Al Mig di Castronuovo Sant`Andrea le incisioni di Raoul Dufy e le

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Al Mig di Castronuovo Sant`Andrea le incisioni di Raoul Dufy e le
Al
Mig
di
Castronuovo
Sant'Andrea le incisioni di
Raoul Dufy e le opere di
Arnoldo Ciarrocchi
Domenica 9 settembre 2012, alle ore 18, in Castronuovo
Sant’Andrea, nelle sale del MIG. Museo Internazionale della
Grafica e nella Biblioteca Comunale “Alessandro Appella”, si
inaugura la mostra di Raoul Dufy che continua il lavoro di
informazione iniziato il 20 agosto 2011 con la storia della
grafica europea e proseguito con Mirò, Degas, Renoir –
Gentilini, Bonnard – Strazza e Matisse – Accardi.
Poiché il MIG convive con la Biblioteca, ogni incontro è
all’insegna di “un libro, una mostra”. Questa volta tocca a
Raoul Dufy (Le Havre 1877, Forcalquier 1953), un altro nome
celebre della storia dell’arte, e al volume di Jean Anthelme
Brillat-Savarin, Aphorismes et Variétés, illustrato con 20
incisioni originali stampate da De Brunel a Parigi nel 1940
per “Les Bibliophiles du Palais” che, per il testo, si
servivano dei torchi di Fequet et Baudier.
Dopo Vollard e Teriade, due grandi editori del Novecento,
entra sulla scena lucana una delle associazioni francesi, “Les
Bibliophiles du Palais”, che molto hanno contribuito alla
diffusione del libro d’arte nel mondo. L’Associazione,
presieduta da Léon Bérard e diretta da Paul Istel, aveva nella
sua commissione tecnica Pierre De Chauveron, Paul Leclére,
Pierre Loewel, André Morillot, e tra i suoi soci personaggi
come Paul Bazille, André Bozo, Etienne Carpentier, Maurice
Degand, Armand Dorville, Henri Dufour, Edgar Faure, Paul
Jacob, Henri Javal, Marcel Laurens, Comte Morand, André Morin,
André L. Picard, Marcel Ragon, Sainte-Beuve, Louis Vogt,
Pierre Weill. Tra il 1924 e il 1940, “Les Bibliophiles du
Palais” pubblica libnri di Balzac, Montesquieu, Colette,
Racine, Verlaine, con incisioni di Dignimont, Laboureur,
Bruller, Daragnés, Moreau. Aphorismes et Variétés, stampato in
duecento copie su carta “Vélin de Rives”, presenta,
nell’esemplare in mostra (il n. 32, destinato a Monsieur
Lionel de Tastes), una suite delle venti incisioni non
segnalata in nessuna delle bibliografie sull’argomento.
Il libro, considerato una summa dell’”apostolo della
gastronomia”, appare in anni di guerra, proprio quando il
dovere civico impone restrizioni e privazioni. In ogni caso,
la scelta dei testi di Brillat-Savarin (L’omelette du Curé,
Les oeufs au jus, Le plat d’anguille, L’asperge, Le poularde
de Bresse, De la fondue, ecc.) e i commenti grafici di Dufy
(La Salle à manger du Curé, La Boucherie, Pêche en mer, Le
magasin de comestibles, Le Paradis Terrestre, ecc.) mirano a
glorificare le virtù della cucina francese. Dufy non si
preoccupa della ricostruzione storica e neppure dell’esattezza
documentaria o della fedeltà ai testi. Per il piacere degli
occhi e dello spirito, la sua evocazione libera e poetica
esalta il godimento dei sensi, la gioia del palato, che La
fisiologia del gusto elargisce a piene mani. Qualcosa della
libertà espressiva dimostrata nella grande decorazione del
Palazzo dell’Elettricità (dieci metri di altezza per sessanta
di larghezza), realizzata per l’Esposizione Universale del
1937 e ora al Museo d’Arte Moderna di Parigi, è rimasta in
questi fogli che mettono in luce una delle originalità
dell’opera di Dufy: il prodigio del suo disegno, carico di
abilità e sapienza ineguagliate, di tesori di fantasia
affidata a linee rapide e precise cresciute nell’incessante
osservazione del mondo visibile, indagando il grande segreto
della vita.
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Raoul Dufy,
Forcalquier
condizioni
l’arte. Il
nato a Le Havre il 3 giugno 1877, è scomparso a
il 23 marzo 1953. La sua famiglia era di modeste
economiche ma ricca di grande sensibilità per
padre, organista e maestro di coro, trasferì a
Raoul ed agli altri 3 figli la passione per la musica. Nel
1891 la famiglia ebbe una grave crisi finanziaria e il giovane
Raoul fu costretto a cercare lavoro a Le Havre. Riuscì,
tuttavia, a iscriversi ai corsi serali del maestro Charles
Lhuillier alla Scuola di Belle Arti della sua città dove
conobbe Othon Friesz che lo aprì alle nuove tendenze
pittoriche elaborate da Matisse. Lusso, calma e voluttà, del
1904, diventa la sua Bibbia: “Davanti a questo quadro, ho
capito tutte le ragioni del dipingere; il realismo
impressionista perse per me il suo fascino, di fronte alla
contemplazione del miracolo dell’immaginazione tradotta nel
disegno e nel colore”.
A Parigi dal 1901, nel 1903 espone per prima volta al Salon
des Indépendants, dove sarà presente fino al 1936. Nel 1906
viene accettato al Salon d’Automne: vi esporrà fino al 1943.
Comincia a frequentare la Costa Azzurra dal 1908 e a fermare
sulla tela, negli acquarelli e nelle incisioni la luce e i
colori del Mediterraneo. La sua passione per Claude Lorrain,
cresciuta al Louvre, viene sostituita da chi parla davvero
alla sua sensibilità: Van Gogh e gli Impressionisti che vede
in rue Laffitte, da Vollard e da Durand-Ruel. Negli anni della
seconda guerra mondiale si occupa anche di scenografia e di
arazzo, fornendo cartoni per le manifatture di Beauvais.
Numerosi i suoi viaggi (Italia 1922, Nizza e Antibes 1926,
Marocco 1935, Boston 1950).
Jean Anthelme Brillat-Savarin, nato a Belley, ai piedi delle
Alpi, nel 1755, scomparso a Parigi il 2 febbraio 1826, è stato
un politico e gastronomo francese. Nel 1789 viene eletto
deputato all’Assemblea Costituente e, in seguito, nominato
consigliere della Corte di Cassazione. Durante il Terrore,
ripara in Svizzera e poi negli Stati Uniti. Rientrato in
patria, dopo la caduta di Robespierre e l’instaurazione del
Direttorio, diventa segretario dello Stato Maggiore
dell’Esercito della Repubblica, riottiene la carica di
consigliere di Cassazione ed è insignito della Legion d’Onore.
Scrive una memoria sul duello e alcuni trattati giuridici, ma
la sua fama è legata a un libro di aforismi e pensieri, La
fisiologia del gusto, che fonde amabilmente scienza,
filosofia, storia, ricordi, aneddoti, osservazioni e consigli
pratici. Il libro, come accadde a La scienza in cucina e
l’arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi, viene pubblicato,
la prima volta, a spese dell’autore. Con Brillat-Savarin nasce
la figura dell’intellettuale gastronomo, autentico cardine,
non solo teorico, della cucina borghese, che darà il via alla
successiva letteratura culinaria. Tra i suoi aforismi più
celebri: L’universo non esiste senza la vita, e tutto ciò che
vive si nutre; Gli animali si nutrono, l’uomo mangia: solo
l’uomo di spirito sa mangiare; Dimmi cosa mangi e ti dirò chi
sei; La scoperta di un piatto nuovo è più preziosa per il
genere umano che la scoperta di una nuova stella; Un dessert
senza formaggio è come una bella a cui manchi un occhio; Cuoco
si diventa, rosticciere si nasce; Invitare qualcuno a pranzo
vuol dire incaricarsi della felicità di questa persona durante
le ore che egli passa sotto il vostro tetto; Coloro che fanno
indigestione o si ubriacano non sanno mangiare. Balzac ha
scritto: “Brillat-Savarin, del cibo non coglie tanto l’aspetto
edonistico ma soprattutto quello sociale ed è questo che rende
la sua opera così moderna”.
La mostra, a cura di Giuseppe Appella, attraverso le incisioni
di Dufy e immagini, documenti, libri, cataloghi, film, mette
in luce tutto questo lavoro anche in relazione all’attività
didattica che, all’insegna di “La cultura del cibo lucano”, il
MIG intende svolgere, per tutto l’autunno, dedicandola ai
bambini e ai ragazzi dei paesi gravitanti nel Parco del
Pollino e di quelli limitrofi.
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In controcanto, come è già avvenuto per Renoir (Gentilini),
per Bonnard (Strazza), per Matisse (Accardi) il MIG, mediante
una scelta di 40 opere grafiche degli ultimi 50 anni, si
propone di segnalare, con Arnoldo Ciarrocchi, quanto gli
italiani abbiano guardato e studiato gli artisti europei. Ne
vien fuori, dagli esordi della Scuola del Libro di Urbino
(1934), con riferimenti quali Dürer, Rembrandt e G. B.
Piranesi, agli anni della Calcografia Nazionale (1938-1958),
la capacità in Ciarrocchi di vedere l’incisione come lo
strumento più affine alle sue possibilità espressive. Si
assiste, allora, ai recuperi immaginativi della campagna
romana e di Roma antica, doppiati dagli abituali percorsi
civitanovani che inquadrano uno scenario fremente e limpido
che coinvolge lo spettatore, alla sfilata infinita di
personaggi analizzati negli istanti di una quotidianità che
estenua e ravviva la forma facendone il riflesso degli
intrecci del pensiero (1960-2000). Tra una figura e l’altra,
il gruppo staordinario dell’Asola (1978-1982) in cui meglio
non si poteva esprimere l’emozione della luce, la sonorità
delle ampie stesure di quel solo vero colore ch’è il nero, il
sentimento della vita.
Arnoldo Ciarrocchi nasce a Civitanova Marche nel 1916. Vi
muore nel 2004. Dopo aver frequentato la Scuola del Libro di
Urbino (1932-1936), si trasferisce a Roma. Ha tenuto mostre
personali, dal 1940, nelle più importanti gallerie d’arte, e
antologiche nei musei di Roma (1950), Venezia (1961), Lugano
(1988), Modena (1991), Roma (1993), Civitanova Marche (1997).
Numerose le sue partecipazioni alla Biennale di Venezia (dal
1942 al 1962), alla Quadriennale di Roma (dal 1939 al 1972) e
alle più importanti mostre internazionali di grafica (da
Caracas, del 1939, a San Paolo del Brasile, del 1979).
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La mostra, patrocinata e sostenuta dal Comune, dalla Pro Loco
di Castronuovo Sant’Andrea, dall’Ente Parco Nazionale del
Pollino, resterà aperta fino all’8 dicembre 2012, tutti i
giorni, tranne il lunedì, dalle 17 alle 20 (la mattina per
appuntamento).
L’ingresso è gratuito.
La prossima mostra: dal 9 dicembre 2012 al 9 marzo 2013
Jean Cocteau, Picasso dal 1916 al 1961, Editions du Rocher,
Monaco, 1962, e 40 litografie e incisioni di Afro.