i dispositivi di protezione individuale - vigili del fuoco

Transcript

i dispositivi di protezione individuale - vigili del fuoco
I DISPOSITIVI DI PROTEZIONE
INDIVIDUALE
Un elenco dei materiali per le squadre antincendio aziendali.
Le caratteristiche per essere conformi alla normativa europea.
Orlando Zanoli - Capo reparto VV.F. Bologna
Con l’introduzione del Decreto
Legislativo 626/94, tante disposizioni e normative riguardanti la sicurezza, sono entrate a far parte
del linguaggio di un’eccezionale
quantità di persone comuni, di tecnici, di lavoratori, di responsabili di
attività produttive ed in modo particolare dei responsabili della sicurezza nei posti di lavoro. Una così importante informazione non si
era avuta purtroppo con il D.P.R.
547/55 che sicuramente per i tempi nei quali esso fu concepito rappresentava una vera opera d’arte
nel campo della legislazione sulla
sicurezza e l’antinfortunistica. Le
aziende oggigiorno sono molto più
sensibili al problema della sicurezza rispetto a tanti anni fa, come
tutti sappiamo, ed il motivo di ciò
può essere individuato nei nuovi
livelli sanzionatori e quindi in responsabilità più accentuate per i
datori di lavoro. In maniera meno
consistente ma comunque presente sempre più, c’è anche però
chi della propria azienda ne fa un
modello, magari un punto di riferimento per tutti gli altri, dove la sicurezza è veramente sentita ed
applicata. Tutti, credo, sono ormai
consapevoli di ciò ed è diventata
prassi consolidata parlare e discutere fra gli operatori di un’azienda, tecnici ed operai, con gran
cognizione di causa su quest’argomento così importante per tutta
la collettività. Uno dei problemi
però a mio giudizio, che non per-
ANTINCENDIO luglio 1999
mette il raggiungimento ideale,
cioè delle finalità che gli estensori del Decreto Legislativo 626/94
si erano prefissati, è da ricercare
nella troppa confusione di tecnici,
molte volte improvvisati, che spesso non sanno consigliare le varie
aziende in modo professionale. Per
quanto mi riguarda voglio tentare
di fare un’analisi dei Dispositivi di
Protezione Individuale che normalmente vengono consigliati alle aziende e che a volte non corrispondono alle effettive necessità
degli utilizzatori. In alcuni casi determinati dispositivi non potranno
essere indossati e quindi la programmata sicurezza degli operatori e la salvaguardia dei beni potrà essere vanificata. Penso ad
esempio a determinate attività a
rischio di incendio, con probabile
o ancor peggio sicura produzione
di prodotti tossici, (materiali sintetici infiammabili in genere, poliuretani, PVC, ecc.) dove nessun
“esperto antincendio” sia riuscito
a proporre almeno l’acquisto di un
autorespiratore. La prassi è sempre la stessa e riguarda l’acquisto
di:
– una coperta ignifuga;
– un casco o elmo spesso senza
la visiera;
– guanti anticalore più adatti per
chi lavora in fonderia che ad un
addetto antincendio;
– tuta ignifuga termoriflettente alluminizzata per avvicinamento
75
DISPOSITIVI DI
PROTEZIONE INDIVIDUALE
alle fiamme;
– una picozzina;
– una corda;
– solo in certi casi si acquista una
maschera con filtro.
Tantissimi tecnici sono estremamente bravi ad effettuare la valutazione dei rischi, a progettare
sulla carta procedure di intervento e quindi sono poi perfettamente in regola con i dispositivi di legge vigenti, ma non tutti hanno concentrato la loro attenzione sulla
funzionalità dei D.P.I. acquistati.
Credo che in commercio si possano trovare oggigiorno tutte le soluzioni possibili e che quindi serva
soprattutto avere le giuste informazioni per poi riuscire a consigliare chi deve effettuare gli acquisti nel migliore dei modi. S’intendono D.P.I. tutti i prodotti che
hanno la funzione di salvaguardare la persona che li indossi o comunque li porti con sé da rischi per
la salute e la sicurezza. Prima di
procedere all’immissione sul mercato di un qualsiasi D.P.I., il costruttore deve sottoporre il Dispositivo ad una serie di procedimenti di accertamento delle caratteristiche protettive previste per l’applicazione della marcatura CE secondo quanto previsto dal Decreto
Legislativo 4 dicembre 1992 n.
475. I D.P.I. sono suddivisi in tre
categorie.
D.P.I. di prima categoria
Sono D.P.I. di progettazione
semplice destinati a salvaguardare la persona da rischi di danni fisici di lieve entità e sono solo quelli che proteggono da:
a) azioni lesive di lieve entità pro76
dotte da strumenti meccanici;
b) azioni lesive di lieve entità causate da prodotti detergenti;
c) rischi derivanti da contatto o da
urti con oggetti caldi che non
espongano ad una temperatura superiore a 50 °C;
d) ordinari fenomeni atmosfe ri c i
nel corso di attività professionali;
e) urti lievi e vibrazioni inidonei a
raggiungere organi vitali ed a
provocare lesioni a carattere
permanente;
f) azione lesiva dei raggi solari.
D.P.I. di seconda categoria
Sono tutti i D.P.I. che non sono
né di prima né di terza categoria.
D.P.I. di terza categoria
Sono D.P.I. di progettazione
complessa destinati a salvaguardare da rischi di morte o lesioni
gravi di carattere permanente e sono esclusivamente:
a) gli apparecchi di protezione respiratoria filtranti contro gli aerosol solidi, liquidi o contro i gas
irritanti, pericolosi, tossici o radiotossici;
b) gli apparecchi di protezione isolanti, ivi compresi quelli destinati all’immersione subacquea;
ANTINCENDIO luglio 1999
c) i D.P.I. che assicurano una protezione limitata nel tempo contro le aggressioni chimiche e
contro le radiazioni ionizzanti;
d) i D.P.I. per attività in ambienti
con condizioni equivalenti ad
una temperatura d’aria non inferiore a 100 °C, con o senza
radiazioni infrarosse, fiamme o
materiali in fusione;
e) i D.P.I. per attività in ambienti
con condizioni equivalenti ad
una temperatura d’aria non superiore a -50 °C;
f) i D.P.I. destinati a salvaguardare dai rischi connessi ad attività
che espongono a tensioni elettriche pericolose o utilizzati come isolanti per alte tensioni
elettriche.
Per poter apporre la marcatura CE sui dispositivi è necessario
seguire una procedura specifica a
seconda della categoria di appartenenza.
Tutti i produttori sono tenuti a
redigere prima di iniziare l’immissione sul mercato dei D.P.I., ed a
fornire a richiesta la Dichiarazione di Conformità CE nella quale
vengono espressamente citati oltre ai riferimenti identificativi del
D.P.I. e del produttore, i riferimenti tecnico-normativi sulla base di
cui sono state condotti i test per
verificare l’efficienza del dispositivo.
Ogni D.P.I. deve essere accompagnato da una copia della
nota informativa, redatta dal produttore, riportante tutte le informazioni atte a portare a conoscenza dell’utilizzatore finale, che
impiegherà il dispositivo, di quale
sia la reale efficienza protettiva e
di funzionalità oltre a tutte le informazioni necessarie al corretto im-
DISPOSITIVI DI
PROTEZIONE INDIVIDUALE
piego oltre che alla pulizia e conservazione.
Credo che spesso sia sotto stimato l’impegno e conseguentemente la reazione anche di tipo
emotivo che in determinate situazioni d’incendio o incidente, un addetto o componente la squadra
aziendale antincendio potrà produrre. Penso che il fatto di trovarsi di fronte ad un’emergenza “vera” anche se spesso di proporzioni limitate, determini in tanti soggetti un comportamento anomalo
che in alcuni casi tende ad un più
specifico e incosciente atteggiamento. Infatti, non è credibile che
personale occupato in un’azienda,
nel timore delle conseguenze di un
incendio, abbandoni il “campo” in
altre parole si allontani dalla zona
di pericolo. Spesso scatta nelle
persone il timore di perdere il posto di lavoro a causa di un incendio (dato reale) oppure c’è l’istinto di rendersi utili, di non arrendersi, di non essere spettatori passivi di un evento indesiderato e/o
spesso catastrofico. A volte il percorso che separa la sede più vicina dei Vigili del fuoco e quindi un
tempo di percorrenza notevole,
agevola un comportamento di questo tipo e quindi aumenta il rischio
per chi deve intervenire. Naturalmente, oltre ad una specifica preparazione tecnica e pratica, occorrono Dispositivi di Protezione
validi, di comprovata efficienza e
qualità.
I Dispositivi di Protezione individuale del personale aziendale allora non possono essere assegnati
in modo approssimativo e/o superficiale, ma devono essere stati
scelti con le dovute e necessarie
considerazioni. Non può essere ritenuto un valido motivo il fatto che
i componenti le squadre aziendali
antincendio devono intervenire solo in occasione di principi d’incendi, come spesso ogni tecnico o
esperto raccomanda durante la formazione aziendale. Il fatto non secondario che un addetto antincendio possa avere una scarsa
esperienza in questo settore aumenta notevolmente il pericolo e
per questo motivo deve necessariamente essere dotato dei migliori Dispositivi di Protezione possibili. Deve avere altresì di conseguenza una formazione ed una conoscenza approfondita delle prestazioni che il dispositivo di protezione a sua disposizione può
offrire. Molte aziende acquistano i
ANTINCENDIO luglio 1999
Dispositivi di Protezione tramite la
consultazione di depliant e non sono a conoscenza delle esatte necessità protettive alle quali i loro dipendenti devono sottostare. Spesso non si riesce a capire se sia necessario un Dispositivo di terza categoria oppure sia sufficiente uno
di seconda. A volte, con le giuste
informazioni, si possono acquistare Dispositivi di Protezione Individuale di terza categoria (la più importante) allo stesso prezzo di
quelli classificati in seconda. Chi
acquista Dispositivi di Protezione,
dovrebbe pretendere con la fornitura del prodotto, dei corsi informativi sul loro utilizzo e sulla manutenzione degli stessi. Purtroppo,
capita troppo spesso, che i Dispositivi vengano alloggiati dentro i soliti contenitori o armadi per l’antincendio e non vengono più controllati. Se si escludono gli estintori
d’incendio, da controllare almeno
ogni sei mesi, le attrezzature rimangono praticamente abbandonate per anni ed in caso di necessità, difficilmente poi riusciranno
77
DISPOSITIVI DI
PROTEZIONE INDIVIDUALE
ad avere la giusta efficienza. In
questa situazione deve subentrare il Corpo Nazionale dei Vigili del
fuoco, applicando i controlli previsti dal D.P.R. n. 37 del 12 gennaio
1998 art. 5 con competenza, ma
anche informando puntualmente
le aziende tramite l’apertura di un
ufficio di consulenza permanente
per le aziende e le associazioni di
Categoria. Come accennato sopra,
poche aziende, anche importanti,
effettuano la manutenzione necessaria con la dovuta programmazione. Personalmente sono venuto a conoscenza di situazioni come queste in aziende dove si producono veleni, anticrittogamici
ecc., senza che gli autorespiratori
per l’emergenza fossero controllati da personale esperto ed autorizzato alle manutenzioni, da addirittura 15 - 16 anni. La mancanza di tute anticontaminazione e di
altri indispensabili Dispositivi di
Protezione fa poi da corollario ad
una situazione assurda.
Si spera ora che con l’avvento
del D.P.R. 37/98 e D.M. 10/3/98 art.
4 i controlli siano più efficienti e che
le aziende del tipo sopra accennato non possano più avere atteggiamenti di indifferenza. L’articolo quattro del Decreto Ministeriale n. 64 del 7 aprile 1998 cita al
comma uno:
Articolo 4
Controllo e manutenzione de gli impianti e delle attrezzature an tincendio
1. gli interventi di manutenzione
ed i controlli sugli impianti e sulle attrezzature di protezione antincendio sono effettuati nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti,
78
delle norme di buona tecnica
emanate dagli organismi di normalizzazione nazionali ed europei o, in assenza di dette norme di buona tecnica, delle istruzioni fornite dal fabbricante e/o
dall’installatore.
Quindi, là dove non esista una
normativa nazionale od europea,
un’azienda dovrà tenere in giusta
considerazione le indicazioni fornite dal fabbricante dei vari Dispositivi di Protezione ed effettuare
metodicamente le necessarie ed
indispensabili manutenzioni.
Quali sono i dispositivi
di protezione proposti
per le squadre aziendali?
Di seguito cercherò di fornire
un elenco dei materiali e delle caratteristiche che essi dovrebbero
avere:
•
Giaccone da intervento per
VV.F. a norma EN 469 (carat teristiche)
1) L’indumento protettivo ha lo
scopo di proteggere il corpo
d e l l ’ o p e ra t o r e, ad eccezione
della testa, delle mani e dei piedi, dagli effetti del calore e della fiamma.
2) Il tessuto più esterno deve proteggere dall’infiammabilità il caANTINCENDIO luglio 1999
po stesso a contatto con il fuoco.
3) La protezione dal calore è ottenuta utilizzando un abbigliamento a più strati che può essere costituito da tessuti stratificati, combinazioni di tessuti,
un insieme di più capi o una serie di capi separati.
4) La protezione dalla penetrazione dell’acqua può essere ottenuta in forma di barriera di
vapore umido: membrane traspiranti.
La barriera di vapore umido dovrebbe consentire il passaggio del
vapore acqueo per l’intera vita del
capo d’abbigliamento, così da non
impedire la corretta traspirazione.
Con questi requisiti il giaccone
da intervento EN 469 risponde pienamente alle esigenze di protezione per un operatore antincendio.
Per contro un indumento professionale con caratteristiche fisiche poco impermeabili e poco flessibili, influenza negativamente l’essere umano ed incita lo stress durante il lavoro, riducendone conseguentemente la capacità operativa e fisica di colui che lo
indossa.
È necessario sapere che lo
stress derivante dall’indossare un
indumento non confo rt evole, fa
perdere la sicurezza all’operatore
durante il suo lavoro di spegnimento ed anche di salvataggi, per
gli elementi seguenti:
• rigidità dell’indumento
• peso dell’indumento
• sudorazione dentro l’indumento.
Se si fa un confronto con questi tipi di indumenti e quelli tradi-
DISPOSITIVI DI
PROTEZIONE INDIVIDUALE
zionali impiegati nella lotta contro
il fuoco, si ottiene un tasso di protezione conforme alle norme in vigore, diminuendo della metà il peso dell’indumento.
•
Tute termoriflettenti
per avvicinamento al fuoco
Solo eccezionalmente si potrà
suggerire l’acquisto di questo tipo
di indumento, a causa della difficoltà di indossamento e spesso a
causa della poca o scarsa conoscenza dei rischi che questo tipo
di indumento può riservare a chi
lo indossa. Le limitazioni nei movimenti e la errata sensazione di
ritenersi sufficientemente protetti
dall’irraggiamento delle fiamme,
può condurre a spiacevoli incidenti.
In primo luogo sarà sempre indispensabile indossare queste tute
e/o indumenti in contemporanea
con l’autorespiratore ad aria a circuito aperto. L’operatore dovrà
muoversi continuamente e non
adottare un comportamento statico di fronte alle fiamme per non riscaldare eccessivamente l’indumento alluminizzato, mentre non
sarà mai possibile quantificare il
tempo di permanenza alle fiamme,
se non in modo molto approssimativo. Ciò dipende dal tempo di
esposizione, dall’intensità del calore ecc. Vi sono pure controindicazioni sull’azione di raffreddamento con acqua nebulizzata da
effettuare su di un operatore munito di tuta alluminizzata ed esposto alle fiamme, poiché sembrerebbe che una parte del calore
possa essere trasmessa all’interno della tuta stessa.
fezionati i guanti per Vigili del fuoco. La norma europea su citata definisce le richieste minime di prestazione e i metodi di controllo per
guanti di protezione per pompieri.
I guanti proteggono le mani durante il normale lavoro di spegnimento e di salvataggio. Quindi,
guanti di protezione per operazioni speciali del tipo dielettrici, antiacido, o adatti per essere utilizzati in presenza di sostanze putride e/o infettanti, ecc. sono esclusi
da questa norma. I guanti EN 659,
confezionati generalmente con fibre aramidiche e para-aramidiche
(Nomex, Kermel, Keviar) con l’inserimento di una membrana traspirante ed allo stesso tempo impermeabile all’acqua e a numerosi agenti chimici, sono in grado di
proteggere l’utilizzatore dai tagli,
dalle alte temperature e dalle punture accidentali. Sono lavabili e sono studiati in modo da poter essere indossati agevolmente con il
giaccone da intervento EN 469.
Nonostante l’elevato livello di protezione, la maneggevolezza risulta eccellente. Anche per le squadre aziendali antincendio deve essere considerato come un importante riferimento.
•
•
Guanti per Vigili del fuoco
La norma europea EN 659 definisce come debbano essere con-
Casco o elmo con visiera
N o rm a t i va europea EN 443.
Questa normativa europea specifica le principali caratteristiche riANTINCENDIO luglio 1999
chieste in relazione all’elmetto o
casco per pompieri, con particolari riferimenti al livello di sicurezza, di comfort e di durevolezza.Gli
elementi conformi a questa normativa non sono necessariamente intesi per applicazioni speciali
(p.e.: incendi petroliferi, incendi forestali).
L’elmo deve assicurare una protezione multidirezionale del capo
dell’utilizzatore dagli urti, dalla caduta di materie solide, liquide e
corrosive, da compressioni, dalla
fo l g o ra z i o n e, dal calore e dalle
fiamme. Dovrà garantire la protezione del cranio, della nuca, della
regione frontale e delle intere superfici temporale ed auricolare. L’elmo dovrà inoltre, anche per il necessario e prevedibile impiego in
condizioni operative:
– assicurare una ottima indossabilità per dimensione, fo rm a ,
leggerezza;
– preservare il campo visivo periferico della visione binoculare, l’acuità visiva e la sensibilità acustica residua;
– provvedere all’isolamento termico ed alla aerazione interna;
– proteggere dall’acqua o altri liquidi, da materiali roventi, da
schegge e dal calore radiante;
– dovrà avere la certificazione
CE.
Naturalmente questo tipo di elmo potrebbe rappresentare un costo eccessivo per molte aziende,
anche se la sicurezza degli operatori non dovrebbe avere prezzo.
In alternativa però non si può scegliere un caschetto da buon comando di quelli utilizzati normalmente nei cantieri. Anche se in
maniera meno rigorosa, serve un
elmo protettivo che sia in grado di
79
DISPOSITIVI DI
PROTEZIONE INDIVIDUALE
soddisfare le esigenze che più sopra venivano evidenziate.
La specifica tecnica di riferimento è la UNI EN 397 che prevede anch’essa una serie di requisiti essenziali oltre al superamento delle seguenti prove di base:
-
assorbimento degli urti;
-
resistenza alla penetrazione;
-
resistenza alla fiamma;
-
resistenza degli ancoraggi del
sottogola non maggiore di
250 N.
Ogni elmetto dovrà essere accompagnato da una copia della
nota info rm a t i va redatta dal fabbricante, riportante tutte le indicazioni atte a portare a conoscenza
dell’utilizzatore finale di quali sono
gli usi consentiti, la reale protezione offerta, i limiti d’impiego, le istruzioni per la pulizia e la manutenzione, indicazioni circa i ricambi o
le parti accessorie che possono
essere applicate all’elmetto.
In ogni caso l’elmetto acquistato da un’azienda privata per essere impiegato da componenti le
squadre aziendali antincendio deve essere classificato come D.P.I.
di terza categoria munito indispensabilmente di idonea visiera
e/o schermo che deve essere
conforme alla EN 166.
•
Stivale per Vigili del fuoco
a norma EN 345 e EN 347
Lo stivale di protezione, appositamente studiato per i Vigili del
fuoco, è uno stivale conforme alla
norma EN 345 categoria S3. Oltre
a rispondere alle norme di sicu80
tipo di inquinante che i filtri trattengono si possono avere:
a) respiratori antipolvere;
b) respiratori antigas;
c) respiratori combinati (antigas +
antipolvere).
rezza, lo stivale dovrà potere essere calzato con rapidità. Dovrà
avere il puntale e la soletta antiperforazione in acciaio, mentre la
suola deve essere in mescola di
gomma antiolio ed antiacido, con
disegno antiscivolo e con caratteristiche dielettriche.
Le aziende che non intendessero acquistare le calzature sopra
enunciate dovrebbero almeno acquistare calzature di sicurezza
adatte ad essere calzate in situazioni di pericolo come quello immaginato per i Vigili del fuoco.
•
Protezione delle vie
respiratorie
Uno degli argomenti che sicuramente è più discusso nei corsi
per la formazione delle squadre
antincendio, riguarda i prodotti della combustione ed in particolare
quelli derivanti dalla combustione
delle materie plastiche. Assume
quindi fondamentale importanza
l’esposizione dell’istruttore professionale riguardante i pericoli che
si possono incontrare ed i mezzi
di protezione più idonei per proteggersi. Quando ci si trova in presenza di aria inquinata si può ricorrere ai mezzi di protezione respiratoria a filtro. I respiratori a filtro sono costituiti da un facciale e
da un filtro o cartuccia che provvede a depurare l’aria prima che
questa sia inspirata. A seconda del
ANTINCENDIO luglio 1999
Il facciale, che costituisce una
parte di primaria importanza degli
apparecchi di protezione respiratoria, è il mezzo mediante il quale
l’utilizzatore viene messo in grado
di respirare l’aria depurata per
azione del filtro, oppure quella contenuta in bombole o che proviene
da una qualsiasi altra fonte di alimentazione.
Facciali sono dunque le maschere intere, le semi maschere, i
quarti di maschera, i boccagli, i
cappucci ed i caschi alimentati ad
aria.
Non bisogna mai dimenticare
che l’impiego dei filtri è consentito
solo se nell’ambiente nel quale ci
si trova non si supera il 2% di tossico e la concentrazione di ossigeno non inferiore al 17%. In tutti gli
altri casi è indispensabile utilizzare
autorespiratori autonomi isolanti.
•
Autorespiratore ad aria
a circuito aperto EN 137
L’autorespiratore ad aria a circuito aperto è una attrezzatura munita di una riserva d’aria portatile
compressa che rende colui che lo
indossa, indipendente dall’atmosfera ambiente. L’autorespiratore
deve essere conforme alla norma
europea UNI EN 137 ed essere
costruito in modo semplice affidabile e compatto. Deve essere in
grado di superare senza danni prove pratiche d’impiego difficili an-
DISPOSITIVI DI
PROTEZIONE INDIVIDUALE
che nelle condizioni ambientali e
climatiche più estreme. Deve essere dotato di marchio CE, dopo
avere superato tutte le prove previste dalle vigenti norme europee
armonizzate.
L’autorespiratore non deve e
non può essere riposto nell’armadietto, così come purtroppo molte
aziende hanno fatto. Il personale
che deve indossarlo in un ipotetico intervento per incendio o per fuga di prodotti tossici, deve effettuare allenamenti frequenti indossandolo ed effettuando percorsi e
simulazioni d’intervento che possano rispecchiare da vicino la
realtà di una emergenza.
La domanda che spesso viene
posta riguarda il consumo d’aria,
cioè: quanto dura una bombola
piena d’aria a 200 bar? La risposta è sempre la stessa:
1) dipende dal soggetto (giovane,
anziano, allenato fisicamente,
magro, pesante, intensità del
lavoro da svolgere, situazione
emotiva determinata dal tipo di
intervento ecc.);
2) quantità d’aria contenuta nella
bombola (3 - 4 - 6 - 7 litri a 200
o 250 bar);
3) qualità e prestazioni dell’autorespiratore; leggerezza della
bombola, sovrappressione, ergonomia di tutta l’attrezzatura.
Se pensiamo ad una persona
che non abbia mai indossato un
autorespiratore e che in un certo
momento sia costretta a fa rl o,
emerge lampante un fattore:
- l’autorespiratore pesa mediamente 12 -13 Kilogrammi,
- il giaccone da intervento 2 Kg.
-
circa,
gli stivali e/o scarponcini 1 Kg.
circa,
il casco con visiera 1 Kg. circa,
altri eventuali accessori quali:
piccozza, lampada d’emergenza, estintore e/o manichetta
ecc.
Improvvisamente aumenta il
proprio peso di circa 20 Kili.
Tutti i componenti della squadra
d evono altresì essere in grado di effettuare le manutenzioni ordinarie di
pulizia e di controllo delle pressioni,
nonché conoscere
e gestire le scadenze dei collaudi
delle bombole per
l’aria compressa.
Ogni azienda
dovrà infine avere
personale esperto
nelle manutenzioni
generali degli autorespiratori oppure
sottoscrivere dei
contratti di manutenzione con ditte
specializzate in questo campo e munite
dei necessari attestati rilasciati dalle
ANTINCENDIO luglio 1999
case costruttrici delle apparecchiature su citate.
Per meglio puntualizzare l’argomento si allega una proposta di
manutenzione che tiene conto delle necessità e delle indicazioni delle case costruttrici di autorespiratori conformi alla UNI EN 137.
Manutenzione di autorespiratori ad aria a circuito aperto. Elenchiamo di seguito le operazioni da
effettuare. Interventi da effettuare
ogni sei mesi o al massimo ogni
anno.
•
Autorespiratore ad aria a circuito aperto:
(riduttore di pressione)
– controllo di tenuta del riduttore
di pressione;
81
DISPOSITIVI DI
PROTEZIONE INDIVIDUALE
– controllo della taratura del riduttore di pressione;
– controllo taratura della valvola
di sicurezza;
– controllo della taratura del segnale acustico di allarme;
– controllo tenuta componenti di
alta e media pressione;
– controllo della precisione del
manometro;
– controllo e pulizia del filtro sinterizzato;
– sostituzione O.Ring sul codolo
di collegamento alla bombola;
– prova generale di funzionalità;
– pulizia generale dell’apparecchio.
•
–
–
–
–
–
–
–
Erogatore a domanda
e/o sovrappressione:
controllo tenuta in pressione
dell’erogatore;
controllo pressione di attivazione;
controllo della pressione di
chiusura per erogatori a pressione positiva (statica);
controllo commutazione automatica (solo per autopositivi);
controllo depressione di azionamento da stand-by a positivo;
controllo condizioni della membrana prova generale di funzionalità;
pulizia e disinfezione.
• Maschera a pieno facciale:
– controllo tenuta della maschera;
– controllo pressione di apertura
della valvola di esalazione;
– controllo della membrana fonica;
– lavaggio, disinfezione e insacchettamento sigillato.
• Bombola per la riserva d’aria:
– ricarica se necessario, oppure
ricambio dell’aria.
82
MASTER - DIPLOMA
EUROPEO
DI ESPERTO
NELLA PREVENZIONE INCENDI
Roma,
•
Revisione generale del riduttore dl pressione
La revisione generale del riduttore di pressione, con la sostituzione di tutti gli O. Ring e delle
tenute, deve essere effettuata ogni
sei anni.
La ditta che effettuerà la revisione, dovrà rilasciare idonea certificazione per ogni attrezzatura revisionata, in ottemperanza alle leggi 626/94 art. 43 comma 4 lettera
a, e Decreto Ministeriale n. 64 del
10/03/98 art. 4.
•
Membrana erogatore
Ogni tre anni la membrana dell’erogatore deve essere sostituita
con una nuova e tale frequenza
deve essere rispettata anche per
gli apparecchi rimasti fermi in magazzino e quindi non utilizzati.
•
Bombola per l’aria compressa
La bombola è soggetta a ricollaudo a cura dell’ISPESL, da effettuarsi dopo quattro anni dalla
data di costruzione e successivamente ogni due.
Prima di rimetterla in servizio,
dovrà essere effettuata la pulizia
interna tramite sabbiatura o altro
idoneo sistema, contemporaneamente alla manutenzione della valvola.
La ricarica deve avvenire con
aria perfettamente asciutta e pulita.
ANTINCENDIO luglio 1999
26 ottobre – 17 dicembre 99
L’iniziativa riconosce presso
tutte le associazioni europee
a d e renti alla CFPA Euro p e .
(Confederation Fire Prevenction Associations) la pro f e ssionalità e le conoscenze acquisite nel campo della sicurezza. Partecipare al Master
consente di: raggiungere la
qualifica di esperto nel campo della sicurezza antincendio; applicare correttamente
le nuove regole di prevenzione incendi (DPR 37/98): gestire correttamente l’antincendio in azienda (D.M.10 marzo 1998); acquisire una professionalità specifica composta da conoscenze in campo
tecnico e normativo, tecniche
di gestione delle emergenze e
capacità progettuali e di intervento. 4 Moduli che affrontano gli aspetti giuridici, tecnici ed organizzativi della Prevenzione Incendi.
Per Informazioni:
Informa Srl - Roma
Tel. 063313000
Fax 063313113