infezioni gastrointestinali gastroenterite

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infezioni gastrointestinali gastroenterite
INFEZIONI GASTROINTESTINALI
GASTROENTERITE
Infiammazione della mucosa dello stomaco e dell'intestino che si
manifesta prevalentemente con sintomi del tratto GI superiore
(anoressia, nausea e vomito), diarrea e disturbi addominali.
La perdita di liquidi e di elettroliti associata alla gastroenterite può
essere poco più di un semplice inconveniente per un adulto in
buona salute, ma può essere molto grave per una persona che non
è in grado di sopportarne lo stress (p. es., i soggetti anziani o molto
giovani, i soggetti debilitati o quelli con certe malattie
concomitanti).
Eziologia ed epidemiologia
La gastroenterite può avere un'eziologia aspecifica, incerta o
sconosciuta o batterica, virale, parassitaria o tossica. Quando può
essere identificata una causa specifica, si può utilizzare il nome
specifico della sindrome, evitando il termine meno specifico di
"gastroenterite."
L'infezione da Campylobacter è la causa batterica più frequente
della malattia diarroica negli USA. La trasmissione da persona a
persona è particolarmente comune con le gastroenteriti causate da
Shigella, Escherichia coli O157:H7, Giardia, virus di Norwalk e
rotavirus. L'infezione da Salmonella può essere acquisita attraverso
il contatto con i rettili (p. es., iguana, tartarughe).
Le cause virali della gastroenterite includono il virus di Norwalk e i
virus Norwalk-simili, i rotavirus, gli adenovirus, gli astrovirus e i
calicivirus. Le epidemie di diarrea virale nei lattanti, nei bambini e
negli adulti solitamente si diffondo attraverso l'acqua, i cibi
contaminati o la via orofecale. Le infezioni da virus di Norwalk si
verificano tutto l'anno e causano il 40% circa delle epidemie di
gastroenterite nei bambini e negli adulti. Durante l'inverno, nelle
regioni a clima temperato, i rotavirus rappresentano la causa
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principale delle gravi affezioni diarroiche che provocano
l'ospedalizzazione dei bambini al di sotto dei 2 anni di età. Gli
adulti, che hanno delle infezioni di solito più lievi, probabilmente
hanno una qualche immunità.
Alcuni parassiti intestinali, in particolare la Giardia lamblia
aderiscono o invadono la mucosa intestinale e causano nausea,
vomito, diarrea e malessere generale. La giardiasi è endemica in
molte regioni a clima freddo (p. es., gli stati delle montagne
rocciose, il nord degli USA e l'Europa). La malattia può diventare
cronica e causare una sindrome da malassorbimento). Di solito è
acquisita con una trasmissione da persona a persona (p. es., nei
day-hospital) o bevendo acqua contaminata (p. es., dei fiumi). Un
altro parassita intestinale, il Cryptosporidium parvum, causa una
diarrea acquosa che è a volte accompagnata da dolori addominali
crampiformi, nausea e vomito. Nelle persone sane la malattia è, di
solito, lieve e autolimitantesi, ma nei pazienti immunocompromessi
l'infezione può essere grave, causando una sostanziale perdita di
elettroliti e di liquidi. L'infezione da Cryptosporidium è
probabilmente contratta più frequentemente bevendo dell'acqua
contaminata. Sebbene le uova di Cryptosporidium siano più
comunemente trovate nelle riserve municipali di acqua, non si sa
quale percentuale di rifornimenti idrici contenga uova vitali e
infettive.
La gastroenterite virale o influenza e alcuni tipi di diarrea del
viaggiatore possono essere causati da enterotossine batteriche o da
infezioni virali.
Fisiopatologia
Alcune specie batteriche producono delle enterotossine che
ostacolano l'assorbimento intestinale e possono causare la
secrezione di acqua e di elettroliti. In certi casi, è stata
caratterizzata
una
tossina
chimicamente
pura
(p. es.,
l'enterotossina del Vibrio cholerae); la sola tossina è in grado di
produrre la voluminosa secrezione acquosa da parte del tenue,
osservata clinicamente, dimostrando, quindi, un adeguato
meccanismo patogenetico per la diarrea. Le enterotossine
rappresentano, probabilmente, il meccanismo responsabile di altre
sindromi diarroiche (p. es., l'enterotossina dell'E. coli può causare
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alcuni episodi di "diarrea pediatrica" e di diarrea del viaggiatore).
Alcune specie di Shigella, Salmonella e di E. coli penetrano nella
mucosa del piccolo intestino o del colon e producono ulcerazioni
microscopiche, sanguinamento, essudazione di liquido ricco di
proteine e secrezione di acqua e di elettroliti. Il processo invasivo e
le sue conseguenze si possono verificare indipendentemente dal
fatto che il microrganismo elabori o meno l'enterotossina.
Una gastroenterite può far seguito all'ingestione di tossine
chimiche contenute in alcune piante (p. es., funghi, patate e flora
da giardino), in prodotti ittici (pesci, vongole e cozze) o in cibi
contaminati.
L'ingestione di metalli pesanti (arsenico, piombo, Hg e cadmio) può
causare, acutamente, nausea, vomito e diarrea. Molti farmaci,
compresi gli antibiotici a largo spettro, hanno notevoli effetti
collaterali sull'apparato GI. Diversi meccanismi svolgono un ruolo,
inclusa l'alterazione della normale flora intestinale.
DI SEGUITO ALCUNE DELLE PRINCIPALI INFEZIONI
GASTROINTESTINALI E INTOSSICAZIONI
ALIMENTARI
INFEZIONE DA ESCHERICHIA COLI O157:H7
Sindrome tipicamente caratterizzata da diarrea ematica acuta che
può causare una sindrome emolitica-uremica.
Eziologia e fisiopatologia
L'E. coli O157:H7 e i ceppi simili di E. coli (detti E. coli
enteroemorragici) producono degli elevati livelli di tossine che sono
indistinguibili dalla potente citotossina prodotta dalla Shigella
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dysenteriae tipo 1. Queste tossine di Shiga sono prodotte nel
grosso intestino dopo l'ingestione dell'E. coli enteroemorragico.
Sembrano causare un danno diretto alla mucosa, hanno un effetto
tossico sulle cellule endoteliali della parete dei vasi intestinali e, se
assorbite, esercitano degli effetti tossici sull'endotelio vascolare
(p. es., del rene).
Epidemiologia
Anche se oltre 100 sierotipi di E. coli producono la tossina di Shiga,
l'E. coli sierotipo O157:H7 è il più comune nel Nord America. In
alcune parti degli USA e del Canada, l'infezione da E. coli O157:H7
può essere una causa di diarrea ematica più frequente della
shigellosi o della salmonellosi. Si può verificare in persone di ogni
età, anche se l'infezione grave è più frequente nei bambini e negli
anziani. L'E. coli 0157:H7 ha un ospite di riserva bovino; le
epidemie e i casi sporadici di colite emorragica possono verificarsi
entrambi dopo l'ingestione di carne bovina mal cotta (specialmente
carne di manzo) o di latte non pastorizzato. Possono trasmettere
l'infezione anche i cibi o l'acqua contaminati con letame di mucca o
la carne di manzo cruda tritata. L'organismo può anche essere
trasmesso da una persona all'altra mediante la via orofecale
(soprattutto tra i lattanti con i pannolini).
Sintomi, segni e complicanze
L'infezione da E. coli O157:H7 inizia tipicamente in modo acuto con
gravi crampi addominali e diarrea acquosa che può diventare
francamente ematica in 24 h. Alcuni pazienti riferiscono che la loro
diarrea è "tutta sangue e niente feci," il che ha motivato il termine
di colite emorragica. La febbre, di solito assente o lieve, può
occasionalmente raggiungere i 39°C. Nelle infezioni non complicate,
la diarrea può durare da 1 a 8 gg. La sigmoidoscopia può
evidenziare la presenza di eritema e di edema e il clisma opaco può
mostrare l'edema con le tipiche impronte digitali.
Circa il 5% dei casi è complicato dalla sindrome emolitica-uremica
(SEU), che è caratterizzata dall'anemia emolitica, dalla
trombocitopenia e dall'insufficienza renale acuta. Questa sindrome
è talvolta diagnosticata come porpora trombotica trombocitopenica
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(PTT) quando si verifica negli adulti. La PTT postdiarroica è
probabilmente la stessa sindrome della SEU. Tuttavia, a differenza
della SEU, la maggior parte dei casi di PTT non ha un prodromo
diarroico. Queste sindromi si sviluppano tipicamente nella seconda
settimana di malattia, possono essere annunciate da un aumento
della temperatura e dei GB e sono molto più frequenti nei
bambini < 5 anni e negli adulti > 60 anni. La morte si può
verificare, specialmente negli anziani, con o senza queste
complicanze.
Diagnosi
L'infezione da E. coli O157:H7 deve essere distinta dalla dissenteria
e dalle altre forme infettive di diarrea con feci ematiche, isolando
l'organismo con l'esame colturale delle feci. Spesso, il medico deve
chiedere specificatamente al laboratorio di ricercare l'organismo.
Poiché la combinazione di una diarrea ematica e di un grave dolore
addominale senza febbre indica diverse eziologie non infettive,
l'infezione da E. coli O157:H7 deve essere presa in considerazione
nei casi sospetti di colite ischemica, di invaginazione e di malattia
infiammatoria dell'intestino.
FEBBRE TIFOIDE
Malattia sistemica provocata dalla Salmonella typhi e caratterizzata
da febbre, prostrazione, dolore addominale ed eruzione cutanea
rosata.
Epidemiologia e anatomia patologica
Negli USA vengono notificati annualmente circa 400-500 casi di
febbre tifoide. I bacilli tifoidi vengono liberati nelle feci dei portatori
asintomatici e in urine e feci dei soggetti con malattia attiva.
L'igiene inadeguata dopo la defecazione può diffondere la S. typhi
al cibo o all'acqua. Nelle aree endemiche, dove le misure sanitarie
sono generalmente inadeguate, la S. typhi si trasmette più spesso
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attraverso l'acqua che non attraverso il cibo. Nei paesi sviluppati
invece la trasmissione avviene soprattutto attraverso il cibo
contaminato da portatori sani durante la preparazione. Le mosche
possono trasportare i germi dalle feci al cibo. In via occasionale è
stata documentata anche la trasmissione per contatto diretto (via
oro-anale), nei bambini durante il gioco e negli adulti durante i
rapporti sessuali. Raramente anche il personale sanitario, che non
abbia osservato strette precauzioni di tipo enterico, ha contratto la
malattia nel cambiare la biancheria sporca di pazienti infetti.
Il microrganismo penetra nel corpo attraverso il tratto GI e si apre
la via verso il circolo sanguigno attraverso i vasi linfatici. Nell'ileo e
nel colon si ha un'infiammazione monocitaria nella lamina propria e
nelle placche di Peyer dove è comune la necrosi tissutale. Nei casi
gravi si possono avere ulcerazioni, emorragie e perforazioni
intestinali.
Portatori: circa il 3% dei pazienti non trattati libera i microrganismi
nelle feci per > 1 anno e costituisce la categoria dei portatori
enterici cronici. Alcuni portatori non hanno anamnesi positiva di
malattia clinica e hanno evidentemente avuto un'infezione
asintomatica. In certi pazienti con febbre tifoide l'uropatia ostruttiva
secondaria a schistosomiasi può predisporre allo sviluppo di una
condizione di portatore urinario di salmonelle. La maggior parte dei
2000 portatori presumibilmente presenti negli USA è di sesso
femminile e di età avanzata con malattia biliare cronica. I dati
epidemiologici indicano che i portatori di S. typhi sviluppano cancro
del tratto epatobiliare con maggiore probabilità della popolazione
generale.
Sintomi e segni
Il periodo di incubazione (di solito di 8-14 giorni) è di durata
inversamente proporzionale al numero di germi ingeriti. L'esordio è
graduale, con febbre, cefalea, artralgie, faringite, costipazione,
anoressia e dolore addominale sia spontaneo che alla palpazione. I
sintomi più rari comprendono disuria, tosse non produttiva ed
epistassi.
In assenza di terapia la temperatura sale gradualmente per un
periodo di 2-3 giorni, resta quindi elevata (solitamente 39,4-40°C)
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per altri 10-14 giorni e alla fine decresce dalla fine della 3a sett. per
raggiungere i livelli normali solo in 4a sett. La febbre prolungata è
spesso accompagnata da bradicardia relativa e, nei casi gravi, da
prostrazione e sintomi a carico del SNC, come delirio, stato
stuporoso e coma. Nel 10% circa dei pazienti compaiono sulla cute
macchie isolate e arrotondate di colorito rosato che sbiancano alla
pressione (macchie rosacee) specie su addome e torace, con
comparsa nel corso della 2a sett. e risoluzione dopo 2-5 giorni.
Nell'1-2% dei pazienti si verifica una perforazione intestinale che
interessa di solito l'ileo distale. Un addome acuto con leucocitosi nel
corso della terza sett. può essere indicativo di perforazione in atto.
Di riscontro frequente sono splenomegalia, leucopenia, anemia,
anomalie degli esami di funzionalità epatica, proteinuria e una lieve
coagulopatia da consumo. Possono verificarsi anche una colecistite
acuta e un'epatite. Nella fase tardiva della malattia, quando sono
preponderanti le lesioni intestinali, si può manifestare una diarrea
florida e le feci possono contenere sangue (20% occulto, 10%
palese). Nel 2% circa dei casi si verifica un sanguinamento grave
nel corso della 3a sett., con una mortalità del 25% circa. Una
polmonite si può instaurare tra la 2a e la 3a sett. ed è abitualmente
provocata da un'infezione pneumococcica, sebbene la S. typhi
possa anch'essa provocare infiltrati. La diagnosi può essere
ritardata in caso di presentazioni atipiche, come polmonite, sintomi
riconducibili a IVU o febbre isolata. Il periodo di convalescenza può
durare diversi mesi. In aggiunta la batteriemia porta talvolta a
infezioni focali come osteomielite, endocardite, meningite, ascessi
dei tessuti molli, glomerulite e interessamento del tratto GU.
Nell'8-10% dei pazienti non trattati si possono verificare delle
recidive con la comparsa, circa 2 sett. dopo la defervescenza, di
sintomi e segni simili a quelli iniziali della sindrome clinica. Per
ragioni non ancora del tutto chiare la terapia antibiotica nelle fasi
iniziali della malattia aumenta l'incidenza delle recidive febbrili
del 15-20%. Se al momento della recidiva viene ripresa la terapia
antibiotica la febbre scompare rapidamente, a differenza di quanto
si osservava nella malattia primaria, in cui la defervescenza era
lenta. Talvolta può verificarsi anche una seconda recidiva.
Diagnosi
La diagnosi si basa principalmente sull'isolamento dei bacilli tifoidi
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nelle colture ma quadro clinico e anomalie ematologiche possono
essere già indicativi di febbre tifoide. I bacilli tifoidi vengono isolati
abitualmente dalle colture di sangue o di midollo osseo soltanto
durante le prime 2 sett. di malattia, mentre le colture fecali
divengono positive solitamente tra la 3a e la 5a sett. Le urinocolture
sono spesso positive. Le colture di biopsie epatiche o delle macchie
rosacee possono anch'esse produrre talvolta la crescita del
microrganismo.
I bacilli tifoidei contengono Ag (O e H) che stimolano l'ospite a
produrre i corrispondenti Ac. Un aumento di 4 volte del titolo di Ac
anti-O e anti-H in campioni prelevati nel paziente a 2 sett. di
distanza l'uno dall'altro suggerisce un'infezione da S. typhi.
Tuttavia, questo test (la reazione di agglutinazione di Widal) è solo
moderatamente sensibile (il 30% dei casi con colture positive
presenta una reazione negativa) e ha una scarsa specificità (molti
ceppi non tifoidi di Salmonella hanno Ag O e H cross-reagenti; la
cirrosi si associa a una produzione aspecifica di Ac che danno false
positività nella reazione di Widal). Sono in fase di studio test, quali
quelli immunoenzimatici, per l'identificazione degli Ag della S. typhi
nel siero o nelle urine nelle fasi precoci della malattia.
La diagnosi differenziale comprende altre infezioni da Salmonella
che provochino febbri enteriche, malattie da rickettsie, leptospirosi,
TBC disseminata, malaria, brucellosi, tularemia, epatite infettiva,
infezioni da Yersinia enterocolitica e linfomi. La febbre tifoide può
assomigliare nelle sue fasi precoci a una IRS o a una IVU.
Prognosi
Senza antibiotici la mortalità dei pazienti affetti da febbre tifoide è
del 12%; con una pronta terapia antibiotica il tasso di mortalità è
< 1%. I decessi si verificano soprattutto tra bambini, soggetti
malnutriti e anziani. Stato stuporoso, coma e shock sono indizi di
patologia grave e di prognosi infausta. Le complicanze si
riscontrano soprattutto nei pazienti che non sono trattati o che sono
trattati in ritardo.
Profilassi
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Per la prevenzione l'acqua da bere deve essere depurata, le
fognature devono essere disposte in maniera adeguata, il latte deve
essere pastorizzato, i portatori cronici devono evitare di maneggiare
il cibo e devono essere messe in atto misure idonee di isolamento
dei pazienti. È importante avere un'attenzione particolare alle
precauzioni enteriche. Chi si trova in viaggio nelle aree endemiche
deve evitare di mangiare vegetali a foglia crudi, altri cibi che
vengono conservati o serviti a temperatura ambiente e acqua non
imbottigliata. L'acqua, a meno che non si sappia per certo che è
pura, andrà bollita o clorata prima di essere consumata.
È disponibile un vaccino tifoide per via orale, vivo, attenuato
(ceppo Ty21) che possiede un'efficacia di circa il 70%. Deve essere
somministrato quotidianamente per un totale di 4 dosi. Poiché il
vaccino contiene organismi vivi di S. typhi, è controindicato nei
pazienti immunocompromessi. Negli USA il vaccino Ty21a non è
approvato per i bambini < 6 anni. Un'alternativa è il vaccino per via
parenterale, a dose singola, del polisaccaride Vi, che ha un'efficacia
del 64-72% ed è ben tollerato. Questo vaccino viene somministrato
come singola iniezione IM.
Terapia
Gli antibiotici riducono notevolmente la gravità e la durata della
malattia nonché l'incidenza delle complicanze e la mortalità. I
farmaci di prima scelta sono il ceftriaxone e il cefoperazone. Il
cloramfenicolo viene ancora diffusamente utilizzato in tutto il
mondo, ma la resistenza è in incremento. I chinolonici possono
essere utili. I chinolonici vengono sconsigliati nei bambini in fase
prepuberale.
I glucocorticoidi possono essere utilizzati in aggiunta agli antibiotici
per trattare un grave stato tossico. Con questa terapia si ottengono
di solito il miglioramento clinico.
Come misura di supporto il paziente va alimentato con pasti
frequenti. Nel periodo febbrile i pazienti vengono di solito tenuti a
riposo a letto. Andranno evitati i salicilati (che possono provocare
ipotermia e ipotensione) nonché i lassativi e i clisteri. La diarrea si
può controllare con una dieta liquida in bianco e, se necessario, con
un'alimentazione parenterale. Possono rendersi necessarie una
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terapia di reintegrazione idro-elettrolitica e trasfusioni di sangue.
La perforazione intestinale e la relativa peritonite richiedono una
copertura antibiotica a più ampio spettro, anche nei confronti di
germi gram - e anaerobi. Per il trattamento della perforazione,
sebbene la sola terapia medica abbia avuto alcuni successi, è
raccomandabile assieme agli antibiotici la terapia chirurgica.
Le recidive si curano allo stesso modo della malattia iniziale, anche
se la terapia antibiotica difficilmente deve essere protratta
> 5 giorni.
I portatori vanno notificati alle autorità sanitarie locali e bisognerà
proibire loro di manipolare il cibo. Bacilli tifoidi possono essere
isolati dalle feci fino a 3-6 mesi dopo la malattia acuta nei soggetti
che non diventano portatori; successivamente, per escludere
l'instaurarsi di uno stato di portatore, bisogna attendere che
3 esami consecutivi delle feci eseguiti a 1 sett. l'uno dall'altro
risultino negativi. Nei portatori con vie biliari normali, la percentuale
di guarigione è del 60%, con antibiotici quali l'ampicillina (1,5 g qid
PO o EV per 6 sett.) o l'amoxicillina (2 g tid PO per 4 sett.). Il
probenecid 0,5 g qid PO può essere somministrato con ampicillina.
In alcuni portatori con patologia della colecisti è stata raggiunta
l'eradicazione con trimetoprim/sulfametoxazolo e rifampicina. In
altri casi la colecistectomia, associata a terapia antibiotica
(ampicillina 6 g/die EV in 4 dosi frazionate, da 1-2 giorni prima
dell'intervento a 2-3 sett. dopo di esso), abitualmente risolve la
condizione di portatore.
INFEZIONI CAUSATE DA BACILLI GRAM NEGATIVI:
INFEZIONI DA SALMONELLA NON TIFOIDEE
L'epidemiologia delle altre salmonellosi è simile a quella della
febbre tifoide, ma più complessa, perché la malattia si può
manifestare nell'uomo anche per contatto diretto o indiretto con
numerose specie di animali infetti, con prodotti alimentari da essi
derivati o con loro escrementi. Fonti comuni di Salmonella sono
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animali da carne infetti, pollame, latte fresco, uova e prodotti fatti
con le uova. Altre fonti descritte sono le tartarughe domestiche, il
colorante rosso carminio e la marijuana contaminata.
Condizioni predisponenti per le infezioni da Salmonella sono:
gastrectomia subtotale, acloridria (o l'assunzione di antiacidi),
anemia perniciosa, splenectomia, febbre ricorrente da pidocchi,
malaria, bartonellosi, cirrosi, leucemia, linfoma e infezione da HIV.
Esclusa la febbre tifoide, le infezioni da Salmonella enteritidis
rimangono un importante problema di salute pubblica negli USA. A
molti sierotipi di S. enteritidis è stato dato un nome e vengono
ufficiosamente considerati come specie separate, anche se non lo
sono. Negli USA i più comuni sierotipi di Salmonella comprendono:
S. typhimurium, S. heidelberg, S. newport, S. infantis, S. agona, S.
montevideo e S. saint-paul.
Sintomi e segni
Le infezioni da Salmonella si possono manifestare clinicamente
sotto forma di gastroenterite, di febbre enterica, di sindrome
batteriemica o di malattia focale. Ogni sierotipo di Salmonella può
produrre una o tutte le sindromi cliniche descritte qui di seguito, ma
un singolo sierotipo si associa spesso a una sindrome specifica. Può
esserci anche uno stato di portatore asintomatico.
La gastroenterite compare abitualmente da 12 a 48 h dopo
l'ingestione dei microrganismi, con nausea e dolori addominali
crampiformi seguiti da diarrea, febbre e talvolta vomito. Le feci
solitamente sono acquose, ma possono essere pastose semisolide.
Di rado possono notarsi anche muco o sangue. La malattia è di
regola benigna e dura da 1 a 4 giorni. Talvolta si può manifestare in
forma più grave e protratta. Nei campioni di feci colorati con blu di
metilene si riscontrano spesso GB, che sono indice di colite
infiammatoria. La diagnosi viene confermata dall'isolamento di
Salmonella da campioni di feci o da tamponi rettali.
La febbre enterica è una sindrome sistemica caratterizzata da
febbre, prostrazione e setticemia. Il prototipo di questa sindrome,
la febbre tifoide, è stato descritto più sopra. Una sindrome analoga,
ma spesso meno grave, è causata da S. paratyphi A, B e C.
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Le manifestazioni focali delle infezioni da Salmonella possono
verificarsi con o senza una batteriemia rilevante. Nei pazienti con
batteriemia si può avere un'nfezione localizzata che interessa il
tratto GI (fegato, colecisti e appendice), le superfici endoteliali
(placche aterosclerotiche, aneurismi ileo-femorali o aortici, valvole
cardiache), pericardio, meningi, polmoni, articolazioni, ossa, tratto
GU o tessuti molli. Possono talvolta essere infettati dei tumori solidi
preesistenti, con formazione di ascessi che rappresentano a loro
volta una fonte di batteriemia da Salmonella. S. choleraesuis e S.
typhimurium sono le cause più comuni delle infezioni focali.
Nei pazienti con gastroenterite la batteriemia è relativamente
poco comune. Tuttavia, la S. choleraesuis, la S. typhimurium e la S.
heidelberg, tra le altre, possono provocare una sindrome
batteriemica rilevante, che dura 1 sett. Sebbene le emocolture
siano positive, le coprocolture sono in genere negative. I pazienti
con AIDS o con infezione da HIV possono avere episodi ricorrenti di
batteriemia o di altre infezioni invasive (p. es., artrite settica)
dovute alla Salmonella. Infezioni multiple da Salmonella in un
paziente senza altri fattori di rischio impongono il test del HIV.
Non sembra che i portatori giochino un ruolo importante nelle
grandi epidemie di gastroenterite non tifoidee. La continua
liberazione di microrganismi nelle feci per 1 anno si verifica
soltanto nello 0,2-0,6% dei pazienti con infezioni da Salmonella non
tifoidi.
La diagnosi viene effettuata sulla base dell'isolamento del
microrganismo dalle feci o da altri siti infetti. La prognosi è
generalmente buona, a meno che non sia presente una grave
patologia sottostante.
Profilassi e terapia
Di primaria importanza è prevenire la contaminazione dei cibi da
parte di animali e uomini infetti. Il pollame, la carne, le uova e gli
altri cibi devono essere cotti, maneggiati, conservati e refrigerati in
maniera adeguata. Gli animali infetti (p. es., rettili domestici) e le
sostanze potenzialmente contaminate (p. es., il colorante rosso
carminio) devono essere identificati e posti sotto controllo. Le
misure di prevenzione per chi viaggia sono trattate sopra, in Febbre
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tifoide e si possono applicare per analogia alla maggior parte delle
altre infezioni enteriche. La notifica dei casi è fondamentale.
La gastroenterite viene sottoposta a terapia sintomatica con liquidi
e dieta blanda. Gli antibiotici prolungano l'emissione dei germi e
non sono consigliati nei casi non complicati. A causa della maggiore
mortalità, i pazienti anziani assistiti a casa, i bambini e i pazienti
con infezione da HIV o con AIDS devono essere trattati con
antibiotici. L'insorgenza di antibiotico-resistenza è ancora più
comune con la Salmonella non tifoide che con la S. typhi. Un
regime terapeutico accettabile è costituito da: TMP-SMX 5 mg/kg
del composto TMP PO ogni 12 h nei bambini mentre negli adulti
ciprofloxacina 500 mg PO q 12. I pazienti non immunocompromessi
devono essere trattati per 3-5 giorni, mentre quelli affetti da AIDS
possono richiedere una soppressione prolungata per prevenire le
recidive. La malattia sistemica o focale deve essere curata con le
dosi di antibiotici riportate più sopra per la febbre tifoide. Una
batteriemia prolungata viene trattata in genere per 4-6 sett. Gli
ascessi richiedono terapia chirurgica, seguita da terapia antibiotica
per almeno 4 sett. dopo l'intervento. Aneurismi infetti, valvole
cardiache e infezioni ossee o articolari richiedono un intervento
chirurgico e trattamenti antibiotici più prolungati.
Lo stato di portatore asintomatico è abitualmente autolimitato e di
rado si rende necessario il trattamento antibiotico. Gli antibiotici
possono prolungare l'eliminazione dei microrganismi nelle feci dopo
che si sia interrotta la somministrazione del farmaco. Nei casi meno
frequenti (p. es., negli operatori alimentari o nel personale
sanitario), si può tentare l'eliminazione dei germi, ma andranno
effettuate ulteriori coprocolture nelle settimane successive alla fine
del trattamento, in modo da documentare l'eliminazione della
Salmonella.
DIARREA INDOTTA DAL CLOSTRIDIUM DIFFICILE
Il C. difficile, causa recente della colite da antibiotici è sempre più
frequentemente riconosciuto quale causa di diarrea nosocomiale. La
diarrea da C. difficile si presenta sia isolata sia in piccole epidemie
limitate ed è trasmessa per contagio interpersonale. Si verifica in
oltre l'8% dei pazienti ospedalizzati ed è responsabile del 20-30%
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delle diarree nosocomiali. I fattori di rischio sono rappresentati
dall'età avanzata, da gravi patologie sottostanti, da degenze
ospedaliere prolungate e da residenza in case di cura.
L'infezione produce una citotossina e un'enterotossina. Le
alterazioni della flora GI provocate dagli antibiotici sono il più
importante fattore predisponente. La storia naturale va da uno
stato di portatore asintomatico, frequente soprattutto nei bambini e
negli anziani, fino a forme gravi di enterite necrotizzante.
Raramente si verifica una disseminazione tissutale limitata, come
anche sepsi e addome acuto. Sono elementi tipici feci semiformate
(non liquide), leucocitosi fecale e precedente trattamento con
cefalosporine. I pazienti asintomatici colonizzati nelle feci con il C.
difficile superano il numero dei pazienti sintomatici di 3:1. Dopo
diarrea indotta da C. difficile è stata descritta un'artrite reattiva.
La diagnosi viene generalmente effettuata ricercando nelle feci la
tossina del C. difficile. Generalmente è sufficiente un unico
campione, ma quando il sospetto è forte, e il primo prelievo risulta
negativo, devono essere raccolti campioni ripetuti. Per ridurre la
diffusione del C. difficile dal personale sanitario sano ai pazienti e
tra i pazienti stessi sono indispensabili misure di controllo
dell'infezione. Nella determinazione della diffusione clonale possono
aiutare gli studi di epidemiologia molecolare dei tipi di pattern di
DNA. La riduzione dell'uso della clindamicina in tutti gli ospedali ne
ha fatto diminuire l'incidenza. Nel 15-20% dei pazienti possono
verificarsi recidive.
Il metronidazolo rappresenta il farmaco di scelta. Per i pazienti che
falliscono con tutti i tipi di trattamento, per l'eradicazione della
colite da C. difficile alcuni casi anedottici suggeriscono di effettuare
un clisma di feci (clisma effettuato con feci di un donatore sano per
rimpiazzare la normale flora intestinale). Alcuni pazienti, per
ottenere la guarigione, hanno richiesto una colectomia totale.
ENTERITE NECROTIZZANTE
Infiammazione del piccolo e del grosso intestino determinate dal C.
perfringens.
14
Oltre alle intossicazioni alimentari da C. perfringens, i clostridi
possono talvolta provocare malattie infiammatorie acute, a volte
necrotizzanti, dell'intestino tenue o del crasso. Queste enterotossiemie da clostridi possono manifestarsi come casi isolati e come
piccole epidemie e alcuni sembrano dovuti, almeno in parte, a carni
contaminate. Un processo simile può verificarsi in pazienti in
trattamento per leucemia. Il "pigbel" (o ventre da maiale), che si
presenta in Nuova Guinea, deriva probabilmente dal consumo di
carne di maiale contaminata dal C. perfringens di tipo C; va da una
forma con lieve diarrea fino a una con tossiemia fulminante e
disidratazione, cui segue stato di shock e talvolta morte. Neonati e
bambini piccoli sono soggetti a rischio, rispetto agli adulti. Nei
bambini più grandi l'intenzione è stata associata all'anoressia
nervosa. È stato sviluppato un vaccino sperimentale con
anatossina, ma non è ancora disponibile in commercio. L'enterite
necrotizzante si verifica in popolazioni con deprivazione proteica,
scarsa igiene alimentare, episodica alimentazione carnea e dieta a
base di inibitori della tripsina, come in Nuova Guinea, in alcune
regioni dell'Africa, dell'America Centrale e del Sud e dell'Asia.
L'enterocolite neonatale necrotizzante (ENN), che si verifica nei
reparti di terapia intensiva neonatale, può essere causata da C.
perfringens, C. butyricum e C. difficile.
ENTEROCOLITE NECROTIZZANTE DEL NEONATO E
DEL LATTANTE
Patologia acquisita che interessa specialmente il neonato prematuro
o il neonato patologico, caratterizzata da una necrosi della mucosa
o anche degli strati più profondi della parete intestinale, più
comunemente è interessato l'ileo terminale, meno frequentemente
il colon e il piccolo intestino prossimale.
Alcuni neonati sono particolarmente a rischio di NEC: il 75% dei
casi di NEC si ha nei prematuri, soprattutto se c'è stata una rottura
prolungata delle membrane, con amnionite o asfissia alla nascita.
L'incidenza nei bambini alimentati con formule ipertoniche o che
hanno subito un'exsanguinotrasfusione può anche essere più alta.
Si pensa che ritardare l'alimentazione orale di parecchi giorni o
15
settimane, nei bambini prematuri di basso peso o malati,
sostituendo nel frattempo con una nutrizione parenterale totale, e
in seguito un lento reinserimento di un'alimentazione enterale per
qualche settimana, possa diminuire il rischio di sviluppo della
enterocolite necrotizzante (NEC). Tuttavia, altri studi non hanno
evidenziato questo effetto benefico.
La NEC nelle unità di terapia intensiva neonatale si può verificare in
forma epidemica o sporadica; gli studi epidemiologici hanno
evidenziato alcuni casi sporadici, associati a specifici germi (p. es.,
Klebsiella, Escherichia coli, stafilococchi coagulasi-negativi), ma
spesso non è possibile identificare alcun patogeno specifico.
Eziologia e patogenesi
Nei bambini che sviluppano una NEC, tre fattori sono solitamente
presenti nell'intestino: un insulto ischemico; la colonizzazione
batterica dell'intestino e un substrato intraluminare (come gli
alimenti per via enterale).
La causa della NEC non è nota. Si ipotizza che una situazione
ischemica interessi l'intestino per cui la mucosa non produce il
normale muco protettivo, lasciando l'intestino esposto alle invasioni
batteriche. Una volta che si inizia l'alimentazione orale si fornisce
un ampio substrato per la proliferazione intraluminale dei batteri
che può penetrare la parete intestinale; ivi si determina la
produzione di gas idrogeno la cui presenza conferisce la
caratteristica immagine rx di pneumatosi intestinale. Il gas può
penetrare anche nella vena porta e i gas intraportali possono essere
evidenziati sul fegato da una rx diretta dell'addome o da
un'ecografia epatica. La progressione può comportare necrosi di
tutta la parete intestinale, perforazione, peritonite, sepsi e morte.
La lesione ischemica si può avere per vasospasmo delle arteriole
mesenteriche, prodotto da un insulto anossico che è la situazione
scatenante per un riflesso primitivo di centralizzazione del circolo
che diminuisce il flusso ematico a livello intestinale. La lesione
ischemica può essere conseguente a stati di basso flussosi durante
un'exsanguinotrasfusione, nel corso di una sepsi o per l'uso di
formule iperosmolari. Allo stesso modo, una cardiopatia congenita
che determina una ridotta perfusione sistemica o una desaturazione
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arteriosa di O2 può indurre una ipossia/ischemia intestinale e quindi
predisporre alla NEC. L'ipotesi che il latte materno offra protezione
non è provata.
La necrosi inizia nella mucosa e può progredire fino a coinvolgere
l'intero spessore della parete intestinale, determinando una
perforazione. In 1/ 3 di bambini si verifica una sepsi.
Sintomi, segni e diagnosi
I bambini possono presentarsi con ileo evidenziato dalla distensione
addominale, ristagno gastrico biliare (dopo i pasti) che può arrivare
fino all'emesi biliare o con sangue microscopico o macroscopico
nelle feci. La sepsi si può manifestare con letargia, instabilità
termica e/o aumentate crisi di apnea e acidosi metabolica.
I test sulle feci per la ricerca di sangue occulto o di sostanze
riducenti nei bambini prematuri (che sono alimentati) possono
aiutare a diagnosticare precocemente la NEC. Soltanto una rx
precoce può rivelare l'ileo. D'altra parte la presenza di un'ansa
intestinale fissa, dilatata, che non si modifica nelle successive rx, è
indice di NEC. Segni rx diagnostici di NEC sono la pneumatosi
intestinale e la presenza di aria nella vena porta. L'evidenza di
pneumoperitoneo indica perforazione intestinale e richiede un
intervento chirurgico urgente.
Prognosi e terapia
Circa 2/3 dei bambini che hanno presentato la NEC sopravvivono;
la prognosi è migliorata grazie a un'aggressiva terapia di supporto e
a un tempestivo intervento chirurgico, quando indicato.
Un supporto non chirurgico è necessario nel 70% circa dei casi.
L'alimentazione deve essere immediatamente sospesa se si
sospetta una NEC e si può decomprimere l'intestino con una sonda
naso-gastrica a due vie, collegata a un aspiratore. Si devono
somministrare per via parenterale soluzioni di colloidi o cristalloidi
per sostenere il circolo, poiché un processo infiammatorio e una
peritonite possono determinare una perdita considerevole di liquidi
dal terzo spazio. L'alimentazione parenterale totale si impone per
17
14- 21 giorni, mentre migliorano le condizioni intestinali. Bisogna
iniziare subito una terapia antibiotica per via sistemica con un
antibiotico b-lattamico (ampicillina, ticarcillina) e un aminoglicoside.
Può anche essere presa in considerazione una copertura addizionale
per gli anaerobi (p. es., clindamicina, metronidazolo) e il
trattamento deve essere continuato per 10 giorni. La cosa più
importante è che il bambino richiede frequenti rivalutazioni (p. es.,
almeno q 6 h) e deve eseguire rx dirette dell'addome sequenziali,
EECC, conta delle piastrine ed emogasanalisi.
È necessario l'intervento chirurgico in un 1/3 dei neonati.
Indicazioni
assolute
sono
la
perforazione
intestinale
(pneumoperitoneo), i segni di peritonite (assenza della peristalsi,
difesa addominale e dolorabilità o eritema ed edema della parete
addominale) o l'aspirazione di materiale purulento dal cavo
peritoneale. L'intervento chirurgico deve essere preso in
considerazione nel caso di un lattante con NEC, che mostra un
peggioramento delle condizioni cliniche e dei dati di laboratorio
nonostante la terapia medica (v. sopra). All'atto dell'intervento, si
deve resecare il tratto intestinale gangrenoso ed esteriorizzare i 2
tratti terminali. (Una rianastomosi primaria pùo essere eseguita se
il resto dell'intestino non mostra segni di ischemia). Con la
guarigione della sepsi e della peritonite si può ristabilire la
continuità intestinale diverse settimane o mesi più tardi.
Raramente, i bambini trattati non chirurgicamente sviluppano una
stenosi intestinale nelle successive settimane o mesi, solitamente in
corrispondenza della flessura splenica del colon. Per risolvere
l'ostruzione intestinale, è allora richiesta la resezione della stenosi.
Se si verificano in poco tempo diversi casi di NEC, poichè possono
esistere focolai contagiosi, si raccomanda di prendere in
considerazione l'isolamento dei bambini e l'identificazione di una
coorte di bambini che possono essere stati esposti.
GASTROENTERITE DA FARMACI
Molti farmaci producono, come effetti collaterali, la nausea, il
vomito e la diarrea. Deve essere raccolta un'accurata anamnesi sui
farmaci assunti. Nei casi lievi, l'interruzione seguita da una nuova
assunzione del farmaco può stabilire una relazione causale.
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Comunemente i farmaci responsabili includono gli antiacidi che
contengono il magnesio quale ingrediente principale, gli antibiotici,
gli antielmintici, i citotossici (usati nella terapia del cancro), la
colchicina, la digitale, i metalli pesanti, i lassativi e la terapia
radiante. L'uso degli antibiotici può causare la diarrea da C. difficile.
L'avvelenamento iatrogeno, accidentale o intenzionale, con metalli
pesanti, frequentemente, produce nausea, vomito, dolore
addominale e diarrea.
L'abuso di lassativi, talvolta negato dai pazienti, può portare a
debolezza, vomito, diarrea, deplezione elettrolitica e disturbi
metabolici.
La sindrome del ristorante cinese è un fenomeno farmacologico,
non allergico. Il glutammato monosodico, spesso usato nei cibi
cinesi, produce una sindrome legata alla dose assorbita, che si
manifesta con una sensazione di bruciore per tutto il corpo, senso
di pressione facciale, ansia e dolore toracico. La dose soglia varia
considerevolmente da un individuo all'altro.
GASTROENTERITE VIRALE
Sindrome causata dall'infezione con uno tra diversi virus, di solito
caratterizzata da vomito, diarrea acquosa e dolori addominali
crampiformi.
Eziologia e fisiopatologia
La gastroenterite virale è la causa più frequente di diarrea infettiva
negli USA. Quattro categorie di virus sono ritenute responsabili
della gastroenterite: i rotavirus, i calicivirus (incluso il virus di
Norwalk), l'adenovirus enterico (sierotipi 40 e 41) e gli astrovirus. I
virus causano la malattia infettando gli enterociti dell'epitelio villoso
del piccolo intestino. La distruzione delle cellule di questo strato
causa una trasudazione di liquidi e sali nel lume intestinale. Anche il
malassorbimento dei carboidrati, che causa la diarrea osmotica,
può avere un ruolo.
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Epidemiologia
I rotavirus sono la causa più frequente della grave diarrea
disidratante nei bambini piccoli (picco d'incidenza, 3-15 mesi). Sono
altamente contagiosi e la maggior parte delle infezioni avviene
attraverso una via di trasmissione orofecale. Gli adulti si possono
infettare dopo uno stretto contatto con un lattante infetto, ma la
malattia negli adulti è generalmente lieve. Nei climi temperati, la
maggior parte delle infezioni si verifica durante i mesi invernali.
Ogni anno negli USA, un'ondata di infezioni da rotavirus inizia a
SudEst in novembre e finisce a NordEst in marzo. L'incubazione
dura da 1 a 3 giorni.
Il virus di Norwalk, il prototipo dei calicivirus, infetta più
frequentemente i bambini più grandi e gli adulti e l'infezione si
verifica durante tutto l'anno. Il virus di Norwalk è la principale
causa della gastroenterite epidemica virale; le epidemie trasmesse
attraverso l'acqua o il cibo sono ben documentate. La trasmissione
da persona a persona si verifica anche perché il virus è altamente
contagioso. L'incubazione dura da 1 a 3 giorni.
I sierotipi 40 e 41 dell'adenovirus sono la seconda causa più
comune della gastroenterite virale dell'adolescenza. L'infezione si
verifica durante tutto l'anno, con un lieve aumento in estate. I
bambini < 2 anni sono maggiormente colpiti e la trasmissione si
verifica da persona a persona attraverso la via di trasmissione
orofecale. L'incubazione dura da 8 a 10 giorni.
Si conosce meno a proposito dell'epidemiologia dei calicivirus non
Norwalk e degli astrovirus. Entrambi possono infettare persone di
tutte le età, ma di solito infettano i lattanti e i bambini piccoli. Le
infezioni da calicivirus si verificano durante tutto l'anno, mentre le
gastroenteriti causate dagli astrovirus sono più frequenti durante
l'inverno. La trasmissione avviene attraverso la via orofecale.
L'incubazione dura da 1 a 3 giorni per entrambi i virus.
Sintomi e segni
La maggioranza delle infezioni causata da enteropatogeni virali è
asintomatica. Nelle infezioni sintomatiche, la diarrea acquosa è il
20
sintomo più frequente; le feci raramente contengono del muco o del
sangue. I reperti obiettivi (p. es., le membrane mucose secche, la
tachicardia) sono aspecifici e correlati al grado di disidratazione. I
lattanti e i bambini piccoli affetti da una gastroenterite da rotavirus
possono avere una grave diarrea acquosa che dura da 5 a 7 giorni e
causa una disidratazione isotonica. Il vomito si verifica nel 90% dei
pazienti e la febbre > 39°C si verifica in circa il 30% dei casi. Il
virus di Norwalk causa tipicamente un vomito a inizio acuto, dei
dolori addominali crampiformi e la diarrea, con sintomi che durano
solo 1-2 giorni. Nei bambini, il vomito è più importante della
diarrea, mentre negli adulti, la diarrea è, di solito, più grave. I
pazienti possono avere anche febbre, cefalea e mialgie. Il segno di
riconoscimento della gastroenterite da adenovirus è una diarrea che
dura 1-2 sett. I lattanti e i bambini affetti possono presentare un
vomito di lieve entità che inizia 1-2 giorni dopo l'inizio della diarrea.
Una febbre moderata si verifica in circa il 50% dei pazienti. Le
infezioni da calicivirus non Norwalk nei lattanti e nei bambini sono
di solito indistinguibili dalle infezioni da rotavirus. Tuttavia, gli adulti
possono sviluppare dei reperti clinici più tipici dell'infezione da virus
di Norwalk. L'astrovirus causa una sindrome simile a una lieve
infezione da rotavirus.
Diagnosi, prevenzione e terapia
La gastroenterite virale viene spesso diagnosticata clinicamente.
L'esame colturale delle feci per i batteri e la ricerca delle uova e dei
parassiti saranno negativi, ma questi esami, spesso, non sono
necessari nei pazienti che presentano i sintomi tipici della
gastroenterite virale. Le infezioni da rotavirus e da adenovirus
enterico possono essere rapidamente diagnosticate usando dei test
disponibili in commercio che identificano l'antigene virale nelle feci.
I test per identificare gli altri enteropatogeni virali sono disponibili
solo nei laboratori di ricerca.
La prevenzione dell'infezione è complicata dalla frequenza
dell'infezione asintomatica e dalla facilità con cui questi virus sono
trasmessi da persona a persona, specialmente tra i bambini con i
pannolini. È probabile che l'allattamento al seno permetta una certa
protezione dall'infezione. Il personale sanitario si deve lavare le
mani a fondo con sapone e acqua dopo aver cambiato i pannolini e
la zona dove si cambiano i pannolini deve essere disinfettata con
21
candeggina diluita o con alcol al 70%. Durante le epidemie di
rotavirus nei reparti pediatrici, tutti i bambini devono essere
studiati per l'escrezione dell'organismo. I bambini infetti e quelli
non infetti possono quindi essere trasferiti per essere curati in aree
diverse e da personale sanitario differente. Diversi promettenti
vaccini contro i rotavirus sono in fase di sviluppo.
Il punto cardine della terapia è l'appropriata infusione di liquidi.
Anche se vomita, la maggior parte dei pazienti può essere
efficacemente reidratata con soluzioni reidratanti orali, diverse delle
quali sono disponibili come prodotti da banco. Le bevande per
sportivi e le bevande gassate non sono delle appropriate soluzioni
reidratanti per i bambini con < 5 anni di età. La reidratazione EV è
necessaria solo per i pazienti con una grave disidratazione.
DIARREA DEL VIAGGIATORE
La gastroenterite dei viaggiatori è solitamente causata da batteri
endemici nell'acqua locale.
Eziologia, epidemiologia e fisiopatologia
La diarrea del viaggiatore può essere causata da diversi batteri,
virus o parassiti. Tuttavia, l'E. coli enterotossigenico è la causa più
frequente. Gli organismi dell'E. coli sono frequentemente presenti
nelle provviste d'acqua di aree che mancano di una sua adeguata
purificazione. L'infezione è frequente nelle persone che viaggiano
attraverso alcune aree del Messico e dell'America latina, del
medioriente, dell'Asia e dell'Africa. I viaggiatori spesso evitano di
bere l'acqua locale, ma si infettano lavandosi i denti con uno
spazzolino sciacquato impropriamente, bevendo dei liquidi
raffreddati con del ghiaccio fatto con acqua locale o mangiando cibi
preparati con acqua locale.
Sintomi, segni e diagnosi
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La nausea, il vomito, i borborigmi, i dolori addominali crampiformi e
la diarrea iniziano da 12 a 72 h dopo l'ingestione dei cibi o
dell'acqua contaminati. La gravità è variabile. Alcune persone
presentano febbre e mialgie. La maggior parte dei casi è lieve e
autolimitantesi, anche se si può verificare una disidratazione,
specialmente nei climi temperati.
Profilassi e terapia
I viaggiatori devono servirsi di ristoranti noti per l'igiene ed evitare
l'assunzione di cibi provenienti da venditori ambulanti. Devono
mangiare soltanto cibi cotti che sono ancora caldi, frutta che può
essere sbucciata e bevande gassate in bottiglia senza ghiaccio;
devono essere evitate le verdure non cotte.
Le sospensioni di bismuto salicilato sono protettive se assunte in
dosi abbondanti (60 ml qid). Il ruolo profilattico degli antibiotici è
controverso. Questi devono probabilmente essere riservati ai
pazienti particolarmente suscettibili alle conseguenze della diarrea
del viaggiatore (p. es., pazienti immunocompromessi).
Il punto chiave del trattamento è la reidratazione con l'infusione dei
liquidi. Il trattamento sintomatico con il bismuto subsalicilato o con
un agente antiperistaltico può essere utile. Questi farmaci devono
essere sospesi se i sintomi persistono per > 4 giorni. Gli agenti
antiperistaltici sono controindicati nei pazienti con febbre o con feci
ematiche e nei bambini < 2 anni di età. La iodocloridrossichina, che
può essere trovata in alcuni paesi in via di sviluppo, non deve
essere usata perché può causare dei danni neurologici. Gli
antibiotici sono, generalmente, controindicati per la diarrea lieve nei
pazienti senza febbre o sangue nelle feci; questi farmaci possono
alterare sfavorevolmente la flora intestinale e possono essere
responsabili dello sviluppo di germi resistenti. Gli antibiotici possono
essere indicati nei casi di diarrea più grave (tre o più scariche di
diarrea nelle 8 h), specialmente se sono presenti il vomito, i crampi
addominali, la febbre o le feci ematiche.
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INFEZIONI CAUSATE DA BACILLI GRAM NEGATIVI:
COLERA
Infezione acuta provocata dal Vibrio cholerae che interessa l'intero
intestino tenue, caratterizzata da diarrea acquosa profusa, vomito,
crampi muscolari, disidratazione, oliguria e collasso.
Eziologia, epidemiologia e fisiopatologia
Il germe responsabile è il Vibrio cholerae, sierogruppi 01 e 0139, un
bacillo aerobio corto, incurvato e mobile. Sia i biotipi classici di V.
cholerae che i biotipi El Tor possono provocare malattia grave;
tuttavia con i biotipi El Tor sono assai più frequenti forme di
infezione lieve o asintomatica.
Il colera si diffonde per ingestione di acqua, pesci, crostacei e altri
tipi di cibi contaminati dalle feci di soggetti con infezione
sintomatica o asintomatica. Il colera è endemico in alcune regioni
dell'Asia, nel Medio Oriente, in Africa, nell'America Centrale e
Meridionale e nella costa prospiciente il golfo del Messico negli USA.
I casi trasferitisi in Europa, Giappone e Australia hanno provocato
talora epidemie localizzate. Nelle aree endemiche le epidemie si
hanno solitamente durante i mesi caldi con un'incidenza che è
massima per i bambini; nelle zone in cui invece la malattia non è
endemica le epidemie possono verificarsi in qualsiasi stagione e
risultano ugualmente soggetti all'infezione gli individui di tutte le
età. Una forma di gastroenterite più lieve, provocata da vibrioni non
colerici, viene trattata in questo stesso capitolo in Infezioni da
Campylobacter e da Vibrioni non colerici.
La suscettibilità all'infezione è variabile ed è maggiore nei soggetti
di gruppo sanguigno O. Poiché il vibrione è sensibile all'acidità
gastrica, una condizione di acloridria o di ipocloridria possono
costituire fattori predisponenti. Gli individui che vivono nelle aree
endemiche acquisiscono gradualmente un'immunità naturale contro
il vibrione. I V. Cholerae 01 e 0139 producono un'enterotossina
proteica che induce l'ipersecrezione di una soluzione elettrolitica
isotonica da parte della mucosa dell'intestino tenue intatta. La
mucinasi può essere importante nella riduzione di un effetto
protettivo della mucina intestinale, mentre la neuraminidasi può
24
alterare la struttura dei gangliosidi delle membrane delle cellule
mucose aumentando il contenuto del ganglioside specifico (GM1)
che lega l'enterotossina. Il processo di colonizzazione delle mucose
può essere favorito da un'emoagglutinina associata alle cellule, ma
il flagello sembra avere una maggiore importanza.
Sintomi e segni
Il periodo di incubazione va da 1 a 3 giorni. Il colera si può
presentare come forma subclinica; come un episodio diarroico lieve
e non complicato oppure come una malattia fulminante e
rapidamente letale. Di regola i reperti iniziali sono una diarrea
improvvisa, non dolorosa e acquosa e il vomito: negli adulti le feci
possono ammontare a oltre 1 l/h, ma solitamente sono assai meno.
La grave perdita di acqua e di elettroliti che ne consegue porta a
sete intensa, oliguria, crampi muscolari, debolezza e marcata
perdita della consistenza dei tessuti con occhi affossati e grinze
nella cute delle dita. La manifestazioni del colera sono dovute
all'eliminazione di feci acquose isotoniche ricche di sodio, cloro,
bicarbonato
e
potassio.
Si
hanno
anche
ipovolemia,
emoconcentrazione, oliguria e anuria e acidosi metabolica grave
con perdita di potassio (ma con normale concentrazione di Na nel
siero); inoltre, in mancanza di terapia, si ha esito in collasso
circolatorio, cianosi e stato stuporoso. un'ipovolemia prolungata
può provocare necrosi tubulare renale.
Il colera non complicato ha un decorso limitato: si ha guarigione in
3-6 giorni. Il tasso di mortalità nei casi gravi non trattati può essere
> 50% a causa della disidratazione ma è < 1% con una terapia
liquida ed elettrolitica tempestiva e adeguata. Nella maggior parte
dei pazienti il V. cholerae scompare nell'arco di 2 sett., ma alcuni
soggetti divengono portatori cronici del tratto biliare.
Diagnosi
La diagnosi è confermata dall'isolamento di V. cholerae nelle colture
da tamponi rettali diretti o da feci fresche e dalla successiva
identificazione
come
sierogruppo 01
o
0139
mediante
agglutinazione con antisiero specifico. Il colera deve essere distinto
25
dalla malattia clinicamente simile provocata dai ceppi di Escherichia
coli producenti enterotossina e dai microrganismi Salmonella e
Shigella.
Profilassi
Per il controllo del colera gli escrementi umani devono essere
eliminati in maniera adeguata e i rifornimenti d'acqua devono
essere depurati. L'acqua da bere deve essere bollita o clorata e le
verdure e il pesce devono essere completamente cotti.
Un vaccino orale ucciso dell'intera subunità cellulare B fornisce una
protezione dell'85% nei confronti del sierogruppo 01 per 4-6 mesi.
Negli adulti la protezione dura almeno 3 anni ma nei bambini
scompare rapidamente ed è maggiore per il biotipo classico
piuttosto che per quello El Tor. Non esiste una protezione crociata
tra i sierogruppi 01 e 0139, pertanto un vaccino sicuramente
efficace contro entrambi i sierogruppi è un obiettivo da perseguire.
Il vaccino parenterale contro il colera fornisce soltanto una
protezione parziale e di breve durata e non viene raccomandato.
Una tempestiva profilassi con tetracicline può far diminuire i casi
secondari nei familiari dei pazienti colpiti da colera, ma la profilassi
di massa è inappropriata e alcuni ceppi non sono comunque
sensibili.
Terapia
È importante la rapida correzione dell'ipovolemia e dell'acidosi
metabolica nonché la prevenzione dell'ipopotassiemia. Per i pazienti
gravemente disidratati, specialmente per quelli incapaci di bere,
bisogna iniziare al più presto, se possibile, le infusioni EV. Ciò è
importante soprattutto per i bambini che tollerano poco le perdite di
potassio.
I quantitativi necessari in caso di perdita continua devono essere
equivalenti al volume misurato delle feci. L'adeguatezza
dell'idratazione è confermata da una valutazione clinica frequente
(ritmo e validità del polso, turgore della pelle e diuresi). Il plasma, i
plasma "expander" e i farmaci vasopressori non devono essere
impiegati al posto dell'acqua e degli elettroliti.
26
La somministrazione orale di una soluzione mista di glucoso ed
elettroliti è efficace nel rimpiazzare le perdite di feci e può essere
utilizzata dopo una prima idratazione per EV. Essa è anche utile
talora, come unico strumento di reidratazione, nelle aree
epidemiche dove la disponibilità di fluidi per via parenterale è
limitata. I pazienti con disidratazione lieve o moderata che siano in
grado di bere possono essere reidratati esclusivamente con
soluzioni orali (circa 75 ml/kg in 4 h). Quelli con disidratazione più
grave necessitano di quantità maggiori di liquidi e possono aver
bisogno di ricevere i fluidi attraverso un sondino nasogastrico. I cibi
solidi vanno assunti dopo la scomparsa del vomito e il ritorno
dell'appetito.
Una terapia precoce con un antibiotico orale efficace eradica i
vibrioni, riduce il volume fecale del 50% e fa scomparire la diarrea
nell'arco di 48 h. La scelta dell'antibatterico deve essere basata
sulla sensibilità del V. cholerae isolato nella comunità. I farmaci
efficaci per i ceppi sensibili comprendono tetraciclina; doxiciclina;
eritromicina o norfloxacina.
INFEZIONI CAUSATE DA BACILLI GRAM NEGATIVI:
INFEZIONI DA VIBRIONI NON COLERICI
Questi vibrioni sono diversi dal Vibrio cholerae da un punto di vista
biochimico o sierologico e, a seconda della specie interessata,
provocano infezioni di ferite, sepsi enteriche o diarree.
Eziologia ed epidemiologia
I vibrioni diversi dal colera sono:l V. parahemolyticus, V. mimicus,
V. alginolyticus, V. vulnificus e i così detti vibrioni non agglutinabili.
Il V. parahemolyticus è un germe alofilo incriminato nelle epidemie
di diarrea da cibi (nei cibi di mare non ben cotti, di solito gamberi)
in Giappone e nelle zone costiere degli USA. Il microrganismo non
27
produce enterotossina né invade il flusso circolatorio, ma danneggia
la mucosa intestinale. Infezioni gravi con vibrioni non agglutinabili
sono state generalmente riportate in pazienti con patologia epatica
e altre immunodeficienze, anche se possono sviluppare infezioni
gravi anche soggetti altrimenti sani. Né il V. alginolyticus né il V.
vulnificus provocano enterite, ma possono entrambi provocare
infezioni di ferite procurate in ambiente marino.
Sintomi, segni e diagnosi
La malattia, dopo un periodo di incubazione di 15-24 h, ha un
esordio acuto con dolore addominale crampiforme, diarrea acquosa
(le feci possono essere sanguinolente e contenere leucociti
polimorfonucleati), tenesmo, debolezza e talvolta febbre di modica
entità. I sintomi si riducono spontaneamente in 24-48 h. I vibrioni
non agglutinabili possono provocare una malattia simil-colerica e
sono stati isolati da ferite e dal sangue. Le ferite contaminate con
acqua di mare calda possono divenire cellulitiche e progredire
rapidamente, risultando in alcuni casi in una fascite necrotizzante,
con le tipiche lesioni bollose emorragiche. Il V. vulnificus quando
viene ingerito da un soggetto defedato (spesso un individuo con
epatopatia cronica o immunodeficienza) attraversa la mucosa
intestinale senza causare enterite e provoca setticemia con alta
mortalità.
Le infezioni delle ferite e del flusso circolatorio sono facilmente
diagnosticate tramite gli esami colturali di routine. Quando si
sospetta un'infezione enterica si può procedere alla coltura dalle
feci di microrganismi del tipo Vibrio su terreno al tiosolfato citrato,
sali biliari e saccaroso; anche i cibi marini contaminati danno
colture positive.
Prevenzione e terapia
I pazienti ad alto rischio con ferite cutanee devono evitare di
maneggiare cibo marino non cotto e di esporsi all'acqua marina. Le
infezioni da vibrione non colerico possono essere trattate con una
dose singola di ciprofloxacina o con doxiciclina. Nei casi di diarrea
provocata da questi microrganismi bisogna prestare grande
28
attenzione al ripristino dei volumi di liquidi e di elettroliti perduti
con le feci. Per i pazienti con fascite necrotizzante in aggiunta agli
antibiotici è necessaria la toaletta chirurgica.
INFEZIONI CAUSATE DA BACILLI GRAM NEGATIVI:
INFEZIONI DA CAMPYLOBACTER
I Campylobacter sono bacilli mobili, ricurvi, microaerofili e gram -,
che possono essere causa di tromboflebite settica, batteriemia,
endocardite, osteomielite, artrite settica protesica e diarrea.
Epidemiologia
Si ritiene che le specie patogene per l'uomo siano tre. Il C. fetus
sottospecie fetus negli adulti è causa tipicamente di batteriemia,
spesso in presenza di condizioni predisponenti di base come
diabete, cirrosi o tumori maligni. Questi microrganismi possono
anche causare infezioni recidivanti, difficili da trattare nei pazienti
con deficit delle immunoglobuline. Il C. jejuni nei bambini può
provocare meningiti, mentre il C. jejuni e li C. coli possono
provocare diarrea in ogni fascia d'età. I Campylobacter sp sono
patogeni batterici isolati comunemente, tra questi il C. jejuni
rappresenta oltre il 90% degli isolati da pazienti infetti con diarrea.
Con l'insorgere di epidemie sono stati messi in relazione il contatto
con animali infetti, domestici o selvatici e l'ingestione di cibi
(specialmente pollame non ben cucinato) o di acque contaminati;
anche se nei casi sporadici la sorgente del microrganismo infettante
è frequentemente oscura. Esiste un'associazione tra epidemie
estive di C. jejuni
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MALATTIA PEPTICA ULCEROSA: HELICOBACTER
PYLORI
Escoriazione di un tratto della mucosa GI, generalmente nello
stomaco (ulcera gastrica) o nei primi centimetri del duodeno (ulcera
duodenale), che penetra attraverso la muscularis mucosae.
L'ulcera può avere un diametro variabile da diversi millimetri a
diversi centimetri. Le ulcere sono distinte dalle erosioni sulla base
della profondità della penetrazione; le erosioni sono, infatti, più
superficiali e non coinvolgono la muscularis mucosae.
Poiché è sempre più evidente il ruolo centrale dell'H. pylori nella
patogenesi della malattia acido-peptica, la diagnosi e la terapia
dell'ulcera peptica sono profondamente cambiate.
Eziologia e patogenesi
Sebbene le teorie tradizionali sulla patogenesi delle ulcere peptiche
si basino sull'ipersecrezione acida, questo reperto non è sempre
presente e attualmente si sa che l'ipersecrezione non è il principale
meccanismo con cui si forma la maggior parte delle ulcerazioni.
Sembra che alcuni fattori, in particolare l'H. pylori e i FANS,
distruggano le normali difesa e capacità riparativa della mucosa,
rendendola più sensibile all'attacco dell'acido.
I meccanismi attraverso cui l'H. pylori causa le lesioni mucose non
sono completamente chiari, ma sono state proposte molteplici
teorie. L'ureasi prodotta dagli organismi trasforma l'urea in
ammonio.
L'ammonio,
mentre
consente
all'organismo
di
sopravvivere nell'ambiente acido dello stomaco, può corrodere la
barriera mucosa, causando un danno epiteliale. Anche le citotossine
prodotte dall'H. pylori sono state implicate nel danno epiteliale
dell'ospite. Gli enzimi mucolitici (p. es., le proteasi batteriche, le
lipasi) sembrano parimenti coinvolti nella degradazione dello strato
mucoso, rendendo l'epitelio più sensibile alla lesione dell'acido. In
ultimo, le citochine prodotte in risposta all'infiammazione possono
giocare un ruolo nel danno mucoso e nella conseguente
ulcerogenesi.
I FANS probabilmente promuovono l'infiammazione mucosa e la
30
formazione dell'ulcera attraverso effetti sia topici che sistemici.
Poiché i FANS sono degli acidi deboli e non ionizzati al pH gastrico,
si diffondono liberamente attraverso la barriera mucosa nelle cellule
gastriche epiteliali, dove vengono liberati gli ioni H+, che causano il
danno cellulare. Gli effetti sistemici sembrano essere mediati dalla
loro capacità di inibire l'attività della ciclo-ossigenasi e, quindi, la
produzione di prostaglandine. Attraverso l'inibizione della
produzione di prostaglandine, i FANS inducono diversi cambiamenti
nel microambiente gastrico (p. es., una riduzione del flusso
ematico, una ridotta secrezione di muco e di HCO3, una riduzione
delle riparazioni cellulari e della loro replicazione), portando a
un'interruzione dei meccanismi di difesa.
Sintomi e segni
I sintomi dipendono dalla localizzazione dell'ulcera e dall'età del
paziente; molti pazienti, particolarmente quelli anziani, hanno una
sintomatologia scarsa o nulla. Il dolore è il sintomo più frequente;
spesso è localizzato all'epigastrio e viene alleviato dal cibo o dagli
antiacidi. Il dolore viene descritto come un bruciore, un dolore
lacerante o una sensazione di fame. L'andamento è di solito cronico
e ricorrente. Solo la metà circa dei pazienti presenta il caratteristico
corteo dei sintomi.
I sintomi dell'ulcera gastrica, spesso, non seguono lo schema
classico (p. es., l'assunzione del cibo, a volte, esacerba il dolore
piuttosto che alleviarlo). Ciò è vero in particolare per le ulcere
piloriche che sono spesso associate a sintomi ostruttivi (p. es.,
distensione epigastrica, nausea, vomito) causati dall'edema e dalla
cicatrizzazione.
Nei pazienti con ulcera duodenale, il dolore tende a seguire uno
schema costante. È assente quando il paziente si risveglia al
mattino, ma compare a metà mattinata; alleviato dall'assunzione di
cibo, recidiva 2 o 3 h dopo il pasto. Il dolore che risveglia il paziente
di notte è frequente e altamente suggestivo di ulcera duodenale.
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INTOSSICAZIONE ALIMENTARE DA STAFILOCOCCO
Sindrome acuta con vomito e diarrea provocata dall'ingestione di
cibo contaminato con l'enterotossina stafilococcica.
Eziologia e fisiopatologia
I sintomi dell'intossicazione alimentare da stafilococco sono causati
dall'enterotossina stafilococcica e non dallo stafilococco in sé. È una
causa comune di avvelenamento da cibo e il potenziale per delle
epidemie è elevato quando le persone che preparano il cibo avendo
un'infezione cutanea, contaminano il cibo stesso, lasciandolo, poi, a
temperatura ambiente.
Le crostate, la pasticceria ripiena di crema in genere, il latte, la
carne lavorata e i pesci rappresentano un ottimo terreno di coltura
dove gli stafilococchi coagulasi-positivi crescono e producono le
enterotossine.
Sintomi e segni
L'inizio è, solitamente, improvviso. I sintomi, caratteristicamente
rappresentati da una grave nausea e dal vomito, iniziano 2-8 h
dopo l'ingestione del cibo contenente la tossina. Gli altri sintomi
possono includere i dolori addominali crampiformi, la diarrea e,
occasionalmente, la cefalea e la febbre. La diarrea, di solito, non è
ematica perché la tossina non causa delle ulcerazioni mucose. Nei
casi gravi si possono avere uno squilibrio acido-base, uno stato di
prostrazione e uno shock. L'attacco è breve, durando spesso < 12 h
e il recupero è, di solito, completo. I rari decessi si verificano a
causa dello squilibrio idrico e metabolico, specialmente tra i pazienti
molto giovani, anziani o cronicamente ammalati.
Diagnosi, profilassi e terapia
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La diagnosi si basa sul riconoscimento della sindrome clinica.
Solitamente, diverse persone ne sono affette contemporaneamente,
costituendo il nucleo di origine di un'epidemia. La conferma
diagnostica, sebbene raramente necessaria, richiede l'isolamento
degli stafilococchi coagulasi-positivi dal cibo sospetto. La
colorazione di Gram dei campioni del vomito può mostrare gli
stafilococchi. L'attenta preparazione dei cibi è indispensabile per la
prevenzione. Le persone con la foruncolosi o l'impetigine non
devono preparare i cibi per altre persone fino a che le loro lesioni
non sono guarite. La terapia è trattata prima, nei Principi generali di
terapia. La rapida reintegrazione EV della perdite idroelettrolitiche
porta, spesso, a un drastico miglioramento.
BOTULISMO
Avvelenamento
botulinum.
neuromuscolare
da
tossine
di
Clostridium
Il botulismo si presenta sotto 3 forme: trasmesso dal cibo, delle
ferite e dei lattanti.
Eziologia e fisiopatologia
Il bacillo anaerobio gram +, sporulante, C. botulinum produce 7 tipi
di neurotossine antigenicamente distinte, quattro delle quali
colpiscono gli uomini: i tipi A, B, E o, raramente, il tipo F. Le tossine
di tipo A e B sono proteine altamente velenose resistenti alla
digestione da parte degli enzimi dell'apparato GI. Circa il 50% delle
epidemie da intossicazione alimentare negli USA è causata dalla
tossina di tipo A, seguita dai tipi B ed E. La tossina di tipo A è
presente principalmente a ovest del fiume Mississippi, il tipo B negli
stati orientali e il tipo E in Alaska e nell'area dei Grandi Laghi.
Nel botulismo trasmesso dai cibi, viene ingerita la tossina prodotta
all'interno dei cibi contaminati; nel botulismo delle ferite e dei
lattanti la neurotossina viene elaborata in vivo dal C. botulinum,
rispettivamente nei tessuti infetti e nel grosso intestino. Dopo
l'assorbimento, le tossine interferiscono con il rilascio di acetilcolina
33
a livello delle terminazioni nervose periferiche.
Le spore del C. botulinum sono molto resistenti al calore e possono
sopravvivere alla bollitura a 100°C per diverse ore; tuttavia,
l'esposizione al calore umido a 120°C per 30 min le uccide. Le
tossine, peraltro, sono prontamente distrutte dal calore e la
semplice cottura del cibo a 80°C per 30 min mette al sicuro dal
botulismo. La produzione di tossine (specialmente del tipo E) si può
verificare a basse temperature, anche a 3°C, cioè nel frigorifero e
non richiede la presenza di condizioni di stretta anaerobiosi.
I cibi in scatola di produzione casalinga rappresentano la
provenienza
più
comune,
ma
anche
i
cibi
preparati
commercialmente sono stati identificati come responsabili di circa
il 10% delle epidemie. I più comuni veicoli sono le verdure, i pesci,
la frutta e i condimenti, ma sono stati coinvolti anche la carne, i
latticini, il maiale, il pollame e altri tipi di cibi. Nelle intossicazioni
provocate dai frutti di mare, la tossina di tipo E è responsabile di
circa il 50% dei casi; i tipi A e B sono responsabili dei restanti casi.
Negli ultimi anni, i cibi non inscatolati (p. es., patate cotte avvolte
nell'alluminio, aglio tritato in olio, tramezzini con carne e
formaggio) hanno causato le epidemie associate ai pasti consumati
nei ristoranti.
Sintomi e segni
Nel botulismo trasmesso dal cibo, l'inizio è brusco, solitamente
18-36 h dopo l'ingestione della tossina, anche se il periodo di
incubazione può variare da 4 h a 8 gg. La nausea, il vomito, i dolori
addominali crampiformi e la diarrea precedono frequentemente i
sintomi neurologici.
Questi ultimi sono caratteristicamente bilaterali e simmetrici,
iniziando dai nervi cranici e proseguendo con una debolezza o una
paralisi discendente. I comuni sintomi e segni iniziali includono la
secchezza delle fauci, la diplopia, la blefaroptosi, la perdita
dell'accomodazione e la riduzione o la perdita totale del riflesso
pupillare alla luce. Si sviluppano i sintomi di una paresi bulbare
(p. es., disartria, disfagia, disfonia, espressione facciale flaccida).
La disfagia può causare una polmonite da inalazione. I muscoli degli
34
arti e del tronco e i muscoli della respirazione diventano
progressivamente più deboli in senso cranio-caudale. Non si
manifestano disturbi sensitivi e il sensorio solitamente rimane
integro. La febbre è assente e il polso rimane normale o diventa
bradicardico, a meno che non si sviluppi un'infezione intercorrente.
Gli esami ematochimici di routine, gli esami delle urine e quelli del
LCR sono normali. La costipazione è frequente dopo la comparsa
dei danni neurologici. Le principali complicanze includono
l'insufficienza respiratoria, dovuta alla paralisi del diaframma e le
infezioni polmonari.
Il botulismo delle ferite si manifesta con sintomi neurologici
come nel botulismo alimentare, ma non presenta i sintomi a carico
dell'apparato GI o le evidenze epidemiologiche che implicano il cibo
come causa dell'intossicazione. L'anamnesi di una lesione
traumatica o di una puntura profonda, avvenute nelle 2 sett.
precedenti, può far supporre la diagnosi. Devono essere
attentamente ricercate le lesioni cutanee o gli ascessi cutanei
dovuti all'autoiniezione di farmaci illegali.
Il botulismo del lattante si verifica più frequentemente nei
lattanti con meno di 6 mesi di vita. Il più giovane paziente riportato
in letteratura aveva 2 sett. e il più vecchio, 12 mesi. È causato
dall'ingestione delle spore del C. botulinum, dalla loro
colonizzazione dell'intestino e dalla produzione della tossina in vivo;
contrariamente a quello alimentare, il botulismo del lattante non è
provocato dall'ingestione di una tossina preformata. Inizialmente è
presente una costipazione nel 90% dei casi, seguita da una paralisi
neuromuscolare che inizia dai nervi cranici e procede verso la
muscolatura periferica e respiratoria. I deficit dei nervi cranici
includono tipicamente la ptosi, la paralisi dei muscoli extraoculari,
un pianto debole, una poppata scarsa, un diminuito riflesso del
vomito, la perdita delle secrezioni orali e una faccia inespressiva. La
gravità varia da una letargia lieve, con una rallentata
alimentazione, a una grave ipotonia e insufficienza respiratoria. La
maggior parte dei casi è idiopatica, anche se alcuni sono stati
imputati all'assunzione di miele. Le spore di C. botulinum sono
frequenti nell'ambiente e molti casi possono essere causati
dall'ingestione di polvere microscopica.
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Diagnosi
Il botulismo può essere confuso con la sindrome di Guillain-Barré,
con la poliomielite, con un ictus cerebrale, con la miastenia gravis,
con una paralisi del nervo faciale e con un avvelenamento da curaro
o da alcaloidi della belladonna. L'elettromiografia è utile per la
diagnosi perché produce una caratteristica risposta aumentata alla
stimolazione rapida e ripetitiva nella maggior parte dei casi.
Nel botulismo trasmesso dal cibo, il quadro dei disturbi
neuromuscolari e l'ingestione di cibo probabilmente infetto sono
degli importanti indizi diagnostici. Il simultaneo verificarsi in almeno
due pazienti che hanno mangiato lo stesso cibo, semplifica la
diagnosi, che è confermata dimostrando la tossina del C. botulinum
nel siero o nelle feci o con l'isolamento del microrganismo dalle feci.
La presenza della tossina del C. botulinum nel cibo sospetto
identifica l'origine dell'infezione. Gli animali domestici possono
sviluppare il botulismo mangiando lo stesso cibo contaminato.
Nel botulismo delle ferite, la presenza della tossina nel siero o
l'isolamento del C. botulinum nella coltura anaerobia del materiale
prelevato dalla ferita, conferma la diagnosi.
Il botulismo dell'infanzia, può essere confuso con la sepsi, la
distrofia muscolare congenita, l'atrofia muscolare spinale,
l'ipotiroidismo e l'ipotonia benigna congenita. L'identificazione della
tossina del C. botulinum o del microrganismo nelle feci permette la
diagnosi.
Precauzioni speciali
Poiché anche una minima quantità di tossina del C. botulinum
assunta attraverso l'ingestione, l'inalazione o l'assorbimento
attraverso l'occhio o una soluzione di continuo della cute, può
provocare una grave malattia, tutti i materiali sospettati di
contenere la tossina richiedono una manipolazione particolarmente
attenta. Solo il personale esperto, preferibilmente vaccinato con
l'anatossina del C. botulinum, deve eseguire gli esami di
laboratorio. I campioni devono essere posti in contenitori
infrangibili, sterili e sigillati; refrigerati (non ghiacciati) ed esaminati
appena possibile. Ulteriori dettagli riguardanti la raccolta dei
36
campioni e la loro manipolazione possono essere ottenuti dai centri
di epidemiologia del Ministero della Sanità o dai Centers for Disease
Control and Prevention (in Italia, dall'Istituto Superiore di Sanità,
Roma, n.d.t.).
Profilassi e terapia
Sono essenziali un appropriato inscatolamento commerciale e un
adeguato riscaldamento del cibo inscatolato in casa, prima di
consumarlo. Il cibo in scatola che presenta una qualsiasi evidenza
di inquinamento, come le scatole rigonfie o con delle perdite, va
gettato via. I lattanti con un'età < 12 mesi non devono essere
alimentati con il miele che può contenere delle spore di C.
botulinum.
Chiunque sappia o pensi di essere stato in contatto con del cibo
contaminato deve essere posto sotto un'attenta sorveglianza. Il
lavaggio gastrico con la somministrazione di carbone attivo può
essere utile. I pazienti affetti dal botulismo possono avere
un'alterazione dei riflessi delle vie aeree e quindi il carbone deve
essere somministrato attraverso il sondino nasogastrico e la via
aerea deve essere protetta con un tubo endotracheale cuffiato.
L'anatossina è disponibile per vaccinare le persone che lavorano
con il C. botulinum o con le sue tossine.
Il maggior pericolo per la vita deriva dal danno respiratorio e dalle
sue complicanze. Tutti i pazienti devono essere ospedalizzati e
attentamente osservati con misurazioni periodiche della capacità
vitale. La paralisi progressiva impedisce ai pazienti di manifestare i
segni del distress respiratorio mentre la loro capacità vitale si
riduce. Il danno respiratorio richiede il trattamento in un'UTI dove
sono prontamente praticabili l'intubazione e la ventilazione
meccanica. Il miglioramento di tali misure di supporto ha ridotto la
mortalità a < 10%.
Può essere necessaria un'alimentazione EV, che però non è
raccomandata nei lattanti. Invece, l'intubazione nasogastrica è il
metodo preferito per l'alimentazione perché semplifica la
somministrazione delle calorie e dei liquidi; stimola la peristalsi
intestinale, che aiuta a eliminare il C. botulinum dall'intestino e
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permette la somministrazione del latte materno. Inoltre, evita la
possibilità delle complicanze infettive o vascolari legate
all'alimentazione EV.
Dai Centers for Disease Control and Prevention e attraverso i
dipartimenti di igiene statali, è disponibile un'antitossina trivalente
(A, B, E). L'antitossina non inattiva la tossina che è già legata alla
giunzione neuromuscolare; perciò, le preesistenti alterazioni
neurologiche non si risolvono rapidamente (la guarigione finale
dipende dalla rigenerazione delle terminazioni nervose, che può
impiegare settimane o mesi). Tuttavia, l'antitossina può rallentare o
arrestare l'ulteriore progressione. L'antitossina deve essere
somministrata il prima possibile dopo che è stata fatta la diagnosi
clinica di botulismo. La sua somministrazione non deve essere
ritardata aspettando i risultati dell'esame colturale. È poco
probabile che l'antitossina sia di un qualche beneficio se
somministrata > 72 h dopo l'inizio dei sintomi. Poiché l'antitossina è
derivata dal siero di cavallo, esiste il rischio dell'anafilassi o della
malattia da siero. L'antitossina ricavata dal siero di cavallo non è
raccomandata nei lattanti. Un trial clinico è in corso per stabilire
l'utilità delle immunoglobuline umane antibotuliniche (derivate dal
plasma delle persone immunizzate con il tossoide del C. botulinum)
nel trattamento del botulismo del lattante.
INTOSSICAZIONE ALIMENTARE DA CLOSTRIDIUM
PERFRINGENS
Gastroenterite acuta dovuta all'ingestione di cibo contaminato dal
C. perfringens.
Eziologia
Il C. perfringens è diffusamente presente nelle feci, nella polvere,
nell'aria e nell'acqua. La carne contaminata ha causato diverse
epidemie. Quando la carne contaminata con il C. perfringens viene
lasciata a temperatura ambiente, l'organismo si moltiplica. Una
volta all'interno del tratto GI, il C. perfringens produce
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un'enterotossina che agisce sul piccolo intestino. Solo il C.
perfringens di tipo A è stato definitivamente collegato alla sindrome
da avvelenamento da cibo. L'enterotossina prodotta è sensibile al
calore (75°C).
Sintomi, segni e diagnosi
È più frequente una gastroenterite lieve, con l'inizio dei sintomi da
6 a 24 h dopo l'ingestione del cibo contaminato. I più frequenti
sintomi sono la diarrea acquosa e i crampi addominali. Il vomito è
inusuale. I sintomi si risolvono tipicamente in 24 h; raramente si
possono verificare dei casi gravi o fatali. La diagnosi si basa
sull'evidenza epidemiologica e sull'isolamento del microrganismo in
grosse quantità dal cibo contaminato o dalle feci delle persone
affette.
Prevenzione e terapia
Per prevenire la malattia, la carne cotta avanzata deve essere
subito refrigerata e poi riscaldata completamente (temperatura
interna, 75°C) prima di servirla.
NOTA BENE : TESTO MODIFICATO DAL SITO DI PROPRIETÀ E
GESTITO DALLA MERCK SHARP & DOHME ITALIA S.P.A.
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