Capitolo 2 Le algie del rachide dorsale nell`adulto

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Capitolo 2 Le algie del rachide dorsale nell`adulto
Capitolo 2
Le algie del rachide dorsale nell’adulto
Capitolo 2
Le algie del rachide dorsale
nell’adulto
M Monticone, C Paroli, S Negrini
L’intento di questo capitolo è fornire al lettore elementi epidemiologici, clinici e terapeutici nei confronti delle algie del rachide
dorsale in età adulta. In particolare, abbiamo dedicato la prima
parte del capitolo ai principali aspetti epidemiologici, ai fattori di
rischio ed alle ipotesi patogenetiche più accreditate per determinare l’insorgenza e i conseguenti riflessi patologici del dorso curvo
dell’adulto. Nella parte centrale sono stati descritti i più significativi lineamenti dell’esame obiettivo che è utile (e soprattutto pratico)
adottare nei confronti del paziente con dorsalgia, i principali quadri clinici e le possibilità diagnostiche integrative offerte
dall’analisi radiologica. La parte finale del capitolo lascia intravedere l’ampio ventaglio di orientamenti terapeutici (peraltro, in
buona parte, approfonditi anche nelle successive sezioni di questa
monografia) in possesso del medico e del rieducatore, ponendo particolare attenzione non solo agli aspetti algici e riabilitativi, ma anche agli aspetti ergonomici del rachide dorsale, condizionanti fortemente la disabilità indotta ed il perpetuarsi della stessa.
Inquadramento generale
La dorsalgia è certamente tra le rachialgie la meno frequente e,
di conseguenza, anche la meno nota e studiata. Non esistono ad oggi statistiche attendibili e condivise, né internazionali né tanto meno
nazionali, che ne definiscano la prevalenza nella popolazione. Chi
quotidianamente si occupa di queste patologie sa da un lato come
siano rari questi pazienti, dall’altro come sia ribelle questo dolore
una volta cronicizzato. Una ricerca bibliografica consente poi di verificare come a livello scientifico quasi nulla sia stato ad oggi pubblicato, e che al massimo sotto il cappello “back pain” vengono in-
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clusi tutti i pazienti con algie da C7 ad S1, con conseguenza ovvia
massima prevalenza dei pazienti lombalgici. Ne consegue confusione e soprattutto carenza di strumenti conoscitivi. In questo Capitolo
di conseguenza integriamo le conoscenze sul trattamento della lombalgia con quanto da un lato le differenze specifiche consentono di
inferire rispetto alle problematiche del rachide dorsale, e dall’altro
la nostra pratica quotidiana a continuo contatto esclusivo con questi
pazienti ci ha insegnato.
Attualmente la classificazione delle patologie spinali più comunemente utilizzata è quella della Quebec Task Force.
Questa classificazione include 11 categorie (Tabella 1), distinte
in base a considerazioni anamnestiche, esami clinici e paraclinici e
alla risposta al trattamento:
le categorie 1-3 si basano soltanto sulla localizzazione del dolore
(anamnesi),
la categoria 4 si basa sui risultati dell’esame clinico,
le categorie 5-7 si basano sul risultato di indagini paracliniche,
le categorie 8-10 si basano sulla risposta al trattamento,
le patologie spinali osservate raramente sono classificate nella
categoria 11, in base ad esami paraclinici. Queste patologie sono
presentate nel capitolo relativo al rachide dorsale dell’anziano.
Ciascuna delle prime quattro categorie, che riguardano le rachialgie comuni, trattate in questo capitolo, è suddivisa in base allo
stadio (acuto, subacuto o cronico) ed al fatto che il paziente stia lavorando o meno, perché ciò potrebbe influenzare la scelta del trattamento. Anche la categoria 10 è suddivisa considerando se il paziente lavora o meno.
Va inoltre subito puntualizzato in questa premessa la possibilità
che la dorsalgia, soprattutto quando localizzata nella parte alta del
rachide dorsale, sia in realtà dovuta ad una cervicalgia; analogamente, una lombalgia può avere origine dal passaggio dorsolombare. Quindi per una corretta classificazione è imprescindibile
una adeguata valutazione anamnestica e clinica (raramente anche in
questo caso gli esami per immagini offrono risposte definitive e certe).
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Tabella 1. Classificazione delle patologie spinali secondo la Quebec Task
Force
1
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3
4
5
6
7
8
9
10
11
Categoria diagnostica
Dolore senza irradiazione
Dolore + irradiazione agli arti, prossimalmente
Dolore + irradiazione agli arti, distalmente
Dolore + irradiazione agli arti superiori/ inferiori segni neurologici
Compressione presuntiva di una radice nervosa spinale in base ad
una semplice radiografia (cioè instabilità spinale o frattura)
Compressione di una radice nervosa spinale confermata da:
tecniche specifiche d’immagini (tomografia assiale computerizzata,
mielografia o immagine di risonanza magnetica);altre tecniche diagnostiche (per esempio elettromiografia, venografia)
Stenosi spinale
Situazione post-chirurgica, 1-6 mesi dopo l’intervento
Situazione post-chirurgica più di 6 mesi dopo l’intervento.
9.1 Asintomatico
9.2 Sintomatico
Sindrome del dolore cronico
Altra diagnosi
Eziologia: fattori di rischio, basi meccaniche e disfunzionali
Quali sono le caratteristiche predisponenti all’insorgenza di dorsalgia in età adulta? In merito a questo specifico argomento, in letteratura non è presente la stessa quantità di informazioni (o almeno
di ipotesi eziopatogenetiche) dedicate all’universo “lombalgia”. Riteniamo, comunque, metodologicamente corretto suddividere il rischio di sviluppare la patologia algica dorsale in età adulta in relazione a precisi fattori di rischio individuali, occupazionali e psicosociali.
Fattori di rischio individuali
-Innanzitutto l’ereditarietà. I fattori genetici influenzano ormai
indiscutibilmente alcune malattie vertebrali quali la spondilolistesi,
la scoliosi e la spondilite anchilosante. Attualmente, ciò è ancora in
discussione per la dorsalgia comune in età adulta.
-Sesso. Il sesso femminile è sicuramente più predisposto alla sviluppo di dorso curvo in età adulta ed all’insorgenza di algia e disa-
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bilità funzionale conseguente. Non esistono, comunque, ancora evidenze scientifiche di tale affermazione.
-Età. Alcune casistiche indicano che l’incidenza massima della
dorsalgia si presenta tra i 35 e i 45 anni di età. Tali dati ci informano unicamente delle principali richieste di assistenza medica, lasciando intravedere una prevalenza di gran lunga superiore a quella
denunciata.
-Struttura fisica. Molti studi hanno ricercato eventuali rapporti
tra struttura fisica e dorsalgia. Il rilievo obiettivo di ipercifosi idiopatica adolescenziale, di cifosi dorso-lombare e di dorso curvo rappresentano il legame essenziale. Non vi è evidenza di altre caratteristiche antropometriche quali l’altezza ed il peso corporeo.
-Forma fisica. Attualmente, vi è un forte interesse per capire il
ruolo intercorrente tra forma fisica e dorsalgia. È stato dimostrato
che soggetti con lombalgia cronica presentano scarsa forma fisica.
Altri Autori suggeriscono che le persone fisicamente attive e che
compiono attività fisica regolare sono meno soggette a disturbi aspecifici del rachide. È opportuno porre analoghe considerazioni
anche per le previsioni dei disturbi della colonna dorsale adulta.
-Fumo. Sono ormai crescenti gli studi che correlano i dolori dorsali all’abitudine di fumare. Oltre ai prevedibili riflessi negativi sulla microcircolazione vertebrale, il fumo può indurre tosse cronica,
deleteria sull’integrità discale. Il fumatore, inoltre, può perdere progressivamente capacità funzionali cardio-respiratorie con ampi risvolti negativi in ambito di forma fisica.
Fattori di rischio occupazionali
Diversi studi indicano che ci sono cinque fattori correlati al lavoro che, sovraccaricando patologicamente la colonna dorsale e dorsolombare, sono correlabili a dorsalgia, lombalgia e ad assenze dal lavoro. Essi sono: lavoro manuale pesante, sollevamento e movimentazione inadeguata di pesi, torsione rachidea, posizione seduta prolungata, guida di veicoli reiterata nel tempo.
Molte attività lavorative comprendono più di uno di questi fattori, per cui è difficile selezionare la loro importanza relativa. È importante, comunque, segnalare che i criteri metodologici seguiti negli studi considerati esponevano i risultati a numerose critiche, non
trovando univocamente consensi sulle diverse opinioni.
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Nella nostra prassi clinica quotidiana abbiamo avuto modo di verificare come i problemi posturali lavorativi siano nelle dorsalgie, se
possibile, ancor più importanti che nelle lombalgie. Esistono infatti
categorie lavorative in cui la postura dorsale obbligata, in particolare in flessione anteriore, tende a sviluppare problemi che nel tempo
sfociano spesso nel dolore cronico. Nella dorsalgia, quindi, ancor
più che nella lombalgia, pare che la verifica ergonomica attenta sia
determinante: ed anche qui la flessione anteriore ed il piano
d’appoggio di riferimento sono i due punti d’attacco spesso più importanti da considerare.
Fattori psico-sociali
Numerosi studi hanno dimostrato che gli aspetti psico-sociali in
ambito socio-domestico e lavorativo sono molto importanti. Sono
risultati significativi i frequenti problemi di lavoro, l’impegno psicologico elevato, la scarsa soddisfazione per il lavoro e la scarsa
considerazione da parte del proprio superiore. Quale esempio, ricordiamo il Boeing Study, studio prospettico nel quale si sono seguiti 3000 meccanici di aviazione per 4 anni riscontrando che lo
stress psicologico e l’insoddisfazione del lavoro rappresentavano i
principali fattori prognostici di dorsalgia, divenendo, tra l’altro, più
importanti di qualsiasi altro eventuale fattore fisico: lo studio ha, infatti, dimostrato che né l’esame fisico né la valutazione della forza
erano in grado di prevedere lesioni dorsali nel breve e medio termine.
Le cause psico-sociali appaiono, dunque, non trascurabili, prefigurando la possibilità che la persona coinvolta possa riferire nel
tempo dorsalgia. In particolare, l’incidenza dei nuovi episodi di dorsalgia varia dal 3 al 16 % nel soggetto con disagi psico-sociali, con
evidente tendenza alla cronicizzazione nei lavoratori particolarmente stressati.
Basi meccaniche e disfunzionali
Per oltre un secolo i cultori della medicina ortodossa, ortopedici
e biomeccanici, hanno cercato una base strutturale alla dorsalgia
non specifica. Essi hanno intravisto la possibilità che una causa
meccanica o un evento lesivo specifico potessero rientrare
all’interno di un predefinito modello di patologia, semplificando notevolmente la complessità dell’intero problema.
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Tale supposizione, infatti, doveva essere attentamente supportata
dal riscontro scientifico e molte considerazioni ne hanno messo in
dubbio l’incontrastata veridicità. Innanzitutto, la sede del dolore
può essere differente dalla causa del dolore: la sede anatomica e la
natura patologica di alcuni disordini possono rappresentare problematiche distinte e la convinzione di aver trovato la sede del dolore
non coincide con la concreta possibilità di poter fare diagnosi di patologia. Al contrario, anche quando non si può localizzare l’esatta
sede è ancora possibile capire la natura del disordine. In aggiunta, le
diverse strutture nel singolo metamero considerato sono strettamente correlate, condividendo una innervazione comune ed una funzione unitaria. Così, persino quando si localizza topograficamente il
livello sede dell’algia, esso potrebbe non indicare quale struttura di
tale livello è la causa del problema, lasciando presumere che il primum movens del disturbo potrebbe essere in altre parti correlate del
metamero.
Secondo un’ottica essenzialmente meccanicista, potrebbero essere molteplici le cause di origine algica dorsale in età adulta: spondiloartrosi, alterazione strutturale del corpo vertebrale, degenerazione
e prolasso del disco intervertebrale, conflitto disco-radicolare, modificazione patologica delle faccette articolari… Inoltre, l’evento
lesivo potrebbe essere presente in una o più strutture muscoloscheletriche, anche contemporaneamente, danneggiando molti tessuti allo stesso tempo. In aggiunta, il carico ripetitivo ed il sovraccarico localizzato a livello dorsale possono contribuire a determinare con elevata probabilità una sintomatologia algica in tale sede.
Larga parte della letteratura internazionale trova molte difficoltà
nel correlare le conoscenze biomeccaniche con i sintomi tipici della
dorsalgia comune dell’adulto. L’idea portante del pensiero scientifico contemporaneo è spostare l’attenzione di noi clinici dai tentativi,
talvolta affannosi ed inverosimili, di trovare a tutti i costi una evidente alterazione organica, intravedendo la concreta possibilità di
una disfunzione muscolo-scheletrica prodottasi in tessuti strutturalmente normali e responsabili dei riflessi algici presenti. Essa è una
disfunzione primitiva che si sviluppa in risposta a forze anomale
imposte o generate nel sistema muscolo-scheletrico.
Le normali funzioni del sistema locomotore comprendono: forza,
durata, flessibilità, coordinazione, equilibrio. La disfunzione potrebbe comportare disturbi di tutte queste funzioni. La funzione del
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muscolo non normale, le forze anomale che agiscono sulle strutture
muscolo-scheletriche, la postura anomala (dorso curvo) o il movimento anomalo di un’articolazione possono produrre dolore dorsale. In base a tale interpretazione, l’individuazione del quadro clinico
di disfunzione appare più importante di qualsiasi causa “primitiva”
ed organica, dipendendo, in particolare, dal tempo di interazione e
dal grado di squilibrio tra le sollecitazioni stesse e le caratteristiche
di vulnerabilità individuale.
Valutazione
Quadro clinico
La dorsalgia secondaria a squilibri della statica dorsale è frequentemente lamentata dai pazienti con ipercifosi (dorso curvo). Il
dolore tende a localizzarsi in sede interscapolo-vertebrale mono o
bilateralmente, aumenta in posizione seduta e sotto carico mentre si
attenua notevolmente con il riposo a letto. Queste algie dorsali si
accentuano particolarmente dopo lunghi periodi trascorsi in posizione eretta o in seguito a specifiche attività lavorative e domestiche
che comportino frequenti flessioni anteriori dorsali. In tali circostanze, aumenta la stimolazione delle strutture algogene a causa dello stiramento del legamento longitudinale posteriore, della pressione dei dischi sul legamento longitudinale anteriore e della contrattura riflessa delle masse paravertebrali; inoltre, a causa del reciproco
allontanamento delle apofisi spinose, vengono sollecitate le terminazioni nervose dei legamenti inter e sovraspinosi.
Molto frequentemente, al dorso curvo doloroso dell’adulto si accompagnano irradiazioni algiche intercostali. Esse si localizzano in
qualsiasi punto della parete toracica, possono accentuarsi con gli atti respiratori, assumendo le caratteristiche tipiche della nevralgia,
presentandosi lungo il metamero toracico corrispondente. In larga
parte di assoluta natura benigna, un’anomala persistenza nel tempo
dei dolori intercostali va accuratamente indagata, ponendo in diagnosi differenziale l’origine anche con specifiche patologie cardiovascolari, pneumologiche, splancniche.
Il dorso curvo dell’adulto si accompagna, inoltre, frequentemente a sindrome miofasciale, patologia muscolare circoscritta ed a patogenesi sconosciuta. L’elemento caratterizzante questa sindrome è
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la comparsa, in corrispondenza paravertebrale dorsale, di trigger
points, in cui la pressione digitale diretta suscita dolore profondo,
consentendo di apprezzare una zona di contrattura localizzata.
Anche la dorsalgia di origine cervicale può presentare caratteristiche simili ai quadri sopradescritti. Localizzata in sede sovrascapolare o interscapolo-vertebrale, è diretta conseguenza biomeccanica dell’atteggiamento viziato dorsale.
Non raramente, il dorso curvo dell’adulto si accompagna ad artrosi dorsale. Frequentemente l’artrosi dorsale è secondaria ad anomalie posturali delle quali rappresenta gli esiti. Analogamente alle
altre forme di artrosi del rachide, il processo degenerativo interessa
i dischi, i corpi vertebrali e le articolazioni interapofisarie. In termini algici, comunque, incide secondariamente. Il dolore da artrosi
dorsale, quando presente, è di tipo meccanico, con insorgenza durante le ore diurne, è aggravato dal carico e dal movimento, migliorando con il riposo.
Fasi algiche
Il modello evolutivo clinico della dorsalgia è assimilabile alle
note fasi algiche della lombalgia. Si propone, dunque, un modello a
tre fasi: acuta, subacuta, cronica. La fase acuta perdura 2-4 settimane. Dopo un mese, la maggior parte dei pazienti ha avuto remissione della sintomatologia algica. È in fase subacuta, 4°-8° settimana,
che si vuole intervenire più attivamente per controllare il dolore e,
soprattutto, aiutare i pazienti a recuperare completamente autonomia ed attività fisica. Si gioca qui con il destino evolutivo della dorsalgia ed un trattamento riabilitativo ed educativo condotto correttamente diviene estremamente efficace nei nostri pazienti. Si rientra
nella fase cronica qualora la dorsalgia tenda a perdurare per oltre tre
mesi. In questa fase i pazienti vengono intrappolati in un circolo vizioso di dolore e disabilità psico-motoria: il paziente è passato da
una comune dorsalgia ad un dolore dorsale cronico, fonte di grande
sofferenza. Seppur non consistente numericamente, la percentuale
dei soggetti in fase cronica ha un effetto sproporzionato in termini
di costo totale da dorsalgia per la società.
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Esame obiettivo del rachide dorsale
L’ispezione a paziente spogliato ed in ortostatismo costituisce il
primo passo semeiologico da compiere, in modo da poter facilmente
apprezzare eventuali alterazioni cutanee e posturali.
Tra le prime vanno ricercate lesioni indicative di psoriasi, per le
note correlazioni esistenti tra psoriasi ed interessamento flogistico
del rachide dorsale (spondilite sieronegativa), e lesioni indicative di
Herpes Zoster, talvolta molto subdole e molto aspecifiche.
Tra le anomalie posturali andranno rilevate ipercifosi, scoliosi,
dismetrie scapolari. Di rilievo, il riscontro di eterometrie degli arti
inferiori, di dimorfismi rachidei cervico-dorsali e degli arti superiori, per le inevitabili ripercussioni sulla fisiologia posturale del rachide in toto.
In particolare, l’ipercifosi, valutabile durante osservazione laterale ed obiettivabile clinicamente (freccia cervicale e dorsale), rappresenta un’anomala accentuazione della fisiologica curvatura dorsale; in condizioni di normalità il vertice della cifosi dorsale è situato in corrispondenza di D5. Nei soggetti astenici, a causa della prevalenza del muscolo ileo-psoas rispetto ai muscoli glutei, ischiocrurali ed addominali, si accentuano la lordosi lombare e la cifosi
dorsale: tale dimorfismo, noto anche come “dorso curvo giovanile e
dell’adulto” è riscontrabile negli adolescenti e nei soggetti in età
matura con tipiche spalle cadenti e scarso sviluppo muscolare. Nella
spondilite anchilosante la cifosi è molto marcata ed è associata a
proiezione anteriore del capo, nonché all’appianamento della fisiologica lordosi lombare. Cifosi dorsali particolarmente accentuate,
dette anche angolari, sono quelle che si verificano a seguito di distruzioni o schiacciamenti vertebrali, come accade nel Morbo di
Pott, nei tumori primitivi vertebrali, nelle metastasi ossee, nei crolli
vertebrali su base osteoporotica o dopo traumi. Le cifosi secondarie
a malattie di Scheuermann sono generalmente a largo raggio.
La condizione opposta all’ipercifosi è detta “dorso piatto”: essa è
solitamente associata a scapole alate ed è secondaria ad anomalie
morfologiche o funzionali del tratto toraco-dorsale e lombare.
La palpazione della colonna vertebrale dorsale si effettua a paziente prono e consiste nella digitopressione delle apofisi spinose,
delle arcate costali posteriori e delle aree muscolari paravertebrali,
allo scopo di individuare punti o zone dolenti o dolorabili. È oppor-
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tuno, inoltre, verificare se la digitopressione in una di tali zone determini la comparsa di dolore nel territorio di decorso dei nervi intercostali (nevralgia intercostale).
La percussione della colonna dorsale, effettuabile con il martelletto, assume ormai un ruolo semeiologico storico, predittiva, ipoteticamente, di patologia osteoporotica, neoplastica, infettiva o fratturativa.
Particolare attenzione deve essere dedicata all’esame della motilità per evidenziare presenza ed entità delle limitazioni funzionali
associate a molte patologie della colonna dorsale. Nonostante la
motilità della colonna dorsale risenta dell’influenza della colonna
lombare e delle articolazioni coxo-femorali, è doveroso valutare i
movimenti intrinseci di flesso-estensione, lateroflessioni (che pure
è estremamente ridotta nel tratto dorsale a causa dell’interposizione
delle coste tra ogni singolo corpo vertebrale) e rotazione. Il movimento di flessione è valutato dapprima in ortostatismo invitando il
paziente a piegarsi in avanti, cercando di toccare il pavimento con
la punta delle dita senza flettere le ginocchia. In condizioni di normalità, le dita dovrebbero arrivare a toccare il pavimento o tutt’al
più, arrivare a non oltre 7 centimetri dal suolo; inoltre, la distanza
tra D1 e D12 dovrebbe aumentare di 3-4 centimetri rispetto alla posizione eretta. Per meglio determinare il grado di rigidità del tratto
dorsale e dorso-lombare della colonna tradizionalmente viene proposto il test di Schober (che peraltro ha dimostrato una scarsa ripetibilità) che consiste nel fare effettuare una flessione, previa individuazione in posizione eretta di L5 e di un punto di riferimento posto
10 centimetri più in alto, e nel verificare la distanza dei due punti
predetti al momento della massima flessione; in condizione di normale funzionalità del rachide la distanza in flessione tra i due punti
aumenta di almeno 4 centimetri, mentre in condizioni di rigidità la
distanza tra i due punti non si modifica o aumenta di poco. Durante
l’effettuazione della flessione anteriore in ortostasi, peraltro, difficilmente il paziente raggiunge la fine corsa articolare. E’ quindi utile ripetere il test in posizione seduta, chiedendo al paziente di “avvolgere” letteralmente il rachide su se stesso, avvicinando il più
possibile le spalle al bacino. In questo modo la flessione è massimale a livello del tratto toracico, mentre il rachide lombare non raggiunge la fine corsa articolare (Figura 1). Si può aggiungere una iperpressione appoggiandosi con gli avambracci da dietro sulle spal-
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le del paziente e comprimendolo verso il basso per raggiungere la
fine corsa articolare: naturalmente per questo test si deve prestare
particolare attenzione in caso di pazienti gravemente osteoporotici o
di sospetta frattura.
Il movimento di estensione viene valutato in ortostatismo facendo incurvare il paziente posteriormente e verificando se, come avviene di norma, si appiattisce la cifosi dorsale. La corretta esecuzione del movimento prevede che l’osservatore, posizionato posteriormente, eserciti una lieve pressione in senso antero-posteriore sulla
parte anteriore del torace ed una in senso postero-anteriore all’apice
della lordosi. Anche in questo caso il test descritto, pur essendo il
più classico, ha il limite di localizzare il movimento a livello del più
mobile rachide lombare, peraltro se eseguito correttamente, perchè
spesso il paziente flette molto le ginocchia e questo non consente di
raggiungere la fine corsa articolare. La valutazione deve quindi essere ripetuta di nuovo da seduto, applicando in questo caso una
spinta postero anteriore a livello dell’apice della cifosi ed una antero-posteriore alle clavicole (Figura 2). Inoltre, in posizione prona, si
può effettuare una iperestensione del rachide estendendo i gomiti e
mantenendo il bacino aderente al piano d’appoggio (Figura 3): la
posizione delle mani circa 30-50 centimetri anteriormente alle spalle, con una flessione a 135° circa dell’articolazione scapolo-omerale
una volta estesi i gomiti, consente di localizzare l’estensione principalmente a livello del rachide dorsale, sicuramente di più rispetto a
quanto avviene effettuando il movimento della classica posizione
con flessione a 90° della scapolo omerale.
La lateroflessione può essere valutata sia in osservazione anteFigura 1
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Figura 2
Figura 3
riore che posteriore. Al paziente in piedi con gambe leggermente
divaricate, viene chiesto di piegarsi lateralmente sia a destra che a
sinistra, facendo scivolare l’arto superiore lungo la gamba; viene
così valutato il livello della gamba al quale arrivano le dita della
mano e la simmetricità del movimento dei due lati.
Per la valutazione del movimento di rotazione è preferibile la posizione seduta con le mani dietro la nuca piuttosto che la posizione
eretta; ciò permette di limitare le interferenze provocate dai movimenti consensuali della colonna lombare e del bacino. Come nel caso dell’inclinazione occorrerà considerare l’entità del movimento e
la sua simmetria rispetto ai due lati.
A completamento dell’esame della colonna dorsale devono essere sempre ricercati segni neurologici (centrali e periferici) indicativi
di compressione midollare, sofferenza radicolare e segmentaria ad
origine dorsale.
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Diagnosi strumentale
Accanto a tutto l’arsenale valutativo disponibile per le problematiche degli altri distretti del rachide, meritano qui un breve cenno le
due metodiche che possono più frequentemente essere utilizzate nei
pazienti con dorsalgia.
Radiografia standard
E’ ancora lo studio base, rapido e poco costoso. Come per le
problematiche del rachide lombare, è utile limitarne l’uso ad una reale indicazione clinico-anamnestica: questo raramente ne implica
l’uso prima delle 2-4 settimane di dolore. La radiografia è utile per
identificare le fratture, la presenza di cuneizzazioni vertebrali in
dimorfismi del rachide, la malattia articolare degenerativa (spondiloartrosi), il restringimento dello spazio discale intervertebrale e
molte malattie ossee e tumori della colonna.
Rarissimamente nel caso del rachide dorsale si procede con altre
proiezioni. Le proiezioni in flessione ed in estensione sono utili per
lo studio della stabilità vertebrale; le proiezioni oblique ci danno informazioni sulla pervietà del forame neurale.
TAC e RMN
Sono indagini più sofisticate e che visualizzano il rachide ed i
tessuti molli con maggior precisione. Sono utili per accertare le patologie discali (discopatie, ernie o protrusioni discali), peraltro rare
a livello dorsale, ed i tumori (vertebrali, epidurali, meningei, intradurali e del midollo)
Generalmente la RMN è superiore alla TAC ed è più precisa per
le patologie delle parti molli della colonna: è eccellente per accertare lesioni epidurali, intradurali e intra-assiali del midollo spinale
quali tumori, cisti e placche demielinizzanti.
La TAC è più specifica per evidenziare le lesioni dell’osso.
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Elementi di terapia
Terapia antalgica
Farmacologica
Si premette che non vi sono in letteratura studi specifici sul trattamento farmacologico delle dorsalgie. Ci sono invece diversi studi
che riguardano le lombalgie, le cervicalgie ed i dolori al rachide in
generale. Comunque il rachide è una struttura unica, composta da
elementi ripetitivi ed il trattamento farmacologico per le algie del
rachide si può estendere a tutti i segmenti interessati.
In fase acuta hanno mostrato una certa efficacia il paracetamolo
ed i FANS.
Il paracetamolo è uno dei farmaci analgesici più utilizzati, sia
singolarmente che in associazione con la codeina. Se usato singolarmente, dato il ridotto rischio di effetti collaterali, può essere considerato di prima scelta, ad un dosaggio di 1 grammo ogni 6 ore. Il
meccanismo d’azione ipotizzato e non ancora del tutto chiarito è
un’inibizione della sostanza P. E’ considerato l’analgesico
d’elezione nella terapia del dolore di natura non flogistica.
L’utilizzo di tale farmaco si è dimostrato un trattamento valido in
fase acuta; inoltre la pronta e netta risposta al paracetamolo ha un
significato prognostico favorevole. Esso non provoca lesioni a livello gastrico, non interferisce con le funzioni piastriniche e con i
meccanismi della coagulazione, raramente può determinare danni al
midollo osseo di origine immunoallergica. Si deve usare cautela nei
pazienti in trattamento con warfarin sodico, negli epatopatici e nei
pazienti con problemi renali.
L’utilizzo dei FANS è molto diffuso e la frequente autoprescrizione di tali farmaci da parte dei pazienti aumenta il rischio di gravi
effetti collaterali.
I FANS hanno un effetto analgesico, antinfiammatorio e antipiretico; la loro azione è riconducibile ad un blocco non selettivo
dell’enzima ubiquitario cicloossigenasi che impedisce la sintesi delle prostaglandine.
Una rassegna “Cochrane” del 2000, che analizza 51 RCT, suggerisce che i FANS possono avere un leggero effetto sul miglioramento globale a breve termine nei pazienti con algia vertebrale acuta.
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Non è ancora chiaro se i FANS siano più efficaci rispetto ai semplici analgesici, né se vi sia un tipo specifico di FANS sicuramente più
efficace degli altri e se vi sia una via di somministrazione del farmaco preferenziale. Inoltre non si evidenzia una maggiore efficacia
dell’associazione FANS/ miorilassanti/ complesso vitaminico B rispetto all’utilizzo del solo FANS.
Nel caso di dolore cronico i FANS si sono dimostrati più efficaci
rispetto al paracetamolo (per il miglioramento globale del paziente)
e rispetto al placebo (per un miglior controllo del dolore). Sono da
preferire i FANS a maggior durata d’azione. Gli effetti collaterali
dei FANS possono essere importanti: gastriti ed altri disturbi gastrointestinali sono stati riscontrati in circa il 10% dei soggetti (ibuprofene e diclofenac sembrano avere il tasso più basso di complicanze gastro-intestinali); inoltre possono causare problemi ad altri
organi come il fegato, il rene, il sistema nervoso ed il sistema emopoietico. Per limitare gli effetti collaterali dei FANS bisognerebbe
somministrarli a cicli di breve durata ed in rapporto alla comparsa
del dolore, prescriverne uno solo per volta, cambiare
l’antinfiammatorio solo dopo averlo provato per almeno 5-7 giorni,
informare il paziente sui possibili effetti collaterali e ricercare il
FANS più idoneo per il paziente.
I farmaci antidepressivi non hanno dimostrato prove sufficienti
di efficacia in fase acuta. Mentre in fase cronica ci sono pareri discordanti. La terapia con antidepressivi si è rivelata utile nel 30%
dei pazienti con lombalgia ed in particolare nei casi di una concomitante sindrome depressiva e sindrome fibromialgica. Sono efficaci
anche quando il paziente non è depresso e l’effetto analgesico si ottiene ad una dose più bassa dell’effetto antidepressivo. I farmaci antidepressivi più utilizzati sono i triciclici e gli inibitori selettivi della
serotonina. Gli effetti avversi possibili includono xerostomia, stitichezza, ritenzione urinaria, ipotensione ortostatica e reazioni maniacali, cardiotossicità.
Per quanto riguarda l’utilizzo di miorilassanti/benzodiazepine:
revisioni sistematiche e studi randomizzati controllati mostrano una
certa efficacia in fase acuta mentre in fase cronica il loro beneficio è
molto limitato. Ci sono poche evidenze scientifiche che dimostrino
un’azione specifica sul muscolo contratto; la maggior parte del loro
effetto è di tipo centrale piuttosto che periferico. Una revisione sistematica di Van Tulder del 2003 ha confermato che i miorilassanti
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Capitolo 2
Le algie del rachide dorsale nell’adulto
sono efficaci nel trattamento del dolore dorsale, ma gli effetti collaterali richiedono comunque particolare cautela nel loro utilizzo.
Gli effetti avversi più comuni includono sonnolenza, vertigini e
rischio di dipendenza.
Nel caso di dolore cronico disabilitante trovano indicazione anche gli analgesici oppioidi. L’efficacia del trattamento con oppioidi
si è dimostrata anche negli studi a lungo termine sebbene non ci
siano studi con follow-up maggiore di un anno. Gli effetti avversi
più frequenti sono la stitichezza e la sonnolenza.
L’infiltrazione delle faccette articolari in caso di rachialgia acuta
non ha ancora sufficienti supporti scientifici per dimostrare o meno
la sua validità, mentre in caso di rachialgia cronica una revisione sistematica di studi randomizzati controllati non ha dimostrato che
questa tecnica migliori il dolore o la funzionalità del rachide. I rari
effetti avversi possibili comprendono cefalea, febbre, perforazione
subdurale, ascessi.
L’iniezione di steroidi per via epidurale può essere di una certa
utilità in caso di sciatica; in assenza di irradiazione agli arti inferiori
non ci sono prove di reale efficacia di tale metodica.
Raramente queste iniezioni possono causare infezioni, emorragie, danni neurologici.
Terapia fisica
Non vi sono in letteratura studi specifici sull’effetto delle terapie
fisiche sulle dorsalgie.
Ci sono comunque studi sull’efficacia di tali terapie per le rachialgie in generale e principalmente per le algie del rachide lombare.
Una meta-analisi, eseguita con il metodo della Cochrane Collaboration (2001), mostra come ci siano risultati molto contrastanti
sull’utilizzo delle terapie fisiche e della massoterapia e come non
esistano studi controllati e randomizzati.
L’utilizzo di terapie fisiche nelle algie del rachide, sia in fase acuta che in fase cronica, non ha trovato sufficiente dimostrazione di
efficacia nei differenti studi esaminati.
Pertanto attualmente l’utilizzo delle terapie fisiche non è raccomandato seppur in Italia se ne faccia un largo uso.
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Capitolo 2
Le algie del rachide dorsale nell’adulto
Medicina Manuale
La Medicina Manuale è una disciplina medica che si occupa della patologia funzionale dell’apparato locomotore ed, in particolare,
delle disfunzioni vertebrali, articolari, muscolari, nervose, essenzialmente di natura meccanica e reversibile. La Medicina Manuale
permette la diagnosi dei dolori vertebrali comuni attraverso un esame clinico funzionale (esame segmentario) ed il loro trattamento
con tecniche specifiche (massoterapia, mobilizzazioni e manipolazioni), in stretta associazione alla rieducazione vertebrale, alla correzione gestuale e posturale. In seguito alla constatazione che la
causa principale dei dolori comuni d’origine rachidea non è la presunta perdita della mobilità (come affermato dalla maggior parte
delle scuole manipolative mondiali), ma il dolore del segmento vertebrale sollecitato passivamente, Robert Maigne introdusse il termine di “Disturbo Intervertebrale Minore (DIM)” per definire semeiologicamente una disfunzione vertebrale segmentaria dolorosa, benigna, di natura meccanica e riflessa, reversibile. I DIM sono estremamente frequenti, temporaneamente invalidanti, diretta conseguenza di traumatismi rachidei diretti ed indiretti, di alterazioni posturali, non evidenziabili radiologicamente. Sono largamente sottostimati e poco riconosciuti pur rappresentando i denominatori comuni di molti dolori dorsali di origine vertebrale. La diagnosi del
DIM è essenzialmente clinica, basata sull’esame segmentario, che
seguendo schemi semeiologici ben precisi e definiti, sollecita singolarmente ciascuna vertebra in tutte le direzioni:
- pressione assiale sull’apofisi spinosa
- pressione laterale sull’apofisi spinosa
- pressione sul legamento interspinoso
- pressione laterale posteriore
Inoltre, l’esame palpatorio, specifico, sistematico e ripetuto nel
tempo (parte integrante della Medicina Manuale) permette di constatare che il dolore vertebrale segmentario si accompagna spesso a
modificazioni della sensibilità e della consistenza dei tessuti nel metamero corrispondente. Con il termine di “Sindrome cellulo-tenoperiosto-mialgica vertebrale segmentaria di Maigne (SVS)” si possono definire e comprendere numerose disfunzioni neurotrofiche riflesse che hanno un ruolo importante nella fisiopatologia dei frequentissimi dolori comuni dorsali, e la causa più frequente della
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Capitolo 2
Le algie del rachide dorsale nell’adulto
sofferenza segmentaria responsabile di queste manifestazioni è il
DIM.
In Medicina Manuale, l’indicazione generale alle manipolazioni
vertebrali è rappresentata dalla presenza del DIM e della eventuale
SVS associata.
La manipolazione è “una mobilizzazione passiva forzata che
tende a portare gli elementi di una o più articolazioni oltre il loro
gioco fisiologico, senza superare il limite anatomico del movimento”. La manipolazione vertebrale è un atto medico, le cui coordinate
devono essere determinate mediante attento esame preliminare. La
manipolazione secondo Maigne comporta tre tempi: messa in posizione del paziente e dell’operatore, messa in tensione, spinta manipolativa. Quest’ultima è costituita da un piccolo movimento ad altissima velocità, effettuato a partire dalla messa in tensione, eseguito dall’operatore con perfette modalità tecniche, indolore. La manipolazione è sovente, ma non necessariamente, accompagnata dal caratteristico rumore di schiocco, dovuto al fenomeno di cavitazione.
È fondamentale, durante esecuzione della tecnica manipolativa, attenersi alla regola del “non dolore e del movimento contrario” di
Maigne, che consiste nel forzare il movimento libero passivo ed indolore opposto al movimento passivo doloroso.
A livello dorsale le tecniche manipolative fondamentali sono la
tecnica con “appoggio epigastrico” (con varianti mani-nuca e mano
anteriore) e la tecnica a “chevalier”. Tra le tecniche complementari,
ricordiamo la tecnica in appoggio di “ginocchio” e la tecnica della
“mano contro appoggio in decubito dorsale”. Le tecniche descritte
sono indirette o semi-dirette. Esistono tecniche dirette, con trust
manipolativo diretto, apparentemente facili da eseguire, ma, in realtà, molto difficili da dosare (fratture costali!).
Ad oggi mancano dimostrazioni di efficacia definitive per il rachide lombare, sia in fase acuta che in fase sub-acuta, delle manipolazioni effettuate con qualsivoglia tecnica e secondo le indicazioni
delle diverse scuole. Gli studi per il rachide dorsale sono talmente
pochi da non consentire conclusioni di sorta rispetto a questo distretto in particolare.
Terapia Manuale
La Terapia Manuale è una specializzazione fisioterapica riconosciuta internazionalmente che utilizza tecniche manuali nell'esame,
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Le algie del rachide dorsale nell’adulto
trattamento e prevenzione di disturbi e disordini funzionali
dell’apparato locomotore, nella postura e nell’attività gestuale. Il
Fisioterapista Manuale tratta anche i disturbi funzionali dei muscoli
utilizzando speciali tecniche di stretching, di rilasciamento e di
massaggio.
Il concetto che costituisce la base della Terapia Manuale comprende lo studio scientifico dei disordini funzionali della postura e
dell'attività gestuale nonché dei meccanismi di regolazione che possano costituirne l'origine. L'obiettivo è ridurre o eliminare i disordini funzionali articolari all'interno delle catene di movimento umane
eseguendo varie manovre sui tessuti ossei, capsulari, legamentosi,
tendinei, muscolari e fasciali, dopo aver compiuto un approfondito
esame clinico del sistema locomotore.
Il Fisioterapista Manuale compie uno speciale esame e si serve di
tecniche di trattamento rivolte ai sistemi osteo-articolare e neuromuscolare al fine di analizzare, migliorare la funzione e guarire le
patologie del sistema locomotore di propria competenza. In aggiunta, al fine di prolungare, aumentare e mantenere gli effetti di tali
tecniche manuali, il Fisioterapista Manuale insegna esercizi attivi
specifici fornendo una corretta assistenza nella loro esecuzione.
Successivamente, viene costruito il piano di trattamento e vengono
fornite le informazioni necessarie per permettere al paziente di
comprendere i propri disturbi, accompagnate da consigli su ciò che
è da evitare nella vita quotidiana o ciò che, invece, andrebbe favorito o migliorato.
Le principali tecniche terapeutiche utilizzate comprendono tecniche osteoarticolari (mobilizzazioni e manipolazioni), tecniche
muscolari e miofasciali (stretching, rilasciamento, muscle energy,
trattamento dei trigger points), esercizi medici di reclutamento attivo (stabilizzazione, rinforzo muscolare, propriocezione, coordinazione motoria, equilibrio, ecc.), programmi di esercizi domiciliari,
informazioni circa i disturbi con istruzioni nella gestione del movimento, della gestualità, dell'ergonomia e della postura nella vita
quotidiana.
Rispetto alle problematiche dorsali, le indicazioni includono disordini del passaggio cervico-toracico (disturbi della spalla e dell'arto superiore, squilibri muscolari del cingolo scapolare, ecc.), disordini funzionali vertebrali toracici (pseudo angor pectoris, dolore locale toracico, ecc.), ipomobilità delle articolazioni costovertebrali e
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Le algie del rachide dorsale nell’adulto
costotrasversarie (disordini funzionali nel respiro, dolore locale costale, ecc.), ipomobilità articolare dopo immobilità, traumi ed interventi chirurgici.
Controindicazioni assolute sono date da processi infiammatori
acuti, osteoporosi ed osteomalacia in fase avanzata, dolore in posizioni estreme, presenza di patologie maligne, block vertebrale
(mancata segmentazione), emofilia ed uso di anticoagulanti, compressione radicolare bilaterale ad un livello, disordini posttraumatici con possibili fratture, infiammazione articolare settica.
Le controindicazioni relative comprendono invece disordini e deviazioni del tessuto osseo (osteomalacia, osteogenesi inperfecta,
TBC ed altre infiammazioni intorno e nell'osso), insufficienza vertebro-basilare, processi infiammatori cronici, spondilolisi e spondilolistesi, ipertensione, alterazioni degenerative, ipermobilità .
Pochissimi sono gli studi di efficacia sulla terapia manuale per il
rachide lombare, praticamente assenti quelli per il rachide dorsale.
Massoterapia
Il Massaggio è inteso quale complesso di azioni meccaniche
(manuali e strumentali) non invasive e sui tessuti molli, eseguite a
scopo terapeutico, sportivo ed estetico. Il Massaggio ha fondamentalmente due azioni biologiche: una diretta, interessante unicamente
i tessuti sottoposti all’azione meccanica (cute, muscoli) ed una indiretta che può essere locale o generale poiché mediata da fenomeni
nervosi riflessi di natura vegetativa. Gli effetti biologici del Massaggio sono molteplici. Ricordiamo, in particolare, gli effetti terapeutici a livello circolatorio, neurologico, muscolare, cutaneo e
splancnico.
Esistono diverse tecniche di Massaggio: sfioramento, frizione,
impastamento, percussione, pressione, vibrazione, massaggio connettivale e reflessogeno.
Il Massaggio è indicato quale complemento terapeutico nella cura di numerose affezioni vertebrali comuni e degenerative, reumatologiche e circolatorie. Tra le principali controindicazioni ricordiamo
la fase acuta post-traumatica e flogistica, le affezioni neoplastiche,
le patologie cutanee, l’età avanzata e le scadenti condizioni generali.
Una recente revisione sistematica Cochrane ha sostenuto la presenza di prove di efficacia per l’utilità della massoterapia per il ra-
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Capitolo 2
Le algie del rachide dorsale nell’adulto
chide lombare, mentre anche qui non ci sono dati circa il rachide
dorsale.
Approccio cognitivo-comportamentale, aspetti ergonomici e terapia riabilitativa
Come i pazienti affetti da lombalgia, anche i pazienti affetti da
dorsalgia desiderano ricevere informazioni e consigli in merito alla
loro condizione clinica. Accanto alle esigenze terapeutiche è dovere
del clinico educare ed informare i pazienti relativamente al probabile decorso della sintomatologia dorsalgica, come gestire efficacemente il loro dolore, come ritornare rapidamente alle normali attività fisiche e come ridurre al minimo la frequenza e la severità delle
recidive.
È necessario informare il paziente sulla probabile natura benigna
del dolore dorsale, correlabile all’incurvamento, più o meno evidente, del dorso. È, inoltre, importante rassicurare il paziente
sull’evoluzione temporale delle algie dorsali, senza creare inutili allarmismi né inutili ricorsi ad indagini radiologiche più o meno sofisticate.
I farmaci (sistemici e locali) rappresentano il principale rimedio
di provata efficacia in fase acuta. Il trattamento manipolativo vertebrale è altresì indicato in fase acuta qualora siano rispettati i principi applicativi e le indicazioni all’esecuzione. Numerosi sono gli altri
tipi di trattamento utilizzati per alleviare la sintomatologia algica
dorsale benigna: terapia fisica, massoterapia, agopuntura, ortesi vertebrali… Sebbene questi trattamenti siano in grado di portare giovamento nel breve termine, nessuno di essi si è dimostrato in grado
di accelerare la guarigione o di impedire la recidiva della sintomatologia. È opportuno, inoltre, raccomandare di evitare il riposo a letto
prolungato, mentre è necessario un graduale ritorno alle normali attività giornaliere, recuperando rapidamente un buon livello di attività fisica. Il paziente deve essere informato anche sull’eventuale necessità di modificare alcune o parte delle proprie attività fisiche (lavorative e/o extralavorative), quali lo stare seduto troppo a lungo o
la movimentazione inopportuna, scorretta e ripetuta dei carichi quotidiani. L’esecuzione di esercizi fisici specifici ed un approccio di
ricondizionamento psico-motorio sono di ulteriore aiuto nel recupero algico e funzionale dorsale in fase subacuta e cronica.
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Capitolo 2
Le algie del rachide dorsale nell’adulto
In presenza di dorso curvo dell’adulto, è fondamentale una corretta anamnesi lavorativa in funzione di precisi risvolti terapeutici
ergonomici. I lavoratori più a rischio per dorsalgia sono coloro con
poche possibilità di muoversi dalla posizione seduta. I lavoratori
sedentari (in ambito domestico, terminalisti e guidatori) sono tra i
soggetti più a rischio di dorso curvo e di tutte le algie conseguenti.
La ragione è ascrivibile al carico statico prolungato sulla colonna
dorsale, la quale esita, a medio e lungo termine, in stress articolare e
sovraccarico localizzato segmentario. Non sono, comunque, da dimenticare i lavoratori esposti ad attività prevalentemente pesanti, in
cui, comunque, il rachide dorsale è coinvolto, non solo sotto gli aspetti di sovraccarico localizzato segmentario, ma anche a causa dei
possibili sovraccarichi articolari e muscolari durante sollevamento e
spostamento di carichi pesanti e di carichi in tensione. È, dunque,
fondamentale, la presa di coscienza da parte del lavoratore-paziente
dei potenziali danni biomeccanici derivanti dagli atteggiamenti posturali assunti (e reiterati nel tempo) durante la propria attività quotidiana. Il paziente dovrà essere ri-educato ad una corretta postura
seduta, ad una corretta gestualità lavorativa (posturale, nel rispetto
del rachide e degli arti inferiori), durante il sollevamento di pesi, nel
trasporto/spostamento di oggetti pesanti, nello spostamento in rotazione di oggetti e nel raggiungimento di oggetti posizionati in alto,
rendendosi conto dell’importanza di un gesto corretto all’interno
della quotidianità.
L’intervento riabilitativo specifico sarà finalizzato ai seguenti
obiettivi: controllo posturale e del sovraccarico localizzato rachideo
dorsale. Il paziente dovrà tendere ad assumere e mantenere atteggiamenti posturali corretti in stazione seduta ed eretta, durante la
deambulazione o la guida, consapevole della necessità di variare periodicamente la posizione assunta, evitando la tendenza ad essere
passivo quando è seduto o in piedi, imparando a riconoscere come
comportarsi per vivere e lavorare in uno stato di completo benessere
fisico. Sarà altresì importante organizzare il proprio luogo di lavoro
e le modalità della propria attività in modo ergonomico. Così facendo, si offriranno al paziente gli strumenti pratici per apprendere le
posture più corrette da automatizzare nella pratica quotidiana (lavorativa, domestica, studentesca…) per prevenire i tipici infortuni sopradescritti causa di patologia del rachide dorsale.
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Capitolo 2
Le algie del rachide dorsale nell’adulto
Obiettivo complementare della riabilitazione sarà tendere al recupero articolare dorsale. Gli esercizi specifici saranno finalizzati a
contrastare la rigidità tipica ed ingravescente del dorso curvo, causa
biomeccanica non solo dei sintomi algici locali descritti, ma, anche
dell’estrema fragilità funzionale indotta del rachide dorsale.
In ambito di trattamento cognitivo-comportamentale esistono
prove di efficacia solide nell’ambito della lombalgia cronica e comunque in generale dei dolori cronici. Quindi si può presupporre
che anche il dolore cronico dorsale non sia diverso da quello in altri
distretti, anche se non ci sono studi dedicati alle sole dorsalgie
(normalmente però incluse nelle situazioni di dolore cronico).
Conclusioni
Al termine di questo capitolo, ci appaiono logiche alcune considerazioni.
Innanzitutto l’universo “dorsalgia” non è l’universo “lombalgia”,
né in termini di risvolti clinici, né in termini di produzione scientifica (specchio, in ogni caso, dell’importanza conferita al giorno
d’oggi dalla comunità medica e sociale al problema).
È, comunque, errato tendere a sottovalutare e sottostimare il problema della dorsalgia dell’adulto. I risvolti biomeccanici, clinici
(ergonomici) e terapeutici dovranno essere, a nostro parere, ancora
attentamente rivalutati ed approfonditi.
In primo luogo, è fondamentale migliorare il nostro approccio
diagnostico, curativo e rieducativo alle problematiche del rachide
dorsale. L’esame obiettivo rachideo dorsale accurato è tutt’altro che
semplice ed è spesso trascurato durante la maggior parte delle nostre valutazioni mediche e funzionali. In aggiunta, ad un’analisi critica, i non pochi approcci terapeutici descritti presentano molte potenzialità da conoscere approfonditamente, da verificare e da utilizzare scientemente a seconda del momento evolutivo patologico ed
in base agli obiettivi prefissati. La mancanza di prove di efficacia
decisive (in realtà se poi pensiamo al solo rachide dorsale dovremmo dire l’assoluta mancanza di prove di alcun genere) non consente
di disporre di un faro di riferimento preciso. Anche in questo campo, però, non si può che sostenere l’importanza di porre un certo
freno all’esagerato italico eclettismo, per giungere ad un più pragmatico ed utile approccio su corrette basi scientifiche.
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Capitolo 2
Le algie del rachide dorsale nell’adulto
In secondo luogo, per analizzare a fondo i reali aspetti ergonomici: le diverse evoluzioni in senso patologico del rachide dorsale
dell’adulto sottolineano a caratteri cubitali l’importanza e l’intima
correlazione esistente tra aspetti lavorativi, conseguenze biomeccaniche (sovraccarico vertebrale localizzato), posturali (dorso curvo) e
clinica (algia dorsale subacuta e cronica).
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Il materiale pubblicato è riservato esclusivamente ai Soci
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