Giuliano Antonello, Prospettiva Deleuze. Filosofia, arte, politica
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Giuliano Antonello, Prospettiva Deleuze. Filosofia, arte, politica
Universa. Recensioni di filosofia - Anno 1, Vol. 1 (2011) Giuliano Antonello, Prospettiva Deleuze. Filosofia, arte, politica, ombre corte, 2011, pp. 196, € 19.00, ISBN 9788895366852 Renato Ercego, Università degli Studi di Padova Il libro di Giuliano Antonello ha il pregio di presentarsi come un utile mezzo di orientamento per chi sentisse la necessità di inoltrarsi nel fitto e intricato, di primo acchito, mondo concettuale di Gilles Deleuze. Un autore che, con la sua vasta produzione e in conformità alla celebre predizione di Michel Foucault, più di altri ha segnato il pensiero della seconda metà del secolo scorso, ma che nondimeno, e forse per questo stesso motivo, stenta a venir recepito come uno degli attraversamenti obbligati per un percorso di studi che intenda avvicinarsi in modo adeguato alle problematiche che la nostra epoca impone alla ricerca filosofica. Per evidenziare i principali contenuti del testo, cercheremo nel nostro scritto di accogliere la suggestione delle sfumature comprese nella gamma semantica dischiusa dalla prima parola del titolo proposto da Antonello. Anzitutto “prospettiva”, al di là del carattere introduttivo della trattazione, richiama un opportuno atteggiamento sine ira et studio che permette di rifuggire dalla presuntuosa volontà di contemplare l’opera di Deleuze dall’alto di una veduta globale, nonché di dipanare in un unico lavoro tutte le questioni aperte dalla complessa trama di concetti pazientemente intessuta dal fertile filosofo francese. Il termine può rinviare così ad un particolare punto di vista, ad un certo modo di rileggere le opere di Deleuze che ci sembra conquisti il vantaggio di conferire loro il valore tipico di un momento felicemente “classico” della filosofia occidentale. Ciò viene rispecchiato dallo stile sobrio di Antonello, il quale evita facili concessioni alle parole d’ordine dettate dal clima sessantottista nel quale pur sono nati gli scritti che hanno fatto conoscere Deleuze (con l’amico Guattari) al grande pubblico, prefiggendosi piuttosto di attendere al pensiero deleuziano da tre tradizionali e ben distinti angoli visuali, ovvero la storia delle idee, l’estetica e la filosofia politica. “Filosofia, arte, politica”, appunto. Il ragionare sul rapporto di Deleuze con grandi predecessori non occupa solo la prima parte del libro, ma ne costituisce Universa. Recensioni di filosofia - Anno 1, Vol. 1 (2011) l’elemento preponderante, specie mediante la riflessione sul legame Deleuze-Leibniz. Nel primo capitolo (“L’immagine del pensiero”) si discute del confronto polemico con quattro giganti, Hegel, Cartesio, Kant, Platone. Viene di seguito esposta la parte costruttiva (secondo capitolo), l’originale immagine del pensiero elaborata da Deleuze, che inizia a prendere forma con Differenza e ripetizione e raggiunge la sua migliore espressione, secondo l’autore, in Mille piani (terzo capitolo), nella contrapposizione cioè fra il sistema molteplice di relazioni caratterizzato dall’immagine innovativa del “rizoma” e la struttura significante gerarchica – governabile dalla consueta logica dicotomica o binaria – rappresentata dalla più familiare figura ad “albero”. Sulla filosofia politica deleuziana è incentrato il descrittivo capitolo quarto, mentre nel quinto e nel settimo si tratteggiano i concetti estetici di base. Nel nostro breve elenco, i capitoli che mancano sono i più densi e importanti. Il sesto, che spiega il debito di Deleuze nei confronti di Simondon, e soprattutto l’ultimo (“La filosofia barocca di Leibniz”), in cui confluiscono i maggiori punti di forza della monografia di Antonello. In ultima istanza, l’autore c’invita ad interpretare Deleuze secondo la “prospettiva” di Leibniz, quel Leibniz a cui il filosofo francese “ha dedicato un libro fondamentale” (p.162), ovvero La piega (1988). La tesi centrale consiste dunque nel seguire l’evolversi attraverso il pensiero deleuziano, del “prospettivismo” inaugurato da Leibniz. Prestare attenzione a tale evoluzione permette di chiarire ulteriormente il problema contemporaneo dell’individuazione, problema efficacemente riassunto nel capitolo riservato a Simondon e ripreso in relazione all’esame del rapporto tra le singolarità (o eventi), che definiscono i processi d’individuazione, e il mondo (il paragrafo “la singolarità e il mondo” compone la sezione finale del saggio, pp.178-185). Possiamo qui solo accennare alla meticolosa interpretazione di questi temi svolta dall’autore, la quale dimostra quanto Leibniz attui “uno strappo decisivo con la tradizione” per poter poi riconciliare “il concetto con l’individuale” (p.165), con l’individualità notoriamente sempre scacciata da ogni paradiso teologico, teologico-filosofico o morale che dir si voglia. C’interessa inoltre segnalare la capacità dell’autore di mettere in rilievo le componenti matematiche che fungono da valido supporto esemplificativo all’indagine Universa. Recensioni di filosofia - Anno 1, Vol. 1 (2011) deleuziana nell’ambito delle suddette problematiche, nella fattispecie il calcolo differenziale (trattato per esteso alla fine del secondo capitolo) e, in connessione ad esso, l’analisi dei punti di singolarità di una curva (ultimo capitolo, pp.179-180). Il sostegno geometrico completa allora l’immagine del pensatore, rendendo effettivamente Deleuze, come viene ricordato nella prefazione da Paolo Gambazzi, un “filosofo molto classico” che manifesta i tratti gioiosi di una “gaia scienza”. Vorremmo ora aggiungere qualche spunto critico. Il tipo d’impostazione assunta da Giuliano Antonello se guadagna in chiarezza non rischia, d’altra parte, di farci perdere di vista le peculiarità del percorso deleuziano? Ad esempio, rispetto al piano estetico, l’incontro di Deleuze con il pensiero implicato nei processi artistici di creazione denota un passaggio imprescindibile, che invece nel libro, a nostro avviso, non risulta sufficientemente sottolineato. Basti pensare ai concetti di differenza e di ripetizione: essi conoscono una particolare progressione in Deleuze, che andrà a “risolversi” nella nozione di ritornello, un concetto cardine di Mille piani. Questo termine indica l’esigenza complessiva di una ripetizione irriducibile al rammemorare, poiché legata inseparabilmente alla produttività insita nella differenza, ma non viene preso in considerazione da Antonello, che si limita all’esame del testo canonico sull’argomento. Il “ritornello” evoca la musica e, più in profondità, esprime la necessità di Deleuze di stazionare non marginalmente all’interno dello spazio aperto dall’Arte, proprio per poter giungere ad un singolare compimento di quelle idee problematiche, come l’idea di Differenza, che egli eredita dalla Filosofia. Una necessità che cambierebbe l’ordine della “prospettiva”, assegnando all’Arte una posizione primaria. Portando il discorso ad un livello storico-filosofico, segnaliamo un’ultima osservazione. Il riferimento a Leibniz è certo d’obbligo in uno studio dedicato a Deleuze, ma se viene omessa la relazione con l’altro “precursore”, ovvero con Spinoza, non si riesce a cogliere la novità che accompagna il movimento della “ripetizione” del “prospettivismo” leibniziano. L’autore accenna alla patente ammirazione di Deleuze per Spinoza, ma non indaga l’originalità dell’assunzione deleuziana dello spinozismo. Essa era sostanzialmente emersa con la dissertazione di dottorato Spinoza e il problema dell’espressione (1968) – complementare alla tesi costituita da Differenza e ripetizione – un lavoro che, tra l’altro, cerca di riunire i due punti di vista di Universa. Recensioni di filosofia - Anno 1, Vol. 1 (2011) Spinoza e di Leibniz. Uno degli obiettivi di questa operazione, se rimaniamo alla superficie della tradizionale opposizione fra il “determinismo” spinoziano e la “scelta divina” che la leibniziana armonia prestabilita comporta, risiede nell’evitare l’ambiguità sottesa dalla parola “libertà”, una parola che Deleuze, similmente a Spinoza, proprio non ama e non impiega mai nelle sue opere. Le opere deleuziane anelano ad una geometria, ad una “geofilosofia” posta al di là del bene e del male, sgombra da giudizi morali. Quindi, nel contesto di una trattazione che vorrebbe situarsi nella prospettiva di Deleuze, il sostantivo “libertà” andrebbe maneggiato con mille cautele. “La libertà” diviene invece nel testo di Antonello una locuzione insistente, sino ad apparire rappresentativa del tono con cui esso si conclude. Se ne ricava l’impressione che in questo modo, malgrado le buone intenzioni, si aggiunga un elemento che altera in senso moralistico quella “riconciliazione” del concetto con l’individuale di cui si parlava, compromettendo così quella gaiezza della scienza che pur l’autore in molti luoghi ci aveva, più o meno esplicitamente, promesso.