer review, or leadership. It is still common to see announcements from universities boasting that newly appointed academics have authored many hundreds of publications. Inflexible and narrowly focused academic reward systems in many countries, which seem to value the quantity over the quality of a researcher’s publications, may be as much a part of the problem as the pharmaceutical industry. We need a change of institutional culture so that, instead of being rewarded, unfeasibly lengthy CVs are discouraged. This could be done by shifting the focus of reward from crude measures of quantity to a deeper consideration of research quality and impact.11 We should also consider a radical overhaul of authorship guidelines (and rewards) to produce a new system that reflects current research practices, is regarded as equitable by all parties, trusted by the public, and uniformly interpreted and implemented. References Holleman F, Uijldert M, Donswijk LF, Gale EAM. Productivity of authors in the field of diabetes: bibliographic analysis of trial publications. BMJ2015;351:h2638. Wager E, Singhvi S, Kleinert S. Too much of a good thing? A study of prolific authors. 2013. International Committee of Medical Journal Editors. Recommendations for the conduct, reporting, editing, and publication of scholarly work in medical journals. Updated 2014. Shaw D. The ICMJE’s definition of authorship is illogical and unethical. BMJ2011;343:d7192. Davidoff F. Who’s the author? Problems with biomedical authorship, and some possible solutions. 2000. Wager E. Recognition, reward and responsibility: why the authorship of scientific papers matters. Maturitas2009;62:109 Gattrell W, Hopewell S, Young K, et al. Professional medical writing support improves the quality of reporting of randomized controlled trials. Presented at the 11th Annual Meeting of the International Society of Medical Publication Professionals, 27-29 April 2015 [poster 36]. Fava GA. Should the drug industry work with key opinion leaders? No. BMJ2008;336:1405. Kmietowicz Z. GSK is to employ doctors to speak about its drugs. BMJ2014;348:g2241. Graf C, Battisti WP, Bridges D, et al. Good publication practice for communicating company sponsored medical research: the GPP2 guidelines. BMJ2009;339:b4330. Editorial. Rewarding true inquiry and diligence in research. Lancet2015;385:2121. Anno X numero 54 Pagina 29 SEXUAL DYSFUNCTION ASSOCIATED WITH SECOND-GENERATION ANTIDEPRESSANTS IN PATIENTS WITH MAJOR DEPRESSIVE DISORDER: RESULTS FROM A SYSTEMATIC REVIEW WITH NETWORK META-ANALYSIS Reichenpfader U, Gartlehner G, Morgan LC et al., Drug Safety 2014; 37:19-31 La disfunzione sessuale, che può coinvolgere una qualsiasi o tutte le fasi del ciclo sessuale (libido, eccitazione, orgasmo, eiaculazione), è associata al trattamento farmacologico di depressione maggiore, e può interessare fino al 50 % di pazienti depressi non trattati. Sono stati condotti 63 studi, con più di 26.000 pazienti trattati con farmaci antidepressivi di seconda generazione. Basandosi sulla metanalisi, la maggior parte dei risultati hanno mostrato un rischio di disfunzione sessuale simile tra i farmaci antidepressivi coinvolti. INTRODUZIONE La disfunzione sessuale (SD) è prevalente nei pazienti con disturbo depressivo maggiore (MDD) ed è anche associata al trattamento con i farmaci antidepressivi di seconda generazione (second-generation antidepressants, SGAD) che vengono comunemente utilizzati per trattare la condizione patologica. Evidenze dagli studi di efficacia indicano la sotto-segnalazione di SD. La SD associata al trattamento antidepressivo è un effetto indesiderato grave che può portare alla risoluzione anticipata di un trattamento e al peggioramento della qualità della vita. OBIETTIVI Scopo dello studio era di valutare sistematicamente i rischi di SD associati con l’uso di SGAD in pazienti adulti con MDD. METODI Sono stati ricercati abstract in lingua inglese da PubMed, EMBASE, Cochrane Library, PsycINFO e International Pharmaceutical Abstracts dal 1980 a ottobre 2012, ma anche dalle liste di referenze di articoli rilevanti e da ricerche nell’ambito della letteratura grigia o non convenzionale. Due revisori indipendenti hanno identificato studi randomizzati e controllati (RCT) della durata di almeno 6 settimane e studi osservazionali con almeno 1.000 partecipanti. SELEZIONE DEGLI STUDI I revisori hanno riassunto i dati sul disegno dello studio, la conduzione, i partecipanti, gli interventi, i risultati e i metodi di accertamento della SD di hanno quantificato il rischio di bias. Un revisore senior ha verificato e confermato i dati estratti e la valutazione del rischio di bias. ANALISI Network metanalisi a effetti random che utilizza metodi Bayesiani per i trial di non inferiorità e confronti vs placebo; analisi descrittive per calcolare i tassi medi pesati dai singoli trial e studi osservazionali. RISULTATI Sono stati inclusi i dati provenienti da 63 studi con basso e moderato rischio di bias (58 RCT, 5 studi osservazionali), con più di 26.000 pazienti trattati con SGAD. Basandosi sulla network metanalisi di 66 confronti a coppie provenienti da 37 RCT, la maggior parte delle comparazioni hanno mostrato un rischio di SD simile tra gli SGAD coinvolti. Tuttavia, gli intervalli di confidenza erano ampi e includevano differenze clinicamente rilevanti. Sono stati osservati tre pattern principali: bupropione aveva un rischio significativamente inferiore di SD rispetto ad alcuni altri SGAD, mentre escitalopram e paroxetina hanno mostrato un rischio significativamente più alto di SD. In alcuni studi sono state trovate segnalazioni di danni relativi a SD incoerenti e insufficienti. LIMITI La maggior parte degli studi sono stati condotti in popolazioni altamente selezionate. La ricerca è stata limitata alla sola lingua inglese. CONCLUSIONI A causa della natura indiretta dei confronti, degli intervalli di confidenza spesso ampi e dell'elevata variazione nell’entità del risultato, la forza complessiva delle evidenze è stata valutata dagli stessi autori come bassa, non consentendo una stima precisa del rischio comparativo di SD associato a un antidepressivo specifico. In mancanza di tale evidenza, i medici devono essere consapevoli che la SD è un evento avverso comune e che è importante discutere con il paziente sulle sue preferenze prima di iniziare la terapia antidepressiva. A cura di Raimondo Russo Anno X numero 54 Pagina 30 PREVALENCE, NATURE AND POTENTIAL PREVENTABILITY OF ADVERSE DRUG EVENTS - A POPULATION-BASED MEDICAL RECORD STUDY OF 4970 ADULTS Hakkarainen KM, Gyllensten H, Jönsson AK, et al., Br J Clin Pharmacol, pubblicato on line il 25 dicembre 2013 Lo studio mostra che la prevalenza di ADE era considerevole in tutto l’ambito dell’assistenza sanitaria, con più di un terzo di eventi potenzialmente prevenibili. I farmaci solitamente dispensati erano comunemente associati con ADE ed eventi prevenibili, ma i farmaci coinvolti e gli organi colpiti differivano per categoria di ADE. RIASSUNTO OBIETTIVI Determinare la prevalenza in 3 mesi di eventi avversi da farmaci (adverse drug events, ADE), le categorie di ADE e di ADE prevenibili e stimare la prevenibilità degli eventi avversi da farmaco tra gli adulti in Svezia. Inoltre, individuare le classi di farmaci e i sistemi di organi associati agli ADE e stimarne la gravità. METODI E’ stato estratto dal Total Population Register un campione casuale di 5.025 adulti nello Swedish county council nel 2008. Tutte le cartelle cliniche dei pazienti selezionati, presso 29 dipartimenti di assistenza ospedaliera in 3 ospedali, 110 ambulatori specializzati e 51 unità di cure primarie sono state esaminate retrospettivamente in modo graduale e integrate con i dati registrati sui farmaci dispensati. Gli ADE, comprese le reazioni avverse da farmaci (ADR), gli effetti sub-terapeutici della terapia farmacologica (sub-therapeutic effects, STE), la tossicodipendenza e l'abuso, le intossicazioni da farmaco causate da overdose e le morbosità dovute da indicazioni legate la farmaco non trattate, sono stati rilevati nel corso di un periodo di studio di 3 mesi, e valutati per prevenibilità. RISULTATI Tra i 4970 individui inclusi, la prevalenza degli ADE era del 12,0% (IC al 95% 11,1-12,9%) e degli ADE prevenibili del 5,6% (5,0-6,2%). Le ADR (6,9%; 6,2-7,6%) e gli STE (6,4%; 5,8-7,1%) erano più frequenti rispetto agli altri ADE. Degli eventi avversi da farmaco, il 38,8% (35,8-41,9%) era evitabile, variando a seconda della categoria e della serietà. Gli ADE erano associati spesso con i farmaci cardiovascolari e per il sistema nervoso, ma anche i farmaci responsabili e gli organi colpiti variavano in base alla categoria dell’ADE. CONCLUSIONI Le conseguenze rilevanti a livello individuale e della società degli ADE e degli ADE prevenibili indotti da farmaci comunemente usati in tutti gli ambiti di cura richiede iniziative su larga scala per ridisegnare sistemi sanitari sicuri e di qualità superiore. Nella pratica clinica e nella ricerca si dovrebbe tenere in considerazione la natura eterogenea delle categorie di ADE al fine di prevenire, individuare e mitigare gli eventi avversi da farmaci. A cura di Raimondo Russo TOSSE E STATINE ESTABILISHING THE CORRELATION BETWEEN STATINS AND COUGH: CASE SERIES REPORT AND ANALYSIS OF ADVERSE DRUG REACTIONS IN THE INTERNATIONAL DATABASES Carnovale C, Pellegrino P, Perrone V, et al. Eur J ClinPharmacol 2014; 70: 1529-1531 Il presente studio dimostra il coinvolgimento delle statine nell’occorrenza di tosse secca, anche senza danno polmonare. RIASSUNTO CONTESTO Le statine sono generalmente ben tollerate, anche se possono verificarsi tossicità muscolare e malattia polmonare interstiziale (interstitiallungdisease, ILD). L'associazione tra tosse e statine in assenza di danno polmonare è stata riportata solo due volte in letteratura. METODI Per definire meglio questa associazione, è stata condotta un'analisi dal 2004 al 2012 utilizzando il database australiano di segnalazione degli eventi avversi (Australian database of Adverse Event Notifications, DAEN), il database canadese online Vigilance Adverse Reaction e il database dell’FDA (Adverse Event Reporting System, AERS). Sono state esaminate le segnalazioni in cui la statina era il solo farmaco sospetto; le segnalazioni sospette di 'tosse' sono state rilevate utilizzando il livello Preferred Term (PT) del MedDRA (Medical Dictionary for Regulatory Activities). RISULTATI Sono state analizzate 995 segnalazioni spontanee di tosse indotta da statine (rosuvastatina, atorvastatina, simvastatina, pravastatina, fluvastatina, lovastatina e pitavastatina). La ILD indotta da statine è un effetto collaterale noto di questa terapia, che può presentarsi come tosse secca persistente. Mentre la possibile associazione di tosse senza danno polmonare non è presente nel database AERS, il database canadese e quello australiano mostrano che l’88% dei casi di tosse indotta da statine avviene in assenza di danno polmonare, come stabilito mediante l’analisi della sezione relativa alle reazioni avverse concomitanti e alle altre terapie sospette, presente nei database. La tosse era associata essenzialmente ad atorvastatina, rosuvastatina, simvastatina, che rappresentano il 77% della quota di mercato negli Stati Uniti e rispettivamenteil 58,8%, il 16,8% e il 14,4% in Canada. Con la stessa metodologia, sono stati recuperati e analizzati tre case report di tosse senza danno polmonare in associazione a statina, recuperati dal database italiano dell’AIFA – un paziente cardiopatico in terapia con atorvastatina e altri due pazienti ipercolesteroleamici che hanno sperimentato tosse secca dopo 40 o 10 mg/die di atorvastatina: l’analisi con l'algoritmo di Naranjo indicava un rapporto “probabile” nel primo caso e "possibile" negli altri due. L’analisi della letteratura ha evidenziato inoltre due plausibili meccanismi d’azione che potrebbero spiegare la tosse indotta da statine: 1) induzione della sintesi di prostanoidi che a loro volta aumentano la sensibilità del riflesso della tosse; 2) stabilizzazione dell'mRNA dell’enzima NO-sintasi con aumento della produzione di NO che agisce nel circuito riflesso della tosse. CONCLUSIONI Si conclude che le statine sono coinvolte nell'insorgenza della tosse iatrogena secca indicandola come un effetto di tutta la classe. A cura di Raimondo Russo Anno X numero 54 Pagina 31 NEWS ON CLINICAL TRIALS Cardiorentis' Ularitide Receives FDA Fast Track Designation for the Treatment of Acute Decompensated Heart Failure Cardiorentis, a privately held biopharmaceutical company, today announced that the U.S. FDA has granted Fast Track status to Ularitide, an investigational therapy for the treatment of acute decompensated heart failure (ADHF). The FDA's Fast Track process is intended to facilitate the development and expedite the review of drugs for the treatment of serious conditions addressing an unmet medical need. Cardiorentis anticipates top-line results from the TRUE-AHF Phase III trial in Spring 2016 and expects to file a NDA and European Marketing Authorization Application in the second half of 2016. The treatment of ADHF remained the same for decades, with poor short term and long term prognoses for patients that are significantly worse than for many types of cancer. Ularitide is a natriuretic peptide in Phase III development for the treatment of ADHF. The trial has fully enrolled 2,157 patients in over 200 centers across the U.S., Europe, Canada and Latin America. TRUE-AHF is a randomized, double-blind, placebo-controlled event driven trial with two co-primary endpoints. The first is a composite endpoint for ADHF, which assesses a patient's symptoms and persistent or worsening heart failure within the first 48 hours after initiation of treatment. The second co-primary endpoint is cardiovascular mortality. About ADHF Heart failure occurs when the heart loses its ability to pump blood efficiently through the body and vital organs. It is a growing problem worldwide, affecting more than 26 million people worldwide. In 2011, there were nearly 3 million hospital admissions with heart failure as the primary diagnosis in countries across the globe. It is a life-threatening condition, which requires immediate medical attention. Signs and symptoms of ADHF include extreme fatigue and shortness of breath worsening kidney function, severe swelling, sudden weight gain and a distended jugular vein along the side of the neck. The American Heart Association estimated the total cost of this chronic disease approached $39.2 billion in 2010. About Ularitide Ularitide is in Phase III development as an intravenous (IV) infusion treatment for ADHF. Ularitide is the chemically synthesized form of urodilatin - a human, natriuretic peptide that is produced in the kidneys and induces excretion of sodium into the urine (natriuresis) and increased urine production (diuresis) to regulate fluid balance and sodium haemostasis. Ularitide induces natriuresis and diuresis by binding to specific natriuretic peptide receptors (NPR-A, NPR-B and other natriuretic peptide receptors), thereby increasing intracellular cyclic guanosine monophosphate (cGMP) helping to relax smooth muscle tissues, leading to vasodilation and increased blood flow. MediciNova Announces Positive Findings From a Clinical Trial of MN-166 (ibudilast) in Alcohol Use Disorder MediciNova, a biopharmaceutical company, announced that Dr. Daniel Roche presented results based on the completed study which evaluated the safety and efficacy of MN-166 (ibudilast) in alcohol use disorder at the American College of Neuropsychopharmacology (ACNP)’s 54th Annual Meeting. Major highlights from the presentation, “Ibudilast, a Novel Neuroimmune Modulator, Decreases Alcohol Craving and Increases Positive Mood in an AUD Population,” include the following: Ibudilast, but not placebo, significantly decreased basal, daily alcohol craving over the course of the study (P<0.05); Ibudilast did not affect cue- and stress-induced alcohol craving; however, ibudilast increased positive mood during both the cue reactivity and stress procedures (P<0.05); Ibudilast was safe and well-tolerated during the study. About the Clinical Trial This randomized, double-blind, placebo-controlled study enrolled 24 non-treatment seeking individuals with either alcohol abuse or dependence in a UCLA research unit. Participants were randomly assigned to a 7-day treatment period involving repeat oral administration of either MN-166 (ibudilast) escalated up to 100 mg/day or placebo. During the treatment period, participants were administered the study medication, completed an IV alcohol challenge, and took part in laboratory tests of alcohol craving as well as mood surveys and standard safety tests. Following a 710 day study break, trial participants re-enrolled for another 7-day period wherein they crossed over to the other treatment condition. The key study outcomes included safety, tolerability and preliminary efficacy as indicated by whether MN-166 (ibudilast) reduced alcohol craving under controlled conditions. A cura di Domenico Barone Anno X numero 54 Pagina 32 NUOVI SOCI BAGGIO MARIA CARLA LIBERO PROFESSIONISTA BRAGLIA ANTONELLA LIBERO PROFESSIONISTA COLOMBO DANIELE ZAMBON COMANDUCCI DEBORA ABIOGEN PHARMA DI MANZANO CARLO ISTIT.BIOCHIMICO ITALIANO FORNACIARI GIACOMO CHILTERN ITALY FRIGERIO FRANCESCO CELGENE GRAZIANO SABINA ANGELA RECORDATI GRIMALDI CLAUDIA ABBVIE LEONARDO ROSALIA JANSSEN-CILAG MANFRONI ROBERTA GRUNENTHAL MARASTONI LAURA LOFARMA MENNINI CHIARA OSPEDALE BAMBIN GESU’ MORETTI DENIS CELGENE MUSA ROSSELLA CHIESI FARMACEUTICI NICOLETTI MILENA HIGH RESEARCH PANTELLINI FEDERICO CELGENE PETROLO ORSOLA CONSULENTE PICCOLO ELENA CELGENE PORCU MARCO JANSSEN-CILAG RAVANELLI KATIA JANSSEN-CILAG SALMASO ALESSANDRA CELGENE SAPORITI MATTIA CONSULENTE SASSO FRANCESCO MC CANN SUBINO SIBILLA ABBVIE TAGLIAVACCA LUIGINA PHARM VACCARINI BARBARA APTUIT VARETTI EMANUELA ISTIT.BIOCHIMICO ITALIANO VERGURA RAFFAELLA MEDICAL TRIALS ANALYSIS VILLECCO SIMONE CHILTEN HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO: Giovanni Abramo Riccardo Ascone Domenico Barone Salvatore Bianco Gianluca Botta Domenico Criscuolo Franceco De Tomasi Marianna Esposito Luciano M. Fuccella Raimondo G. Russo CONSIGLIO DIRETTIVO Presidente: Marco Romano Vice—presidente: Anna Piccolboni Segretario: Salvatore Bianco Tesoriere: Luigi Godi Consiglieri: Giuseppe Assogna, Rossana Benetti, Marie-Georges Besse, Sergio Caroli, Domenico Criscuolo, Gianni De Crescenzo, Paolo Primiero. Direttore Responsabile: Domenico Criscuolo Comitato editoriale: Giovanni Abramo, Salvatore Bianco, Sergio Caroli, Domenico Criscuolo, Luciano M. Fuccella, Marco Romano Segreteria editoriale: Sabrina Lucioni Segreteria Organizzativa: Viale Abruzzi 32—20131 MILANO Tel. 0229536444 Fax. 02-89058506 E-mail [email protected] SSFA oggi Stampa: MEDIA PRINT, Livorno Registrazione del Tribunale di Milano, N. 319 del 14/05/2007 “Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% DCB PRATO” Numero progressivo 54 Periodicità: bimestrale WWW.SSFA.IT