rassegna storica salernitana
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RASSEGNA STORICA SALERNITANA RASSEGNA A STORICA SALERNITANA CURA DELLA SOCIETÀ SALERNITANA DI STORIA PATRIA Direttore : E. G U A R I G L I A Comitato di Redazione: A. COLOMBIS - V. PANEBIANCO M. A D IN O LFI - Segretaria di Redazione Direzione e Amministrazione: Salerno - Via F. Cantarella, 7 Redazione : presso il Museo Provinciale di Salerno ABBO NAM EN TO A N N U A LE per l’ Italia L. 2000 - per 1’ Estero L. 2 500 Fascicolo separato L. 800 - Fascicolo doppio L. 1400 Anno X IX (1958) N . 1-4 S O M M À R I O A. Acocella - La figura e l’opera di Alfano I di Salerno (sec. XI) - Profilo biografico . . . . . . . pag. 1 » 75 » 87 Varia : A. Schiavo - L’ architettura negli avori di Salerno e ipotesi sulle loro origini . . . . . . . D. Sim. Leone O. S. B. - La Bibbia dell’ abate Raynaldo e il miniatore del ’300 Cicco de Senis . . . B. Cappelli - Note su alcuni monumenti medievali di Tegiano . . . . . . . . . . 94 P. Are. Pergamo O. F. M. - Il convento della SS. Trinità di Baronissi . . . . . . . . *101 In mtmoriam: Giuseppe Zito . . . . . . » 142 ATTI DEL CENTRO DI STUDI DI M E D IC IN A MEDIOEVALE L. C a s s e s e • Agostino Nifó a Salerno . . . . pag. 3 RASSEGNA STORICA SALERNITANA XIX - 1958 Ricorrendo il IX Centenario della consacra zione d i Alfano I ad Arcivescovo d i Salerno — com'è stato, quest'anno, ricordato con Vapposizio ne d i una lapide nell ’A trio d e l Duomo — abbia mo ritenuto doveroso, p e r questa Rassegna, ri chiamare V attenzione degli studiosi su una delle maggiori figure della cultura europea nel M edio evo, quale indubbiam ente fu Alfano: gloria di Salerno e, quindi, d ' Italia. Siamo, perciò, assai grati al rev. prof. Nicola Acocella che, con vero intelletto d ' amore, ha vo luto delineare questo profilo biografico d i Alfano, che riportiam o nel presente volum e, rinviando al successivo la p ubblicazione d i un saggio critico sull'opera di Alfano, con cui il nostro apprezzato collaboratore offre agli studiosi una com pleta rassegna critica sulla fortuna d ì Alfano nella cri tica moderna. La figura e l’opera di Al[ano I di Salerno (sec. XI) PROFILO BIOGRAFICO 1 . — LA NASCITA E LA FAMIGLIA. Alfano nacque a Salerno, p r o b a b ilm e n te nel secondo decennio del secolo XI. Le cronache e i d ocum enti, che di lui p a rla n o , non ne h an n o tramandato Fanno di nascita, con form em ente a ir a b it u d in e degli a n tichi, che in genere non si preoccupavano di fissare u n a simile data, per personaggi anche im p o rta n ti. Soltanto in base a calcoli con getturali, sono state p ro po ste — m a in epoca piuttosto recente — delle date, che oscillano tra il 1010 (D e Santi) e il 1020 (D e Renzi). L ’opin io ne oggi più co m u nem en te seguila si appoggia all’a utorità dello Schipa. il quale pensa che A. sia nato tra il 1015 e il 1020. Nè è pensabile che si riesca m ai a stabilire un a data cronologicamente sicura p a rte n d o da taluni vaghi p u n ti di r i ferimento, costituiti dai posteriori, e p iù rilev an ti, episodi della vita del Nostro, o da espressioni generiche che è dato cogliere qua e là nei suoi scritti, che p ure talvolta presen tano notevole interesse storico. Nulla, o ben poco, p e r l’indagine che ci interessa, p o tre b b e si gnificare un particolare caratteristico, tr a m a n d a to da A m ato di Montecassinn (1. IV, c. 39): questi assicura che nel 1062 Alfano, reduce da u n fortunoso viaggio in O riente, dim ostrerà un aspetto v enerabile, per la « gran barba » da levantino, la quale suscitò, secondo il cron i sta, lo s tu p o re di R oberto il G uiscardo. I n d e te rm in a ta — p e r la sua stessa lata accezione e p e r il contesto in cui è a d o p e r a ta — è p ure l’età (senectus) che il Nostro rife rirà ad u n period o della sua vita, in u n lungo co m p o n im e n to polim etrico a sfondo autobiografico, da lui re d a tto , come è stato rilevato, intorno a ll’a. 1077 : la Oratio seu Con• fessio metrica (v . 111). Q uest’a m p ia lirica (c h e a lte rn a , in 415 versi, b ra n i in distici eie* giaci a b ra n i in esam etri dattilici co n tin u ati, c o rrisp o n d e n ti alle parti di u n mistico dialogo tra l’autore e il Cristo) r ie n tr a , p e r il c a ra ttere misto di p re g h ie ra e confessione, nella trad izio ne di q uella tipica le t te r a tu r a in tro spettiv a attraverso cui p a rla ro n o di sè, con cristiana um iltà , sommi intelletti, da S. Gregorio di N azianzo e da S. Agostino al P e tr a r c a , ed è, da questo p un to di vista, m olto utile p e r la com prensione dei c a ra tte ri e dei tem i che circolano in tu tta l’o p e ra di Alfano e p e r la delineazione d e ll’in te rio re r itr a tto s p iritu a le di lui, specialm ente n e ll’u ltim o period o della sua v ita ; m a n ulla , o quasi, dice dello svolgimento esteriore e cronologico dei m o m e n ti della bio grafia del N ostro, come ci si p o tre b b e a tte n d e re dal titolo. La biografia di A. sarà p e rta n to desunta e ricostru ita dalle fon ti che saran no in d ic a te : la Oratio seu Confessio metrica — q u a n tu n q u e tro p p o diffusa, e ap p e s a n tita da abili ma fre d d i artifici r e to rici e da eccessivi ric h ia m i biblici e teologici, e p p u r e non priva a tra tti d ’intensa vibrazione lirica — può c o m p le ta re il profilo b io grafico del Nostro, se sia assunta come esposizione p ro g ra m m a tic a d e ll’ideale ascetico quale fu vissuto da u no S p irito p ro fo n d a m e n te re ligioso del Medioevo. Si vedrà così, fuori dagli schemi di u n a sto rio grafia sorpassata, che in Alfano convissero e si arm o n iz z a ro n o sen tim e n ti solo in a p p a re n z a c o n tra sta n ti: la coscienza della fragilità e della colpa, p r o p r ie della condizione u m a n a , accanto ad u n virile e dignitoso senso agonistico della v irtù operosa e pu rific a tric e; la con sapevolezza accorata del do m inio del m ale e di S atana sul m ondo, d ila n ia to dagli odi e m acchiato dal peccato d ’origine, e insiem e l’e saltante persuasione d ella supre m a z ia delle a rm i della F ed e e della G razia, contro gli a lle tta m e n ti e la vanità delle ricchezze e della p o te n z a ; il tim ore della severità del G iudice divino, im p la ca b ile nella c o n dann a, e u n a confidenza filiale n ella b ontà m isericordiosa del R e den to re, che, col suo esem pio e il suo aiuto, incita al bene l ’uom o, sollevandolo « oltre l’antico o n o r ». A nche della fam iglia di A lfano si h a n n o poche notizie sicure. Leone M arsicano ( C hron. Cas., I I I , 7) dice di lui che fu u n nobilissì - mas clcricus ; dallo stesso cronista e (la A m ato ( /. c.) si sa che ebbe fratelli che saranno accusati di aver p arte c ip a to , con altri « p a re n ti e amici » del p rin c ip e , alla congiura che spense G ua im a rio V . Non su altre testim onianze che su queste, si sono fo nd ati tutti gli glorici successivi che h a n detto Alfano o, genericam ente, longobardo di nobile origine, o a d d ir ittu r a im p a re n ta to con la famiglia dei prin c ip i longobardi di Salerno ( 1). Non pare degna di esser presa in c on side ra zione l ’asserzione di qualche scrittore ( 2 ) che vorrebbe Alfano nato dalla famiglia dei conti dei Marsi, perchè a tale discendenza risalgono di solito i genealogisti qu an do vogliono assegnare u n 'o rig in e eletta alle famiglie italiane. Il nome A 1 f a n u s ( Alfanus e non Alphanus è la pili esatta g ra fia di esso, così come è attestata dalla collazione paleografica di quasi tutti i docum enti autentici d e ll’epoca) fu diffusissimo nella on om asti ca, e persino nella toponom astica, di tu tta l'a re a lo n g o b a rd a ; q u a lc u no a p p u n to l’h a detto di derivazione linguistica longo barda ( 3 ) . C er to. dal Codex D iplom aticus Cavensis e da altre fonti si ricava l'e si stenza di qualche « Alfano » che vive « secondo la legge dei Longo bardi ». C oordinando tutti questi sparsi e lem enti ed a ltri labili in dizi, taluni autori (4 ) sostengono che tutte le persone che p o rta ro n o il nome di « Alfano », e qu indi anche il N ostro, furon m e m b ri di un ceppo unico, di stirpe lon gobarda, e legato da p a re n te la con i p r i n cipi regnanti. Ma lo Schipa (5) sottolinea il pericolo delle g eneralizza zioni, perchè già dal sec. IX era avvenuta la mescolanza dei nomi tra stirpe longobarda e latina. Solo più tardi si può rin trac c iare a Salerno u na casa degli Alfanidi (6). (1) Ad es. D e l P e z z o , Racconto istorico d. città di Sulerno ( m s . della Bibl. Naz. di N apoli) cit. in D e ’ S a n t i , M em orie d e lle Fam iglie nocerine, N apoli, 1887, II, p. 84, n. 2 ; cfr. anche G. G i e s e b r e c h t , L ' istruzione in Italia nei p rim i secoli del M edio Evo, trad. ital., Firenze, 1895, p. 54; M. S c h i p a , Alfano I arcivescovo di Salerno, S*lerno, 1880, p. 9; ecc. E ’ da notare chè Leone Ost. determ inò esp li. eitamente, per l ’abate Desiderio, che era parente dei principi longobardi di Bene, vento e Salerno (Chron. Cas., I l i , 1-4). (2 ) C a n d id a - G o n z a g a , M em orie delle fam iglie nobili, III, 207. (3 ) W. B r u c k n e r . Die Sprache der Langobarden, Strassburg, 1895, p. 220; U. W e s t e r b e r g h , n ell ’indice al Chronicon Salernitanum , Stoccolma, 1956, p. 333; P. C a p p a r o n i , Il « De quattuor hum oribus corporis hum ani » di Alfano..., Roma, 1928, p. 9, nota. Recentemente il Serra ha sostenuto la derivazione latina del nome. (4) Ad. es. M. D e ’ S a n t i , op. c it., I, pp. 13 sgg., e passim ; v. anche tav. I. (5) M. S c h i p a , Storia d e l P rincipato longobardo d i Salerno, in « Arch. Stor. p. prov. napol. », XII (1887), p. 110, n. 1. (fi) P e t r i A n s o l in i D e E b u l o , De rebus Siculis carm en, e d . Rota. RR.II.SS.2, XXXI, w . 456 s g ., e p. 64 n. Un docum ento d e ll’Arch. cav., del 1041, dice che tali « Petrus et Alfanus, clerici et medici, filii quondam P etri clerici et m edici », da n n o in censo, col benep lacito di A m ato arcivescovo di Salerno, u n a te rra in N ocera, che i due tengono in beneficio da p a r te d ell'arcivesco vo stesso (CDC., VI, p p . 142 sgg.). Lo Schipa (1 ) ritie n e che q u e ll’Alfano chierico e medico possa benissimo essere il nostro, contro l ’avviso del De Renzi, che, con arg om entazion e non convincente, pensò tra t tarsi di altro pre c e de n te medico, e p e rta n to stabilì u n elenco p ro g re s sivo dei medici salern itani di nome A lfano che talvolta h a ingenerato confusione ( 2). R iten iam o, ad ogni m odo, che sia o p p o r tu n o con servare al Nostro la n u m e ra zio n e , orm ai invalsa n e ll’uso, di « A l f a n o I », così p e r distinguerlo dal suo om o nim o successore sulla cat te d ra arcivescovile, come p e r situarlo, se si vuole, nella serie dei m e dici che p o rta ro n o il nom e di Alfano (3). 2. — LA FORMAZIONE CULTURALE A SALERNO E ALTROVE. Le p rim e notizie, storicam ente accertate, su A lfano, e che r i gu ardano episodi f o n d a m en tali e d e te rm in a n ti della sua vita, si rifescono all’anno 1054 ( e non al 1055, come pensò il M a n itiu s ) e sono q uelle con cui egli a p p a re alla rib a lta della storia nel celebre Chronicon Casinense di Leone Ostiense ( lib r o II I , cap. 7). E r a n trascorsi i p rim i q u a r a n t a n n i , circa, della sua vita, anni di fervida operosità in te lle ttu a le , qu ali forse il N ostro non conoscerà m ai p iù. Dalle p arole con cui il cronista lo pre se n ta , a p p a r e che fin da allora A lfano, prudentissimus et nobilissimus clericus, aveva il segreto di sa p e r conciliarsi subito la benevolenza e il rispetto di q u a n ti l ’av vicinassero, ob m axim am eius prudentiam . E ra p ro fo n d a m e n te versa to nella musica e nella m e d icin a : m iram cantandi p e r itia m , et medicìnae artis scientiam non parvam habebat. (1) M. S c h i p a , Alfano / ..., cit., p. 11 in n. (2) S. D e R e n z i , Storia docum entata d. Scuola m ed. d i Salerno, N apoli, 1857, p. 167. . C fr. C . C a r u c c i , Un com une d e l nostro M ezzogiorno, Subiaco, 1947, pp. 24, 72, 83, 87. (3 ) Solo per amore di com pletezza ricordiamo che si ha notizia di un altro Alfano chierico e m edico nel 1078: S. D e B l a s i o , Series prin cipu m qui Longobardo rum aetate Salerni im perarunt, N apoli, 1785, App., p. XXL Un altro Alfano, an cora, detto soltanto chierico, e probabilm ente già morto nel 1054, è ricordato in C .D .C ., V II, 258. Cfr. purè A. S in iv o , Vicende d ella Scuola e dell ' alm o C ollegio salern., Salerno, 1950, pp. 114 sg g . Lo Schipa avanza l'ipotesi che il Nostro abbia studialo la medi* cina alla scuola del famoso G u a rim p o to (1). N on era, di certo, sol tanto un medico p ratico, se nel 1054, costretto ad uscire fo rtu n o sa mente da Salerno, riuscì a p o r ta r via da casa con sè eiusdem artis co dices nonnullos: una collana di testi a m orosam ente raccolti e custodi ti negli anni della pensosa giovinezza. La m edicina (fisica) a p p a r te neva nel M. E. al grado superio re degli studi, dopo il Trivio e il Q u a driv io ; r a p p r e n d im e n t o della musica era insep arab ile da quello della gram m atica e della retorica p erchè essa trovava posto a p p u n to tra le discipline del Quadrivio ( 2 ): basterebbe già solo questa con statazione a darci la m isura degli interessi cu ltu ra li del giovane, b r i l lante chierico, se non soccorressero tan ti altri elem en ti di giudizio ad avvalorare e a m p lia re una tale deduzione. Alfano, poi, nella sua successiva esperienza di monaco e di p r e lato, avvertirà il bisogno di integrare la cu ltu ra giovanile con la d o t trina delle discipline sacre. E, infatti, se di lui dirà Leone Ostiense, con giudizio complessivo, che A. era stato l'uomo p iù d otto dei nostri tem p i, « qui et scientia et e loqu e ntia in c o m p a ra b ilite r lune pollebat » (3), P ie tro Diacono avrà cura di aggiungere che fu anche « vir in scripturis sonctis eruditissimus et notitia ecclesiasticorum dogmatum ad plenum ìnstructus » (4), apre n d o così la strad a a ll’elogio, più incisivo e p iù com prensivo, che sul N ostro p ro n u n z ie rà molto più lardi u n ben em erito dei nostri s lu d i: « Philosophus, theologus, ac orator celeberrimae opinionis, pocticaeque artis disertissimus » (5). Ma è chiaro, come del resto h a n n o osservato quasi tu tti gli studiosi che di lui si sono occupati, che a Salerno ha messo Alfano le basi del suo corredo culturale. N el corso del lungo, paziente tirocinio giovanile, egli aveva coni* piuto metodici studi di g ram m atica, di retorica, di tu tte le arti lib e rali (p e rsin o di astro n o m ia ); era riuscito a scaltrirsi nella conoscen za della lingua greca, oltre che d ella la tin a , assimilandosi la p a rte migliore dell’antica l e tte r a tu r a ; e fin alm en te s’era ad destrato alla r i cerca eru dita e sp erim en tale su specifici argom enti di m edicina (6). (1) M. S c h i p a , Alfano /...., cit., p. 9. (2) A. V iscardi, Le O rigini, M ilano, 1957, pp. 35, 95, 151, 157 sg. (3) Epist. dedic. al Chron. C as.f M G H , SS, VII, 574 sg. (4 ) Chron. Casin., I l i , 35; MGH., SS., V II, 728; P. D iac., De viris ili. Casin., c. 19 : A. L en tin i, Rassegna d e lle poesie d i Alfano da Salerno, in « Bullett. d. Ist. Stor. It. per il M.E. », Roma, 1957, p. 214. (5) Il Mari n ell ’ediz. di P. D iac., P. L., v . 173, 1029. , (6 ) Gli elem enti che concorsero a sostanziare la cultura di A. si possono de•umere anzitutto dall ’esame interno delle sue opere: cfr. ad es. M . M a n i t i u s , . I n genere, gli sc rittori che si sono occupati di A lfano, in tendo no la qualifica di « clericus », che gli è a ttr ib u ita da Leone, nel senso stretto di « ad detto alla chiesa » e q u in d i di « iniziato alla vita ec clesiastica », e no n in quello generico di « dotto », come spesso fu i n teso nel M.E. il te rm in e ( 1). Certo è però che Alfano in questa p r im a p a rte della sua vita doveva avere smesso il propo sito di avan zare n el l’acquisizione degli o rd in i sacri, se ancora nel 1058, come vedrem o, no n aveva assunto il pre sb ite ra to. La d o ttrin a , solida e vasta, che A. si è fo rm a ta nella sua giovi nezza, a Salerno, è u n a prova storicam ente v a lid a « d e ll’esistenza de' mezzi di u n a ben regolata istruzione scientifica », come ben vide il De Renzi ( 2 ) , e non solo nel cam po della m edicina, m a anche in quello della g iu risp ru d e n z a e delle lettere. Cosi si spiega il fatto che, in quegli anni, Salerno fu p a tr ia di Alfano e di A m ato, « vale a dire del p iù e ru d ito d e ’ poeti e del p iù copioso degli storici allor v iv en ti » (3), di G uaiferio, e di medici famosi nel m ondo. D e ir a m b ie n te cu ltu ra le della sua città, p e r qu el che si riferisce agli studi di m edicina, lo stesso Alfano lascerà p iù ta rd i u n a testim o nianza d ire tta, in u n q u a d ro vivo e p a lp ita n te di nostalgici ricordi, con i famosi versi dell'od e A d G uidonem (vv. 21 - 22): Tum m edicinali tantum florebat in arte posset ut hic nullus languor habere locum . E no n e ra solo affetto di figlio quello che ispirava ad Alfano tali p arole, se p iù ta rd i uno storico anglo, O rderico V itale (see. XII), p a r lando p ro p rio di questo period o, ric o rd e rà u n fisico che nel sec. XI Geschichte d e r lateinischen L iteralur des M ittelalters, II, Monaco, 1923, p. 619; la sua conoscenza del greco è esplicitam ente dichiarata nei codici che hanno con servato il suo trattato dei P olsi e la sua traduzione di Nem esio : v . P. C a p p a r o n i , Il «.Tractatus de pulsibus » d i A..., Roma, 1936, p. 14; C. B u r k h a r d , N em csii cp. prem non P hysicon .... a N. A lfano... in Latinum translatus, Lipsia, 1917, p. 5; P. O. K r is t e l l e r , La Scuola d i Salerno, trad. di A. C a s s e s e , Salerno, 1955, p. 19. Come è detto esplicitam ente per un argomento (« studiose... pulsuum notitiam p e r q u is iv i »), si potrebbe dire per tutti gli argomenti di m edicina toccati dal Nostro, anche se gli originali dei suoi trattati m edici non siano a noi giunti. (1 ) F . U g h e l l i , Italia Sacra, V II2, 380; G . G i e s e b r e c h t , o . c., 54; M. S c h i p a , A lfano /..., cit., p. 11; G . P a e s a n o , M em orie per servire alla storia della Chiesa Salernitana, I, p. 112; G . F a l c o , Un vescovo po eta d el sec. X I, Alfano di Salerno, in « Arch. d. Soc. Rom. di st. patria », XXXV, (1911), p. 443. Alla stessa ipotesi accede in fondo anche A. S i n n o ( Vicende d. Scuola..., cit., pp. 16 sg.), che' pure volle sostenere il carattere laicale della Scuola di Salerno. (2) S. D e R e n z i , o . c ., p. 189. (3) M. S c h i p a , Storia d . P rincipato, cit., p. 553. fu « in urbe Psalernitana, ubi maximae medicorum Scholae ab anii* quo tem pore habentur » (1). Certo, la città m e d ite rra n ea , « gareggiante nella c u ltu ra con le m igliori di O ccidente » (2), possedeva da tem po un a Scuola, che da u n recente autorevole studioso è detta « a buon diritto famosa come la p rim a Università d e ll’E u ro p a medievale e come uno dei p rim i e più cospicui centri di m edicina » ( 3), e da u n altro studioso, che p u re ha girato l’E u ro p a a rin tra c c ia re i codici della m edicina p re sa le rn ita n a, « la p rim a grande scuola medica d ell'O ccidente » (4). Anche dalle opere di A. gli storici del diritto h a n n o tratto p r e ziose testim onianze sulla organizzazione della c u ltu ra a Salerno. E ’ stato così messo acutam ente in rilievo, dal P e rla , come Alfano, il qua. le « sentì l’antico ideale di R o m a, e ad esso ricongiunse, egli amico di Gregorio V II, il concetto della sup re m a z ia di R o m a p a p a le », a b bia, in due sue liriche, espressioni tecniche (« tueri publìca iura », « ut stringai solitis legibus orbem ») che lasciano in tra v e d e re il r in a scente concetto dello Stato latino e u n ’intuizio ne del valore storico del diritto quale forse non ebb ero i glossatori, « che si affaticheranno poi su la lettera de’ testi non sem pre raggiungendo il senso vero e la idea dom in atrice ». Da questi accenni e da tutto il co ntenuto d e ll’ode alfaniana A d Rom ualdum causidicum Salernitanum il P e r la trae la prova « del culto degli studi giuridici in Salerno nel secolo XI: stu di che non potevano r ig u a rd a re se non a p p u n to il d iritto rom an o ». E p e rta n to conclude: « Salerno d u n q u e nel secolo XI, m olto p rim a della scuola di Bologna, e c o n te m p o ra n e am e n te a’ p rim i b arlu m i di u n a scuola e di u n collegio d ’avvocati nella greca R avenna, di cui p a rla S. P i e r D am iano, aveva già u n collegio di avvocati e u n a g iu ri sprudenza colta, che si giovava d e ’ lenocinii della fo rm a, cui s’in te ressava il popolo p e r i bisogni della vita g iuridica » (5). (1) 0 . V i t a l e , H istoriae ecclesiasticae lib ri X III, ed. Duchesne, « Scriptor. Hist. Normann. », p. 477 ( Psalernitana è nel testo). ( 2 ) M. S c h i f a , Stor. d. Princ., cit., p. 533; R. T r i f o n e , I fram m en ti delle consuetudini di Salerno, Roma, 1919, p. 17. (3) P . 0 . K r i s t e l l e r , o . c . , p p . 5, 13. ( 4 ) A. B e c c a r ia , I codici d i m edicina d e l periodo presalernitano, Roma, 1956, p . 77. (5) R. P e r l a , D el D iritto romano giustinianeo n. province m erid. d ' Italia prim a d e lle assise normanne, in «Arch. stor. p. le prov. napol. », X (1885), pp. 164 sgg. Cfr. anche le analoghe conclusioni dello S c.h u p f e k , in « Atti d. Lincei », IT, 1886, p. 365; M. S c h i p a , St. d. Princ., cit., 533; C . C a r u c c i , Un com une d. nostro M ezzogiorno n. M .E., Subiaco, 1947, pp. 19, 131, 155, e la bibliogr. cit.; A. S i n n o , Vie. d. Scuola, cit., pp. 7 sgg. H a supposto il Sinno ( 1) che Alfano a b bia ricevuto, a lm eno in p a r te , la sua form azione le tte ra ria e scientifica nel m on astero sa le r nitan o di San B enedetto, che fu anche fiorente centro c ultu ra le e di cui poi il N ostro sarà p e r breve tem po abate. L ’am b ie n te e il tono della cu ltu ra in San B ened etto di Salerno son d o c u m en tati, p e r il sec. X, da tutto il sottofondo d o ttrin a le e scolastico che è dietro il Chronicon Salernitanum (sc ritto p r o p r io in q uel chiostro), secondo le risultanze degli studi recenti di M. M anitiu s e U. W e sterb e rg h ( 2 ) ; alcuni au to ri h a n n o anche afferm ato che annessa al m onastero c’era u n 'in f e r m e r ia , che avrebbe p otuto costituire u n p o ’ il la b o ra to rio spe rim e n ta le p e r quelle nozioni p r a tic h e e d id a ttic h e di m edicina che venivano im p a rtite nelle scuole cenobiali (3). E ’ p ro b a b ile che le tradizion i cu ltu ra li di San B enedetto continuassero fino ai tem pi di Alfano, anche p e r i r a p p o r ti che intercorsero tra questo m onastero e M ontecassino, nel circolo di qu ella che può dirsi l'in te rn a z io n a le c u ltu ra le b e n e d e ttin a del M. E. In una città di poche m igliaia di ab itan ti, recinta da possenti m u ra , i m u tu i influssi tra scuole ceno biali e scuole laicali (se ne esistettero) dovevano essere la norm a e n on l ’eccezione. Dal contesto di due c om p onim e nti poetici di A lfano, il Falco h a tra tto la conclusione che il Nostro allargò i suoi orizzonti in te lle t tuali uscendo p e r un p o ’ da Salerno e fre q u e n ta n d o il centro c u ltu r a le, allora im p o rta n te , di Aversa (4). E, certo, l’esaltazione di Aversa come di u n a città che il fervore delle d isp ute filosofiche r e n d e non « dissom igliante da Atene » ( A d Goffrit episcopum Aversanum) e la r a p p re se n ta zio n e di G uglielm o, il « g ram m atico », acclam ato e f o r tu n a to tra i dotto ri di q uella città p rim a che indossasse l ’abito m o n a stico a Montecassino ( A d G uilielm um eiusdem loci grainmaticum), h a n n o u n colorito locale così vivo da r e n d e re plausib ile la supp osizio ne del Falco. A nche i precisi accenni a ll’am b iente cu ltura le e all’ubicazione del m onastero di S. Clem ente di C asauria, n e ll’A bruzzo, c o n te n u ti nell ode A d Transmundum pueruin scholasticum, possono esser (1) A. S in n o , V icende d. Scuola..., cit., p . 16. ( 2 ) A. V is c a r d i , Le O rigini, c it., p . 1 6. (3 ) A. V i s c a r d i , o. c., p. 57 ; a p. 5 3 1 si parla espressamente d ell ’insegnamento della m edicina a M ontecassino. Il primo istituto ospitaliere della città di Sa lerno fu quello annesso alla Chiesa di S . Massimo, secondo il S in n o , Vicende dei B en edettin i e d i S. Massimo d i Sai., in « Arch. Stor. d. prov. di Sai. », IV (1 9 3 4 ) , 57 sgg. (4 ) G . F a lc o , o. c ., p . 443. presi come indice di una sia p u r breve d im o ra in quel centro, che si distingueva p e r il fervido interesse con cui vi si coltivavano la re to ri ca e la filosofia. Della dim o ra di Alfano a S. Sofia di Benevento e a Montecassino diremo a suo tem po. Basti qui rilevare che dei fecondi contatti c u l turali che il Nostro ebbe nella cerchia dei dottissimi m onaci cassinesi dell’epoca ( ta n to che A. viene di solito in q u a d ra to n e ll’am b ie n te d el la c ultura di Montecassino) — in cui con m ira b ile concordia si con ciliava l’am ore ai sacri studi con il p iù vario interesse p e r tutte le arti lib erali e le scienze p rofane — sono am pie e precise testim o nianze i carm i alfaniani A d A tton em episcopum Tlieatinum e A d Theodinum monachimi Casinensem. Queste ultim e composizioni m etriche del Nostro, come anche quelle p recedentem en te rico rdate, sono sto ricam en te notevoli perchè contengono p u n tu a li e caratteristici accenni a ll’organizzazione degli studi, n e ll’Italia M e ridionale, q ua n d o già erano p e r tra m o n ta re i vivaci e rissosi staterelli longobardi. Le feconde esperienze spiritu a li di Benevento e Montecassino furono, però, esperienze della m a tu rità , che p erfezionaron o e a m p lia rono — come si è detto sopra — un a cu ltu ra già f o n d a m e n ta lm e n te e organicam ente acquisita a Salerno, dove ebbe la p rim a istituzione anche Guaiferio, squisito versificatore co n tem p oran eo di A., dove più ta rd i si fo rm era nn o due tra i maggiori scrittori del sec. X II: R om ualdo G u a rn a e P ie tro da E boli ( 1 ) . Dopo tutto, al Nostro in seguito sarebbe m ancata q uella lunga calm a che sola p e rm e tte il p rofondo assorbim ento di ogni studio. Degli aspetti e del significato della c ultura alfa n ia n a si dirà a m pia m e n te , nelle pagine in cui sarà criticam ente v a lu ta ta la sua opera. (1) A. V is c a r d i . o. c., pp. 179, 210 sg., 230. sgg., 239 — Che Salerno fosse un centro dei più vari interessi culturali, può desumersi anche dall ’attività degli agiografi e dei liturgisti: cfr. A. V is c a r d i , ib id ., p. 417. . II G ay ( L ’Italia m eri, dionale e l ’im pero bizantino..., trad. ital., Firenze, 1917, p. 556) afferma che « Salerno e Montecassino sono i due centri ove la rinascita delle lettere e degli studi si manifesta con maggiore intensità, ove appaiono gli uom ini più notevoli di questa epoca, i soli che con le loro opere abbiano lasciato un nome » : tra que sti Alfano. — lo — 3. — L ’UCCISIONE DI GUAIMARIO V E LA CRISI SPIRITUALE DI ALFANO (1052 - 1053). N e ll’ode di A lfano A d G uidonem è im m aginosam en te r a p p r e s e n ta ta la flo rida situazione, econom ico - politica, a ttraversata d a lla Salerno della sua giovinezza studiosa, d u ra n te il v e n ticinq uen nio del p r in c i pa to di G u a im a rio V ( p a d r e di Gisulfo II e di Guido). T ale ra p p r e s e n . tazione può essere stata in p a r te d e tta ta d al sentim ento nostalgico d e ll’autore, m a è sostanzialm ente esatta, p e rch è A. a p otè ip e r b o le g giare p e r carità di p a tr ia o necessità di m e trica , m a n on m e n tire del tutto » (1). C anta il po eta, rivolto a Guido : « Discendenza da stirp e regale vantava colui d i cui ti si celebra figlio: il prin cipe G uaim ario, grande condottiero. S otto il reggim ento d i costui, Salerno, ch ' è ora ristretta in angustie, fu più flo rid a d i Rom a, regina d e l L azio: i Lucani, i B eneventani, i Calabresi, i Capuani, e i P ugliesi, tu tti, furono, in guerra dom ati, suoi su dditi. Il Garigliano segnava l ' inizio d el suo dom in io, la città d i Reggio il term in e: ma non fu bastevole a Salerno disporre d i tanta p o ten za : l ’arricchì infatti d i rare m ercanzie e d i oro q u e ll ’O riente sulle cui regioni am pia s ' avvolge l ' orbita d e l sole; e perfino Cartagine, che già fu am biziosa em ula d ella poten za di Rom a, s ' affrettò a dare abbondanti don ativi in pegno di pace. I re d i Germ ania ricevettero m olte v o lte , in dono munifico, la pregiata m oneta d ella sua zecca. Era, in quel tem po, Salerno tanto fioren te nell ' arte della m edicina che in essa nessun m orbo aveva la forza d i allignare (2). Il G u a im a rio a cui A. dà l’ap pellativ o di « Magno » è c o m u n e m ente considerato, dopo gli studi dello Schipa, il V di quel nom e. Associato al trono dal p a d re , G u a im a rio IV , nel 1018, ebbe, giovanis simo, il po tere da solo nel 1027 e resse il p rin c ip a to sino al 1052. A m ato di Montecassino nella sua Storia d e i Normanni ne tracciò u n r i tr a tto ra p id o e nervoso ( I I , 2), e ne cantò rip e tu ta m e n te le lodi in sieme con qu elle di Salerno ( I I , 7, 11), con entusiasm o e concetti an a lo g h i a q uelli di A lfano. A ll’esaltazione dei due scrittori s a le rn ita n i del sec. XI fa riscontro, in F r a n c ia , nel sec. X II Benoit - de - Sainte - Maure che, con piglio leg gend ario e in accento rom anzo, disse: (1) M. S c h i p a , Storia d. P rinc., cit., p. 526. ( 2 ) A l f a n o , A d G uidonem fratrem prin cipis Salernitani, v v . 7 - 22 ( t r a d . mia). — l i ft De Salerne est Walmaohe dux qui seixante anz regna e plus » (1). Fu certo u n m om ento p a rtic o la rm e n te felice quello che il p rin c i pato longobardo di Salerno visse sotto G uaim ario V, e che Alfano volle e te rn a re. Egli, d o m in a n d o p e r cinque lustri le vicende p olitiche d e ll’I talia m e rid io na le tanto da a p p a r ir e la figura p iù em in e n te di uom o di stato di quel te m p o ; destreggiandosi a b ilm e n te tra i due g randi poteri tra diz io na li ( l'i m p e r o germ anico e quello bizantino) e le nuove forze che si scontreranno per la su prem azia sul Mezzogiorno (M u su lm a n i e N o rm a n n i); s frutta n do le rivalità dei piccoli stati, potè c o n sid e ra r si, tra il 1046 e il 1047, signore ed a rb itro , sotto un titolo o l ’altro, di tutta l’Ita lia m e ridiona le dal G arigliano a Reggio. E Salerno, capitale del vasto e m ultifo rm e do m inio, arricchita dai traffici col re tr o te r r a e più con le regioni tra sm a rin e , p ure in mezzo ad episodi di feroci assedi e in te rm in a b ili guerriglie, poteva d are ai suoi figli e ai lontani sp ettato ri l’im pressione di u n a g ra n dezza non più vista (2). Ma il disegno di G ua im a rio fu di breve d u ra ta , come quello di Arechi II nel sec. V i l i ( 3 ) e quello di P a n d o lfo C apo diferro nel sec. X. T u tti e tre questi tentativi erano m in a ti da u n esiziale p a r t i colarismo, vizio organico della stirpe lo n g o b a rd a ; il p iano sarà r i preso ed attuato, con ben altro vigore strategico e politico, dai N o r m anni. Già si accentuava il declino della gloria di G u a im a rio , qu an do u na congiura di palazzo ne stroncava la giovane esistenza, il tre giu gno del 1052. Alla congiura si riconnette la xibellione di Amalfi ( a p r i le 1052). a cui non furono estranee le m ene b iz a n tin e ; ma la tra m a fu ordita in Salerno e perfin o, nello stesso palazzo principesco, da q u a ttro co gnati di G u a im ario , da altri congiunti del prin c ip e — tra cui q u e l (1) W alm ache è dal lat. W aim arius. Evidentemente lo scrittore francese (cit. in D e B a r t h o l o m a e i s , ed. di A m a t o , Storia dei Norm anni, Roma, 1 9 3 5 , p. 42, n. 1) fece un sol personaggio di Guaimario IV e G. V. Am bedue i principi, come è noto, protessero i Normanni. ( 2 ) M. S c h i p a , Storia d. prin cipato, cit., p. 5 3 3 sgg. ( 3 ) Arechi II morì e fu sepolto a Salerno. Non c ’è quindi bisogno di rife rirsi alla dimora che il Nostro fece a Benevento per spiegare l ’am mirazione ch« egli dimostra anche per quel lontano capo longobardo. Cfr. G. F a l c o , SulUauten ticità d. opere di A., « Bull. Ilst. Stor. Ital. » 3 2 , 1 9 1 2 , p. 2. l 'E d e r r a d o figl io del conte L a n d e m a rio che solo nel luglio 106Ò ebhc da Gisulfo II la restituzione dei b eni ( 1 ) — e anche dai fra telli di Alfano. Costui p ia n ge rà p iù ta rd i in versi accorati (2 ) la m o rte del « p a dre della p a tr ia », con lo stesso sentim ento commosso che è dato rin tra c c ia re in tu tti i cronisti che n a rr a r o n o gli a vvenim enti di quegli an n i, e con la realistica d e te rm in az io n e di p a rtic o la ri i q uali trove ra n n o u n più diffuso racconto in A m ato, che h a lasciato la p iù a tte n dibile descrizione di quel « g io r n o del p ia n to e d e ll’am arezza » (3). Le tum ultuose vicende attraverso cui, dopo l’effim ero trionfo dei c o ng iu rati, si giunse con l’a iuto dei N o r m a n n i al rista b ilim e n to del p o tere del figlio del p rin c ip e trucidato , Gisulfo I I ; l ’in terven to , d a p p r im a benefico poi se m p re più esigente e tra sm o d a n te , dei N o r m a n n i ; le discordie intestine anche n e ll'a m b ito della stessa fam iglia p r i n cipesca; la politica c o n tra d d itto ria di Gisulfo II che, statista di certo inferio re al p a d re (4), non seppe destreggiarsi nel groviglio politico di quegli anni e oscillò da u n ’alleanza a ll’a ltra e vide assottigliarsi progressivam ente il d om inio p a te rn o — tutto ciò n on r ie n tr a nelle linee di questo studio, anche p erchè è stato ben ch ia rito dagli storici, i qu ali h a n dim o strato q u a le pro fitto docu m entale si possa attin gere p e r la cronaca di quei giorni d alla citata ode alfan ia n a A d Gui donem (5). L ’accento commosso di quei versi di A lfano, q u a n d o cantò la gloria del p rin c ip a to di G u a im ario V e di questo esecrò la crud ele uccisio ne; la designazione, che del Nostro farà alcuni anni dopo G i sulfo II, ad a b a te di S. B ened etto e ad arcivescovo della città, esclu dono in modo p e re n to rio che A. avesse avuto alcuna consapevolezza dei p ia n i dei congiurati, come, contro il diverso avviso del G iesebrecht, (1) CDC., V i l i , 139 sg. (2 ) N ella cit. ode A d G uidonem , vv. 23 sgg. (3 ) A m a t o D i M o n t e c a s s i n o , Storia d e ’ N orm anni, a cura di V. De Barto lom aeis, III cc. 27 sg., pp. 142 sgg. Diverso fu il sentim ento, diversa la prospet. tiva storica, nei riguardi d ell ’uccisione di G., in S. P ier Dam iani : P. L., v. 145, col. 439. (4 ) D e B a r t h o l o m a e i s , ed. c it., p . XLVII : meno severo il giudizio dello S c h i p a (Storia d. P rinc., 546 sg.): «G isulfo ebbe forse attitudini di principe non i n f e r i o r i a i m igliori della sua nazione ». L ’inquietudine e il disorientam ento degli s p i r i t i , anche tra gli uom ini di chiesa, di fronte alle difficoltà politiche di questi a n n i , sono ben rispecchiati da un episodio narrato da A m a t o , o . c., I l i , 3 8 , p p . 151 sg. ( 5 ) M. S c h i p a , Il M ezzogiorno d ’Italia anteriorm ente alla M onarchia, B a r i , 1923, pp. 167 sgg.; V. De B a r t h o l ., ed. cit., p p . XLVII sgg., 147 sgg. ben vide lo S c h ip a ; il quale a tal rigu a rd o mise l ’accento anche sulla nota « pietà » del Nostro, che non poteva non tra tte n e rlo da ogni connivenza in quella oscura congiura ( 1). Anche se può ritenersi fondata la supposizione dello Schipa ( 2 ) , che ritiene la seconda designazione collegata al desiderio di Gisulfo di ingraziarsi, a suo tem po, il p a p a Stefano IX, avversario dei N o r m a n n i; o l ’ipotesi del M anitius (3 ) che pensa piuttosto ad u n p rec e dente intervento pacificatore di V ittore II, non è da pensare che Gisulfo avrebbe proceduto ad un a designazione così im p egnativa, se su Alfano avesse gravato u n solo sospetto di tra d im e n to . Con i fratelli del Nostro, che furono tra i p ro m otori della rivolta, Gisulfo non usò alcuna clemenza, anche dopo l’elevazione di Alfano (4). Ma l’orrido spettacolo di q uella strage crudele, l ’in d u b b ia re sp o n sabilità dei fratelli in essa — e Alfano avrà ragioni di tr e p id a r e p er la loro sorte, secondo la testim onianza di Leone Ostiense e di A mato (5 ) — provocarono nel suo spirito u n a pro fo nd a crisi sp iritu a le , che poi sfocerà nella vocazione m onastica e che trasform erà il n obile « chierico », b rilla nte e acclamato p e r la sua erud izion e, in u n asceta e in un venerato uom o di chiesa. L ’odiosità che circondava, in seguito a quel luttuoso fatto, i suoi congiunti, e che p ro b a b ilm e n te lo co strinse per qualche anno a vivere a p p a r ta to , im m erso nei suoi studi, spiega il tim ore di Alfano di uscire da Salerno, p ro p te r quorundam inimicantium illi tim orem , nel m om ento in cui D esiderio lo c hiam erà presso di sè a Benevento. Un voto egli form idò, in quel pe riodo di angosciosa m aturazio ne ascetica, il voto di recarsi pellegrino al Santo Sepolcro, a placam ento d ell’intim o travaglio e ad espiazione di colpe non sue. Nella ferrea società dei secoli di mezzo non in fre qu e nti erano tali manifestazioni di crisi risolutive. E d Alfano da quel m om ento ascenderà ancor di più nella estimazione di qu a n ti lo conosceranno, a Salerno, a Bene vento, a Firenze nella curia di V ittore II, a Montecassino, dove si concluderà la parentesi del suo esilio d alla città natale. (1) M . S c h i f a , Alfano I, cit., pp. 10 sgg; v. G . G i e s e b r e c h t , o . c . , pp. 55 sg. (2) M. S c h i p a , I l M ezzogiorno..., cit., p. 170. Alla stessa o p i n i o n e p a r e a c c e d a E. P q n t ie r i , I Normanni nell ' Italia M eridionale, P . I (Corso a c c a d e m ic o d ell ’a. 1947 - 48 n ell ’Università di N apoli), p. 145. (3 ) M . M a n itiu s , o . c ., p. 619. (4) Storia d e i N orm anni, ed. cit., p. 210. (5) Chron. Casin.f III, 7 ; Storia d. Norm anni, 1. c. 4. _ CON IL MONACO DESIDERIO A S. SOFIA DI BENEVENTO E ALLA CURIA DI' VITTORE II A FIRENZE (1054 - 1055). Gli episodi f o n d a m en tali e decisivi della vita di A lfano, che si svolgono tra la seconda metà dell*a. 1054 e il m arzo del 1058 ( l ’a m i cizia con D esiderio e la d im o ra dei due a Salerno, B enevento, F i r e n ze ; la professione religiosa del N ostro e l’esperienza m onastica in com p agnia di Desiderio e di F ederico di L o r e n a ; la no m in a ad abate di S. B en edetto di Salerno e la successiva elevazione alla dignità arcivescovile, p re c e d u ta d alla consacrazione sacerdotale) — tu tti questi episodi sono stati tr a m a n d a ti, nel Chronicon Casinense, da Leone Ostiense ( n . nel 1046 c.), che, giovane monaco a Montecassino al tem po di D esiderio, aveva conoscitito il N ostro ed era stato p re d ile tto da lui, e qu in di disponeva di tutti gli ele m e n ti p e r u n fedele ricordo ( 1). Segtiiamo il suo semplice, lim p id o racconto, inte gra ndo lo con qu a lc h e breve osservazione esplicativa. « D e s id e rio ( il n obile lo ng obardo - beneventano D auferio, da gio« vane resosi monaco in S. Sofia di B e n e v e n to ), c aduto in grave e s a u r i re m ento p e r la severa astinenza e le m olte vigilie, si recò a Salerno « in cerca di cure m ed iche ». Questo viaggio avveniva a metà circa del 1054 e c e rta m e n te dopo la m orte di Leone IX, come si ricava dal contesto della cronaca e come già rilevò lo Schipa (2). Desiderio era già stato p re c e d e n te m e n te a Salerno, ospite del consanguineo G u a im ario V, all’epoca della sua c on trastata vocazione monastica ( 3 ) . « E, m e n tre egli colà dim o rava — c ontinua a raccon tare l ’Ostien« se — , gli si legò in grande amicizia u n nobile e sapiente chierico, di « nom e Alfano, che poi occupò la c a tte d ra arcivescovile della stessa « città. « L ’anim o di costui con fre q u e n ti esortazioni egli andava inducen « do a ll’ab b an d o n o del m ondo : e fina lm e nte da lui o tte n n e la pro « messa che d iv e n te re b b e m onaco, con la condizione che gli fosse « p rim a concesso di recarsi in pellegrinaggio a G erusa lem m e , come ( 1 ) Il racconto d i L e o n e O s t i e n s e è in Chronicon Casinense, III, 7 : MGH., SS., VII, 7 0 1 . Sui rapporti tra Leone e Alfano, cfr. le odi del Nostro A d Pnn. dulfum , v. 7 5 , e A d T heodin um , v . 1 0 3 ; e d inoltre W a t t e n b a c h , ed. del Chron. Cas., in M .G .H ., SS., V II, p. 551 ; G i e s e b r é c h t , o . c., p. 8 6 , n. 1 ; M a n i t i u s o .c ., p. 6 3 3 . (2) M. ScHirA, Alfano L cit., p. 11. ( 3 ) Chronic. Casin., I l i , 4. « da gran tem p o aveva divisato. D opoché tra i due furon presi tali ac« cordi, Desiderio rito rn ò a Benevento e dopo pochi giorni fece cn« raunicare ad Alfano che lo raggiungesse. « Giacché questi rifiutava o, piuttosto, tem eva di uscire da Saler « no, di nuovo Desiderio andò da lui, e dopo averlo rivestito della « sua cocolla monastica — a causa dei tim ori che incuteva l’ostilità « di taluni verso Alfano — lo trasse n o ttete m p o dalla città e con se lo « condusse a Benevento ( 1). « Qui, nobili e chierici com inciarono a f r e q u e n ta re Alfano e a te. « nerlo nella dovuta considerazione p e r la sua gran de sapienza ; e nel « fra tte m p o il p roposito del viaggio a G erusalem m e p rese a ra ttie p id irsi « nel suo cuore, m en tre andava d ic h ia ra n d o che non si sarebb e m ai e « p er nessuna m a n ie ra a llo ntan a to dal fianco di Desiderio. « Cosi trascorsero i due q ualche tem po nel m onastero di S. Sofia. » (L a d im o ra a Benevento si protrasse forse sino alla p rim a v e ra del 1055. Non pare dalle preceden ti p arole di Leone che Alfano già a Be nevento avesse, come q ualcuno h a afferm ato, iniziato canonicam ente la vita religiosa). « Q u a n d ’ecco si diffuse la fam a che il p a p a V ittore ( I I ) d ’oltre i k m onti era venuto a Rom a ( a p r ile 1055) e che si sareb be spinto dalle « nostre p a rti. « Alfano, a tte rrito da u n tale annunzio perchè era indotto a pen« sare che i suoi fratelli avrebbero po tu to essere in c rim in a ti p e r l’ue« cisione del p rin c ip e G u a im a rio , decise di raggiungere e prevenire « il Pontefice. ( E ’ noto che V ittore II ed Enrico I I I e ra n decisi ad ap« poggiare, contro i suoi nemici, Gisulfo II). « Possedeva in m isura m ira b ile l’arte del canto ed aveva u n a co« noscenza non superficiale di m edicina, di cui aveva p o rta to con sè da « casa alcuni testi ; e p e rta n to sperava di dovere otten ere benevolo ere « dito nella curia del sommo Pontefice. « Dopo aver p r e p a ra to e raccolto u n a notevole q u a n tità di medicire nali, secondo le possibilità del m om ento, si diresse in Toscana dal « ro m a n o Pontefice, in com pagnia dell’arcivescovo di Benevento. Tro « varono il P a p a che risiedeva in Firen ze ». L ’arcivescovo di Benevento, di cui qui si p arla , è U lderico, che. m eritò, alla sua m orte, u n epitaffio m etrico, dedicatogli da Alfano. E ’ storicam ente accertato che V ittore II celebrò, il 4 giugno 1055. ) 1 (1) Lo stesso stratagemma era stato escogitato a suo tempo per consentire a Desiderio di uscire inosservato da Benevento al fine di seguire la chiamata al chiostro: Chron. Casin., I l i , 4. u n Sinodo a F irenze, a cui p ro b a b ilm e n te p a rte c ip ò I ld e b ra n d o . In quel torno di tem po Alfano raggiunse F ir e n z e ; l’epoca precisa è con troversa: il Paesano p r o p e n d e p e r u n a d ata verso la P a sq u a del 1055; il G iesebrecht, p iù vero sim ilm ente, p e r il giugno dello stesso anno ( 1). N on è escluso che l ’incontro sia avvenuto anche p iù ta rd i. A F irenze, dice Leone, i due amici « in breve te m p o conseguirò « no, du n q u e , il p iù grande grado di fa m ilia rità presso di lui e fu ro n « tr a tta ti con rigu ardo . Si fe rm a ro n o colà p e r u n certo p e r io d o ; ma « Desiderio, avendo a ppreso da fonte certa che il P a p a non sarebbe « « « « « venuto da queste p a r ti ( 2) e che anzi in u n prossim o fu tu ro si sareb be d ire tto di là dai m o n ti; insieme, consid eran do del tu tto inutile al suo disegno la dim o ra nella curia po ntificia, prese ad insistere con ogni sollecitudine presso Alfano p e rc h è chiedesse subito al Pontefice il permesso di rito rn a re . « N o n m olti giorni p r im a i m onaci cassinesi avevano eletto, a loro « abate, P ie tro , il quale p e r o tte n e re l’app ro v a z io n e a tale elezione a« veva p ro p rio allora m a n d a to due confratelli al P a p a (3). « Desiderio, q u in d i, cogliendo l’occasione o p p o r tu n a e da lungo « tem po agognata, si rivolge insieme con Alfano al ro m a n o P o ntefice : « tu tti e due gli si p ro stra no ai piedi e chiedono licenza di p a r tir e . « Gli rivolgono, in più, la p re g h ie ra che si degnasse di in d iriz z a rli, allo (( scopo di in tra p re n d e r e un a p iù religiosa n o rm a di vita, al m on astero « cassinese, p e r il tra m ite di quei due m onaci che di lì e ra n venu ti a « lui, e di p re sen ta rli con u na sua lettera c om m en datizia a ll’ab ate e ai « confratelli. « Accondiscese il P a p a e, giusta le loro pre g h ie re , furono indiiiz « zati con quei confratelli al cenobio di M ontecassino. « Fu ro n o accolti on orevolm ente d a ll ’a b a te e, associati alla com u. « n ità, vi d im o ra ro n o p e r qu a lc h e tem po circon dati da u n a n im e sim - (1) G . P a e s a n o , o. c., I, p. 113; G . G i e s e b r e c h t , o . c . , p. 56. (2) Enrico III era stato costretto, già nel nov. 1055, a ripassare precipito, samente le A lpi, privando così il Papa del suo aiuto contro i Normanni. ( 3 ) Pietro succedeva a R icherio, morto l’i l dicembre 1055 ad Aterno. Sulla rinascita di Montecassino al tempo di R icherio, il suo prim o abate « riform alo a, è da leggersi la dotta m o n o g r a f i a di W. W Ù H R , D ie TFiedergeburt M ontecassinns unter seincm ersten Ref'>rmabt R icher von N icder altaicìi (in « Studi Gregoriani », III, Roma, 1 9 4 8 , p p . 3 6 9 s g g .) . Ho notata un ’im precisione sul nostro A. a p. 4 3 8 . E ’ detto a p . 4 4 2 sg. che la riluttanza di Vittore II a confermare Pietro va ricer cata nel bisogno che si aveva di un sicuro difensore del Papato e delITmpero nel M ezzogiorno, mentre Pietro era troppo amico dei Norm anni: cfr. anche L. T o s t i , S toria d e tta badia d i M onte - Cassino, t. I, N apoli, 1842, pp. 208 sgg. « patia p e r l’e sem plare tenore di vita e p e r l ’u m iltà . Da quello stesso « abate o ttennero la consacrazione m onastica. « Uno, fra tutti, gioì in modo p a rtic o la re della loro venu ta: Fede n rico ». E ra, questi, Federico di L o rena, u no dei più e m in e nti collabo ratori del p a p a rifo rm a to re Leone IX, dopo la cui m orte s’era reso m onaco di Montecassino (1). Secondo il G iesebrecht e il K e h r (2), questi avvenim enti si svol sero all ’inizio d el 1056: u na tale d eterm inazio ne cronologica, segui, ta da tutti, è esatta p erchè com bacia p e rfe tta m en te con u n ’altra che con essa è in intim o ra p p o rto e che è e splicitam en te sta b ilita (3). 5. — LA PROFESSIONE MONASTICA A MONTECASSINO (1056 - 1057). Il contesto del racconto di Leone Ostiense p orta a cred ere — co me si è sopra accennato — che solo a Montecassino, e non p rim a , Al fano emise la professione m onastica e ricevette la relativa « consa crazione ». Questa è l ’inte rp re ta zion e d ata d a ll’U ghelli (4), il q u ale af ferma che il Nostro a Montecassino depose il « cing ulum clericalis m ilitiae », e dal G iesebrecht (5). Diverso era il caso di Desiderio, a n che p e r quel che dice esp licitam en te A m ato (6). La d im o ra a M ontecassino di Alfano — d u ra ta circa u n anno e mezzo — ebbe u n ’im p o rta n za decisiva p e r il corso u lte rio re della sua vita. La feconda esperienza monastica nel cenobio cassinese ne plasmò l'anim a, p e r sem pre . V edrem o come d a ll’esame della sua op era po eti ca risaltino con vivezza la sua venerazione p e r il « p a d re » B enedetto e p e r M auro, il p rim o discepolo; la pere n n e predilezione p e r M on tecassino, p e r i confratelli in religione, p e r Desiderio, che resterà sempre il « suo » ab ate. Anche salito ai fastigi della c a rrie ra ecclesia stica, egli si considererà e sarà se m p re considerato « m on achus » di (1) G . D e B l a s i i s , La insurrezione pugliese e la conquista normanna, N ap oli, II, 1864, pp. 19 sg. (2) G . G i e s e b r e c h t , o .c ., p. 56; P. F. K e h r , Regesta Pontificum Rom a, norum. Italia Pontificia, V III, Berlino, 1935, p. 137, N. 72. (3) Chron. Casin., III, 9 : si dice in questo luogo che dai suddetti fatti allo inizio del 1058 intercorse un non plenum biennium . (4) F. U g h e l l i , o . e., v. V II, p. 380. (5 ) G i e s e b r e c h t , o . c . , p. 56. Le parole del G . non sono ben rese nella trad. italiana. " i\ (6) A m a t o , Storia d ei Normanni, III, c. 52, p. 174. Montecassino, in cui spesso sentirà il bisogno di to rn a re . E Desiderio a lui u n giorno co m m etterà l’incarico di scrivere qu el Chronicon della A bbazia che, dopo il suo u m ile rifiuto, sarà in tra p re so da Leone Ostien. se e p o rta to a te rm in e da a ltri illustri c o n tin u ato ri (1). A Montecassino sarà conservato religiosam ente il p iù autorevole codice dei suoi carm i. V edrem o che il G iesebrecht (2 ) attrib uisce a Fe d e ric o di L orena, uno dei protago nisti della rifo rm a del sec. XI, l ’iniziazione dei due gio vani m onaci. D esiderio e A lfano, agli ideali della lib e rtà ecclesiastica: in re a ltà la p a ro la di Federico cadde su u n te rre n o già p re p a r a to : De siderio era stato p re c e d e n te m e n te n e ll’in tim ità di p a p a Leone IX e dei suoi c olla b ora to ri U m b e rto e F ederico stesso, a B enevento ( 3 ) ; e A lfano, si vedrà in seguito, aveva avuto m odo di conoscere gli a m b ie n ti p ro p u g n a to ri della rinascita religiosa. Lo storico tedesco pensa anche che i tre amici — F ed erico, Desi derio, Alfano — constatando il dilagare degli interessi cu ltu ra li nei m onaci, che si recavano fuori del chiostro p e r il desiderio di a p p r e n dere, g iu dicarono concord em ente che non bisognasse ostacolare u n tal m ov im ento, b a d a n d o solo a g uidarlo secondo il c a ra tte re della profes. sione m onastica e a vantaggio e decoro d e ll’O rd in e. P e r l ’im pulso dei tre illu m in a ti religiosi cassinesi rifio riro n o le le tte re nel m onastero bene d e ttin o , e a tale « renovatio » — che toccherà il culm ine sotto il regim e abbaziale di D esiderio (1058 - 1087) e che Alfano ca n te rà — ognuno di essi im presse u n p a rtic o la re c ara tte re (4). Sulle b enem eren ze che M ontecassino h a acquisito a vantaggio della c u ltura, non pensiam o che sia necessario sofferm arci, p e rc h è è stato tante volte au to revo lm en te scritto (5). Piace ric o rd a re , p e rc h è rife rita p r o p r io a ll’epoca nostra, u n a valutazio ne non certo sospetta, anche se u n p o ’ caricata nelle ti n te : « N on p u re in questi studi (sacri), che p e r altro dovean essere loro p r o p r i, i M onaci Cassinesi si seg n a la ro no, m a si distinsero ancora p e r le b uo ne le tte re e v aria e ru d iz io n e ; e quel poco che si sapeva presso di noi a questi te m p i, in loro era ristretto, e q ualch e cognizione, ch e se n ’avea, ad essi la doveano le nostre P r o (1) Cfr. l ’Epistola dedicatoria al Chron. Casin., in M GH., SS., V II, pp. 574 ?g. (2) O. c., pp. 56 sgg. C’è tutta una teoria recente che vorrebbe rintracciare le origini della riforma gregoriana nel m ovim ento spirituale della Lorena: cfr. R. M o r g h e n , Gregorio VII, Torino, 1945, pp. 24 sg. (3 ) Chronic. Casin., I l i , 7. (4 ) Cfr. anche M. S c h i p a , Una triade illustre d i M ontecassino, in « Casinen sia », M ontecassino, 1929, pp. 157 sgg. (5) Cfr. T. L e c c i s o t t i , M ontecassinoz, Firenze, 1947, pp. 52 sg., 142 sgg., 173, 181 sgg., 203. vincie » ( 1). A Montecassino « u m anesim o e ascetismo si fondono nel grande ideale bened ettino d e ll’ora et lobora » (2). In questo am biente, alla cui creazione Alfano collaborò, in cui completò la sua form azione, in cui spesso tornò quasi in p r o p r ia n a turale dim ora, bisogna collocare, dopo che in Salerno, la p roduzione letteraria del Nostro ( 3). Ma ?a f r a te rn a convivenza — nella serena ed austera p ratica m onastica e ne ll'operosa attività di studio — dei no stri tre amici a Montecassino non durò , dicevamo, a lungo. Federico di L orena, dopo la rin u n z ia di P ietro, veniva p ro c la m a to abate del cenobio eassinese il 23 maggio 1057, e il 2 agosto, alla m orte di Vittore II. era ad u n a n im ità esaltato in Rom a alla catted ra pontificia. Assunse il nom e di Stefano IX e conservò la reggenza della abbazia (4). Desiderio fu eletto p rim a « preposto » di S. Benedetto di C apua nel 1057 (5 ) e poi, all’inizio del 1058, successore di Stefano IX nella sedia ab baziale e apocrisario della sede apostolica a Costantinopoli. Il nostro Alfano fu da Gisulfo. nel 1057, ch iam ato nella nativa Salerno a reggere San B e n e d e tto ; e di lì a poco, nel m arzo del 1058. designato ad occupare la cattedra arcivescovile della stessa c ittà : u na carriera ecclesiastica degna della sua fam iglia (6). Ma. p rim a della separazione dal confratello diletto, Desiderio eb be una visione profetica, che Leone Ostiense re p u tò degna di esser tra m a n d a ta ai posteri (7). « In quei giorni Desiderio ebbe u n a visione da non passarsi in ft silenzio: e il seguito dei fatti ne conferm ò poco dopo la veridicità. « Gli sem brava di trovarsi, in com pagnia di Alfano, in u n ’alta e « sp lendida torre, sita in prossim ità della sala ca p ito la re : in essa a p . « pariva, seduto su un trono molto adorno, lo stesso p a d re Benedetto. « Poiché i due, stu piti a tanta visione, restavano timorosi e non osava- ( 1 ) P. G i a n n o n e , Istoria civile d. Regno d i N apoli, t. II, 1. X, c. 11; ediz. V e. nezia, 1766, p. 92. (2) F. G a g l i u o l o , T esti d i poesia religiosa d. origini, N ap oli, 1958, p. 89. ( 3 ) Buone notazioni sugli aspetti della cultura eassinese e su ll ’apporto ad essa dato da Desiderio, Alberico, Alfano, Pietro N apoletano, Am ato, si possono leggere in A. L e n t i n i , A lberico di M ontecassino..., « Studi Gregoriani » , IV, Roma, 1952, pp. 55 sgg.; I'd., Gregorio V II..., ibidem , V, 1956, pp. 281 sgg. (4) G. D e B l a s i i s , o.c., II, 1 8 6 4 , pp. 2 4 sgg. Vedere in W . W u h r , o . c . , 4 4 3 sgg., una valutazione, in complesso non benevola, delle vicende che portarono F e derico alla carica abbaziale, e anche del suo breve pontificato. ( 5 ) Chron. Casin., I l i , 8. Cfr. S c h i f a , Alfano I, cit., p. 12. (6) M. M a n i t i u s , o . c . , p. 619. (7) Chron. Casin., IH , 8; M GH., SS., V II, 702. « no davvero avvicinarsi, il beato B enedetto accennava con volto ila« re a Desiderio e, d istendend o la m an o, lo invitava a sedergli accanto. « A lfano, come se fosse rim asto offeso p e r n o n essere stato ch ia m a lo « anche lui, se ne usciva da quella casa. « La visione p re a n n u n z ia v a in m odo chiaro che Alfano n on si « sarebbe ferm ato a lungo in questo m o nastero, e che D esiderio a« vreb be assunto in esso la successione del P a d r e B enedetto. In f a tti, « non m olto dopo, A lfano, ric h ia m a to da Gisulfo, in u n p rim o m o li m ento fu fatto abate del m onastero di San B enedetto di Salerno, e « poi ottenne la cattedra arcivescovile della stessa città ». 6 . — ABATE DI S. BENEDETTO DI SALERNO (1057) E ARCIVESCOVO DELLA CITTA ’ (1058). La n om in a di Alfano ad abate di s. B en ed etto di Salerno è da collocarsi intorno alla m età del 1057, o, più p recisam en te, tra l ’agosto e il settem bre 1057, se si accetta l ’ind uz ion e dello S chipa, che collega, come si diceva, la designazione di Alfano da p a r te di Gisulfo con la p roclam azion e a p a p a di Stefano IX ( 2 agosto): e il gesto del p r i n cipe avrebbe, insieme, segnato la sua definitiva riconciliazione col N o stro ( 1). L ’antico e venerand o m onastero di San B en ed etto di Salerno, ini zia lm e n te forse soggetto a Montecassino, s’era poi reso auto no m o , sen. za che la B ad ia cassinese ne avesse m ai avallato l’in d ip e n d e n z a (2). I p rin c ip i di Salerno esercitavano, di fatto, il d iritto di n o m in arn e l ’abate. U n predecessore di A lfano, il calabro - greco Basilio, era stato eletto da G u a im a rio V, forse nel 1043 (3). Gisulfo I I te n te rà in u til (1) M . S c h i p a , Il M ezzogiorno..., cit., p. 170. La data del 1047, accettata dal Di M eo ( A nnali critico - diplom atici d. Regno d i N apoli, V i l i , p- 10) e ripetuta in e splicabilm ente dal P a e s a n o , o.c., I , 103 (in contrasto con quanto egli stesso dirà a v. 114), è da scartarsi assolutam ente: la paternità d ell ’errore va attribiiita allo spurio Chronicon Cavense. (2) G. P a e s a n o , o . c . , I, pp. 33 sg., 54, 58, 75; P . F. K e h r , o . c . , V III, pp. 364 sg. (3) G. P a e s a n o o . c . , I, 102; M. S c h i p a , Storia d. P rinc., cit., pp. 527, 551. Sulla avventurosa vita e figura di B asilio, che tra l ’altro fu abate intruso in Mon tecassino ed ebbe parte nella storia dei rapporti di Umberto di Silva Candida con Bisanzio, cfr. Chron. Cas., II, 59 sg g . ( M G H ., SS., V II, 667 sgg.); L. T o s t i , Storia d. Badia d i M ont., I, N apoli 1842, pp. 188 sgg., 207 sg. : W. W u h r , Die W ieder gehurt Montecassinos, cit., pp. 404 sg g ., 439; F. R u sso , Il monacheSimo calabro greco e la cultura bizantina in occiden te. in « B oll. d. Badia di Grottaferrata « N. S., V (1951), p. 15. mente, più tard i, di restitu ire il pieno d iritto di Montecassino su S. Be nedetto di Salerno ( 1 ) ; e p e rta n to è p ro ba b ile che già nel 1057, per tagliar corto ad ogni possibile contestazione sul suo o p erato, in tema di conferim ento di benefici ecclesiastici, egli avesse designato ad abate del m onastero A., che oltre tutto era u n eassinese: questo sistema p o teva essere anche un com prom esso p e r non led ere gli an tic h i d iritti che Montecassino avanzava sul m onastero salern itan o, e q u in d i u n mezzo per non crearsi difficoltà di altro genere su u n cam m ino così tribolato pe r lui fin dal prin c ip io del suo governo. Ci conforta ad avanzare tale ipotesi la p ro c e d u ra seguita dieci anni dopo, qu a n d o u n altro m onaco eassinese, P ie tro di Atenolfo C apu an o, sarà inviato da Alessandro II (1067 c.), anche questa volta dietro p re g h ie ra di Gisulfo, a reggere il m onastero salernitan o di S. Benedetto (2). N on è da escludere che questo riallacciam ento di ra p p o r ti, sp iritu a li p rim a che giuridici, col cenobio eassinese fosse in seguito sollecitato da A lfano, che sapeva per esperienza, o rm ai, la fecondità della vita monastica vissuta n e ll’interez za prim ig enia della regula b en ed e ttin a , quale s’era re s ta u ra ta a M on tecassino. !• I ■ ^ Nessuna notizia ci è rim asta dell’attività svolta dal N ostro a capo del m onastero di S. Benedetto (3). Certo è che egli du rò in tale carica solo pochi mesi (4), perchè le doti sue di uom o e di reggitore di ani me lo rendevano degno di un più allo posto di resp onsabilità e di \W \ ' f l onore. Forse può essere utile, ad inte gra re i pochi ricordi rim asti della funzione esercitata in Salerno dal m onastero, a nno ta re u n episodio rivelatore di u n costume, alla cui instaurazione il Nostro dovè c o n tri buire. Un giorno, q uan do Alfano era già arcivescovo della città, u n oscuro uom o sm ette la qualifica di servo con l ’indossare l ’abito m o n a stico in S. Benedetto ( 5 ) : fu con episodi di questo stesso genere che (1) Chron. Cos., I l i , 13, P .L ., v. 173, 725; M. S c h i p a , Storia d. Princ., cit., p. 556 : siamo al tempo del Concilio di M elfi del 1059. Non certo fu Gisulfo II il fondatore di S . Benedetto, com e Ha supposto taluno: E. C a p o b ia n c o , S. Am ato da N u sco: M onografia storico - critica, A vellino, 1935, p. 63, n. 1. (2 ) Chron. Cas., I l i , 24: M G H ., SS., VII!, 715; K e h r , o.c., V i l i , p. 365. (3) Non è im probabile che si debba allo zelo di Alfano l ’esecu iione di alcune opere architettoniche che valsero a conferire decoro m onumentale alla Chiesa ab baziale di S. Benedetto e delle quali si viene proprio oggi eseguendo un provvido re. stauro; cfr. A. S c h i a v o , L ’A bbazia Salernitana di S. B enedetto, in « A tti IV Con gresso Naz. di Storia d ell ’Architettura », M ilano 1939, p. 3 d ell ’estr., e M. F io r e , U A bbazia e la Chiesa di S. B en edetto, in « Rass. Stor. Salernit », V (1944), p. 243. ( 4 ) M. S c h i p a , Storia d. P rincip., cit., p. 551. (5) CDC., V i l i , p. 256. veniva a sfaldarsi la legge ferrea d ella servitù della gleba, ancor d ura a m o r ir e nonostante il vigoroso assalto mossole d alla sp iritu ale legge cristiana della lib ertà e d d l'u g u a g lia n z a . N el feb b ra io del 1058 Alfano era a Montecassino donde prese la via alla volta di R om a, in com pagn ia di Stefano IX. Questi era stalo tr a tte n u to n e ll’A bbazia dal 30 n ovem bre del 1057 al 10 feb b ra io del 1058, p rim a d a ll’aggravarsi della m a la ttia di cui già soffriva e poi dalle cure apostoliche, non u ltim a l ’elezione di D esiderio ad apocrisario della sede apostolica a C ostan tino po li (1). Il Nostro era già stato eletto alla carica arcivescovile; a Rom a ebbe dalle m an i stesse del p a p a p rim a la consacrazione p re sb ite ra le e poi quella arcivescovile. Ma sentiam o il racconto testuale di Leone Ostiense relativo all’e lezione e alla consacrazione di A lfano (2). « Il p red e tto Pontefice già da tem p o soffriva di febbre romana « ( m a l a r i a ) ; e verso la solennità di N atale ( d e l 1057) s'in ferm ò così « gravem ente che al certo pensò di essere prossimo alla m orte. Dopo « avere p e rta n to eletto Desiderio, col consiglio dei seniori, ad abate — « come al m om ento o p p o rtu n o , ( I I I , 9), direm o con l ’aiuto di Dio — « e dopo avergli affidato Tincarico di u n ’am basceria apostolica presso « l’im p e ra to re di C ostantin opo li, egli di rito rn o a Rom a condusse seco « Alfano, antico com pagno di D esiderio, ed allora eletto alla sede di « Salerno. Nelle q u a ttro tem po ra di Marzo l’o rdinò p r im a p r e s b i te tero (3 ) e poi nella d om enica susseguente (1 5 m arzo 1058) lo c o n te sacrò arcivescovo e lo r im a n d ò con onore a Salerno ». La dom enica successiva alle q u a ttro te m p o ra di m arzo, nel 1058, cadeva il 15 del mese e non l ’8, come fu detto (4). A lfano, d u n q u e , già al m om ento di p a r tir e da Montecassino per R om a, risulta da poco « eletto » arcivescovo. E ’ p ro b a b ile che, secondo u n a prassi che le cronache e i d o c u m enti archivistici ci dicono da molto tem p o seguita a Salerno, Gisulfo si sia ado perato a che popolo e clero della città designassero (« eleg- (1 ) Chron. C a s II, 94; III, 9. (2) Ibidem , II, 96: M G H ., SS., V II, 694; K e h r , o . c ., VIII|, p. 350, N. 20. (3 ) Certo per una svista m ateriale, lo S c h i p a ( A lfano 1, cit., p. 10) disse che A. era già precedentem ente sacerdote. (4 ) Dal W attenbach e, dopo di lui, dallo Schipa e dal Kehr. Cfr. invece A. C a p p e l l i , Cronologia, Cronografia e Calendario perpetu o, II ed., M ilano, 1930, p . 92. Arbitraria è la data del 1057, proposta da qualche antico scrittore salernitano. gesserò ») Alfano alla carica arcivescovile ( 1 ) ; egli era così sicuro di fa re cosa g radita al Pontefice. Questi, ratificata la n o m ina, volle r i servare a se stesso la consacrazione d ell antico confratello e am ic o ; e la volle effettuare a Roma n e ll’o p p o rtu n o tem po liturgico. A p roposito della destinazione del Nostro ad arcivescovo di Salerno, u n m od erno storico ( 2) osserva che il p a p a Stefano IX, p e r togliere gli ostacoli che si fra p po ng ono al pro gre dire della rifo rm a e « p e r r i stabilire un p o ’ di o rd in e n elle chiese m eridionali,.... cerca di fortificare le antiche m e tro po li longo barde governate da persone pie che gl’ispirano ogni fiducia. A Benevento si trova l’arcivescovo U lderico, d ’o. rigine bavarese, poco p rim a insediatovi da Leone IX.... A Salerno con sacra arcivescovo il dotto m onaco Alfano che h a conosciuto a Monte cassino..... C onferm ando i privilegi della m e tro poli di Salerno, Stefano IX estende anche la sua giurisdizione a nuove diocesi situate nel centro delle m ontagne lucane ». E ’ un a valutazione sostanzialm ente giusta, se si eccettui l'u ltim a considerazione su cui a suo tem po d a re m o q u a l che o p p o rtu n o c h iarim ento. L ’elenco trad izio nale vuole Alfano successore im m e d ia to , sulla c attedra arcivescovile di Salerno, di G iovanni, che perciò sarebbe m or. to p ro p rio nel 1058 (3). P ro b a b ilm e n te però la serie trad izion ale degli arcivescovi deve subire, p e r tu tti gli anni an te rio ri alla n om in a di A lfano, u na revi. sione (4). (1) Cfr. anche S c h i p a , II M ezzogiorno..., cit., p. 170. (2) G. G ay , L ’Italia M eridionale e l ' im p ero B izan tin o..., Firenze, 1917, pp. 478 sgg. ►'"whb pw L (3) Cfr. P a e s a n o , op. cit., I, pp. 112, 114. (4) L ’elenco tradizionale si può leggere, insiem e con altri spunti di storia religiosa salernitana, nella recente pubblicazione: Salerno Sacra — Annuario dioces. Salerno - Acerno, 1959, pp. 19 sgg. (a cura di G. C r i s c i e A . C a m p a g n a ). Riassumiamo le ragioni che fanno propendere per la suddetta revisione. A m a t o di M. (H I, 42, p. 159) colloca la morte di Giovanni (eletto il 1047) a ll ’8 settembre 1054; ma la sua testimonianza fu chiamata in dubbio perchè sembrava contrad. dicesse ad altri docum enti. Ora sembra che l ’indicazione di Amato debba risultare esatta, in base ad un più minuto riesame delle note cronologiche, non tutte pre cise, di quei docum enti stessi (cfr. P e n n a c c h i n i , Pergam ene salernitane, Salerno, 1941, pp. 30 sgg., 153; B a l d u c c i , A rchivio d. Curia Arcivesc. d i Salerno, in « Rass. Stor. Salernit. », VI, 1945, I, p. 259, N. 11; N. A c o c e l l a , La traslaz. di S. M atteo etc., 1954, p. 54, n. 104), che appunto postulerebbero l ’esistenza di un altro arciv. di nome Amato, tra Giovanni e Alfano ; a ciò si aggiunge che uno strumento ancora inedito dell ’^rc/uiuo capitolare d i Salerno, d e ll ’anno 1057, parla per quell ’anno di un Petrus electus Salernitanus ( archiepiscopus), la cui esistenza era finora ignorata, ma che si evince con certezza dal documento, non tutto pe- Il 24 m arzo del 1058, po chi giorni dopo aver conferito la consa crazione al N ostro e quasi presago della sua im m in e n te fine ( m o r ì a Firenze il 29 dello stesso mese), il p a p a Stefano IX volle d are ad Al fano u n u lte rio re pegno della sua p red ile z io n e , in d irizzando gli da R o m a u n a bolla (« O fficium Sacerdotale ») di co nferm a delle p r e r o gative della Chiesa sa le rn ita n a ( 1). L ’esame e il com m ento di questa Magna Charta della storia re li giosa di Salerno serv iranno a lum eggiare anche l’o p e ra da Alfano svol ta nel governo della sua A rchidiocesi. E ’ bene, però, p r im a dare q ualche notizia p r e lim in a r e sulla situ a zione d ella Chiesa di Salerno nel decennio a nte rio re a ll’assunzione del N ostro alla C a tte d ra arcivescovile. 7. — SALERNO E ALFANO NELLA FASE PRE - GREGORIANA DELLA RIFORMA DEL SEC. XI. L ’im p o rta n z a che ebbe Salerno in quegli anni come uno dei capisaldi d ella p olitica p ontificia è stata più volte messa in rilievo dagli scrittori. N on a d e g u a ta m en te invece risulta illustrato il ruolo che m o l to spesso in quello stesso p e riodo la città svolse come uno dei centri irr a d ia to r i del nascente moto della r ifo rm a ecclesiastica. O ltre tu tto , la « città di San M atteo » era u n suggestivo p u n to di rich ia m o mistico p e r la presenza della to m b a delFA postolo e, poi, p e r la vicinanza della B a d ia cavense che, sorta p r o p r io in quel secolo, ebbe tanto s tre tti le gam i col m ovim ento cluniacense, da cui la rifo rm a stessa fu p r o f o n d am e n te isp ira la . I n quegli anni si form ava la pe rson a lità di Alfano, il q u ale cer ta m en te di quel m oto rig e n e ra to re n on ignorò l’indirizzo e i p ro ta g o nisti: i p a p i e i loro c o lla b o ra to ri: I ld e b ra n d o , U m b e rto di Silva C an did a, Federico di L o ren a, il c a rd in a le Stefano. Dei tre p a p i im p e ria li del secolo XI — les papes d ’e m p ire , secon do la d e n o m inazione del Duchesne — , che d al 1046 al 1057 ressero le •orti della Chiesa, sap p ia m o che furono « u o m in i insigni p e r sapere raltro decifrabile: evidentem ente quel Pietro, « e le t to » nel 1057, o morì subito dopo o non ebbe la debita conferma alla sua elezion e. Cfr., per quel che si rife risce alle inesattezze d ell ’elenco tradizionale, B a l d u c c i , Arch. d. Curia A rciv. d i Sa lerno (in « Rass. Stor. Salernit. », 1954), III, p. 66. (1 ) Ed. P f l u g k - H a r t t u n g , Acta pontificum R om anorum inedita, v. IIS P . II, Stuttgart, 1884, pp. 82 sg., N. 116; reg. K e h r , o.c., V i l i , p. 350, N. 21. L ’in ti tolazione e la premessa di questa bolla sono identiche a quelle della bolla di Le«ne IX, del 1051, di cui parleremo appresso. t p e r v irtù sacerdotali... ard en ti fautori della rifo rm a della Chiesa, della restaurazione della dignità apostolica e del costume ecclesia stico » ( 1). Ebb en e, ab biam o esplicita attestazione che l’ultim o dei tre, V it tore II, accolse nella sua curia a Firenze il N ostro, m anifestandogli sli ma e sim patia. Alla dim ora di Alfano nella curia di V ittore II è col legata, come s’è detto, l’iniziazione di lui alla vita m onastica. Gli altri due preced en ti pontefici, C lem en te II e Leone IX, Alfano dovè conoscere qu and o essi fecero d im o ra a Salerno, nella quale la sciarono evidenti tracce della loro attività riform atrice. Clemente II, venuto subito dopo la sua elezione a Salerno, al se guito di Enrico I I I . indirizzò il 18 febbraio 1047 u n a bolla di a p p r o vazione al neo-eletto arcivescovo G iovanni che, già vescovo di P aestum , era stato designato alla ca tte d ra sa lern ita n a p e r « voto u n a n im e » del clero, del popolo, del p rin c ip e G u a m a rio V, e non p e r « am bizio ne o sim oniaca eresia » (2). Si ricordi che simoniaca haeresis fu espres sione caratteristica dei rifo rm a to ri. Le paro le della bolla di C lem ente II, che non h a n n o nu lla della stereotipa convenzionalità degli atti curiali, ci paiono r a p p re se n ta tiv e di tutto u n clima m orale e religioso in cui si andava m a tu r a n d o la spi ritu a lità del « chierico » Alfano, e forse anticip an o l’esatta prassi attraverso cui si giunse alla designazione del Nostro ad arcivescovo. Anche A lfano del resto, p ro cederà, secondo la successiva prescrizione della bolla di Stefano IX, « cum clero et p op u lo » a ll’elezione dei ve scovi suffraganei. A Salerno dim orò, e non u n a volta sola, anche Leone IX, il più (1) R. M o r g h e n , G regorio VII, Torino, 1942, p. 56. (2 ) Non sappiamo rinunziare alla tentazione di riferire le parole testuali della bolla, che son cariche di una rara forza evocatrice: « Te vero, frater carissim e, quem unanim itas cleri et popu li Salernitani una cum gloriosissim o prin cipe Guai, m ario de sede Paestana accepit, et in suum pontificem elegit, dilig en ter discussimus ne tuae am bitionis causa, et non m aioris u tilitatis necessitate electus fuisses aut forte p e r sym oniacam haeresim , q u od ita ab om nibus est abnegatum , ut nullius audiretur ore prolatum ; si quidem Salerni m anentes, et hoc ab om nibus perqui rentes, cum te audirem us ab om nibus laudari, et ab om nibus viderem us am ari, Dominum benedixim us qui tantam concordiam in tanta hom inum diversitate super te po tu it efficere... Nani in te nobis com placuit quicquid de te fam a conspergit ; videlicet sanctitas, castitas, benignitas, et om nia quae Deo placabili a sunt ». (La bolla è riprodotta in P a e s a n o , o . c . , I, pp. 107 sg. ; il reg. in K e h r , o. c . , V i l i , p. 349, N. 18; e in B a l d u c c i , Arch. Curia A rciv., cit., m , pp. 66 sg.) — Un episo. dio della santa vita di Giovanni è riportato da A m a t o , Storia cit., I l i , 38, pp. 151 sg. — Sullo stesso arciv., ancora, cfr. CDC., VII, pp. 92, 242. e m in en te dei predecessori di G regorio V II, nella sua infa tic a bile ab tività che lo po rtò da u n capo a ll’altro d e ll’E u r o p a . « Andò p e r le città, e con le sante pred icazion i r ie m p ì la Chiesa d ella fede di Cristo. Egli fece il sinodo, cioè la congregazione, di Salerno», dice di lu i A m ato (1). Successivamente, p r o p r io da Salerno, il 22 luglio 1051, rilasciò Leone IX a Giovanni arcivescovo u n a bolla di rin n o v a ta conferm a, !a q u a le h a u n a premessa che, a n c h ’essa, n u lla h a di p ro to c o lla re , m a è tu tta in to n a ta al senso evangelico della respo nsabilità m o ra le del pasto re d ’a n im e ; e sarà le tte ra lm e n te r ip o r ta ta nella bolla di Stefano IX al nostro Alfano (2). U na clausola della bolla di Leone, re la tiv a alle f a coltà concesse agli arcivescovi s a le rn ita n i, ci piace so ttolin eare — oltre a qu ella che esclude l'in te rv e n to di Rom a nella n o m in a e n ella consa crazione dei vescovi suffragane! — p erc h è di essa farà uso, e nel senso voluto da P ontefice, il N o stro : la facoltà di « ordinare et consecrare episcopos p e r congruentia loca secundum regulam sanctorum Patrum in ipsa integritate Salernitani archiepiscopatus ». P e r effetto di questa disposizione, negli a n n i tra il 1051 e il 1058 venn ero e re tti n e ll’am bito d e ll’archidiocesi altri q u a ttro vescovati suffraganei, che la bolla di Stefano IX reg istrerà come già esistenti, m e n tre di essi non c’era p re c e d e n te m enzione. Alfano farà a n c h ’egli uso di u n a tale facoltà. E ’, du n q u e , nel q u a d ro di questa fervida attività del P a p a to r if o r m a to re, la q uale aveva toccato così da vicino Salerno, e della q u a le A l fano era stato s p e tta to re non certo in d iffe re n te , che bisogna inserire il significato della p re d e tta , am p ia bolla di con ferm a dei d ir itti arcivescovili, d ire tta da Stefano IX al nostro A lfano, il 24 m arzo 1058. Il d ocum ento p a p a le — estrem o segno di p re d ile z io n e p a te r n a e quasi testam ento sp iritu a le — in p a r te ricalca le linee di p re c e d e n ti atti ufficiali d alla Sede Apostolica e m a n a ti p e r S a le rn o ; in p a rte reca disposizioni nuove o p iù e sp licitam ente adeguate alla p iù recente a t tività rifo rm a tric e della Chiesa, onde assume, a nostro m odo di vede re , u n a rile v a nte im p o rta n z a p e r definire il nuovo indirizzo sp iritu a le che si andava sem pre meglio c h ia re n d o e afferm ando. I l suo conten uto va p e rta n to collegato stre tta m e n te con gli an te rio ri atti pontifici di cui s’è d etto, e con l ’op e ra di governo sv ilu p p a ta (1 ) Storia d e i N orm anni, ed. cit., I l i , 15,20, pp. 129 sg., 134; cfr. anche Chron. Casin., II, 81; K e h r o. c., V i l i , pp. 9, 336, 478: il K . pensa che il sinodo di Salerno fu celebrato tra il marzo e l ’aprile del 1050. (2 ) B olla « Officium Sacerdotale » del 24 marzo 1058; ed. P e n n a c c h i i v i , o .c ., p p . 27 sgg.; reg. K e h r , 349. coerentem ente in questo cam po dal nostro Alfano, il cui episcopato « segnò p er la Chiesa di Salerno un pe riodo di sp lendore » ( 1). Ne esam inerem o, d un qu e, p a r tita m e n te i singoli p u n ti, che poi corrispondono ai vari cam pi del m inistero episcopale del Nostro. Le d irettive p ro g ra m m a tic h e di indirizzo pastorale sono contenute, all’inizio, nel proem io — che r ip ro d u c e fedelm ente, rip e tia m o , le p a role già usate da Leone IX — e nel seguito della bolla. Eccole in una nostra tra d u z io n e : « Stefano vescovo, servo dei servi di Dio, alla santa chiesa di Sa« lerno... e p e r essa al confratello Alfano arcivescovo della stessa Chie« sa, in perp e tu o . « L ’assunzione d ell’ufficio sacerdotale, se venga e sam in ata con 111« teriore discernim ento, è p iù un ònere che un onore p er chi ne è « investito, p erch è a costui non sarà sufficiente con d u rre i p r o p r i atti « se non avrà insieme sa lu ta rm e n te guidalo quelli a ltru i. Egli infatti « deve in tr a p r e n d e r e la cura del regime pastorale p r o p rio allo scopo « di assumere su di sè con pia responsabilità la p reoccupazione di al ci tri, e di disporsi con vigilanza alla loro custodia, affinchè l ’invido « nemico non faccia m a la u g u ra ta m e n te p e rire alcuno nelle rabbiose « fauci, cosicché la sua rovina venga m e rita m e n te a ttr ib u ita a colpa « n ostra: sì, di noi, se trascuriam o di custodire con sollecita cautela « quelli che ci sono stati commessi. M ostriamoci, q u in d i, tali quali « ci d iciam o: ed affrettiam oci a rend erci utili con tutte le nostre pos « sibilità a coloro a cui ci troviam o ed essere p re p osti p e r la volontà « della provvidenza divina, cosicché qu a n d o il C redito re verrà a chie « derci la ragione del nostro m inistero, trovi che lo a bbiam o provvi « dam en te esercitato e, secondo la sua promessa, ci faccia lieti della « sua ricom pensa ». N on pensiam o di esagerare se rip e tia m o che in queste paro le ci sem bra di scorgere non u n a fo rm ula generica di intro d u zio n e c u r ia le sca, m a u n a p ro g ra m m a tic a en unciazione dei p rin c ip ii ideali a cui già da tem po si va ispiran do la R ifo rm a. E in tale senso Alfano m ostrerà di averle intese, nella sua p ra tic a di governo. Queste direttive di indole ascetica sono, nel sèguito della bolla, trasferite sul piano concreto dell’organizzazione discip linare e can on i ca, con u n vigore di im postazione in cui è ancora più evidente il n u o vo spirito che la R iform a va diffondendo. « Questo anche noi ti conced iam o : che nelle singole località, che « son soggette alla giurisdizione della santa Chiesa di Salerno, tutto L ( 1 ) I. C e c c h e t t i , s . v. « A l f a n o » : E ncicl. C attol., I, c. 8 3 8 . « « « « « « « « « « « « « ciò che sarà stato ritrovato discordante d al retto o rd in e o da quel che prescrivono i sacri canoni, tu e stirp i e e m e n d i, in con fo rm ità di q u a n to sta tu iro n o p e r i M e tro p o lita n i i santi p a d r i, e salva l’a u to rità d ella santa R o m a n a e Apostolica Sede. E poiché, p e r il pre va le re dei peccati, e contro il d iritto dei canoni e gl’istituti dei santi p a d r i, ta lu n i, mossi davvero da perverse intenzioni, no n tem o no persino di u su rp a re p e r sé ciò che è esclusivo dei Vescovi, cioè di s o ttra rre al giudizio di questi, so ttom ettend oli alla p r o p r ia giurisdizione, gli ascritti al sacro o rd in e , ossia i ch ierici — e questo noi detestiam o e con p e rp e tu o a n a tè m a vietiam o — , in te n d ia m o che dal tuo sano giù dizio sia re tto e o rd in ato q u a n to s’attien e a ll’ufficio ecclesiastico e vescovile, n e ll’a m bito d e ll’in te ra archidiocesi di Salerno, (« intra to tarn Salernitanam parrociam »), de n tro i confini sop ra in d ic ati ». O ra, che a Salerno ci fossero, e p r o p r io n e ll’epoca di A lfano, i n terferenze del po tere laico nel con ferim ento dei benefici ecclesiastici, è d etto in u n docum en to posterio re, là dove il p a p a U rb a n o II, a ric h iesta del successore di Alfano I e in contrasto con Ruggiero I, che inten de v a seguire in questo c am po l ’uso lo ng o b a rd o , « diju d ica vit Langobardorum malam et iniustam in hoc fuisse consuetudinem » (1). U n vero e p ro p rio contrasto d ’indole giurisdizio nale fu al fondo di qu ella persecuzione che A m ato racconta essere stata messa in atto da Gisulfo I I nei rig ua rdi d e ll’abate G uaiferio, il quale asseriva che «la sua potestà era p iù grand e della potestà secolare. E a p p e llò al P a p a ». In difesa di G uaiferio — secondo la testim o nianza del cronista — in te rv e n n e con i suoi buoni uffici A lfano, il nostro Arcivescovo, b e n ché con risu lta to n ullo (2). Ma gl’insuccessi n o n contano, q u a n d o ci sia il coraggio delle p o sizioni che si cred an o ide a lm e n te intoccabili, a nche nel p re v a le re d e l la forza m a te ria le . 8. — L ’AM M INISTRAZIONE DEL PATRIMONIO DELLA CHIESA DI SALERNO. D opo il p ro em io , di cui ab b ia m o sopra rife rite le p a ro le , e p rim a ancora del tr a tto che a noi è ap p a rso in tim a m e n te legato a tale p r e messa, la bolla di Stefano IX ad Alfano toccava l ’aspetto più stretta - (1) G. P a e s a n o , o . c . , II, p. 39 in nota; K e h r , o . c . , V i l i, pp. 353 sg., NN. 31, 32. (2 ) Storia d . Norm anni IV, 43, pp. 214 sgg. Lo S c h i p a , Storia d. P rincip., cit., p. 559, dà altra interpretazione all ’episodio, che egli collega a m otivi politici. mente organizzativo e gerarchico - disciplinare della vasta Archidiocesi ; e anzitutto m irava alla salvaguardia d e ll’antico e del recente p a tr im o nio della Chiesa. « E p e rta n to , o carissimo confratello Alfano arcivescovo, noi, an « nuendo molto volentieri alla tua richiesta, abbiam o decretato si redi « gesse in nome della nostra au to rità apostolica questo docum ento « ( privilegium ), con cui stabiliam o, sotto sanzione di censura aposto « lica, che p e rm a n g a n o sem pre rate e inviolate tu tte le donazioni che. « in favore della santa Chiesa di Salerno, effettu aron o od effettueran « no Im p e ra to r i, Re o colui che adesso m e rita m e n te detiene codesto « P rin c ip a to — Gisulfo — , e tu tti in genere i fedeli ». E la bolla pontificia ha poi cura di elencare rip e tu ta m e n te le categorie di beni di cui era costituito iure atque legaliter il p a trim o n io stesso della Chiesa: m onasteri, castelli, città, fondi, chiese, ville, vigne, selve — con l’interdizione p e rp e tu a , sotto p ena di censura, che nessun uomo, di q u a lu n q u e dignità, osi m ai, salvi restando i lim iti dei sacri canoni, a tte n ta re o sm inu ire la Diocesi ed i suoi term in i. La Chiesa di Salerno aveva u n largo p a trim o n io fon d ia rio , ac centrato in nuclei piuttosto c om p atti, che s’era and ato consolidando negli u ltim i cento anni, so p ra ttu tto con le concessioni dei p rin c ip i lo n gobardi, Gisulfo I e i due G u a im a rii, e degli im p e r a to ri Ottone II ed Enrico II (1). A ll’atto d e ll’assunzione del Nostro alla c a tted ra arcivescovile, la situazione p a trim o n ia le della Chiesa era, nelle gran di linee, tale quale è descritta in un d iplom a di concessione di Gisulfo II , a cui perciò rim a n d ia m o lo studioso di p ro ble m i economico - fondiari (2). La previdenza e l ’oculatezza a d o p e ra te da A lfano, nella difesa dei diritti e nella re tta am m in istrazion e dei beni della Chiesa, ris a l tano da d ocum enti della p iù varia indole, che qui, p e r am ore di b re vità e di chiarezza, ind ic h ia m o solo schem aticam ente ( l ’in q u a d r a m ento storico dei p rin c ip a li tra essi sarà fatto in seguito, al m om ento op p o rtu n o ): I) Rescritti pontificii, da lui sollecitati p e r la conferm a o la difesa di d iritti giurisdizionali e p a trim o n ia li della Chiesa S alernitana : bol - t (1) Il diploma di Gisulfo I è in P e n n a c c h i n i , o.c., pp. I l i sg. ; quello di Enrico II del 31 maggio 1022 è in M GH., D iplom ata regnm e t im p era to m m Ger maniae, t. I l i , pp. 601 sg. ; sui diplom i dei due Guaimarii cfr. F. B a r t o l o n i , I do cumenti originali d. P rincipi longobardi.... Fase. Il, Roma, 1956, tavole 10.11, 12-13. Per altre indicazioni cfr. B a l d u c c i , o . c . , I, pp. 257 sg. (2) Ed. in P e n n a c c h i n i , o . c . , p. 153; reg. in B a l d u c c i , I, p. 259; II, 17. la di Stefano IX del 24 m arzo 1058 ( 1 ) ; bolla di A lessandro II d ell’ago, sto - settembre 1067 ( 2 ) ; bolla di A lessandro II del 12 ottobre 1067 ( 3 ) ; costituzione di Alessandro II e le tte ra di G regorio V II relative alla d i' pend enza della diocesi di Conza ( 4 ) ; privilegi concessi da Gregorio V II alla Chiesa di Salerno ( 5 ) ; sentenza a r b itr a le emessa a Salerno dall a b ate Desiderio, delegato a ll'uo po dal pontefice G regorio ( 6 ) ; II) D ip lo m i di Gisulfo II e di Roberto Guiscardo, di donazione o conferm a di beni, emessi a favore della Chiesa di Salerno e diretti ad A lfano : d ip lo m a di Gisulfo II del maggio 1058 ( 7 ) ; d ip lo m a di G i sulfo II del febb raio 1060 ( 8 ) ; d ip lo m a di R ob erto G uiscardo d e ll’ot to b re 1080 ( 9 ) ; altro d ip lo m a del G uiscardo nella stessa d a ta (1 0 ) ; I I I ) Strum enti notarili, relativi a beni della Mensa, re d a tti alla presenza o in nom e di Alfano (11). T ra i d ocum enti di questa serie, assume u n p a rtic o la re significato, anche p e r la sua incidenza di c a ra t tere politico, un c o ntra tto di p e r m u ta tra Alfano I e Gisulfo II del l u glio 1062 (12), su cui si avrà occasione di rito r n a r e in seguito. Da questo arido elenco, e forse dal contesto stesso dei d ocum enti, non a p pa iono le finalità religiose che Alfano perseguiva anche nella difesa del p a trim o n io ecclesiastico: del resto q uelli elencati sono atti soltanto a m m inistrativi che ovviam ente assolvono u n sem plice c o m p i to giuridico. Ma sull’uso illum ina to e disinteressato che egli in tendeva si fa cesse, e in effetti egli stesso faceva, dei beni della Chiesa, si h a n n o due preziose attestazioni che p ro ie tta n o u n a luce di vivido senso evange (1 ) Cfr. K e h r , 350, 21. (2) Fac - sim ile, con sottoscrizione di Ildebrando, in A. T r a m a , Storia d i S. Gregorio VII', I, Roma, 1887, tav. in calce al volum e; cfr. K e h r , 351, N. 23. (3 ) Ed. P e n n a c c h i o , pp. 35 s g g .; cfr. K e h r , 351, N. 25. (4 ) Cfr. K e h r , 352 s g ., NN. 26, 28. (5) G. P a e s a n o , o.c., I, p. 150; A. T r a m a , o.c., II, 492 sg g . (6) Cfr. K e h r , 353, N. 29; B a l d u c c i , I, 281, N. 116. F. S c a n d o n e , Docu. m en ti p e r la storia dei comuni d e ir ir p in ia , I, A vellino, 1956, pp. 4, 140 sg ., p r o pone la data del 1083 per tale atto. (7 ) M. S c h i p a , Storia d e l P rincipato, cit., pp. 553, 763, N. 57; B a l d u c c i , T, p. 260, N. 16, (m a cfr. anche N. 15); II, 21, N. 15. (8) S c h i p a , Storia d. Princ., 764, N. 61; B a l d u c c i , I, 260; II, 18. (9) B a l d u c c i , I, 261, N. 21. (10) Ed. P e n n a c c h i o , o.c., pp. 46 s g .; B a l d u c c i , II, pp. 24 s g ., N N . 21. 22, 23. (11) P e n n a c c h i o , 37 s g g ., 40 s g g ., 43 s g g ., 48 s g g .; B a l d u c c i , I , 261 s g ., , NN, 18, 19, 24 (A lfano I non II); II, 23, NN. 18, 19; M. D e ’ S a n t i , op. c it., II, p. 77. (12) Ed. S. De B l a s i o , Series prin cipu m ..., cit., pp. LIV sgg. lico sulle carte p re p a r a te dagli aridi notai e sulla figura del nostro Alfano. Q uando egli istituirà nel 1066 il vescovato di Sarno — ne darem o più ta rd i notizia — , d arà al neo eletto vescovo Risus nobili e precise direttive p ro p rio nel cam po d e ll’am m in istrazio ne dei beni ecclesiasti ci: è logico d e d u rn e come egli volesse a ttrib u ir e c a ra ttere di norm a e non di eccezione a tale condotta. « Delle re n d ite della Chiesa, o delle oblazioni dei fedeli, faccia « q u a ttro p a rti, di cui una ritenga p er i suoi usi il p re d e tto Risus Epi u scopus; u n ’altra distribuisca ai Chierici in prop orzion e della diligen. « za usata nei p ro p ri c o m p iti; u n a terza ai poveri e ai peregrini si ri « cordi di riservare e u n a q u a rta all’edilizia della C h ie sa : e di tutto « ciò sappia che dovrà ren d ere conto nel giudizio d iv in o : De redditu « vero Ecclesiae, vel oblatione fid e liu m . quatuor faciat portiones, qua « rum unam sibi ipsi praelibatus Risus Episcopus retineat, alteravi « Clericis prò officiorum suorum sedulitate distribuat, tertiam pauperi« bus et peregrinis, quartam Ecclesiae fabricis noverit reservandam. de « quibus divino erit iudicio rationem redditurus » ( 1). Dieci anni dopo, nel 1076. a ll’epoca del feroce assedio della città, quando u n a te rrib ile fame riduceva allo strem o — come u n giorno tra le m ura di G erusalem m e — la capacità e il desiderio stesso della so pravvivenza negli assediati S alern itan i, « solam ente l ’Arcivescovo, che aveva nome Alfano, sostenne il peso, a utilità del suo popolo, della assistenza; e ciò che aveva, donò ai p o v e r i » ; costretto poi, dinanzi al p rec ip ita re degli eventi, ad uscire di città m e n tre l ’assedio durava, « si recò nelle terre sue e della C h ie sa ; e ra d u n ò gran de abbo ndanza « di vino e di grano, e accolse attorno a sè i suoi chierici, che governò « come figli, a llon tanando li m isericordiosam ente dalla p iù nera mise« ria. E tutti gli altri suoi sud diti, u o m in i e donne, chiam ò a sè in ve« ste di h|Uon pastore, e donò loro tutto il necessario a vivere » (2). T ra le p a ro le p ro g ra m m a tic h e e le azioni concrete non v’è alcun divario: u na sola ispirazione detta le une e le altre. 9 . — L ’ORGANIZZAZIONE DEI VESCOVATI NELLA PROVINCIA ECCLESIASTICA DI SALERNO. Infine, la bolla di Stefano IX — ricon ferm an do ad Alfano ipsum ex integro Archiepiscopatum Salernitanum cum omnibus parrochiis si ( 1 ) Ed. U g h e l l i , o . ( 2 ) A m a to d i M o n t., e ., VHI2 col. 5 7 1 . V III, 1 7 , p p . 3 5 7 sg. o . c ., bi pertinentibus, sicut integre illuni habuerunt praedecessores tui, nom inatim Am atus ipsius Ecclesiae Archiepiscopus prim us, et Grimoaldus, et celeri post eos A rchiepiscopi — assomm a in due p u n ti le sp e cifiche, essenziali a ttrib u z io n i del M e tro p o lita n e ll’am b ito d ella p r o vincia ecclesiastica. а) ee Concediam o alla tua fra te rn ità licenza e facoltà di eleggere « con il clero e il popolo, secondo gli statuti dei sacri canoni, i vescovi « nelle sedi a te soggette in v irtù di privilegi dei R o m a n i P o n te fic i; « pre c isa m e nte: nelle città di P a e stu m , Conza, A cerenza, N ola, Co te senza, Bisignano, e a M alvito, Policastro, Marsico, V iciniano ( M a r ee torano), Cassano, co ng iu ntam ente a tutte le loro parrochiae e a d ia te cenze ». б) ee Vogliamo inoltre che tu abbia facoltà discrezionale di oree din a re Vescovi anche in altri luoghi della tu a diocesi ( p e r congruen ti tia loca secundum regulam sanctorum Patrum in ipsa integritate Sa ee lernitani archiepiscopatus, aveva detto, ancor p iù e splicitam en te, ee Leone IX nel 1051) ». Delle un dici diocesi suffraganee di Salerno, che sono e n u m e ra te , come già esistenti, dalla bolla di Stefano IX, sette risulta no a p p a r te n e re sin d a ll’inizio alla giurisdizione del M e tro p o lita s alern itan o, sia p u r e con lievi oscillazioni da d ocum ento a docum ento (d o v u te , forse, solo a distrazioni di a m anuensi, e no n ad altre p iù riposte ragioni, come talvolta s’è pe nsa to): P a e stu m (Capaccio). Conza, A cerenza, N ola, Co. senza, Bisignano, M alvito (S. M a rc o ). Q u attro sedi sono elencate solo ora, m en tre p rim a non ve n ’era traccia, sicché è da p re su m e re ev id e n tem en te che siano state istituite o rip ris tin a te tra il 1051 e il 1058: Policastro, Marsico Nuovo, M a rto ran o , Cassano (1). A ltre due diocesi suffraganee, alm eno, istitu irà A lfano nel se guente ventennio, di modo che può dirsi che, sotto il governo del N o. stro, la Pro vincia ecclesiastica di Salerno abbia toccato il perio d o di massimo sviluppo. I confini di questa Prov in cia ecclesiastica — che vai q u a n to dire de ll’Archi diocesi sa le rn ita n a — coincidevano con quelli del P r in c i pato lon gob ardo di Salerno e a nd av ano dalla p ia n u r a c a m p a n a alle im pervie m ontagne calabresi: e p e rta n to si co m p re n d e la som m a di cure pa sto ra li che offriva la reggenza di u n a così vasta circoscrizione giu risdizionale: n om in a dei vescovi suffraganei. difesa d e ll’in tegrità te rrito ria le e m o rale dell Archidiocesi. erezione di nuove sedi veseo - (1 ) N. A cocella, La Traslazione d i S. M atteo, pp. 39 -42. vili là dove se ne ravvisasse l'o p p o r tu n ità . A tutto questo provvide Alfano con illu m in a to zelo pastorale. A Policastro, un a delle sedi di più recente istituzione (o , meglio, ricostituzione, perchè l ' ecclesia Buxentina è già ric o rd a ta in antico). Alfano p repo se come vescovo, nel 1079 o anche p rim a , u n santo m o naco cavense. P ie tro P a p p a c a r b o n e (1). Questi era stato designato dalla volontà del cloro e del po polo e dal prin c ip e G isulfo; e A lfa no. seguendo la no rm a in dicata dal p a p a Stefano, ratificò l’elezione con una lettera ind irizzata al clero e al popolo di Bussento (2). La scelta dei presuli p e r le diocesi suffraganee da p a rte del Nostro fu sem pre ispirata a criteri di su periore valutazione m orale e religiosa, come è lecito d e d u r re da qualche altro docum ento relativo a nom ine da lui effettuate. L ’integrità della circoscrizione ecclesiastica dell'A rchidiocesi r i mase fuori discussione finché fu s tru ttu ra lm e n te saldo il P rin c ip a to longobardo. A llorché questo venne ra p id a m e n te sfaldandosi, anche l ’unità giuridica d e ll’Archidiocesi venne c h ia m a ta in causa. S’è già accennato che Alfano tentò di ovviare a questo moto centrifugo facendo p ro c la m a re di nuovo da Alessando II e da Gregorio VII l’antica sudditanza di Conza a Salerno, contro il tentativo di sot tra m e la . Ma la forza centrifuga p re v a rrà , in seguito alla scom parsa del P rin c ip a to longobardo: Acerenza e Conza assurgeranno a n c h ’esse al rango di archidiocesi, e nel 1099 saranno solo n o m in a lm e n te r ia g gregate a Salerno, p ro c la m a ta allora sede prim a ziale ( 3 ) : i vescovati (1) Vitae quatuor priorum abbatum Cavensium , Ed. L. M a t t e i - C e r a s o l i , 1941, RR. II. SS.2, VI, P.V., p. 17. La cronologia mi pare m eglio fissata in E. C a p o b ia n c o , S. A m ato di N u sco: Monografia storicojcrilica, A vellino, 1935 - 36, pp. I l i sgg. Della considerazione che Alfano aveva per la comunità monastica cavense, è testimonianza tra l ’altro l ’esenzione da lui concessa, col consenso del suo clero, a Leone abate di Cava per la chiesa di S. N icola de Palma in Salerno: cfr. G. Abig n e n t e , Le chartulae fraterni tati s e il libro dei Confratres della Chiesa Salerni tana, Napoli, 1888. p. 30. (2) L a lettera, che determina i centri abitati della diocesi policastrense disdngxiendoli da quelli della diocesi di Paestum, si può leggere in Paleocastrpn dioeceseos historico - chronologica synopsis, N i c o l a i M. L a u d i s i i , Policastren epi, scopi, iussu confecta (N eap oli, De D om inicis, 1831, pp. 28 - 31). Il documento, scritto da Giovanni chierico, ha le seguenti note cronologiche : a. 1079, ottobre, ind. III, anno 22 ° del Presulato di Alfano. Non è forse inutile ricordare che eoi « 22 ° anno del suo presulato » è datato un altro documento di Alfano ancora esi stente: cfr. B a l d u c c i , o . c . , I, p. 261, N. 19. (3) Acerenza nel 1076 era ancora sede vescovile, contrariamente a quanto affermano taluni scrittori: cfr. la lettera di Gregorio VII del 14 marzo 1076 al vescovo di Acerenza Arnaldo : Reg., I l i , 11 ; C a s p a r , 271 s g . di Bisignano, M alvito, Cassano ( d i C a la b ria ) sara n n o assoggettati d i r e tta m e n te a R o m a ; quello di M a rto ra n o aggregato a Cosenza, anche essa elevata ad a rc h id io c e si; Nola sarà a ttr ib u ita a N ap oli. A questo fatale processo di disgregazione non assistette A lfan o ; perchè, anzi, egli tentò di ren dere m ag giorm en te a rtic o la ta la distii buzione dei vescovati della sua A rchidiocesi, contin uando si ad avva lere — come s e r a fatto negli anni p recedenti — della facoltà, davve ro singolare m a non eccezionale in quei te m p i, di creare nuovi veseo. vati. E ran o le conseguenze delle speciali clausole inserite nelle bolle •li Leone IX e di Stefano IX. Due vescovati creò c erta m en te A lfa n o ; forse anche un terzo. P r im a fu la volta di S a rn o : m arzo 1066. E re tta la diocesi, con confini m in u ta m e n te d e te rm in a ti, A lfano vi p repose — come si dis se — Risus (1). L ’U ghelli p u bb lic a le le tte ra di A lfano, istitutiva della diocesi, d ire tta al clero e al popo lo di S a r n o : l'e d ito re assicura che il monumentum autographum litteris longobardicis conscriptum in perga mena ( d i q u e ll’istituzione) extat in tabulario eiusdem ecclesiae (2). Del docum ento noi a bb ia m o p iù dietro trascritto u n b ra n o no tevole; ma forse vale la pena di r ip r o d u r n e adesso i tratti p rin c ip a li e più significativi come testim o nian za del costume e delle condizioni am b ientali in cui bisognava g r a d u a lm e n te o p e ra re , p r im a di giung e re alla com p leta attu azion e dei p ro g ra m m i di qu ella rigenerazione del clero e del popolo che era nei voti e nei disegni degli u o m in i della Rifo rm a gregoriana. Già il G iesebrecht rilevò l’im p o rta n z a di questo docum ento. « Alfanus sanctae Sedis Salernitanae gratia Dei archiepiscopus. « Omnibus fidelibus orthodoxis, C lero, O r d in i, et p le b i consistenti « Sarnensis Ecclesiae, p e r A po stolica m institutìonem nostro Archiepi« scopatili subiectìs, dilectis filiis in D omino salutem. Probabilibus « vestris desideriis nihil attulimus tarditatis ( 3 ) ; Fratrem etiam et Coe « piscopum nostrum vobis ordinavim us Risum Sa cerdotem , cui dedi « mus in mandatis, ut nunquam Ordinationes praesum at illicitas, ne ( 1 ) U g h e l l i , V I P , 5 7 1 sg.; G i e s e b r e c h t , 6 8 sg.; P a e s a n o , I, 1 2 1 ; G a m s , Serics episcoporum Ecclesiae C atholicae, Ratisbona, 1 8 7 3 , p . 9 2 0 ; A . A d i n o l f i . Storia della Cava, Salerno, 1 8 3 6 , p . 1 4 7 , nota: D e ’ S a n t i . II, 8 4 ; K f. h r , 3 0 3 , 3 5 0 ; C a p o b ia n c o , 110. (2) U g h e l l i , Le. ; l a lettera fu redatla, nel IX anno del pontificato di A l fano, da Marino chierico, Prim icerio cancelliere e bibliotecario della Chiesa di Salerno. (3) Sulla necessità e sul valore del consenso di clero e popolo nelle ordinazioni, cfr. A, N i t s c h k e , D ie W irksam keit G ottes in d e r W elt Gregors V II ( i n a Studi « bigamum. aut qui virginem sortitus non est uxorem, neque illittera (( tum (1 ) vel in qualibet corporis parte vitiatum , aut im paenitentem , « vel curiae, aut cuilibet conditioni obnoxium, notatum que, ad sacrum « Ordinem perm ittat acced ere; sed si quos huiusmodi forte reperit, non « audeat prom overe. Afros passim ad Ecclesiasticos Ordines praeten « dentes nulla ratione suscipiat, quia aliqui eorum Manichaei, aliqui « rebaptizati saepius sunt pro b a tì ». (T ra la sc ia m o , p e r am ore di brevità, la delim itazio ne dei confini della nuova diocesi, le disposizioni già r ip o rta te sull’uso delle rendite ecclesiastiche, e inoltre la raccom andazio ne p e r l’osservanza dei te m pi stabiliti nelle O rdinazioni). « Sacratum sancti Baptismatis sacramentum non nisi in Paschali « festivitate et Pentecoste mem inerìt esse praebendum : exceptis his qui « rnortis urgerentur periculo, ne in aeternum pereant, talibus o p o rte t « remediis subvenire. « U nde auctoritate Apostolica vobis praecipiendo mandamus, ut « ei sìcut Patri et Pastori vestro obediutis, et a dm onitionem eius cum « benevolentia suscipiatis... (ut)... irreprehensibile, placidum que fiat « corpus Ecclesiae ». Sui criteri dai quali si fece guidare Alfano nella scelta dei ve scovi suffraganei si è più dietro dato qualche cenno. Ma a conferm are quelle nostre deduzioni valgono le su rriferite direttive p astorali che il Nostro dà a Risus ed inoltre la n om ina, da lui fatta, di u n altro uomo di Dio, S. A m ato, a prim o vescovo di Nusco. Infatti anche dell'erezione di questa Diocesi fu artefice Alfano, secondo l'afferm azione di molti scrittori antichi e m o derni (2). In to rn o al tem po in cui è vissuto S. A mato, p rim o vescovo di Nusco, sulle vicende stesse della sua vita, si agitarono a lungo, per il passato, dispute e polem iche, che sono state riassunte e avviate a ragionevole soluzione da E. Capobianco, in uno studio critico n o te vole p e r copia e solidità di inform azione d oc u m e n ta ria e bibliografica, e per rigore di argom entazione (3). Gregoriani », V, Roma, 1956, p. 154); G. B . B o r in o , Osserv. su una in terpreta, zione d el decreto d i Gregorio VII sulle ordinazioni sim oniache ( ih id ., 412). (1) Anche gli illetterati Alfano voleva si tenessero lontani dal chiericato. Più tardi, nel concilio del 1079, cui probabilm ente intervenne il N., ci fu una breve rivoluzionaria prescrizione: « Ut om nes episcopi artes Iitterarum in suis ecclesiis docere faciant » ( M a n a c o r d a , Storia della scuola in Italia, I, P. I., Palerm o, 1924, pp. 69 sg.). (2) Cfr. U g h e l l i , V II2, 533; K e h r . 341, 377. (3) E. C a p o b ja n c o , S. Am ato da Nusco: Monografia storico.criU ca, Avellino, 1935 -36. Il docum ento fo n d a m e n ta le che può p e rm e tte re di stabilire fuori da ogni contestazione l ’epoca del Santo (seco nd a m età del s. XI) è il cosiddetto testam ento da lui fatto red ig ere nel 1093 in favore di u n a chiesa di Nusco. S u ll’au te n tic ità di questa chartula iudicati ■ che fo rtu n a ta m e n te ancora esiste nella redazione o rigina le — si è molto discusso, m a oggi non p a r e lecito sollevare a ltri d u b b i, dopo l'esam e fattone da due maestri della storiografia m e rid io n a le (1). D e term in a n te , al sud detto scopo, è anche la m enzione di « A m atus Nuscensis episcopus >> tra sette nom i di vescovi suffragane] di Salerno del sec. XI segnati da m ano c o n te m p o ra n e a nel « d ip tv e on » del N e crologio e Liber confratrum d i S. Matteo di Salerno ( 2). Su questo im p o rta n te codice sa le rn ita n o , sull’in le rp re ta zio n e del b ra n o che si riferisce ad A mato ete., e sulla p a rte avuta dal nostro A lfano nella com pilazione e costituzione del m a n oscritto, il C apobian co offre acute note storico - critiche che non è fre q ue n te ritro v a re in o pere sto rio grafiche d i provincia ( 3). La d e te rm in a z io n e cronologica del tem p o in cui visse S. A m alo di Nusco — suffragata anche da altre prove d o c u m e n ta rie — rende ben plausib ile la plurisecolare tradizio ne nuscana che attribuisce ad Alfano I l’erezione, in to rn o al 1067, della ca tte dra episcopale di quella vetusta città ir p in a e la conseguente no m in a di Am ato a p r i mo vescovo, co nform em en te al desiderio del p op olo e del clero, che incontrava i! favore anche del p rin c ip e Gisulfo (4). N on sap p ia m o , invece, qu a n to fond a m e nto storico possa avere il testo di u na lettera che si dice inviata già nel 1063 da Alfano I ad A m ato, allora « a rc h ip re sb ite ro » di Nusco, affinchè si adoperasse con la sua predicazio ne ad e stirp a re il culto pagano di S e ra p id e a Serpico, stabilendovi la fede cattolica (5). Con ogni p ro b a b ilità anche la diocesi di Acerno deve la sua fon f i ) A. Di M e o , A nnali critico - diplom atici d el Regno d i N apoli, V i l i , N apoli, 1803, pp. 368 sgg.: B. C a p a s s o , SulVautenticità d e l testam ento d i S. Am ato, vescovo d i Nusco (1093), in « Archivio stor. p. le prov. napol. », V I, 1881, pp. 543 - 50. ( 2 ) E d. G a r u f i , pp . LVI, 2 3 1 : una svista m ate ria le nella trascrizione. ( 3 ) C a p o b ia n c o . o .c ., pp . 1 0 7 sgg. (4) Op. cit., pp. 239 sgg., 302 sgg. A bbastanza esa u rie n te la docum entazione esib ita dal C apobianco p e r rib a tte re l ’obbiezione p re g iu d izia le del b o lla n d o la StdL ting, che negli Acla Sanctorum aveva m esso in dub b io la facoltà degli a rc i vescovi sa lern itan i di erigere nuovi vescovati : m a su questo argom ento i docum enti pontifici, che abbiam o più sopra c ita ti, sono in o p p u g n a b ili. (5) C a p o b ia n c o , o.c., pp. 61 sg g . Notiam o di passaggio che l ’a., a pp. 279 sg g ., discute e rigetta l ’ipotesi di coloro che nel passato vollero vedere in S. Amato di Nusco l ’autore della H istoria Norm annorum . dazione al nostro A lfan o: Mirandus, che forse ne fu il p rim o vescovi», morì tra la fine d e ll’XI e il p rin c ip io del XII secolo; l’epoca della m orte e l’a n n o ta /io n e del nome nel Necrologio e L iber conjratruin del duom o di Salerno souo valide prov e a sostegno d ’u n a tale s u p posizione (1). U na sola eccezione co nte m pla va la bolla di Stefano IX alla fa coltà degli arcivescovi di Salerno di erigere nuove diocesi n e ll’am bilo della loro g iu risdizion e: « excepta ecclesia sancti Michaelis archan geli in Monte Aureo sito in Campania ». Queste parole sono state p e r il passato sottoposte ad u na esegesi to rm entata, q uand o non sono state incluse come p ietre in mosaici di ge nerose ma cam panilistiche ricostruzioni storiche (2). A nzitutto, deve considerarsi fuori di ogni discussione l’ubicazione della Chiesa. In tegran do la d e term in azion e toponom astica della bolla di Stefano IX: « nel lenimento di Campagna » ( i n latino detta sem pre Campania), con m olte altre indicazioni o denom in azion i provenien ti da scritture di questa o di altra epoca, che chiariscono tra tta rsi di u na Chiesa « sita nella grotta del Monte cosiddetto d'oro », o p iù semplice m ente della « grotta d i S. Angelo denominata del Monte d'oro »; e che più specificam ente dicono la Chiesa posta « super flubio Tusciano », o la definiscono « de Monte Aureo de Liciniano » (3 ) — non si vede come ci si possa ragionevolm ente a llo n ta n a re d all'a n tic a tradizione che addita quella v eneranda Chiesa in « S. Michele Arcangelo di Olevano » (4). e che fu illu strata nel 1885 da u n a pregevole m onografia, che ha pure, non poche considerazioni utili svi! nostro Alfano (5). (1) Cfr. C a p o b ia n c o , o . c . , pp. 110 sg.; C r i s o - C a m p a g n a , Salerno m era, cit., p. 27 : gli autori riferiscono l ’opinione autorevole del K e h r . (2 ) Cfr. ad es. A. V. R lV ELLl, M em orie storiche d. città di Cam pugna. I , Sa lerno, 1894, pp. 124 sgg.; A. G a l i a n i , M ontoro nella storia e nel fo lk lo re, Montoro, 1947 ; ree. di Balducci, in « Rass. stor. sai. », X, 1949, pp. 229. Anche lo S c h i p a , di solito così cauto e controllato, dice, riferendosi alla nostra chiesa : « S . M ichele arcangelo di Montoro » (Storia d. Princip., cit., p. 258). (3) A. T r a m a , Storiu di S. Gregorio VII. I, Roma, 1887, p. 364 (fac - sim ile in fondo al volum e); P e n n a c c h i n i , o.c., p. 35; B a l d u c c i , o.c., II, pp. 17, N. 6: 53, N. 96; 58, N. 108. (4) La tradizione è conosciuta anche dal Dì M eo ( Annali c ritic o .d ip lo m a tid del Regno d i N apoli, cit., VII, p. 18), il quale, evidentem ente ignaro dei luoghi, avanzò qualche dubbio sulla identificazione, perchè, secondo lui, il nome di Moriteaureo non fu mai dato al monte in cui è S. M ichele di Olevano. Certo è che la chiesa di S. M ichele di Olevano era centro di richiam o religioso almeno fin dal 1079 (cfr. B a l d u c c i , I, 261, N. 20). (5) G i a c in t o C a r u c c i , S. Gregorio VII a S a lern o : ricerche storiche. Salerno,• 1885, pp. 75 sgg.: una inesattezza a p. 77, dove è detto che prima del 1067 la chiesa di S. M ichele non apparteneva a Salerno, I « casali » di Liciniano ( o Licignano o Li Cignali) e di Olevano eran o a breve distanza, e am bed ue facevan p a rte , alm eno da u n secolo, di q u e l g ru p p o di possedim enti della Chiesa S a lern ita n a che conve n ie n te m e n te colonizzati costituirono poi il feudo di Olevano sul Tu sciano (1). Alle radici della m o n tagna, nei cui r ip id i fianchi si p r o fonda p e r alcuni c h ilo m e tri la « G rotta d e ll’Angelo » — segnalala, nelle com uni carte geografiche, a qualche ch ilom etro a N E di O le vano — scorre im petuoso il Tusciano. A breve distanza, in linea di a ria, è l’antica città di C a m pag na, del cui distretto venivano indicate come facenti p a rte quelle c o n tra d e m o n ta n e che non ancora avevano u n a loro storia. La grotta, ricca di sta la ttiti, è larga, subito dopo l’ingresso, 51 ni. e alta 42, ed ha tu tto ra un a c a p p e lla dedicata a ll’A rcangelo, con trac ce di antichissim i affreschi (2 ) : la grotta è un elem ento costante m ente legato ( a d esem pio nei s a n tu a ri del G argano e del V u ltu re, a M onticchio) al culto di S. M ichele, il p a tro n o guerriero dei guerrieri L o n g o b a rd i (3). II « Mons A ureus » dei docum enti è vivo ancora in M onted oro, dove fu l’antica E boli, e di cui il m onte dov’è S. Angelo sarebb e u na co ntinuazione (4), o p p u re , top on om a stic a m e nte defo rm a to , deve esse re identificato in q ua lc h e altra di quelle cime scoscese: m onte S. E l mo (5), m o n te Raione, etc.? La chiesa o grotta di S. M ichele era (6 ) tra q uelle «hereditates sanctae Salernitanae ecclesiae » che di lì a poco saranno u su rp a te violen te m en te e di cui Alfano, m un ito di legittim i titoli di possesso, otterrà ( 1 ) La cui storia è stata delineata da C a r i .o C a r u c c i , Un feudo ecclesiastico nell ' Italia M erid., Subiaco, 1937 38 ( p p . 7 sgg.). C fr . anche P a e s a n o , I , 105 sg. ; P e n n a c c h i n i , 152 sgg. etc.; B a l d u c c i , I , p . 278, N. 1 0 1 ; G . C a r u c c i , o.c„ p p . 18. ( 2 ) G. C a r u c c i (o.c., pp. 7 4 sgg.) e dietro di lui il T r a m a ( o . c ., II, pp. 4 9 4 sgg.) la descrivono minutamente perchè accettano la tradizione, tardiva, di una dimora di Gregorio VII nel castrum posto dinanzi alla crypta di S. Angelo. (3 ) Cfr. B. C ro c e , Storia d el Regno d i N apoli, B ari, 1925, p. 19, n. 3. ( 4 ) G. C a r u c c i , o.c., p . 7 7 , n . 3 ; B a l d u c c i , III, p. 6 8 ( i ruderi visibili sono d ell ’antica E burum ): cfr. E. P o n t i e r i , s. v . « E b o li» in Encicl. Ital., XIII, 3 2 7 . (5) « S. Eremo » dice il R i v e l l i , o . c ., p . 128. (6 ) Forse fin dalla metà del secolo IX. Quando Pietro, figlio del principe Ademario, e da questo eletto vescovo di Salerno, spinto dal timore, dopo la vio. lenta fine del padre, « Sanctum A ngelum , qui scitum est in m onte qui Aureus d icitu r, cum exiguis cleris ven it », la chiesa.grotta era presum ibilm ente già in possesso della chiesa di Salerno. Certo, il luogo era im prendibile « p ro p te r loci m unicione » ( Chronicon Salernitanum , ed. U. W e s t e r b e r g , Stoccolma. 1956, p. 103 : da non confondersi con Montoro che è detta castellum M ontorium , a p. 154). la restituzione per l'intervento di Alessandro II ( 1 ) ; nel 1080 ne con fermerà autorev olm ente l'a p p a rte n e n z a a ll’arcivescovato di Salerno Roberto il Guiscardo (2). Il valore legale da d are a ll’anzidetta clausola eccettuativa della bolla di Stefano IX è suggerito dalle notizie che abb ia m o premesse ma è im plicito nel contesto stesso del docum ento pontificio, p erchè insieme vi si vieta di erigere vescovati anche nelle altre chiese e loca lità quae haereditario iure sanctae Salernitanae ecclesiae... legaliter. pertineant. Si in tendeva cioè che la grotta dedicata a ll’Arcangelo e quelle altre chiese e località restassero soggette im m e d ia tam e n te alla a u torità del M etrop olita, p erch è entravan o n e ll’asse p a trim o n ia le d e l la Chiesa Sa le rn ita n a , e come tali erano ina lie na b ili p e r costituzione apostolica. Anzi di tali speciali possessi la bolla vieta che laici o c h ie rici di qu a lu n q u e categoria ritengano o accettino il beneficio in con trasto con la volontà degli Arcivescovi. Ma perchè il pontefice Stefano avvertì il bisogno di indicare cxpressis verbis q uella esclusione p e r la chiesa di S. M ichele A rc a n gelo di M on tedo ro? P r o b a b ilm e n te il p a p a , dietro sollecitazione di Alfano, volle stroncare anche la sola a p p a re n z a d e ll’auton om ia goduta nel passato da quella Chiesa che, già soggetta forse alla cappella p a la tin a dei p rin c ip i lon gobardi, p u re in appresso aveva visto i suoi retto ri fregiarsi di volta in volta del titolo pomposo di « episcopus », o di « pontifex » ( 3 ) ; e riuscì n e ll'in te n to se è vero che p iù tardi, nel 1081, tal Bonifacio, allora rettore di S. M ichele A rcangelo, con cederà a nom e di Alfano I un a terra di p r o p rie tà di q uella Chiesa ( 1). Bisognerebbe, ad ogni modo, c h ia rire sotto il profilo giuridico il preciso valore delle im munitates che tali titoli c o m p o rta v a n o ; questi non dovevano essere tutti e soltanto surrettizi, e, come tali, segno di un passato disordine giurisdizionale. A vanziam o u n ’ip otesi: la Chiesa (1) T r a m a , I, p . 364; P e n n a c c h i n i , o . c . , p . 35. pp. 136 sg. ; T r a m a , o .c . , v. II, p. 7 0 2 . (3) Un documento, che è stato alla base di una lunga serie di equivoci e discussioni, è quello con cui nel 1010 il principe Guaimario fece un ’ampia dona zione alla « Ecclesia re a ti M ichaelis Arcangeli sita in M onte, qui d icitu r Aureo, a super flubio Tusciano, in quo v ir ven erabilis Domnus Cennamus E piscopus preesse videtur ». Il documento, già edito dal Muratori, fu poi riprodotto dal Di M e o ( A nnali, v. V II, pp. 17, 18), il quale si mostrò su di esso alquanto perplesso per il fatto, disse, di non trovare altrove questo vescovado; qualche difficoltà gli nasceva anche dalla datazione della carta. A conferma di quel titolo di « e p i scopus » è poi sopravvenuto un altro documento del 1051 che gratifica il rettore della stessa chiesa del titolo analogo di « pontifex » ( B a l d u c c i , III, p. 68). ( 4 ) B a l d u c c i , I , 2 6 2 , N. 2 4 (correggere: Alfano I ) . (2 ) P a e sa n o , o .c ., o .c ., d e ll’Arcangelo era forse in origine di rito greco - basiliano e ai suoi re tto ri venivan dati i su d d e tti tito li, a q uella guisa che tra il 1039 e il 1041 in docum enti no tarili era p ro c la m a to « venerabilis episcopus », « almificus episcopus » quel domnus Theodorus che era p rio re e custode delle chiese di rito greco di S. Sofia e di S. Angelo entro Salerno, e che aveva alle sue d ip e n d e n z e u n Cosmas obbas (1 ) : quegli a p p e lla tiv i erano forse tra du zion e letterale di titoli onorifici della ge ra rc hia basiliana. Ci siamo u n p o ’ p iù a lungo sofferm ati su u na questione di in dole gerarch ica, anche p e r dare u n 'id e a della p e rfe tta e minuziosa im p a lc a tu ra g iuridica che reggeva la vita religiosa nel M edioevo e su cui Alfano no n disdegnò di sofferm arsi, p e rc h è vigile custode d e l l e tra d iz io n i e dei d iritti della sua chiesa e della sua terra . 10. — ALFANO E I SINODI RIFORMATORI DI NICCOLO ’ l ì E ALESSANDRO II (1059 - 1073). In te n to alle cure del m inistero nella sua A rchidiocesi. il Nostro n o n si astrasse dal p a r te c ip a re a ttiv a m e n te alle generali vicende onde si andava c onfigurando e sem pre meglio c a ra tte riz z a n d o l'azione dei p a p i rifo rm a to ri che si susseguirono sulla c a tte d ra p ontificia dopo la m o rte di Stefano IX: vogliam dire di Niccolò II (1059 - 1061), Ales sandro II (1061-1073), G regorio V II (1073-1085). P o ic h é n o n è nel nostro com pito r i n a r r a r e la storia di quegli avvenim enti — a volte d ra m m a tic i, a volte eroici, non sem p re lieti — ci lim itere m o a toccare soltanto quelli in cui è sicura la presenza attiva del nostro Alfano. D o cu m en tata, ad esem pio, è la presenza di lui al grande Sinodo rifo rm a to re del L aterano , in detto da Niccolò I I e celebrato nello aprile - maggio del 1059. A questo Concilio in te rv e n n e u n ’accolta di u o m in i e m in e n ti p e r ingegno, virtù, zelo, quale r a r a m e n te s’incontrò n ella C uria R o m a n a in tu tta la storia della C hiesa: P ie r D a m ia n i, (1) CDC, V I, pp. 120. 137 sg., 146, 159 sgg. E ’ forse superfluo ricordare che nei pressi di Salerno erano altre chiese basiliane, vere isole liturgiche e lin gu i stiche (Cristo Liberatore, S. N icola di Gallocanta, S. Giovanni a Mare), e che il culto di S. M ichele, prima che ai Longobardi, era caro ai Greci. Una carta fonda m entale per lo studio della « grecità » n ell ’Italia m erid. è il documento del 986, relativo proprio a S. Giov. a Mare di Vietri (CZ)C., II, 233 sg.). Un elenco di libri e oggetti liturgici greci è in CDC., V i l i , pp. 38 sgg. Ild e b ra n d o , U m berto di Silva C and id a, il c a rd in a le Stefano (1), Desi derio abate, Anseimo di Lncca. Ugo abate di Cluny etc., che quasi lutti furono in relazione di amicizia con il N ostro. Vi prese pa rte , d unq ue , anche Alfano, che era nel grup po dei quindici vescovi m e ri dionali, nel quale con lui spiccavano Ild e b ra n d o arcivescovo di C apua e U delrico arcivescovo di Benevento. O ltre tutto, la presenza di questi vescovi m erid io n a li era in ra p p o rto con le consultazioni sulla politica da seguire da p a r te del P a p a to nei rig uardi dei N o rm a n n i (2). Le fasi del Concilio Lateran en se — nel quale si presentò il fa moso Berengario e che vide em ergere la figura di Ild e b ra n d o , il quale da allora assunse u na posizione di p rim o p iano e fu l’is p ira tore dei canoni fon dam en tali di u n a rifo rm a integ rale della Chiesa, giustam ente detta la « rivoluzione gregoriana » — sono nella inem oiia di tutte le persone colte. N on è però fuo r di luogo ric o rd a re che lo atto storicam ente più rilevante del Sinodo — il Decreto sull’elezione papale — porta, tra le altre celebri firm e, quella del nostro Alfano ( 3). U n altro docum ento del Sinodo p o rta la firm a di A lfano: quello della sentenza in un a causa tra la chiesa di Arezzo e la chiesa di Siena (4). Anche ai due sinodi, celebrati solennem ente, con l ’intervento di Niccolò II. Ild e b ra n d o etc., n ell’agosto dello stesso anno 1059 a Be nevento e a Melfi (dove i n o rm a n n i Riccardo e R oberto o ttennero la loro investitura, diretta anch*essa ad appoggiare il decreto sull ele zione p apale), intervenne Alfano (5). Il suo nom e com pare (su b ito dopo quello, famoso, di U m b e rto di Silva C an dida) insiem e con i nomi di autorevoli sottoscrittori di u n interessante decreto, emesso dal sinodo a Benevento, in favore d e ll’abbazia di S. Vincenzo al Vol tu rn o : il decreto teneva d ietro ad una vivace disputa giurisdizionale, che costituisce un episodio caratteristico della lotta p e r la conquista della libertà religiosa, co m ba ttuta in quegli anni (6). (1) Vedremo a suo tempo che, quando Stefano verrà a morte, Alfano com porrà per lui un commosso epitaffio. (2) G. B . B o r in o , U arcidiaconato d i Ildebrando, in « Studi Greg. », III, 1918, p. 511. ( 3 ) MGH., Const., I. 5 4 4 s g g .; K e h r , p p . 1 1 , 3 5 0 ; G. B . B o r i n o , art. cit., p p. 466, 503. (4) U. P a s q u i , Docum enti per la storia d i A rezzo nel MJZ., I,, Firenze, 1899, pp. 264 s g g .; G. B . B o r in o , art. cit., 482 s g g .; K e h r , pp. 12, 350. (5 ) K e h r , p p . 11, 12, 350. (6) Cfr. Chronicon Vulturnense, a cura di V. pp. 98 sgg. F e d e r ic i, III, Roma, .1938, Otto anni dopo, nel 1067, Alfano vide cele bra re , p r o p r io nel centro della sua A rchidiocesi, u n sinodo, convocato da q u e ll’A lessan dro II sotto il cui p on tificato si rivelavano nella loro pie n a evidenza i p ro b le m i centrali della R ifo rm a e si passava dalle enunciazioni teoriche alle realizzazioni p r a tic h e (1). Il N ostro, che già, il p rim o agosto di q u e ll’anno 1067, aveva p a r tecipato al sinodo raccolto da A lessandro II a Melfi (do ve ancora una volta era avvenuta la riconciliazine del P a p a to con i Signori della Ita lia M eridionale), e vi aveva chiesto l’interven to p a p a le contro al cuni violenti n o r m a n n i, u su rp a to ri dei beni della sua Chiesa (2 ). accolse, tra l ’agosto e il settem bre dello stesso anno, il P a p a a Sa lerno, dove fu celebrato l’accennato Sinodo. Questo vide p resenti, tra gli a ltri capi lo ng ob ardi e n o rm a n n i, quasi in breve treg ua d ’arm i, Gisulfo I I e R ob erto il G uiscardo. « A noi n on è giunto neanche u n cenno, che lasciasse intend ere a q ual fine volle il P a p a riu n iti in to rn o a lui il D uca n o rm a n n o e il P rin c ip e longobardo... Ma, se il P on te fic e non p a rlò p a ro le di pace, e n on s’a d o p rò a sta b ilirla , come p u re p o tre b b e su pp orsi, l ’incontro d ’I ld e b ra n d o con Gisulfo non fu, forse, privo di effetti su quanto avvenne p iù ta rd i. Certo è che, d ’allora , Ild e b r a n d o si m ostrò sem pre benevolo a Salerno, quasi presago che q uella città doveva accoglierlo negli u ltim i e a m a ri giorni della sua vita » (3). La bolla di A lessandro II (« l\oturn sit omnibus ») emessa in quella occasione a Salerno, e in cui si elencano p a r tita m e n te tutti i beni che gli u su r p a to r i in q uella solenne assemblea re stitu iro n o alla Chiesa di A lfano, è im p o rta n te anche pe rc h è conserva u n a delle p o chissime firm e autog rafe che ci siano g iu nte di Ild e b r a n d o ( 4), che da questa breve d im o ra fatta a Salerno p o trà aver preso ispirazione a rito rn a rv i q u an d o più ta rd i dovrà allo nta na rsi esule da R om a ( 5). Contro u n altro poten te ed ostinato invasore dei beni della sua R . M o r g h e n , Gregorio VI I , Torino, 1945, p p . 110 s g g . (2) Erano il conte di Principato, G uglielm o A ltavilla, e il suo m ilite Guim o n d o (G ism ondo) dei M ulsi. Cfr. M. S c h i p a , Storia d. Princ., cit., p. 561; K e h r , pp. 14, 338, 351. (3 ) M. S c h i p a , Storia d . P rin cipato, cit., p. 562. (4) Cfr. K e h r , pp. 14, 339, 351, N. 23; G. D e B l a s i i s , La insurrezione pu. glie se e la conquista normanna, II, N ap oli, 1864, pp. 121, 215 n. 1; T r a m a , o . c ., I, appendice. II sinodo di Salerno e la bolla di Alessandro sono del 1067 e non d e l 1068, come ancora si legge in qualche autore, su basi cronologiche non con vincenti. (5 ) Lo pensa, e con ragione, G. C a r u c c i ( o . c . , pp. 17 sgg., 44 sg.), che mette anche lui in rilievo la benevolenza, non smentita mai, di Ildebrando per Salerno. (1 ) Chiesa, iì n o rm a n n o Troisio ( o Torgisio) di R ota, Alfano ottenne, in quello stesso torno di tem p o, un energico intervento da p a rte di Ales sandro I I : anche questo intervento fu alla fine efficace, come risulta da una seconda holla (« Ex consideratione ») che Alessandro II emise il 12 o ttobre 1067 da C apua a favore di A lfano, carissimus frater (1). Questo docum ento pontificio riveste un notevole interesse p erchè, r i spetto alle p reced enti bolle, è una conferm a — g iu rid ic a m e n te più precisa e canonicam ente più c aratterizzata — di tutte le attribu zioni sp ettan ti ad Alfano arcivescovo, come titolare della Salernitana par rochia, e come m e tro p o lita d e ll’intera provincia ecclesiastica. La bol la conferm a anche il possesso di tutti i beni che la Chiesa di Salerno aveva tam haereditario quam parrochiali iure, ed elenca specificam ente taluni di questi beni o di recente acquisto ( ad esem pio ea quae Gisulfus filius noster qui nunc clare p rincipatur liberali munificenlia contulit), o recen tem en te restitu iti dagli u su rp a to ri. A ncora sotto il pontificato di Alessandro II, il Nostro partecip ò al grande convegno che il p rim o otto bre d ell’anno 1071, in occasione della consacrazione della Basilica di Desiderio, vide riu n iti a Monte cassino in solenne assemblea i più grandi uo m in i della Chiesa (A le s sandro II, Ild e b ra n d o , P ie r D am ian i, il card. Stefano etc.) e della politica ( m o lti signori d e ll'Ita lia centrale e quasi tu tti quelli della Ita lia m eridionale). La bolla, emessa in quella data in favore del m onastero cassinese — « quod monasticae normae constai esse principale gym nasium , e t sanctae Romanae et Apostolicae sedi contiguum » — p o rla , sotto le firme autografe di Alessandro II, di Ild e b ra n d o arcidiacono, di Petrus peccator, etc., la sottoscrizione del nostro Alfano (2). I n tutti i r ip e tu ti incon tri di cui s’è fatto cenno, l’arcivescovo di Salerno aveva ascoltato la p a ro la, era stato messo a contatto con la esperienza sp iritua le di uo m in i di eccelsa person alità, che gli furono amici e con i cui ideali egli vibrò a ll’unisono, come si avrà p iù ta rd i occasione di notare. Ma fu il convegno di M ontecassino quello che p iù gli parlò al cuore. La visione della grande festa p o p o la re che solennizzò l ’in au g u ra zione della Basilica desideriana rim ase p er sem pre nel suo animo. (1) Ed. P e n n a c c h i n i , p p . 33 sgg.; re g . K e h r , 339, 351, N. 24. (2) Ed. L. T o s t i , Storia della Badia di Monte - Cassino, I, N ap oli, 1842, pp. 408 sgg. La firma di Alfano è riprodotta in fac.sim ile da S. De R e n z i , Storia docum . della Scuola m edica di Salerno, sec. ediz., I, N apoli, 1857, p. 192. Sid convegno di M ontecassino, cfr. K e h r , 144, N. 103; G. De B l a s i i s , o . c . , II, pp. 256 sgg. Quel su perb o miracolo d ’arte — che egli cantò e descrisse in uno dei suoi carm i di p iù alto slancio ritm ico (1 ) — il Nostro volle r i p r o dotto con la m aggior fedeltà possibile a Salerno in onore d e ll’a p o stolo M atteo (2). Gli esam etri che Alfano dettò, a celebrazione d e ll’op era del padre D esiderio e ad illustrazione delle varie scene musive, e che f u rono r ip r o d o tti sull’arco maggiore del tem pio, a g ra n d i lettere d ’oro, e sotto i mosaici dell"abside (3), rim asero davanti agli occhi dei p o steri come testim onianza d e ll’affetto gentile del N ostro p e r Montecassino, p e r le arti, p e r la religione. 11. — IL VIAGGIO IN O RIENTE E L ’AMICIZIA CON SAN PIER DAM IANI. E ’ da pensare che Alfano a b b ia avvicinato S. P ie r D a m ia n i non solo in questi incon tri ufficiali, ma anche in tra tte n e n d o con lui r e la zioni e p istolari e personali molto p iù freq u e n ti. Dagli accenni che seguiranno, infatti, risulta che i due eb bero non poche conversazioni : forse a Salerno, forse a Montecassino, con il cui abate e la cui c o m u nità il Santo ebbe stretti vincoli (4). I n u n a sua epistola a P ie tro , senatore d e ll’U rb e , il D am ian i r ife risce un prodigio n arra to g li da Alfano dopo il suo rito rn o da un viaggio in O rie n te : « Alphanus Salernitanus archiepiscopus, vir vide« licet verax ac prudens, in Constantinopolitana se p e rh ib e t urbe didi « cisse quod retulit: C ontigit. inquit, im peratorem , cuius lam en voca li bulum non tenebat, aliquando plagam caecitatis incurrere... » ( 5). Le p aro le del D am iani — le qu ali p a rla n o c h ia ra m e n te di u n a relazione circostanziata fattagli dal N ostro — p e r m olto tem po è parso agli studiosi che non com baciassero con la re a ltà storica, «lai (1) La descrizione « giustamente famosa », ehe Alfano ha lasciato nel suo car m e, della basilica desideriana, fu messa nel debito rilievo da un em inente storico d ell ’arte, il B e r t a u x , com e ha ricordato ultim am ente A. F l i c h e (La R iform a siregoriana e la riconquista cristiana, trad. ita l., T orino, 1959, p. 230 sg.), che ine splicabilm ente ripete per il Nostro l ’attributo di « Greco ». (2 ) Cfr. A. P a n t o n i , La B asilica d i Montec. e quella d i Salerno..., in « Benc dictina », Roma, X, 1956, pp. 23 sgg. Il lungo carme di Alfano è anche un pre zioso documento per la ricostruzione della rinascita artistica del sec. XI. (3) W. W a t t e n b a c h nelle annotazioni al Chronicon Casinense, M G H ., SS., V II, p. 718; A. L e n t i n i , Rassegna d. poesie d i Alfano, in « B u llettàio Ist. Stor. Ital. per il M. E. », N. 69, Roma, 1957, p. 238 n. 1. ( 4 ) K e h r , p . 1 4 5 , N. 1 0 5 . (5) M i c n e , P .L ., v. 144, col. 471. m om ento che il Chronicon Casinense dava l'im pressione di volere escludere che Alfano avesse mai altuato il voto fo rm ulato nella sua gioventù. Ma una p u n tu a le conferm a alla notizia c on tenu ta n e ll’epistolario del D am iani è venuta dalla ritrov ata Storia dei Normanni di Amato che contiene una lunga relazione di quel viaggio (1). La d ata di esso, v a ria m e n te fissala p e r l’add ie tro ( 2), è oggi — sulla base di altri precisi rife rim e n ti cronologici — in genere collo cata tra il luglio e il dicem bre del 1062 (3). Il vero organizzatore di quella lunga e pericolosa spedizione era stato il prin c ip e Gisulfo II che — a m ascherare, anche presso i due suoi compagni di viaggio (4). l’effettivo proposito, che lo moveva, di una richiesta di aitili alla corte di C ostantinopoli contro il Guiscardo — aveva preso il b ordo ne e la bisaccia di pio p ellegrino, e si era accom pagnato ad Alfano arcivescovo di Salerno e a B e rn ard o vescovo di Palestrina (5). Il racconto che Am ato ha tra m a n d a to del viaggio di q uella rara comitiva è colorito e pittoresco, ma forse non tro p p o chiaro a causa della tesi che il cronista deve in quel m om ento d im ostrare. M entre Gisulfo conduceva le sue tra tta tiv e davanti al basileus. i due vescovi, « lum in ari della Chiesa di Dio », parlavano della via del loro pellegrinaggio. Lasciarono, fin alm ente, il p rin c ip e ai suoi politici maneggi e si affrettaron o a « com piere il loro buono in te n d i mento. E se n ’andaron o al santo Sepolcro, in G erusalem m e ». Al loro rito rn o a C ostantinopoli, « par molt p e rii de mer e de li Serrazin » (6), i due religiosi si trov aron o im pigliati in u n tranello teso loro dallo spregiudicato Gisulfo, che aveva promesso di conse A m a t o , IV , 3 6 - 3 9 ; ed. D e B a r t h o l o m a e i s , pp . 207 s g g . (2) D e R e n z i , o . c . , pp. 291 sg. ; O. D e l a r c , ed. dì Am ato. R o u e n , 1892, p. 182; M. S c h i p a , Alfano I, cit., p. 14. (3) G. D e B l a s i i s , o . c . , II. p. 90; S c h i p a , Storia d el P rin cip., c it., p. 557, etc. Ma cfr. A . L e n t i n i , Le odi d i A. ai p rin cip i Gisulfo e G uido, in « A e v u m », XXXI, 1957, pp. 230 sg. (4) S c h i f a , Alfano I. cit., p . 14. (5) Su B ern ard o cfr. G i e s e b r e c h t , p . 68, n o ta ; G. B . B o r i n o . in « S tu d i Gregoriani », I I I , 483. A lfano lo dice, nel suo ep itaffio , di origine b eneventana : è da credere q uindi che su questo pu n to il testo di A m ato sia, n e lla trad u zio n e, lacunoso. Ho notato u n a svista in F. G a g u u o l o ( Testi d i poesia religiosa d. o ri gini, N apoli, 1958. p. 91) che colloca il viaggio nel 1058. e pone, come com pagno di pellegrinaggio, D esiderio. (6) I pericoli di un viaggio a G erusalem m e in quegli anni trovano u n ’eco nella Chronica di E k k e a r o u s U r ì u c ie n s i s ( P I 154, c. 943) e nel R egistrum di Gre. gorio VII.. (1 ) gnare all’im p e r a to r e b izantino, p e r ostaggi e in pegno dei p a tti stre tti, i due p re la ti ed anzi il suo stesso fratello. Il nostro Alfano non sa come districarsi dalle m ene del p rin c ip e , anche p erch è teme p e r la sorte dei suoi fra te lli ancora p rig io n ie ri di G i sulfo. Nel f r a tte m p o u n a m a la ttia fatale colpisce B e rn a rd o , lo ntano dalla p a tr i a : m u o re nel dicem bre ed è sepolto « nel monastero degli A m alfitani » ( 1 ) ; sulla sua deserta tom ba l’Arcivescovo di Salerno volle inciso un breve, elegante e pitaffio, e sp rim e n te il suo frate rn o com pianto. P a r tito da C o stantinopoli Gisulfo dopo la conclusione dei p a tti con la corte b izan tina, anche Alfano, o rm ai sganciato d alla c o m p a gnia d e ll’infido p rin cip e, riesce « p e r altra via » a to rn a re in Ita lia . E ’ costretto a rifugiarsi presso il G uiscardo, che l ’accoglie, a m m ir a n dolo non tanto « p e r la santità, chè egli veniva da G erusa le m m e », q u a n to p e r la « gran b a rb a , come se fosse di C osta ntin opo li ». H a supposto E. R enan (2 ) che d a ll’O riente il N ostro p o rtò seco un celebre scritto della c u ltu ra greco-cristiana del IV-V secolo d. C., il tr a tta to Sulla natura delVuomo di N emesio di E m esa, che si prese n ta come un chiaro com pen dio delle d o ttrin e a n trop olog iche degli a n ti chi e che Alfano ebbe il m erito di in tr o d u r re con la sua tra d u z io n e nel circolo della cu ltu ra euro pea. E ’ u n ’ipotesi p lau sib ile, se si pensi che anche nel sec. XII da un codice rin ve n uto a C ostan tino poli v errà co m p iu ta a Salerno la tra d uz ione de\V Alm agesto di Tolom eo ( 3 ) ; q u a n tu n q u e non si d ebb a dim e ntic a re che a Salerno, e p iù nella vi cina Amalfi, la conoscenza del greco non era m ai stata interm essa p e r m erito delle strette relazioni col m ondo bizantin o e b asiliano (4). (1) Gisulfo e il seguito furono ospitati in casa d e ll ’amalfitano Pantaleone : rfr. D e B a r t h o l o m a e i s , n ell ’ediz. di Amato, p. 209, nota; p. 342, nota. (2) E. R e n a n , in « Journal des Savants », aprile 1851, p. 244. (3) A. V i s c a r d i , Le O rigini, 3a ediz., M ilano, 1957, pp. 194 sg. (su notizie del Franceschini), Costantinopoli fu in quei secoli, secondo l ’espressione del Ba. tiffol, « il grande mercato di lib ri del mondo greco ». (4) Di poco anteriore ad Alfano fu l ’arcivescovo di Am alfi Lorenzo, concor. dem ente esaltato dai contemporanei come « biglossus ». Ma oggi la città di Sa lerno si va sempre più nettamente delineando come uno dei centri m edievali di copia e di smistamento di mss. in lingua greca, perchè vi si affermò, per tali codici, un tipo di scrittura « italiota », denom inata « tirrena » da un recente stu dioso, che ha tracciato un sintetico, magistrale profilo delle vicissitudini della trasmissione d e ll ’eredità letteraria, cristiana e pagana, di Grecia attraverso la Italia M eridionale, questa « province d e la civilisation occiden tale » : R. De v r e e s s e , Les Manuscrits grecs de V ltalie M eridionale, Città del Vaticano, 1955. pp. 29, 38, 41. A Salerno fu scritto, nel 1019 - 20, un Evangelario greco, oggi con servato a Leningrado ( L eningrad. 71); e un ottantennio più tardi il Borgian. 27. Tn conseguenza del te m po ra n eo disaccordo con Gisulfo, Alfano si rifugiò, forse, nella cara pace di Montecassino e in questa circo stanza dovè raccontare del suo viaggio a S. P ie r D a m ia n i, che nella quaresim a del 1063 dim orò in mezzo alla com unità cassinese, dove. <f carico di anni, veniva a p re d ic a re la p enitenza e ad in tro d u rre le p r a tic h e di mortificazione dim en tic a te dopo i P a d ri del deserto » (1). A nche allora, pensiam o, in un a serie di sp iritu ali colloqui, il D am iani apprese quei tre episodi edificanti che egli racconta, in una pagina del suo vib ra n te e pistolario, dirigendosi ad u n vescovo che egli intendeva incitare alla pratica delle virtù evangeliche e sacer dotali. Due di essi, dice il Santo, gli sono stati riferiti da A lfano : « ...quod cuidam suo presbytero venerubilis Alfanus Salernitanus archiepiscopus evenisse p e r h ib u it...; quod praefatus Salernitanus er chiepiscopus cuidam ex suis civibus evenisse perhib uit » ; l’altro gli è stato raccontato congiun tam en te da Alfano e D esiderio: «...quod idem Salernitanae rector ecclesiae, et religiosissimus ac veracissimus Casinensis monasterii abbas Desiderius. uno m ih i, ut ita loquar, ore dixerunt » (2). Ancora più im p o rta n te — al fine di c o m p re n d e re i r a p p o r ti di sp iritu a le e p u ra amicizia che congiunsero P ie r D am iani al Nostro, c la singolare consonanza di ideali e di pensieri tra i due — è la lettera che il D am iani indirizzò ad Alfano e a Desiderio, con questa soprascritta: « Alfano archiepiscopo et abbati Desiderio Petrus pec catore indissolubile vinculum charitatis » (3). N ell’intro du zio ne alla lettera — che è una mistica in t e r p r e ta zione del Sabbatum biblico, come felice riposo, in Cristo, dello sp iri to p urificato dalle scorie te rre n e — il santo monaco dice ai due a m i ci lontani, quasi rim p ia n g e n d o il period o della fra te rn a convivenza: " U t quid igitur ego, licet incircumcisus eloquio, pauper ingenio, claros et eruditos viros verear alloqui, cum iidem ipsi nobiscum non philosophorum sed discipuli sint utique piscatorum ?... Sed quo - Come appare dallo studio del Devreesse, la seconda e lle n iz z a to n e dell ’Italia merid. fu non meno profondamente radicata della prima, anche per l ’appoggio in seguito ricevuto dai Normanni. ( 1 ) A. O z a n a m , D ocum enti inédits pour servir à V histoire litt. d e llta lie ..., Parigi, 1850, p . 113; L. T o s t i ; Storia d. Badia d i M. C., I , e d . cit., p p . 324 sgg. (2) O p e r e d i S. P i e r D a m i a n i , P .L ., voi. 1 4 5 , 6 5 6 sg. (3) Cfr. G. F a l c o , Un vescovo poeta d el sec. X I : Alfano d i Salerno, cit., p. 462, nota. II testo di questa lettera è identico al testo di altra epistola del Damiani ai cardinali Ildebrando e Stefano, «gemino sedis apostoJicae H ild e b ra n d o v : P.L., v. 144, c. 260 sgg. niarn nuper a vobis carne non corde quietis amore disiunctus speciale propositi Sabbatum colere, libet super hoc Sabbato cum sancta vestra prudentia quid disputare C'è, poi , q u a lc h e p u n to della lettera che rip ro d u c e pensieri eri im m agini della tra d u z io n e a lfa n ia n a di N em esio: la rispo nd en za, t a l volta anche letterale, di alcune espressioni esclude che si sia tra tta to rii una p u ra coincidenza ( 1). Il D am iani era bene in fo rm a to di cose ed u o m in i di Salerno ( 2 ) ; p er i S alern itan i, e certo d ietro suggerim ento di A lfano, compose le orazioni di u n a « Missa ir, translatione sancti M atthaei apostoli ». Anzi, tutto il testo liturgico de lFufficiatura p e r la festa della d etta T raslazione — che fu celebrata anche altrove, ad esem pio a Bene vento e a Montecassino — fu fatta in collaborazion e tra il Nostro e il D a m ia n i (3). Le lezioni storiche rip ro d u c ev a n o con am orosa fedeltà le vecchie tra d iz ion i s a le r n ita n e ; le lezioni o m iletiche su ll’Evan gelo di S. M atteo erano squarci di u n testo del Vescovo di Ostia. L ’am ore p e r la litu rg ia veniva ai due vescovi dalla com une p r o fessione monastica. (1) Un esem p io: « ... quia hom o m ikròkosm os, hoc est m inor mundus, asseti tur, necesse est ut a d suae plenitudinis incrementa contendens, ipsam mundanac conditionis specicm im itetur... Tem plum itaqiic hom inis Deus, tem plum Dei fit hom o » dice S. P i e r D a m i a n i , facendo quasi eco ad una m irabile pagina di N e . m e s i o , che è tutta un inno a l l a dignità d e ll ’uom o, anteriore di m ille anni ai trat tati um anistici de dignitate, de exeellentia hom inis, su cui forse ha esercitato qual che influsso : « Quis igitur digne m iretur nobilitatem huius anim alis colligantis in se ipso mortalia im m ortalibus et rationabilia coniungentis irrationabilibus, fe. rentis in sua natura omnis creaturae im aginem? Et propterea m icrocosm us nomi natur... Dornus et templum Dei fit... V identes igitur, quantam ingenuitatem per cepimus et quod pianta sumus caelestis, ne degeneremus a natura, ut talibus donis non appareamus indigni » ( N e m e s i i , Prem non P hysicon... lib e r a N. Alfano, archiepiscopo Salerai in Latinum translatus, Ree. C. Burkhard, L ipsia, 1917, pp. 22 sg.). Anche in opere di Alfano si trovano riecheggiam enti di quella pagina nemesiana, m olto diffusa e m olto bella. (2) Anziché accennare ai noti passi del Damiani su Guaimario e Guarimpoto. nri piace segnalare il giudizio di lode che il Santo esprime su P ietto abate di S. Benedetto di Salerno ( P .L ., v. 145, c. 671), che il Migne n ell ’indice afferma sia quel Pietro salernitano che poi fu vescovo di Anagni. (3) Cfr. N. A g o c e l l a , o . c ., p. 55, e p. 17 (sul culto di S. Matteo a Bene, vento). La festività della traslazione d e ll ’Evangelista era celebrata a M.C. : nei pressi del Cenobio eassinese era nel sec. XI un ’abbazia intitolata a S. Matteo, il più antico documento della quale ci mostra Alfano e l ’abate di M.C. « congiunti nella pronunzia di sanzioni ecclesiastiche a carico di chi desse m olestia ai p elle, "rini che vi si recassero » : cfr. G. T a l a m o - A t e n o l f i , I T esti m edioevali d i S. M al. teo l ’evangelista, Roma, 1958, p. 10, n. 39. Non è possibile dire q uale p a rte ci sia giunta del supposto b r e viario che, secondo la tradizione, Alfano adattò p e r la sua Chiesa. Quel che, invece, è certo — ed è un rilievo che i m odern i studiosi vanno sem pre meglio a p p ro fo n d e n d o — è che m o lta p a r te della produzione in versi del Nostro è sulla scia della vasta p rodu zion e in nografica del Medioevo, d estinata al canto liturgico ed ese m p la ta sui m odelli di S. Ambrogio. P r u d en z io , Sedulio (1). A lfano, come tutti i maggiori le tte ra ti d e ll’epoca, si prefiggeva nei suoi versi u n a p re v a le nte finalità di edificazione religiosa. « La form a le tte ra ria , m u tu a ta d a ll’innodia,... non h a il significato di un compromesso tra l ’antico e il m oderno, tra il m ondo pagano e il m ondo cristiano... N on vi era nulla di meglio, anche p e r uno spirito dalle accentuate tendenze asce tiche come Alfano, della cu ltu ra e d e ll’arte, che p e rm e tte v a n o di com pren d e re (e far c o m p re n d e re, aggiungiamo noi) più in tim a m en te Dio nel fulgore della sua potenza ». (2). Il profondo senso religioso e ascetico che ispirò la vita e l ’opera del Nostro può spiegare l’amicizia affettuosa, rev erente che per lui ebbe il D am iani, di cui era nota anche a D an te la sdegnosa, alta con cezione della purezza richiesta nei m inistri del santuario. Ma il rigoroso ascetismo non im p e d ì ad Alfano di conservare nel cuore il culto um anissim o d e ll’amicizia, che — insieme con la religione e gl’ideali civili — fu fonte d ’ispirazione alla sua poesia. « Q uest’am i co di P ie r D am iani » non fu tra tte n u to dalla vocazione religiosa dal coltivare le amicizie « con u n a dolcezza ed u n can do re, direi quasi infantile » (3), nei rig uard i so p ra ttu tto dei confratelli a cui lo legava la comune vita m onastica. Egli sorrise « alle serene a p p are n z e del m ondo », ed esaltò il v a lore purificatore degli studi, delle scienze, delle arti. (1) Cfr. M. M a n itiu s , o . c .. pp . 620 s g g .: G. P ra m p o lin i, Storia universale d. letter., II, T orino, 1934. p. 306; A. V is c a rd i o . c . . p. 469; M. F u ia n o , Alfano... innografo d i S. M atteo, in « A tti d e ll ’Acc. di se. m or. e poi. di N apoli », 1954. pp. 164 sgg. Sino a ll ’anno 1587 la C hiesa salern itan a seguì il B rev iario e il rito liturgico, secondo che, dopo A lfano, furono d isc ip lin ati da R om ualdo II G uarna, arcivescovo d al 1153 al 1181, il q uale (com e ricorda il Ms. P in to, della B iblioteca provinciale di Salerno, alla voce « G uarna ») « con fatica pose in o rdine l ' officio antico della C hiesa S a lern itan a ... Com pose p a rim en ti due V olum i, seu Sem estri, chiam ati S c ru p o larij, o C erem oniali, p e r la recita d e ll ’ore divine, e p e r le p a r tico lari funzioni d ella C hiesa S alern itan a ». Cfr. p u re F. S oria, M em orie storico, critiche degli storici napolitani, T. I., N ? p o li, 1781, pp . 321, 323; e N. A c o c f . l l a , o.c., pp. 16, 55. ( 2 ) M. F u ia n o o .c ., p . 178. ( 3 ) G. F a l c o , Un vescovo poeta d e l sec. X I : Alfano d i Salerno, c it., p . 4 6 3 . N ella religione stessa del N ostro son r a ri gli accenti di te rro re e tanto p iù fre q u e n ti le p arole di pace e di am o re, tanto p iù presente u n senso gioioso, sereno d e ll’ideale ascetico. Le vivide r a p p re se n ta z io n i del P a ra d iso , cui Alfano così spesso r ito r n a « con le sue im m aginazioni p iù dolci e p iù lum inose, con più caldo im p eto di desiderio... h a n n o così fervida dolcezza da indurci ancora a sognare » ( 1). 12. — ALFANO NELLA POLITICA DEL SUO TEMPO. I ventisette anni, e più, in cui A lfano resse l'archidiocesi di Sa lerno furono contrassegnati da tutto un tum ultu oso e c o n tra d d itto rio alternarsi di lotte politico - religiose, che m olto spesso si accen traro no attorno a Salerno. Il N ostro — sp irito e m in e n te m e n te religioso, del tutto alieno dalle asprezze e d a lle anim osità delle fazioni — di quelle lotte non potè non rise n tire i violenti co ntraccolpi, che talvolta lo colsero im p r e p a r a to ma non sepp ero travolgerne la d ir ittu r a m orale e religiosa. Quegli anni, so p ra ttu tto per qu a n to si riferisce alla posizione p a r ticolare di Alfano, furono d o m in a ti d a l l’epico duello tra l’u ltim o p r i n cipe lon go bardo , Gisulfo II. e il n o rm a n n o Roberto il G u isc a rd o ; duel. 10 che, è noto, doveva concludersi con la d efinitiva vittoria del s e c o n d o . 11 quale era il solo tra i due ad avere au tentico stam p o di politico e di stratega. ' Ma alla lotta tra i due cognati, che era soltanto di n a tu r a d in a stica e politica, s’intrecciarono interessi e valori p iù generali che v i dero m olto spesso, come già p e r il passato, il P a p a to in te rve n ire con atteggiam enti di cui dallo stretto angolo visuale di Salerno non sem pre erra facile c o m p ren d e re o pre ve de re le direttive. A lfano, che forse, come il suo amico Desiderio, non ebbe il talento o l’astuzia dei politici, dovette esplicare — anche p e r il suo in n a to te m p e ra m e n to di concilia tore e p e r la sua stessa posizione di p asto re di an im e in u n a città tanto contesa — u n a difficile o pera di m ediazione ( n o n diciam o di scelta) Ira l’am icizia dei poten ti o subdoli vicini e la sua in d e fe ttib ile fedeltà a Rom a. Lo S chipa, che degli in g a rb u g lia ti avvenim en ti di quegli anni ten terà poi di r ip r e n d e r e m a g istra lm e n te in m a n o le fila, seppe rin v e nire , all’epoca del suo saggio giovanile dedicato ad Alfano, u n a linea u n ita r ia e coerente nella co nd otta del Nostro in così contrastan ti vi r i) G. F a lc o , Un vescovo poeta del sec. X I : Alfano d i Salerno, cit., pp. 456, 460, 4.72. cend e: il filo co nduttore p e r l ’Arciveseovo, nella stia p ra tic a azione, fu costituito da un continuo adeguam ento alle posizioni assunte di volta in volta dalla Curia pontificia ( 1), senza p e ra ltro che questo lo portasse ad accentuare i contrasti. P a rtic o la rm e n te felice ed e q u a n im e a p p a re anche la valutazione che lo stesso Schipa — in te r p r e ta n d o Yanimus del racconto del cro nista Amato, che solo gli poteva essere di guida, e seguendo come sem pre la traccia del G iesebrecht — dette allora d e ll’atteggiam ento as sunto da Alfano in due m o m enti p a rtic o la rm e n te difficili p e r lui e p e r la sua città : il viaggio a Costantinopoli e l'assedio di Salerno. A proposito del p rim o episodio, lo Schipa m ette bene in rilievo che « il P rin c ip e aveva ad e n tra m b i i suoi com pagni celato il vero scopo del suo viaggio » (2), la qual cosa non poteva non provocare o p re p a r a re la successiva crisi, di cui s’è detto, tra il N ostro e Gisulfo. E q uando Salerno, u ltim a roccaforte dello stato longo bardo ed estrem o rifugio di Gisulfo. fu cinta da u n im p la c a bile assedio il cui esito non a p p a riv a d ub bio, osserva lo storico che « la pietà e il dovere tennero Alfano entro la città assediata, ov’egli spese il suo in aiuto degl’infelici co ncittadini. Senza dub bio a n c h ’egli dovette consigliar pace al P rin c ip e , come voleva G regorio, come faceva Desiderio... Ma (G isulfo) giurò di non concederla m ai al N o rm ann o. La rovina divenne in ev itab ile; ed Alfano si ritrasse presso R ob erto, da cui ebbe amorosa accoglienza, e poi nelle sue terre, ove accolse e n u trì gli altri esuli co me bu on pastore » (3). L’arcivescovo rim ase tra gli assediali, co ndivi dendone le pene e le ansie, fino a che nell’anim o di lui non s’impose, su tutte le altre considerazioni, la realistica e responsabile valutazione delle conseguenze che la d isp erata ostinazione di Gisulfo avrebbe ca gionato. anche perchè « ogni u lte rio re resistenza avrebbe peggiorata la condizione della città e reso più severo il v i n c ito r e » (4). Ad un certo p u n to il Nostro dovè giudicare i N o rm a n n i « come u n nuovo fla gello di Dio. contro il q uale è inutile ogni resistenza » (5). Questo ben vide lo Schipa nella im m ediatezza della le ttu ra d e ll’a p passionato racconto di Am ato di Montecassino. Negli altri suoi saggi successivi, lo storico rivide il suo giudizio, so p ra ttu tto p e r quel che (1) M. S c h i p a , Alfano I A rcivescovo di Salerno : Stu dio storico lettera rio , S a . J c r n o , 1 8 8 0 , p p . 1 3 -1 7 . ( 2 ) M. S c i u p a , Alfano I. c it., p p . 14 s g g .; c fr. p u r e Storia d. P rincip., c i t ., 5 5 7 eg. ( 3 ) Alfano I, c it., p . 1 7. ( 4 ) G. C a r u c c i , S. Gregorio VII a Salerno, c it., p p . 55 sg. (5 ) G. Gay,- L ’Italia m erid. e l ’im p ero biz., cit., pp . 556 sg .; F. G a g liu o lo , Testi d i poesia religiosa..., cit. p. 91 . si riferisce al secondo episodio ( 1). A ciò forse c o n trib u ì in p a rte la generale tend enza ideologica della storiografia positivistica, in par. te la reazione alla preg iu diziale tendenziosità di A m ato, che era p o r tato — p e r la stessa im postazione d a ta alla sua cronaca — a sm in uire, o ltre il giusto, la figura di Gisulfo e a m e tte re in risalto tu tti gli episodi che potessero c o n trib u ire a far grand eg giare il G uiscardo, co me p ro te tto re , tra l‘altro. di insigni personaggi della Chiesa c ontro le s o perchierie d e ll'u ltim o p rin c ip e lon gob ard o. La critica delle fonti dà oggi p e r dim o strato — e già del resto lo afferm ò p r o p r io lo Schipa — che bisogna fare spesso la tara alle notizie del cronista filo - nor m an no . A p ro v a re la sostanziale lealtà di Alfano verso Gisulfo — di là dai sub itan ei ca m b ia m e n ti di fro nte e dalle im p re v e d ib ili mosse d e l l’estroso capo lo ngobardo (2 ) — stanno anzitu tto il lungo elogio del P rin c ip e , nel carm e dedicatogli dal poeta ( 3), e poi u n fo n d a m en tale docum ento la cui im p o rta n z a no n è stata finora avvertita dagli stu diosi anche illustri, che vi h a n n o fatto rife rim e n to , ma che o l’h a n n o gu ardato u n ila te ra lm e n te o l’h a n n o in te rp re ta to in guisa inesatta e preconcetta. Si tra tta della Charta perm utationis del luglio 1062. sulla cui a u tenticità non si possono affacciare d ubb i di sorta, anche pe rc h è il suo contenuto è suffragato dal testo della po steriore bolla di Alessandro II , d e ll'o tto b re 1067. della quale s’è già fatto cenno (4). M e d ia n te quel pu bb lico istru m e n to , il p rin c ip e Gisulfo II e l'a r civescovo Alfano I procedo no ad u n a significativa p e r m u t a : in cambio del m onastero salernitan o di S. Vito prop e litus maris. cedutogli dal p rin c ip e , l ’arcivescovo fa a sua volta la cessione di tre rocche che a p parten go no alla sua Chiesa, perchè incastellano cap pelle di p r o p rie tà d ell’Arcivescovato, adesso p u r esse consegnate al p rin c ip e insiem e con le rocche di cui fa n p a r te integrante. ( 1 ) Tra l ’altro lo S c h i p a (Storia d. Princ., 5 7 6 sg.) si fondò 9U un partico. lare inesatto: che Alfano avrebbe chiesto e ottenuto, proprio nel 1 0 7 6 , dal G ui scardo, conferma per i possedimenti d ell ’Arcivescovato. (2) Sulla politica instabile e contraddittoria di Gisulfo insiste ripetutarnent*' il D e B l a s i i s , La insurrezione pugliese, cit., TI, pp. 9 , 4 0 sgg., 1 9 6 sgg. (3 ) La sin g o larità di q uelP elogio ha m esso in rilievo il D e B la s iis , o.c., 197 ( 4 ) La eharla del 1 0 6 2 è edita da S. M. D e B l a s i o , Series prin cipu m qu i Lan pobardorum aetate Salerni im perarunt, N ap oli, 1 7 8 5 , Append. Monumentorum, pp. LIV sgg. La carta ha in calce, tra le altre, la firma del nostro Alfano e quella di Rodelgrim us Ipatus Im p eria lis: titolo forse soltanto personale, ma che Gisulfo volle, a quel pósto per dare m aggiore solennità al docum ento, soprattutto ora_e.hu egli si accingeva a chiedere l ’aiuto del basileus. È r a n o : a) la « rocca istius civitatis..., in cacumine montili istlus Salernitanae civitatis », con l’annessa chiesetta di S. Felice: e si tra tta incontestabilm ente del Castello p rin cip a le di Salerno ( 1), che sem pre Amato d eno m ina così: la roche de la c ité ; b) la « rocca loco ubi cuprilia dicitur », con la chiesetta di S. M ichele : era un avam posto fór* tificato nella vallata di Cava dei T ir r e n i ( 2 ) ; c) la « rocca... in verti ce... montis... ubi Buturninu dicitur », con le chiesette di G. C. L ib e ratore e di S. V ito: era un castello, di cui ancora esistono le tracce, sul m on te del Santo L ib e ra to re ( m . 462), e che si poteva considerare incluso come a n te m u rale nel sistema di fortificazioni e re tte a p ro te zione di Salerno (3). Come fossero g iunti in p ro p rie tà dell'arcivescovato castelli che con dizionavano in m a n ie ra d e te rm in a n te la sicurezza della città, non ci è stato tra m a n d a to . E* p ro b a b ile che quel trapasso sia avvenuto in e p o ca di relativa tra n q u illità politica p e r lo stato longobardo, e che d e b ba essere collegato con tan ti altri fenom eni d’incastellam ento di ch ie se che si riscontrano d a ll’epoca otto nian a in poi: i castelli, che per diritto ricadevano sotto Vheribannum regio, venivan concessi ai ve scovi a difesa delle chiese e a protezione dei cittad in i (4). Forse anche le tre rocche — in modo p a rtic o la re q u e lla p r in c ip a le — erano rim aste in p ro p rie tà della chiesa, p e r desuetudine o p r e scrizione, in seguito a qualche episodio di sollevazione p o p o la re (5). (1) Su di esso è da leggere la monografia di M. Fiori:, Il castello prin cipale di S., Salerno, 1952. La rotea di Salerno, famosa fin dai tem pi di Arechi II Grimoaldo e Guaiferio, di cui tanto spesso il Chronicon Salernitnnum esalta le cure dedicate alle « m irabili » fortificazioni della città, verrà alla fine del secolo definita da Guglielm o Appulo come « la più munita d’Italia ». Da queste e da altre fonti letterarie — tra le quali io indicherei anche il Boccaccio — o da qualche, vaga descrizione orale, ma non certo da una presunta dimora a Salerno, potè essere ispirato il Foscolo, quando collocò la scena della Ricciardo nel « castello del Principe di Salerno : nei sotterranei ». (2) Cfr. A . A d i n o l f i , Storia d ella Cara. Salerno, 1836. pp. 185, 209. (3) La chiesa di Cristo Liberatore ( E leuthèrios) era in origine un monasteio bizantino : cfr. L. M a t t e i .C e r a s o l i , La Badia d i Cara e i m onasteri greci d. Cala bria super., in « Arch. stor. Cai. e Lue. », 1938, p. 168. ( 4 ) C. G. M o r , L ’Età Feudale, II, Milano, 1953, pp. 75 sgg. (5) Tra le antiquae consuetudines reclamate periodieam enle dai cittadini d i. Salerno era anche quella per cui la sua popolazione, in momenti di pericolo o di carenza della pubblica autorità, assumesse il diritlo di custodia sulle fortifica zioni urbane, specialm ente sulla Rocca della città; forse la rappresentanza e la garanzia di tale diritto furono talora delegate all' autorità vescovile. E ’ lecito fare una sim ile deduzione in base allo sviluppo di alcuni episodi di sollevazione popolare di epoca anteriore o posteriore alla nostra. Ad ogni m odo è accertato che le chiesette aggregate ai castelli da epoca im m e m o ra b ile a p p a rte n e v a n o al p a trim o n io della Mensa (1). E ’ vero che nel do cum ento di cessione è detto che il dom inio di qu e lle chiese e rocche era p e r l ’arcivescovato p re c a rio e in utile (2). e che p e r ta n to era salvo il prescritto della « legge lo n g o b a rd a » che si riferiv a alle condizioni da rispettarsi nelle p e rm u te di beni ecclesiasti ci ; m a è anche evidente che xAlfano con q uella cessione intend ev a fa vo rire la strategia a n tin o rm a n n a di Gisulfo, il quale, p er te s tim o n ia n za di A m ato (3), si apprestava a circo ndare la m inacciata città di « forteresces » e di « chasteaux »; N on è inu tile avvertire che l’istrum en to fu re d a tto p rim a del viaggio dei due a Bisanzio. Un primo episodio è quello che vide congregati in unum i Salernitani contro Guaimario I (m . 901): a. Salernitani agmen uno coacti, arm is cum ingenti audacia sum unt, m eniam que ascenderunt, tubisque cecinerunt... Quia nos turres et menia e t portam que dicitu r Rotenses possidem us » ( Chronicon Salernitanum , ed. W e s t f . k b e r g h , Stoccolm a, 1956, pp. 156 sgg.; cfr. pure p. 101). Ancor più chiaramente, nel sec. XII si vedrà la T urris M aior come centro e sim bolo delle autonom ie cittadine, al cui fianco è schierata la protezione vescovile. N el 1127 Salerno sera rivendicata in libertà; tornò a sottomettersi a Ruggero II soltanto a patto di larghe concessioni — negoziate dai maggiorenti della città, capitanati dall ’arciv. Romualdo I — e del riconoscim ento appunto delle antiquae consuetudines. La clausola più significativa fu che Ruggero s ’im pegnò a non so t trarre ai cittadini la torre maggiore ( F a l c o n e B e n e v ., A l e s s . T e l e s . , in G. D e l R e, Cronisti e scrittori sincr. nupol., I, N ap oli, 1845. pp. 92, 100, 199). Poco più di un sessantennio più tardi, dal 1191 al 1194. quando la m aggio, ranza dei Salernitani, ligia con l ’arciv. N iccolò d ’A iello alla causa nazionale di Tancredi d ’A ltavilla. dovette sostenere la lotta contro il partito baronale seguace di Enrico VI, si arroccò saldamente proprio nella Turris M aior ( P i e t r o D a E b o i .i, ed. Siragusa, Roma. 1905 -6, pp. 35 sgg.; ed. R o t a , RR. II. SS., IIa ed ., XXXI I, pp. 64, 68). (1) A lm eno dal 979 le due chiese « sancti liberatori et sancti v iti que dedicate sunt in m ontes apud m are non longius ab ac civita te nostri e p isco p ii » apparte nevano ai vescovi di Salerno: cfr. CDC., II, pp. 137 sg. La chiesa di S. F elice era di proprietà deirarciveseovato da non meno di un cinquantennio, come si ricava da due carte della Curia di Salerno, che m ettono fuori di ogni discussione che quella cappella era adiacente o incorporata alla rocca principale di Salerno : « qui sita est in bertice m ontis dein tu s anc salernitannm civitatem », « qui constructus est in cacumen m ontis de intus anc salernitana cibitatem » (e ancor più chiara mente sul retro delle pergam ene: « d e turre m aiore »): cfr. anche B a l d u c c i , I, p. 258, N N . 6, 8. Le citazioni, qui come altrove, sono scrupolosam ente testuali. (2) Per modo di fatto, la rocca di Salerno n ell ’ultim o venticinquennio era stata violentem ente occupata e riconquistata dalle parti in lotta o adoperata come carcere per prigionieri politici ( A m a t o , pp. 146, 213, etc.). (3) E diz. c it., pp. 347, 356, 366, etc. Il sistema di fortificazioni p r e p a r a to da Gisulfo II difendeva v a lidam ente la città dalla p a rte di N E. L 'attacco di R oberto il G uiscar do nel 1076 mosse invece da SE. L ’assedio n o rm a n n o fu lungo e feroce, anche perchè com pletato dal blocco navale delle coste, e d a ll’irruzio ne di Riccardo di C a p u a da NE. Siamo in grado oggi di stabilire in modo in co ntrovertibile l ’iti nerario seguito in q uella occasione dal G uiscardo, in grazia di u n 'i m po rtan te Cluirta indicati d e ll’ottobre 1083 (1 ), che o è sfuggita finora all'attenzione degli studiosi o è stata esam inata sotto a spetti m arginali, m entre tocca p ro b le m i di n a tu r a politica, giuridica e sociale di n ote vole interesse, ed è l’ultim o docum ento in cui com paia il nostro A l fano attivam ente operante. Il documento contiene u n a sentenza — emessa « in sacro Salernitano urchiepiscopi-j » — alla presenza della duchessa Sichelgaita e dell’a r civescovo Alfano ( c h e e videntem ente in questa occasione esplicò utile opera di pacifica m ediazione), a conclusione di una lunga vertenza p o litico - giurisdizionale tra la C uria ducale e la B adia di Cava. Ecco il motivo del con tend ere: era da considerarsi legale o in debito il « do minio » che l’abate esercitava sugli « uom ini » aggregati nei casali di otto m onasteri che il cenobio cavese possedeva nel Cilento? Dopo la boriose ind agini, il conte Sicone, d e p u ta to ancora u n a volta come giudice, p uò in coscienza e m e tte re sentenza a favore d e ll’abate P i e tro, perchè è risultato che quegli u o m in i ( d i cui è fatto l'elenco n o minativo, im p o rta n te dal lato onom astico) erano alle dipe nd e nz e di quei m onasteri già al m om ento « quando ipse dominus dux ( R ob er tus) super Itane Salernìlanam civitatem evenisset, cum ad castrum quod Retonda dicitur advenisset..........; quando suprascriptus dominus dux prephatam civitatem obscindendam v e n it, cum ad ipsam R otunda ad venisset ». Ma non da sei ann i soltanto quegli uom ini si trovavano nei villaggi monastici del Cilento. Da p iù di un secolo, ben p rim a che la stessa B adia di Cava fosse stata fo nd ata, gli sbandati e i fuggiaschi avevan trovato condizioni u m a n e di lavoro e di vita, che li avevano radicati alla terra sulle balze un giorno inospitali del Mons Cilentus. sotto la protezione dei m o nasteri, p a rtic o la rm en te di S. Magno e di Sant’Arcangelo « in monte Coraci de Cilento » (2). L 'o p e ra di r e d e n (1) A rchivio Cav., Arm. B, 33. Ed. D. V e n t i m i g l i a , N o tizie storiche d el Ca. stello d e ll ’A bbate e d e ’ suoi casali nella Lucania, N apoli, 1827, App. dei Momim., pp. IX sgg.: ho controllato il testo sull ' originale. (2 ) Fortunatamente gli archivi di questi due monasteri sono stati salvati e conservati dalla Badia di Cava, che a loro successe n ell ’amministrazione. La serie dei docum enti, che riflettono questi due monasteri e che abbracciano esattamente zione sociale e agricola, già così bene avviata, era stata da Gisulfo II ( e dallo stesso Guiscardo) dal 1070 in poi accentrata nelle m a n i degli abati cavensi che la ripre sero e la riorganizzaron o con crite ri p iù si stem atici e u n ifo rm i. La carta del 1083 segna a p p u n to la transizione dal p rim o al secondo p e riodo d e ll’econom ia cilen tan a e può essere assunta come u n a delle ta p p e decisive n ella storia di q uella la b o r io sa te rra , che a p p a rte n e v a alla provincia ecclesiastica su cui il No stro esercitava il suo alto controllo. E Alfano con lieto anim o aveva legato il suo nom e ad un atto che consacrava le benem erenze civili e religiose di u n ’a bbazia giova ne, in cui confluivano le energie del m onacheSimo occidentale, risorto a nuova vita. Si sb arrava, così, d e fin itiv a m e n te il passo al monacheSi mo b iz a ntin o che irro m p ev a dalla C a la b ria , e che p u re nel Cilento aveva im p ia n ta to le sue « la u re » in g ra n d e n u m e ro ( 1). un secolo: dal gennaio 963 (C D C ., Il, p. 13) al dicembre 1063 (C D C ., V III, pp. 259 sgg.), è di un ’importanza rara, perchè, riferendosi ad una zona esattamente delim itata e a struttura omogenea, permette un esame organico della genesi do] toponim o (C ilento) che ha da q u ell ’epoca contrassegnato la zona stessa; dello sviluppo d ell ’ordinamento am m inistrativo; dei sistem i di bonifica agricola e di colonizzazione umana che si adottarono abitualm ente. Per quel che riguarda il toponim o C ilento, è fuor di dubbio che esso significò dapprima un centro forti ficato e abitato, sulla sommità del Monte Stella (II , 13; III, 16 sg .; V III, 20 s g .; 32 sg. ; 260 sgg.; cfr. A m a t o , p. 371), di cui ancora si veggono le vestigia; e poi passò ad indicare lo stesso Monte Stella e i suoi pendìi. (Che C ilento fosse « luogo abitato, aperto o murato » già pensò N. F . F a r a g l i a , recensendo il M azziotti in « Arch. stor. prov. napol. », XXX, 1905, pp. 85 sgg. La stessa tesi sostenne E. G u a r i c l i a , La città d i Lucania, in « Rass. stor. salem . », V, 1944, pp. 171 sgg.). La zona, prima inclusa am ministrativam ente n ell ’actws Lucaniae, a partire dal 1034 risulta costituita autonomamente in actus d i e n t i , distinto d all ’actus Lucaniae e con esso coesistente: di questa nuova circoscrizione dem aniale si può disegnare con precisione la strutura amministrativa, servendoci dei dati risultanti da un corpus di circa 40 strumenti notarili che abbracciano un trentennio. Infine, i do cum enti dei due m onasteri dimostrano la fecondità sociale di uno strumento giù. ridico (n on nuovo, in verità, ma applicato metodicam ente e con clausole di largo respiro um ano): il contratto di pastin ato, di cui ho trovato ben 12 esem plari (IV , 238; V I, 125, 126; VII, 132, 133, 135, 1 3 6,137, 145, 146, 213; V III, 3): fu questo contratto a dissodare e a colonizzare il Cilento (IV , 120). Accanto alla colonizza zione monastica ci fu quella consortile, affidata a consortiones com unitarie e a nuclei abitati, a cui i principi longobardi affidavano appezzam enti di terra de m aniale con la denom inazione di concessiones o p ra e c ep ta ; almeno quattro di essi sono docum entalm ente configurabili (V I, 16, 22, 89, 257; V II, 52. 108; V III, 17, 260. etc.). (1 ) Cfr. ad es. CDC, VII, pp. 191 sgg. Il Cilento è dissem inato di toponim i di origine greca. , L'accenno, messo lì p e r caso, d ell'occupazione del « castrum » di R otonda da p a r te del G uiscardo, nella sua m arcia di avvicin am en to a Salerno, sovverte tutte le induzioni che sul detto itin e ra rio h a n u o sin qui fatto gli storici. Vale la pena — p e r l'im p o rta n z a della notizia — di sv ilup pa re e ch ia rire quell'accenno. A ncora oggi arroccata, nel nucleo p iù antico del suo ab itato, su u n a collina conica, ad occidente del m o nte Pollin o, R oto nd a costi tuiva in quel tem po l ’avam posto fortificato che separava e difendeva il P rin c ip a to di Salerno d alla C alabria. L’occupazione di essa segnò, nella valutazione politica del G uiscardo e n e ll’in te rp re ta zio n e g iu ri dica dei suoi m inistri, l ’inizio preciso del trapasso giurisdizionale dal vecchio al nuovo regime. Q undi la spedizione del G uiscardo mosse dalla C alabria, come a ltre notizie lasciano in te n d e re, e occupata R oto nd a continuò la sua ra p id a m arcia sulla trad izio nale via m ilitare che ancora oggi si d eno m ina « della C alabria ». L ’a rm a ta del G uiscardo, che co m p re n d e v a pesanti carriaggi ed era mista di forze di terra e di m are (1), non aveva alcun motivo di fare u na pericolosa diversione su Conza, come g en eralm en te si crede sulla base di un passo, discusso, di R om ualdo Salern itan o (2). R o b e r to « avea nome G uiscardo, che vuol d ire astuto. . . . M ira n d o egli a Salerno che sapeva no n potere egli espu gn are se non p e r fam e, gli era forza p io m b a r improvviso all’assedio, siccome fece, e non andarsi b a loccando ad e sp ug na r piccoli castelli » ( 3). La direttrice Reggio - C apua fu la via p e r la q uale il G uiscardo fece anche giungere dalla ” C alabria ” e da altre p a r ti vettovaglie al l’affamata Salerno, dopo che l’ebbe espugnata (4). La stessa strada p ercorrerà sessanta anni più tardi il « magnus rex Rogerius », quando, partito dalla Sicilia, « Calabriam p e te re t civitatem Salerni occupa turus » (5). (1) A m a t o Di M o n t e c a s s i n o , ed. De Bartholomaeis, p p . 318, 354; Chronicon Casin., ed. Wattenbach, p . 745; G u g l i e l m o A p p u l o , ed. W i l m a n s , p p . 425 s g . ; G o f f r e d o M a l a t e r r a , ed. Pontieri, p . 58. (2 ) Il D e B l a s i i s , o . c . , II, pp. 204 sg., pensa giustamente che l ’episodio del. la conquista di Conza sia avvenuto in epoca lontana dalla spedizione contro Salerno. «w»» (3 ) P. A s t r o m i n i c a , Elogio storico d i S. A m ato, N apoli, 1872, p. 56; qual, cuno ha infatti asserito che il Guiscardo fosse passato, nella marcia da M elfi a Salerno, per Nusco : cfr. E. C a p o b i a n c o , o x . , pp. 227 sgg. (4 ) A m a t o , ed. cit., p. 366. (5) T r i n c h e r à , Syllabus Graecarum m em branarum , N ap oli, 1865, p. 296. F u il corso in a rre sta b ile degli eventi storici a travolgere Gisulfo. L ’o p e ra di Alfano, in ciò coadiuvato dalla forte Sichelgaita — moglie di R oberto e sorella di Gisulfo — , fu volta a re n d e re m eno gravose p er la sua gente e la sua chiesa le conseguenze del trapasso dei p o te ri dai L o n gob a rd i ai N o rm a n n i. Se la mutevolezza e la c o n tra d d itto rie tà delle alleanze politiche causarono s tra p p i violenti n e ll’anim o del N ostro, se la fa ta lità della storia lo mise talvolta in contrasto con Gisulfo e lo fece assistere al l’estrem a rovina del P rin c ip e , c re a tu ra di p a p a Gregorio ( 1), il se greto, im m u ta b ile affetto suo fu p e r l'estrem o ra m p o llo di quella « gens L a n g o b a rd o ru m » che p e r p iù di due secoli aveva confuso la sua storia con la storia di Salerno. Q u and o, ad esem pio, le circostanze po litich e avevano riavvicinato R o m a a Gisulfo, la nuova situazione venutasi a creare « conciliò in Alfano gl’interessi della Chiesa e le tra diz io ni di stirpe e di fa m ig lia ; egli potè, senza in tim a lotta, m ilite del p a r tito pontificio, cittad in o sa le rn ita n o e congiunto dei P r in c ip i L o n g o b a rd i, deside ra re la g r a n dezza della p a tr ia e della stirpe sua, in c o m p atib ile con la p o ten za dei N o r m a n n i..........I n questo tem p o Alfano dovette scrivere le sue poesie a Gisulfo e a G uido » (2). Queste due odi del N ostro sono dei p r im i mesi del 1074 secondo l’o p in io n e dello Schipa o, p iù verosim ilm en te, della seconda m e tà del 1075, come ha pensato uno studioso recente (3 ) che h a d efinitiva m ente in q u a d ra to le due in fia m m a te poesie nel vasto e già antico d i segno, accarezzato da Gregorio V II, di « quella crociata che, oltre a debellare gli avversari del cristianesim o, avrebbe re s ta u ra to l ’u n i tà della Chiesa greca con q uella la tin a ». La fantasia di Alfano si spin geva fino ad accarezzare la visione « di u n nuovo o rd in e politico, in cui Gisulfo sieda da glorioso p rin c ip e nella sua Salerno salita ad u n a potenza maggiore forse che ai tem pi di G u a im a rio V, pe rc h è accre Storia d. P rincip., p p . 5 6 6 ; F a l c o , Un vescovo poeta..., p . 4 4 4 . (2) S c h i p a , Alfano I, cit., p. 17. ( 3 ) A. L e n t i n i , Le O di d i Alfano ai p rin cip i G isulfo e Guido di Salerno, in « Aevum » XXXI, 1 9 5 7 , pp. 2 3 0 sgg. Non sono certo riferibili al m om ento del l ’assedio di Salerno (com e pensò il D e B l a s i i s , o . c . , II, 2 2 0 , n. 4 ) i versi d ell ’ode alfaniana A d Gisulfum : « Gallos nam que duces... ». Neppure esatta è l ’ipotesi del De Renzi il quale pensa che il Nostro abbia scritto un ’esortazione alla crociata nella sua Oda excitativa m ilitibu s C hristi. Per la cronologia seguita dallo S c h i p a , cfr. Il M ezzogiorno d ’Italia, etc., Bari, 1 9 2 3 . p . 1 8 0 . L ’epistola dedicatoria p r e m e s sa da Alfano alla sua traduzione di Nem esio (quasi un breve trattato De regim ine principum ) fu forse indirizzata proprio a G isulfo: cfr. M . M a ì n i t i u s , o . c . , pp. 6 3 1 , 636. ..... ( 1 ) S c h ip a , sciuta degli a ttu a li possessi del G uiscardo, m e n tre G uido, cinto del d ia dem a im p e ria le in Bisanzio, tenga a dovere i nem ici del suo dom inio e del nom e cristiano ». Si tr a tta di u n sogno c erta m en te utopistico e in p a r te retorico, e che molto presto sarà in fra n to da u n a ben diversa re a ltà , ma che te stim onia del coesistere, n e ll’a nim o di Alfano, di u n am ore indefetti bile alla sua p a tria e di u na sicura fedeltà alla chiesa, che allora era governata dal grande pontefice G regorio VII. 13. — IL PAPA GREGORIO VII E ALFANO (1073 1085). I r a p p o r ti che legarono Alfano e Ild e b ra n d o fu rono ra p p o rti di fedele amicizia d u ra ta in in te rro tta m e n te e inv a ria b ilm e n te p e r olire u n tre nte nn io ( 1). I frequ enti incontri, la com unanza degli ideali cem en taron o nel Nostro u n a sconfinata am m irazio ne p e r il suo grande amico, il quale nella sua o pera titanica parve davvero im p erson are « le energie più vive di u n secolo creatore » (2). Ad Ild e b ra n d o , q u a n d ’era ancora arcidiacono della Chiesa Ro mana m a già dirigeva ufficialm ente la politica dei P a p i, aveva A lfa no dedicata, forse all’epoca del Concilio di M antova, nel maggio del 1064 (3), la famosa ode A d H ildebrandum , che rip ro d u c e v a la te m perie s p iritu a le di entusiasm i religiosi e civili suscitati in quegli anni d a ll’azione gregoriana. L’arcivescovo salernitan o era in grado di in te r p r e ta r e quel p a rtic o la re m o m en to storico pe rch è l’aveva se guito da vicino n ella sua genesi e nei suoi sviluppi. « In tutti questi concilii, in questa lunga dim o ra presso la corte « pontificia, (A lfan o) ebbe agio di studia re il c a ra tte re nobile di l i ft d e h ra n d o , sentirne ora nelle g en erali assemblee, o ra nelle privale « adunanze, q uel facile suo eloquio, quella p aro la or dolce ed or pe « n e tra n te , m a sem p re severa nello sfolgorare i vizii del suo secolo, la « disciplina poco edificante del Clero, la tro p p a ingerenza laicale negli « affari della Chiesa e restonne a m m ira to . I suoi politici se n tim e n ti..... « allora svelò nella p iù bella delle sue poesie ad I ld e b ra n d o d ire tta . « E come altra volta si fidava della spada di G u idone e da essa si « aspettava la grandezza della sua p a tria , ora, che ha avuto l’agio di (1) p . 193. Ideali religiosi... d i Gregorio VII, in « Studi gregoriani », D e R e n z i, o . c . , (2 ) R . M orghen, III, 1948, pp. 163 sgg. ( 3 ) F a l c o , Un vescovo p o e ta , 461 sgg. « « « « « « « m isu ra re l ’esimia fortezza d ’I ld e b ra n d o ( cordis eximius vigor), ili Ild e b r a n d o h a rivolte le sue speranze. D alla p otenza del suo ingegno, dalla voce po te n te della religione anela i trionfi del romanesimo sulla b a rb a rie . Se M ario e Cesare col sangue circond aro no Rom a d e ll’aureola della gloria e i b a r b a r i col fe rro d om a ro n o , egli si aspetta da Ild e b ra n d o nuovi trio nfi a R om a, p iù belli e p iù dura tu ri, che n on furono certo quelli degli Scipioni e dei Q u iriti » (1). Q uanto gl’ideali di Ild e b ra n d o e del Nostro concordassero tra di loro, dice, persino, il calco le tte ra le , e non certo dovuto al caso, o alm eno l ’analogia concettuale tra alcune espressioni del carm e di A l fano e il linguaggio delle epistole del R egistrum di G regorio ( 2 ) ; a n che nel Prologo della tra d uz io ne di N em esio è risc o ntra b ile un m o vim ento di idee che è com une agli scritti e agli u o m in i della R iform a gregoriana. S’è pensato — e con ragione — che l ’arcivescovo Alfano in te r venne al celehre sinodo celebrato a R o m a da P a p a Gregorio nel 1074 e a cui di certo fu presente Gisulfo I I (3), che il pontefice ten ne in m olto conto, dal giorno successivo alla sua elezione ( q u a n d o gli aveva scritto una le tte ra di saluto), sino alla sua m o rte (4). Dal contesto dei docu m enti e degli atti, e dal complesso delle cir costanze, bisogna anche d e d u rre la presenza del N ostro a tutte le più im p o rta n ti assise conciliari che con freq uenza fu rono r iu n ite a Rom a d u ra n te il pontificato di G regorio V II e che contrassegnarono le fasi d e ll’agitata lotta delle investiture dal 1076 in poi (10 78 , 1079, 1080, 1081). P en siam o ad esem pio che sia da rite n e re certa la sua presenza al sinodo celebratosi p e r tre giorni in circostanze d r a m m a tic h e al L a te ra n o nel n ov em bre 1083, « in qua fuerunt archiepiscopi, episcopi et abbates Cam pani et de Principatibus atque A p u lia , pauci quoque Gallicani. Nam plures Heinrici tyranni p e rfid ia iter retro vertere co m p u lit » ( 5). ( 1 ) G ia c . C a r u c c i , o.c., pp. 53 sg.. il quale però segue un ’altra cronologia dei carmi alfaniani. C fr. anche P . F e d e l e , Accenti d ' italian ità a M. C., « Bullett. — I»t. Stor. Ital. », N. 47, pp. 11 sgg. (2) Cfr. V. U s s a n i , G regorio VII scrittore..., in « Studi gregoriani », II, R o ma, 1947, p. 359. Il gladius P etri di Alfano è preso dal linguaggio caro a Gregorio e ai suoi ministri : cfr. A. S t i c k l e r , in « Studi greg. », III, pp. 89 sgg. (3) K e h r , 337, N. 20. Della presenza di Alfano parlano il P a e s a n o , I, 129 ( il quale però si fonda su ll ’annalista salernitano) e lo S c h i p a (in « E nciclopedia Italiana », s. v. « Alfano », II, 384). (4) Cfr. R egistrum Greg., ed. C a s p a r , pp, 4, 565 sgg.. 610. (5) Ib id ., 627 sg. Ma nella p iù generale lotta p e r le investiture s’inserì presto la lotta, accom pagnata d a ll’a n atem a, contro il n o rm a n n o R oberto il G ui scardo: la r o ttu r a tra Gregorio e il Duca datava già dal 1074. La posizione di Alfano fu allora tra le più difficili. Egli si trovò ancora una volta stretto tra l’amicizia e la potenza vendicativa di R o berto — che aveva già forse iniziato, d ietro le sue p re m u re , l ’ed ifi cazione del nuovo tem p io in onore d e ll’apostolo M atteo. « patrono d e l la città » (1 ) — e la fedeltà a G regorio. P e r c o m p re n d e re il travaglio che quei m o m enti difficili potevano p rovocare in chi e ra costretto ad operare ad im m e dia to contatto con la d u r a rea ltà , si rifle tta su questa sola n otizia: nel sinodo del febbraio - m arzo 1078 Gregorio minacciò di sospensione d a ll’ufficio quei vescovi « qui acceptis epislolis nostris aut cognitis neque p e r se neque p e r canonicam excusationem ad praesentem synodum non venerunt », o che prestassero il sacro m inistero ai N orm ann i (sp e c ialm e n te a R oberto), « qui Beneventum obsident », finche fossero sotto l’an atem a (2). E ’ nota la religiosità dei N o rm a n n i, che d u ra n te la quaresim a solevano in te rro m p e re le operazion i m ilitari ( 3). e q uindi è com prensibile come dovesse pesare loro l ’interdizione e come incontrasse la loro ostilità chi ne applicasse l ’editto. H a supposto ragionevolm ente lo Schipa (4 ) che Alfano non esitò nella scelta e fu p e r G re gorio; « l a educazione, i p rin c ip i politico religiosi, l’amicizia, la devozione riten ev ano Alfano d alla p a r te d ’Ildebra n d o » ; ma certo il Nostro non potè non auspicare e salutare con intimo gaudio la pace segnata il 29 ghigno del 1080 a C epran o tra Gregorio e Roberto. Da allora in poi l’accordo d urò tra i due, n o n o stante taluni passeggieri ran n u v o lam e n ti. Alfano gioiva della ric on c ilia z ione; q u a n d ’ecco u n evento o ltre modo fausto veniva ad allietare il suo anim o : l’invenzione, d u ra n te i lavori di dem olizione della vecchia chiesa e gli scavi p e r la nuova, delle reliquie d e ll’apostolo Matteo. L’arcivescovo si affrettò a d a rn e (1) Col nome del Duca normanno, ancora colpito da interdetto, ( T em poribus R obberti praecellentissim i ducis) è datata una lapide apposta nel 1078 da Alfano ad un loculo contenente sacre reliquie nella chiesa di S. Fortunato e recentemente rinvenuta. Da poco anche sono venute alla luce altre tre lapidi analoghe, nella cripta del Duomo, sempre datate da Alfano « tem poribus R obberti exim ii ducis » : ma queste sono posteriori alla pace di Ceprano, perchè sono del marzo 1081, e non offrono pertanto alcuna difficoltà ad intendere quella datazione. (Cfr. il testo delle quattro lapidi in A. B a l d u c c i , Una la p id e d i Alfano I d e l 1078...; « Rasse. gna stor. sai. », XVIII, 1957, pp. 156 sgg.) (2Ì Registr. Greg.. ed. cit., pp. 368 sgg. (3) Ibid., p. 578. (4) Alfano I arcivescovo d i Salerno, cit., pag. 18. notizia al pàpéf fèregorìo V II, e questi scrisse ad A lfano, il 18 «refteinbre del 1080. una lettera traboccante di in tim a , sp iritu ale letizia è tràen do buoni auspici p e r le sotti della Chiesa u n iv e rsa le dal rinv e nim ento dèi « gran de tesoro ». Il Poiitèfice concludeva eso rtan do A l fano ad am m o n ire R oberto e Sichelgaita p é fc h è prestassero i dovuti ■rà , onori a così insigne P a t i n o (1). Con la scoperta delle reliquia d e ll’Evangelista e coti ^ e s o rta z io n e del P a p a sono da collegare, molto veró^iMttilmente, i due d ip lò m i del 1 ottobre dello stesso anno 1080. con cui il G uiscardo — come già si disse a suo luogo — sanzionò ed accrebbe la dotazione pa trim on ia le della Chiesa salern itan a. Il nuovo clima che s’era venuto a c rea re forse contrib uì ad accelerare i lavori p e r la riedificazione d e i sontuoso T e m p io , che n e ll’u ltim o trim estre del 1080 vide già com plete fe‘ s tr u t ture p r in c ip a li della C rip ta, così da p e r m e tte re entro quella dafa’ la definitiva sistem azione del sacello delle sacre re liq u ie , che fu s a ld a m ente assicurato da una forte corazza, di m a rm i, p ie tre e m alta, che stupisce anche i m od erni tecnici (2). La ritro vata amicizia del G uiscardo sarà p ro vvidenziale p e r G re corio V II in u n m o m ento tragico p e r lui e p e r la Sede A postolica. Sa ra nel 1084, q u a n d o il G uiscardo dovrà accorrere a R o m a p e r salvare il P a p a dalla violenza di Enrico IV. In q u e st’u ltim o p e rio d o , d a rà a G regorio pieno e leale sostegno, scom parsa ogni ragione di dolorosi dissidi, l ’a b a te eassinese D esiderio (3). E d a llo rc h é il gran de Pontefice, divenuto — secondo l’is p ira ta e s o r ta z io n i di A lfano — « v incitore della b a r b a r ie , si vide a sua volta proscritto, re le g a to in esilio, fu ancora A lfano che e bb e l ’o nore di d a r gli a Salern,') u n asilo e un a to m b a ». come disse, con alata sintesi, una delle p iù ' forti p e rs o n a lità del m ondo sp iritu a le francese dello scorso secolo (r 4). La fedeltà di Salerno — e di A lfano, aggiungiam o noi — alla C attedra di P ie tj/o erg t ra d iz io n a le ; e « ancora rifulse nella ospitalità (1 ) Registr. G r e g ed» cit., pp. 526 sg. Cfr. A c o c e lla , o . c . , pp. 56 sgg. (2 ) M. F u i a n o , A lf uno... innografo di S. M atteo, cit., pp. 164 sgg., riprendendo e approfondendo un ’id ea d a 1 M anitius, pensa che il Nostro po~sa aver tratto 1* ispirazione, per i tre : jm i in onore di S. Matteo, dal rinvenim ento delle reliquie, dalla connessa costruz" jr)ne del duomo, e m eglio ancora dalle parole di papa Gre. gorio. L ’a. non esclu de 1’ipoti ’si che gli inni fossero destinati ad essere cantati nella festa d e ll ’Apo? jtolo o am ' he nei solenni festeggiam enti della consacrazione. (3 ) Così, e ut a l t r i m e n t i dev ’ essere interpretato il « su sten tavit » del Chron. Cas. ., (4 ) A. F. Oz 4tnam, Documenfo in édits..., cit., p. 114. con bùi fii accolto l'ind òm ito difensore dei d iritti della Chiesa, il r a pa Gregorio V II, che riposa nella vostra C attedrale » ( 1). Si è s u p p o sto che il Pontefice prendesse alloggio nel m onastero salernitano di S. B e ne de tto ; si sono accolte tradizioni, piuttosto tardive, s u ir a ttiv tà e sui movim enti di Gregorio V II, d u ra n te la sua d im o ra sa le rn ita n a : ed è stata questa, p u r nella m ancanza di un a precisa docum entazione, una prova di attaccam ento alle m em orie patrie (2). R im ane fuori di ogni contestazione che il Nostro a Salerno fu trepido e vigile testim one degli ultim i atti di I ld e b r a n d o : l'u ltim a lettera alla cristianità, d e ll’agosto del 1084, « che è forse la sua pui bella » ( 3 ) ; l ’u ltim o dei suoi storici sinodi, tenuto alla fine d e ll’a n n o ; le estrem e parole, che sono rim aste p a ra d ig m a tic h e p e r le coscienze libere di tutti i tem pi. P rim a della m o rte beata del santo Pontefice (2 5 maggio 1085). i Salernitani e il loro arcivescovo Alfano vollero consacrata da lui la C attedrale n orm ann a di S. Matteo, dove Gregorio fu poi onorificamen te sepolto (4). « Ecclesia sancti M attinici papa sepultus n obilitat tanti thesauro corpnris urbem » (5 ). H a scritto uno dei nostri più originali in te r p re ti del Medioevo: « Sulla tom ba del pontefice non v orrem m o r ip e te re il desolato ” D>lexi iustitiam et odivi in iq u ita te m , p ro p te re a m o rio r in exilio ” ; ma rileggere i versi in cui Alfano di Salerno congiungeva l ’opera d e ll’a r cidiacono rom ano Ild e b ra n d o alle più alte m em orie di Roma r e p u b blicana » ( 6). 14. — « D E P O SIT O DOMINI AI FANI ARCHIEPISCOPI ET MONACHI ». « Il Duca •— dice Guglielm o A p p u lo (7 ) — , se gli fosse stato con. cesso di vivere più a lungo, avrebbe scelto, su tutte le altre città. S a (1) Sono parole del papa Giovanni XXXIII ai pellegrini salernitani (« L ’O?. servatore Romano », a. XCIX. n. 2 Ì9 ; 26 -27 ott. 1959). ( 2 ) C i a c . C a r u c c i , S. Gregorio VII a Salerno, cit., pp. 58, 63 sg., 75, 89 sg. ( 3 ) G. B . B o r iin o , S toricità dell ' u ltim e parole di Gregorio VII, in « Studi gre goriani », V, Roma, 1956, p. 411. (4) Ex L ibro ms. Ccnsuali C e n t i i C a m e r a r i i , P .L ., 148, c. 128. (5) G u g l ie l m o A p p u l o , o .c ., lib. V ; P.L., 149, c. 1080. ( 6 ) G. F orivaseri (G iorgio F a lc o ). La Santa Rom ana R epubblica, Napoli, 1942, p. 211. (7) G u g l ie l m o A p p u l o . I. c. lerno, resa u n iversalm en te celebre dalla traslazione d ell’apostolo M a t teo, e ancora accresciuta di gloria d a lla sep oltu ra del vicario di Cristo. Gregorio ». Ma anche R oberto il G uiscardo fu colto, di lì a qualche mese, dalla m orte, lontano dalla p a tria , a Cefalonia. « Il vecchio Alfano pianse la m o rte dei suoi grandi amici e si dispose a m o rire e da h uon cristiano sognò il Pa ra d iso » ( I). Dai testimoni della sua vita, dice l’O zanam riassum end o il ra c conto di P ie tro Diacono, « si assicurò che egli avesse visto in sogno u na scala, la quale, dal b ordo del suo letto, andava sino al cielo, e che due giovani vestiti di bianco lo invitassero a salire » (2). E ra da tem po sofferente di stom aco ; il celebre C ostantino l’A fri cano gli aveva dedicato un tra tta to De stomachi affectionibus ( 3), q u a si a compenso — ha im m a g in ato q ua lc h e au to re — d e ll’insuccesso delle cure esperite nel tentativo della guarigione. Lo strazio fisico potè m in a rn e il corpo ma non fiaccarne lo s p i r i to, te m p ra to d alla monastica disciplina d e ll’ascesi. I co m p ilatori del Necrologio e L iber Confratrum di S. M atteo di Salerno an no ta ro n o , al V II giorno p r im a delle idi di o ttobre della IX Indizion e, (9 otto bre 1085), con c a ra tte ri di p a rtic o lare rilievo — scrittura ca p ita le la p id a ria su fondo dorato — la « Depositio do m ìn i Alfani archiepiscopi et monachi » (4). (1) M. S c h i p a , Alfano / , cit., p. 19. (2) A. F. O z a n a m , o .c ., pp. 114 sg.; P ie t r o D i a c o n o , De ortu et obitu iuslo. rum coen obii Casinensis, 55, P.L., v. 173, col. 1111. (3) W. W a t t e n b a c h , M G H ., SS., VII, p. 729, nota; cfr. P. O. K r i s t e l i .e k , o. c., p. 20. 2. La dedica era : « Alfano reverendissim o Salernitnnae ecclesiae archie piscopo ». (4) Ediz. C. A. G a r u f i , Roma. 1922, pp. 156 sg., e note, 232, 337 : qualche inesattezza nelle citazioni. (A pag. 251 è registrato un « Dom nus Alfanus nbbas », che il Garufi pensa sia proprio il Nostro. Nel codice peraltro sono elencate m olte persone che portarono il nome « Alfanus »). Il G. ed altri ricordano che a Saler no gli anni venivano conteggiati, secondo il computo bizantino, con l ’eccesso di una unità : e questo può aver causato per il passato una certa confusione nelle date. Sotto l ’aspetto palcografico e diplom atico, la registrazione della morte di Alfano si distacca, nel codice originario del Necrologio, da tutte le altre annotazioni: e eiò fa giustamente pensare al Garufi : « La forma insolita attrae subito l ’attenzione e questo pare sia stato il fine del primo annotatore, trattandosi d e ll ’ arcive. scovo sotto cui era stato rifabbricato il duomo e s’era dato principio a ll ’obituario ». Anche i necrologi cassinesi registrano la morte di Alfano : cfr. M. I n g u a n e z , I N e crologi cassinesi, T. Roma, 1941, p . 21, t. 3 0 3 ; A. L e n t i n i , Ricerche biografiche su Ainato d i M., in « Benedictina », IX, 1955, pp. 187, 192. Con questa concisa fo rm ula si volle affidare alla m e m o ria dei po. steri esplicitam en te la d ata della m orte e del sep p e llim e n to del Nostro ( i due atti seguivano di no rm a nello stesso giorno), ed im p lic ita m e n te anche il luogo della sep oltu ra, che fu nella sua bella c a ttedrale, e che si trova individu ato con esattezza in u n a carta del sec. XV : « Nella Catedrale (sic) d i Salerno è avello di marmo a man destra, quando si entra p e r la porta vicino al C am panile, d ove fìi sepolto Alfano P ri mo Arcivescovo di Salerno » (1). P iù sinteticam ente si era espresso P ie tro Diacono ( 2 ) : « Sepultus vero est apud Salernum ». N on a caso, i docum en ti cassinesi e sa le rn ita n i sono concordi nel dare ad Alfano, dopo quella di arcivescovo, la qualifica di « Casinen sis m onachus »: evid en tem en te i posteri im m e d iati di lui r isp e c c h ia ro no in quella designazione la precisa volontà del N ostro e il suo incon fondibile costume di vita. Noi non possediamo do cu m en ti p e r suffra. gare l ’afferm azione di qu alche tardo scrittore ( e della iscrizione, sotto il busto m arm o re o , nella C rip ta di S. M atteo), secondo cui ad Alfano siano stati a ttrib u iti gli onori degli altari (3). Ma la sua vita fu in. d u b b ia m en te quella dei santi. Il eassinese P ie tro Diacono, chartularius et scriniarius del cenobio, che ebbe cura di trasm etterci l’elenco dei carm i del N ostro, seppe a n che concludere in poche parole u n giudizio sulla sua person alità m o ra le : « Huius autem vita talis exstitit: in quadragesima nunquam in lecto quievit, bis in hebdom ada com edit, p salm i ex ore illius non recessere » (4). E p e r i S a le rn ita ni fu sem p re certezza q uella che era so lo un a p re g h ie ra , dal Nostro fatta inscrivere n e ll’abside del d uom o: « che il p a d re Alfano sia p ere n n e m e n te beato ». Ancor vivente, e p iù dopo la sua m o rte , p e r u n arco di almeno due secoli, Alfano fu conosciuto in Ita lia e in E u ro p a , p r e v a le n te m e n te se non esclusivamente, come uno degli auctores della scienza m e d i ca, e come sommo erudito. (1) E ’ una notizia inserita in un testamento del 1474 e riportata in « N otizie di Fam iglie n obili salernitane », o « M anoscritto P into », della Biblioteca Provin ciale di Salerno, p. 82. A com plem ento si può aggiungere questa inform azione di uno scrittore del sec. XVII : A. M a z z a , H istoriarum epitom e d e rebus Salernitanis, N apoli, 1681, p. 37 : « P rope hanc C am pandim turrim est C oem eterium quod terra Sancta dicitu r ». Indagini su altre fonti documentarie, spesso dispersive, ed anche tentativi di ricognizioni non hanno finora permesso di rintracciare i resti mortali del Nostro. (2) De viris illustribus Casinensibus, c. 19, P.L., 173, 1030. (3) Cfr. M. S c h i p a , Alfano I, cit., p. 19. (4) P i e t r o D i a c o n o , De ortu e t obitu..., 1. c. I tr a tta ti di m edicina p ratica, che a ndavano sotto il suo nom e, fe cero, p e r molto tem po, testo nelle scuole, come è possibile ricavare dai codici ancora esistenti nelle maggiori biblioteche eu ropee, e dagli elo gi di un Egidio di Corbeil (già allievo della Scuola di Salerno nel sec. XII) o di u n G entile da Foligno (profe sso re n e ll’un iv ersità di P e ru g ia nel sec. XIV). L ’e ditore della trad uzio ne alfan iana di Nem esio, il B u r k h a r d , ha p otuto d im o strare che i cinque m anoscritti in cui essa è stata conservata e che sono dissem inati in im p o rta n ti cen tri di cul tu ra p e r tu tta l’E u ro p a , ra p p re se n ta n o soltanto u n a p a r te degli e sem p lari p ro d o tti nei vari centri scrittori. Infine, i cataloghi delle b ib lio teche m edievali segnalano in più direzioni tr a tta ti medici di Alfano. P e r ta n to la fama di grande medico, da u n lato, e la povertà d e l l ’inform azione storica sulla sua figura, d a ll’altro, fecero sì che del n o stro Arcivescovo si diffondesse u n ’im m a g in e solo p arz ia lm e n te vera. E, a distanza di secoli, u n a analoga lim ita z io n e di pro sp e ttiv a sto rica è possibile risco ntrare presso q ualche recente scrittore, che h a vo luto stu diare Alfano e ru d ito e poeta p rescindend o d alla sua figura di religioso, e creando una co ntrapp osizion e a r b itra r ia tra i due coeren ti aspetti di u n a stessa perso n a lità , la quale si può in te n d e re solo a condizione di non isolarla dal suo tem po. Secondo la m o d e rn a storiografia, l ’arcivescovo Alfano — solitaria a nim a di asceta e uom o d ’instancabile azione religiosa e civile; cu lto re delle artes saeculares e delle divinae litterae tra i più a m m ira ti del suo secolo, ed insieme fervido p ro p u g n a to re dei nuovi ideali della R i fo rm a gregoriana — ha trasmesso u n messaggio p iù autentico perc h è più s p iritu a lm e n te c o m p le to : un invito alla vita p u ra e alla conip rensione non fra m m e n ta ria di tutte le virtù, di tu tte le conoscenze che la fede e la ragione — sem pre m ira b ilm e n te concordi, p e rc h è raggi d e ll’unica intelligenza divina — add itan o all’u m a n o spirito. N icola A cocella NOTA BIBLIOGRAFICA S U LA VI T A E E GLI SC RI TT I FIL O LO G I C A DI ALFANO. Dalla m età, circa, del secolo XIX a questa pa rte , la figura e l ’opera di Alfano I sono venute acquistando rilievo sem pre più netto cd evidente. i P a ra lle la m e n te alla valutazione storico - critica del significato che assunse — nel qu a d ro generale della cu ltu ra medievale — la sua produzione le tte ra ria in versi e in prosa, si sono sv ilup pa te anche la ricerca biografica sul Nostro e l’in dag in e filologica intorno alle sue opere. ! i i1 j Si ritiene o p p o rtu n o pre sen ta re qu i una breve rassegna della fortuna e dello svolgimento di tali studi, p rim a di esam inare a p arte le posizioni che la critica è venuta sem pre p iù c h ia ra m e n te d e li neando nei rig u a rd i dell’opera sua d u r a n te gli ultim i centoquindici anni. P e r la verità, il ricordo di Alfano non si era mai del tutto spento nella le tte ra tu ra storica e religiosa dei sette secoli e mezzo che vanno dalla fine d e ll’XI secolo alla m età del XIX. Si è accennato e meglio si vedrà in appresso che il suo n om e p e r molto tem po corse, a m m i rato, p e r l’intera E u ro p a . Ma, come è stato auto rev olm ente osservato, tutto quello che si seppe e si disse di lui, in questo lungo periodo, non andò di là dalle scarne, se p u r preziose, notizie che su Alfano si erano preoccup ati di tra m a n d a rc i due monaci di Montecassino, contem p oranei di Alfano o di qualche decennio a lui po ste riori: L eo n e M a r s i c a n o (od O s t i e n s e ) e P iet ro D i a c o n o . Gli scrittori che vennero dopo — a m o’ d ’esem pio il L e y s e r , uno dei p rim i storici della le tte ra tu ra latin a m edievale (17 21 ) — «ridussero a p rop orz io ni sottilissime, non sem pre attingendole alle fonti, le notizie dei due c r o n i sti » (M . Schipa). Nè sem pre, in epoca recente, il co ordinam en to e l’integrazione reciproca degli scritti, via via ap p a rsi su A., sono stati sistematica mente condotti, p erch è non son m an cati casi in cui gli studiosi si sono a vicenda ignorati, da n d o luogo a dispersione di d a ti già acqui siti: opere di Alfano, già giudicate apocrife o come falsa m e nte a ttr i bu ite a lui, gli sono state poi, p e r rin v e n im en ti o c h ia r im e n ti p o ste rio ri, d efin itiv a m e n te assegnate; opere già segnalate o anzi già edite furono a distanza di decenni rite n u te come ignote o in e d ite ; persino alcune m onografie, fo n d a m e n ta li p e r la conoscenza del N ostro, sono state — o p e rc h è ir re p e rib ili o p e rc h è scarsam ente divu lg ate — ignorate in alcuni studi p osteriori. La cautela con cui ci siam o mossi, nella ricerca e n e ll’esame della vasta biblio grafia alfa n ian a , pu ò non avere im p e d ito anche a noi stessi di tra sc u rare q ualche c o n trib uto critico non disprezzabile. E noi sarem o grati a chi v orrà indicare o c olm are le e v entuali lacune. N el seguito dello studio direm o le ragioni p e r cui l ’o p e ra di A l fano rim ase pressoché inesplorata p e r tanti secoli. Insiem e con altre cause p iù pro fon de, c o n trib u iro n o , certo, a tale oscuram ento di una fam a u n giorno così u n iv ersalm ente acclam ata, la scom parsa e la t r a sm igrazione totale da Salerno — o p e r provvido e sp on taneo feno m eno di p rop a g a z io n e c ulturale, o p e r deplorevo le incu ria nostra, o p e r r a p in a a ltru i — di tu tto il p a trim o n io di codici che form avano l ’e re d ità gloriosa della Scuola Medica e della L itu rg ia b ilingue, e in cui erano non p ochi segni d e ll’attività di e ru d ito e di scienziato del nostro Alfano. A nche p a rte non piccola del m a te ria le do c u m en ta rio e archivistico fu tra fu ga ta o rim ase incom presa. Persin o gl’inni l i tu r gici, da A lfano composti in onore di San M atteo e dei santi M a rtiri sale rn ita n i, furono d e finitivam en te espunti dal B reviario S a lern ita n o in epoca a noi vicina: di certo se ne ignorava l’au to re ! A nche da Montecassino, che p u re seppe conservare gelosam ente il suo m ate ria le m anoscritto e lib ra rio , ab b ia m o prove che nei secoli decorsi em ig ra ro n o codici conten en ti gli scritti m edici e filosofici di A. F o r tu n a ta m e n te l ’A bbazia conservò e conserva tu tto ra (n o n o sta n te la grave ia ttu ra del 1944) i codici dei C arm i e di u n a lunga prosa agiografica del N ostro ( Vita et Passio S. Christinae). a) EDIZIONI DEGLI SCRITTI DI ALFANO. Da tali codici a ttinsero le loro lezioni, tra il ’500 e il ’600, i p r im i e d ito ri di Alfano, anche se p e r motivi e con criteri estran ei ad ogni interesse filologico ; da essi ancora, negli u ltim i centoq uind ici anni, con in tenti di stretta filologia ma p u r tr o p p o non in teg ralm en te, insigni studiosi ha n n o rip ro d o tto questo o qu el ca rm e : fra tali p a r ziali m a sicuri testi sarà preso u n florilegio di significativi co m p o n im e n ti del N ostro che p u b b lic h e re m o in fondo al presente studio, con a f-ianco u n a m o d e rn a e viva tra d u z io n e , affinchè in tegrin o il q u a d ro che abb iam o a m orosam ente tratteg giato di Alfano. Così, ad incom inciare d alla m età del ’500. il p iù lungo poem etto di A lfano ( m ille esam etri) su La Vita e la Traslazione dei Dodici Santi Fratelli m artiri beneventani, fu p iù volte accolto, p e r il suo c a ra tte re d oc u m e n ta rio e agiografico, in g rand i collane d ’indole a p p u n to agiografica, ad o p e ra del L i p p o m à n u s , del S u r i u s (S auer). del G i o v a r d i , dei B o l l a n d i s t i etc. E sul p rin c ip io e alla fine ilei ’600, due famosi e ru d iti della storiografia ecclesiastica — il B a r o n i o e il M a b i l l o n — inserirono nelle loro opere q ualche carme di A. che rivestisse ai loro occhi partic o la re valore storico o agiogra fico. P r o p r io dal risalto datogli dal B aronio ( c h e però non sem pre si dim ostra bene in fo rm ato sul Nostro) acquistò g rande rinom an za il carme alfaniano A d H ildebrandum archidiaconum Romanum . Nè sfuggirono a questa n o rm a — di far prevalere, sugl'interessi della p u ra filologia, quelli di edificazione religiosa o di d o cu m e n ta zione storica — i due più be ne m e riti e più com pleti ed itori dei carm i di A lfano: il M a r t i n e n g o e I ’U g h e l l i . Il p rim o , servendosi p re su m ib ilm e n te di un codice cassinese ora p erdu to , dette alla luce, nel 1590, u n a p rim a serie di carm i da lui a ttrib u iti ad Alfano, in u n volum e miscellaneo dal seguente tito lo : T. P r o s p e r i M a r t i n e n g i i , m onachi Casinensis, Pia quaedam po'èmata, quibus etiam accesserunt nonnulli aliorum quorum dam illustrium monachorum Casinensium hym ni, non indocti quidem illi nec inve nusti, collecti ex exem plaribus p artim Latinis litteris pa rtim Longo bardicis exaratis (R o in a e , t. I l i , 1590, pp . 169 - 210). Senonchè, il c arattere composito e piuttosto farraginoso della raccolta del M artinengo — u n centone di poesie greche e latin e, a sfondo classicheggiante, del M artinengo stesso e di altri — e insieme la scarsa diffusione d e ll’opera e q ualch e dubb io , tu tto ra persistente, sulla perfetta a tte n d ib ilità d e ll'a ttrib u z io n e dei carm i, editi sotto il nome di A lfano, fecero sì che la silloge del M artinengo non portasse un valido e originale contrib uto all’esame della perso nalità storica e poetica del Nostro. A ltre tta n to , sia pure in m isura diversa, può dirsi d e ll’o pera del cistercense fiorentino F e r d i n a n d o U g h e l l i che nel I I volume della sua preziosa Italia Sacra, edito a Rom a nel 1647 ( p p . 1085 sgg.), p u b blicò — oltre ai carm i già editi dal M artinengo — u na massa n o te vole degli scritti in versi e in prosa, ancora inediti, di Alfano, ser vendosi forse del codice cassinese n. 280 ancora oggi esistente. (N e lla seconda edizione, poesie e prose di A. furono trasferite nel voi. X. Venezia, 1722, A ppendice, coll. 47 sgg.). La peculiare destinazione della raccolta ugh e llia n a , la vastità della m a te ria abbracciata, che a lui affluiva non sem pre metodica mente, p e r lo stato d ell’organizzazione degli studi in quel tem p o, e la connessa im possibilità di u n a collazione filologicamente sicura dei codici — tutto con trib u ì a fa r sì che i testi editi d a ll’U ghelli, come del resto quelli pub blicati dai suoi predecessori, risultassero irti di m ende e scorrezioni, che, r e n d e n d o a r d u a la le ttu ra e sem pre incerta l’interp re ta zio ne , dissuasero da ogni possibile esame critico della p r o duzione alfaniana. L’edizione d ell’Ughelli passò integralm ente e senza varianti - — con la sola aggiunta dei testi nel fra tte m p o editi d a ll’O zanam — nel volume 147 della Patrologia Latina del M i g n e , p ub blic a to nel 1853 (coll. 1219 sgg.), che da oltre un secolo a questa p a rte , nonostante talu ne successive, singole edizioni criticam ente più a tten d ib ili perchè d ire tta m e n te ricavate dai codici, è la fonte da cui h a n n o in genere attinto gli studiosi di Alfano. S o l o d a l 1845, c o l G i e s e b r e c h t , e n e i d e c e n n i successivi con il C a r a v i t a , il W a i t z , lo S c h i p a , I ’A m e l l i , il F a l c o , etc., si è iniziata, d ire tta m e n te d ai codici, la p u b b l i cazione, isolata però e non sistem atica, di nu m erosi carm i a lfaniani. A ltri carm i furono editi in collane n on m olto accessibili: la B ib lio theca Casinensis, e gli Analecta hymnica m edii A e v i del D r e v e s - B l u m e . P i ù re centem ente ancora, come si vedrà, sono state scoperte e p u b b lic a te le o pere e ru d ite del N ostro : i tr a tta ti di m ed ic in a e la tra d uz io ne del De natura hominis di N emesio. A nche di questo sin golare settore della c u ltu ra e della p ro d u z io n e di Alfano da re m o uno « specim en ». U n q u a d ro sintetico, ma nel complesso su fficientem ente in f o r m ato ed aggiornato, delle opere di A lfano, è quello che I g i n o Cec c h e t t i h a dato, sotto la voce « Alfano », nel I voi. della m o d e rn a Enciclopedia Cattolica (co ll. 838-840). Sotto l ’aspetto filologico, però, rim a n e classico e basilare il poderoso ca pitolo che M a x M a n i t i u s dedicò ad « A lp h a n u s I. von Salerno » nel secondo volum e della sua Geschichte d e r lateinischen Literatur des M ittelalters (M o naco, 1923, p p . 618-637). L im ita ta m e n te alla p ro duz ion e in versi, la le tte r a tu r a sul Nostro vanta oggi u n a disam in a — m etodo lo gicam en te con dotta — delle testim on ianze, dei m a noscritti, delle edizioni dei carm i a lfa n ia n i, che davvero p uò considerarsi p ro p e d e u tic a a q u e ll’edizione critica in te grale, che è nei voti di tu tti da tanto te m p o : A. L e n t i n i , Rassegna d e l le poesie d i Alfano da Salerno, in « B u lle ttin o d. Ist. Stor. It. p e r il M. Evo », N. 69, 1957, R o m a, p p . 213-242). L ’au to re fa cenno, s a lt u a r ia m ente, secondo che gli se ne p resenti il destro, di qu alche recente con trib uto agli studi a lf a n ia n i: p e r es. l ’art. di M. F u i a n o , Alfano, Arciv. d i Sai., innografo d i S. M atteo ( i n « Atti d. Acc. naz. di Se. m or. e poi. di N a p o li », 1954, pp . 164 sgg.). TOzanam, r A lbers, b) DATI E FONTI PER LA BIOGRAFIA DI ALFANO. Sorte alq u a n to m igliore, p e r la verità, ebbero le fonti storiche da cui è possibile t ra r re elem en ti u tili a delin e are e ad in q u a d r a r e la b iografia di A lfano. Già I ’U g h e l l i aveva r ip ro d o tto i p rin c ip a li b r a n i di L e o n e M a r s i c a n o e di P i e t r o D i a c o n o sulla vita e sulle opere di A lfano, « Salernitanae ecclesiae et urbis egregium ornamentum » ( p . 380), aggiungen dovi in riassunto a ltre sparse notizie — d al Chronicon Vulturnense ( 1) etc. — e in edizione co m pleta alcuni d oc um e n ti relativi al governo d e ll’Archidiocesi s a le rn itan a in quegli anni ( Italia Sacra2, 380 sgg.). Ma le sue sono annotazio ni estrinseche, non se m p re a tte n d ib ili, e, ad ogni m odo, sono d ire tte al solo scopo che l’a. si prefiggeva : fo rn ire i m a te ria li p e r la storia ecclesiastica di Salerno nel q u a d ro di quella d ’Ita lia . A lfano è u n semplice nome nelle serie dei vescovi e degli arci, vescovi di Salerno. (1) c o lla n a Di cui oggi esiste un ’ottima edizione critica ad opera di V. F e d e r i c i , delle « Fonti per la Storia d ’It. » dell I s t. Stor. Ital., Roma, 1925.1938. n e lla La rip re sa e ru d ita del Sei-settecento ebbe almeno il merito di far conoscere d ire tta m e n te i testi dei Cronisti cassinesi. Così nel 1723 il sommo L. A. M u r a to r i nel IV volume dei suoi Reruin Italicaruni Scriptores inseriva il Chronicon Cosinense, già edito con am pio com m ento d a ll’abate cassinese A n g e lo De N u c e ( P a r i g i, 1668), e nel 1725 collocava a ll’inizio del VI volume della stessa m o n u m e n ta le collezione l'opuscolo De viris Must ribus Casinensibus di P ietro Diacono, n e ll'e dizione illustrata e com m en tata dal ro m ano G . B. M a r i ( R o m a , 1665) e già da altri rip ro d o tta . S’è visto che p ro fitto si può ricavare dai suddetti testi p er il nostro argom ento. A nche la Storia dell ' Abbazia di Montecassino di E. G a t t o l a ( 1733) fornì buon m a te ria le p e r la co noscenza d e ll’am bien te monastico in cui visse e si form ò p e r qualche tem po il Nostro. Ma siamo sem pre a quel che p rim a si diceva: di Alfano nulla, o quasi, p iù di quello che avevano su ccintam ente tr a m a n d a to i cassinosi suoi con tem poranei o suoi im m e dia ti successori. L’esiguità delle notizie si riflette, ancor m aggiorm ente, negli scrit tori salern itan i del ’500 e del ’600, che — o tra ttin o delle vicende delle reliquie e del tem pio di S. M atteo (M . A. M a r s i l i o C o l o n n a , De vita et gestis b. Matthaei ap. et ev. eiusque gloriosi corporis in Salernit. urbem translatione. N apoli, 1580), o elenchino la serie dei vescovi e arcivescovi della città (G . M o s c a , De Salernitanae eccl. episcopis et archiep. catalogus. N apoli, 1594; 2“ ed. a cura di A. Capone, Subiaco, 1930), o traccino una sintesi di storia s a lern itan a (A . M a z z a , Historia rum ep itom e de rebus Salernit., N apo li 1681) — su Alfano si tr a m a n dano l’un l’altro notizie estre m a m e nte som m arie e talvolta anche im precise. Nè questa generale povertà di in dagini è dovuta solo ad a r r e t r a tezza di studi o a scarsità di d ocum entazione, perchè c’en trò in p a rte — vedremo — anche il disdegno rin ascim entale e illum inistico p e r il M e dioevo, l'età gotica, l’età barbara, considerata quasi pro fon do « hiatus» nella storia della civiltà, so p ra ttu tto le tte ra ria. La p r im a , grande Sto ria della Letteratura Italiana, di G i r o l a m o T i r a b o s c h i (1772 - 1782), — « archivio ordinato e ragionato di m a te ria li, cronologie, docum enti e disquisizioni p e r servire alla storia lette ra ria d ’I ta lia » (Foscolo) — in cui p u r trovarono posto a utori m inori ed infimi, dagli E truschi in poi, dedica poche righe, p e r giunta non im m u n i da im precisioni, all’o pera di A. (cfr. ed. di N ap oli, to. I l i , 1777, p p . 267 sg., 297 sg.). E giungiamo così ai p rim i decenni del sec. XIX, il secolo r o m a n tico, che alla passione p e r la ricerca e ru d ita accoppiò un a vocazione storicistica più m a tu ra e scaltrita e u n interesse curioso — se n tim e n talm ente sim patico — p e r il Medioevo. La figura del Nostro usciva definitivam ente d a ll’om b ra. Di questa « riscoperta » di Alfano e degli studi che la sollecitarono e l’integraron o traccerem o a suo tem po le lin e e ; ma fin da questo m om ento è necessario rico rd a re il nom e del p iù autorevole e del p iù benem erito storico che di A. si sia occupato : G . G i e s e b r e c h t : a lui dobbiam o — oltre al p rim o , fo n d am entale rip e n sa m en to critico e storico d e ll’opera alfan iana — anche il p rim o organico disegno bio grafico del Nostro, con la messa a punto di im p o r ta n ti dati cronologici. In sostanza, gli autori che verrann o dopo e che c o n trib u ira n n o ad u n a p iù p u n tu a le valutazione del Nostro — s o p ra ttu tto I ’ O z a n a m , il R e n a n , lo S c h i p a , il R o n c a , il F a l c o , il M a n i t i u s , il V i s c a r d i — se vo rranno rievocare le vicende della vita di A lfano, si m overanno nella direzione da lui in dicata, sia p u r com piend o le necessarie ag giunte. ( C a r a tte r e solo accademico e non critico ebbe l ’ opuscolo di C. T a f u r i , De A lphano I oratio, Salerno, 1887). Il G iesebrecht mise anzitutto a profitto fonti cronachistiche: gli storiografi cassinesi più volte citati (L eone M arsicano, Pietro Diacono) e, per la prima volta, A m ato d i M o n te c a ssin o . Questi sono i più au torevoli testi di inform azione sul N ostro: Leone aveva nella sua giovi nezza conosciuto A .; Pietro disponeva di tutto il m ateriale docum en tario e librario d ell’Archivio eassinese; Am ato, salernitano di nascita e poi monaco a M ontecassino, è scrittore della massima attendibilità, anche perchè fu quasi coetaneo di A lfano. Gli scritti principali di Leone e Pietro s’è già detto ch’erano noti da tem po ; ma, qualche anno prim a d ello studio del G iesebrecht, il dotto A n g e lo Mai aveva dato alle stam pe un altro opuscolo inedito di Pietro D iacono, contenente preziose inform azioni sulla spiritualità del N ostro, che non sfuggirono a ll’attenzione dello storico tedesco ( Liber de ortu et obitu iustorum Casinensium, in « Scriptorum veterum nova collectio », 1825-38, to. VI, P . II , pp. 245 sgg.) N el 1846 si avrà l’edi. zione critica del Chronicon Casinense a cura di W. W a tte n b a c h (n ella collana dei M. G. H., S. S., V II, pp. 551 sgg.); e, finalm ente, di li a qualche anno tutti insiem e questi testi troveranno posto in una colla na anch’essa di larga diffusione: la Patrologia Latina del M igne (P .L ., v. 173, a. 1854), che anche in altri volum i offriva m ateriale u tile alla com prensione di aspetti interessanti della vita di A lfano. (C fr. ad es. i voli. 144 e 145, a. 1853 : opere di S. P ie r Dam iani, - il v. 147, a. 1853, col Registrum di G reg o rio vii,* il v. 149, a. 1853, col poem etto di G u g lie l m o A p p u lo , etc.). D ella H istoria Norm annorum di A m ato — di cui è stato irrim e diabilm ente perduto il testo latino originale — era stata rintracciata e pubblicata, dieci anni prima del G iesebrecht, nel 1835, una strana volgarizzazione in francese, del sec. XIV. Le tre edizioni com m entate, che si sono susseguite in un secolo, di q u ell’insigne m onum ento storio grafico — la I a Parigi nel 1835; la II a Rouen nel 1892; la I I I , dav vero esem plare, a Roma nel 1935, a cura di V. D e B a r th o lo m a e is , n elle « Fonti per la storia d’Italia » d ell’Ist. Stor. It. — hanno gettato nuova luce su tutta la storia nostra del sec. XI, particolarm ente su Sa lerno, e anche su A lfano: Amato si dim ostra m olto bene edotto della storia politica e religiosa di Salerno ; con ogni probabilità fu nativo proprio di questa città, come già disse il Giesebrecht sulle orme del prim o editore e come pare ormai assodato grazie ad una puntuale inda, gine di A. L e n tin i : Ricerche biografiche su A m a to d i Montecassino (in « B enedictina », Rom a, IX, 1955, pp. 183 sgg.). Queste ed altre fonti c ronachistiche coeve ( a d es. il Chronicon Vulturnense, in cui è anche u n notevole accenno ad A.) h a n n o pure p e r altra via giovato alla ricostruzione della biografia ideale del N o stro, p e rc h è h a n n o dato agio agli storici di r ip r o d u r r e il q u a d ro delle p iù generali vicende p o litic h e e religiose degli a m b ie n ti in cui visse e d operò o con cui ebbe co ntatti A.: Salerno (c fr. Di Meo, Schipa, C h aland on , Gay, Trifone, Ducliesne, Savio, P o n tie ri, C. Carucci, Sinno, etc.); Montecassino (c fr. Tosti, Leccisotti, etc.); Rom a (e qui sa re b bero da ricord are gli studiosi che si sono occupati del p e riodo dei P a p i r ifo rm a to ri del sec. XI). A nche le fonti archivistiche, relative alla Chiesa di Salerno, e quelle conservate nella Badia di Cava, fu ro n tenute presenti dal Giese brecht, ma lim ita ta ta m e n te ai docum en ti c h ’egli potè conoscere dalle edizioni ( a llo ra le sole re p e rib ili) d e ll’UGHELLi, del M u r a t o r i , del De B l a s i o . A nche in questo cam po, possiamo oggi fo rtu n a ta m e n te servirci di tutta u na serie, m olto più sistematica, di edizioni, regesti, studi. S'incominciò, p e r l'A rchivio arcivescovile, con G. P a e s a n o , M e morie p e r servire alla storia della Chiesa Salernitana (v. I, N apoli, 1846, pp. 112-155), che si appoggiò ad u n a docum en tazio ne p er quel tem po soddisfacente : ignorò, p e ra ltro , A m ato di M. e il Giesebr., m e n tre ebbe ancor fiducia nello spurio Chronicon Cavense. Oggi d isp o niam o, p e r tali docum enti, di due regesti di diversa in d o le : P . F. K f. h r . Regesta Pontificum Rom anorum. Italia Pontificia, V i l i , Berlino, 1935 ( c o n riferim en ti alle edizioni e fonti più acc re d itate); A. B a l d u c c i . Archivio d. Curia arcivesc. di Sai. ( I , in « Rassegna stor. salern. », VI, 1945, pp. 248 - 344; II, Ibid., XII, 1951, pp. 141 sgg.; I l i , ibid., XV, 1954, p p. 63 sgg.: della sec. p u n ta ta fu fatto u n estratto, da cui si son tra tte le citazioni. E ’ in corso di p ub blicazion e u n ’ediz. corretta ed am p lia ta d e ll’intero Regesto dei do cum enti di detto A rchivio). Di un notevole grup po di do cum enti, so ttratti d a ll’Archivio Arcivescovile in epoca non molto lon tana, esiste u na pregevole edizione critica in tegrale : L. E. P e n n a c c h i n i , Pergamene salernitane (S a le rn o , 1941). I n corso di pubblicazione, poi, è u n a su p e rb a, m agistrale edizione de I documenti originali dei Principi longobardi d i Benevento, Capua, Salerno, a cura di F. B a r t o l o n i (fascicolo I, Rom a 1956): davvero soddisfacente l ’a p p a r a to diplom atico e bibliografico, curato dal P r a t e s i , da cui si rileva la stretta connessione di tali d ocum enti con la storia della Chiesa Salernitana. U n altro M aestro della paleografia, C. A. G a r u f i (c h e già aveva scritto u n ’interessante m em o ria Sullo strumento notarile n. Salernitano n. scorcio d. sec. XI, 1910), si è reso ben em erito dei nostri studi con l ’ediz. del Necrologio e L iber Confratrum di S. Matteo di Sai. (« F o n ti p e r la st. d ’Italia », R om a 1922; si rico rdi che il Gar. ha edito an che il Chronicon di R o m ua ldo G uarna), che ha , tra l ’altro, permesso di accertare definitivam ente la d a ta di m orte del Nostro. Dell Archivio Cavense il G iesebrecht citò solo u n do cum ento edito da S. M. D e B l a s i o ( Series principum qui Langobardorum aetate Sa lerni im perarunt, N apoli, 1785, pp . LIV sgg. — Ma, del docum ento, a lui e ad altri è sfuggita la reale im p ortan za). Il Gies. non conobbe u n interessantissimo docum ento già edito da D . V e n t i m i g l i a ( Storia d. Castello delVAbbate e d e ’ suoi casali in Lucania, N ap o li, 1827, A pp., p p . IX sgg). Oggi altri do cum en ti possono essere u tilm e n te tra tti dal preziosissimo Codex D iplomaticus Cavensis, che m a la u g u ra ta m e n te s’in te rro m p e a ll’a. 1065. P e r l ’epoca successiva son da con sultare YEssai historique de V A b b a y e de Cava di P. G u i l l a u m e (1877), ed altre opere di storiografia locale, citate al loro posto. La storia della Scuola Medica di Salerno ( p e r i r a p p o r ti che con essa ebbe A.), che il Gies. conobbe so m m a ria m e n te , è stata in seguito esp lo rata sistem aticam ente fin dal 1851 da S. D e R e n z i ( Sto ria documentata d. se. med. d i Sai., N a p o li 1851; la sec. ed. è del 1857; e da questa ab biam o preso e p r e n d e re m o le c ita z io n i: p p . 26 seg., 188 sgg., I l i sg., XXXVII sg.), e da altri fino al recente saggio di uno storico tedesco - americano che, in pagine notevoli p e r capacità di sintesi e com piutezza d 'in fo rm a z io n e , ha riassunto critic a m e nte la vasta biblio grafia estera e ita lia n a sulla Scuola, accum ulatasi lungo il corso di cento a n n i: P. 0 . K r i s t e l l e r (L a Scuola di Salerno, tra d . di A. Cassese, Salerno 1955: su A lfano son da vedersi le pp. 14 n. 2, 17 segg.: esauriente il ragguaglio biblio grafico: B a e u m k e r , B u r k h a r d , Capparoni, Creutz, W ickersheim er ). Infine, sem pre meglio, in questi u ltim i te m pi, s’è venuto deli nean do il sostanziale ap p o rto di A. alla costruzione del T em p io N o r m an no di S. M atteo, anche per la luce che recenti r itro v a m e n ti e p i grafici h a n n o p o rta to sull’argom ento : dopo gli studi del De Angelis, del Capone e dello Schiavo, h a visto la questione in u n a nuova p r o spettiva A. P a n t o n i (L a Basilica d i Montecassino e quella d i Salerno ai te m p i d i S. Gregorio V II, in « B enedictin a », X. 1956, p p . 23 sgg.). Q uanto s’è detto, in r a p id a sintesi, servirà, sp eria m o , a d a re una idea della complessità del lavorio filologico ed e ru d ito che è alla base della ricostruzione, da noi te n ta ta , della figura di A lfano, u om o e scrittore. Un arido elenco bibliografico non avrebbe reso a sufficienza il m om en to s tre tta m e n te « d ocu m entale » della n ostra ricerca p a ziente ed onesta. Il profilo biografico che si è disegnato di Alfano, e la v a lu ta zione storiografico - critica, che seguirà, della sua o p era, così come s’è venuta sem pre meglio c h ia re n d o — nel nostro sp irito — d u r a n te la rim ed itazion e dei saggi fo n d a m e n ta li ap p a rsi sul Nostro, in tendo no essere u n omaggio « vivo » reso ad un personaggio che fu tan to g ene rosam ente operoso nella vita del suo tem po. N. A. AVVERTENZA. . Il lettore correggerà da ad esem pio: a pag. 10, Benoit (con l ’accento p. 27, « c i troviamo ad e sse re » ; a p. 46, n. p. 54, r. 38, salernitanam ; a p. 56, struttura; vità, Giovanni X X III; etc. sè qualche lieve refuso tipografico; circonflesso); a p. 15, U delrico; a 3 (interpunzione da rettificare); a a p. 60, prologo alla; a p. 63, atti V A R I A L’archifeHura negli avori di Salerno e ipotesi sulle loro origini Gli avori conservati nel museo del duom o di Salerno h a n n o , com ’è noto, ric h ia m a to l’attenzione di non pochi studiosi e critici d ’arte, fra cui H uillard - B rého lles, Schulz, Salazar, V enturi, B ertaux , G oldschm idt, Toesca, Becherucci. Ai rilievi e considerazioni già fatti da loro e che qui non riassum o essendo ben conosciuti i loro studi in proposito, desidero aggiungerne altri, e sam in and o sinteticam ente le a r c h ite ttu re rip ro d o tte in quegli av o ri; inoltre, utilizzando notizie e fonti su cui i p re d e tti stu diosi n o n si sofferm arono essendo state almeno in p a rte p u b b lic ate p o sterio rm en te ai loro scritti, desidero avanzare qui delle ipotesi sull’ori. gine di quel singolare complesso e bu rn e o d ’età rom anica. *** L'arca di Noè. Oltre alle perle che orlano la volta a botte sono qui notevoli le transenne a losanghe, sim ili a tarsie. L ’ebbrezza d i Noè. Sullo sfondo si ap re u n a città con vari edifici a cupola, alcuni con tam b u ro prism atico o cilindrico, q ua lch e altro con la cupola sostenuta da colonne. La torre di Babele. La to rre è u n a ricca costruzione con tarsie, d ia gonalm ente disposte secondo q u a d r a ti. La vocazione di A bram o. Sullo sfondo è la città di H aran . Le m ura sono in conci q u a d ra ti, ciascuno con un disco centrale. Edifici con vari tipi di c o pe rtu re em ergono dalle m u ra. A bra m o e Sara in Egitto. U n ’alta torre coperta con cella a cupola ha, vo lu m etricam ente, g rande affinità col ca m p a nile del duom o di Sa lerno e costituisce com unque uno dei più antichi esempi di edificio a torre coperta a cupola ( 1). (1) Per quel m o n u m e n t o ved. : A. S c h i a v o , Il cam panile d el duom o di Salerno e l ’espansione campana in Sicilia in B o llettin o d el Centro d i studi p e r la storia d e ll ’ar chitettu ra, n. 9, 1955, pp. 3 -32. Il Faraone restituisce Sara ad A bram o. Il trono ha il tergale c en tinato, come la ca tte d ra origina ria del d uom o di Salerno ( 1) ed è ornato con girari e viticci come uno dei po rta li dello stesso duom o. Visita di Maria ad Elisabetta. Sullo sfondo si notano du e case con i rispettivi ingressi nei quali due la m p a d e pend on o dalle volte. La casa che fa da sfondo a M aria ha la porta a due b a tte n ti, di cui uno è chiuso e presenta sp ecchiatu re e dischi a lte rn a ti, cioè motivi p re se n ti pure sulle fiancate delia ca tte d ra del duom o di S a le rn o ; la p o rta è so rm o n tata da u n ’edicola con colonne b inate. La casa che fa da sfondo ad E li sabetta anche ha un ingresso dalle pre va le nti linee verticali, ma l’edico. la è coperta a cupola ed è sostenuta da alte colonne. U na tenda pende da una teoria di arch i a ferro di cavallo. Il du b b io di Giuseppe. Le a rc h ite ttu re del fondo p resen tan o due teorie di archi sovrapposti che vag am en te ric o rd a no l’atrio della catte, drale s a le rn ita n a , un arco maggiore fra due m in o ri (com e nel qu adri portico del duom o di Salerno e nel nartece del S. Angelo in Form is) e un arco ornato con motivi vim inei, i quali e ran o molto com uni nello V III secolo; notevole u n a form ella con disco simile alle fiancate della c a tte d ra del duom o di Salerno (2). Viaggio di Maria e di G iuseppe a B etlem m e. Sulle m u r# m erlate em ergono tre costruzioni di cui la centrale è u n a p o rta con tim p a n o a dischi il quale evidentem ente rip ro d u c e un disegno di pluteo m usiv o; le costruzioni laterali sono a pianta poligonale e coperte a cupole ogivali. La N atività. Il letto della Vergine e lo sgabello su cui siede G iu seppe p resen tano teorie di motivi o losanghe. Sullo sfondo si erege B e t lem m e con costruzioni a cupola, fra cui molto interessante è quella che ha le p ro p o rz io n i e l’im p ro n ta di un c a m p anile, con cella orn ata con motivi a dente di sega. La m angiatoia si presen ta con u n a cortina (1) Per la cattedra ved. : M. D e A n g e l i s , La sedia di G regorio VII ed i m osaici d el transetto nel duom o d i Salerno in A rchivio storico per la provincia di Salerno, 1934, pp. 148 - 56; 1D., lì duom o di Salerno nella sua storia, nelle sue vicen de e nei suoi m onum enti (notizie documentate sui restauri e sulle m odifiche subite dall ’ed i ficio), Di Giacomo. Salerno, 1936, p. 85 ss.; ID.. Nuova guida d el duom o d i Salerno, Di Giacomo, Salerno, 1937, p . 2 4 8 s s . ; G. C h i e r i c i , Il duom o di Salerno e la chiesa di Montecassino in Rassegna storica salernitana, 1937, pp. 104 - 5; A. S c h i a v o . La cattedra e l ’altare maggiore del duom o d i Salerno in II T rionfo (num ero unico in ri. cordo del II congresso eucaristico regionale salernitano - lucano, 26 - 29 maggio 1949). Per l ’altare maggiore vedasi anche A . B a l d u c c i , L altare maggiore d el duom o di Sa. lerno in Rassegna storica salernitana, 1953. pp. 186 -95. (2) C h i e r i c i , art. cit., p. 104. in blocchi squadrati a giunti sfalsati, cioè di un tipo sim ile a quello del c am panile del duomo di Salerno. La presentazione al T em pio. Il tem pio sem bra qui il m odello di una chiesa ro m a n ic a : ha c upola con la n te rn a , rivestita a s q u a m e ; il nartece con tre archi su due binati di colonne tortili e fiancheggiato da due cam p anili con celle cilind riche coperte a cu po la, i quali h a n no affinità v o lum etrich e col ca m p a nile del duom o di Salerno. I Magi recevuti da Erode. Dietro ai Magi ( la cui età è qui g ra duata dalla lunghezza o dall'assenza della barba) si scorgono tre e d i fici, di cui uno ha nel prospetto un arco su colonne, un altro si pre se n ta come u n tem pio tetrastilo e il terzo è coperto a cupola su p ian ta poligonale. La p o rta della Sala del T ro no è fiancheggiata da colonne b in a te ; la sua lunetta è orlata con motivo a denti di sega e regge un a tenda a nnodata. Il trono di E rod e ha una fiancata co m p letam en te in vista, la q uale presenta specchiature e un arco a ferro di cavallo cam pito in tarsie. L ’adorazione dei Magi. La Vergine è in trono, il quale presenta una fiancata a tarsie e gli stipiti del tergale scolpiti con girari. Un angelo ordina a Giuseppe di fuggire in Egitto. Il letto di G iu seppe presenta interessanti motivi a losanghe. Sul fondo è Betlem m e di cui si scorgono costruzioni tip ic a m e nte b izantine, come la cupola su tam buro ad a rchetti, o m u su lm a n e come la cupola ogivale sul p ro sp e t to delim itato da due archi a ferro di cavallo. Motivi a dente di sega o a dischi o rnano quelle costruzioni. La fuga in Egitto. La città che si erge sul fondo presenta gran v a rietà di edifici, fra cui alcuni con frontoni tria n g o la ri, altri c operti a cupole. E' notevole un portico con archi su colonne binate lo n g itu d i nalm ente. Decorazioni plastiche impreziosiscono alcuni di quegli edifici. La strage degli innocenti. Come la cattedra del du om o di Salerno, il trono di E rode ha il tergale centinato senz'alcun altro motivo a r chitettonico. Gesù adorato dagli angeli. Dietro al R edentore si erge u n grande arco con la ghiera ornata in foglie di acanto e fiancheggiato da due costruzioni a cupole su p ia n ta poligonale. Gesù a Gerusalemme. Sullo sfondo delle m u ra , che hann o una ric ca cornice e sono do m inate da cupolette su aerei ta m b u ri, si ergono costruzioni con cupole. Gesù e la Samaritana. Sullo sfondo è la città di Sichem. Le m ura sono coronate da u n a ricca cornice e ha n n o u n ’a m p ia classica p orta . Si osservano edifici con cupola conica, altri con cupole em isferiche. Al centro è un p òrtale con rozze colonne sorm ontato da balcone con bifora ogivale : rip ro d u z io n e lib era di a rc h ite ttu re egizie. La vera del pozzo è ornata con m o d a n a tu re e fogliame. La resurrezione del figlio della vedova d i Naim. Sul fondo si erge un portale in q u a d ra to da binati di colonne s o rm o n ta ti da lu n e tta . La po rta ha b a tte n ti finem en te in ta g lia ti con rosoni e losanghe le quali sono presenti anche nella lu n e tta : qu est’u ltim a è so rm o nta ta da un a balconata su ram i scolpiti, sulla q u a le em erge u n p adiglio ne c operto a cupola. Sullo sfondo si ergono a ltre due costruzioni, di cui un a h a il ta m b u ro ad a rchetti, su cui insiste u n a fascia a tarsie che fa da base a u na cu po letta ogivale con costoloni. La guarigione del paralitico. La Piscina P r o b a tic a è d e lim ita ta da u n m uro o rlato da u na fascia con dischi, sul quale si erge u n arco su colonne con ghiera a dente di sega che i n q u a d r a u n p ro tiro c operto a c upola con un a teoria di losanghe alla base. La guarigione dell ' idropico e dello storpio. Sulle m u ra di una città em ergono q u a ttro costruzioni cop erte a cupola, di cui u n a è inse rita in u n arco su colonne. Gesù dà la vista al cieco nato. Sulla destra è la piscina di Siloe : l’acqua scaturisce in u n ’edicola con fron to ne tria n g o la re (c io è sim ile a quello che sorm onta l’antica p o rta di com unicazione con l ’episcopio nel transetto del duom o di Salerno) sostenuto da g r u p p i di colonnine e con u n a tran se n n a nel fia n c o ; sullo sfondo si osservano alcuni edifici della città di Siloe. di cui uno è coperto a cono e a ltri tre a cupola. T u tte le fa b b ric h e app a io n o qui deco rate con tarsie o specch iatu re. La sepoltura d i Gesù. Il Santo Sepolcro è costituito da u n sa rc o fago strigilato contenuto in u n a m b ie n te coperto a volte sostenute da colonne, cioè non dissimile dalla c rip ta del duom o di Salerno. Le p ie donne al sepolcro di Gesù. La com posizione del Spanto Se polcro è sim ile a quella di m olte chiese che contengono nella c rip ta la se p oltu ra del confessore e nel transetto, in c o rrispo nd enza, l ’altare maggiore so rm on tato da ciborio. Il Santo Sepolcro è qu i costituito da u n sarcofago strigilato so rm on tato da u n a volta ribassata con colonne, sulla q uale sorge u n te m p ie tto coperto a cupola e d o m in a to da u n ricco ciborio coronato da u n a c upola sq u a m a ta e col ta m b u ro costituito da archi su colonne. Anche l’o rig in a ria s e p o ltu ra di G regorio V II nel duo. m o di Salerno, prescelta da R o berto il G uiscardo, è fo rm a ta da u n s a r cofago classico, ornato con festoni, su cui fu rono scolpite le chiavi d e cussate. La c o p e rtu ra del ciborio sul Santo Sepolcro offre in questo pa lio tto uno dei pochi esem pi di cupola riv e stita ; ed è verosimile che la cu po letta del c a m p an ile del duom o di Salerno fosse già originaria , m e n te rivestita in cotto p e r la difesa d a ll’acqua piova n a . N el L im bo, Gesù libera A da m o ed Èva. La cornice su cui poggiano i cinque trapassati è ornata con ima fascia a se r p e n tin a ; l'avello da cui si erge Èva ha il p a ra m e n to in conci sq u a d ra ti di tipo classsico. Le porte dell Inferno, spezzate da Gesù, sono decorate a losanghe. L'incredulità di San Tommaso. Il Cenacolo ha p a re ti riccam ente decorate a tarsie e la cornice finem ente scolpita con girari e fogliami simili a quelli di m olti p o rta li del tem po. Le finestre e la p o rta h anno carattere classico. I b a tte n ti sono ornati con farsie e dischi: questi ulti mi si osservano anche nella cattedra del duom o di Salerno. La se rra tura a lucchetto è di un tipo molto com une specialm ente nelle p orte delle chiese. L'Ascensione. Il nim bo in cui siede Gesù è ornato di stelle, simili a rosoni a ruota (le q u a li ric o rd a n o le p a te re stellari nei tim p a n i degli archi del q u a d rip o rtic o del duom o di Salerno) nella p a rte sup erio re e in tarsie nella p a rte inferiore. Sotto al nim bo sono noti motivi eu ca ristici : spighe, grap po li e p a m p in i che ricorrono anche in m olti p o r tali rom anici. N elle a rc h ite ttu re fin qui analizzate, che p u r vi fu rono delineate a illustrazione dei luoghi delle Sacre Scritture, si rilevano affinità con m onum enti della C a m p an ia in genere e del Salern itan o in specie, co stituendo un q u a d ro approssim ativo d e i r a r e h i te t t u r a ro m anica in q u e l la regione (1). ' In p a rtic o la re, le c o p e rtu re a cupola di costruzioni affini a cam panili e le due torri coperte con celle c ilin drich e a cupolette che f ia n cheggiano il tem pio nel q ua d ro della P resenfazione d im ostrano la loro discendenza dal c am p anile del duom o di Salerno, il qu ale — come ho detto altrove — in un a delle m in ia tu re del poem a di P ie tro da Eboli già figura coperto a cupola. Il p a liotto di avorio reca accenti di pa rtico la re interesse locale in qualche tavoletta, come quella ra ffig u ra n te l’U ltim a Cena, ove l’apo stolo più vicino a Gesù sem bra reggere u n lib ro con la sinistra e p o trebbe essere qu in di san M atteo, il quale, nel qu a d ro della Pentecoste, siede alla destra di P ie tro ed è in oltre raffigurato in u n a delle form elle tonde. Alcune a r c h ite ttu re sono simili, come si è già rilevato, a m o n u m e n ti s a le r n ita n i; e qu in di si può rite n e re che il pa liotto sia stato eseguito p ro p rio in Salerno e che a p p a rte n g a a quel duom o fin dalle p ro p rie origini, le quali vanno fissate verso la metà del XII secolo. In particolare, la presenza, in alcune tavolette, di cam panili simili a (1) A. S c h i a v o , M onum enti della costa di Am alfi, R izzoli, M ilano, 1941. Libe randosi da superfetazioni altri monumenti m edioevali di Salerno (com e già è acca, duto per il duomo, castel Terraeena e palazzo Fruscione), probabilm ente maggiori affinità con essi potranno rilevarsi nelle architetture del paliotto. quello del du om o, cioè con cella cilind rica su canna p rism a tic a e q u a d ra ngo la re — connubio di m o n u m e n ti c apuani voluto, come dim o strai altrove, d a ll’arcivescovo Guglielm o da R avenna ( 1) — fa d a ta re q u e l le tavolette p o ste rio rm e n te alm eno al progetto del c a m p a n ile e q u in d i verso il q uinto decennio del XII secolo. L ’affinità fra le a r c h ite ttu re del pa liotto e m o n u m e n ti del S a le rn ita n o e l ’assoluta p r io r ità del cam pa n ile della catted rale di Salerno sugli altri consimili con la cella orig in aria possono ben valere di o rie n ta m e n to nella da taz ion e del fa moso complesso e b urne o di età rom anica. Il quale attesta la cono scenza che i suoi artefici avevano di quei m o n u m e n ti o di altri simili che non ci sono pervenu ti e tu ttavia da ta b ili non p o s te rio rm e n te a quegli avori. Va qui rico rd ato che lo stesso G uglielm o da R avenna nella Catte drale s ale rn ita n a rialzò l ’a lta re maggiore, recingendolo di p lu tei m u sivi, i quali, negli anni 1953-4, essendosi d em o lito l ’altare barocco, sono stati rip o r ta ti, come l’a lta re stesso, nel loro p e rim e tro orig in ario in conform ità delle tracce trovate sul pavim ento. Si può q u in d i escludere che gli avori app a rte ne sse ro a u n dossale, dato l’altare basilicale, cioè col c eleb rante rivolto all’assemblea dei fedeli, e d a ta la presenza della c attedra arcivescovile in fondo all’abside maggiore, cioè in prossim ità, quasi a ridosso, delim itare stesso; e si può a nche escludere, p e r il p r e cipuo c a ra tte re d e ll’altare, l ’a p p a rte n e n z a degli avori a u n p alio tto , il quale non sarebbe stato visibile a causa della vicinanza di quei p lu te i musivi cui venne conferita la preziosità di m e rle tti p r o p r io p e rc h è eran o quasi dei p a lio tti distan ziati (2). P oiché la ricostruzione d e ll’altare a maggior quota fu evid en te mente suggerita da m otivi di v isibilità, dopo la costruzione dei plutei intorno 'ad esso, sim ili m otivi dovettero affacciarsi anche per la catte dra e si dovè sentire il bisogno di una cattedra m obile, la quale potesse (1) A. S c h i a v o , 11 cam panile d e l Duomo d i Salerno..., cit., p. 24 (2) Dopo la morte deirarcivescovo G uglielm o da Ravenna, Ruggiero II donò un paliotto d ’argento del quale Romualdo II Guarna, successore di quel presule, dà notizia nella sua famosa Cronaca (1153). Tale notizia, mentre sembra confermare la precedente mancanza di un paliotto prezioso, sembra altresì smentirmi circa la opportunità di esso in relazione al tipo di altare e al concetto decorativo d e ll ’in sie me realizzato d all ’arcivescovo G uglielm o; ma poiché quel dono fu fatto dal sovrano (e in tempo di sede vacante giacche trascorsero oltre due anni per la nomina del nuovo arcivescovo) e non dal presule salernitano, esso è segno di munificenza u à non di una necessità sentita. Dalla stessa Cronaca si apprende che quel paliotto era applicato alla faccia anteriore d ell ’altare, cioè quella verso la cattedra absidale, e pertanto non era visibile dai fedeli cui, invece, erano rivolti i plutei del recinto con le iscrizioni m etriche che ne ricordano il donatore. Fig. 1 - La cattedra di Massimiano. Fig. 3 - La cattedra di S. Pietro (fot. del 18671. Fig. 4 - Particolari del palioffo. Fig. 5 - Particolari del palioNo. ""SS p*r* Q ilht’ihtnn tignam i ('bore onutlaiirPintlifiaam '^etri dedem a t/ijon /xu m tir an tu ftw eCvam ukU ltfùpuar tjjU ^Tnincunu de.Albiliu Gmotuau. fltarùttoEmbrica Óreoiioma/ et aJèeretu delweancfam cvravit Fig. 6 - La cattedra di S. Pietro in un rilievo del 1789 (Basilica Vatica na ). essere collocata in posizione conveniente, specialm ente in alcune f u n zioni, quali, ad esempio, le ord in azion i sacerdotali. E il ricordo della famosa cattedra eb u rn e a di Massimiano (1), o rn a m e nto del duom o di Ravenna, città n atia dell'arcivescovo Guglielm o, dovè forse suggerire a quel presule l’idea della realizzazione d una simile c attedra. La q u a le, a giudicare dalle forme delle tavolette a p p a r te n e n ti oggi al paliotto. non doveva avere il postergale c entinato, cioè non doveva avere la forma della catted ra rav enn ate (figg. 1, 2) ma piutto sto quella della cattedra di S. Pietro (figg. 3, 6), che ha linee diritte (2). E, p iù ancora, essa doveva avere affinità con l'analoga su p p e lle ttile che figura nelle m in ia tu re del Poem a di P ie tro da Eboli, fra cui il trono di T ancredi ( tav. XXVI). quello d ’Enrico VI ( tav. XL) e la p o ltro n a di Matteo d'A iello (tav. XXXIII) che ha n n o un alto dossale re ttiline o e fiancate continue che si p rote nd on o in fe rio rm e n te in avanti p e r d e lim ita re la predella (3). Ma. specialm ente in alcuni pa rtic o lari, il p aliotto di Sa lerno è co m pa ra bile solo alla catted ra di Massimiano, di cui ripete, nei clipei con le figure isolate degli A postoli, elem en ti simili alla figura crocifera del postergale e, nei fregi la te ra li, con teorie di cornucopie e girari racch iu denti anim ali p a m p in i e g rapp oli, i lu nghi fregi verticali che raggiungono i bracciuoli della sedia raven nate. E, a proposito dei fregi laterali del palio tto, va osservato c h ’essi sono bene orientati solo se con le dim ensioni maggiori disposte verticalm en te, perch è soltanto così — in quello a girari (fig. 4) — gli a nim ali restano in p iedi e — in quello con le cornucopie (fig. 5) — i ram i sboccianti da esse sono diretti in alto e l’im m agine di u n a cornucopia che scaturisce d a ll'a ltra conserva la sua efficacia: questa osservazione co rrob ora l ’ipotesi della a p p arte n en za di quei fregi a u n a cattedra, giacché non si conoscono altri m onum enti eburnei con fasce verticali tanto lunghe. ( 1 ) C . C e c c h e l l i . La cattedra di Massimiano ed altri avorii rom ano - orientali, La Libreria dello Stato, Roma. (2) Una rara fotografia dell ’antica cattedra eburnea di S. Pietro, eseguita nel 1867 durante l ’eccezionale esposizione di quel cim elio ordinata da Pio IX, è ripro dotta in S. F r a s c h e t t i , Il Bernini, H oep li, M ilano, 1900, contro p. 330. Bnoltre nella Sala Capitolare di S. Pietro si conservano due disegni ad acquerello, del 1789, di cui uno dà le sezioni della cattedra e l ’altro una veduta d ’insiem e che qui riproduco (fig. 4) per cortesia d ell ’ing. Francesco Vacchini. Fattore Generale della Rev. Fabbrica di S. Pietro. Le dim ensioni massime della cattedra petriana sono di m. 1.34 (altezza, com preso il timpano) e m. 0.89 (larghezza); il sedile è alto m. 0.78 e profondo m. 0.57. Un fac -simile della cattedra è nel Museo Petriano. (3) P i e t r o da E b o l i , L iber ad honorem Augusti, ed. G. B. Siragusa, Istituto Storico Italiano, Roma. 1906. L ’esistenza di una sedia ep iscopale diversa da qu ella absidale è e splicitam ente do c um e nta ta da un a sicura notizia fornitaci dalla più antica liturgia sa le rn ita n a p e r cui, già alla fine del XII secolo, l’arci vescovo p r im a te , lasciata la ca tte d ra d e ll’abside, dopo aver recitato il Confiteor e incensato l’altare, non tornava a quella c a tte d ra , ma doveva recarsi in « Sede R o m ana e p a rte m e rid iei » cioè a u n ’a ltra cattedra detta Sedes Romana ( 1), la quale sorgeva presso il pilastro m e rid io nale d e ll’arco trionfale, ovvero di fronte all’attuale sedia episcopale. E si noti che ancora oggi, dopo la liberazio ne e il restauro d e ll’abside e della p rim itiv a ca tte dra — detta di G regorio V II pe rc h è se ne servì quel p a p a negli u ltim i tem p i della sua vita conclusasi a Salerno (2 ) — m olta p erplessità d om ina nella e ven tu ale soppressione del trono b a rocco addossato al pilastro se tte n trio n a le d e ll‘arco trio nfale, temendosi che i fedeli, a causa del recinto d e ll’altare m aggiore, non possano age vo lm ente seguire la celebrazione dei riti sedente il presule soltanto sulla p rim itiv a ca tte d ra a bsid a le : si è q u in d i r ip r o d o tta la situazione del XII secolo, d e te rm in a ta allora dalla munifica ed accorta iniziativa di G uglielmo da Ravenna. Corrosa e sgangherata l’ossatura in legno nel corso dei secoli e più ancora esa utora te n e le funzioni dal v a ria re della litu rgia, la ca tte d ra e b u rn e a di Salerno fu messa da p a rte , fors’anche p erc h è sfasciata, e qu in d i de c om p osta : u n inven tario del 1575 elenca i vari g ru p p i delle sue tavolette sciolte e di quelle già riu n ite da q ualche anno in p a liotto (3). (1) B a l d u c c i , art. cit., p. 195. N ella descrizione d ell ’antica basilica vaticana, redatta nel XVI secolo (T. A l f a r a n o , De basilicae vaticanae antiquissim a et nova structura, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma, 1914), è più volte ricordata la cat. tedra rom ana: « B e a ti Petri Sedes sive C athedra» (p. 41), «S ed es sive Cathedra sancti Petri pulcherrima » (p. 141), «C athedra sancti P e tr i» (p. 184); per i vari spostamenti di quella cattedra, ivi, p. 41, nota 2. (2 ) Mentre è ben nota la data di morte di Gregorio VII (25 maggio 1085), non si conosce il giorno del suo arrivo a Salerno per l ’ultim a permanenza in quella città. Approssimativamente esso si può desumere dagli Annali Beneventani, ove si legge: « ...Ubi prefatus Gregorius papa post XI mensem sui adventus obiit VITI kalendas iunii » ( 0 . B e r t o l i n i , Gli Annales beneventani in B u llettin o d e ll ' istitu to Storico Italiano, n. 42, 1923, p. 147). Gregorio VII era dunque a Salerno dal giugno 1084. (3) A . C a p o n e , Il duom o di Salerro, Salerno, 1927.9; voi. 1^ pp. 390.1. Oltre alle tavolette im piegate nel paliotto, il duomo di Salerno possedeva m olti altri ayori, fra cui una cona con episodi del Nuovo Testam ento commissionata d all ’arci vescovo P iscicelli e una cassetta lunga due palm i, larga ed alta un palmo e mezzo, con varie figure scolpite. Gli avori pervenutici, com posti forse per la prima volta in paliotto nel terzo quarto del XVI secolo, furono ricomposti nel 1730 e quindi ancora nello scorso secolo, giacché un ’incisione dei primi anni d ell ’Ottocento ne fa conoscere Se le tavolette fossero o rig in a ria m e n te a p p a r te n u te a u n pa liotto, cioè a u n ’opera di uso continuo, certa m e nte non si sareb bero sm em b rate con conseguente parziale dispersione. Q uest’u ltim a è attestata dalla mancanza delle tavolette con episodi f o n d a m e n ta li della B ibbia ( l a Creazione di A dam o, l’A nnunciazione, la D isputa con i D ottori, eccetera) e di due form elle con figure di apostoli, essendovene solo dieci, n onché d a ll’esistenza di fra m m e n ti a Salerno e d ’intere tavolette in musei esteri. N on conoscendosi l’esatto nu m ero e q u in d i l’intera estensione di quegli avori, non è o p p o rtu n o form u lare l ’ipotesi sul loro originario im piego in base all’attu ale superficie complessiva come da taluni si vorrebbe, cioè non conviene asserire che siano tro p p i p e r u n a ca tte d ra o p e r u n dossale o p p u re pochi p e r u n paliotto, anche pe rc h è ogni opera può avere, in lim iti ben distanti, varietà di form e m o n ta tu re o d i mensioni come attestano, ad esem pio, la c a tted ra di S. P ie tro e quella di M assimiano. A chi obiettasse che le considerazioni fin qui svolte sugli avori salernitan i — composti a ttu a lm e n te in paliotto, p e r cui conviene p a r lare di questo p e r indicarli — non sono corro bo rate da u n docum ento esplicito io rispo nd erei che le notizie sul cam panile del du om o di Sa lerno e la biografia di Guglielm o da R avenna sono storicam ente acqui site, che docu m en tate sono le prove in d irette da me add otte, m e n tre le opere, tu tto ra esistenti, consentono osservazioni e controlli diretti. Circa i confronti fra le arc h ite ttu re vere e q uelle delin eate sugli sfondi delle tavolette, essi non vanno o ltre u na somiglianza generica, non ac centuata dalla identità dei p a rtic o la ri. Ma, dato il c ara tte re delle tavolette e la conseguente funzione — del tutto accessoria — svoltavi dagli sfondi, sarebbe vano p re te n d e re dalle a rc h ite ttu re del p aliotto fedele rispondenza a quelle che circondavano gli artefici di esso. I q u a li hanno com unque provato la conoscenza e q u in d i l ’esistenza di m o numenti d atabili allo stesso torno in cui ricadono le a rc h ite ttu re cui un ’edizione diversa dall ’attuale. Fra le due ultim e edizioni si nota la scomparsa di colonnine tortili binate, delle quali si conservano solo due esemplari presso la tavoletta dell ’Ascensione e della Pentecoste. In un « Inventarium reliquiarum argenti et pannorum » redatto per ordine del Fregoso, arcivescovo di Salerno, fra gli anni 1510 - 1, sono ricordati degli avori : « Icona una de ebore magna » e « una cassetta pulcra et m ediocris m agnitudinisi de ebore » ; per quell ’inventario ved. : A. R o t o n d o , L ’arcivescovo F ederico Fregoso nella storia della Diocesi di Salerno e la Santa Visita d e l 1510 -11 in Rassegna sto. rica salernitana, 1954, pp. 151.80 (per gli avori ricordati, rispettivam ente p. 170, 172). ho fatto rife rim e n to nell'analisi delle tavolette, giacché c a m p an ili co me quelli del tem pio della P re sentazio ne o l'a ltro presso cui si soffer ma Sara e plutei con dischi ra g g ru p p a ti in foggia cosmatesca, allo stato attu ale degli studi, non possono datarsi che al XII secolo, c o n fe rm a n dosi così p e r altra via la mia datazione del palio tto a quel tem po ( 1). D 'a ltro n d e , la critica d ’arte, in quasi u n secolo di studi, non è a n data molto in là delle posizioni iniziali e non h a fo rm u la to sia p u r e u na sola ipotesi che fosse da tutti r ite n u ta a tte n d ib ile, m e n tre la p a le o grafia dà alle dic itu re che sono incise sulle tavolette uno scarto di al meno tre secoli : dal IX al XII. P e r ta n to mi sem bra molto verosim ile che le tavolette d e ll’a ttu a le paliotto e quelle disperse app a rte ne ssero o rig in a ria m e n te a u n a c a tte dra, eseguita p e r commissione dell'arcivescovo G uglielmo da R av enn a verso la metà del XII secolo in Salerno, da vari artefici (2), sull’esem pio di q uella di M assimiano e d e ll’altra , p u r essa e b u rn e a , di S. P ie tro da cui trasse il nom e di sedes romana. Una p rova in d ire tta della presenza in Salerno del pa lio tto d ’avorio già nel XII secolo è data da alcune m in ia tu re del L iber ad honorem Augusti di P ie tro da Eboli, com poste negli anni 1195-6, le q u a li, con fro ntate col paliotto, attestano la loro d erivazione da esso. E il confronto risu lterà più fondato ric o rd an d o che l’a u to re del poem a, medico e sacerdote, viveva in Salerno e a qu ella c a tte d ra le era molto legato, come prova un suo lascito alla mensa arcivescovile (3). (1) Non potendosi datare con certezza il pavimento musivo della chiesa deside riana riapparso dopo la seconda guerra m ondiale (A . P a n t o n i , La basilica d i M o t i . tecassino e quella d i Salerno ai tem p i d i San Gregorio V II in B enedictina. 1956, pp. 30.2) e non conoscendosi i plutei d ell ’iconostasi della stessa chiesa descritti dal l ’Ostiense (A . S c h i a v o , M ontecassino e Salerno in A tti d el II convegno nazionale di storia delV architettura, Assisi 1937, Colombo, Roma, 1939, p. 162), all* stato at. tuale degli studi il più antico musaico datato di quel tempo e con gruppi di dischi in pietre pregiate a campo pieno è il pavim ento d ell ’intero transetto del duomo di Salerno cui G uglielmo da Ravenna uniformò il recinto d ell ’altare maggiore. Si tenga inoltre presente, nella datazione di quei cam panili, che la sovrapposizione di di un cilindro a un prisma non è spontanea (spontanea essendo la piramide sul pri. sma) ma intellettualistica, specialm ente per le difficoltà del raccordo, e quindi non poteva apparire direttamente su di uno sfondo ma doveva essere desunta da ope. re viste, come generalmente ogni altro fondale architettonico. (2) Esorbita dal carattere e dai lim iti di questo mio lavoro la identificazione delle personalità riflesse dalle varie tavolette del paliotto. In proposito ved.: F. Bo. l o g n a , O pere d ' arte nel Salernitano dal XII al XVIII secolo, N ap oli, 1955. pp. 14.6. (3 ) P er quelle miniature ved.: A. S c h i a v o , Il castello d i Terracena in Salernrr nelle m in iatu re d e l P oem a di P ietro da E boli in E m porium , 1941, pp. 13.8 con 6 figure. Per quel lascito alla mensa arcivescovile, ved.: C . C a r u c c i , C odice D iplo. m atico Salernitano, Subiaco, 1931, voi. I, p. 133. i n p a rtic o la re, la tavoletta con la Visita di M aria ad E lisabetta è slata più volte tenuta presente dal m in iatu rista. La influenza di essa è evidente nella tav. IV di quelle m in ia tu re ove è r ip ro d o tto l'in te rn o della C appella Regia di P a le rm o in cui figurano la m p a d e della id e n tica form a di quelle di detta tavoletta e ubicate in modo sim ile ; uguali lam p a d e si osservano n ella tav. Xi, che rip ro d u c e u n altare delia chiesa di Ì5. P ie tro in R om a, e nella tav. XLI che raffigu ra gli apostoli P ietro e Paolo. Di qu ella m edesim a tavoletta è rip r o d o tta la tend a, che figura in due scene della tav. X V III ove un valletto la raccoglie su di u n lato, come già l ’ancella della scultura in q u e stio n e ; e la tenda figura pu re nella tav. XXII, neila quaie inoltre i p o rte lli della finestra cui è affac ciata l'im p e ra tric e h a n n o un disegno di tarsie identico a quello che si osserva sui m u ri del Cenacolo in una delle tavolette del p a lio tto : an. che da q uest'u ilim a è d eriv ata l'ide a se non il disegno delia se rra tu ra dietro l'uscio nella p a r te inferiore della m in ia tu ra . Ma il disegno del Cenacolo fu tenuto presente specialm ente nella tav. X L III ( Denunzia della congiura contro Enrico V i) ove i co ngiurati figurano in una specie di gogna in cui sono esposti e che reca la d ic itu ra : « Isti sunt prodi tores » ; la p arete è sco m p artita in vari c am p i con dischi (c o m e le p o rle della tavoletta con la Visitazione) e fra di essi corre u n motivo isp i rato da quello che corona il m uro del Cenacolo. Nella tav. XLVII, in una figura allusiva alla pace assicurata da E nrico VI sono delineate varie p ian te, le quali — come nelle altre m in ia tu r e del P o e m a — sono stilizzate non diversam ente da quelle che si osservano nel pa lio tto e specialm ente nelle tavolette della Creazione delle p ian te , del Lavoro dei pro gen itori, del Viaggio a B etlem m e e della Fuga in E g itto ; nella medesim a tavola, ai lati di un a fonte sono due g ru p p i di an im ali c h ia ram en te derivati da quelli delle tavolette in avorio illu stra n ti la C r e a zione degli a nim ali della T e rra e la Creazione degli uccelli e dei pesci: in particolare il bue, il cervo e i tre uccelli sono stati isp ira ti dal p a liotto (1). (1) Quelle tavolette non sono più a Salerno ma aH'estero ; sono però riprodotte in L. B e c h e r u c c i , Gli avori d i Salerno in Rassegna Storica Salernitana, 1938, pp. 74 -5. Al paliotto appartengono dodici form elle in ognuna delle quali è scolpita una figura a mezzo busto, fra cui san Pietro. Di esse dieci hanno il campo circolare e raffigurano santi (forse, gli Apostoli), come attestano le aureole; le altre sono ret tangolari e raffigurano due laici oranti, come si rileva dall ’aspetto e come at testa ratteggiam ento delle mani : in essi la Becherucci vorrebbe ravvisare i donatori dell ’opera, raffigurati in campi quadrati per attestare che si tratta di personaggi viventi, così come i nimbi quadrati, nelle figurazioni m edioevali, distinguevano i A chi volesse o biettare che le note com uni alle due opere qui confro ntate non costituiscono prove della p rio r ità degli avori sulle m in ia tu re va fatto n o ta re che il p alio tto, p e r i suoi elevati pregi d ’arte e sovratutto p e r i c a ra tte ri delle sue com posizioni, deve considerarsi isp ira to re delle m in ia tu re e non ispirato da esse. Resta così acquisito che negli anni 1195-6 gli avori d e ll’attuale pa lio tto era n o già in S a lerno e resta così fissato u n term in e post quem p e r la loro esatta d a ta zione. La quale resta tu tta v ia p ro b le m a tic a p e r l’assoluta m ancanza di opere sim ili sicu ram en te datate. A rmando S chiavo personaggi ancora in vita. Ma la presenza di una terza figura orante — pur essa con barba e con tunica — nel quadro dei frammenti del paliotto fa escludere che si tratti dei donatori d ell ’opera (i quali, d ’altronde, sono raffigurati generalmente in coppia) e lascia ritenere che ancora altre form elle siano andate smarrite o distrutte. La Bibbia deH’abafe Raynaldo e il miniatore del ’300 Cicco de Senis P a u l G u illaum e, nella Storia della Badia di Cava, attribuisce al-* l’Abate F ilip p o de H aya (1316 - 31) il m erito di aver fatto trascrivere e m iniare dal monaco Guido la B ibbia co ntenuta nel Ms. 33 (1). Sarebbe stato invece m erito del suo im m e d ia to successore, l’Abate G ottardo (1332 - 40), l’aver fatto trascrivere dal P rio re R ayn aldo u na seconda B ibbia, che nel 1352 fu orn a ta di belle m in ia tu re da Cicco de Senis. M ala u g u rata m en te , questa Bibbia n on ci sarebbe per-* venuta, perchè p ro b a b ilm e n te p e rita nel sec. X V III in seguito alla caduta di una frana sulla biblioteca del M onastero (2). JNon sem bra che queste asserzioni d e ll’illustre storico della Badia siano sufficientem ente fondate. Ci pe rm e ttia m o , perciò, di dare ai testi ad d o tti dal G uillaum e una diversa in te rp re ta zio n e , dopo u n m i nuto esame del Ms. 33. E sam iniam o le singole afferm azioni del G uilla um e n e ll’o rdine sopra esposto : F ilipp o De Haya avrebbe fatto trascrivere e miniare dal m o 1. naco Guido il Ms. 33. Q uest’asserzione è fo nd ata dal G uillaum e sullo stem m a d ell’Abate de H aya m iniato ben 84 volte sulle pagine del Ms. 33 e sui due esametri, letti da lui p e r la p rim a volta alla fine d e ll’Apocalisse sul retro del f. 484 : (1) G u i l l a u m e , Essai H istorique sur VAbbaye de Cava ( C a v a dei Tirreni, 1877), p. 190 -91. C f r . M o r c a l d i , Synopsis Cod. D ipi. Cav., p. XVII e XXIII e M a t t e i C e r a , s o l i , Codices Cav., p. 60 e seg. (2) G u i l l a u m e , Essai H ist., p. 195, 203 -204 e note. Cfr. M o r c a l d i , Synopsis C.D.C., p. XVII e XXIM. finito libro sit laus et gloria cliristo qui me scribebat hic guido nom en ha b e b a t. N onostante le a p p a re n z e , la forza di questi arg om enti p rova con certezza u n a cosa sola; e, cioè, che lo scrittore del Ms. 33 si c hiam ava G uido. N on è certo nè che fosse monaco nè che abbia m in ia to il co dice da lui scritto. Che G uido fosse m onaco lo supposero il G u illa u m e e 1‘A bate M orcaldi ( 1), ina non lo provano . Se si pensa che d u r a n te il governo d e ll’Abate M aynerio (1340 - 66), im m e d ia to successore d e ll’A bate G o t tardo, saranno al servizio d e ll’A bate Cavense alcuni m aestri toscani che trascriveranno, m in ie ra n n o e le g h e ra n n o i codici della B adia (2), il du bb io sulla condizione m onacale di G uido p r e n d e ancora m aggior consistenza. Che poi G uido abbia m iniato il codice da lui scritto non lo si può ra gionevolm ente d e d u rre dalle sue p a ro le : « qui me scribebat... ». Scrivere non è lo stesso che m iniare. Ma la sorpresa m aggiore è costituita dal fatto che, n onostante la presenza degli 84 stem m i sulle pagine del codice, non si può senza altro a ttr ib u ir e a ll’Abate De H aya il m erito di aver fatto trascrivere e m in ia re il Ms. 33. E ’ stato in fa tti n otato anche da a ltri che lo stem m a del De H aya è stato aggiunto in u n secondo tem po (3). A prova di ciò b astereb be il fatto che spesso gli stem m i si sorvappongono alle m in ia tu re . L ’in sistenza poi con cui la m alde stra m ano ha inserito lo stem m a, d e tu r p a n d o tu tte le p iù belle pagine del m anoscritto, h a u n sapore p o le mico tale da destare sospetti sulla fondatezza d e ll’a ttribu zio ne. 2. U A ba te Gottardo avrebbe fatto trascrivere d a l Priore Raynaldo una seconda B ibb ia ora perduta. Che sia esistita u na Bibbia « que fuit q u o n d a m fra tris R a y n ald i » è fuori discussione. Le p arole del Regestrum di M aynerio sono chiare (4). Quello che invece non è chiaro è che il m ecen ate e lo scrittore (1) M o r c a l d i , Synopsis C.D.C. p . XVII e XXIII. (2) Reg. A b. M aynerii II, (ms.) f. 39, 56, 57, 58, 60, 62, 109. C f r . G u i l l a u m e , p . 195 n o t a 4 e p . 204 n o t a 1. (3) M a t t e i C e r a s o l i , Codices Cav., p . 65 ; M ostra Storica N azionale della M i. niatura, C a t a l o g o p . 131 n . 183. (4) Reg. A b. M aynerii, II, f. 60 e f . 58. C f r . G u i l l a u m e , Essai H ist., p . 195 n o t a 4 e p . 204 n o t a 1. di questa seconda Bibbia siano rispettiv am ente 1 A bate G ottardo e il P rio re R aynaldo. E ’ difficile e n tra re nella testa altru i e indov in are con sicurezza i pensieri reco nd iti, ma, tenendo conto della docum entazion e su cui il G uillau m e lia fondato le sue asserzioni, se non and iam o e rra ti, egli ha ragionato così: N el 1352 troviam o la notizia che fu m iniata da Cicco de Senis un a B ibbia « que fuit q u o n d a m fratris R ayn aldi », e che qu in d i è da distinguersi dalla B ib bia d e ll’A bate De H aya, il Ms. 33. Chi sarà m ai questo R ayn aldo? Sarà certam en te il P r io r e R a y n a l do, « f r a t e r R aynald us », di cui si ha notizia in u n d ocum ento del 1327 (1 ) sotto il governo d ell'A b ate De Haya. Ma l ’A bate De Haya aveva già fatta trascrivere u n ’altra Bibbia (2). Due B ibbie fatte tr a scrivere dallo stesso A bate sono tro p p e. Quindi è da s u p p o rre che F ra Raynaldo sia vissuto anche sotto il governo del successore dello Abate De H aya e che da lui, cioè d a lì’A bate G ottardo, F r a Raynaldo abbia ricevuto l’ordine di trascrivere la b ib bia in questione. Questo ragionam ento fa p arecchie grinze. Che il P rio re R aynaldo vivesse ancora sotto il governo d e ll’Abate G ottardo è possibile, ma non è provato. Ma è p ro p rio necessario che il F ra R aynald o a cui è a ttrib u ita la Bibbia m in ia ta da Cicco de Senis sia p ro p rio il P r io r e R aynaldo del documento del 1327? Qui ci verrebbe la voglia di rispo nd ere si e no. Ma p e r non e sp o r re d isord in atam ente le nostre conclusioni, risp o n d e re m o semplice m ente no. N on è necessario che il fra R ay naldo , a cui è a ttr ib u ita la B ib bia, sia il P rio re R aynaldo, p e rc h è u n a tre n tin a di anni p rim a del documento del 1327 e ra stato al governo della Badia l ’A bate R a y n a l do (1295-1300) (3). O ra, dovendo scegliere tra i due, cioè tra il P r io r e scrittore e lo A bate mecenate, è fuori dub bio che è da prefe rirsi l’Abate. Se infatti il P rio r e R ayn aldo p e r ordine del suo A bate avesse trascritta la intera B ibbia, non si sarebbe detto che la B ib bia stessa « fuit quondam fratris R ay naldi », m a «fuit q u o n d a m fratris G u tta rd i» . A fra R aynaldo non sarebbe toccato che scrivere alla fine del codice, con m inore eleganza del suo supposto collega G uido : « qui me scri- ( 1 ) A bb. Cav. E pistolae, m s . 7 2 f. 7 6 retro. Cfr. nota 2. (2) Cfr. sopra pag. 87. (3) G u i l l a u m e , Essai, H ist., p. 181.86. G u il l a u m e , Essai, p. 194 bebat hic R aynaid us no m e n h a b e b a t ». l i libro insom m a è del com m itte n te , no n dello scrip to r. N è si pensi che u n A bate reverendissim o no n sarebbe stato in d i cato col nom e di fratello, p e rc h è a d im o stra re il co ntrario c è p ro p rio il sigillo d e ir A b a t e R ay n a ld o , p u b b lic a to dal G u illa u m e , su cui è d etto : « Ì5(igiilum) F r a tr is R a y n a ld i A b batis Cavensis » (1). A conclusione di tutto quello che abb iam o detto, possiam o ora fissare i seguenti p u n ti : a) 11 Ms. 33 fu scritto da Guido, ma n o n è d im o stra to nè che sia stato m in ia to da lui, nè che sia dovuto al m ecenatism o deH’Abale De Haya. b) La B ibbia « que fuit q u o n d a m f ra tris R a y n a ld i » fu miniata da Cicco de Senis e, m olto p r o b a b ilm e n te , è d ovu ta al mecenatismo d e W A b a te Raynaldo, ma n on sa pp ia m o da chi fu scritta. E, con quesle conclusioni term ina il nostro lavoro di dem olizione con cui abb iam o e lim in a ti tu tti gii e le m e n ti che si o pp onevano a una diversa in terp re ta zio n e delle fonti. Ecco ora la nostra o p in io n e: La B ib bia dell A bate De H ay a non è m ai esistita, e q u e lla scritta da G uido ( i l Ms. 33) non è altro che la B ib bia d e ll’A bate R ayn ald o che si credeva p e rd u ta . Questa m agnifica o pera d 'a r te sarebbe così: scritta da Guido (2) p e r ordine dell A b a te Raynaldo (1295 - 1300) ( 3) e miniata da Cicco de Senis nel 1352 (4). E c h ia ro che nessuna delle notizie sicure che possediam o si o p pone a questa opinione. P erc h è , come a b biam o già visto sop ra, delta supposta B ib bia del De H ay a conosciamo con sicurezza solo lo scrit tore e di q uella di R aynaldo conosciamo parecch ie cose m a ignoriamo p r o p rio lo scrittore. T u tta v ia , noi non ci sarem m o permessi di d a re alle fonti questa in te rp re ta zio n e , se non avessimo avuto a disposizione a ltri due argo m en ti che rendo no la nostra o pinion e m olto p iù p ro b a b ile . Il p rim o è che, dato l ’en o rm e lavoro e la spesa occorrenti per la trascrizione d e ll’in tera B ibbia, due bibbie ci se m bra no tr o p p e , non (1) G u i l l a u m e , Essai, p. 10 tav. II. (2) «qui m e scribebat hic guido nom en habebat » (Ms. 33, f. 484). (3) « Item soluti sunt prò subiectis rebus em ptis et positis prò m iniatione hi. blie que fu it quondam fratris R aynaldi... tareni novem » (R eg. A b. M ynerii II, f. 60 a. 1352). (4) « Soluti sunt Cicco de Senis, m iniatori m inianti bibliam que fuit quondam fratris Raynaldi, tareni 18 » (Reg. Ab. Mayn. II, f. 57). soltanto d u ran te il governo dello stesso A bate, ma anche nel periodo di 24 anni che intercorre fra re ie zio n e d e ll'A b a te De H aya e la m o r te dell’Abate G ottardo. Il secondo argomento ci sem bra ancora più forte. T ra le cose che sappiamo della Bibbia di R aynaldo (q u e lla che sareb be a n d a ta p e r duta) c’è che nel 1352, dopo essere stata m in ia ta da Cicco de Senis, fu legata in due volumi da Mastro Nunzio (1). E bb ene, il Ms. 33 ( l a supposta Bibbia del De H aya) m olto o p p o r tu nam ente fu composta dal suo scrittore G uido in due distinti volumi. P e r convincersi di ciò basta un semplice esame. T u tto il Ms. 33 è composto di 52 q u in te rn i di cui i p rim i 22 sono p e rfe tta m e n te re golari, sono cioè com posti di 10 fogli (2 0 pagine). Il 23° q u inte rno ijivece 'è irrego lare essendo form ato di 8 fogli. Alla fine di questo 23° q uinterno sono rip o r ta ti due prolog hi di S. G iro lam o al libro dei salmi. Poi la scrittura si in te rro m p e , lasciando in bianco quasi tutta l ’u ltim a p a g in a ; caso unico in tutto il codice. Il libro dei salmi co m incia sul q u in te rn o seguente, d an do così inizio al secondo volume. Ci sono due difficoltà. La p rim a è che, alla fine del 23° q u in te r no, c’è il solito richiam o della p rim a pa ro la del q u in te rn o seguente. T ale richiam o, sicuram ente originale, non d ovrebbe esserci, qu alora il codice fosse stato composto in due distinti volumi. Senonchè, noi troviam o in questo partic o la re così m inu to una conferm a della nostra opinione. Risulta in fatti dal Regestrum di M aynerio che la B ibbia di Raynaldo nel 1352 fu legata in due volumi, ma che prec e d e n tem e n te era stata legata in un sol volume. F u certam en te in vista di questa p rim a legatu ra in u n sol volume che G uido non omise il richiam o. Ma q ua n d o nel 1352 si volle legare il codice in due volum i distinti, non si trovò nessuna difficoltà, p e rc h è tale divisione era stata prevista dallo scrittore. La seconda difficoltà consiste nel fatto che i due volum i sare b bero notevolm ente ineguali, e cioè: il p rim o di 228 fogli e il secondo di f. 292 (2). Ma anche questa difficoltà è su p e ra ta dal fatto che alla fine del codice, quale ora si presen ta, c’è u n a p pe nd ic e di 35 fogli contenente l’in te rp re ta zio n e dei nom i ebraici. (1) « Item soluti sunt... prò m iniatione biblie que fuit quondam fratris Raynaldi, ligate in duobus volum inibus, que alias ligata extitit in uno volum ine, tareni 9 ( R eg. Ab. M aynerii II, f. 60). a Soluti sunt magistro Nuncio, ligatori librorum prò ligatura biblie que fuit quon. dam fratris Raynaldi, tareni 6 (R eg. Mayn. II f. 58 a t.). (2) N el calcolare il numero dei fogli abbiamo tenuto conto del f. 382 bis. Q u e st'a pp e nd ic e c e rta m e n te u n a volta si trovava all’inizio, p e r chè la sua p r im a pagina ha le m in ia tu r e piuttosto danneggiate, e i due esam etri di G uido si trovano, non alla fine d e ll’a pp e nd ic e ma, come abbiam o già detto, alla fine d e ll’Apocalisse, cioè su quella che una volta poneva fine al codice: « finito libro... ». Se ora aggiungiam o 35 a 228 avrem o i 263 fogli del I volume, e so ttra en d o 35 da 292 avrem o i 257 fogli del II volum e. La diffe renza di sei fogli non conta. A conferm a d u n q u e della id en tità fra la supposta B ibbia dello A bate De H ay a e la Bibbia di R ayn aldo c’è la divisione del Ms. 33 in due distinti volum i. Ma, e p e rch è l’inesperto m in iatu rista avrebbe im pressi gli ste m mi del De H aya sulle belle pagine della B ibb ia d e ll’A bate R a y n a ld o ? Lo avrebbe fatto p e r ignoranza, p e r tendenziosità o p e r cancellare la m e m oria di u n Abate che, come vedrem o subito, fu accusato e con d an n a to p e r « e n o rm i eccessi »? Confessiamo c a n d id a m e n te di non avere fantasia sufficiente p e r im m a g in a rlo e ci rim e ttiam o v olentieri a ll’acum e di chi vorrà p r o varsi a svelare questo m istero. C’è però u n a questione rim asta sospesa, che possiamo ora c h ia rire e, cioè, l ’eventuale relazione fra la B ibbia d e ll’A bate R aynaldo e il P rio re R aynaldo. Questa relazione è possibile, in qu an to l’A bate R aynald o (1295 1300) p o tre b b e benissimo essere la stessa persona che nel docu m ento del 1327 a p p a r e in q ualità di P rio re R aynaldo. S a p p iam o già che a succedere al B. Leone II sul seggio abbaziale di Cava nel 1295 fu eletto dalla C o m u nità M onastica il P r io r e R a y n a l do, che da quel m om ento fu l’A bate R ayn ald o (1). Il suo governo però fu assai sfortunato. La g u e rra devastava le p iù belle terre della Badia ed egli, im p o te n te a d ifend erle, nel 1299 credette o p p o rtu n o cederne il governo te m p o ra le a G iovanni di Monforte, Conte di Squillace e di M onte Caveoso e G ra n C iam b ellan o del Re di N a poli Carlo II ( 2). Sem bra che a questo si rid ucano gli « en o rm i eccessi » p e r cui lo sfortu nato A bbate fu costretto dal P a p a Bonifacio V i l i a rin u n ziare alla sua carica. O ra, p o tre bb e darsi che, dopo la rin u n z ia al seggio abbaziale. R aynaldo sia stato re in te g ra to nella sua qu alità di P r io r e claustrale ( 1 ) G u i l l a u m e , E s s a i l l i s t . , p . 181 - 186 . (2) Arch. Cav. Arca LXI n. 46 Cfr. G u il l a u m e p. 185 e nota 2. e che vivesse ancora nel 1327 du ra n te il governo dell’Abate De Haya ( 1). Ma, e le m in ia tu re del Ms. 33 sono p ro p rio di Cicco de Seni?? Tutte? (2). E chi è questo Cicco de Senis? Anche per la soluzione di questi quesiti, ci rim e ttia m o volentieri alla pre pa ra zion e specifica di persone com p eten ti, nella speranza di veder con ferm ata la nostra opinione e ascritto tra i buoni m iniatu risti del ’300 Mastro Cicco de Senis. d. Simeone L eone o. s . B. (1) Abb. Caven. Epistolae. Ms. 72 f. 76; Cfr. G u i l l a u m e , Essai, p. 194 nottr 2. (2) Cfr. Mostra Storica Nazionale d ella M iniatura, Catalogo, p. 131 n. 183'. Note su sicuni monumenfi medievali di Tegieno P r o te tta alle spalle dai m onti che dividono la valle del T anagro dal Cilento, cui a prono la via ard u i valichi dai fianch i a m m a n ta ti di boschi, la c itta d in a di Tegiano d a ll'a lto di un o spero ne roccioso vi gila qualcu no di quei valichi, g u a rd a i b orgh i fio renti che p u n te g giano le pend ici delle altre m o ntagn e che le stanno di fron te e sui lati, do m in a la valle che le si spiega in nanzi in tu tta la sua am piezza. Da questa p ia n u r a quasi p e r u n m iracolo allargantesi nella regione m ontuosa, e che p rim a della fe rtilità m o d e rn a , dovuta alle bonifiche, era, p e r i to rre n ti che p re c ip ita v a n o dai m on ti intorn o, u n vasto ac q u itrin o , ricco solam ente di pascoli, Tegiano trasse sem pre le sue r a gioni ed i suoi mezzi di vita. La difesa degli u n i e delle a ltre po rtò a scegliere la d o m in a n te posizione del castello, poi borgo, che nelle età passate fece anche suo il com pito di ergersi a p ro te ttric e della im p o rta n tissim a via di transito, di com m erci ed idee, costituita dalla valle del T an a g ro che m etteva in com unicazione le spiagge dello Jonio con quelle del T irre n o , nonché le regioni in te rn e sugli attuali confini di C alab ria, B asilicata e C am p a n ia . Questa sua funzione di vedetta e gu a rd ia su u n a via in ogni te m po in tensam ente trafficata, l ’im p o rta n z a che da essa le derivava e le suggestioni che ne subiva, oltre la floridezza che le veniva d a ll’a tti vità dei suoi a b itan ti, resero Tegiano m u n ita di o p e re m ilita ri e ricca di cose d ’arte delle q uali amò circondarsi in u n ’atm osfera di cu ltu ra tend en te a donare alla te rra u n alone di n o b iltà che non trova r i scontro nelle altre citta d in e della valle del T a n ag ro , detta c o m u n e m en te di Diano p ro p rio d a ll ’antica denom inazione di T egiano. la q uale anche in questo e p e r questo dim ostra il prestigio che ha go duto nel passato. E u n balzo nei secoli trascorsi è stata a p p u n to un a fuggitiva visita c o m piuta n ella raccolta c itta d in a -— cui si accede ancora oggi come ad u n ’arce — nella cara com p agn ia del dott. V e n tu rin o P a n e bianco, intelligente ed entusiasta direttore dei Musei Pro vinciali di Salerno, al quale questi a p p u n ti sono dedicati. Il borgo austero ancora in parte rinse rra to in una cin tu ra difen siva, di cui rim angono bran delli delle m u ra , qu alch e p o rta e qualche torre cilindrica coronata di caditoie, che faceva capo al castello sanseverinesco a cinque to rri della fine del Duecento, ma rim aneggiato nel Seicento, conserva un notevole complesso di avanzi arch itetto nici e sculture d e ll’età classica, che attestano, mi pa re , da p a rte loro l’esi stenza nello stesso luogo di un centro rom an o, e di notevolissime chie se rallegrate da tavole e tele d ip in te ed affreschi rinascim entali e post - rinascim entali, nonché di creazioni della plastica medievale. L a sciando da p arte quanto si riferisce all'a rte antica, alla p ittu ra nelle sue varie espressioni ed aH’a rc h ite ttu ra più recente, queste note si a p p u n ta n o soltanto su taluni aspetti e prob lem i d e ll’arte medioevale, quale a p p a re nella cittad in a. Un angolo assai notevole della p a rte m edioevale d ell’a bitato è dato dal complesso che si svolge in to rn o e sopra il largo a p e rto in nanzi alla chiesa della SS. A n nun ziata. Ivi a p p u n to u n tra tto del m uro di cinta medioevale, form ato di grossi ed irrego lari blocchi di pietra, che h a n n o fatto a d d irittu r a pensare ad u n a difesa p re ro m a n a , è forato da u na porta civica ed è sovrastato da un avanzo di chiesetta. Questa, che mostra u n a povera e piccola abside sem icilindrica, tu tta sbrecciata e rosa, e che rie n tra nel tipo consueto delle m inuscole costruzioni sa cre bizantine e bizantin egg ianti, sparse in gran n u m e ro nei borghi e nelle cam pagne del m eridion e d ’Ita lia dal m ovim ento m onastico basi va n o che si espanse anche nella valle di Diano, è identificab ile con la chiesetta dello Spirito Santo che d alle fonti viene ub icata presso la SS. A nnunziata. La quale, a sua volta, dalla trad izio ne veniva si tuata nelle im m e dia te adiacenze della casa e d e ll’o ra to rio di S. Cono, nativo di Tegiano. che fu agli inizi del secolo dodicesimo monaco he nedettino a S. M aria di Cadossa nei pressi di Montesano. C om unque si vogliano accogliere tali notizie trad izio nali, è però certo che la chiesa della SS. A nnunziata, al fianco d ell’odierna u nica navata, con serva un derelitto vano in cui a p p a re affrescata xma offuscata im m a gine di S. Cono della fine del Cinquecento. V ano che nella p a rte a n te riore è ancora riconoscibile come una navatella, poiché conserva un breve colonnato form ato di bassi e tozzi fusti sorm on tati da la rg h i e schiacciati capitelli, intagliati a fogliam e stilizzato di gusto rom anico, su cui posano tre rozzi archi quasi parabolici. La chiesa della SS. A n nu nziata m ostra un a n u d a facciata p rece duta da un portico con arcate a tutto sesto, rette da alte colonne. N on credo sia un puro caso che questo p a rtito icnografico si riscontri a T egiano anche nelle altre chiese di S. P ie tro , S. M a rtin o , S. Michele e della Pie tà, a p p a rte n e n ti a gusti ed età diverse. Si d ire b b e , infatti, che ogni età abbia accettato il tem a, m o d u la n d o lo in u n a m a n iera dive rsa : p e r modo che nel S. P ie tro la breve scalinata accede soltanto al centrale dei suoi svelti archi svettanti su ca p ite lli infogliati tre c e n teschi, m e n tre differente si pre se n ta il p o rtic h e tto in S. M ichele ed in m a n ie ra ancora differente nella chiesa di S. M a rtin o e del convento della Pie tà , i q uali come la SS. A n nun z ia ta allarg an o l’am p ia e so lenne scalinata p e r tu tta la fronte. Sotto l’am pio portico della P ie tà a colonne lisce con capitelli dorici rinascim entali, sim ili a quelli del p ortic a to di S. M a rtin o , ac canto alFingresso della chiesa si apre quello di accesso al convento francescano. Q uest’ultim o accesso im m e tte in u n prezioso chiostro, in cui la picidi locali h an n o fatto nel T recento sfoggio di tu tta la loro c ultu ra, passando in rassegna il re p e rto rio rom an ico e p a r te del go tico nelle colonnine lisce o intagliate a d e n ti di sega o a tortiglio ni e nei capitelli a fogliame v a ria m e n te atteggiato, che talvolta è simile a quello dei c a pitelli p iù an tich i a d o p e ra ti n ella Certosa di P a d u la . Il p rim o ingresso p o rta invece in u n severo am b ie n te del tutto f r a n cescano, sia n e ll’abside q u a d ra ta se p a ra ta da u n alto arco trionfale a sesto acuto dalla navata, sia in questa divisa da pesanti e brevi colon ne da u na navatella, la qu ale non h a nulla a che fare con l’analoga p a rte no tata nella chiesa della SS. A nnu nziata, m a rip e te , come altre chiese francescane, u n a tipica icnografia p rim a m e n te usata n e ll’U m bria dai Francescani e dai Serviti. Di derivazione del tutto diversa — a n che se ta lo ra , in p ro p o rz io n i rid otte, si riscontra in talu n e costruzioni d e ll’O rd in e francescano — è l’am pio portico che a p p a re in questa e nelle a ltre chiese già ric o r date, poiché questa volta lo schem a è da rite n e re di o rigine b e n e d e t tina. Esso venne applicato infatti nella chiesa di M ontecassino e re tta d a ll’a bate Desiderio, da cui fu trasmesso a num erosissim e chiese b e nedettin e, nonché a varie altre costruzioni sacre d ella C a m p a n ia ; ed è da credere che tra m ite la B ad ia di Cava, che ta n ta in flu enza eser citò nel m edioevo nei territo ri sugli o dierni confini calabro - lucani, il m odello giunse ben presto anche a Tegiano. N e ll’icnografia cassinense il porticato era posto innanzi ad u n a facciata a c a p a n n a ; si che u n a posizione differente, in ra p p o r to a ll’o rie n ta m e n to d ella chiesa, p r e senta l’om broso p o rtic h etto a ll’ingresso di S. M ichele sito nella p a rte p iù a lta d e ll’abitato e la cui costruzione a p p a rtie n e p e r lo m eno a due diversi periodi. I n S. M ichele la p o rta di accesso è a p e r ta sul lato lungo di p o n en te della parte s u p e rio re e p iù recente : il che significa che in que - T EG IA N O - Chiesa dello Spirito Sento, abside. T E G IA N O - Chiesa della SS. Annunziata, navatina. T EG IA N O - Convento della Pietà, chiostro. T E G IA N O - Chiesa di S. Michele, capifello della cripta. T E G IA N O - Casa Matina-Bruno, rilievi. TEGIANO - Cattedrale, portale laterale, mensola. TEGIANO - Cattedrale, ambone, capitello. TEGIANO - Cattedrale, sepolcro Malavolte sto caso il portico è stato m a n te n u to in te n z io n a lm e n te, e soltanto co me u n ricordo di quello che all’origine a p p a riv a nelle chiese b e n e dettine e nelle altre da esse derivate. La chiesa è in tito la ta a ll’Arcan gelo, venerato come capo delle a rm a te celesti dai B izantin i e dai L ongobardi, ma penso che nel suo p rim itiv o im p ia n to è d a rife rire a questi u ltim i, sia p e r la stessa sua posizione d o m in a n te , che sem bra co n tra p p o rsi aH’om onim o santuario alpestre sito so pra Sala Consilina cui attribuisco u gu ale origine, nel m e n tre sono b iz a n tin e e basiliane le chiese di S. Angelo n e ll’agro della stessa Sala e di S. Michele delle G rottelle presso P a d u la , sia p e r il c a ra tte re delle m em o rie altome dioevali che ostenta. Aderiscono in fatti alle q u alità della plastica oc cidentale i q u a ttro rozzi e duri rilievi, colmi però di efficace e spres sione, con i simboli degli Evangelisti m u r a ti in epoca posteriore a tergo d e ll’altare maggiore dove a ttu a lm e n te si trovano. D ’a ltra p a rte , la possente altissima abside sem icircolare d o m in a u n vasto tr a tto di paese intorno ; m a oltre che p e r questo, assume quasi l ’aspetto di u na torre anche p e r le finestrine a ferito ia a p e rte nella p a r te inferiore ad illu m in a re u n a piccola c rip ta , che è la p a r te p iù notevole e la sola orig in a ria della costruzione. N on soltanto p e r le volte che la ricoprono, qu an to p e r il colonnato di sostegno con capitelli differenti l’uno d a l l’altro in u n gustoso cam p io n a rio . A ppariscono così nella fievole luce, nella q uale le form e se m b ra n o ondeggiare, stilizzate ricreazion i alto medioevali delle volute ioniche, scomposti intagli fogliacei e figure bestiali che costituiscono la nota p iù suggestiva. Sim ili a sagome r i t a gliate nel velluto e rip o r ta te su u n altro tessuto, l ’im m ag in e ap p a re più ch ia ra a chi osservi i fondi lisci o con decorazioni di intrecci vi m inei incisi, le form e bovine si stendono a p p ia ttite sulle facce dei capitelli cubici, m e n tre m ostru osam ente quelle feline, e sp rim e n ti una contenuta en ergia, sporgono u n a testa unica p e r d u e corpi a sottolineare gli spigoli. T em i m edioevali a ltrim e n ti i n te r p r e ta ti svolgono anch e i rilievi incastrati sulla facciata d ella casa M atin a - B ru no . Si tr a tta di vari fram m enti, già facenti p a rte di u n g ra n d e p o rta le con le r a p p r e s e n tazioni dei Mesi, che dovevano ric o rd a re all’im m em o re il flu ire in in terrotto del tem po e, in u n a società essenzialm ente agricola, la n e cessità del lavoro dei cam pi. N ello stato in cui sono rid o tti, privi cioè di u n seguito logico d a ll’uno all’altro, i rilievi n o n sono tu tti di age vole le ttu r a : alcuni p e r essere tro p p o m a la n d a ti e guasti, altri p e r distaccarsi dalla iconografia consueta in questo genere di r a p p r e s e n tazioni. T u tta v ia è possibile c o m p re n d e re come il cavaliere in u n paese fiorito ra p p re se n ti M aggio; i due u o m in i con cesti ricolm i di uva, di cui uno ne m angia, S e tte m b re ; quello che sem b ra in atto di raccogliere qualcosa, forse legna, G e n n a io ; l’individu o con il coltello in m ano, forse occupato a p o ta re — si noti che questo rilievo è stato m u ra to nel senso della larghezza — F eb b ra io . R im angono senza sp ie gazione il rilievo che raffigu ra un uomo con u n m astello sulle spalle ed u n p a n ie re nella destra, che po tre b b e forse riferirsi alla raccolta della f r u tt a ; l’altro in cui cam peggia un a anfora tanto g ra n d e come la persona che la p o rta , nonché il robusto a n im a le accosciato, che po trebbe però essere stato posto sotto u na delle basi del portale. A p a rte il co ntenuto non fre q ue n te n e ll’Ita lia m e rid io n a le , l’in teresse di questi f ra m m e n ti è dato dal modo in cui è ra p p r e s e n ta ta la form a sia u m an a che bestiale. Salda e po tente, questa è p iù re a listi cam ente c o n d o tta ; esprim en te l’a ltra possanza fisica e rudezza nel ventre gonfio e nelle m e m b ra tozze e raccolte quasi ad esaltare il sen so del m o dellato, come nella p rim itiv a arte ro m anica, ma r ic h ia m a n te d ’altro lato nei grandi occhi tagliati sulle te m p ie e nel naso p u n tu to fisionomie uguali sem pre tra loro e vicine a quelle usate dagli scultori jonici d e ll’arcaismo greco. Non è d ubbio che tali u ltim e c a r a tte ri stiche siano do v u te soltanto alla in capacità dei la p ic id i che bisogna p ensare del luogo e per j quali non è possibile sta b ilire l ’epoca in cui op era ro n o p e r la stessa loro p rim itiv ità . E ’ da n otare, tu ttav ia, lo sforzo con cui essi,, consapevoli p e r conoscenza p r o p r ia o p e r scienza a ltru i dei cieli iconografici ro m anici, han n o voluto cim entarsi t i m i d a m ente, m a con pienezza in teriore, a d a re u n loro co n trib u to alla mo n u m e n ta lità tegianese, prov enien te da ta n te fonti. Da queste espressioni prim itive è brusco il salto alle esperienze evolute e consapevoli, che troviam o nella C a tte d ra le . La fine del Duecento e la p r im a metà del secolo seguente sono cara tte riz z a te a T egiano da u n g rande rigoglio costruttivo, anche se tu tti o quasi i m o n u m e n ti di questo tem po siano stati rim a ne gg ia ti, e taluno p iù di u n a volta. Così p e r la C atted rale, nella quale sa p p iam o che in to r no al 1279 ha la vorato l ’a rc hite tto e scultore M elch io rre, nativo di M o n ta lb a n o e chierico della chiesa di Anglona, che ha p o rtato a T egiano qualche im p ro n ta d e ll’arte ro m anica di P u g lia , dove il m a e stro ha lavorato p e r q ua lch e tem p o accanto alle m ae stran z e apule nella g ra n d e rip re sa frid eric ia n a. Nel p o rta le m aggiore della c atte d rale tegianese app arisco no infatti le sagome di q uelli delle chiese di C a p itan a ta , im p ostati con stipiti, arc h itra v e, lu n e tta ed arco di sca rico in una proiezione in piano . Esso poi può p e r ta lu n i p artic o la ri del fogliam e dei capitelli in te rn i riferirsi a quello del duom o di Ra polla, eseguito dallo stesso M elchiorre nel 1250 circa. Ma il tre n te n n io , p iù o m eno, intercorso tra l’uno e l’altro p o rta il m aestro ad in tro d u r re nel portale p iù tardo u n senso di trito e di gonfio ed u n maggiore svi luppo di elem enti gotici, che sono m aggiorm ente visibili nei capitelli esterni che flettono le loro foglie in m a n ie ra quasi liliacea. Anche il p ortale la te ra le rip e te lo schem a di quelli della P ug lia piana, ma esso, allo stato attu ale alm eno, a p p a r e co m pletato d e ll’archi. trave, della lunetta e d e ll’arco di scarico nel R inascim ento, allorché p e r amore di sim m etria lo si volle avvicinare n e ll’im postazione a quello maggiore. Risalgono invece all’età ro m a nic a gli stipiti, le cui mensole angolari a fortissimo rilievo o ppongono due figure angosciate ed oppresse dal peso, le q ua li, anche se non sono purissim e creazioni, pure esprim ono con vigore ed efficacia tutto il loro travaglio interiore. P e r quanto anche in queste due d o lo ra n ti figure sia riconoscibile l’arte pugliese, esse non rie n tra n o nello sp irito m eno d ra m m a tic o di M el chiorre, che ha invece firm ato l ’a m bone n e ll’interno e p e r il quale si è ispirato al p u lp ito di Nicola di Bartolom eo da Foggia nel duom o di Ravello. Manca però in esso il m od ulato ritm o di classicismo di q u e l lo di Bartolom eo, m e n tre è palese l’intenzione di sop p e rire alla m a n canza di impeto creativo a b b o n d a n d o in ornati e sim boli in m a nie ra da ren dere così sovraccarica l ’opera, che ha p u re delle finezze nelle decorazioni e negli intagli e alcuni riusciti p a rtico lari, talu no dei quali dim ostra c h ia ra m e n te, come il capitello con le a q u ile stilizzate, la form azione ap u la di M elchiorre e dei suoi a iu ta n ti. La C atted rale conserva anche u n a b uona serie di m o n u m e n ti f u nebri, vari di epoca, gusto e q u a lità : da u n sarcofago antico al sepol cro di Enrico Sanseverino, che rip e te lo schema di q uelli n a p o le ta n i del T recento, nel cui clim a rie n tra , ad altri rin a sc im e n ta li tr a cui l’arca di Orso M alavolta d a ta ta 1489. La pesante arca, da u n lato a d dossata al m uro, posa d a ll’altro su due esili sostegni: sicché, tra le parti, a p p a re già alla p rim a occhiata qu ella d isa rm o n ia che si nota talvolta in opere dello stesso genere d e lF a m b ie n te quattrocentesco lombardo. Il contrasto a p p a re evidente al p u n to da fa r quasi pensare che i sostegni siano stati tolti da altro m o n u m e n to e r ia d o p e ra ti in questo, allorché si m ette a confronto la fronte del sepolcro, in cui fi gure e decorazioni spirano u n ’aria del m a tu ro Q u attro cen to , con le acerbe figure dei sostegni da riferire al ta rd o gotico e a m aestro csperto. Il quale, svolgendo un a sinfonia floreale da u n a corolla a p p e na dischiusa di giglio, p o rta su u n a breve base, alza lo stam e sfaccet tato che ritm icam en te rastrem an do si e rigonfiandosi si inturgidisce nella antera che pre n d e l’a p p a re n z a di u n capitellin o, da cui p r o rom pe u n calice dal quale sbocciano l’elastico collo e la testa di una fanciulla con i capelli ben tira ti e fe rm ati da u n filo, a dorno di fiori p e ria ti, p e r poi ricadere ai lati ravvolti in lun gh e, pesanti e mosse trecce. Suggestive cre ature di p ie tr a : m od e rn e nel loro p rofilo e nel lungo scattante collo, reggenti come u n a gloria la massa ondosa dei loro capelli, viventi nei secoli e sem p re v ib ra n ti nel sogno di m a l in conia racchiuso nei loro occhi im m o ti; ra ffinatissim e fan ciu lle — fio ri, quali può concepire il decadente pensiero di u n p u ro esteta. B Fot. Musei Prov. d i Salerno. iagio Cappelli Il convento della SS. Trinità di Baronissi ... INTRODUZIONE. A pochi chilo m etri dal M ar T irre n o , tra la strada fe rra ta e la Via dei Princip ati che congiungono la città di Salerno con M ercato S. Severino e questa con Avellino e Benevento, su u n a co llin etta, si erge maestoso il convento della SS. T r in ità di Baronissi (1). I F r a ti M inori (1) E ’ nota nella regione sanseverinese la com petizione tra la parrocchia di Sava e quella di Baronissi per l ’ appartenenza del convento al loro rispettivo territorio; noi però, senza pregiudicare i diritti delle parti interessate, ci ser. viamo della denom inazione che si usa attualm ente nei documenti ufficiali dello Ordine dei Frati Minori. Dei diritti della parrocchia di Baronissi si faceva difensore nel 1759 il sa ragnanese Francesco Mari, il quale così scriveva nella sua relazione: « Questo m on te Cellio si ritrova, egli è vero, situato tra i due popoli di Saragnano e di Sava, ma propriamente al presente detto convento, secondo le quattro parti del mondo, cioè levante, ponente, mezzogiorno e settentrione, una con la clausura consta in giro di passi 358, ed è situato in passi 287 in distretto di Saragnano ed in passi 71 in distretto di Sava, tanto vero, per quello riguardo, l ’abitazione dei frati, lor chiesa e cam panile, oratorio del Terzo Ordine e quasi tutto il piazzale è situato in tenimento di Saragnano e B aronissi». Cfr. V o c c a P a o l o , Lo Stato d i Sanseve rino secondo una relazione inedita, Salerno 1938, p. 16. Per queste com petizioni, così vive nei secoli scorsi, poco mancò che non si venisse alle mani tra gli abitanti dei due villaggi nel giorno di Pasqua del 1639. Di questo incidente è testimone il P. Niccolò da Spinazzola, in quel tempo Cu stode dei Riformati di Principato, in un brano della sua cronaca, che una mano coeva o di poco posteriore ha cancellato scrivendovi in margine per ben due volte : Errore. Però anche sotto la cancellatura si riesce a leggere il testo del cronista che è di questo tenore: « Il dì 24 d ’aprile (1639), giorno di domenica di Pasca di Resurrezione di N. Signore, nel nostro convento della Trinità di S. Severino con lorm ’al solito convennero le processioni di più casali di quella università, et fra l ’altre quella di Saragnano che giunse primo, pose il suo stendardo alla de stra dell ’altare maggiore nel loco d ell ’Evangelio, dove sogliono li frati ponere la croce del convento. Perchè qualche volta la processione di Sava in quel loco n ’a veva posta la sua, in questo giorno, essendo venuta tardi, voleva levare la croce vi h a n n o stabilito da alcuni decenni un Collegio Serafico p e r la for m azione degli a sp ira nti a ll’O rd in e e vi gestiscono a ttu a lm e n te un isti tuto con annessa Scuola m edia p a rific a ta. Benché u n a piccola collina verso mezzogiorno im pedisca la vista della città e d e ll’am p io golfo di Salerno, p u r tu ttav ia l’aria salubre, il vasto p a n o ra m a , il verde dei m onti circostanti e la ferace p ia n u r a sanseverinese, dissem inata di pic coli e gra n d i villaggi sino alle p endici degli alti m on ti di Calvanieo, ren d o n o quel luogo ve ra m en te incantevole e atto ad elevare lo spirito al Signore attraverso la con tem plazio ne delle cre a tu re che nel loro m uto linguaggio ne cantano incessantem ente le lodi. E ’ da secoli che i figli di S. Francesco vi h a n n o sta b ilita la loro d im o ra esercitando il loro benefico ap ostolato con la p re g h ie ra , con l’esem pio, con la predicazio ne e con le opere di carità, re nd en do qu ella so litaria collina u n vero faro di luce s o p r a n n a tu ra le p e r le p o p olazioni circonvicine. Il visitatore che vi si reca, a ttra tto d a ll’am e n ità del sito e d alla im p o n e n z a della costruzione, spesso ne r ito r n a con u n senso di d e lu sione p e r non aver trovato risposta esatta ad alcuni in te rro ga tiv i sulla storia d ella chiesa e del convento. Come conciliare, p e r esem pio il f a t to che sulla colon nina posta nel piazzale del convento si legge, in un latino facile a c o m p re n d e rsi anche dagli ille tte r a ti: « S. m ae T r. tis Sanseverini 1593 », m en tre nella chiesa si trovano tom be del 1472, del 1512, e del 1564? P e rc h è queste date così disco rd a n ti? Q uando è sorto e come si è svilupp a to il grande edificio che a ttira subito l’attenzio ne di chi passa in ferrovia o in filovia per la bella Via dei P r in c ip a t i? di Saragnano e ponervi la sua. Per la qual pretensione s ’alterarono talmente le genti di Saragnano contro quelle di Sava e quelle di Sava contro queste di Sara gnano che con le scoppette con cani calati nelle mani vennero a term ine d ' am mazzarsi ; se non correva il signore barone di Saragnano, m olto devoto della no. stra religione, (il) quale con la sua autorità et prudenza sedò l ’animi alterati, succedeva grande uccisione. Il P. (N iccolò) da Spinazzola, per levare sim ile in conveniente per l ’avvenire, obtenne ordine d all ’Emin.mo Protettore che quella buca nel detto altare, dove si soleva ponere la croce, si serrasse ; fu eseguito «t cessò per l ’avvenire sim ile pericolo ». Cronaca della P rovincia d i P rincipato Citra (m s. cartaceo del sec. XVII in massima parte autografo del P. N iccolò Gasparino da Spinazzola, O.F.M. e conservato n ell ’archivio della Provincia francescana Sa lernitano.Lucana d ell ’im m acolata Concezione), p. 675ss., dove è riportata anche la copia della lettera che in data 21 maggio 1639 il Procuratore Generale dei R i formati indirizzava al guardiano del convento di Baronissi per com unicargli l ’ordine d e l Cardinale Protettore. Attualm ente le processioni dei diversi villaggi non si recano più al convento nel giorno di Pasqua, nè si trova vestigio alcuno della buca incrim inata n e ll ’attuale balaustra d ell ’altare maggiore, essendo stata rinno vata nel 1723. A queste dom an de, che ci rivolgem m o anche noi sin dal 1929, alla nostra ammissione nel Collegio Serafico, inten diam o risp on dere con il presente lavoretto. Con grande delusione del nostro cuore, p ro fo n dam e n te attaccato allo Stato di Sanseverino, da cui traem m o i natali, in uno dei suoi più piccoli villaggi (1). ci fu risposto fino a pochi a n ni fa che se ne sapeva quel tanto che si leggeva nella Cronaca del P. Niccolò da Spinazzola e nella relazione del M. R. P. B ern ard o da Cilento, p u bb lic a ta da P. P r im a ld o Coco (2). P. Basilio P erg am o , n o stro carissimo fratello, deceduto il 24 marzo 1952 nel convento di S. Maria M aterd om in i, senza a b b a n d o n a re gli studi nella Commissione di Alessandro d 'H ales nel Collegio di S. B o nav en tu ra a Q uaracchi (F ire n z e) e successivamente nella Commissione Scotista nel Collegio di S. Antonio in Roma, in un ventennio raccolse n o n poco m ateriale riguardante il francescanesimo nella nostra regione. Il lavoro, che gli costò tanti sacrifici, non doveva restare senza effetto, perch è, oltre studi critico - teologici, P. Basilio pubblicava anche opuscoli e volumi di carattere storico sulla ex P rovincia di S. M aria M a te rd o m in i e sui frati della m edesim a insigni per santità e d o ttrin a (3). Da a ppassio nato ricercatore, egli aveva raccolto m ateriale r ig u a rd a n te anche il (1) II villaggio di Costa, situato nell ’attuale comune di Mercato S. Severino, conta poco più di 500 abitanti. La sua chiesa parrocchiale, antico priorato della Badia di S. Maria M aterdomini, venne elevata a parrocchia nel 1853. Durante i restauri compiuti dal defunto parroco D. Alberto Sautoro, fu rimossa o scalpel lata l ’epigrafe della facciata che senza dubbio indicava la data di fondazione. Sul pavimento d ell ’ultim a cappella a destra si leggeva fino a pochi anni fa la seguente epigrafe sul sepolcro della famiglia Pergam o: « Conditorium / a suis maioribus aeceptum / suaeque fam iliae addictum / Joannes Baptista Pergamo / civis neapo litanus / piam de dormientibus spem gerens / restauravit / Anno salutis MDCCLXXXVII! ». Cfr. P. G ia c o m o F a b i a n o , O.F.M.. Storia del Santuario d i S. Maria M aterdom ini in Nocera Supcriore, (Salerno). Pom pei 1938. p. 86. (2) 1 Francescani in Terra di Lavoro, in Studi Francescani, (1934), pp. 336 - 355. S. 3, Anno VI (3) Riguardano la storia della Provincia le seguenti pubblicazioni: N otizie intorno al P. G iam battista Visco da Campagna ed ai C apitoli G enerali d e l 1633 e 1639, in Stud. Frane., 1941, pp. 74.98; Il P. Diego Cam panile da Sanseverino (1574 -1642) Custode di Terra Santa ( N el terzo Centenario d ella m orte), in Stud. Frane., 1942, pp. 42 - 66; Note per servire alla storia del convento di S. Lorenzo in Salerno, in Rassegna Storica Salernitana, 1946, pp. 3.18; 1947, pp. 3 - 64; 1950, pp. 68 -102; Serie cronologica dei Custodi d i Governo e d e i M inistri P rovinciali delVex Provincia M inoritica di P rincipato della più S tretta Osservanza, d e tta anche di S. Maria M aterdom ini (1582 - 1942), Salerno 1947; Tre secoli di attività m issio naria della Provincia M inoritica d i P rincipato (S. Maria M aterdom ini) e del suo contributo alla m issione etiopica, Salerno 1948. nostro argom ento, perchè aveva intenzione di fare p er il convento di Baronissi quanto aveva fatto p er il convento di S. Lorenzo di Salerno. Noi, approfittando del tem po libero dalle occupazioni scolastiche, ab biam o integrato, coordinato ed esposto il m ateriale da lui raccolto, si curi di in terp retare la sua volontà ripetutam ente m anifestataci nei p riv ati colloqui e specialm ente nel periodo della sua m alattia. Il presente lavoretto — senza dubbio un po’ arido, perchè in far cito di date, di nomi e di citazioni p er esigenze m etodologiche — vuole essere un segno del nostro grande affetto alla terra sanseveri nese e si propone soprattutto di illustrare le vicende del convento di B aronissi e l ’attività svolta dai suoi frati nei secoli. I p rim i secoli della storia del convento di Baronissi restano in p arte ancora sepolti nel più profondo m istero. Gli sforzi del nostro com pianto fratello e nostri non sono stati sufficienti a dirad are le fitte tenebre che lo circondano, perchè i nostri predecessori sanseverinesi, tra i quali em ersero non pochi L ettori di Filosofia e di Teologia, non si curarono di raccoglierne e pubblicarne le m em orie, quando i docu m enti dell’archivio provinciale e conventuale non erano andati ancora dispersi o d istrutti. Quello che abbiam o raccolto non è desunto dall'archivio del con vento, in cui non si conserva neppure un docum ento, p er incuria di chi funse da rettore della chiesa dal 1866 al 1892, ma in massima p arte dagli atti d efin itoriali della Provincia, che vanno dal 1639 ai nostri giorni. Ed anche in questi vi sono non poche lacune quasi incolm a bili, specialm ente per la perdita del secondo volume, che com prende va gli anni 1674 . 1695, periodo di grande attività nel convento di B a ronissi, p er opera del M. R. P. G iam m aria da Sanseverino seniore e del Rev.mo P . Francesco D urante da Sanseverino, come bisogna dedurre dalle notizie degli anni seguenti. Qualche dato ci è stato offerto dalla cronaca inedita del P . Niccolò Gasparino da Spinazzola (1652) e dalle relazioni latine anche inedite dei M inistri P rovinciali P. P ietro da Cilento ( 1647 . 1650) e P . B ona ventura da M ercogliano (1662 . 1665); però sono notizie piuttosto confuse e fram m entarie, che a volta ci danno gli estrem i di una catena senza gli anelli che li congiungono. Lo stesso si dica della relazione di Francesco M ari del 1759 sullo Stato di Sanseverino, senza dubbio im portante sotto certi aspetti, ma incom pleta p er ciò che riguarda il no stro convento, essendo diretta a persone alle quali alcune notizie erano già note e quindi superflue, m entre p er noi sarebbero state p re ziosissime. Benché il lettore noterà m olte lacune, tuttavia pubblichiam o i risu ltati delle ricerche del nostro com pianto fratello e nostre nella fiducia di fare cosa grata a tutti i frati della Provincia e alla popola zione dispersa nei numerosi villaggi che circondano il convento di Baronissi. Ci arride la speranza di poter fare ricerche più am pie per com pletare la storia del francescanesimo nello Stato di Sanseverino e del grandioso convento di Baronissi, il quale è soltanto una pagina del poema scritto dai nostri padri in onore di S. Francesco d’Assisi. 1. — IL CASTELLO E LO STATO DI SANSEVERINO. Prim a di addentrarci nelle questioni riguardanti il convento di Baronissi, crediam o opportuno sofferm arci brevem ente sul castello di Sanseverino, per visitare quelle venerande rovine e stabilire, almeno approssim ativam ente, i confini della zona che sino al principio del secolo XIX andava sotto il nome di Stato di Sanseverino. Questa pre messa è necessaria, perchè il nome di Sanseverino per i non salerni tani richiam a alla m ente la regione m archigiana, dove si trova un altro paese dallo stesso nome con il quale il nostro da m olti vien con fuso. E ’ così che involontariam ente ci viene sottratto perfino il m artire d’E tiopia, P. Felice de Felice da Senseverino, gloria autentica della nostra regione, essendo nato nel villaggio di Saragnano nell’attuale Comune di Baronissi (1). P er lo stesso motivo dai nostri cronisti del Seicento, desiderosi di esaltare le nostre glorie e di far risalire la fon dazione del convento di Baronissi, detto allora di Sanseverino, alle origini dell’O rdine Francescano, vennero attrib u iti alla nostra regione alcuni fatti verificatisi più probabilm ente nelle M arche: fu creata così la leggenda della venuta del B. Simone d ’Assisi a Baronissi verso il 1210 e giungendo perfino a descrivere l’itinerario seguito dal com pagno di S. Francesco. P er il castello di Sanseverino, più che parlarne noi, preferiam o cedere la parola a chi se ne occupò nel 1924, in occasione del settimo centenario della nascita di S. Tommaso d ’Aquino, la cui sorella Teo dora era contessa di Sanseverino. In quell’occasione D. Gregorio P o r tanova, benedettino della Badia di Cava dei T irreni e nativo di Merv------------------------------. (1) Vedi in G i u s e p p e S o l i m e n e , M artiri, pion ieri e profeti lucani in E tiopia, Napoli 1937, p. 48, un ’illustrazione del secolo XVII, in cui il nostro martire è detto « della Provincia di Marca », mentre soltanto il P. Antonio De Martino da Pescopagano (Potenza) viene ascritto alla nostra Provincia. Non crediamo neces sario confutare quest ’errore grossolano, dovuto a ll ’ignoranza di chi fece stampare quelle immagini, avendolo già fatto il nostro compianto fratello nell ’opera: Tre secoli di attività miss., p. 187ss. cato S. Severino, così scriveva nella bella m onografia consacrata ad il lustrare i rap porti dei signori del patrio castello con il D ottore An gelico : « Chi dall'agro nocerino o dalla vallata del Sarno transita per l ’am ena e am pia pianura di S. Severino, scorge in alto sul m onte, a cui Mercato è nella costa, im ponenti ruderi di un castello m edioevale : il suo sguardo vi si poggia a lungo ad am m irare. Quella solenne mole, che da tu tte le p arti distende, quasi boriosa m atrona, il suo am pio e ricco paludam ento di colossali m ura tra gli splendori delle torri m er late, tran q u illa or siede sotto, il bel cielo della felice Cam pania a cantare, ai suoi tardi nepoti, sparsi per la valle, il lungo e grandioso dì della sua gloria. S’arresta il passeggiero, sente che fra quelle m ura ora cadenti visse una storia, e trepido, fissando lo sguardo in una vi sione infinita, adora. Saliamo le pendici di quel m onte, avviciniam oci a quelle m ura, e dom andiam o: Qual fu la vostra infanzia? Le linee architettoniche, che vi dom inano egualm ente dapertutto, ci dicono che il castello abbia orm ai vissuto il suo m illennio. A ttra versiamo diverse cinte di m ura, e dato uno sguardo fugace a quelle torri, proseguiam o la lunga ascensione. Ecco siamo al cospetto del gran fabbricato centrale: qui dinanzi alla grande m uraglia laterale ci si para innanzi un fossato, l’attraversiam o, e inerpicandoci sulla scoscesa falda, che regge le m ura colossali, penetriam o nell’interno della torre principesca. Volgiamo intorno lo sguardo: nella cam era ove stiam o, di fronte è un incavo a forma absidale, sulla parete destra un antico affresco, che rappresenta due Santi. Intuiam o quindi essere ivi stata una cap pella. T utto intorno alle pareti am m iriam o una sequela di maestosi archi gotici, ed in ciascuno di essi in alto una finestrina ben lunga e sottile, donde potesse piovere poca e attu tita la luce nell’oratorio. In un piano inferiore, corrispondente perfettam ente all’am bito della cappella, vi sono dei vani — adibiti forse ad uso sepolcrale — attu al m ente ingom brati di m acerie, dove la volta si presenta a crociera con le arcaiche ogive quadrangolari : stru ttu ra che unita a tutto l’assieme dell’arch itettura e degli affreschi della cappella soprastante, accusa senza dubbio lavori anteriori al secolo XII. C ontinuando la nostra rapida corsa fra quelle m ura, c’inoltriam o attraverso la cappella negli attigui vani: sono corridoi agili e snelli, am pie e maestose sale, qua e là qualche traccia di antichi affreschi, dovunque finestre e porte ogivali. Le m acerie accum ulatesi da ogni parte ostruiscono il passaggio, ma da qualche feritoia non ci è diffi cile spingervi lo sguardo: nuove stanze, nuove sale. Con ansia fre t tolosa si passa correndo da un luogo all’altro: dovunque una sorpresa, sempre nuova ansia. Finalm ente dalla parte opposta si apre allo sguardo una gran piazza forte, di form a irregolare, cinta di m ura, e da un lato, in un angolo, un altro baluardo a forma di torre ben alta e m erlata. Term ina qui la nostra visita, ma non la nostra curiosità... Il castello di S. Severino fin dal periodo della dom inazione lon gobarda assunse grandissim a im portanza : posto all’estremo lim ite del principato di Salerno e in cospetto del borgo di Rota, che nel secolo IX fu uno dei confini di quel P rincipato, era il prim o e più forte baluardo per la difesa di Salerno. Giacendo inoltre sull’arteria stessa, che ricongiungeva il ducato di N apoli con Salerno e Salerno col du cato di Benevento, dovè necessariam ente assurgere a quel posto d’in contestabile superiorità fra le difese estreme del P rincipato che poi conservò nel corso della sua storia. P urtuttavia è innegabile che la sua storia più gloriosa si afferm a potentem ente solo con la venuta dei Norm anni nelle nostre contrade. Sotto le insegne del famoso R oberto il Guiscardo, verso il 104d vennero in queste contrade due valorosi cavalieri, Angerio e Turgisio, fratelli. Il valore addim ostrato nelle arm i m eritò al prim o da Rug giero, duca di Puglia, il castello di Santo A diutoie di Cava, all altro il famoso O p p id u m Rota, che fu per lungo tem po un centro popoloso e sottoposto alla signoria di Conti dell'istessa fam iglia dei P rincipi longobardi di Salerno. Troviam o m em oria della signoria di Turgisio su Rota fin d all’anno 1067 : da essa il conquistatore volle prendere il nome, appellandosi Trogisius de R o ta , come si rileva dai documenti coevi e da altri posteriori. Anzi i suoi prossim i discendenti, per poter sintetizzare in un nome le glorie del loro casato, si chiam avano tutti filii Trogisii de Rota all’istesso modo che i figliuoli di Angerio, quan do vollero assumersi un nome che ricordasse le glorie del padre, si dissero filii Angerii o più sem plicem ente Filangerii, donde poi il co gnome al potente casato dei Filangieri. Turgisio fu investito nel 1075 di tutti i castelli della valle di San Severino. La posizione felicissima del castrum princeps non tardò ad invitarlo, ed egli vi portò sua definitiva dim ora, talché da quel m o mento tutti i successori prendono il nome dal castello e si dicono de S. Severino. Si è per lungo tem po disputato fra gli storici se essi abbiano davvero preso il nome dal castello o il castello si sia chia mato S. Severino da essi. Una leggenda sem bra voglia favorire la prim a ipotesi. Vogliono difatti che Turgisio, detto anche il Normanno, capostipite dei Sanse verino, giungendo nelle nostre provincie, avesse rinvenuta una re li quia del Santo Abate, e che in ricordo di ciò avesse egli per il prim o imposto tal nome al paese a lui conceduto. Ma, p u r volendo am m ettere come probabile la prim a parte di questa leggenda, non possiamo invece accogliere l’altra, poiché il nom e al castello fu dato in un periodo molto più rem oto. Del resto è certo che Turgisio, il capostipite, non si chiam ò mai de S. Severino, m entre invece nei docum enti della B adia di Cava i suoi discendenti, come era costume in quei tem pi, traendo la loro appellazione dal castello che possedevano, si dissero tu tti de Sancto Severino e peranco de castello S. Severini. P iù tard i e solam ente nel sec. XIV, e più universalm ente nel sec. XV, la loro fam iglia sarà sen z’altro detta Sanseverino donde, a mio parere, s’originò il dubbio che la fam iglia avesse dato nome al paese... La fam iglia Sanseverino ben presto assurse a grande potenza ta l ché è universalm ente ritenuta come una delle più illustri e più po tenti del Regno. Ebbe come arm a di fam iglia uno scudo con banda rossa in campo d’argento. Essa possedè l’am pia terra di San Severino, che in quel tem po spingeva il suo dom inio dal castello di M ontoro alle terre di Siano, da Calvanico alle terre di Baronissi e di Pellez zano, com prendendo l’antica terra ove dicevasi ad aquam melae e quella fitta rete di borghi e contrade che facevano corona a \Y o p p id u m R ota e designate nei docum enti quasi tutte coll’appellazione in fini bus Rotae. Fu pure investita di altri potenti feudi come la contea di Marsico, di Polla e di Teggiano, e di quasi tutto il Cilento. Im p aren tata colle più potenti famiglie baronali, ebbe agio in seguito di poter distendere i suoi ram i ancora su altre cospicue terre feudali : il nostro castello fu perciò la culla dei Sanseverino di M ileto, di Tricarico, di S aponara, di Potenza e di Bisignano. Ebbe p arte attivissim a negli avvenim enti politici del Regno, e spesso divenne despota delle m o narchie napoletane » ( 1). Q uali erano precisam ente i confini del cosiddetto Stato di Sanseverino? A questa dom anda non possiamo rispondere p e r ora in modo esauriente, poiché non conosciamo una descrizione esatta di esso qua l ’era nel medio evo. Bisogna perciò procedere p er via di induzione p er giungere ad una conclusione se non certa, p er lo meno probabile. Come abbiam o letto nel testo surriferito di D. Gregorio P o rta uova, la fam iglia Sanseverino « possedè l ’am pia terra di San Seve rino, che in quel tem po spingeva il suo dom inio dal castello di Mon- ( 1 ) P o r t a n o v a G r e g o r i o , O .S.B ., Il Castello d i S. Severino nel secolo X III e S. Tom m aso d ’A quino, Badia di Cava 1 9 2 4 , p p . 7 .1 2 . toro alle terre di Siano ecc. ». Non neghiam o il valore di quest’affer m azione; la riteniam o però un po’ troppo generica, potendo essa far credere che le terre suddette abbiano form ato per molto tem po parte integrante del cosiddetto Stato di Sanseverino, m entre forse ben presto se ne distaccarono per form are i rispettivi Stati di Montoro e di Castel S. Giorgio. In m ancanza di docum enti più precisi per delim itare i confini dello Stato di Sanseverino, crediam o u tile rife rire un brano della platea della chiesa salernitana, com pilata da M atteo Pastore, per or dine dell’arcivescovo francescano B onaventura Poerio (1697 - 1722), zelante pastore e benem erito della città di Salerno specialm ente per i restauri del duomo pericolante. Il valore del brano di M atteo Pastore p er il nostro scopo è dato non dalla sua antichità, ma dalla circo stanza che nel Settecento si poneva in carta ciò che p e r via di fatto sussisteva già da m olti secoli. A nessuno infatti può sfuggire l ’im por tanza storica di tali docum enti, benché relativam ente recenti, se si tiene conto dell’attaccam ento delle varie chiese e diocesi alla conser vazione dei propri confini territo ria li. Forse ulteriori indagini nello archivio arcivescovile di Salerno, in cui si conservano molte relazioni delle visite pastorali, potranno conferm are la nostra supposizione che l’elenco delle parrocchie dello Stato di Sanseverino, riferito dal P a store, sia molto più antico di quanto si possa pensare. Benché il brano della platea sia stato già pubblicato dal Prof. Cassese ( 1), lo rip o r tiamo qui per comodità di qualche lettore non salernitano : « Segue il Stato di Sanseverino, il quale, p er la sua vastità quan tunque sotto il nome d’un arcipretato venga chiam ato nelle bolle de’ citati Sommi Pontefici, è però distinto in tre carte separate. La prim a si dice del M ercato di Sanseverino, che contiene l’infrascritte parrocchie: di S. M ichel’Arcangelo d’A cquarola, di S. An gelo del casale di S. Angelo, di S. Clemente di Vuscato (O scati), di S. Croce di Spiano, di S. Stefano di C urticelle, di S. Marco a Rota (C urteri), di S. M aria delle Grazie del M ercato, di S. F ortunato di Acigliano, di S. Magno di Pandola, di S. M artino de1 Priscoli, di S. Vincenzo del casale di S. Vincenzo e di S. B artolom eo de’ Carifi. La seconda si dice di Sava, la quale com prende l’infrascritte p ar rocchie: di S. Agnese di Sava, del Salvatore di Saragnano, Baronissi e Valle, di S. P ietro di Aiello et Acquam ela, di S. M aria delle Grazie d’Antessano, di S. Clem ente di Pellezzano, di S. M aria delle Grazie (1) Spigolature archivistiche — La Platea generale d ella chiesa salernitano nel »ec. X V III, in Rass. Stor. S a l e r n Anno 1938, p. 312. di C spriglia, di S. Quirico e S. M artino delli Lancusi, di S. M aria a Capo la Penta e di S. Bartolom eo della P enta, di S. Lucia d’Orignano, di S. M artino di Gavano (G aiano), di S. Stefano di Fusara e di S. M a ria d ille Grazie di Caprecono. La terza è quella di Calvanico, la quale contiene anche molte parrocchie e sono: il Salvatore di Calvanico, S. Giovanni B attista di C arpineto, S. A ndrea di Villa, S. Lorenzo di Pizzolano, S. Nicola di Settefico, S. Spirito e S. P ietro di Fisciano ». In questo elenco m ancano, p er la carta o forania di M ercato S. Severino, cinque parrocchie, non p er dim enticanza del com pilatore della platea, ma per il fatto che o non erano state ancora fondate, come quelle di M onticelli e del nostro villaggio nativo di Costa, o ap partenevano allora, come anche oggi, ad altre foranie, come quelle di C iorani, di Piazza del Galdo e di S. Eustachio, la prim a delle quali è compresa nella forania di Bracigliano e le altre due in quella di Cast::l S. Giorgio, m entre civilm ente sono nel territo rio di Mercato S. Severino. Che esse anticam ente facessero p arte del territo rio dello Stato di Sanseverino, lo possiamo desum ere dal fatto che i frati della nostra Provincia, provenienti da queste tre P arrocchie, p er lo più sino alla prim a metà del secolo scorso si dicevano com unem ente da Sar Beverino. Queste brevi notizie sono più che sufficienti per delim itare, al meno approssim ativam ente, i confini dell’antico Stato di Sanseverino: esso abbracciava tutti i villaggi che form ano gli attuali com uni di M arcato S. Severino, Calvanico, Fisciano, Baronissi e, forse p er un certo tem po, anche Pellezzano. P er quest’ultim o com une infatti pos siamo afferm are che i frati della nostra Provincia provenienti da esso si dicevano ordinariam ente da Salerno, non già da Sanseverino, perchè Pellezzano civilm ente faceva p arte della cosiddetta furia o distreito della città di Salerno, il quale, secondo quanto afferm a Carlo C anic ci, arrivava fino a C apriglia ( 1). Tenendo presenti queste notizie, facilm ente il lettore potrà oriz zontarsi e sceverare tra i m olti frati della nostra Provincia, che negli atti definitoriali e in altri docum enti vengono denom inati com une m ente da Sanseverino, quelli che furono effettivam ente originari di questo Stato. (1) C a r u c c i C a r l o , La P rovincia d i Salerno durante la R epubblica P arte nopea. in A rchivio Storico per la P rovincia di Salerno, Anno III, N . S. (1935), fase. I l, p. 153, n. 1. 2. — I FRANCESCANI NELLO STATO DI SANSEVERINO. Il territorio sanseverinese, vivendo ancora il Serafico P adre, £u senza dubbio visitato dai suoi figli venuti per evangelizzare i nostri avi o sem plicem ente di passaggio per raggiungere le città di Salerno e di Avellino. Ma quando questi, attra tti dalla bellezza della nostra regione e dalla bontà dei suoi abitanti, si ferm arono in mezzo a noi e vi fondarono il prim o convento? Sappiam o che nel corso dei secoli tre conventi sono stati fondati dai francescani nello Stato di Sanseverino: quello di Baronissi, il se condo di Mercato Sanseverino e il terzo situato tra P enta e Fisciano. Quest’ultim o, appartenente ai P adri Cappuccini, è il più recente e perciò non entra in discussione. Al lettore basti sapere che esso fu fondato verso il 1568, benché fin dal 1540 ne avessero iniziate le p ra tiche i Cappuccini salernitani, i quali nel 1566 fondarono anche un convento a Cava dei T irreni. P er questioni sorte tra i C appuccini di Salerno e quelli di Napoli per la delim itazione dei confini territo riali delle due Provincie, il loro Capitolo generale nel 1567 decise che il territorio di Sanseverino e di Cava dei T irreni fosse assegnato ai C ap puccini di N apoli. Soltanto nel 1920 quelli di Salerno poterono rien trare nel convento di Cava dei T irreni, ma non in quello di Fisciano, avendolo perduto durante la soppressione ( 1). Il convento di Mercato S. Severino è di due secoli più antico di quello di Fisciano, essendo stato fondato con bolla di Innocenzo VI, em anata da Villanova presso Avignone il 6 agosto 1358. Il documento pontificio è diretto al M inistro Provinciale dei F rati M inori della Provincia di T erra di Lavoro, al quale si ingiunge di fondare il nuovo convento, avendone fatto richiesta non soltanto il francescano sanse verinese P. A ndrea de Valle Regia, vescovo di Larino in Provincia di Campobasso, sin dal 1344, ma anche i nobili e i cittadini di San severino (2). (1) P. M a r i a n o d a C a l i t r i , O .F .M . C a p p ., / Frati M inori C appuccini nella Lucania e nel Salernitano, Salerno 1948, pp. 246, 384.395. (2) E u b e l C ., O.F.M. C o n v , Bullarium Franciscanum, VI, Romae 1902, num. 751, p. 315. In questo periodo troviamo due francescani sanseverinesi di nome fr. Andrea, ambedue vescovi. Il primo è fr. Andrea d i V alle Regia, già maestro dei cappellani e dei chierici della cappella della regina Giovanna, eletto vescovo di Larino il 28 maggio 1344 e morto nel 1365, anno in cui fu nominato il suo successore. Egli chiese la bolla di fondazione del convento di Mercato S. Seve rino, dalla quale risulta la sua origine sanseverinese : « Exhibita siquidem Nobis prò parte venerabilis fratris nostri Andreae episcopo alarinensis, se dilectorum fi- Non c’è dubbio che la bolla riguardi precisam ente il convento di M ercato S. Severino, come ritiene lo stesso E ubel (1), il quale speci fica: San Severino Mercato. Le parole, con le quali si ordina che la nuova fondazione debba sorgere in castro S. Severini p raed icti, fanno chiaram ente com prendere che non si tratta di uno dei tanti villaggi dello Stato di Sanseverino, ma precisam ente del castello con il re la tivo borgo, che formavano una sola cosa, corrispondente all’attuale M ercato S. Severino. P er lo stesso motivo bisogna riferire al convento di M ercato S. Severino, come giustam ente fa anche l’Eubel (2), u n ’altra bolla del 3 aprile del 1372, con cui Gregorio XI concedeva p er venti anni al cune indulgenze a chi visitasse in determ inate festività la « ecclesia B. M. A nnuntiatae conventus fratrum O rdinis M inorum de Burgo S. Severini salernitanae dioecesis », come si legge nel testo del docu m ento pontificio. Di questa verità erano convinti anche i nostri cro nisti del Seicento. Infatti il P. Niccolò G asparino da Spinazzola, te nace difensore della p rio rità di fondazione del convento di Baronissi, liom m universorum nobilium et aliorum ineolarum castri S. Severini salernitane dioecesis, de quo praefatus episcopus, sicut praefertur, traxit originem ». N ella bolla di elezione e nel decreto di nom ina a maestro dei cappellani e dei chierici della cappella reale è detto d e V alle Regia. Si tratta di cognome o di località dello Stato di S. Severino? E ’ difficile determ inarlo. Non è im probabile che egli sia nato nel territorio di Baronissi, la cui parrocchia nella platea della chiesa salernitana del Pastore abbracciava tre frazioni, cioè Saragnano, Baronissi e V alle, come abbiamo già visto. D ’altronde essendo due frati della stessa zona, non potè, vano denom inarsi da S. Severino, ma dal villaggio di origine, per non creare confusione. Cfr. E u b e l , B ull. Frane., V I, num. 269, p . 147 e num. 751, p. 315; H ierarchia catholica m edii aevi, I, Miinster 1889, p. 306; W a d d i n g L., O.F.M., Annales M inorum , ann. 1343, num. 35 e ann. 1344, num. 6 (V II, Quaracchi 1932, pp. 363, 371, 638s, 709). Il secondo francescano sanseverinese è fr. Andrea da Calvanico il quale fu eletto vescovo di Lesina il 17 febbraio 1 3 5 2 ; era già m orto il 15 marzo 1 3 7 4 , quando fu nom inato il suo successore, come nota l ’Eubel, H ierarchia, V, p . 3 1 6 . Cfr. anche W a d d i n g , Annales, ann. 1 3 5 1 , num. 4 2 ( V i l i , Quaracchi 1 9 3 2 , p p . 8 7 s, 5 0 2 ). P. N iccolò da Spinazzola confonde i due om onim i ed erroneam ente afferma che fr. Andrea da Calvanico fu il fondatore del convento di Mercato S. Severino. E gli fu tratto in errore dal W adding, il quale nel testo degli A nnali riporta fon. datore del convento « episcopus Alesanensis », cioè fr. Andrea da Calvanico ; nel regesto delle bolle giustamente dice, com e l ’Eubel, che la bolla fu concessa dietro preghiere di Andrene episcopi alarinensis, cioè fr. Andrea de V alle Regia. Cfr. W a d d i n g , Annales, ann. 1358, num. 10 (VIII^ pp. 164 e 560). (1 ) B ull. Frane., V I, num. 269, p. 147, (2) Ivi, num. 1179, p. 472. non solo attribuisce le due bolle al convento di M ercato S. Severino, ma anche si sforza di spiegare perchè nella prim a si perm etta la co struzione nel castello, nella seconda invece si p arli di borgo di Sanse verino. Di più il P. Niccolò da Spinazzola propone una soluzio ne alla difficoltà del titolo dell’A nnunziata, dato alla chiesa nel 1372, m entre al tem po del P. Niccolò essa si diceva di S. Francesco. Ecco le sue parole : « Che questa indulgenza sia concessa nella chiesa de’ F rati Mi nori del burgo di S. Severino sotto il nome dell’A nnunziata, e la con cessione della fundazione del convento, fatta da P apa Innocenzo VI nell’anno 1358, dica che si fundi il convento nel castello di S. Seve rino, ben si può accomodare, perchè il convento nel detto anno (1358) potrebbe stare fusse fundato in detto castello et terra, et quando quel lo fu destrutto, come si vede, fusse riedificato nel burgo dov'al p r c sente si vede. Et in quanto al nome della chiesa, non era gran cosa nè insolita m utarsi il nome delle chiese, ch’ai tem po della concessione dell’indulgenza si chiam a la N unziata et al presente si chiam a S. F ra n cesco, abitato da’ P adri C onventuali. Ovvero potem o riconciliare que sta m ultiplicità di nome di convento edificato nella terra di S. Seve rino et l’indulgenza stata concessa alla chiesa del burgo, perchè per ordinario dicendo la terra, insiem e si dice il burgo, quali sono una istessa cosa, (com e) dicendo N apoli s’intendono anche li burghi » (1). Di questa soluzione il buon cronista non doveva essere troppo soddisfatto, come non lo saranno neppure i nostri lettori. T rattando della fondazione del convento di Baronissi, egli ritorna sull’argomento e propone una nuova soluzione per sciogliere la difficoltà del titolo dell’A nnunziata. Il testo è davvero interessante e m erita di essere riportato, perchè ci dà notizia di un ospedale nelle vicinanze del convento, esistente ancora a quel tem po: « In quanto al nome della chiesa, non è cosa nova, ma molto usata et praticata fundarsi un convento con un titolo et poi in suc cesso di tem po m utarsi et chiam arsi d ’un altro ; et così potrebbe essere ch’ai tem po della concessione dell’indulgenza questo convento, esi stente nel burgo o Mercato di S. Severino, si chiamasse l ’A nnunziata et al presente si chiam i S. Francesco ». Potrebbe essere ancora che nel tem po che detti frati im p etra rono la suddetta indulgenza, essi frati abitassero nella chiesa )della Annunziata d e l Burgo et Mercato d i S. Severino , quale sin al presente vi è uno ospidale vicino al convento detto, perchè in quel tem po for*e si fabbricava il nuovo convento in detto Burgo et M ercato, trasferito dalla terra et castello disabitato. Orm ai sia come si vuole, il vescovo suddetto (fr. Andrea) et università di S. Severino supplicarono et obtennero lieenza da P apa Innocenzo VI di edificare questo suddetto convento dentro del castello e poi, per la destruzione di quello, (fu) trasferito nel burgo ch'ai presente si chiam a il M ercato ». ( 1). M ettendo da parte le disquisizioni preconcette del nostro cro nista, a noi sem bra che la chiesa abbia avuto da principio il titolo di M aria SS. dell’A nnunziata, m utato successivamente in quello di S. Francesco, per assumere poi, forse dopo la ricostruzione del 1760, l’attuale di S. Antonio. Questa nostra ipotesi è avvalorata dal fatto che tu tto ra si conservano nella chiesa del convento due quadri di M aria SS. dell’A nnunziata. uno nell’abside e l’altro nell’interno, sulla porta d ’ingresso. Il lettore avrà notato con quanta buona volontà il P . Niccolò cerchi di sciogliere le difficoltà ; troppo sem plici però le sue spiega zioni e soprattutto in aperto contrasto con la storia del castello di Sanseverino. Questo infatti non venne distrutto insiem e al convento tra il 1358 e il 1372, ma andò lentam ente in rovina, prim a per il trasferim ento dei suoi signori nel Cilento, a Salerno e a N apoli, e poi definitivam ente p er la ribellione del famoso D. F errante Sanseverino, P rincipe di Salerno, a Carlo V e la sua fuga in Francia, dove si ascrisse al calvinismo e m orì in m iseria nel 1568 (2). Nella chiesa di S. Antonio di M ercato S. Severino sussiste ancora un ricordo dei Conti Sanseverino, i quali senza dubbio si interessa rono della fondazione del convento. Lo si può ricavare dalla bolla del 6 agosto 1358, concessa dietro istanze non soltanto del vescovo fr. An- (1) C ronaca, p. 526. N ella nuova serie del bollario francescano si trova indi, zio d ell ’esistenza di un monastero di Clarisse in Mercato S. Severino, dal titolo Maria SS. Annunziata. La bolla, la quale portava la data d ell ’8 aprile 1469 per la concessione di alcuni favori alla chiesa suddetta, non è conservata nelFArchivio Vaticano. Di essa fa m enzione l ’Alva, come afferma P. Giuseppe Maria Pou, O.F.M.. B ullarium Franciscanum, N .S ., II, Quaracchi 1939, num. 1539, p. 761: Paolo II! « aliqua concedit in favorem m onialium Clarissarum m onasterii S. Mariae Annun tiatae civitatis S. Severini, in dioecesi salernitana — 1469, aprilis 8, Romae ■ — Sacrae R eligionis etc. Datum Romae apud S. Petrum etc., anno... 1469, V I idus aprilis, anno V ». N ella nota 4 cita : « Alva, Indie., II, p. 60, n. 26, ex Arch. Vat., ubi tam en desideratur ». Nessun ricordo sussiste del monastero in Mercato S. Severino. Sarà stato uno sbaglio d ell ’Alva? (2) C a r u c c i C ., D. Ferrante Sanseverino P rincipe d i Salerno, Salerno 1899, p. 59ss. drea, ma anche di tu tti i nobili e di altri cittadini del castello di San severino ( 1). A destra delim itare maggiore, in cornu epistolae, an cora oggi si può am m irare il sarcofago del Conte Tommaso III San severino, m orto il 27 aprile 1358, come si deduce d all’epigrafe: « Hic jacet corpus m agni(fi)ci viri d(om i)ni Thom m asii de Sanctoseverino comitis / M arsici, B aroniarum Sanctiseverini, Cilenti, L auri(a)e et castri Sancti Georgii j D (om i)ni et magni Regni Sicili(a)e com estabuli, qui obiit anno D (om i)ni MCCCLVIII XXVII / aprelis (sic) XI indictione, cuius anim a requiescat in pace. Amen Amen ». Dal fatto però che Tommaso III m orì nel 1358 e il suo sarcofago si conserva nella chiesa di S. Antonio, non ne segue che questa fosse già costruita in tale data. Sarebbe assurdo il pensarlo, p er il fatto che proprio in tale anno se ne otteneva la bolla di fondazione. Quindi, solo quando questa fu term inata o per lo meno coperta, gli eredi del Conte vi fecero trasferire le sue spoglie e gli eressero il superbo m au soleo, che è uno dei pochi ricordi dell’antica chiesa, d istrutta da una alluvione nella prim a m età del secolo XVIII (2). La chiesa attuale infatti fu ricostruita nel 1760, come si legge sul suo frontespizio: NON EST HIC ALIUD NISI DOMUS DEI ET PORTA COELI GEN. CAP. XXVIII A. D. MDCCLX (1 ) La fam iglia Sanseverino ha lasciato non pochi ricordi della sua religio, sita. Il Conte Tommaso II Sanseverino, nipote di S. Tommaaso d ’Aquino e padre di Tommaso III, fece costruire la Certosa di Padula in Prov. di Salerno, uno dei più belli monumenti del genere nellT talia M eridionale. Egli morì tra il febbraio e il giugno del 1324; fu sepolto nella Certosa, dove ancora oggi si vede la sua statua con l ’iscrizione : « Hoc claudor saxo primus qui saxea feci / fundamenta domus chartusianae tuae / Marsicus ecce Comes, Thomas en Sanseverinus / ad Deum prò m e fundito corde preces ». Cfr. P o r t a u o v a G., Il C astello d i Sansev., pp. 127 -136. Alla munificenza della fam iglia Sanseverino si deve anche la costru. zione dei conventi francescani di Padula nel 1380 e di Teggiano verso il 1474, come riferisce P . Francesco Gonzaga, De O rigini Seraphicae R eligion is Franciscanae, Romae 1587, p. 372. (2) N ei docum enti, allegati per la vertenza tra il parroco di Mercato S. Se verino e i frati presso la Congregazione dei Vescovi e Regolari dopo la soppres sione del 1866, dei quali parleremo in seguito, si dice espressamente che la chiesa e il convento furono ricostruiti dai PP. Conventuali nella prima m età del sec. XVIII. Non sappiamo però se si trattò di una vera ricostruzione dalle fondamenta o sem plicem ente di restauri. In essa sono conservate anche altre tombe con le relative iscri zioni. Accanto al sarcofago del Conte Tommaso, un pò più indietro, si legge la seguente epigrafe del capitano Scipione De Sanctis e di suo fratello Lucio, barone della terra di S. Giorgio, con data 1580: SCIPIO DE SANCTIS AEQUES (sic) SANSEVERINAS PLURIES PEDESTRIUM CO PIAR(UM ) DUCTOR VIVENS ADHUC ET LUTIUS SANCTI GEORGI TER R (A )E DOMINUS UT SE DILEXERUNT IN VITA FRATRES POST OBITUM SEPARARI (sic) NON PASSI FUERUNT A. D(O M I)NI MDLXXX (1). In cornu evangelii si trova la sepoltura del nobile napoletano F ilippo Arcamonio con la seguente epigrafe del 1560: PH ILIPPU S ARCAMONIUS NOBIILIS NEAPO LITANUS HUM ANIS DIE CASIBUS AGITATUS CERTAM HIC VIVENS REQUIEM FUTURAM POSUIT MDLX Un’altra iscrizione si trova presso l’altare del S. Cuore di Gesù, che è il secondo a destra di chi entra in chiesa, e ricorda che nel 1469 l ’altare venne dedicato a S. C aterina d ’A lessandria e decorato nel 1820 dalla fam iglia Cubelli - C orreale: (1 ) La nobile fam iglia De colo seguente con M addalena De afferma Francesco Mari nella sua p. 24s. N ella chiesa di Castel S. Santis dello Stato di S. Severino si estinse nel se. Santis, m oglie di D. Andrea Prignani, come relazione. Cfr. V o c c a P., Lo Stato d i Sansev Giorgio, nella prima cappella a destra, è se polto il barone Orazio De Santis. Sulla tomba erettagli nel 1661 dal genero e dalla suddetta figlia M addalena, si legge la seguente epigrafe, dalla quale ri sulta che egli era barone di Saragnano, Castel S. Giorgio e T orello; « D.O.M. / Oratius De Santis nobilis sanseverinensis Baro Saragnani, T orelli acs. Georgii / terrae huius cuius olim fuerat Dom inus nunc servus fato effectus / iacet sub hac eadem hum ilis prostratus ad terram / et extinctus / dom ino tantorum oppidorum misero sibi / in una solum misera urna mutat / vere hic miserandus ab omnibus qui hic dom inabatur omnibus / sed si m undanum nom en mundo cum habitis in vita / m oriendo cum vita reliquit / feliciusque nunc cognomen solum retinet cum Sanctis / in coelum / Tanti viri tantam spem vitae probitas / mestis haeredibus prom ittit / inter quos Andreas Prignanus cohaeres et gener / de eadem sanseve rinensi nobili gente natus / tristior quia ceteris / ut im m em or non esset fatali tatis cari affinis et am ici / praeclaro nom ini sui defuncti / ni assiduis Madalenae uxoris lacrimis / cari genitoris necem triste ferens / confracta ruat / lapidem hanc erexit / Anno Dom ini MDCLXI / die 12 augusti ». D. O. M. AC D. CATHARINAE V. E. M. VETUSTUM SACELLUM DICATUM ANNO MCCCCLXIX A IOANNE PRONEPTAE (SIC) CUBELLI EX NOBILI CORREALE PROSAPIA PATRICIA SURRENTINA PRO FEUDIS NONNULLIS ADSCITIS HIC INDE TRANSLATA THOMAS HAERES ILLUSTRAVI (sic) A. D. MDCCCXX Anche nella cappella di S. Antonio si trovano due lapidi. La p ri ma ricorda che l’altare fu dichiarato privilegiato da Benedetto XIV il 4 ottobre 1751 e designato dal Generale dei Conventuali il 10 aprile 1753 : ALTARE HOC OM NIPOTENTI DEO IN HONOREM S. ANTONII PATAV INI ERECTUM PRIVILEGIO QUOTIDIANO PERPETUO AC LIBERO PRO OMNIBUS DEFUNCTIS AD QUOSCUMQUE SACERDOTE(S) VIGORE BREVIS BENEDICTI XIV DIE IIV OCTOBRIS MDCCLI INSIGNITUM ATQUE A MINISTRO GENERALI ORDINIS DIE X MENSIS APRILIS MDCCLIII DESIGNATUM. La seconda iscrizione ricorda che l’altare fu consacrato il 18 maggio 1755 dal Rev.mo D. M ichele Del Re ex A bate Generale della Congregazione di M ontevergine: A. D. MDCCLV DIE XVI1II MENSIS M AH ALTARE HOC DIVI ANTONII DE PADUE FUIT CONSECRATUM A REV.MO PATRE ABBATE MICHAELE DEL RE ABBAS EXGE(NERA)LIS CONGREGATIONIS MONTIS VIRGBNIS, ET VISITANTIBUS IN DUE ANNIVERSARIO CONCESSIT QUADRAGINTA DIES DE VERA INDULG ENTI^ IN FORMA ECCLESIAE. I P adri Conventuali dim orarono nel convento di M ercato S. Se verino, che avevano riedificato o restaurato insiem e alla chiesa dopo l’alluvione sum m enzionata, fino alla soppressione francese del 1810 e non vi fecero più ritorno dopo il concordato del 1818, forse perchè la chiesa nel 1811 era stata concessa da Gioacchino M urat al parroco locale per trasferirvi la parrocchia dalla chiesa di S. M aria delle Grazie, la quale era in pessime condizioni e non proporzionata ai bisogni della popolazione. Questo stato di cose durò fino al 1841, quando, con assenso regio del 15 marzo e con rescritto pontificio del 25 giugno dello stesso anno, dietro istanze del m unicipio, il convento con la chiesa fu ceduto ai M inori Osservanti della ex Provincia di P rincipato e la parrocchia ritornò a ll’antica sede. L’arcivescovo di Salerno Mons. M arino Paglia diede il suo assenso per la riap ertu ra del convento, ma a condizione che questo fosse dichiarato casa di ritiro e fosse governato come quello poco distante di M ontoro (1). Questa condizione si verificò soltanto nel 1855, dietro rim ostranze del suddetto arcivescovo presso il M inistro G enerale P. Luigi da Loreto, il quale « prò bono pacis » ordinò che si stesse ai p atti del 1841, ben ché non spettasse agli O rdinari Diocesani apporre sim ili condizioni nell’ap ertu ra delle case religiose, ma solo alla Santa Sede. Dopo la soppressione del 1866 il convento venne ceduto dal de manio al comune di Fisciano, da cui però lo rivendicò quello di M er cato S. Severino che lo adibì a carcere m andam entale e a scuole ele m entari. P er l’espulsione dei frati, la chiesa subì la stessa sorte c’el 1811, poiché in data 13 giugno 1869 dal Comune fu data in consegna al parroco D. Francesco C apri per rip ristin arv i la parrocchia. Dietro istanze del M inistro P rovinciale P. Francesco M aria da P adula presso la S. Congregazione dei Vescovi e R egolari, questa, con sentenza del 9 luglio 1880 e del 18 marzo 1881, decise che la chiesa fosse ricon segnata ai frati e la parrocchia ritornasse all’antica sede, dove si trova tu tto ra (2). Avendo riscattato il convento per opera del P. Francesco Santoro da M ercato S. Severino, (3) ed ottenuto la chiesa, i frati il (1) Il convento di S. Maria degli Angeli di Montoro Superiore fu fondato dagli Osservanti di Principato con breve di Sisto V d ell ’l l novembre 1589. Il suolo fu donato dalla fam iglia Mastrangelo, la quale diede anche 1500 ducati per la fabbrica. In seguito il convento fu eretto in Ritiro, dove il 29 febbraio 1868 m orì in concetto di santità il P. Salvatore da Caposele. Chiuso nel 1902, è stato riaperto il 23 marzo 1941 insiem^ c o ll ’antico Santuario di Maria SS. della Incoronata, ceduto in tale anno ai Frati M inori delia ex Provincia di Principato dall ’arcivescovo di Salem o Mons. Demetrio Moscato, Cfr. P. R affaele d a P aterno, O.F.M ., De A lm a P rincipatus Provincia, N apoli 1880, pp. 22ss, 78ss. ; P. F rancescantonio (S antoro) d a Sanseverino , M. O., E logio funebre d e l P. Salvatore da C aposele, N ap oli, 1879. (2) Cfr. A cta O rdinis Fratrum M inorum , 1882, p. 113s. I docum enti, presen tati d all ’Arcivescovo di Salerno e dal Procuratore G enerale d e ll ’Ordine, sono conservati n ell ’Arch. Gen. d ell ’Ordine dei Frati M inori in Roma, M iscellanea, V, fase. 1, 4, 5. (3) Di questo benem erito religioso, sapiente educatore di m olti professionisti di Mercato S. Severino, v o lle tramandare il nome ai posteri un suo discepolo, fa. 13 ottobre 1895 la fecero consacrare dal nostro concittadino Mons. Francesco T rotta, allora vescovo di Teram o, come si legge nella lapide m urata a destra di chi entra in chiesa: FRATRES MINORES REDEMPTO COENOBIO IN G E N T IS U M P T U ET LABORE TEMPLUM HOC ILLI HAERENS MAGNO POPULI CONCURSU AC LETITIA DEVO ANTONIO PATAVINO DICANDUM SACRANDUMQUE CURARUNT FRANCISCUS TROTTA EPISCOPUS APRUTINUS SACRA PEREGIT DTE XIII OCTOBRIS MDCCCXCV. In data 14 dicem bre 1944 anche la p arte del convento adibita a carcere, fu restituita ai frati, i quali con molto zelo si prodigarono per istituirvi un orfanotrofio per il benessere fisico, intellettuale e morale dei fanciulli. 3 . — IL CONVENTO DI BARONISSI NELL ’AUREOLA DELLA LEGGENDA. Diamo un saluto al castello, al convento di S. Antonio e alla ri dente cittadina di Mercato S. Severino per portarci al convento della SS. T rinità di Baronissi, oggetto diretto del nostro studio. Dalla luce della storia entriam o ora nel crepuscolo della leggenda, in cui è dif ficile distinguere il reale dalFim m aginario, il vero dal falso. Pas sando dal certo all’incerto, vediamo che cosa si può stabilire di pro babile circa la fondazione del convento di Baronissi. E’ anteriore o posteriore a quello di M ercato S. Severino? La tradizione che lo vuole fondato ai prim ordi dell’O rdine francescano è suffragata da docu m enti o urta contro gravi difficoltà? A queste dom ande risponderem o francam ente dopo Pesame critico delle fonti che sono a nostra co noscenza. P rim a di tutto ascoltiamo il P. Niccolò Gasparino da Spinazzola, cronista dei R iform ati di P rincipato, il quale lo vuole fondato dal B. Simone d ’Assisi verso il 1212. Non abbiam o nessun motivo p er cendo scolpire sulla sua tomba nel cimitero di Costa la seguente epigrafe: « P. Fran cescantonio Santoro / Frate Minore / che colla parola e l ’esempio / zelò la gloria di Dio / nella fede ardente in cui visse / qui aspetta la resurrezione dei morti / 1834 - 1925 / Il Dott. Bartolomeo M acchiargli / per riconoscenza al suo primo maestro ». dubitare che questa sia la sua opinione, perchè egli lo afferm a espli citam ente più d’una volta. In un punto del suo m anoscritto (1 ) così si esprim e: «Q uesto altro luogo (d i Baronissi) è il convento della T rinità di M onticello (2) nelli casali di S. Severino, quale convento non è stato edificato in questo anno 1532, perchè fu preso et fundato, ma piccolo, nel tem po del P.S. Francesco, come s’è detto nell’anno 1212, num . 3, ma è stato dopo reedificato così suntuoso et grande ». D isgraziatam ente è andata perduta la prim a parte della sua cronaca, in cui trattava di proposito della fondazione del convento di B aro nissi, e perciò non conosciamo gli argom enti ivi addotti per confer m are la sua opinione. Il suo m anoscritto nello stato attuale va dallo anno 1234 al 1644. Se però ignoriam o ciò che diceva all’anno 1212, lo possiamo im m aginare da quello che ne scrive all’anno 1594, parlando del pas saggio di detto convento dagli Osservanti ai R iform ati di P rincipato. Il brano è abbastanza lungo, ma, essendo interessantissim o, lo rip o r tiam o quasi integralm ente, perchè, secondo noi, è la base della pia leggenda, riten u ta da m olti storia vera sino ai giorni nostri. E ’ un esempio tipico del come si creavano certe leggende nel secolo XVII. In alcuni p u n ti sem bra un brano dei F ioretti e perciò si legge con un certo piacere. Vi si legge: « In questo C apitolo (d e l 1594), con l’agiuto del Rev.mo P. (B o naventura) da C altagirone G enerale dell’O rdine, li F rati R iform ati presero il convento della T rinità di M onticello di Sanseverino, quale convento è stato edificato sopra d ’un piccolo m onte situato nel mezzo d ’una am ena p ianura, così ben posto che pare che la natura abbiti prodotto a questo fine detto m onte per edificarvi di sopra il convento all’aspetto di mezzo giorno et quattro m iglia distante dal m are. In che anno sia stato fundato questo convento, sin oggi non ri trovo autore che lo dica. E ’ ben vero ch’el P. fr. Luca Gaudigno nel 4 tom e de’ suoi A nnali (sic), n ell’anno 1358, num . 10, ragiona del convento fundato dal P. fr. Andrea da Sanseverino, nativo del casale di Clavanico (sic)... questo convento è il convento di S. Francesco de’ (1) Cronaca, p. 253. (2) Secondo Francesco Mari il convento fu detto di M onticello « dalla Cellio o C elli fam iglia, dalla quale fu donato detto monte o collina per la fondazione, del convento; da una bolla del PP. Paolo V , che si conserva nello archivio di detto convento, si legge : D ilectis Nobis in Christo fratribus societatis Conceptio nis B. Mariae in ecclesia SS.mae Trinitatis loci m ontis C elii T errae S. Severini salernitanae diocesis ». V o c c a P., Lo Stato d i Sansev., p. 159. I nostri cronisti ignorano la fam iglia C elli e la bolla pontificia. Padri Conventuali che di presente sta fabbricato nel M ercato di S. Se verino . . . Ragionando poi della fondazione del convento della T rinità, dico che non ho visto autore che noti Vanno proprio... P er notizia et co gnizione di questo convento bisogna andare sin al principio della Religione, e prim a ch'el N. P. S. Francesco venisse nel Regno di Napoli et edificasse tanti conventi, quanti ne avemo scritti nell’anno 1222 e più, cioè nell’anno 1211, nel quale detto Serafico N. P adre, considerando che Dio N. Signore aveva dato la sua Religione al m on do per la salute de’ peccatori per convertirli alla penitenza e non per la sola salute propria di detto S. P adre e de’ suoi frati... determ inò m andare li suoi discepoli in tu tte le Provincie d ’Italia... Il S. Padre distribuì ai suoi discepoli le suddette Provincie et come vero im ita tore di Cristo Signore Nostro, che prim um coepit facere et postea docere... si elesse, anzi in sorte li toccò la Provincia di Toscana, a fr. Bernardo (d a) Quintavalle la Provincia di Bologna... A fr. Simone d’Assisi, a fr. Giacomo d ’Assisi (e a) fr. Agostino d ’Assisi toccò il Re gno di N apoli, agl’altri l ’altre Provincie. Questi evangelici predicatori avevano studiato non in studii di omini terreni scienze vane et m undane, ma nel studio della santa cro ce, m ortificazione, astinenza, carità e desiderio della salute del pros simo, et letto di continuo con la m editazione in quel santo libro della vita, passione et m orte di N.S. Gesù Cristo, scritto con penne di chiodi, lancie etc., con lettere di sangue : divennero perfetti discepoli et veri im itatori del P.S. Francesco nel disprezzo del mondo, nella m ortifi cazione della carne, nella pazienza, nella carità, n ell’amore di Dio e del prossimo, nella santità et esem plarità della vita con la quale più che con le parole predicavano. Come obbedienti discepoli, prostrati a terra, presero la benedi zione dal S. Padre, et fra di loro am ati fratelli si licenziarono et raccom andarono l’un all’altro alle loro sante orazioni e per il cam mino d ’Abbruzzo entrarono nel Regno di N apoli, predicando da terra in terra la penitenza de’ peccati, l ’osservanza della legge evangelica et il disprezzo del mondo ; e p er la novità delle vesti e p er l’estrem a povertà, prim a d ’essere conosciuti p er religiosi e veri disprezzatori del mondo, erano disprezzati, vilipesi, tenuti per pazzi et om ini dis’u tili, quali per non faticare m enavano quella vita oziosa p er vivere m en dicando, quali p er tutto l’anno 1211 s’occuparono in predicare la parola di Dio nella Provincia d’Abruzzo. Dopo si divisero: fr. Giacomo col compagno prese il cammino per la Provincia di S. Angelo p red i cando con grande spirito et nella terra di Foggia in Puglia vi edificò un povero convento per la sua Religione, nel quale ricevi (sic) con licenzia del S. P adre alcuni giovani alla Religione... N ell'anno 1212 fr. Simone d ’Assisi col P. fr. Agostino ed altri com pagni, dopo dim orato alquanto nella Provincia d ’Abruzzo, se ne calò predicando per Sulm ona, Pesco Costanzo, Castello del Sanguine (sic), Isernia, la valle di Benevento, P rincipato U ltra, T erra di Lavoro et P rincipato C itra, e bona p arte del Regno. Fu questo fr. Simone d’Assisi di vita tanto esem plare et devota, di sì grande spirito et devozione, fu innalzato a tanta contem plazione che sibbene era frate semplice et senza lettere um ane, parlava nondi meno nelle prediche e ragionam enti fam iliari cose tanto alte dello amore divino che ben si conosceva non da terreno, ma da celeste maestro aver im parato. Spesso era rapito in tanto grande eccesso del l’amore di Dio che restava di sì fatta m aniera insensibile che, postoli (sic) da secolari, per provarlo, l’accesi carboni sopra li nudi piedi, non sentiva l’ardore di quelli. Predicava con grandissim o spirito et fervore, convertiva li pec catori alla strada della salute et (a ) lasciare il m ondo e le sue vanità. Edificò alcuni conventi in m olte terre, ma piccoli et poveri conforme all’intenzione et voluntà del P.S. Francesco, et in particulare il con vento detto della Trinità d i M onticelli fra Sava et Saragnano, casali d i S. Severino, nel quale abitarono frati di S. Francesco et riceverono giovani all’abito. Et detto fr. Simone, predicando un giorno nella terra di S. Severino vicino Salerno, con grande spirito et fervore il disprezzo del mondo con le sue vanità et sensualità, la penitenza delli peccati et l’acquisto dell’amore di Dio, un giovane m olto nobile et ricco, ma altrettanto sensuale, allevato d a’ suoi p aren ti con m olta com odità et delizie, per le sue prediche venne in tan ta com punzione, desiderio di fare penitenza de' suoi peccati, lasciare il m ondo et ser vire a Dio, et dal detto fr. Simone et com pagni con licenza del S.P.N. Francesco ricevè l’abito della Religione et fu posto a fare il noviziato in questo piccolo convento, fundato in Sanseverino nel loco detto M onticello, ma piccolo et povero. Questo giovane, facendo il noviziato, dal dem onio fu tentato di gravissima tentazione di carne : ricorse più volte alle orazioni, alle penitenze, discipline, et con tutto ciò la tentazione non cessava. Dif fidato di poterla vincere, determ inò ritornarsene al secolo; che però se n ’andò da fr. Simone, li manifestò la sua intenzione e dim andò le sue vesti p er uscire dalla Religione. Fr. Simone li disse che sedesse e posasse alquanto il capo nel suo seno : ciò fatto, fr. Simone levò gli occhi al cielo, fu rapito in estasi, nella quale con fervente orazione raccom andò il novizio al Signore: et ritornato d all’estasi, lo ritrovò libero dalla tentazione et confirm ato nel proposito di servire a Dio nella R eligione: et giunse a tanto grado di carità che, dalla giustizia essendo condennato uno m alfattore a doverseli cavare gl’occhi, pregò il giudice instantem ente (che) restasse contento cavarne uno ad esso et l’altro al condennato, acciò quel povero non restasse privo di am bedue gli occhi, P. Guadigno, anno 1210, num. 42; Croniche, parie p rim a , libro 6, cap. 42; et nai n e ll ’anno 1212, num. 2, 3. P er rito rn are al nostro proposito, questo convento della T rinità di S. Severino, detto de M onticelli, (fu) edificato, ma piccolo et po vero, dal detto F r. Simone et com pagni; et in questo riceverono novizii alla Religione et fecero il noviziato, come s’è d etto ; quale con vento, in successo di tempo essendo bruciato, dalli devoti fu reedifi cato più grande e più bello che non era anticam ente ». ( 1). Il P. Niccolò stendeva la sua Cronaca nel convento di S. Lorenzo di Salerno tra il 2 gennaio e il 2 febbraio 1642, come risulta dalle note m arginali del suo m anoscritto (2). Era necessario riferire tutto il testo p er renderci conto come abbia ricostruito avvenim enti storici del 1212 senza docum enti degni di fede, soltanto appoggiato sulla tradizione orale, se p u r esisteva, e su qualche frase staccata dei cronisti dello Ordine. P er la verità storica dobbiam o precisare che non tutti i contem poranei e com provinciali del P. Niccolò la pensavano come lui. In fatti i due suoi com pagni di studio e successori nel provincialato, P. B onaventura Barbarico da S. Severino (1644 - 1647) e P. P ietro da Cilento (1647 - 1650), nelle loro relazioni m andate ai C apitoli o Congregazioni G enerali, non fanno neppure il minim o accenno alla venuta del B. Simone a Baronissi, pur avendone sentito discorrere dal nostro cronista, poiché scrivevano dopo di lui. In fatti il prim o in una « Nota delli conventi di questa Riform ata Provincia de P rincipato », che porta la sua firm a ed è conservata negli atti definitoriali ( 3), a proposito del convento in questione così si esprim eva: « Il convento della SS. T rinità di S. Severino, situato sopra una collina, circondato da diversi castelli e casali dell’istessa valle, alcuni più vicini, altri più lontani, è stato convento dell’Osservanza et ora (è) posseduto da’ Reform ati da 50 anni incirca. In questo convento vi possono vivere di quotidiana m endicazione trenta frati e ci sta la bottega delli panni per la com unità di tutta la R iform ata (1) Cronaca, pp. 525 - 529. (2 ) Cronaca, pp 511 e 561. (3 ) A rch. Prov. Salernitano - Lucan., L ibro I, i . lOQr. Provincia, et è il secondo convento di detta Provincia, e non vi sono scritture della sua fondazione, et è convento di studio. Vi sono necessarii dieci sacerdoti, sei confessori, due o tre predicatori, quattro chierici, dieci laici di servizio e cinque per la bottega, e vi possono stare quattro o sei studenti ». Il P. P ietro da Cilento, a proposito della fondazione, nota sem plicem ente che non si sa niente di certo al di fuori di quello che ne scrive il Rev.mo P. Francesco Gonzaga (1). Questo prudente riserbo non venne im itato dai loro successori nelle relazioni che sono a nostra conoscenza. In fatti il P. B onaventura da M ercogliano (1662 - 1665), amico in timo e fedele collaboratore del P. Niccolò da Spinazzola, si lim ita a rip etere le sue afferm azioni traducendo in latino il testo della sua cronaca : « Huic initium dedit B. Sim on Assisias, Seraphici S. P. Francisci socius, qui in honorem SS.mae T rin itatis parvulum et ino pem condidit, sicut noverat sanctissimo P a tri in optatis esse » (2). E circa 80 anni dopo il P. B ernardo da Cilento dei baroni di Casigliano (1739 - 1742), volendo essere più esatto e scrupoloso, ne anticipava la fondazione di due anni : « Conventus iste prim am agnoscit fundationem a B. Simone Assisiate S. P. N. Francisci socio circa annum 1210 » (3). Nel 1856 il P. Giuseppe A ddivinola da C ontrada, sem brandogli ancora troppo poco, aum entava la dose riportando la fondazione al 1208, quando l’O rdine francescano non era stato ancora fondato: « Provincia P rincipatus 18 conventibus c o n s ta t......... SS. mae T rin i tatis prope Septem pedam anno 1208 constructo, qui commode sustentat 43 F ratres, in Archidiocesi S alernitana » (4). I lettori intelligenti si saranno già accorti che il racconto del P. Niccolò nasce dal desiderio di esaltare il convento di Baronissi, nel sentire da lui stesso che nessun autore p arla dell’anno in cui questo convento fu fondato. Se egli era convinto di questo silenzio delle fonti storiche, perchè affannarsi tanto a condurre il B. Simone da Assisi a Baronissi attraverso un itinerario così m inuzioso, quasi fosse stato uno della pia com itiva, e a descrivere la sua predicazione e la con versione del nobile sanseverinese, il quale poi sarebbe stato ammesso all’Ordine con licenza di S. Francesco e avrebbe fatto il noviziato precisam ente nel convento di Baronissi? (1) (2) (3) (4) Arch. S. Isidoro in Rom a, ms. mise. 6, p. 493. Arch. S. Isidoro in Rom a, ms. mise. 5, f. 5v. Coco P., I Francescani in T erra d i Lav., in Stud. Frane., 1934, p. 344. 4reh. Gen. O. F. M., Doc. della P rov. R if. d i Princ., p. 39. La colpa, se di colpa si può parlare, in p arte fu del nostro cro nista, in p arte fu anche del W adding che, trattando del B. Simone e della sua predicazione, riferisce il fatto della conversione di quel giovane e dice che questi era appunto del nostro Sanseverino: « e Sancto Severino, C am paniae inter Picentinos nobilissimo oppido, ex quo clarissim ae Sanseverinatum fam iliae origo » (1). Senza dubbio il W adding non poteva essere più preciso, perchè a tu tti è noto che il Sanseverino della Cam pania è precisam ente il nostro, da cui eb be origine la nobilissim a fam iglia Sanseverino. Questo è il fondam ento del racconto del P. Niccolò da Spinaz zola, il quale però non lesse più giù ciò che l'annalista aggiungeva a proposito dell'atto di carità verso il m alfattore condannato a perdere i due occhi: « Alios attribuere hoc factum B. Junipero notat Rodul phus (2), sed ipse cum M ariano (3), Marco (4) et fr. Hugolino de Monte S. M ariae (5), qui res Provinciae Picenae speciali comple xus est tractaculo m anuscripto, huic adscribunt. Forsan rem similem egit etiam B. Juniperus » (6). Dunque un fatto accaduto nelle M arche viene spostato nel Salernitano e dà origine alla leggenda del la fondazione del convento di Baronissi per opera del B. Simone da Assisi! In fatti se fr. Ugolino da M onte S. M aria, figlio della Provincia (1) Annales, ann. 1210, num. 43 (I. Quaracchi 1931, p. 107). (2) H istoriarum Seraphicae R eligionis lib ri tres, Venezia 1586, f. 129v; « M ul. ta efficacia devotionis (B . Simon) explicabat verbum Dei, ex quo cum iuvenis de S. Severino eum predicantem audivisset, conversus fuit ad Christum et dimissis diaboli vestigiis se totum Christo consecravit. Narratur quoque de ilio , quamvis alii attribuant hoc exem plum B. Iunipero, quod cum iudex vellet sententiam ferre in quondam malfactorem, ut ambobus oculis privaretur, ne pauper caecus etiam maneret, instanter rogavit iudicem , ut pauperi altenim oculum reliqueret et sibi unum erueret. Cum in sylva Brufortii oraret garrituque avium divexaretur, prae cepit eis in nom ine Dom ini, ut recederent, et illae paruerunt ». (3) N el Compendium. chronicarum O rdinis Fr. M inorum , Quaracchi 1911, p. 8 d ell ’estratto, F. Mariano dice soltanto : « Sim on de Assisio, vir solitarius et ma gnae contem plationis et speculum lucidae sanctitatis et omnium virtutum. Qui licet numquam grammaticam didicisset, tamen tam profunde et tam alte de Deo loquebatur. Cuius m iracula, auctoritate Gregorii noni, episcopus spoletinus approbavit ». Il cronista fiorentino riferiva il fatto nelle sue cronache, delle quali si servì il W adding; esse sono andate perdute. Cfr. C a n n a r o z z i C . , 0 . F. M., Una fonte prim aria degli Annali d e l W adding, (Il Fasciculus Chronicarum d i fra Ma riano da Firenze , in Stud. Frane., S. 3, ann. II (1930), pp. 251ss. (4) Riferirem o il suo testo dopo. (5) Conosciamo il suo testo soltanto attraverso la citazione del Wadding. L ’au. tore morì verso la fine del sec. XIII o al principio del sec. XEV. Cfr. A nalecta Franciscana, III, p. 67, n. 5. (6) Annales, ann. 1210, num. 43, (I, p, 107). delle M arche, della quale raccolse le m em orie storiche, attesta di aver conosciuto il nobile giovane convertito, logicam ente bisogna dedurne che l’avvenim ento si sia verificato nelle Marche. Q uindi il nostro Sanseverino non c’en tra p er niente e il B. Simone non è mai venuto a Baronissi per fondarvi il convento della SS. T rin ità. Il suo apostolato, oltre che nell’U m bria, si sarà svolto in buo na p arte nelle M arche, dove si conservano altri ricordi di lui. In fatti una volta, trovandosi nel convento di B runforte, com andò alle cor nacchie di allontanarsene p er non disturbarlo dalla contem plazione e queste subito lo ubbidirono, come riferisce il W adding (1), sulla testim onianza del suddetto fr. Ugolino da Monte S. M aria, il quale di più aggiunge di essere stato p er qualche tem po di fam iglia in quel convento senza vedere mai uccelli. L’annalista irlandese cadde in errore p er la sua ignoranza geo grafica o trasse la notizia da altre fonti? Egli, come risulta dalle sue parole da noi rip ortate, si appella al R idolfi, a fr. M ariano da F iren ze, al P. Marco da Lisbona e a fr. Ugolino da M onte S. M aria. Orbene nè il Ridolfi, nè fr. Ugolino afferm ano che il convertito era di Sanseverino del Salernitano, anzi il secondo fa chiaram ente com prendere il contrario, poiché egli tratta le vicende storiche della sua Provincia Picena e non di T erra di Lavoro, di cui il Salernitano allora faceVa parte. Di fr. M ariano da Firenze non conosciamo l’opera in tera u tiliz zata dal W adding, ma soltanto il com pendio, in cui si p arla di fr. Sim one, ma nulla si dice del giovane da lui convertito (2). F. Marco da Lisbona accenna sì al giovane sanseverinese, però non specifica se fosse delle M arche o del Salernitano. C rediam o u tile rip o rtare le sue parole, perchè egli col W adding fu la fonte a cui direttam ente attinse il P . Niccolò da Spinazzola: «R agionando una volta di Dio questo buon P adre (Sim one D’Assisi), dichiarò con tanto fervore l’obbligo c’avemo a N. Signore e alla salute nostra, che un giovanetto secolare, che ivi era presente, si risolse a lasciare il m ondo e farsi religioso, ed era questo giovane nativo di Sanseverino, dove gli diede l ’abito dello Ordine » ; l’autore continua raccontando la tentazione e la liberazione per le preghiere del B. Simone (3). Dal detto fin qui risulta che il P. Niccolò da Spinazzola, tenen do sotto gli occhi i testi del W adding e di fr. Marco da Lisbona, creò (1) Annales, ann. 1210, num. 44, (I, p. 107). (2) C om pendium Chron. p. 8. (3) C roniche d egli O rdini in stitu iti dal P. S. Francesco, parte I, voi. l i , libro VI, cap. 47 (V enezia 1599, p. 105s). la leggenda della venuta del B. Simone a Baronissi e della fondazione del convento, prendendo dal prim o la notizia che il giovane conver tito era di Sanseverino nel Salernitano, e dal secondo che il B. Simone lo ricevè all’abito nel convento di Sanseverino, che, logicam ente, am messa come vera l’afferm azione del W adding, non poteva essere se non quello di Baronissi. Possiamo addurre anche altri argom enti per sfatare la leggenda e convincere chi ancora ne dubitasse. Che ne dice fr. Paolino da Ve nezia? A nessuno sfugge il valore della sua testim onianza, essendo egli stato vescovo di Pozzuoli per venti anni, cioè dal 1324 al 1344 ( 1). Egli nell’elenco dei conventi della Provincia di T erra di Lavo ro, salta proprio quello della SS. T rinità di Sanseverino o Baronissi. In fatti per la Custodia Salernitana nomina soltanto quelli di Salerno. Amalfi, Ravello, Sorrento, Castellam m are di Stabia, Sarno, Giffoni e Nocera dei Pagani, m entre per la Custodia di P rincipato fa m enzio ne di quelli di Eboli, Diano o Teggiano. Potenza, A uletta, Agropoli. Muro Lucano, Saponara. Cuccari, M ontela, S. M aria e Marsico ( 2). Ci si potrà opporre che l’argom ento del silenzio conta poco, poiché potè sfuggire a fr. Paolino da Venezia. Ne conveniamo pienam en te in linea di m assim a; però nel caso nostro crediam o precisam ente che l’argomento del silenzio sia di un valore eccezionale per il fatto che fr. Paolino fu per tanti anni vescovo di Pozzuoli. Possibile che in un periodo di tem po così lungo non si sia inform ato dai N apoletani del numero e del nome dei conventi della loro Provincia? P er noi il suo si lenzio è una ragione così forte da farci ritenere, fino a prove in contra rio, che il convento di Baronissi non è anteriore al 1334, data di compo sizione dell’opera storica di fr. Paolino (3). Il convento di Baronissi è anteriore a quello di M ercato S. Seve rino, come abbiam o detto, fondato nel 1358? E ’ una dom anda alla quale non possiamo rispondere in modo decisivo, però è molto pro babile che quello di Baronissi sia posteriore. Le parole delle bolle del 1358 e del 1372, le quali parlano de castro S. Severini e burgo S. Severini a proposito del convento di Mercato S. Severino, potrebbero, a prim a vista, far sospettare che ve ne fosse un altro in qualche villag gio vicino, ma bisogna provarlo. Se ci fosse stato un altro convento (1) E u b e l C., P rovinciale O rdinis Fratrum M ino rum vetustissim um secundum codicem vaticanum nr. 1960, Quaracchi 1892, p. 4; H ierarchia, I, p. 430; G h i n a t o P. A l b e r t o . O.F.M., Fr. Paolino da Venezia O.F.M., vescovo di P ozzu oli ( + 1344), Roma 1951, pp. 45 -60. (2) E u b e l C., P rovinciale, p. 49. (3) G h i n a t o A ., Fr. Paolino da Venezia, p . 79s. nel territo rio sanseverinese, i sollecitatori e l ’estensore della bolla avrebbero dovuto specificarlo per evitare quelle confusioni che di fa t to sono sorte in seguito. Un altro argomento abbastanza probante p er la p rio rità del con vento di M ercato S. Severino è desunto dall’opera di fr. Bartolom eo da Pisa, scritta tra il 1385 e il 1390 (1). Questi, nell’elenco dei con venti della Custodia salernitana ne pone uno soltanto sotto il nome di Sanseverino, m entre ne avrebbe dovuto nom inare due, se quello di Baronissi fosse stato già fondato (2). Si potrà obbiettare che que sto forse era già sorto dopo il 1344, ma non si trova nell’elenco di fr. B artolom eo per il fatto che i due conventi andavano sotto il nome di Sanseverino, e che quindi l’autore si sarà confuso e ne avrà m en zionato uno soltanto. E ’ possibile, anche per il fatto che fr. B artolo meo om ette il convento di Potenza, di cui faceva m enzione fr. P ao lino da V enezia; ma prim a di afferm arlo come certo, bisogna p ro varlo con argom enti più convincenti che per ora non si possono ad durre. Nel dubbio la presunzione sta in favore di quello di M ercato S. Severino, di cui si possiede la bolla di fondazione, m entre p er quello di Baronissi abbiam o soltanto la leggenda sorta nel secolo XVII, la quale non resiste alla critica storica, come abbiam o già dim ostrato. P iù di tanto non possiamo afferm are allo stato attuale delle fonti a nostra disposizione. 4. — IL CONVENTO DI BARONISSI AGLI ALBORI DELLA SUA STORIA. Dopo la dem olizione della leggenda che fissa la fondazione del convento di Baronissi verso il 1212 p er opera del B. Sim one d ’Assisi, il letto re ci dom anderà certam ente se possiamo stabilire, alm eno ap prossim ativam ente, la sua data di nascita verso la fine del Trecento o agli inizi del Q uattrocento. P er rispondere occorre risolvere alcune difficoltà. Il convento fu fondato dai C onventuali o dagli Osservanti di T erra di Lavoro? E se fu costruito dai p rim i, quando passò ai secondi? Gli storici dell’O rdine non ci offrono notizie in proposito. Nes sun docum ento si trova attualm ente non solo nell’archivio generalizio (1) Per la data di com posizione d ell ’opera di fr. Bartolom eo da Pisa, Cfr. Ana. le d a Franciscana, V, Quaracchi 1912, pp. XXIVss. (2 ) De conform itate vitae B. Francisci ad vitarn D om ini Iesu, in Analecta Frane., IV, Quaracchi 1906, p. 529. dei F rati M inori, ma neanche in quello dei Conventuali, come ci assicu rava il dotto P. Giuseppe Abbate, 0 . F. M. Conv. La stessa lacuna si nota negli archivi degli Osservanti di N apoli e di P rincipato, es. sendo andati distrutti o dispersi i loro fondi durante le soppressioni del secolo scorso. Dobbiamo perciò procedere cautam ente e per via di induzioni per giungere ad una conclusione più o meno probabile. Sem bra un fatto incredibile che il convento di Baronissi debba m endicare qualche punto di appoggio p er provare la sua esistenza dopo due secoli dalla sua creduta fondazione ! P er conforto dei nostri confratelli, possiamo afferm are che il convento e la chiesa esi. stevano certam ente nella prim a m età del Q uattrocento. P er essi senza dubbio è ben poco, ma p u r è molto ; p er giungere a questa conclu sione abbiam o dovuto superare gravi difficoltà dovute in massima parte alla negligenza dei nostri predecessori, i quali in tanti secoli non raccolsero le notizie e non ci diedero un lavoro attendibile sul francescanesimo nel Salernitano. Così anche belle figure di frati, che nei secoli scorsi illustrarono i nostri conventi, frequentem ente sono assegnate gratuitam ente ad altre regioni d’Italia. Ciò si verifica pro prio per il convento di Baronissi, che di nuovo vien confuso con quello di Sanseverino M arche. Viene così attribuito a quest’ultim o un venerabile della nostra regione, vissuto nel Q uattrocento e se polto nella chiesa della SS. T rin ità : fr. Paolo da Olevano sul Tu sciano. Che la chiesa del convento di Baronissi esistesse già nella secon da metà del secolo XV è provato dal fatto che in essa si conserva ancora oggi la tom ba del cavaliere Giulio de S. B arbato, m orto nel 1472, come si rileva d all’epigrafe: « Iuliusegregius miles hoc jacet in tum ulo quo fuerat n ull(us) praestantior arm is — de Sancto B ar bato cognomen illi fuit qui obiit A. D. MCCCCLXXII ». Il suo sepolcro si trova sul pavim ento a destra di chi entra in chiesa, e la effigie m arm orea del defunto per fortuna non è rovinata dal calpestio dei fedeli, trovandosi accanto al pilastro tra la prim a e la seconda cap pella, dove ordinariam ente nessuno accede se non p er la curiosità di am m irare il cavaliere dorm iente che attende supino lo squillo della resurrezione. Il secondo argomento, evidentem ente più valido del precedente per il nostro scopo, è dedotto dal fatto che nel secolo XV m orirono in concetto di santità nel convento di Baronissi i servi di Dio fr. Paolo da Olevano sul Tusciano e fr. B ernardo da Capaccio, i cui corpi vennero sepolti in u n medesimo loculo e p e r m olto tem po si conser varono in tatti. A ttualm ente non si conosce il luogo del loro sepolcro, essendo andato in oblio dopo la ricostruzione della chiesa nella p ri ma m età del secolo XVI. Della sepoltura dei due servi di Dio nella chiesa della SS. T ri nità fanno menzione il P. Niccolò da Spinazzola (1) e il P. Bonaven tu ra da M ercogliano (2 ); però la loro testim onianza non ha molto valore, perchè essi desumono la notizia non dai docum enti del con vento o dalle lapidi della chiesa, ma dai cronisti dell’O rdine, i cui testi riferirem o m an mano per dim ostrare come per ignoranza o inavver tenza, non già p er m ala fede, il venerabile fr. Paolo da Olevano sul Tusciano (Salerno) in seguito venne trasform ato in fr. Paolo da Levanto (Spezia) e fatto m orire in S. Severino M arche. Come avvenne questa trasform azione di fr. Paolo da Levano in fr. Paolo da Levanto consacrata anche nel m artirologio francescano? Esam iniam o le fonti a nostra conoscenza, prendendo le mosse dalla più antica, che a nostro parere è la più esatta. (1) Cronaca, p. 254: « N e lla terza parte delle Croniche de ’ Frati M inori cap. 24, fol. 231, si legge che n e ll ’anno 1495 il P. Paulo d e l Levano della Provincia di N ap oli, religioso di grande spirito di orazione et carità, che nella predica fece gran de profitto aH’anim e; passò al Signore questo beato Padre nel monasterio della Trinità vicino a S. Severino, et dal popolo onorato con nom e di santo e da N. Signore con m olti m iracoli. Vedi n e ll ’anno 1594, num. 8 ». E a pagina 529 ritorna su ll ’argomento : « Fr. Paulo d e l Levano, terra della d io cesi Salerno, religioso della Provincia di Terra di Lavoro, di grande spirito, di grande oratione et carità, predicatore apostolico e nel predicare fece grandis simo frutto all ’anime, perchè le sue parole erano carboni accesi d e ll ’amore di D io: passò da questa presente a m iglior vita n ell ’anno 1494 il dì 2 di marzo et fu sepp ellito in questo suddetto convento della Trinità di M onticello di S. Se verino ; per mezzo del quale N. Signore ha operato m olti m iracoli, e non solo da quel popolo è tenuto per santo e beato, ma anche dal P. fr. Augustino di Bruselles nella Genealogia de ’ Santi d ell ’ Ordine è posto fra li Beati nel suddetto anno; e per essere morto et sepp ellito in questo convento l ’avemo numerato fra (li) religiosi che tengono origine da questa patria di S. Severino, perchè nella Terra del Levano non vi è convento d ell ’Ordine nostro. Il m artirologio fran ciscano con queste parole narra la sua vita e dice che morì il dì 2 di marzo c ir ca l ’anno 1495 : « Apud Septempedanos beati Pauli a Levanto confessoris et concio natoris exim ii » e nel paragrafo 6 dice : « devotionem et caritatem ita insectatus est, ut factus concionator pluribus extiterit causa salutis, m oriens autem titulo sancti viri insignitus est ob ingentia m iracula ab eo edita; obiit in conventu SS.mae Trinitatis prope Septem pedanos sive S. Severini oppidum ». Il nostro cronista non cita il W adding perchè, quando egli scriveva la sua opera, l ’annalista ir landese aveva pubblicato soltanto i primi due volum i, i quali vanno fino al 1450. Il P. N iccolò in attesa della pubblicazione degli altri salta nel suo manoscritto dal 1450 al 1540, però senza lasciare nessuna pagina in bianco. (2) Arch. S. Isidoro in Rom a, ms. m ise. 5, f. 6r. Il prim o a parlare dei due servi di Dio fr. Paolo da Olevano sul Tusciano e fr.B ernardo da Capaccio, per quanto sappiam o, è fr. M ariano da F irenze, morto nel 1523 (1). Egli nel com pendio delle sue cronache (2) pone la loro m orte al 1451 senza specificare il luogo della loro sepoltura ; dal contesto però fa com prendere ch iara m ente che essi appartenevano alla Provincia di T erra di Lavoro. In fatti li nom ina subito dopo il B. P ietro da A nterula o A ierula (3) e il B. Reginaldo de Orsaria (4), il prim o dei quali fu Vicario degli Osservanti di T erra di Lavoro e m orì nel convento di S. Giovanni del Palco di Lauro, m entre il secondo si spense in quello di S. Angelo presso Nola. La data di morte di questi servi di Dio potrà essere anticipata o posticipata di qualche anno; mai però si potrà rip o rtarla verso la fine del secolo XV. Infatti per il B. Reginaldo il Gonzaga (5) afferm a che alcuni anni dopo la sua m orte e precisam ente nel 1486 il Vicario Provinciale P. Giovanni Tom acelli fece esum are il suo corpo dal se- (1) Per la vita del cronista fiorentino cfr. C a n n a r o z z i C., Ricerche sulla vita di fra Mariano da F irenze e Una fonte prim aria d egli Annales, in Stud. Frane., 1930, pp. 31ss, e 251ss., dove l ’autore dimostra che fr. Mariano morì nel 1523. (2) C om pendium cron., p. 113s: « Secundum Capitulum Generale Ultramun tanorum celebratum est Barellinone anno Dom ini 1451... Ipso quoque anno ex hac vita migravit ad coelestia regna... Petrus de Anterula, Vicarius Provinciae Terrae Laboris, tantae sanctitatis fuit, ut aquam in optimum vinum mutaret. Apud Lauram requiescit Raynaldus laicus, de Orsaria, cuoquinarius, cui angeli in co quina servierunt, et plurima prodigia sanctitatis ostendit. Paulus de Levano, la i cus, spiritu Dei repletus, per civitates et castra omni die verbum vitae soleinniter proponebat, cum fructu animarum et gloria miraculorum. Bernardus de C apaccio. vivens miracula patravit atque spiritu prophetico claruit. Herculanus de Piagale, eodem anno 1451, in Castronovo Carphagnanae deliciter obdorm ivit in Domino ». (3) In Campania non esiste un paese detto Anterula, ma solam ente A irola (B e . nevento) e Agerola (N apoli). M olto probabilm ente il B. Pietro era nativo di Age rola che corrisponde m eglio al latino Aierula o A ierola. Il W adding, Annales, ann. 1383, num. 6 (IX , Quaracchi 1932, p. 64) lo dice de A ierola, m entre altrove, cioè ann. 1506, num. 10 (XV, Quaracchi 1933, p. 384), lo chiama de A nterula. Nel M artirologio francescano è ricordato al 30 luglio. N ella edizione di fr. Arturo di Rouen è detto d e A ierola, mentre in quella dei Padri Beschin e Palazzolo è chiamato de A nterula. Il Gonzaga, De Orig. Seraph. R elig., p. 530, riporta la forma giusta de Aierola. I! Padri Beschin e Palazzolo, M artyrologium Francisca. num, Roma 1938, p. 286, nota 6, dicono che « obiit circa a. 1450 » allontanandosi dal cronista fiorentino che pur citano. (4) G o n z a g a F., De Orig. Seraph. R elig ., p. 530; F r . M nicheJ parte ITI, libro 8, cap. 28 (V enezia 1591, f. 262rv). (5) De Orig. Seraph. R elig., p. 530. a rc o d a L isb o n a , Cro polcro comune dei frati per collocarlo in chiesa in un luogo più con veniente, dove tu tto ra è conservato. Inoltre nel cronista fiorentino n«|n si trova neppure il m inim o indizio p er poter afferm are che uno dei q uattro venerabili, cioè fr. Paolo, sia nato in Liguria e poi m orto nelle M arche. Egli infatti esplicitam ente dice che era de Leva no, non de Levanto. F r. Marco da Lisbona, m orto nel 1591 (1), nelle sue cronache trascura fr. P ietro da A nterula o A ierula e fr. B ernardo da Capaccio, però fa m enzione degli altri due e li dice figli della Provincia di T erra di Lavoro. Soltanto per la data di m orte com incia ad oscillare, injfroducendo inesattezze che in parte saranno poi ritenute dai cro nisti posteriori. Infatti per fr. Reginaldo afferm a che è sepolto nel convento di S. Angelo di Nola, ma ne parla al 1506 senza dire espres sam ente che sia morto in tale anno. Questa circostanza potrebbe in d u rre in errore qualche lettore incauto e poco riflessivo, facendogli credere che sia m orto nel 1506, m entre, come abbiam o detto, già nel 1486 il suo corpo veniva esum ato e collocato in chiesa. P e r fr. Paolo il cronista lisbonese riferisce che era d i Levano, come fr. M ariano da F irenze; però ne pone la m orte al 1495 senza addurre il motivo di questo cam biam ento di data. L’elem ento nuovo e veram ente prezioso è costituito dal fatto che fr. Marco pone la sepol tu ra di fr. Paolo nel convento della T rinità presso Sanseverino, che corrisponde senza dubbio a quello di Baronissi. Ecco le sue parole : « N ell’anno di N. Signore 1495 si celebrò il 96 C apitolo Generale.... In questo tem po passò al Signore... fr. Paolo da Levano della P ro vincia di N apoli, fu religioso di gran spirito d’orazione e carità, ed essendo da’ P relati conosciuto ch’era in lui la sapienza divina, il fe cero predicatore in un C apitolo e il m andarono a predicare le q u a resime in m olti luoghi, ufficio che faceva con gran frutto delle ani me. Passò al Signore questo beato P adre nel m onastero della T rin ità vicino a San Severino, essendo dal popolo onorato col nome di Santo e da N. Signore con m olti m iracoli » (2). Già in fr. Marco com inciano ad affiorare inesattezze, poiché fr. Paolo da laico diventa sacerdote e predicatore quaresim alista, m en tre probabilm ente la sua era una predicazione spicciola come quella dei p rim i com pagni di S. Francesco. Lo spostam ento della sua data di m orte dal 1451 al 1495 da ora in poi sarà rip etu ta dai cronisti (1) H o l z a p p e l P. H e b i b e r t u s , 0 . F. M. M anuale H istoriae O rdinis Fratrum M inorum , Friburgo 1909, p. 521. (2) Croniche, parte III, libro 7, cap. 26 (f. 231 -rv). dell’Ordine, i quali tralasciano la data di fr. M ariano da Firenze. Di più lentam ente Levanto si sostituisce a Levano e fr. Paolo della Provincia di T erra di Lavoro diventa m embro di quella delle M arche. Chi operò il cam biam ento della patria al nostro venerabile? Non sappiam o dirlo con precisione ; in parte concorre il W adding, il quale all’anno 1495 dei suoi A nnali (1) ne pone la m orte nel con vento della T rinità presso Sanseverino e lo dice appartenente alla Provincia di Terra di Lavoro, però lo fa nascere a Levanto in pro vincia di Spezia. E ’ la prim a volta che il convento di Baronissi ha l’onore di essere m enzionato dal W adding, ma con una im precisione che lo priverà di un servo di Dio m orto tra le sue m ura. Il cronista irlandese, dim entico della m utazione fatta del paese di nascita di fr. Paolo all'anno 1495, torna di nuovo sull’argomento a ll’anno 1506 e nello stesso volume ritra tta im plicitam ente ciò che ha afferm ato in precedenza. Infatti nel dare l’elenco dei conventi ap partenenti agli Osservanti di T erra di Lavoro pone al num ero 29 quello della T rinità di Sanseverino, aggiungendo che ivi sono sepolti in uno stesso loculo fr. Paolo e fr. B ernardo. Questi resta di origine capaccese, m entre al prim o restituisce la sua vera p atria , dicendolo non più di Levanto, ma di Levano, come avevano afferm ato fr. M a riano da Firenze e fr. Marco da Lisbona (2). Di questa ritrattazione w addinghiana non tennero conto i com pilatori del m artirologio fran cescano, i quali dal Seicento ai nostri giorni non solo hanno attribuito a fr. Paolo per p atria Levanto, ma di più lo hanno fatto m orire nel convento di S. Severino - M arche, m entre il cronista lisbonese e lo stesso W adding per due volte lo dicono sepolto in quello della T rinità di Sanseverino (B aronissi) nella Provincia di T erra di Lavoro. Non crediam o necessario addurre tutte le edizioni del nostro m artirologio p er provare la nostra asserzione, perchè dipendono l’una dall’altra e si ripetono quasi con le stesse parole. Basta perciò citare soltanto la prim a e la ultim a. N ella prim a, di fr. A rturo da Rouen, fr. Paolo è ricordato al 2 marzo con la form ula generica: « Apud Septem pedanos in Piceno, beati P auli a Levanto, confessoris et concionatoris exim ii, m iraculis claris » (3). In nota l'autore cita fr. M ar co da Lisbona e il W adding, aggiungendo che « obiit in conventu SS. T rinitatis prope Septem pedam sive S. Severini oppidum ». (1) Annales, ann. 1495, num. 8 (XV, p. 112). (2) Annales, ann. 1506, n. 10 (XV, p. 384). (3) M artyrologium Franciscanum, Parigi 1638, pp. 82, 838. N ell’ultim a edizione, curata dal P. Ignazio Beschin e dal P. G iu liano Palazzolo, il testo arturiano è leggerm ente m odificato nella d i citura, ma nella sostanza resta im m utato, poiché fr. Paolo è detto da Levanto e vien fatto m orire in S. Severino - M arche ( 1). Gli editori, accortisi della m utazione del paese di nascita, rim andano in nota al com pendio delle cronache di fr. M ariano da Firenze, osservando che forse p er errore tipografico ivi fr. Paolo è detto de Levano. Eviden tem ente non si tratta di errore tipografico nel testo del cronista fioren tino con cui concorda fr. Marco da Lisbona, ma di ignoranza della geografia e un po’ anche della storia in chi p er prim o compose il testo del m artirologio. Quindi logicam ente, ma erroneam ente, il P. Palazzolo (2 ) così traduce il testo latino, com pilato da lui e dal P. B eschin: « In S. Severino M arche, il beato Paolo da Levanto, confes sore, il quale predicò la divina parola con frutto immenso delle ani. me e fu pure illustrato da m iracoli (1495) ». La trasform azione in tal modo è giunta al pieno sviluppo. Fr. Paolo non è più di Levano (S alerno), ma di Levanto (S pezia); non ap p artien e più alla Provincia di T erra di Lavoro, ma a quella delle M arche; non è sepolto più nel convento della T rin ità di Sanseverino (B aronissi), ma in quello di Sanseverino M arche. E ’ m ai esistito un convento della T rinità in Sanseverino - M arche? P er quanto sappiam o, il convento degli Osservanti di questa città portava il titolo delle Grazie (3). P. Ciro O rtolano da Pesaro (4), nel dare l’elenco dei re li giosi m archigiani m orti in concetto di santità, riferiva il nom e del nostro servo di Dio e lo diceva m orto nel convento delle G razie, pur citando il cronista fr. Marco da Lisbona che lo diceva sepolto in quello della T rinità. P er evitare che questo errore si perpetui, preghiam o i fu tu ri ed i tori del m artirologio francescano di correggere l’erro re orm ai troppo evidente dopo tutto ciò che abbiam o detto. F r. Paolo non è ligure, m a salernitano, essendo nativo di Olevano sul Tusciano che, come osserva il P rof. Carlo Carucci nella m onografia consacrata alla sua p atria (5), si diceva « Lo Levano nel ’500 ». Di più si corregga il (1) M artyr. Frane., p. 81 : « Septem pedae, in Piceno, Beati P auli a Levanto confessori», qui magno animarum fructu verbum Dei praedicavit et miraculis claruit ». (2) M artirologio Francèscano, Tipografia Poliglotta Vaticana 1946, p. 66. (3) D ’A r c n a t a P. A l e s s i o , O. F. M., Cronaca d ella R iform ata P rovincia dei M inori nella Marca, Cingoli 1893, pp. 168«s. (4) Santità francescano - picena, Pesaro 1932, p. 166. (5) Un feudo ecclesiastico nell ' Italia M eridionale — Olevano sul Tusciano, Su. luogo di m orte del santo fraticello, abolendo Sanseverino - M arehe e po nendo Sanseverino nel Salernitano o meglio Baronissi. P arim enti si corregga la data di m orte del 1945. posta da fr. Marco da Lisbona e dal W adding, sostituendola con quella del 1451 di fr. M ariano da F i renze (1), il quale è più attendibile, perchè più vicino a fr. Paolo, e m erita quindi più fede, almeno fino a quando con prove convincenti non venga dim ostrato che abbia errato. E con questo fondamento possiamo procedere nel nostro studio sulle origini del convento di Baronissi. Esso non soltanto esisteva nel 1451, ma vi m orirono in concetto di santità fr. Paolo da Olevano sul Tusciano e fr. B ernardo da Capaccio. Questo fatto suppone evidente mente che il convento in tale data era in piena efficienza e quindi doveva essere stato fondato già da qualche tem po. * * * Il P. Bonaventura da Mercogliano nel 1664 (2) e il P. B ernardo da Cilento ( 3) nel secolo seguente, afferm ano che il convento di Ba ronissi nel 1449 passò dai Conventuali agli Osservanti di T erra di Lavoro; però la loro è una sem plice asserzione non suffragata da nessun docum ento storico. Di questo passaggio nulla dice il P. Niccolò da Spinazzola nei vari punti della sua cronaca, in cui tratta del con vento di Mercato S. Severino e di Baronissi. Essi per la loro suppo sizione trovarono forse un appoggio abbastanza attendibile, benché non lo dicano, nel W adding (4), il quale precisam ente all’ anno 1449 afferm a che S. Giovanni da Capistrano da P apa Niccolò V ot tenne una bolla, in cui gli si concedeva la facoltà di fondare venti conventi per gli Osservanti. L’afferm azione dei suddetti P adri a pro - biaco 1938, p. 7; «O levano sul Tusciano, in provincia di Salerno, trae la sua denominazione dagli olivi (Olivarum , Olibanum, Lo Levano nel ’500), alla pari di Ogliastro, O liveto, dell ’antica Velia (E lea) ecc., e dal fium e Tusciano, che ri corda la dominazione etnisca nella Campania ». (1) N el 1494 fr. Mariano da Firenze pone nella Provincia di Terra di Lavoro la morte di un fr. Paolo de Sicilia. Cfr. C om pendium , p. 135. Forse questa coinci denza di nome avrà spinto i cronisti posteriori a porre la m orte di fr. Paolo da Olevano sul Tusciano nel 1495. (2) Arch. S. Isidoro in Rom a, ms. mise. 5, f. 5v. (3) Coco P ., I Francescani in Terra di Lav., in Stud. Frane., 1934, p. 343s. (4) Annales, ann. 1449, num. 47 (XII Quaracchi 1932, p. 48); H u n t e r m a n i v U ., O.F.M., Bullarium Franciscanum, N.S., I, Quaracchi 1929, num. 1322, p. 675s. posito del passaggio del convento di Baronissi dai Conventuali agli Osservanti in tale anno non regge, perchè non adducono docum enti ; essa però ha un fondam ento di vero: in tale data gli Osservanti già erano stabiliti a Baronissi, come bisogna dedurre dal fatto che due anni dopo, cioè nel 1451, vi m orirono in concetto di santità fr. Paolo da Olevano sul Tusciano e fr. B ernardo da Capaccio. I due servi di Dio senza dubbio erano della gloriosa schiera degli Osservanti, che in quel tem po di grande fervore fecero rivivere il periodo eroico del Duecento in tutta l’Italia e un po’ anche nella nostra regione. * * * Il convento di Baronissi venne fondato dai Conventuali o dagli Osservanti di T erra di Lavoro? Non possiamo stabilire niente di certo p er m ancanza di docum enti; però, secondo il nostro modesto parere, la fondazione con m olta probabilità è da ascriversi agli Osservanti, perchè i C onventuali già possedevano fin dal 1358 a poca distanza il convento di M ercato S. Severino. La posizione isolata della collinetta di Baronissi senza dubbio dovette attirare l’attenzione degli Osservanti salernitani, i quali, in genere, come quelli di altre regioni d’Italia, in quei tem pi preferivano luoghi solitari che facilitassero il raccoglim ento e la contem plazione. Inoltre tra gli Osservanti del Salernitano non dovevano m ancare frati sanseverinesi ( 1), ai quali stava a cuore la fondazione di un convento della loro fam iglia in qualche villaggio dello Stato di San severino, non soltanto p er un po’ di cam panalism o, ma anche per avere un punto di appoggio sull’arteria stradale che congiungeva Sa lerno con M ercato S. Severino, dove la via si biforcava p er N apoli ed Avellino. Non avendo forse potuto ottenere il convento di Mercato S. Severino, essi scelsero la collinetta di Baronissi, che, insiem e alla posizione isolata, offriva la grande com odità di trovarsi a qualche centinaio di m etri dalla Via dei P rincipati. Quando sarebbe stato fondato dagli O sservanti? Molto p ro b ab il m ente nei prim i decenni del secolo XV, quando, p er im pulso specialm ente di S. B ernardino da Siena e di S. Giovanni da C apistrano, (1) Conosciamo solo il P. Santo da Sanseverino, il quale ebbe l ’incarico di ri formare il monastero delle Clarisse di S. Lorenzo in Salem o, com e risulta da una bolla di N iccolò V d ell’l l settembre 1447. H u n t e r m a n n U ., B ull. Frane., I, num. 1106, p. 560. l’Osservanza vide m oltiplicati i suoi m em bri, non solo nell’Italia set tentrionale e centrale, ma anche nella nostra regione. A questa ipo tesi ci spinge il fatto che per il convento di Baronissi non si conosce la bolla di fondazione, come non si conosce per altri conventi che senza dubbio vennero edificati in questo pe riodo nel Salernitano. La m ancanza di una bolla speciale di fonda zione p er tanti conventi non va attrib u ita sem pre a distruzione di docum enti o a trascuraggine da parte dei frati ma piuttosto al fatto che i S uperiori deirO sservanza in quel periodo ottennero spesso dai Pontefici bolle, diciam o così, generali, con le quali si dava loro fa coltà di fondare un determ inato num ero di conventi senza specificare il luogo in cui dovevano sorgere. Queste concessioni generali qualche volta diedero luogo ad op posizioni da p arte deli autorità civile o ecclesiastica, che credevano invalido il docum ento pontificio, essendo concepito in term ini troppo generici. Ciò si verificò, p er esem pio, in U ngheria p er S. Giacomo della M arca, il quale fu costretto a ricorrere al Sommo Pontefice pel le difficoltà che incontrava nell’esecuzione di quella facoltà conces sagli in term ini così generali. Eugenio IV, desideroso di vedere affer m ata l Osservanza in quelle regioni, venne in soccorso dell apostoio francescano con u n ’altra bolla del 17 agosto 1438, in cui dichiarava valida la precedente, benché non vi si specificassero i luoghi nei quali i conventi dovevano costruirsi ( I ) . Di queste concessioni generali, pero sem pre ristrette ad un deter m inato num ero di conventi da fondare, non m ancano esem pi nei boiiario francescano dal 1418 ai 1450 p er gli Osservanti d ellestero e di p iù p er quelli deii Italia. Non vogliamo addurre l ’elenco completo di tutte le bolle in proposito p er non annoiare i nostri le tto ri; però non possiamo tralasciare quelle del 1426 a S. B ernardino p er fon dare quattro conventi, dei 1435 a 5. Giovanni da C apistrano p er fon darne cinque, del 1443 ai medesimo e a tu tti i Vicari P rovinciali degli Osservanti p er fondarne sei nei p ro p ri territo ri, del 1444 al Vicario Provinciale di T erra di Lavoro per altri due, del 1445 e del 1449 a S. Giovanni da Capistrano p er fondarne con la prim a quattordici e con la seconda venti (2). (1) H unterm ann U ., B ull. Frane., I, num. 345 e 383, pp. 159 e 176. (2) E u b e l C., B ull. Frane., V II, Roma 1904, num. 1715s, pp. 655ss. ; H u n t e r m a n n U., Bull. Frane., I, num. 195, pp. 95ss; num. 726, p. 346; num. 771, p. 363; num. 858, p. 410; num. 1322, p. 675. Questi esempi si potrebbero m oltiplicare, ma gli addotti sono più che sufficienti per il nostro scopo. In virtù di queste facoltà i V icari Provinciali degli Osservanti direttam ente o per commissione ricevuta dal Vicario G enerale fon davano conventi nei loro territo ri, come si verificò per quello di Castelcivita secondo la testim onianza del P. Niccolò da Spinazzola (1). Della stessa opinione è il W adding (2) a proposito del convento di S. Francesco del Cilento che egli crede fondato nel 1427 in forza della bolla delPanno precedente, con la quale si concedeva a S. B er nardino da Siena di prendere quattro conventi p er i suoi frati. Se condo noi lo stesso processo si verificò nella nuova fondazione di qua si tu tti i conventi degli Osservanti del Salernitano in questo periodo, dei quali non si conosce un diplom a pontificio speciale. Questo in fatti, p er quanto sappiam o, si possiede soltanto p er il convento di S. Francesco di P adula, fondato con bolla del 31 luglio 1422, d iretta al Vescovo di Capaccio, dietro richiesta del conte Tommaso Sanseverino (3). Si può afferm are lo stesso p er il convento di B aronissi? A noi sem bra di sì. Il fatto che la leggendaria fondazione p er opera del B. Simone d’Assisi verso il 1212 non regge alla critica, come anche l’omissione negli elenchi di fr. Paolino da Venezia e del Pisano, e la mancanza di una bolla speciale nel bollario francescano, rendono perlom eno verosim ile la nostra opinione che diam o come sem plice ipotesi, sino a quando un docum ento ineccepibile distrugga o la conferm i. P er conseguenza possiamo ritenere per il m om ento che il con vento di Baronissi con m olta probabilità risale ai p rim i decenni del secolo XV p er opera degli Osservanti di T erra di Lavoro, i quali non ancora si erano separati da quelli di P rincipato, anzi non fo r mavano neppure una Provincia indipendente, poiché questa fu co stitu ita soltanto nel 1575. P iù di questo non possiamo afferm are allo stato attuale delle nostre conoscenze. Forse qualche nostro com pro vinciale si dispiacerà della nostra conclusione, avendo noi tolto due secoli di vita al convento di Baronissi p er esigenze della critica sto ric a ; però dovrà esserci grato perchè in cambio di una gloria estrin seca e di valore molto relativo abbiam o rivendicato al nostro con vento e alla nostra regione il servo di Dio fr. Paolo da Olevano sul (1) Cronaca, p. 620. (2) Annales, ann. 1427, n. 28 (X. Quaracchi 1932, p. 147). (3) E u b e l C., B ull. Frane., VII, num. 1527, p. 573s. Tusciano, il quale insieme col fr. B ernardo da Capaccio con l’esempio e con la parola fece rivivere S. Francesco nello Stato di Sanseverino, e dal colle di Baronissi spiccò il volo per il paradiso nel 1451. P er la seconda metà del secolo XV non conosciamo altre notizie sulla vita e sull’attività svoltasi nel convento di Baronissi. Lo stesso velo lo ricopre per quasi tutto il secolo seguente, fatta eccezione per due avvenim enti che vennero a turbare la pace dei suoi abitatori. Il prim o è costituito da un incendio che distrusse la chiesa e il convento nei prim i decenni del secolo XVI, come afferm ano il P. Nic colò da Spinazzola (1), il P. B onaventura da M ercogliano (2) e il P. B ernardo da Cilento (3). Questa tradizione è raccolta an che da Francesco M a ri, il quale così scriveva nel 1759: «Q uesto convento (della T rinità) nello anno 1532 fu incenerito dal fuoco, e nel suddetto anno fu riedificato a spese principalm ente delli Signori Infusini, fam iglia estinta del casale dei Lancusi di detto Stato, e dalle stesse convicine università dello Stato di Sanseverino, dalle quali anche oggi vien sovvenuto con la elem osina annuativa di ducati 140 annui per la elem osina, e la università di Saragnano (offre) ducati l l p e r la predica (4). Non sappiam o se l’incendio sia avvenuto precisam ente nel 1532 e se la fam iglia degli Infusini abbia realm ente contribuito alla rico struzione dell’edificio, perchè questi dati sono desunti dal Ridolfi (5), il quale nel dare l’elenco dei conventi della Provincia Conventuale di T erra di Lavoro a proposito del convento di Mercato S. Severino dice soltanto : « Locus S. Severinae (sic), qui fuit constructus an illustri fam ilia S. Severini, ab illustri dom ino Ioanne Francisco et a Ioanne M ario et Antonio de Infusinis: isti dom ini donarunt Religioni S. Francisci anno 1532 ». Evidentem ente il Ridolfi non può parlare della costruzione del convento di M ercato S. Severino, essendo avvenuta nel 1358, ma sol tanto di una ricostruzione, come nota anche il W adding (6) nel rife - (1) (2) (3) (4) (5) Cronaca, pp. 253, 529. Arch. S. Isidoro in Rom a, ms. m ise., 5, f. 5v. Coco P., I Francescani in Terra d i Lav., in Stud. Frane., 1934, p. 343s. V o c c a P ., Lo Stato d i Sansev., p. 16. H istoriarum Seraph. Relig. libri, f. 276r. (6) Annales, ann. 1372, num. 44 (VIIB, p. 317): « Invenio hoc anno m entionem alterius conventus in Burgo S. Severini salernitanae dioecesis, in diplom ate, quo Pontifex multas largitur indulgentias invisentibu9 ecclesiam , a S. Maria Annun ciata nuncupatam, quibusdam diebus festivis; Dum praecelsa meritorum. I l i nonas aprilis. H uius loci non m em init Pisanus; Rodulphus vero in Provincia Nea - ri re le parole del cronista conventuale. Di tale ricostruzione non pos sediam o altre notizie; perciò sorge il dubbio che il Ridolfi abbia confuso il convento di M ercato S. Severino con quello di Baronissi. P er questo ultim o sappiam o certam ente che venne rovinato da un incendio insieme alla chiesa, perchè lo afferm a anche il Gonzaga ( 1), il quale pubblicava la sua opera nel 1587, m entre quella del Ridolfi era stam pata nell’anno precedente. Il Gonzaga non riferisce la data delPincendio, nè parla del concorso della fam iglia degli Infusini alle spese della ricostruzione, però fa com prendere che l ’incendio datava da m olto tem po. Egli infatti dice che la chiesa era stata già ricostruita, m entre il convento era prossimo ad essere term inato e frattanto poteva contenere venti frati. Di queste notizie possiamo essere più sicuri, poiché il Gonzaga fu in Provincia nel 1582 per la celebrazione del Capitolo P rovinciale, durante il quale istituì la Custodia R iform ata di P rincipato e vi pose a capo il P. B ernardo da M ontecorvino (2). Non possiamo determ inare l’estensione d ell’incendio p er m an canza di docum enti, però molto probabilm ente la chiesa subì danni politana et Custodia Salernitana recenset coenobium Sanctae Severinae, constru ctum tamen ait anno MDXXXII a dom inis de Infusinis. Unde vel hic locus alius est ab ilio, vel, hi dom ini non tam construxerunt quam restiterunt », A ll ’ anno, poi, 1532, num. 36 (XV I, Quaracchi 1933, p. 388), riferisce la notizia del Ri dolfi in questo m odo: « Conventuales vero Provinciae Terrae Laboris et Custodiae Salernitanae hoc anno alterum acceperunt (coenobium ), in civitate Sanctae Seve rinae constructum a nobili fam ilia Sanseverinorum, Ioanne Francisco, Ioanne Ma ria et Antonino de Infusinis ». La città di Santa Severina non esiste nel Salernitano, ma in Provincia di Catanzaro. Dal fatto che la fam iglia degli Infusini apparte neva al casale di Lancusi dello Stato di S. Severino, come afferma Francesco Mari, ne segue che le notizie del Ridolfi e del W adding si devono riferire alla nostra regione. Dai documenti a nostra conoscenza non consta che i P P. Conven tuali abbiano fondato due conventi nello Stato di S. Severino. (1) De Orig. Seraph. R elig., p. 370: « D e conventu SS.mae Trinitatis prope Septempedam . Praecedentium pagorum pietatem im itati ii pop uli, qui Septem pe dam sive Sancti Severini patriam incolunt, consim ilem conventum inter m edios ipsorum fines, SS. Trinitati sacrum, ex com munibus quoque facultatibus construi curarunt. Sed quo certo tem pore id acciderit, absum ptis igne scripturis universo que aedificio sibi cedente, m inim e investigari potuit. Nec ideo piae illa e eommu. nitates de antiqua suorum praedecessorum pietate vel latum unguis rem iserunt, qui nim o piis eorum vestigiis haerentes tem plu m m ulto angustius m ultoqu e elegantias reaedificarunt singularique hoc privilegio a Gregorio XIII Summo Pontifice do nari curarunt, ut videlicet per Missarum sacrificium fidelium animae in altero eius altari (d i S. Antonio, come afferma P. Bonaventura da M ercogliano) a purgatori! poenis libe(ra)rentur. Quod verum reliquum est aedificii, parum a perfection? abest interim que 20 fratres com modissim e continet ». (2) P e r g a m o B ., Serie cronologica, p. 11. soltanto nel soffitto e negli arredam enti. Ciò si deduce dal fatto che in essa, oltre la tomba del cavaliere Giulio de S. B arbato morto nel 1472, si trova anche il magnifico sarcofago del giurista Giacomo de Gaiano, m orto il 12 luglio 1512 e sepolto nella cappella di S. Antonio. Esso porta la seguente epigrafe : « Iacobus de Gaiano u tri. ju r. — doctor non minus ingenio — quam origine nobilis eaque p ro p ter ad regia olim m unera — ascitus vix m ediam aetatem — p (e r) agens corpus huic saxi — caelo anim am dicavit — anno dni MCCCCCXII — XII mensis iulii ». Forse più ingenti furono i danni subiti dal con vento, che non era stato ancora interam ente ricostruito quando scri veva il Gonzaga. I benem eriti P adri dell*Osservanza senza dubbio fecero non po chi sacrifici per ridare al popolo di Baronissi e dintorni una bella chiesa e un grande convento, però non ebbero la gioia di godere a lungo il frutto dei loro sudori per le circostanze dei tem pi, che li privarono della loro pacifica dim ora. D ifatti nel Capitolo Provinciale del 12 novembre 1594 il convento dagli Osservanti passò ai R iform ati, essendo Provinciale P. Leonardo da Cava dei T irreni e Custode dei R iform ati P. Paolo da Avitaia da C astellam m are di Stabia ( 1). La p erd ita del convento dovette affliggere non poco i suoi possessori, non soltanto per i sacrifici affrontati nella costruzione e ricostruzione, ma anche per i maneggi che dovettero im m ancabilm ente precedere e accom pagnare la cessione. A questo proposito è significativa la frase del P. Niccolò da Spinazzola (82), che il convento si ottenne « con l’agiuto » del M inistro Generale P. B onaventura da Caltagirone. A tre secoli e mezzo di distanza dagli avvenim enti, possiamo guardare le cose con occhio più sereno e disapprovare certi ordini draconiani, i quali ledevano i d iritti degli altri e dovevano necessa riam ente esacerbare gli anim i dei frati. II silenzio del P. Niccolò da Spinazzola ci assicura che tutto si svolse pacificam ente, almeno esternam ente, poiché egli altrove non omette la descrizione degli incidenti, che nel 1604 accompagnarono la cessione del convento di S. Francesco del Cilento (3). P . A rcangelo P (1) Ivi, p. 13. (2) Cronaca, p. 525. (3) Cronaca, p. 559. ergam o O. F. M. IN MEMORI AM GIUSEPPE ZITO Poco p iù che nonagenario, il 7 maggio 1958, sì è spento a R o ma, do ve si era stabilito da oltre un ventennio, il p rof. G iuseppe Zito, figura esem plare d i educatore e d i studioso, che m oltissim i a Salerno, e altrove, sim paticam ente ricordano p e r la fierezza d e l carattere, la prob ità d i vita e la nobile de dizione alla Scuola, che fu la sua p iù grande famiglia, tanto p iù amata, quanto p iù fu causa p e r lui d i co centi am arezze e d i rassegnati rim pianti. Quanìi ebbero la ventura d i conoscerlo, e d i ap prezza rne le elette d o ti d i m ente e d i cuore, non possono, infatti, dim entica re Volterà figura d i Giuseppe Zito, che seppe, anche in m om en ti d iffi cili, essere indom ito assertore d ei p iù alti id e a li d i vita: schivo d i am bizioni e d i onori, pago soltanto d e l dovere c om piuto, in assoluto d i sinteresse, com e cittad in o, come educatore, come studioso. P ervenuto nel 1911 alla cattedra d i storia nel glorioso Liceo salernitano, d o p o un lungo insegnamento d i m aterie letterarie nel Ginnasio inferiore e superiore d i P otenza — era nato a S. Giorgio Lucano il 16 aprile 1867 — , G iuseppe Zito, grazie alla sua solida p r e parazione, che ritrovava sicure basi nella conoscenza d iretta delle fonti, ch'egli peraltro non si stancava d i ricercare e studiare p e r una esigenza im periosa d e l suo spirito critico e indagatore, come riuscì a distinguersi p e r elevatezza d i magistero nelVinsegnamento della storia, così seppe dare la misura delle sue notevoli possibilità d i stu dioso in alcuni saggi storiografici, tra cui basterà ricordare, p e r quan to riguarda il Salernitano, il suo studio ricostruttivo d ella campagna della guerra greco-gotica tra « Teia e N arsete nella Valle del Sarno » pubblicato il 1923 nella terza annata dell’Arehivio Storico della P ro vincia di Salerno. Egli, infatti, era stato uno dei fondatori della Società Storica Salernitana, e fin da l 1920 aveva fatto p a rte d e l p rim o Consiglio d i rettivo di questa Società , che, allora presieduta dal Preside d e l Liceo « Tasso » prof. Arnone, lo annovererà poi, nel 1925, tra i com ponenti più illustri, perchè assurto a sua volta alla presidenza del Liceo a Tasso », che p e r merito suo — e, soprattutto, p e r la sua tenacia — si po te tte finalm ente trasferire dalle anguste aule del Monastero della Maddalena alla nuova magnifica sede d i Piazza S. Francesco. Se la sorte gli fosse stata meno avversa, avrebbe p otuto dare ben altri contributi agli studi storici, specie d'interesse salernitano: in c om piuto, tra l'altro, è rimasto un saggio sulla storia d e l Castello di Salerno. Ma resta im perituro, almeno tra noi, il ricordo d e l suo carat tere adamantino e d e l suo inim itabile altissimo esem pio di cittadino, di educatore e di studioso. *** Ing. E milio G uariglia - Direttore responsabile STAM PATO DA L. SPADAFORA NELLA L IN O T IP. JA N N O N E - VIA DOGANA V E CC H IA - SALERNO ----------- ■ I ATTI DE l C E N T R O DI DI S T U D I MEDICINA MEDIOEVALE VOLUMI III (1958) Appendice aH'ennata XIX (I958J della RASSEGNA S T O R IC A SA LE R N IT A N A Agostino Nifo a Salerno Agostino Nifo, come egli stesso ci apprende, venne — forse la prim a volta — a Salerno verso il 1507, da Sessa, dove si era ritirato dopo il soggiorno padovano, a causa di pubbliche calam ità ( 1). Vi fu chiam ato dal principe Roberto II Sanseverino con l’incari co di insegnare filosofia nello Studio salernitano, « et pendant qu’il l’exergait il regut 1’ ordre de ce prince d’ éclaircir toutes les ocuvres d’Aristote » (2). Nifo godeva già larga fama di essere un agguer rito polem ista aristotelico in posizione avanzata e perciò non sor prende tale ordine di Roberto. Nel raccoglim ento della ridente città, della quale quel principe mecenate tentava di rialzare il decoro e rinverdire la fam a come cen tro di Studio, incom inciò a com porre le Dilupidationes m e ta p h y sicae che finirà di scrivere circa tre anni dopo a N apoli. Il suo prim o soggiorno a Salerno dovette però essere breve, e, probabilm ente, lo indusse ad allontarsene la m orte di R oberto, av venuta nel 1508 ad Agropoli. Il defunto principe aveva lasciato un figliuoletto in tenera età, F errante — che farà tanto parlare di sè — natogli da Donna Marra, figlia di D. Alfonso, duca di Villerm osa, e nipote di F erdinando il Cattolico. Le cure m aterne, la direzione dei num erosi feudi form anti quasi uno stato, le nuove nozze, volute dal suo regale zio, col principe di Piom bino Giacomo A ppiano, dovettero consigliare alla principes sa una politica di raccoglim ento ed u n ’accorta am m inistrazione. (1) Egli stesso nelle D elucidationes M etaphysicae scrive : « Cessantibus enim his turbulentiis, quas ocyssime cessandas arbitror, adsum qui Patavii ubi mea sedes semper parata est, aut sicubi boni principes florere statuent studia, bonaa artès, profiteri polliceor », cit. in B a y l e , D ictionnaire historique et critique, nouy. éd., Paris 1820, t. XI, p. 177 ; v. anche T i r a b o s c h i , Storia d ella letteratu ra ita liana, Milano 1822 - 26, t. VII, p. 2 “, p. 626. (2) B a ile , Dict. cit., XI, p. 178. '• • '• i - -> Il Nifo, che di filosofia nutriva lo spirito, ma da quella stessa scienza doveva trarre di che vivere, venutogli a m ancare l’appoggio del munifico principe, si trasferì dunque a N apoli dove, nel 1510, lo troviam o fra i docenti di quell’Università ( 1). Di là passò ad inse gnare a Rom a, chiam atovi da Leone X, poi probabilm ente a Bolo gna, infine a Pisa dove si ferm ò dal 1519 al 1524. Furono quelli gli anni in cui il Nifo andò gradatam ente e con accorte m anovre adeguando alle contigenti situazioni politiche il suo pensiero filosofico intinto di Averroismo, che aveva attirato su di lui i sospetti dell’inquisizione, alla quale riuscì a sfuggire solam ente per l’appoggio del tollerante vescovo di Padova, P ietro Barozzi. Era in questa fase di ricerca di un orientam ento di pensiero più consono al suo tem peram ento di scrittore versatile e vario, che gli aveva procu rato fama superiore al m erito, quando il Pom ponazzi, nel 1516, diede alle stam pe la sua celebre opera De im m ortalita te anim ae , che susci tò subito un’altrettanto celebre polem ica che mise in subbuglio il mondo dei teologi (2), i quali si ersero a fieri difensori della tradì zionale concezione cattolica dell’im m ortalità dell’anim a. Giunsero a buon punto perciò le sollecitazioni del frate agostiniano Ambrogio F iandino, napoletano, divenuto poi vescovo Lamosense, a controbat tere le idee del Pom ponazzi (3), cosa che il Nifo fece di buon grado, per non lasciarsi sfuggire l’occasione di dare sfogo alla sua vanità di scrittore (lo chiam avano il divino) e di ingraziarsi, p er innata voca zione al conform ism o, le autorità ecclesiastiche. Diede così alla luce nel 1518 a Venezia il suo De im m orta lita te animae libellus. al quale l’anno successivo il Pom ponazzi oppose il suo Defensorium adversu # Agoistinum N ip h u m , pubblicato a Bologna, dove i docenti di quel ce lebre Studio e i M agistrati cittadini avevano fatto blocco in difesa della lib ertà della Scienza non appena si abbattè sul Pom ponazzi l’on data del livore fratesco. Due diverse tem pre di uom ini e di filosofi si trovarono di fronte a- disputare su u n argomento che aveva costituito, un problem a di (1) O r i g l i a , Istoria d ello Stu dio d i N apoli, ivi 1753 - 54, t . 2 ° , p. 21. (2 ) Intorno a questa famosa disputa t . F . F io r e n t i n o , P ietro PomponasxL Studi storici su la Scuola bolognese e padovana d e l secolo XV I, Firenze 1868, p . 4 0 sg . c passim ; G ì S a it t a , Il pensiero italiano nell ' U m anesim o e nel Rinasci m en to, Bologna, vói. II, 1950, p. 277 seg. (3 ) F . F i o r e n t in o , op. cit., p. 41, sulla scorta dell ’epistola dedicatoria a papa Leone X, inserita nel De im m ortalitate anim ae, ha dimostrato che l ’intervento del N ifo nella polem ica non fu sollecitato dal Pontefice com e avevano asserito il B a y l e , D ict. cit., t. XII, ad vocem a Pom ponace », e Renan. fondo di tutto il sapere m edievale e travagliato le m enti dei più alti pensatori ; dibattito in cui si rivelarono da un lato il servilismo, la cortigianeria di un uomo di grande talento, ma pavido od opportuni sta, pronto sem pre a pensare col permesso del superiore, ed incapace quindi di battersi per la verità, come il N ifo; e d all’altra una coscien za integerrim a di coraggioso pensatore come il Pom ponazzi, il quale, anticipando la m oderna concezione della virtù come prem io a sè stes sa, aveva, nel suo Defensorium, sentenziosam ente afferm ato : « Absit Ut m alim tu rp iter vivere, quam honeste mori » (1). Francesco Fiorentino, nel disegnare con la punta acum inata del bulino il ritratto del Nifo, dice di lui filosofo: « T entenna fra tutte le scuole allora in voga; piglia argom enti dai platonici, dagli alessan drini, dagli averroisti, dai tom isti; ricorre ai dommi cristiani, ed alle favole ; cita fatti e m iracoli, fa di ogni erba fascio, e m ostra eru d i zione molta e varia, ma nessun acume critico, e cade in contraddi zioni puerili e grossolane » (2). Al Pom ponazzi, pensatore vigoroso ed agguerrito, fu perciò molto facile stroncarlo e m etterlo in ridicolo. D ell’uomo Nifo il Fiorentino ci dà queste linee veritiere e com piute p u r nella loro essenzialità. «Scrive un libro e si m ostra averroi sta : sgomentato dai rum ori, si ridice, e si tram uta in difensore della fede. Accetta di com battere il Pom ponazzi, cedendo alle istanze di un frate ciarlatano e accattabrighe. Si pavoneggia delle arm i dei Medici, e si fa chiam are il divino. Vive tanto da poter vedere papa Paolo III, e subito gli dedica un libro. Voltabile, leggero, spavaldo, cortigiano, t i sciupò l’ingegno e gli studi, dei quali certo non m ancava» (3). E ra Nifo il letterato italiano senza tem pra. E « senza tem pra — scrive il De Sanctis, parlando appunto degli Italiani del ’500 (m a il giudizio è valido per tutti i tem pi) — m oralità, religione, libertà, virtù sono frasi » (4). Era un letterato corteggiato e cortigiano cui fu facile ottenere i favori di principi e pontefici. Fu appunto Leone X che — forse anche per la protezione del suo parente Girolam o Nifo. allora medico del pontefice (5 ) — lo creò nel 1520 Conte palatino (1) cit. in F io r e n t in o , op. cit., p. 233. (2 ) F io r e n t i n o , op. c i t ., p. 2 1 7 . (3) F io r e n t in o , op. cit., 1. c. E' risaputo che il Nifo plagiò apertamente il P rincipe del M achiavelli nel suo trattato De regnandi p eritia del 1523. Cfr. F. F io r e n t in o , D el P rincipe d e l M achiavelli e d i un libro di A. Nifo, in Giorn. Nap. d i fil. e lett., 1875, p. 94 seg. (4) Storia della letteratu ra italiana, Milano 1917, voi. 2 ° , p. 69. (5) cfr. T i r a b o s c h i , op. cit., t. V II, p. 2 ‘ , p. 626 in nota. con facoltà di • insignirsi delle armi dei M edici, di concedere, con l’assistenza di altri due o tre professori, in ogni luogo tranne che a Roma, la licenza di baccelliere e i gradi dottorali in d iritto cano nico e civile, di creare notai e giudici col rispetto del giuram ento di fedeltà al pontefice, ed infine di poter rendere nobili tre persone. Ecco il testo delle lettere patenti del pontefice, che diede al N i fo tanta pienezza di poteri (1): LEO PAPA Episcopus Servus Servorum Dey . Dilecto filio Augustino de Suessa, layco suessano, M agistro in Me. dicina et aule lateranensis Com itj salutem et apostolicam benedictio* nem . r Ecclesia rom ana principatum super om nia divina extulit maye stas, et qua velut prim itivo fonte honorum et dignitatum beneficia prom overunt tam quam Regina in vestitu deaurato circum data varie tale eos quos sibi devotos et fideles ac aliis virtutum m eritis insignitos cognoscat preclaros dignitatum titulis decorat et ornat, ac spectabilis benivolentìe favoribus am plectitur ut exinde magis eorum devotio ad ecclesiam eadem augeatur; hinc est quod nos ad licterarum scien tiam ali aqua p luria virtutum m erita, nec non erga nos et eandem ec clesiam devotionis effectum quibus jn nostro et eiusdem sedis conspectu etiam fame laudabilis com endatione clarere dignosceris debitum respectum habentes ac personam tunc condigni favoris gratia ac specialis honoris et excellentie dignitatis sublim are volentes teque qui etiam jn artibus m agister existis a quibusvis excom m unicationis suspensionis jn terdictis aliisque ecclesiasticis sententijs, censuris et penis a ju re vel ab hom ine, quavis obcasione vel causa latis siquibus quom odolibet jnnodatus existis ad effectum presentium dum taxat consèquendum harum serie absolventes ac abs[olutum ] fore censentcs m otu p roprio non ad tuam , vel alterius parte nobis super hoc oblate petitionis istanciam set de nostra m era liberalitate te sacri palacij aulae lateranensis Comitem ac Nobilem auctoritate apostolica tenore presentium [litterarum ] constituim us deputam us nobilitam usque ac prò Comite P alatino et Nobile dejnceps hab erj censerj et rep u tari volumus et m andam us. Nec non aliorum P alacij et aule huiusm odi cornitum num ero et consortyio favorabiliter agregamus, tibique quod om nibus et singulis privilegijs prerogativis libertatibus et juribus exem pcionibus jnm unitatibus com oditatibus honoribus gracijs emolu mentis favoribus et jnd u ltis quibus alij palacij et aule huiusm odi Comites et Nobiles etiam de nobili m ilitari et Com itum seu aliorum mavo. rum nobilium genere etiam qui illustres re p u ta n tu r etiam ex utroque parente procreatj de ju re vel consuetudine ac aut alias quom odolibet u tu n tu r p o tiu n tu r, et gaudent ac uti potiri et gaudere poterunt quom o dolibet in futurum , vere et non ficte in om nibus et p er om nia perjnde (1) Questo documento è inserito nel privilegio di laurea di Domenico de Maffeis, che più avanti' si pubblica. Esso è anche riportato in testa agli Opuscula di A. Nifo, ed. dal Naudé nel 1645 a Parigi. Cfr. B a y l e , D ici, cit., t. II, p. 175, nota e). ac si de illustrj genere ex titroque parente procreati» esset utaris pò* tiaris et gaudeas. Ita quod inter te et alios Jllustres quo ad nobilita* tern et alia necessaria nulla sit differenza quodque in signum nobilitati» insignis et arm is domus et fam ilie de Medicis videlicet duabus aut tri bus pallis cum arm is tuis sique habes aut alias prout duxeris ordinan* dum uti et illa deferre possis et valeas eadem auctoritate concedimus et jndulgem us. Et jnsuper tibi ubique locorum extra tantum rom anam Curiam quoscumque quos in ju re canonico et civilj seu altero eorum ac Theologia seu artibus ac m edicina aut alia licita facilitate studuisse et jnsudasse et ad hoc assistentibus tibi duobus seu tribus jn huiusm odi ju ribus theologia ac aliis facultatibus prefatis doctoribus et m agistris seorum votis ju ratis, sufficientes et jdoneos esse repereris, ad baccalariatus licentiature doctoratus et m agistris gradus prom ovendi et jn eis legendj interpretandj et alios actus ad personas jn huiusm odi gra dibus constitutas quom odolibet pertinentes faciendj facultatem et auctoritatem concedendj et ipsoruin graduum solita insignia et libertates ac facultates eis verbum non autem per generales clausolas idem jm portantes mentio seu quevis alia expressio...( 1) aut alia exquisita forma servanda foret tenores hiusm odi ac si de verbo ad verbum presentibus jn se..... prò sufficienter expresse habentes illis alias jn suo robbore perm ansuris hac vice dum taxat sponte et expresse derogam us ceteris* que contrarijs quibuscum que. Tu igitur de bono in m elius studiis virtutibus jntendas ut jn nostro et eiusdem sedis conspectu ad m ayora te sem per constituas m eritorum s..... digniorem Vosque projnde ad faciendam tibi mayorem honorem et gratiam m erito invitem ur forma autem juram entj quod notarij tabelliones et judices ordinarij per te creandj huiusm odi prestabunt talis est: Ego. N. clericus seu laycus . N .ab hac hora in antea fidelis ero beato Petro et sancte rom ane Ecclesie ac domino nostro Leoni Pape X et succesoribus suis canonice intrantibus, non ero in consilio auxilio consensu vel facto ut vitam perdant aut m em brum vel capiantur mala captione, consilium vero quod michi per se vel licteras aut nunpcium m anifestabitur, ad eorum dapnum stentur nem ini pandam si vero ad meam notitiam aliquod devenire contingat quod in prejudicium Ro mani Pontificis aut Ecclesie rom ane vergeret seu grave dapnum jllud proposse meo im pediam et si hoc im pedire non possem procurabo bona fide jd ad noticiam dom ini nostri pape preferri papatum roma num et regalis sancti P etrj ac mea ipsius Ecclesie specialiter signa jn eadem Ecclesia jn civitate vel terra de qua oriundus sum habeat adiu tor eis ero ad defendendum et retinendum seu recuperandum contra omnes homines tabellionatus officium fideliter exercebo contractus jn quibus exigitur consensus partium fideliter faciam nil addendo vel di minuendo sine voluntate partium quod contractus m utet facti substan ciam. Si vero in conficiendo aliquod jnstrum entum unius solius par* tis sit requirenda voluntas hoc ipsum faciam ut sicilicet nichil addam vel minuam quod inm utet facti substanciam contra volutatem ipsius jnstrum entum non conficiam de aliquo contractu in quo suam inter* venire seu intercedere vim vel fraudem contractus jn prothocollum re* digam et postquam in prothocollum redigerò maliciose non differam ( l ) Qui e in seguito manca una parola perchè il testo è corroso. eoEitra voluntatem illorum vel jllius quorum seu cuius conctractus ips# est super eo conficere publicum jnstrum entum salvo meo justo et con sueto salario sic me deus adiuvet. Et hec Sancta dey Evangelia etc. N ulli ergo omnino hom inum liceat hanc paginam nostre absolu* tionis creationis constitutionis reputationis et nobilitationis volunta tis m andati agregationis concessionis jn d u ltj decretj derogationis jn fringere vel ei ausu tem erario contrahire. Siquis autem hoc actentare exibendj ac ad jn star aliorum palacij et aule huiusm odi Com itum ubi que locorum extra dictam Curiato notarios publicos tabelliones et judi ces ordinarios qui jdoney et in licteratura experti fuerint recepto prius ab eis de notariatus tabellionatus ac judicatus officijs huiusm odi fideliter exercendis solito juram ento per te vel alium seu alios ad hoc a te prò tem pore deputandos creandj constituendj et deputandj ac d e n o ta ria tu s et tabellionatus et judicatus officijs huiusm odi per pen nam et calam arum ut morrs est jnvestendj seu investirj u t p re fertu r faciendj, nec non quoscum que utriusque sexus inlegitim os ex adulteri jnsesso sacrilegio aud alio quovis dapnato coytu sim pliciter vel mistim prò tem pore procreatos ut jn quibusvis bonis parentium agnatorura et cognatorum ex testam ento vel ab jntestato succedere et ad illa ex donatione aut alias qualitercum que absque tam en prejudicio jllorum qui eis succedere deherent si jn testati decederent, nec non ad que cum que dignitates adm istrationes et officia secularia publica et p ri vata eligj recipi et assumj illaque gerere et exercere [habeant] et li cite valeant jn om nibus et per omnia perinde ac si de legitim o loco nati forent p er te legitim andj ac cum eis super hoc dispensandj, nec non ut ornam entis et favoribus apostolicis affluentius vallatus existes ensem et alia honesta arm a per nobiles et m ilites deferrj solita etiam p er urbem absque alicuius licentia deferendj. Et tres personas per te eligendas nobiles et m ilites deauratos faciendj creandj et constituendj eiusque insignya et arm a insi[m ul] darj solita dandj et concedendj eosque num ero et consortio aliorum nobilium et m ilitum de[au] ratorum favorabiliter agregandj plenam et liberam m otu sim ili auctoritate et tenore predictam licentiam p arite r et facultatem concedimus decernen tes presentes licteras sub quibusvis revocationibus p er nos et sedem predictam prò tem pore factis m inim e com prendj set ab illis penitus et omnimodo exentas ess. Et censerj debere non obstantibus quibus vis apostolicis et jn provincia et sinodalibus consilijs editis generali bus vel specialibus constitutionibus et ordinationibus, nec non legibus [im] perialibus, statutis quoque m unicipalibus ac quibusvis privilegijs jn d u ltis et licteris apostolicis qui[buscum que] universitatibus et studiis generalibus etiam ad jnstantiam jm peratoris, regum , reginarum , ducum et al[iorum ] dom inorum tem poralium , etiam m otu sim ilj concessis et confirm atis ac jnposterum concedendis et confi[rm andis] qui bus etiam si de ullis eorum que totis tenoribus specialibus specifica expressa et jndividua ac de verbo.... presum pserit jn jndignationem om nipotentis dei ac beatorum P etrj et P auli apostolorum eius se noverit jncursurum . Datum Rome apud Sanctum Petrum anno jncarnationis dom ini m illesimo quingentesim o vicesimo, decimo septim o kalendas ju lij Pontificatus nostri anno octavo. B aldaxar de piscia, A. de castillo et cetera ». ' Nel gennaio 1525 Agostino Nifo, più che mai autorevole per do vizia di onori e p er conclam ata fam a, si trova a Salerno (1), dopo aver rifiutato le laute offerte della signoria di Pisa, che voleva tra tte nerlo in quello Studio. Il cinquantenne filosofo, che in quegli anni dava sfogo al suo tem peram ento immaginoso com ponendo il trattato De pulcliro et amore, in cui il naturalism o trascende nel m aterialism o e nella licen ziosa celebrazione dell’am ore sensuale (2), p referì tornare ad inse gnare nello studio salernitano, attrattovi da m igliori prospettive eco nom iche e da più vaghi allettam enti. Questa città sotto i due ultim i Sanseverino ebbe un periodo, sia p u r breve, di artificioso rigoglio culturale che fu, in verità, come una vivida fiam m ata che presto si spense, corrispondente — fatto ora rilevato come una caratteristica del Rinascim ento (3 ) — ad una notevole depressione economica della società locale. E ra allora p rin cipe di Salerno il ventiduenne F errante, cresciuto nel fasto della Corte spagnuola, discepolo di Pom ponio G aurico, per il quale ebbe sem pre particolare predilezione, ed avido di gloria e di popolarità, come ce lo descrivono tu tti gli storici (4). A Salerno ebbe splendida corte del tutto degna del maggior signore del regno, già in fama di m ecenate munifico e di elegante cultore di lettere e di filosofia. Ivi egli riunì di volta in volta, contendendoli spesso ad altri principi, uom ini di vasto sapere, rinom ati poeti, accortissimi cortigiani, ed in com pagnia di essi trovava modo di appagare la sua curiosità, così come, traendoseli dietro in pomposo corteggio, soddisfaceva la sua indole vanitosa ed altera. T ali furono i fratelli Ludovico e Vincenzo (1) Il T i r a b o s c h i , op. cit., t. V II, p. 2% p. 627, crede che in questo anno il N ifo fosse ancora a Pisa, e, a conferma, riferisce un brano della lettera inviata dal Bembo, che era a Padova, al Ragusio, il 17 agosto 1525. In essa il Bembo scriveva: « D a Fiorenza è venuto avviso da M. Pietro A rdinghelli... come quella Signoria aveva offerto al Sessa (sic), che parea si volesse partire da P isa, ducati 800 di salario, e 200 di benefici ecclesiastici nel dom inio loro, e dice, che si crede certo, ch ’egli accetterà il partito ». Codeste pratiche per trattenere N ifo a Pisa vanno evidentem ente riferite al 1524 : la notizia di esse giunse al Bembo in ri tardo, quando già il N ifo aveva rifiutato il « partito ». (2) Cfr. G. S a i t t a , Il pensiero italiano nelVUm anesimo e nel R inascim ento cit., voi. IH, p. 114. ( 3 ) E ’ la nota tesi del Lopez e del Sapori, intorno alla quale v . ora D. C a n t i m o r i , Il problem a rinascim entale proposto da A rm ando Sapori, ripubblicato in Studi d i storia, Torino 1959, p. 366 sg. (4) C . C a r u c c i , D. Ferrante Sanseverino prin cipe di Salerno, ivi 1899; A. F av a , L ’ultim o d ei baroni : Ferrante Sanseverino, in Rass. Stor. Sai., a. IV (1943), p. 57 seg. M artelli, Scipione Capece, M atteo Macigni, B ernardo Tasso, che co me suo segretario condivise col principe le ore liete e quelle tristi, Agostino Nifo, Luca e Pom ponio Gaurico ed altri m inori. In seno a codesta schiera di eletti ingegni, rallegrata dal sorriso di nobili dam e, nelle feste e nei dotti conversari, brillava per in gegno e p er squisitezza di gusto, la giovane consorte del principe, Isabella V iliam arina, che di quante donne belle, cortesi e colte fio rirono nel regno nella prim a m età del Cinquecento, fu tra le prim e e la più infelice ( 1). Agostino Nifo, « che ebbe grande esperienza di esperto e incalli to am atore di donne » (2), non brillò per castigatezza di costumi alla corte del principe Sanseverino, nè ebbe cura del suo buon nome di filosofo se « p er divertire il principe e le principessa, egli cortigiane scam ente si lasciava deridere. Spasim ava p er Febe Rea, loro dam i gella, e questa indettata dai padroni, si lasciava corteggiare p er can zonarlo, ed ei non se ne accorgeva, e le dedicava, sotto m entito nom e, il libro De re aulica ......... Tesse un panegirico di Giovanna d ’Aragona, moglie di Ascanio Colonna, nè si arresta, dice il Bayle, alle bellezze visibili a tu tti, ma sconciam ente entra a descrivere quelle quas sinus abscùndit » ( 3). A parte le stravaganze ed i difetti personali, non è il caso di scandolezzarsi p er certi atteggiam enti che furono un fatto comune nella società cinquecentesca, e passiam o ad esam inare l’attività di Nifo docente. Egli tenne cattedra di filosofia, e fors’anche di m edicina, nello Studio salernitano. Come lettore o doctor legens era pub lice stipen d ia tu s , cioè condottato dal Comune di S alerno; ma c’è di p iù : fu no m inato anche Prom otore perpetu o del Collegio medico, di un organi smo cioè indipendente dallo Studio. Questo organismo accademico, come è noto, era composto da dieci collegiali più alcuni soprannum e - (1) L. C o s e n t i n i , Una dam a napoletana d el XVI secolo: Isabella V illam a rino, Trani 1896; C . C a r u c c i , op. cit., p. 57; M. M a z z i o t t i , La baronia d e l C i len to, Roma 1904. (2) G. S a i t t a , op. cit., voi. II, p. 114. ( 3 ) F . F i o r e n t i n o , P ietro P om pon azzi, p. 215. Sulle follie a m o r o s e del Nifo si parlava m olto in tutta It alia, e il Naudè così si esprim e al riguardo : « A m ori bus praesertim indulsit (N iphus), quos cum puellis honorariis quarundam H eroi narum , quibuscum fam iliariter versabatur, tam lib ere, adeoque intem peranter exercuit, ut non modo virginibus illis quas obsequio suo dem ereri studebat, sed om nibus qui tanti nom inis philosophum , e petulcis illis et lascivientibus puellis ita deludi fascinarique videbant, ludos de se maxim os faceret », cit. in B a y l e , D ictio n naire cit., voi. II, p. 179. rari, c la sua com petenza istituzionale era quella di commissione esam inatrice perm anente (1). Come a Bologna, a Padova ed altro ve (2) il Collegio costituiva una casta chiusa e, si può dire, im pene trabile, perchè non vi potevano aspirare a farne parte se non dottori salernitani o della foria. Codesto intransigente esclusivismo fini col nuocere grandem ente alla buona fama di quel corpo accademico che si ridusse, per intim a incapacità innovatrice e per l’angusta m enta lità m unicipalista, ad un mero ufficio dispensatore di titoli senza credito. P er tutto il periodo 1514 -1523 non si hanno notizie circa la com posizione del Collegio, e forse la causa del silenzio non è tanto da attribuirsi alla m ancanza di docum enti, quanto ad una tem po ranea desuetudine e ad effettivo decadim ento del Collegio stesso (3). F errante Sanseverino dovette rendersi ben conto di tale stato di cose e, allo scopo di rialzarne le sorti ed il prestigio, cercò di infon dervi nuova linfa, come già aveva fatto per lo Studio, im ponendo probabilm ente egli stesso alla carica di P rom otore il Nifo, la cui eccezionale presenza in seno al Collegio poteva trovare am pia giusti, ficazione nel privilegio concessogli dal papa Leone X. Il Collegio, ohe mal dovette sopportare l’intrusione, per non de rogare alle disposizioni statutarie, per non ledere gl’interessi dei com ponenti (costituiti dai d iritti di im m atricolazione, dalle tasse di esami e da propine varie), ed infrangere il numerus clausus, p rivile gio di cui era scontrosam ente geloso, credette di nulla innovare, pur ubbidendo agli ordini del P rin cip e, nom inando il Nifo Prom otore ordinario p erpetu o, ossia onorario (4). (1) N egli scritti storici sulla Scuola salernitana del De Renzi e del Sinno non è chiaramente colta la netta distinzione che c ’era tra lo Stu diu m e il C olle gium o Schola. (2) C fr. S a v ig n y , Storia d el d iritto romano nel M edio E vo, Trad. it., Firenze, 1844, 2 °, pp. 132 seg. 148. 181 ; G. C e n c e t t i , Gli A rchivi d ello Studio bolognese, Bologna 1938 p. 31 seg. (3) A. S i n n o , Cronologia dei P riori delVAlm o Collegio Salernitano, in Arch. Stor. p e r la P rovincia d i Salerno, a. II (1922), p. 281 seg. (4) Il Promotore nel ’700, secondo il S imno, Vita scolastica, p. 47, era « la dignità im m ediatamente inferiore a chi godeva gli onori del Priorato », ed era perciò detto Vicepriore e Sottopriore. Nei secoli precedenti, come ormai è as sodato, il promotore era invece un dottore di volta in volta nom inato dal C ollegio, e più anticamente dal laureando stesso, ed aveva il com pito di « presentare » il candidato a ll ’exam en (privata exam inatio), che precedeva di solito il conventus o conventatio ( pu blica exam inatio). P r i m a d e l l ’e s a m e V e n iv a n o a s s e g n a ti a l c a n d i d a t o i puncta o t e s t i s u i q u a l i d o v e v e v a d is c u t e r e , e d o p o la d is c u s s io n e i d o t t o r i p o te v a n o a r g o m e n t a r e c o n tr o d i l u i . I l Con questa carica il nostro filosofo com pare nel privilegio di laurea di Giovanni A ntonio de Fino del 17 gennaio 1525 (1 ); m en tre alcuni giorni dopo, il 25 dello stesso mese, egli stesso, in suo no me — e non del P riore del Collegio, com’era consuetudine a Salerno — conferisce la laurea in m edicina a Domenico de M affeis di Solofra, in v irtù del diritto concessogli da Leone X nella lettera patente avanti riferita. Il privilegio di laurea del de Maffeis, che qui si pubblica p er la prim a volta, è il seguente (2): Jesus. In nom ine santissim e et jndividue trin itatis feìiciter, am en. Nos Augustinus Nifus suessanus, comes et miles, m agister jn m edicina, sacri p alatij et aule lateranensis Comes, cum om nibus et singulis pri vilegijs praerogativis libe [rta tib u s ], juribus, exem ptionibus, jnm uni tatibus, com oditatibus, gratijs, favoribus et indultis quibus alij p alatij et hiusm odi Comites et nobiles etiam de no [bili] m ilitarj et Comita tum seu aliorum m ayorum nobilium genere etiam qui illustres re p u t[a n tu r] etiam ex utroque parente procreati de ju re vel consutudine aut alias quom odolibet u tu n tu r, p o t[iu n tu r] et gaudent ac u tj p otirj Prom otore o Presentatore difendeva il candidato contro gli assalti polem ici dei d otto ri, e perciò doveva essere m olto dotto ed abile. Questa sua funzione nel secolo XVI si rileva esattamente da un processetto esistente n e ll ’Archivio di Stato di Salerno, C ollegio m edico, A tti d e i d o tto ri, voi. I, fase. 2 ° . N el 1558 il dott. Adriano Oro fino ricorse al Vicario generale della Curia di Salerno (e ciò prova l ’ingerenza della Chiesa nella vita del C ollegio) contro il collegiale Giov. Girolamo de P alea ria opponendo che costui non aveva il diritto a voto in C ollegio, nè di approvare o riprovare, perchè era stato aggregato con la riserva che « non possit nec valeat practicare in m edicina sine intervento aiicuius periti m edici ullo unquam tem po re; et cum qualitate etiam quod non possit approbare nec reprobare futuros docto res fiendos per ipsum Collegium sine consilio et voto aiicuius doctoris dicti C ol legii... ». Il de Palearia nel difendere i suoi diritti di collegiale sostenne che al tempo del defunto Priore Paolo Grisignano egli fu da tutti visto « essere stato promotore in alcuni doctori, et qu elli havere defesi da ogni argumento et cavilla tione si havessero possuti dare da ’ docturi in argumentare, come è solito che a li doctorandi se fa dopo recitati li loro punti... ». Da questa dichiarazione del de Palearia si può desumere che il Promotore nel secolo XVI non era il V ice priore e che probabilm ente esso era nom inato, o estratto a sorte come a Bologna, di volta in volta dal Collegio o anche seguendo una più antica tradizione com une a quasi tutti gli Studi italiani, dal candidato stesso, com e, ad esem pio, a Padova e a Perugia. Ili C e n c e t t i , G li archivi dello S tu dio bolognese, Bologna 1938, p. 31, n. 1, è del parere che si possa scorgere in siffatti presentatori o prom otori « un relitto d e ll ’epoca in cui gli scolari compivano gli studi sotto un solo maestro, il quale, si rendeva garante di loro quando li presentava alla graduazione ». (1) L ’originale è in A .S .S .; cfr. A. S i n n o , D ip lo m i d i laurea d e ll ’alm o C ol legio salernitano, in Arch. Stor. Sai., a. I (1921), p. 216. (2) A.S.S., C ollegio m edico, e | gaùdèrj poterunt quom odolibet jn futurum vere et [non fiete] jn om nibus et per om nia; perinde ac si jllustri genere ex utroque parente procreatus esset [de jure] cum potestate prom ovendi ubique lo corum extra tantum rom anam curiam quoscumque quos jn j[u re ] ca nonico et civilj seu altero eorum ac theologia, seu artibus et medicina aut licita facultate sufficientes, jdoneos esse reperim us ad baccalau reatus lic e n tia [tu re ], doctoratus et m agistri gradus prom ovendj et cum alij9 potestatibus nobis con[cessis per] dom inum nostrum Leonem di vina providentia papam decim um virtute quarum darum bullarum .... plum bo pendentj in forma gratiosa. sub data Romae apud sanctum [Petrum ] anno jncarnationis dom inj millesimo quingentesim o vicesimo, decimo spetimo kalendas ju lij [pontificatus] nostri anno octavo. B aldaxar de Piscia, A. de Castillo. ( Segue la bolla innanzi pubblicata) Dignum videtur et consonum rationi dignoscitur ut siqui jnmen* labores diuturnasque vigilias jngentem que jnstanciam gloriosam sapientie palm am assecutj sunt prerogativa singulorum dotentur ac preceteris hom inum generibus privilegij, honoribus, laudibu9 ac dignitatibus decorentur ut et ipsi virtutum suarum ut decet prem ia re* portent. Et ceteri qui vivarum artium disciplinis se tradiderint cum viderint tanta jllorum cultoribus ornam enta constituta ad jllas capeecendas avidius jnducantur ac vehem entius anim entur. Cum jg itu r nobilis dom inus Dominicus de Maffeis de terra Solofre, quem virtus eximit et laudatissim i sui mores om nibus exibent adm irandum superiori bus tem poribus jn clarissimo ac N eapolitano gimnasio ceterisque dicti regni gimnasiis obversatus in quibus viget generale liberalium artium et m edicine studium ferventissim e jncum bens adeo jn illis sibi divina favente et assistente clem entia perficit assidue accurateque studendo acutissime conferendo dignissime repetendo ceterosque actus scolasti co» sollem niter experiendo quod tandem jdem dominus Dominicus externa die per me prefatum Augustinum ipsius almi Studij Salernita nj pubblice stipendiatum coram nobis veluti jdeoneus et bene meritus m eruit presentarj ac omnium artium et medicine doctorum exa men subire cui quidem domino Dominico per nos externa die punta infrascripta de more assignata fuerunt in artibus et m edicina videlicet: jn philosophia naturali jn libro prim o phisicorum A ristotelis jnnata est ac nobis via ex nocioribus nobis ad nociora n atu re ; in logica jn primo libro posteriorum analecticorum . ari. circulo quoque quod impliciter sit dem ostrare inanifestum est; jn medicina in prim o libro Microtegnj Galeni m edicina est scientia sanorum egrorum et neutrorum , jn libro primo affor. jpso hum ide diete omnibus febricitantibus conferu n t; denique hac presenti die suppositus privato et rigoroso exam inj vigore supradictarum nostrarum bullarum se tam prestanter egregie ac mirifice gessit in exam ine ipso puncta sibi constituta m agistraliter legendo declarando et jnterp retan d o difficillim a ac subtilissim a argu menta contra se form ata optim e reassum endo ac perspicacissim is solutionibus respondendo per horam ut denique longo arduo trem ebundo examine de eo sollem niter celebrato, summa ac cum jngentj laude uti m eritissim us et sufficientissimus ac m irum in modum doctus supra dictis artibus et m edicina extitit approbatus. Idcirco Nos Augustinuo 809 antedictus prefatum dom inum Dom inicum jn presentia eonstitutum eisdem artibus et m edicina scientijs et facultatibus exam inatum et ap probatum pronunciam us et declaram us sufficientem et benem eritum ad habendum et obtinendum licentiam et doctoratus insignya jn pre dictis artibus, m edicina et facultatibus ex nunc auctoritate sanctitatis dom ini nostri predicti nobis concessa predicto domino Dominico uti dignissimo et m eritissim o artium doctorj jn eisdem et earum qualibet legendj docendj disputandj in terp retan d j glosandj practicandj questio. nes decidendj et term inandj ceterosque actus m agistrales et doctores pu blice exercendy Salerni et ubique locorum et terraru m plenam licen tiam et om nim odam auctoritatem facultatem dedim us et concessimus, dam usque ea concedimus p er presentes eundem dom inum Dom inicum artium et predictarum facultatum declarantes ipsum esse doctorem p arite r et m agistrum A uctoritate predicta ipsum que dom inum Do m inicum mero cetuj et consortio aliorum jn eisdem facultatibus docto rem aggrega [vimus] et univim us cum om nibus sollem nitatibus et cerim onijs in talibus fieri consuetis prout tenore presentium conferim us et assignamus om nia et singula doctoratus insignya ceterisque docto ribus jn Studio Salernitano [et] N eapolitano darj consueta sibi traddi mus atque concessimus una cum om nibus et singulis privilegijs pre dictis prerogativis jn d u ltis jnm unitatibus favoribus et gracijs quibus alij qui gradum et signa dieta hiusm odi jn universitatibus et alijs locis receperunt u tu n tu r p o tiu n tu r et gaudent ac uti [p otiri] et gauderi pòterunt quom odolibet jn futurum . Jn quorum quidem om nium et singulorum fidem et rei veritatis has patentes licteras nostra p ro p ria m a rni subscriptas per jn frascriptarum notarium et scribam fecimus. Acta sunt hec Salerni et p ro p rie jn dom ibus Illustris Dom ini P rin cipis Salernj jn presentia ipsius Illustris dom inationis sub anno a n a tivitate dom ini millesim o quingentesim o vicesimo quinto, jndictione terciadecim a, die vero digesim oquinto mensis jan u arij Pontificatus Sanctissimj jn Christo patris et dom ini nostri dom ini Clem entis divina providentia pape septim i anno secundo. Presentibus jbidem dom ino Pom ponio de Gaurico de Gifono, do mino F erran te de Ayronis de N uceria, abbate Jeronim o M inerva et B ernardo de Lunatis de Salerno, testibus ad prem issa vocatis speciali ter atque rogati» ». Che significato ha questo eccezionale docum ento nel quadro della storia del Collegio medico di Salerno? Occorre subito rilevare che il Nifo conferì la laurea a de Maffeis con un tono di particolare solennità, nel palazzo di F errante Sanseverino, alla presenza dello stesso principe, di Pom ponio Gaurico, di altre personalità, « ac om nium artium et m edicinae doctorum » ; che la laurea venne da lui concessa non per m andato del P riore del Collegio o nella sua qualità di P rom otore perpetuo, ma « ex auctoritate pontificia », in forza ^cioè della lettera patente di Leone X; che al neo dottore vennero da te « omnia et singula doctoratus insignia ceterisque doctoribus in Studio salernitano et N eapolitano dari consueta », e che egli fu abi litato non solo ad esercitare, ma anche ad insegnare a Salerno t et ubique locorum et terrarum ». Orbene, come mai il Collegio non si sentì menom ato nei suoi diritti e prerogative, dei quali era stato sem pre geloso difensore; e come mai il P riore, derogando al suo privilegio, perm ise un perico loso dualismo che suonava offesa alla sua autorità? Il Nifo era, è vero, Conte P alatin o ; ma altrove, ad esempio a Bologna, si tentò di reagire alla introm issione dei Conti p alatin i; ed a Padova, quando il papa Paolo IV nel 1565 fece obbligo ai laurean di di far professione di fede cattolica, la città, per favorire gli scolari stranieri, consentì eccezionalm ente che il podestà o un Conte pala tino facesse le prom ozioni; ma subito dopo, per elim inare ogni inger renza, creò due nuove facoltà ed ordinò che nessun Conte palatino concedesse p er l’avvenire gradi dottorali (1). Il tacito consenso, invece, di tu tti i D ottori salernitani alla in gerenza del Conte P alatino Nifo è indubbiam ente m olto significativo ed illum ina tutta una particolare situazione, nella quale appare evi dente che i Collegiali si erano piegati dinanzi alla prepotente p er sonalità del P rincipe Sanseverino, e che riconoscevano im plicitam en te nella persona del Conte P alatino Agostino Nifo la superiore pote stà che gli aveva concesso la facoltà di conferire lauree, si inchinava, no cioè a quel potere pontificio da cui, del resto, il Collegio traeva au torità m ediante la presenza del Notaio apostolico che convalidava i privilegi di laurea che esso conferiva (2), . Non si conoscono altri docum enti relativi alla perm anenza di Agostino Nifo a Salerno. Sappiam o solam ente che nell’agosto 1525, m entre si godeva le vacanze « in N iphano », una sua villa che egli aveva im m aginosam ente battezzata così (3), gli giunsero pressan ti proposte dei Bolognesi, i quali, m utato atteggiam ento col variar delle circostanze, tentarono di conferire a lui, che ne era stato il più (1) v. la formola di giuramento in S a v ig n y , op. cit., voi. 2 ° , p. 138 n. 153. In essa il neo dottore giurava di non contravvenire alle disposizioni e prerogative del Collegio a vel singulos Doctores, nisi suam vel suorum injuriam proseguendo et non interponent auctoritatem suam alicui doctorando per aliquem Comitem P a latinum in civitate vel diocesi Bononiae.... ». Per Padova v. anche S a v i c n y , o. c., p. 182. (2) Sul valore della presenza del Notaio Apostolico nella graduazione saler nitana v. L. C a s s e s e , La « datatio » e la « roboratio » nelle lauree d e l Collegio m e dico d i Salerno, in Rass. Stor. Sai., a. XI (1950) p. 32 seg. (3) Il suo opuscolo « De armorum ac literarum com paratione » è appunto da tato: « I n Niphano finis 1525 die 3 augusti». Cfr. T i r a b o s c h i , op. cit. t. VII, p. 2 \ p. 627. rtunoroso antagonista, la cattedra del Pom ponazzi m orto appunto nel maggio di q uell’anno. Ma il nostro filosofo aveva « pretensioni smo date, e boria incom portabile »; sicché « le sue esorbitanze «piacque ro e le p ratiche furono rotte » (1). Apprese codeste trattative, il P rincipe di Salerno il 28 settem bre gli indirizzò una lettera in cui scrisse che come il grande Ales sandro aveva fatto doni e dato lauto stipendio ad A ristotile per lavarlo presso di sè, e parim enti altri principi e signori ad illustri filosofi, cosi lui, per seguire cosi lum inosi esem pi, voleva che un fi losofo famoso come il Nifo, « nostri tem poribus alter Aristoteles », non si allontanasse dalla sua corte, e perciò gli concedeva la pen sione a vita di duecento carlini di argento a ll’anno sui d iritti ed in tro iti della dogana maggiore del fondaco di Salerno (2). N atu ral m ente per il Nifo fu un buon affare e l’eccezionale trattam ento val se a rendergli più gradevole la dim ora a Salerno. Non si conosce l’anno in cui egli lasciò lo Studio salernitano, ma non vi dovette rim anere a lungo, contrariam ente a quanto afferm a il T iraboschi sulla fede di Leandro A lberti, il quale crede che il Nifo vi insegnò fino ■alla m orte (3). Certo è che nel 1528 gli E letti di N apoli « p ro p ter eius in hanc urbem affectionem , m otu eorum p ro prio civitate ipsa donarunt et vivae vocis oraculo civem neapolita num effecerunt » (4). Sappiam o ancora che nel 1531 insegnava fi losofia e m edicina nello Studio napoletano, dove finì col trasferirsi, senza forse mai abbandonare la protezione del P rincipe di Salerno che nella capitale aveva corte in uno splendido palazzo. E ’ difficile dare un giudizio sul particolare apporto dato dal Nifo alla vita dello Studio salernitano nel breve periodo in cui fu tra i suoi docenti, perchè, m entre si ha qualche notizia sulle sue ge sta di cortigiano, non abbiam o riferim enti alla sua attività d id atti ca. E ’ da ritenere però che essa, tranne le solenni cerim onie del con ferim ento delle lauree, dovette ridursi a ben poco, considerato lo scarso num ero di scolari. Tale è la sorte degli istituti di alta cultura sof focati negli angusti confini di una provincia e privi di quella o r ganizzata capacità scientifica che costituisce la base essenziale di ogni efficiente organismo culturale. (1 ) F . F i o r e n t i n o , Pietro Pomponazzi c it., p . 6 9 . (2) La lettera del principe già in T o p p i , B iblioteca ecc., p. 4 seg . è ripub blicata dal C a r u c c i ,' op. cit., p. 8 n . 1. (3) Avvenuta secondo alcuni nel 1537 e secondo il Naudè nel 1545. Cfr. B a y l e , Dict. cit., IP,, p. 176; T i r a b o s c h i , op. cit., V II, parte 2* p . 628 seg. (4) v. C o r t e s e , L 'età spagnuola, in Storia delVTJniversità di N apoli, iv i 1924, p. 326. Sembra perciò inaccettabile, e, com unque, da accogliere even tualm ente con molte riserve ed opportuna cautela, l’afferm azione che nel ’500 si verificò una reviviscenza dell’attività scientifica del lo Studio salernitano, per la ragione che la presenza di una o più persone in fama di rappresentanti di alta cultura, non riuscì a crea re una corrente nuova ed innovatrice di pensiero, sia per la vicinan za del grande Studio napoletano — anch’esso d’altronde in crisi — , sia perchè a Salerno, tolto l'artificioso impulso dato p er velleità me» cenatesca dal P rincipe F errante Sanseverino, non esistevano quelle circostanze politico - sociali ed economiche che nel Medioevo avevano reso possibile la nascita e lo sviluppo di una originale corrente di pensiero scientifico. A chi esamina attentam ente i superstiti docum enti appare subito chiaro che lo Studio salernitano, salvo qualche rara eccezione, era nel secolo XVI nelle mani di pochi docenti locali, i quali non si mostravano molto solleciti del progresso del sapere ed erano monotoni ripetitori di nozioni tradizionali apprese su testi antiquati e non nel difficile campo dell’esperienza. Altrove Girolam o Fraccastoro, M arsilio Ficino, Alessandro Benedetti, Antonio Benivieni, Bartolom eo Eustachio, Gaspare Asellio, F alloppio, Fabrizio A quapendente ed altri ancora, fuori e dentro gli Studi generali, determ inarono, in base al nuovo me todo sperim entale, una svolta decisiva nel campo della m edicina e della chirurgia, lasciandosi alle spalle le brum e del pensiero m edie vale (1 ); a Salerno, invece, i M artelli, Capece, M acigni, Nifo e qual che altro, più che essere i rappresentanti di un sapere innovatore e il sostegno scientifico dello Studio, gravitarono, in definitiva, nell’or bita della corte principesca, furono più cortigiani che scienziati, e come tali si dispersero non appena tram ontò la stella di F errante Sanseverino, le cui fortunose vicende ebbero come epilogo lo smem bram ento del principato di Salerno e il progressivo decadim ento della città che ne era stato il centro. L eopoldo C a ssesk (1) Cfr. A. C a s tic lio k i, Storia della m editin o, Milano 1936, p. 3*7 «ejj. : G. S a jtta , p. Cit., voi. II, p. 179, Indice dell" annata 1958 della RASSEGNA STORICA SALERNITANA V oi. X IX N. Acocella - La fig u ra e l'opera di A lfa n o I di Sa lerno (sec. X I). P rofilo b io g ra fico . . Pag. 1 VARIA A. Schiavo - L'architettura negli avori di Salerno e ipotesi sulle loro o rig in i . . . . » 75 » 57 » 94 D. Sim. Leone O. S. B. - La Bibbia d e ll'a b a te Raynal do e il m iniatore del '3 0 0 Cicco de Senis B. Cappelli - Note su alcuni va li di Tegiano . . m onum enti m edie . . . . P. Are. Pergamo O. F. M . - Il convento della SS. Trinità di Baronissi . In niem oriam : G iuseppe Zito . . . . » 101 . . . . » 142 ATTI DEL CENTRO DI STUDI DI MEDICINA MEDIOEVALE L. Cassese - A gostino N ifo a Salerno . . . Pag. 3