rassegna storica salernitana

Transcript

rassegna storica salernitana
RASSEGNA STORICA
SALERNITANA
RASSEGNA
A
STORICA
SALERNITANA
CURA DELLA SOCIETÀ SALERNITANA DI STORIA PATRIA
Direttore : E. G U A R I G L I A
Comitato di Redazione: A. COLOMBIS - V. PANEBIANCO
M. A D IN O LFI - Segretaria di Redazione
Direzione e Amministrazione: Salerno - Via F. Cantarella, 7
Redazione : presso il Museo Provinciale di Salerno
ABBO NAM EN TO
A N N U A LE
per l’ Italia L. 2000 - per 1’ Estero L. 2 500
Fascicolo separato L. 800 - Fascicolo doppio L. 1400
Anno X IX (1958)
N . 1-4
S O M M À R I O
A. Acocella - La figura e l’opera di Alfano I di Salerno (sec. XI)
- Profilo biografico
.
.
.
.
.
.
.
pag.
1
»
75
»
87
Varia :
A. Schiavo - L’ architettura negli avori di Salerno e ipotesi
sulle loro origini
.
.
.
.
.
.
.
D. Sim. Leone O. S. B. - La Bibbia dell’ abate Raynaldo e
il miniatore del ’300 Cicco de Senis
.
.
.
B. Cappelli - Note su alcuni monumenti medievali di Tegiano
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
94
P. Are. Pergamo O. F. M. - Il convento della SS. Trinità
di Baronissi
.
.
.
.
.
.
.
.
*101
In mtmoriam: Giuseppe Zito
.
.
.
.
.
.
» 142
ATTI DEL CENTRO DI STUDI DI M E D IC IN A MEDIOEVALE
L. C a s s e s e • Agostino Nifó a Salerno
.
.
.
.
pag.
3
RASSEGNA STORICA
SALERNITANA
XIX - 1958
Ricorrendo il IX Centenario della consacra­
zione d i Alfano I ad Arcivescovo d i Salerno —
com'è stato, quest'anno, ricordato con Vapposizio ­
ne d i una lapide nell ’A trio d e l Duomo — abbia ­
mo ritenuto doveroso, p e r questa Rassegna, ri ­
chiamare V attenzione degli studiosi su una delle
maggiori figure della cultura europea nel M edio ­
evo, quale indubbiam ente fu Alfano: gloria di
Salerno e, quindi, d ' Italia.
Siamo, perciò, assai grati al rev. prof. Nicola
Acocella che, con vero intelletto d ' amore, ha vo ­
luto delineare questo profilo biografico d i Alfano,
che riportiam o nel presente volum e, rinviando al
successivo la p ubblicazione d i un saggio critico
sull'opera di Alfano, con cui il nostro apprezzato
collaboratore offre agli studiosi una com pleta
rassegna critica sulla fortuna d ì Alfano nella cri ­
tica moderna.
La figura e l’opera di Al[ano I di Salerno
(sec. XI)
PROFILO
BIOGRAFICO
1 . — LA NASCITA E LA FAMIGLIA.
Alfano nacque a Salerno, p r o b a b ilm e n te nel secondo decennio
del secolo XI.
Le cronache e i d ocum enti, che di lui p a rla n o , non ne h an n o
tramandato Fanno di nascita, con form em ente a ir a b it u d in e degli a n ­
tichi, che in genere non si preoccupavano di fissare u n a simile data,
per personaggi anche im p o rta n ti.
Soltanto in base a calcoli con getturali, sono state p ro po ste — m a
in epoca piuttosto recente — delle date, che oscillano tra il 1010 (D e
Santi) e il 1020 (D e Renzi). L ’opin io ne oggi più co m u nem en te seguila
si appoggia all’a utorità dello Schipa. il quale pensa che A. sia nato
tra il 1015 e il 1020. Nè è pensabile che si riesca m ai a stabilire un a
data cronologicamente sicura p a rte n d o da taluni vaghi p u n ti di r i ­
ferimento, costituiti dai posteriori, e p iù rilev an ti, episodi della vita
del Nostro, o da espressioni generiche che è dato cogliere qua e là nei
suoi scritti, che p ure talvolta presen tano notevole interesse storico.
Nulla, o ben poco, p e r l’indagine che ci interessa, p o tre b b e si ­
gnificare un particolare caratteristico, tr a m a n d a to da A m ato di Montecassinn (1. IV, c. 39): questi assicura che nel 1062 Alfano, reduce
da u n fortunoso viaggio in O riente, dim ostrerà un aspetto v enerabile,
per la « gran barba » da levantino, la quale suscitò, secondo il cron i ­
sta, lo s tu p o re di R oberto il G uiscardo. I n d e te rm in a ta — p e r la sua
stessa lata accezione e p e r il contesto in cui è a d o p e r a ta — è p ure
l’età (senectus) che il Nostro rife rirà ad u n period o della sua vita, in
u n lungo co m p o n im e n to polim etrico a sfondo autobiografico, da lui
re d a tto , come è stato rilevato, intorno a ll’a. 1077 : la Oratio seu Con•
fessio metrica (v . 111).
Q uest’a m p ia lirica (c h e a lte rn a , in 415 versi, b ra n i in distici eie*
giaci a b ra n i in esam etri dattilici co n tin u ati, c o rrisp o n d e n ti alle parti
di u n mistico dialogo tra l’autore e il Cristo) r ie n tr a , p e r il c a ra ttere
misto di p re g h ie ra e confessione, nella trad izio ne di q uella tipica le t ­
te r a tu r a in tro spettiv a attraverso cui p a rla ro n o di sè, con cristiana um iltà , sommi intelletti, da S. Gregorio di N azianzo e da S. Agostino
al P e tr a r c a , ed è, da questo p un to di vista, m olto utile p e r la com ­
prensione dei c a ra tte ri e dei tem i che circolano in tu tta l’o p e ra di
Alfano e p e r la delineazione d e ll’in te rio re r itr a tto s p iritu a le di lui,
specialm ente n e ll’u ltim o period o della sua v ita ; m a n ulla , o quasi,
dice dello svolgimento esteriore e cronologico dei m o m e n ti della bio ­
grafia del N ostro, come ci si p o tre b b e a tte n d e re dal titolo.
La biografia di A. sarà p e rta n to desunta e ricostru ita dalle fon ­
ti che saran no in d ic a te : la Oratio seu Confessio metrica — q u a n ­
tu n q u e tro p p o diffusa, e ap p e s a n tita da abili ma fre d d i artifici r e to ­
rici e da eccessivi ric h ia m i biblici e teologici, e p p u r e non priva a
tra tti d ’intensa vibrazione lirica — può c o m p le ta re il profilo b io ­
grafico del Nostro, se sia assunta come esposizione p ro g ra m m a tic a
d e ll’ideale ascetico quale fu vissuto da u no S p irito p ro fo n d a m e n te re ­
ligioso del Medioevo. Si vedrà così, fuori dagli schemi di u n a sto rio ­
grafia sorpassata, che in Alfano convissero e si arm o n iz z a ro n o sen ­
tim e n ti solo in a p p a re n z a c o n tra sta n ti: la coscienza della fragilità e
della colpa, p r o p r ie della condizione u m a n a , accanto ad u n virile e
dignitoso senso agonistico della v irtù operosa e pu rific a tric e; la con ­
sapevolezza accorata del do m inio del m ale e di S atana sul m ondo,
d ila n ia to dagli odi e m acchiato dal peccato d ’origine, e insiem e l’e ­
saltante persuasione d ella supre m a z ia delle a rm i della F ed e e della
G razia, contro gli a lle tta m e n ti e la vanità delle ricchezze e della p o ­
te n z a ; il tim ore della severità del G iudice divino, im p la ca b ile nella
c o n dann a, e u n a confidenza filiale n ella b ontà m isericordiosa del R e ­
den to re, che, col suo esem pio e il suo aiuto, incita al bene l ’uom o,
sollevandolo « oltre l’antico o n o r ».
A nche della fam iglia di A lfano si h a n n o poche notizie sicure.
Leone M arsicano ( C hron. Cas., I I I , 7) dice di lui che fu u n nobilissì -
mas clcricus ; dallo stesso cronista e (la A m ato ( /. c.) si sa che ebbe
fratelli che saranno accusati di aver p arte c ip a to , con altri « p a re n ti e
amici » del p rin c ip e , alla congiura che spense G ua im a rio V .
Non su altre testim onianze che su queste, si sono fo nd ati tutti gli
glorici successivi che h a n detto Alfano o, genericam ente, longobardo di
nobile origine, o a d d ir ittu r a im p a re n ta to con la famiglia dei prin c ip i
longobardi di Salerno ( 1). Non pare degna di esser presa in c on side ra ­
zione l ’asserzione di qualche scrittore ( 2 ) che vorrebbe Alfano nato
dalla famiglia dei conti dei Marsi, perchè a tale discendenza risalgono
di solito i genealogisti qu an do vogliono assegnare u n 'o rig in e eletta alle
famiglie italiane.
Il nome A 1 f a n u s ( Alfanus e non Alphanus è la pili esatta g ra ­
fia di esso, così come è attestata dalla collazione paleografica di quasi
tutti i docum enti autentici d e ll’epoca) fu diffusissimo nella on om asti ­
ca, e persino nella toponom astica, di tu tta l'a re a lo n g o b a rd a ; q u a lc u ­
no a p p u n to l’h a detto di derivazione linguistica longo barda ( 3 ) . C er ­
to. dal Codex D iplom aticus Cavensis e da altre fonti si ricava l'e si ­
stenza di qualche « Alfano » che vive « secondo la legge dei Longo ­
bardi ». C oordinando tutti questi sparsi e lem enti ed a ltri labili in ­
dizi, taluni autori (4 ) sostengono che tutte le persone che p o rta ro n o
il nome di « Alfano », e qu indi anche il N ostro, furon m e m b ri di un
ceppo unico, di stirpe lon gobarda, e legato da p a re n te la con i p r i n ­
cipi regnanti. Ma lo Schipa (5) sottolinea il pericolo delle g eneralizza ­
zioni, perchè già dal sec. IX era avvenuta la mescolanza dei nomi
tra stirpe longobarda e latina. Solo più tardi si può rin trac c iare a
Salerno u na casa degli Alfanidi (6).
(1) Ad es. D e l P e z z o , Racconto istorico d. città di Sulerno ( m s . della Bibl.
Naz. di N apoli) cit. in D e ’ S a n t i , M em orie d e lle Fam iglie nocerine, N apoli, 1887,
II, p. 84, n. 2 ; cfr. anche G. G i e s e b r e c h t , L ' istruzione in Italia nei p rim i secoli
del M edio Evo, trad. ital., Firenze, 1895, p. 54; M. S c h i p a , Alfano I arcivescovo
di Salerno, S*lerno, 1880, p. 9; ecc. E ’ da notare chè Leone Ost. determ inò esp li.
eitamente, per l ’abate Desiderio, che era parente dei principi longobardi di Bene,
vento e Salerno (Chron. Cas., I l i , 1-4).
(2 ) C a n d id a - G o n z a g a , M em orie delle fam iglie nobili, III, 207.
(3 ) W. B r u c k n e r . Die Sprache der Langobarden, Strassburg, 1895, p. 220;
U. W e s t e r b e r g h , n ell ’indice al Chronicon Salernitanum , Stoccolma, 1956, p. 333;
P. C a p p a r o n i , Il « De quattuor hum oribus corporis hum ani » di Alfano..., Roma,
1928, p. 9, nota. Recentemente il Serra ha sostenuto la derivazione latina del nome.
(4) Ad. es. M. D e ’ S a n t i , op. c it., I, pp. 13 sgg., e passim ; v. anche tav. I.
(5) M. S c h i p a , Storia d e l P rincipato longobardo d i Salerno, in « Arch. Stor. p.
prov. napol. », XII (1887), p. 110, n. 1.
(fi) P e t r i A n s o l in i D e E b u l o , De rebus Siculis carm en, e d . Rota. RR.II.SS.2,
XXXI, w . 456 s g ., e p. 64 n.
Un docum ento d e ll’Arch. cav., del 1041, dice che tali « Petrus et
Alfanus, clerici et medici, filii quondam P etri clerici et m edici »,
da n n o in censo, col benep lacito di A m ato arcivescovo di Salerno, u n a
te rra in N ocera, che i due tengono in beneficio da p a r te d ell'arcivesco ­
vo stesso (CDC., VI, p p . 142 sgg.). Lo Schipa (1 ) ritie n e che q u e ll’Alfano chierico e medico possa benissimo essere il nostro, contro l ’avviso
del De Renzi, che, con arg om entazion e non convincente, pensò tra t ­
tarsi di altro pre c e de n te medico, e p e rta n to stabilì u n elenco p ro g re s ­
sivo dei medici salern itani di nome A lfano che talvolta h a ingenerato
confusione ( 2). R iten iam o, ad ogni m odo, che sia o p p o r tu n o con ­
servare al Nostro la n u m e ra zio n e , orm ai invalsa n e ll’uso, di « A l f a ­
n o I », così p e r distinguerlo dal suo om o nim o successore sulla cat ­
te d ra arcivescovile, come p e r situarlo, se si vuole, nella serie dei m e ­
dici che p o rta ro n o il nom e di Alfano (3).
2. — LA FORMAZIONE CULTURALE A SALERNO E ALTROVE.
Le p rim e notizie, storicam ente accertate, su A lfano, e che r i ­
gu ardano episodi f o n d a m en tali e d e te rm in a n ti della sua vita, si rifescono all’anno 1054 ( e non al 1055, come pensò il M a n itiu s ) e sono
q uelle con cui egli a p p a re alla rib a lta della storia nel celebre Chronicon Casinense di Leone Ostiense ( lib r o II I , cap. 7).
E r a n trascorsi i p rim i q u a r a n t a n n i , circa, della sua vita, anni di
fervida operosità in te lle ttu a le , qu ali forse il N ostro non conoscerà
m ai p iù.
Dalle p arole con cui il cronista lo pre se n ta , a p p a r e che fin da
allora A lfano, prudentissimus et nobilissimus clericus, aveva il segreto
di sa p e r conciliarsi subito la benevolenza e il rispetto di q u a n ti l ’av ­
vicinassero, ob m axim am eius prudentiam . E ra p ro fo n d a m e n te versa ­
to nella musica e nella m e d icin a : m iram cantandi p e r itia m , et medicìnae artis scientiam non parvam habebat.
(1) M. S c h i p a , Alfano / ..., cit., p. 11 in n.
(2) S. D e R e n z i , Storia docum entata d. Scuola m ed. d i Salerno, N apoli, 1857,
p. 167. . C fr. C . C a r u c c i , Un com une d e l nostro M ezzogiorno, Subiaco, 1947, pp.
24, 72, 83, 87.
(3 ) Solo per amore di com pletezza ricordiamo che si ha notizia di un altro
Alfano chierico e m edico nel 1078: S. D e B l a s i o , Series prin cipu m qui Longobardo rum aetate Salerni im perarunt, N apoli, 1785, App., p. XXL Un altro Alfano, an ­
cora, detto soltanto chierico, e probabilm ente già morto nel 1054, è ricordato in
C .D .C ., V II, 258. Cfr. purè A. S in iv o , Vicende d ella Scuola e dell ' alm o C ollegio
salern., Salerno, 1950, pp. 114 sg g .
Lo Schipa avanza l'ipotesi che il Nostro abbia studialo la medi*
cina alla scuola del famoso G u a rim p o to (1). N on era, di certo, sol ­
tanto un medico p ratico, se nel 1054, costretto ad uscire fo rtu n o sa ­
mente da Salerno, riuscì a p o r ta r via da casa con sè eiusdem artis co dices nonnullos: una collana di testi a m orosam ente raccolti e custodi ­
ti negli anni della pensosa giovinezza. La m edicina (fisica) a p p a r te ­
neva nel M. E. al grado superio re degli studi, dopo il Trivio e il
Q u a driv io ; r a p p r e n d im e n t o della musica era insep arab ile da quello
della gram m atica e della retorica p erchè essa trovava posto a p p u n to
tra le discipline del Quadrivio ( 2 ): basterebbe già solo questa con ­
statazione a darci la m isura degli interessi cu ltu ra li del giovane, b r i l ­
lante chierico, se non soccorressero tan ti altri elem en ti di giudizio
ad avvalorare e a m p lia re una tale deduzione.
Alfano, poi, nella sua successiva esperienza di monaco e di p r e ­
lato, avvertirà il bisogno di integrare la cu ltu ra giovanile con la d o t ­
trina delle discipline sacre. E, infatti, se di lui dirà Leone Ostiense,
con giudizio complessivo, che A. era stato l'uomo p iù d otto dei nostri
tem p i, « qui et scientia et e loqu e ntia in c o m p a ra b ilite r lune pollebat » (3), P ie tro Diacono avrà cura di aggiungere che fu anche « vir
in scripturis sonctis eruditissimus et notitia ecclesiasticorum dogmatum ad plenum ìnstructus » (4), apre n d o così la strad a a ll’elogio, più
incisivo e p iù com prensivo, che sul N ostro p ro n u n z ie rà molto più
lardi u n ben em erito dei nostri s lu d i: « Philosophus, theologus, ac
orator celeberrimae opinionis, pocticaeque artis disertissimus » (5).
Ma è chiaro, come del resto h a n n o osservato quasi tu tti gli studiosi
che di lui si sono occupati, che a Salerno ha messo Alfano le basi
del suo corredo culturale.
N el corso del lungo, paziente tirocinio giovanile, egli aveva coni*
piuto metodici studi di g ram m atica, di retorica, di tu tte le arti lib e ­
rali (p e rsin o di astro n o m ia ); era riuscito a scaltrirsi nella conoscen ­
za della lingua greca, oltre che d ella la tin a , assimilandosi la p a rte
migliore dell’antica l e tte r a tu r a ; e fin alm en te s’era ad destrato alla r i ­
cerca eru dita e sp erim en tale su specifici argom enti di m edicina (6).
(1) M. S c h i p a , Alfano /...., cit., p. 9.
(2) A. V iscardi, Le O rigini, M ilano, 1957, pp. 35, 95, 151, 157 sg.
(3) Epist. dedic. al Chron. C as.f M G H , SS, VII, 574 sg.
(4 ) Chron. Casin., I l i , 35; MGH., SS., V II, 728; P. D iac., De viris ili. Casin.,
c. 19 : A. L en tin i, Rassegna d e lle poesie d i Alfano da Salerno, in « Bullett. d. Ist.
Stor. It. per il M.E. », Roma, 1957, p. 214.
(5) Il Mari n ell ’ediz. di P. D iac., P. L., v . 173, 1029.
,
(6 ) Gli elem enti che concorsero a sostanziare la cultura di A. si possono de•umere anzitutto dall ’esame interno delle sue opere: cfr. ad es. M . M a n i t i u s , .
I n genere, gli sc rittori che si sono occupati di A lfano, in tendo no
la qualifica di « clericus », che gli è a ttr ib u ita da Leone, nel senso
stretto di « ad detto alla chiesa » e q u in d i di « iniziato alla vita ec ­
clesiastica », e no n in quello generico di « dotto », come spesso fu i n ­
teso nel M.E. il te rm in e ( 1). Certo è però che Alfano in questa p r im a
p a rte della sua vita doveva avere smesso il propo sito di avan zare n el ­
l’acquisizione degli o rd in i sacri, se ancora nel 1058, come vedrem o,
no n aveva assunto il pre sb ite ra to.
La d o ttrin a , solida e vasta, che A. si è fo rm a ta nella sua giovi­
nezza, a Salerno, è u n a prova storicam ente v a lid a « d e ll’esistenza de'
mezzi di u n a ben regolata istruzione scientifica », come ben vide
il De Renzi ( 2 ) , e non solo nel cam po della m edicina, m a anche in
quello della g iu risp ru d e n z a e delle lettere. Cosi si spiega il fatto che,
in quegli anni, Salerno fu p a tr ia di Alfano e di A m ato, « vale a dire
del p iù e ru d ito d e ’ poeti e del p iù copioso degli storici allor v iv en ­
ti » (3), di G uaiferio, e di medici famosi nel m ondo.
D e ir a m b ie n te cu ltu ra le della sua città, p e r qu el che si riferisce
agli studi di m edicina, lo stesso Alfano lascerà p iù ta rd i u n a testim o ­
nianza d ire tta, in u n q u a d ro vivo e p a lp ita n te di nostalgici ricordi,
con i famosi versi dell'od e A d G uidonem (vv. 21 - 22):
Tum m edicinali tantum florebat in arte
posset ut hic nullus languor habere locum .
E no n e ra solo affetto di figlio quello che ispirava ad Alfano tali
p arole, se p iù ta rd i uno storico anglo, O rderico V itale (see. XII), p a r ­
lando p ro p rio di questo period o, ric o rd e rà u n fisico che nel sec. XI
Geschichte d e r lateinischen L iteralur des M ittelalters, II, Monaco, 1923, p. 619;
la sua conoscenza del greco è esplicitam ente dichiarata nei codici che hanno con servato il suo trattato dei P olsi e la sua traduzione di Nem esio : v . P. C a p p a r o n i ,
Il «.Tractatus de pulsibus » d i A..., Roma, 1936, p. 14; C. B u r k h a r d , N em csii cp.
prem non P hysicon .... a N. A lfano... in Latinum translatus, Lipsia, 1917, p. 5;
P. O. K r is t e l l e r , La Scuola d i Salerno, trad. di A. C a s s e s e , Salerno, 1955, p. 19.
Come è detto esplicitam ente per un argomento (« studiose... pulsuum notitiam
p e r q u is iv i »), si potrebbe dire per tutti gli argomenti di m edicina toccati dal
Nostro, anche se gli originali dei suoi trattati m edici non siano a noi giunti.
(1 ) F . U g h e l l i , Italia Sacra, V II2, 380; G . G i e s e b r e c h t , o . c., 54; M.
S c h i p a , A lfano /..., cit., p. 11; G . P a e s a n o , M em orie per servire alla storia della
Chiesa Salernitana, I, p. 112; G . F a l c o , Un vescovo po eta d el sec. X I, Alfano di
Salerno, in « Arch. d. Soc. Rom. di st. patria », XXXV, (1911), p. 443. Alla
stessa ipotesi accede in fondo anche A. S i n n o ( Vicende d. Scuola..., cit., pp. 16
sg.), che' pure volle sostenere il carattere laicale della Scuola di Salerno.
(2) S. D e R e n z i , o . c ., p. 189.
(3) M. S c h i p a , Storia d . P rincipato, cit., p. 553.
fu « in urbe Psalernitana, ubi maximae medicorum Scholae ab anii*
quo tem pore habentur » (1).
Certo, la città m e d ite rra n ea , « gareggiante nella c u ltu ra con le
m igliori di O ccidente » (2), possedeva da tem po un a Scuola, che da
u n recente autorevole studioso è detta « a buon diritto famosa come la
p rim a Università d e ll’E u ro p a medievale e come uno dei p rim i e più
cospicui centri di m edicina » ( 3), e da u n altro studioso, che p u re ha
girato l’E u ro p a a rin tra c c ia re i codici della m edicina p re sa le rn ita n a,
« la p rim a grande scuola medica d ell'O ccidente » (4).
Anche dalle opere di A. gli storici del diritto h a n n o tratto p r e ­
ziose testim onianze sulla organizzazione della c u ltu ra a Salerno. E ’
stato così messo acutam ente in rilievo, dal P e rla , come Alfano, il qua.
le « sentì l’antico ideale di R o m a, e ad esso ricongiunse, egli amico
di Gregorio V II, il concetto della sup re m a z ia di R o m a p a p a le », a b ­
bia, in due sue liriche, espressioni tecniche (« tueri publìca iura »,
« ut stringai solitis legibus orbem ») che lasciano in tra v e d e re il r in a ­
scente concetto dello Stato latino e u n ’intuizio ne del valore storico del
diritto quale forse non ebb ero i glossatori, « che si affaticheranno
poi su la lettera de’ testi non sem pre raggiungendo il senso vero e la
idea dom in atrice ». Da questi accenni e da tutto il co ntenuto d e ll’ode
alfaniana A d Rom ualdum causidicum Salernitanum il P e r la trae la
prova « del culto degli studi giuridici in Salerno nel secolo XI: stu ­
di che non potevano r ig u a rd a re se non a p p u n to il d iritto rom an o ».
E p e rta n to conclude: « Salerno d u n q u e nel secolo XI, m olto p rim a
della scuola di Bologna, e c o n te m p o ra n e am e n te a’ p rim i b arlu m i
di u n a scuola e di u n collegio d ’avvocati nella greca R avenna, di cui
p a rla S. P i e r D am iano, aveva già u n collegio di avvocati e u n a g iu ri ­
sprudenza colta, che si giovava d e ’ lenocinii della fo rm a, cui s’in te ­
ressava il popolo p e r i bisogni della vita g iuridica » (5).
(1) 0 . V i t a l e , H istoriae ecclesiasticae lib ri X III, ed. Duchesne, « Scriptor.
Hist. Normann. », p. 477 ( Psalernitana è nel testo).
( 2 ) M. S c h i f a , Stor. d. Princ., cit., p. 533; R. T r i f o n e , I fram m en ti delle
consuetudini di Salerno, Roma, 1919, p. 17.
(3) P . 0 . K r i s t e l l e r , o . c . , p p . 5, 13.
( 4 ) A. B e c c a r ia ,
I codici d i m edicina d e l periodo presalernitano, Roma,
1956, p . 77.
(5) R. P e r l a , D el D iritto romano giustinianeo n. province m erid. d ' Italia prim a
d e lle assise normanne, in «Arch. stor. p. le prov. napol. », X (1885), pp. 164 sgg.
Cfr. anche le analoghe conclusioni dello S c.h u p f e k , in « Atti d. Lincei », IT, 1886,
p. 365; M. S c h i p a , St. d. Princ., cit., 533; C . C a r u c c i , Un com une d. nostro
M ezzogiorno n. M .E., Subiaco, 1947, pp. 19, 131, 155, e la bibliogr. cit.; A. S i n n o ,
Vie. d. Scuola, cit., pp. 7 sgg.
H a supposto il Sinno ( 1) che Alfano a b bia ricevuto, a lm eno in
p a r te , la sua form azione le tte ra ria e scientifica nel m on astero sa le r ­
nitan o di San B enedetto, che fu anche fiorente centro c ultu ra le e di
cui poi il N ostro sarà p e r breve tem po abate. L ’am b ie n te e il tono
della cu ltu ra in San B ened etto di Salerno son d o c u m en tati, p e r il
sec. X, da tutto il sottofondo d o ttrin a le e scolastico che è dietro il
Chronicon Salernitanum (sc ritto p r o p r io in q uel chiostro), secondo
le risultanze degli studi recenti di M. M anitiu s e U. W e sterb e rg h ( 2 ) ;
alcuni au to ri h a n n o anche afferm ato che annessa al m onastero c’era
u n 'in f e r m e r ia , che avrebbe p otuto costituire u n p o ’ il la b o ra to rio spe ­
rim e n ta le p e r quelle nozioni p r a tic h e e d id a ttic h e di m edicina che
venivano im p a rtite nelle scuole cenobiali (3). E ’ p ro b a b ile che le
tradizion i cu ltu ra li di San B enedetto continuassero fino ai tem pi di
Alfano, anche p e r i r a p p o r ti che intercorsero tra questo m onastero
e M ontecassino, nel circolo di qu ella che può dirsi l'in te rn a z io n a le
c u ltu ra le b e n e d e ttin a del M. E. In una città di poche m igliaia di
ab itan ti, recinta da possenti m u ra , i m u tu i influssi tra scuole ceno ­
biali e scuole laicali (se ne esistettero) dovevano essere la norm a
e n on l ’eccezione.
Dal contesto di due c om p onim e nti poetici di A lfano, il Falco
h a tra tto la conclusione che il Nostro allargò i suoi orizzonti in te lle t ­
tuali uscendo p e r un p o ’ da Salerno e fre q u e n ta n d o il centro c u ltu r a ­
le, allora im p o rta n te , di Aversa (4). E, certo, l’esaltazione di Aversa
come di u n a città che il fervore delle d isp ute filosofiche r e n d e non
« dissom igliante da Atene » ( A d Goffrit episcopum Aversanum) e la
r a p p re se n ta zio n e di G uglielm o, il « g ram m atico », acclam ato e f o r ­
tu n a to tra i dotto ri di q uella città p rim a che indossasse l ’abito m o n a ­
stico a Montecassino ( A d G uilielm um eiusdem loci grainmaticum),
h a n n o u n colorito locale così vivo da r e n d e re plausib ile la supp osizio ­
ne del Falco.
A nche i precisi accenni a ll’am b iente cu ltura le e all’ubicazione
del m onastero di S. Clem ente di C asauria, n e ll’A bruzzo, c o n te n u ­
ti nell ode A d Transmundum pueruin scholasticum, possono
esser
(1) A. S in n o , V icende d. Scuola..., cit., p . 16.
( 2 ) A. V is c a r d i , Le O rigini, c it., p . 1 6.
(3 ) A. V i s c a r d i , o. c., p. 57 ; a p. 5 3 1 si parla espressamente d ell ’insegnamento
della m edicina a M ontecassino. Il primo istituto
ospitaliere della città di Sa ­
lerno fu quello annesso alla Chiesa di S . Massimo, secondo il S in n o , Vicende dei
B en edettin i e d i S. Massimo d i Sai., in « Arch. Stor. d. prov. di Sai. », IV (1 9 3 4 ) ,
57 sgg.
(4 ) G . F a lc o , o.
c
.,
p . 443.
presi come indice di una sia p u r breve d im o ra in quel centro, che
si distingueva p e r il fervido interesse con cui vi si coltivavano la re to ri ­
ca e la filosofia.
Della dim o ra di Alfano a S. Sofia di Benevento e a Montecassino
diremo a suo tem po. Basti qui rilevare che dei fecondi contatti c u l ­
turali che il Nostro ebbe nella cerchia dei dottissimi m onaci cassinesi
dell’epoca ( ta n to che A. viene di solito in q u a d ra to n e ll’am b ie n te d el ­
la c ultura di Montecassino) — in cui con m ira b ile concordia si con ­
ciliava l’am ore ai sacri studi con il p iù vario interesse p e r tutte le
arti lib erali e le scienze p rofane — sono am pie e precise testim o ­
nianze i carm i alfaniani A d A tton em episcopum Tlieatinum e A d
Theodinum monachimi Casinensem.
Queste ultim e composizioni m etriche del Nostro, come anche
quelle p recedentem en te rico rdate, sono sto ricam en te notevoli perchè
contengono p u n tu a li e caratteristici accenni a ll’organizzazione degli
studi, n e ll’Italia M e ridionale, q ua n d o già erano p e r tra m o n ta re i
vivaci e rissosi staterelli longobardi.
Le feconde esperienze spiritu a li di Benevento e Montecassino
furono, però, esperienze della m a tu rità , che p erfezionaron o e a m p lia ­
rono — come si è detto sopra — un a cu ltu ra già f o n d a m e n ta lm e n te
e organicam ente acquisita a Salerno, dove ebbe la p rim a istituzione
anche Guaiferio, squisito versificatore co n tem p oran eo di A., dove più
ta rd i si fo rm era nn o due tra i maggiori scrittori del sec. X II: R om ualdo
G u a rn a e P ie tro da E boli ( 1 ) .
Dopo tutto, al Nostro in seguito sarebbe m ancata q uella lunga
calm a che sola p e rm e tte il p rofondo assorbim ento di ogni studio.
Degli aspetti e del significato della c ultura alfa n ia n a si dirà a m ­
pia m e n te , nelle pagine in cui sarà criticam ente v a lu ta ta la sua opera.
(1)
A. V is c a r d i . o. c., pp. 179, 210 sg., 230. sgg., 239 — Che Salerno fosse
un centro dei più vari interessi culturali, può desumersi anche dall ’attività degli
agiografi e dei liturgisti: cfr. A. V is c a r d i , ib id ., p. 417. . II G ay ( L ’Italia m eri,
dionale e l ’im pero bizantino..., trad. ital., Firenze, 1917, p. 556) afferma che
« Salerno e Montecassino sono i due centri ove la rinascita delle lettere e degli
studi si manifesta con maggiore intensità, ove appaiono gli uom ini più notevoli
di questa epoca, i soli che con le loro opere abbiano lasciato un nome » : tra que ­
sti Alfano.
— lo
—­
3. — L ’UCCISIONE DI GUAIMARIO V E LA CRISI SPIRITUALE
DI ALFANO (1052 - 1053).
N e ll’ode di A lfano A d G uidonem è im m aginosam en te r a p p r e s e n ­
ta ta la flo rida situazione, econom ico - politica, a ttraversata d a lla Salerno
della sua giovinezza studiosa, d u ra n te il v e n ticinq uen nio del p r in c i ­
pa to di G u a im a rio V ( p a d r e di Gisulfo II e di Guido). T ale ra p p r e s e n .
tazione può essere stata in p a r te d e tta ta d al sentim ento nostalgico
d e ll’autore, m a è sostanzialm ente esatta, p e rch è A. a p otè ip e r b o le g ­
giare p e r carità di p a tr ia o necessità di m e trica , m a n on m e n tire del
tutto » (1).
C anta il po eta, rivolto a Guido :
« Discendenza da stirp e regale vantava colui d i cui ti si celebra
figlio: il prin cipe G uaim ario, grande condottiero.
S otto il reggim ento d i costui, Salerno, ch ' è ora ristretta in angustie,
fu più flo rid a d i Rom a, regina d e l L azio:
i Lucani, i B eneventani, i Calabresi, i Capuani,
e i P ugliesi, tu tti, furono, in guerra dom ati, suoi su dditi.
Il Garigliano segnava l ' inizio d el suo dom in io, la città d i Reggio il term in e:
ma non fu bastevole a Salerno disporre d i tanta p o ten za :
l ’arricchì infatti d i rare m ercanzie e d i oro q u e ll ’O riente
sulle cui regioni am pia s ' avvolge l ' orbita d e l sole;
e perfino Cartagine, che già fu am biziosa em ula d ella poten za di Rom a,
s ' affrettò a dare abbondanti don ativi in pegno di pace.
I re d i Germ ania ricevettero m olte v o lte , in dono
munifico, la pregiata m oneta d ella sua zecca.
Era, in quel tem po, Salerno tanto fioren te nell ' arte della m edicina
che in essa nessun m orbo aveva la forza d i allignare (2).
Il G u a im a rio a cui A. dà l’ap pellativ o di « Magno » è c o m u n e ­
m ente considerato, dopo gli studi dello Schipa, il V di quel nom e.
Associato al trono dal p a d re , G u a im a rio IV , nel 1018, ebbe, giovanis ­
simo, il po tere da solo nel 1027 e resse il p rin c ip a to sino al 1052.
A m ato di Montecassino nella sua Storia d e i Normanni ne tracciò u n
r i tr a tto ra p id o e nervoso ( I I , 2), e ne cantò rip e tu ta m e n te le lodi in ­
sieme con qu elle di Salerno ( I I , 7, 11), con entusiasm o e concetti
an a lo g h i a q uelli di A lfano.
A ll’esaltazione dei due scrittori s a le rn ita n i del sec. XI fa riscontro,
in F r a n c ia , nel sec. X II Benoit - de - Sainte - Maure che, con piglio leg ­
gend ario e in accento rom anzo, disse:
(1) M. S c h i p a , Storia d. P rinc., cit., p. 526.
( 2 ) A l f a n o , A d G uidonem fratrem prin cipis Salernitani, v v . 7 - 22 ( t r a d . mia).
—
l i ­
ft De Salerne est Walmaohe dux
qui seixante anz regna e plus » (1).
Fu certo u n m om ento p a rtic o la rm e n te felice quello che il p rin c i ­
pato longobardo di Salerno visse sotto G uaim ario V, e che Alfano
volle e te rn a re.
Egli, d o m in a n d o p e r cinque lustri le vicende p olitiche d e ll’I ­
talia m e rid io na le tanto da a p p a r ir e la figura p iù em in e n te di uom o di
stato di quel te m p o ; destreggiandosi a b ilm e n te tra i due g randi poteri
tra diz io na li ( l'i m p e r o germ anico e quello bizantino) e le nuove forze
che si scontreranno per la su prem azia sul Mezzogiorno (M u su lm a n i
e N o rm a n n i); s frutta n do le rivalità dei piccoli stati, potè c o n sid e ra r ­
si, tra il 1046 e il 1047, signore ed a rb itro , sotto un titolo o l ’altro,
di tutta l’Ita lia m e ridiona le dal G arigliano a Reggio.
E Salerno, capitale del vasto e m ultifo rm e do m inio, arricchita
dai traffici col re tr o te r r a e più con le regioni tra sm a rin e , p ure in
mezzo ad episodi di feroci assedi e in te rm in a b ili guerriglie, poteva
d are ai suoi figli e ai lontani sp ettato ri l’im pressione di u n a g ra n ­
dezza non più vista (2).
Ma il disegno di G ua im a rio fu di breve d u ra ta , come quello di
Arechi II nel sec. V i l i ( 3 ) e quello di P a n d o lfo C apo diferro nel sec.
X. T u tti e tre questi tentativi erano m in a ti da u n esiziale p a r t i ­
colarismo, vizio organico della stirpe lo n g o b a rd a ; il p iano sarà r i ­
preso ed attuato, con ben altro vigore strategico e politico, dai N o r ­
m anni.
Già si accentuava il declino della gloria di G u a im a rio , qu an do
u na congiura di palazzo ne stroncava la giovane esistenza, il tre giu ­
gno del 1052.
Alla congiura si riconnette la xibellione di Amalfi ( a p r i le 1052).
a cui non furono estranee le m ene b iz a n tin e ; ma la tra m a fu ordita
in Salerno e perfin o, nello stesso palazzo principesco, da q u a ttro co ­
gnati di G u a im ario , da altri congiunti del prin c ip e — tra cui q u e l ­
(1) W alm ache è dal lat. W aim arius. Evidentemente lo scrittore francese (cit.
in D e B a r t h o l o m a e i s , ed. di A m a t o , Storia dei Norm anni, Roma, 1 9 3 5 , p. 42,
n. 1) fece un sol personaggio di Guaimario IV e G. V. Am bedue i principi, come
è noto, protessero i Normanni.
( 2 ) M. S c h i p a , Storia d. prin cipato, cit., p. 5 3 3 sgg.
( 3 ) Arechi II morì e fu sepolto a Salerno. Non c ’è quindi bisogno di rife ­
rirsi alla dimora che il Nostro fece a Benevento per spiegare l ’am mirazione ch«
egli dimostra anche per quel lontano capo longobardo. Cfr. G. F a l c o , SulUauten ticità d. opere di A., « Bull. Ilst. Stor. Ital. » 3 2 , 1 9 1 2 , p. 2.
l 'E d e r r a d o figl io del conte L a n d e m a rio che solo nel luglio 106Ò ebhc
da Gisulfo II la restituzione dei b eni ( 1 ) — e anche dai fra telli di
Alfano.
Costui p ia n ge rà p iù ta rd i in versi accorati (2 ) la m o rte del « p a ­
dre della p a tr ia », con lo stesso sentim ento commosso che è dato
rin tra c c ia re in tu tti i cronisti che n a rr a r o n o gli a vvenim enti di quegli
an n i, e con la realistica d e te rm in az io n e di p a rtic o la ri i q uali trove ­
ra n n o u n più diffuso racconto in A m ato, che h a lasciato la p iù a tte n ­
dibile descrizione di quel « g io r n o del p ia n to e d e ll’am arezza » (3).
Le tum ultuose vicende attraverso cui, dopo l’effim ero trionfo dei
c o ng iu rati, si giunse con l’a iuto dei N o r m a n n i al rista b ilim e n to del
p o tere del figlio del p rin c ip e trucidato , Gisulfo I I ; l ’in terven to , d a p ­
p r im a benefico poi se m p re più esigente e tra sm o d a n te , dei N o r m a n ­
n i ; le discordie intestine anche n e ll'a m b ito della stessa fam iglia p r i n ­
cipesca; la politica c o n tra d d itto ria di Gisulfo II che, statista di certo
inferio re al p a d re (4), non seppe destreggiarsi nel groviglio politico
di quegli anni e oscillò da u n ’alleanza a ll’a ltra e vide assottigliarsi
progressivam ente il d om inio p a te rn o — tutto ciò n on r ie n tr a nelle
linee di questo studio, anche p erchè è stato ben ch ia rito dagli storici,
i qu ali h a n dim o strato q u a le pro fitto docu m entale si possa attin gere
p e r la cronaca di quei giorni d alla citata ode alfan ia n a A d Gui ­
donem (5).
L ’accento commosso di quei versi di A lfano, q u a n d o cantò la
gloria del p rin c ip a to di G u a im ario V e di questo esecrò la crud ele
uccisio ne; la designazione, che del Nostro farà alcuni anni dopo G i ­
sulfo II, ad a b a te di S. B ened etto e ad arcivescovo della città, esclu ­
dono in modo p e re n to rio che A. avesse avuto alcuna consapevolezza
dei p ia n i dei congiurati, come, contro il diverso avviso del G iesebrecht,
(1) CDC., V i l i , 139 sg.
(2 ) N ella cit. ode A d G uidonem , vv. 23 sgg.
(3 ) A m a t o D i M o n t e c a s s i n o , Storia d e ’ N orm anni, a cura di V. De Barto lom aeis, III cc. 27 sg., pp. 142 sgg. Diverso fu il sentim ento, diversa la prospet.
tiva storica, nei riguardi d ell ’uccisione di G., in S. P ier Dam iani : P. L., v. 145,
col. 439.
(4 ) D e B a r t h o l o m a e i s , ed. c it., p . XLVII : meno severo il giudizio dello
S c h i p a (Storia d. P rinc., 546 sg.): «G isulfo ebbe forse attitudini di principe non
i n f e r i o r i a i m igliori della sua nazione ». L ’inquietudine e il disorientam ento degli
s p i r i t i , anche tra gli uom ini di chiesa, di fronte alle difficoltà politiche di questi
a n n i , sono ben rispecchiati da un episodio narrato
da A m a t o , o . c., I l i , 3 8 ,
p p . 151 sg.
( 5 ) M. S c h i p a , Il M ezzogiorno d ’Italia anteriorm ente alla M onarchia, B a r i ,
1923, pp. 167 sgg.; V. De B a r t h o l ., ed. cit., p p . XLVII sgg., 147 sgg.
ben vide lo S c h ip a ; il quale a tal rigu a rd o mise l ’accento anche sulla
nota « pietà » del Nostro, che non poteva non tra tte n e rlo da ogni
connivenza in quella oscura congiura ( 1).
Anche se può ritenersi fondata la supposizione dello Schipa ( 2 ) ,
che ritiene la seconda designazione collegata al desiderio di Gisulfo
di ingraziarsi, a suo tem po, il p a p a Stefano IX, avversario dei N o r ­
m a n n i; o l ’ipotesi del M anitius (3 ) che pensa piuttosto ad u n p rec e ­
dente intervento pacificatore di V ittore II, non è da pensare che
Gisulfo avrebbe proceduto ad un a designazione così im p egnativa, se
su Alfano avesse gravato u n solo sospetto di tra d im e n to . Con i fratelli
del Nostro, che furono tra i p ro m otori della rivolta, Gisulfo non usò
alcuna clemenza, anche dopo l’elevazione di Alfano (4).
Ma l’orrido spettacolo di q uella strage crudele, l ’in d u b b ia re sp o n ­
sabilità dei fratelli in essa — e Alfano avrà ragioni di tr e p id a r e p er
la loro sorte, secondo la testim onianza di Leone Ostiense e di A mato
(5 ) — provocarono nel suo spirito u n a pro fo nd a crisi sp iritu a le , che
poi sfocerà nella vocazione m onastica e che trasform erà il n obile
« chierico », b rilla nte e acclamato p e r la sua erud izion e, in u n asceta
e in un venerato uom o di chiesa. L ’odiosità che circondava, in seguito
a quel luttuoso fatto, i suoi congiunti, e che p ro b a b ilm e n te lo co­
strinse per qualche anno a vivere a p p a r ta to , im m erso nei suoi studi,
spiega il tim ore di Alfano di uscire da Salerno, p ro p te r quorundam
inimicantium illi tim orem , nel m om ento in cui D esiderio lo c hiam erà
presso di sè a Benevento.
Un voto egli form idò, in quel pe riodo di angosciosa m aturazio ne
ascetica, il voto di recarsi pellegrino al Santo Sepolcro, a placam ento
d ell’intim o travaglio e ad espiazione di colpe non sue. Nella ferrea
società dei secoli di mezzo non in fre qu e nti erano tali manifestazioni
di crisi risolutive. E d Alfano da quel m om ento ascenderà ancor di
più nella estimazione di qu a n ti lo conosceranno, a Salerno, a Bene vento, a Firenze nella curia di V ittore II, a Montecassino, dove si
concluderà la parentesi del suo esilio d alla città natale.
(1) M . S c h i f a , Alfano I, cit., pp. 10 sgg; v. G . G i e s e b r e c h t , o . c . , pp. 55 sg.
(2) M. S c h i p a , I l M ezzogiorno..., cit., p. 170. Alla stessa o p i n i o n e p a r e
a c c e d a E. P q n t ie r i , I Normanni nell ' Italia M eridionale, P . I (Corso a c c a d e m ic o
d ell ’a. 1947 - 48 n ell ’Università di N apoli), p. 145.
(3 ) M . M a n itiu s ,
o
.
c
.,
p. 619.
(4) Storia d e i N orm anni, ed. cit., p. 210.
(5) Chron. Casin.f III, 7 ; Storia d. Norm anni, 1. c.
4. _
CON IL MONACO DESIDERIO A S. SOFIA DI BENEVENTO
E ALLA CURIA DI' VITTORE II A FIRENZE (1054 - 1055).
Gli episodi f o n d a m en tali e decisivi della vita di A lfano, che si
svolgono tra la seconda metà dell*a. 1054 e il m arzo del 1058 ( l ’a m i ­
cizia con D esiderio e la d im o ra dei due a Salerno, B enevento, F i r e n ­
ze ; la professione religiosa del N ostro e l’esperienza m onastica in com ­
p agnia di Desiderio e di F ederico di L o r e n a ; la no m in a ad abate di
S. B en edetto di Salerno e la successiva elevazione alla dignità arcivescovile, p re c e d u ta d alla consacrazione sacerdotale) — tu tti questi
episodi sono stati tr a m a n d a ti, nel Chronicon Casinense, da Leone
Ostiense ( n . nel 1046 c.), che, giovane monaco a Montecassino al
tem po di D esiderio, aveva conoscitito il N ostro ed era stato p re d ile tto
da lui, e qu in di disponeva di tutti gli ele m e n ti p e r u n fedele ricordo ( 1).
Segtiiamo il suo semplice, lim p id o racconto, inte gra ndo lo con
qu a lc h e breve osservazione esplicativa.
« D e s id e rio ( il n obile lo ng obardo - beneventano D auferio, da gio« vane resosi monaco in S. Sofia di B e n e v e n to ), c aduto in grave e s a u r i ­
re m ento p e r la severa astinenza e le m olte vigilie, si recò a Salerno
« in cerca di cure m ed iche ».
Questo viaggio avveniva a metà circa del 1054 e c e rta m e n te dopo
la m orte di Leone IX, come si ricava dal contesto della cronaca e come
già rilevò lo Schipa (2). Desiderio era già stato p re c e d e n te m e n te a
Salerno, ospite del consanguineo G u a im ario V, all’epoca della sua
c on trastata vocazione monastica ( 3 ) .
« E, m e n tre egli colà dim o rava — c ontinua a raccon tare l ’Ostien« se — , gli si legò in grande amicizia u n nobile e sapiente chierico, di
« nom e Alfano, che poi occupò la c a tte d ra arcivescovile della stessa
« città.
« L ’anim o di costui con fre q u e n ti esortazioni egli andava inducen « do a ll’ab b an d o n o del m ondo : e fina lm e nte da lui o tte n n e la pro « messa che d iv e n te re b b e m onaco, con la condizione che gli fosse
« p rim a concesso di recarsi in pellegrinaggio a G erusa lem m e , come
( 1 ) Il racconto d i L e o n e O s t i e n s e è in Chronicon Casinense, III, 7 : MGH.,
SS., VII, 7 0 1 . Sui rapporti tra Leone e Alfano, cfr. le odi del Nostro A d Pnn.
dulfum , v. 7 5 , e A d T heodin um , v . 1 0 3 ; e d inoltre W a t t e n b a c h , ed. del Chron.
Cas., in M .G .H ., SS., V II, p. 551 ; G i e s e b r é c h t , o . c., p. 8 6 , n. 1 ; M a n i t i u s
o .c ., p. 6 3 3 .
(2) M. ScHirA, Alfano L cit., p. 11.
( 3 ) Chronic. Casin., I l i , 4.
« da gran tem p o aveva divisato. D opoché tra i due furon presi tali ac« cordi, Desiderio rito rn ò a Benevento e dopo pochi giorni fece cn« raunicare ad Alfano che lo raggiungesse.
« Giacché questi rifiutava o, piuttosto, tem eva di uscire da Saler « no, di nuovo Desiderio andò da lui, e dopo averlo rivestito della
« sua cocolla monastica — a causa dei tim ori che incuteva l’ostilità
« di taluni verso Alfano — lo trasse n o ttete m p o dalla città e con se lo
« condusse a Benevento ( 1).
« Qui, nobili e chierici com inciarono a f r e q u e n ta re Alfano e a te.
« nerlo nella dovuta considerazione p e r la sua gran de sapienza ; e nel
« fra tte m p o il p roposito del viaggio a G erusalem m e p rese a ra ttie p id irsi
« nel suo cuore, m en tre andava d ic h ia ra n d o che non si sarebb e m ai e
« p er nessuna m a n ie ra a llo ntan a to dal fianco di Desiderio.
« Cosi trascorsero i due q ualche tem po nel m onastero di S. Sofia. »
(L a d im o ra a Benevento si protrasse forse sino alla p rim a v e ra del
1055. Non pare dalle preceden ti p arole di Leone che Alfano già a Be ­
nevento avesse, come q ualcuno h a afferm ato, iniziato canonicam ente la
vita religiosa).
« Q u a n d ’ecco si diffuse la fam a che il p a p a V ittore ( I I ) d ’oltre i
k m onti era venuto a Rom a ( a p r ile 1055) e che si sareb be spinto dalle
« nostre p a rti.
« Alfano, a tte rrito da u n tale annunzio perchè era indotto a pen« sare che i suoi fratelli avrebbero po tu to essere in c rim in a ti p e r l’ue« cisione del p rin c ip e G u a im a rio , decise di raggiungere e prevenire
« il Pontefice. ( E ’ noto che V ittore II ed Enrico I I I e ra n decisi ad ap« poggiare, contro i suoi nemici, Gisulfo II).
« Possedeva in m isura m ira b ile l’arte del canto ed aveva u n a co« noscenza non superficiale di m edicina, di cui aveva p o rta to con sè da
« casa alcuni testi ; e p e rta n to sperava di dovere otten ere benevolo ere « dito nella curia del sommo Pontefice.
« Dopo aver p r e p a ra to e raccolto u n a notevole q u a n tità di medicire nali, secondo le possibilità del m om ento, si diresse in Toscana dal
« ro m a n o Pontefice, in com pagnia dell’arcivescovo di Benevento. Tro « varono il P a p a che risiedeva in Firen ze ».
L ’arcivescovo di Benevento, di cui qui si p arla , è U lderico, che.
m eritò, alla sua m orte, u n epitaffio m etrico, dedicatogli da Alfano.
E ’ storicam ente accertato che V ittore II celebrò, il 4 giugno 1055.
)
1
(1) Lo stesso stratagemma era stato escogitato a suo tempo per consentire a
Desiderio di uscire inosservato da Benevento al fine di seguire la chiamata al
chiostro: Chron. Casin., I l i , 4.
u n Sinodo a F irenze, a cui p ro b a b ilm e n te p a rte c ip ò I ld e b ra n d o . In
quel torno di tem po Alfano raggiunse F ir e n z e ; l’epoca precisa è con ­
troversa: il Paesano p r o p e n d e p e r u n a d ata verso la P a sq u a del 1055;
il G iesebrecht, p iù vero sim ilm ente, p e r il giugno dello stesso anno ( 1).
N on è escluso che l ’incontro sia avvenuto anche p iù ta rd i.
A F irenze, dice Leone, i due amici « in breve te m p o conseguirò « no, du n q u e , il p iù grande grado di fa m ilia rità presso di lui e fu ro n
« tr a tta ti con rigu ardo . Si fe rm a ro n o colà p e r u n certo p e r io d o ; ma
« Desiderio, avendo a ppreso da fonte certa che il P a p a non sarebbe
«
«
«
«
«
venuto da queste p a r ti ( 2) e che anzi in u n prossim o fu tu ro si sareb be d ire tto di là dai m o n ti; insieme, consid eran do del tu tto inutile
al suo disegno la dim o ra nella curia po ntificia, prese ad insistere con
ogni sollecitudine presso Alfano p e rc h è chiedesse subito al Pontefice
il permesso di rito rn a re .
« N o n m olti giorni p r im a i m onaci cassinesi avevano eletto, a loro
« abate, P ie tro , il quale p e r o tte n e re l’app ro v a z io n e a tale elezione a« veva p ro p rio allora m a n d a to due confratelli al P a p a (3).
« Desiderio, q u in d i, cogliendo l’occasione o p p o r tu n a e da lungo
« tem po agognata, si rivolge insieme con Alfano al ro m a n o P o ntefice :
« tu tti e due gli si p ro stra no ai piedi e chiedono licenza di p a r tir e .
« Gli rivolgono, in più, la p re g h ie ra che si degnasse di in d iriz z a rli, allo
(( scopo di in tra p re n d e r e un a p iù religiosa n o rm a di vita, al m on astero
« cassinese, p e r il tra m ite di quei due m onaci che di lì e ra n venu ti a
« lui, e di p re sen ta rli con u na sua lettera c om m en datizia a ll’ab ate e ai
« confratelli.
« Accondiscese il P a p a e, giusta le loro pre g h ie re , furono indiiiz « zati con quei confratelli al cenobio di M ontecassino.
« Fu ro n o accolti on orevolm ente d a ll ’a b a te e, associati alla com u.
« n ità, vi d im o ra ro n o p e r qu a lc h e tem po circon dati da u n a n im e sim -
(1) G . P a e s a n o , o. c., I, p. 113; G . G i e s e b r e c h t , o . c . , p. 56.
(2) Enrico III era stato costretto, già nel nov. 1055, a ripassare precipito,
samente le A lpi, privando così il Papa del suo aiuto contro i Normanni.
( 3 ) Pietro succedeva a R icherio, morto l’i l dicembre 1055 ad Aterno. Sulla
rinascita di Montecassino al tempo di R icherio, il suo prim o abate « riform alo a,
è da leggersi la dotta m o n o g r a f i a di W. W Ù H R , D ie TFiedergeburt M ontecassinns
unter seincm ersten Ref'>rmabt R icher von N icder altaicìi (in « Studi Gregoriani »,
III, Roma, 1 9 4 8 , p p . 3 6 9 s g g .) . Ho notata un ’im precisione sul nostro A. a p. 4 3 8 .
E ’ detto a p . 4 4 2 sg. che la riluttanza di Vittore II a confermare Pietro va ricer ­
cata nel bisogno che si aveva di un sicuro difensore del Papato e delITmpero nel
M ezzogiorno, mentre Pietro era troppo amico dei Norm anni: cfr. anche L. T o s t i ,
S toria d e tta badia d i M onte - Cassino, t. I, N apoli, 1842, pp. 208 sgg.
« patia p e r l’e sem plare tenore di vita e p e r l ’u m iltà . Da quello stesso
« abate o ttennero la consacrazione m onastica.
« Uno, fra tutti, gioì in modo p a rtic o la re della loro venu ta: Fede n rico ».
E ra, questi, Federico di L o rena, u no dei più e m in e nti collabo ratori
del p a p a rifo rm a to re Leone IX, dopo la cui m orte s’era reso m onaco
di Montecassino (1).
Secondo il G iesebrecht e il K e h r (2), questi avvenim enti si svol­
sero all ’inizio d el 1056: u na tale d eterm inazio ne cronologica, segui,
ta da tutti, è esatta p erchè com bacia p e rfe tta m en te con u n ’altra che
con essa è in intim o ra p p o rto e che è e splicitam en te sta b ilita (3).
5. — LA PROFESSIONE MONASTICA A MONTECASSINO (1056 - 1057).
Il contesto del racconto di Leone Ostiense p orta a cred ere — co­
me si è sopra accennato — che solo a Montecassino, e non p rim a , Al ­
fano emise la professione m onastica e ricevette la relativa « consa ­
crazione ». Questa è l ’inte rp re ta zion e d ata d a ll’U ghelli (4), il q u ale af ­
ferma che il Nostro a Montecassino depose il « cing ulum clericalis
m ilitiae », e dal G iesebrecht (5). Diverso era il caso di Desiderio, a n ­
che p e r quel che dice esp licitam en te A m ato (6).
La d im o ra a M ontecassino di Alfano — d u ra ta circa u n anno e
mezzo — ebbe u n ’im p o rta n za decisiva p e r il corso u lte rio re della sua
vita. La feconda esperienza monastica nel cenobio cassinese ne plasmò
l'anim a, p e r sem pre . V edrem o come d a ll’esame della sua op era po eti ­
ca risaltino con vivezza la sua venerazione p e r il « p a d re » B enedetto
e p e r M auro, il p rim o discepolo; la pere n n e predilezione p e r M on ­
tecassino, p e r i confratelli in religione, p e r Desiderio, che resterà
sempre il « suo » ab ate. Anche salito ai fastigi della c a rrie ra ecclesia ­
stica, egli si considererà e sarà se m p re considerato « m on achus » di
(1) G . D e B l a s i i s , La insurrezione pugliese e la conquista normanna, N ap oli,
II, 1864, pp. 19 sg.
(2) G . G i e s e b r e c h t , o .c ., p. 56; P. F. K e h r , Regesta Pontificum Rom a,
norum. Italia Pontificia, V III, Berlino, 1935, p. 137, N. 72.
(3) Chron. Casin., III, 9 : si dice in questo luogo che dai suddetti fatti allo
inizio del 1058 intercorse un non plenum biennium .
(4) F. U g h e l l i , o . e., v. V II, p. 380.
(5 ) G i e s e b r e c h t , o . c . , p. 56. Le parole del G . non sono ben rese nella trad.
italiana.
" i\
(6) A m a t o , Storia d ei Normanni, III, c. 52, p. 174.
Montecassino, in cui spesso sentirà il bisogno di to rn a re . E Desiderio a
lui u n giorno co m m etterà l’incarico di scrivere qu el Chronicon della
A bbazia che, dopo il suo u m ile rifiuto, sarà in tra p re so da Leone Ostien.
se e p o rta to a te rm in e da a ltri illustri c o n tin u ato ri (1). A Montecassino
sarà conservato religiosam ente il p iù autorevole codice dei suoi carm i.
V edrem o che il G iesebrecht (2 ) attrib uisce a Fe d e ric o di L orena,
uno dei protago nisti della rifo rm a del sec. XI, l ’iniziazione dei due gio ­
vani m onaci. D esiderio e A lfano, agli ideali della lib e rtà ecclesiastica:
in re a ltà la p a ro la di Federico cadde su u n te rre n o già p re p a r a to : De ­
siderio era stato p re c e d e n te m e n te n e ll’in tim ità di p a p a Leone IX e
dei suoi c olla b ora to ri U m b e rto e F ederico stesso, a B enevento ( 3 ) ; e
A lfano, si vedrà in seguito, aveva avuto m odo di conoscere gli a m b ie n ­
ti p ro p u g n a to ri della rinascita religiosa.
Lo storico tedesco pensa anche che i tre amici — F ed erico, Desi ­
derio, Alfano — constatando il dilagare degli interessi cu ltu ra li nei
m onaci, che si recavano fuori del chiostro p e r il desiderio di a p p r e n ­
dere, g iu dicarono concord em ente che non bisognasse ostacolare u n tal
m ov im ento, b a d a n d o solo a g uidarlo secondo il c a ra tte re della profes.
sione m onastica e a vantaggio e decoro d e ll’O rd in e. P e r l ’im pulso dei
tre illu m in a ti religiosi cassinesi rifio riro n o le le tte re nel m onastero
bene d e ttin o , e a tale « renovatio » — che toccherà il culm ine sotto il
regim e abbaziale di D esiderio (1058 - 1087) e che Alfano ca n te rà —
ognuno di essi im presse u n p a rtic o la re c ara tte re (4).
Sulle b enem eren ze che M ontecassino h a acquisito a vantaggio
della c u ltura, non pensiam o che sia necessario sofferm arci, p e rc h è è
stato tante volte au to revo lm en te scritto (5). Piace ric o rd a re , p e rc h è
rife rita p r o p r io a ll’epoca nostra, u n a valutazio ne non certo sospetta,
anche se u n p o ’ caricata nelle ti n te : « N on p u re in questi studi (sacri),
che p e r altro dovean essere loro p r o p r i, i M onaci Cassinesi si seg n a la ­
ro no, m a si distinsero ancora p e r le b uo ne le tte re e v aria e ru d iz io n e ; e
quel poco che si sapeva presso di noi a questi te m p i, in loro era ristretto,
e q ualch e cognizione, ch e se n ’avea, ad essi la doveano le nostre P r o ­
(1) Cfr. l ’Epistola dedicatoria al Chron. Casin., in M GH., SS., V II, pp. 574 ?g.
(2) O. c., pp. 56 sgg. C’è tutta una teoria recente che vorrebbe rintracciare
le origini della riforma gregoriana nel m ovim ento spirituale della Lorena: cfr.
R. M o r g h e n , Gregorio VII, Torino, 1945, pp. 24 sg.
(3 ) Chronic. Casin., I l i , 7.
(4 ) Cfr. anche M. S c h i p a , Una triade illustre d i M ontecassino, in « Casinen sia », M ontecassino, 1929, pp. 157 sgg.
(5) Cfr. T. L e c c i s o t t i , M ontecassinoz, Firenze, 1947, pp. 52 sg., 142 sgg.,
173, 181 sgg., 203.
vincie » ( 1). A Montecassino « u m anesim o e ascetismo si fondono nel
grande ideale bened ettino d e ll’ora et lobora » (2).
In questo am biente, alla cui creazione Alfano collaborò, in cui
completò la sua form azione, in cui spesso tornò quasi in p r o p r ia n a ­
turale dim ora, bisogna collocare, dopo che in Salerno, la p roduzione
letteraria del Nostro ( 3). Ma ?a f r a te rn a convivenza — nella serena ed
austera p ratica m onastica e ne ll'operosa attività di studio — dei no ­
stri tre amici a Montecassino non durò , dicevamo, a lungo.
Federico di L orena, dopo la rin u n z ia di P ietro, veniva p ro c la m a ­
to abate del cenobio eassinese il 23 maggio 1057, e il 2 agosto, alla
m orte di Vittore II. era ad u n a n im ità esaltato in Rom a alla catted ra
pontificia. Assunse il nom e di Stefano IX e conservò la reggenza della
abbazia (4).
Desiderio fu eletto p rim a « preposto » di S. Benedetto di C apua
nel 1057 (5 ) e poi, all’inizio del 1058, successore di Stefano IX nella
sedia ab baziale e apocrisario della sede apostolica a Costantinopoli.
Il nostro Alfano fu da Gisulfo. nel 1057, ch iam ato nella nativa
Salerno a reggere San B e n e d e tto ; e di lì a poco, nel m arzo del 1058.
designato ad occupare la cattedra arcivescovile della stessa c ittà : u na
carriera ecclesiastica degna della sua fam iglia (6).
Ma. p rim a della separazione dal confratello diletto, Desiderio eb ­
be una visione profetica, che Leone Ostiense re p u tò degna di esser
tra m a n d a ta ai posteri (7).
« In quei giorni Desiderio ebbe u n a visione da non passarsi in
ft silenzio: e il seguito dei fatti ne conferm ò poco dopo la veridicità.
« Gli sem brava di trovarsi, in com pagnia di Alfano, in u n ’alta e
« sp lendida torre, sita in prossim ità della sala ca p ito la re : in essa a p .
« pariva, seduto su un trono molto adorno, lo stesso p a d re Benedetto.
« Poiché i due, stu piti a tanta visione, restavano timorosi e non osava-
( 1 ) P. G i a n n o n e , Istoria civile d. Regno d i N apoli, t. II, 1. X, c. 11; ediz. V e.
nezia, 1766, p. 92.
(2) F. G a g l i u o l o , T esti d i poesia religiosa d. origini, N ap oli, 1958, p. 89.
( 3 ) Buone notazioni sugli aspetti della cultura eassinese e su ll ’apporto ad essa
dato da Desiderio, Alberico, Alfano, Pietro N apoletano, Am ato, si possono leggere
in A. L e n t i n i , A lberico di M ontecassino..., « Studi Gregoriani » , IV, Roma, 1952,
pp. 55 sgg.; I'd., Gregorio V II..., ibidem , V, 1956, pp. 281 sgg.
(4) G. D e B l a s i i s , o.c., II, 1 8 6 4 , pp. 2 4 sgg. Vedere in W . W u h r , o . c . , 4 4 3
sgg., una valutazione, in complesso non benevola, delle vicende che portarono F e ­
derico alla carica abbaziale, e anche del suo breve pontificato.
( 5 ) Chron. Casin., I l i , 8. Cfr. S c h i f a , Alfano I, cit., p. 12.
(6) M. M a n i t i u s , o . c . , p. 619.
(7) Chron. Casin., IH , 8; M GH., SS., V II, 702.
« no davvero avvicinarsi, il beato B enedetto accennava con volto ila« re a Desiderio e, d istendend o la m an o, lo invitava a sedergli accanto.
« A lfano, come se fosse rim asto offeso p e r n o n essere stato ch ia m a lo
« anche lui, se ne usciva da quella casa.
« La visione p re a n n u n z ia v a in m odo chiaro che Alfano n on si
« sarebbe ferm ato a lungo in questo m o nastero, e che D esiderio a« vreb be assunto in esso la successione del P a d r e B enedetto. In f a tti,
« non m olto dopo, A lfano, ric h ia m a to da Gisulfo, in u n p rim o m o ­
li m ento fu fatto abate del m onastero di San B enedetto di Salerno, e
« poi ottenne la cattedra arcivescovile della stessa città ».
6 . — ABATE DI S. BENEDETTO DI SALERNO (1057)
E ARCIVESCOVO DELLA CITTA ’ (1058).
La n om in a di Alfano ad abate di s. B en ed etto di Salerno è da
collocarsi intorno alla m età del 1057, o, più p recisam en te, tra l ’agosto
e il settem bre 1057, se si accetta l ’ind uz ion e dello S chipa, che collega,
come si diceva, la designazione di Alfano da p a r te di Gisulfo con la
p roclam azion e a p a p a di Stefano IX ( 2 agosto): e il gesto del p r i n ­
cipe avrebbe, insieme, segnato la sua definitiva riconciliazione col N o ­
stro ( 1).
L ’antico e venerand o m onastero di San B en ed etto di Salerno, ini zia lm e n te forse soggetto a Montecassino, s’era poi reso auto no m o , sen.
za che la B ad ia cassinese ne avesse m ai avallato l’in d ip e n d e n z a (2).
I
p rin c ip i di Salerno esercitavano, di fatto, il d iritto di n o m in arn e
l ’abate. U n predecessore di A lfano, il calabro - greco Basilio, era stato
eletto da G u a im a rio V, forse nel 1043 (3). Gisulfo I I te n te rà in u til ­
(1) M . S c h i p a , Il M ezzogiorno..., cit., p. 170. La data del 1047, accettata dal
Di M eo ( A nnali critico - diplom atici d. Regno d i N apoli, V i l i , p- 10) e ripetuta in e ­
splicabilm ente dal P a e s a n o , o.c., I , 103 (in contrasto con quanto egli stesso dirà a
v. 114), è da scartarsi assolutam ente: la paternità d ell ’errore va attribiiita allo
spurio Chronicon Cavense.
(2) G. P a e s a n o , o . c . , I, pp. 33 sg., 54, 58, 75; P . F. K e h r , o . c . , V III, pp. 364 sg.
(3) G. P a e s a n o o . c . , I, 102; M. S c h i p a , Storia d. P rinc., cit., pp. 527, 551.
Sulla avventurosa vita e figura di B asilio, che tra l ’altro fu abate intruso in Mon ­
tecassino ed ebbe parte nella storia dei rapporti di Umberto di Silva Candida con
Bisanzio, cfr. Chron. Cas., II, 59 sg g . ( M G H ., SS., V II, 667 sgg.); L. T o s t i , Storia
d. Badia d i M ont., I, N apoli 1842, pp. 188 sgg., 207 sg. : W. W u h r , Die W ieder gehurt Montecassinos, cit., pp. 404 sg g ., 439; F. R u sso , Il monacheSimo calabro greco e la cultura bizantina in occiden te. in « B oll. d. Badia di Grottaferrata «
N. S., V (1951), p. 15.
mente, più tard i, di restitu ire il pieno d iritto di Montecassino su S. Be ­
nedetto di Salerno ( 1 ) ; e p e rta n to è p ro ba b ile che già nel 1057, per
tagliar corto ad ogni possibile contestazione sul suo o p erato, in tema
di conferim ento di benefici ecclesiastici, egli avesse designato ad abate
del m onastero A., che oltre tutto era u n eassinese: questo sistema p o ­
teva essere anche un com prom esso p e r non led ere gli an tic h i d iritti che
Montecassino avanzava sul m onastero salern itan o, e q u in d i u n mezzo
per non crearsi difficoltà di altro genere su u n cam m ino così tribolato
pe r lui fin dal prin c ip io del suo governo. Ci conforta ad avanzare tale
ipotesi la p ro c e d u ra seguita dieci anni dopo, qu a n d o u n altro m onaco
eassinese, P ie tro di Atenolfo C apu an o, sarà inviato da Alessandro II
(1067 c.), anche questa volta dietro p re g h ie ra di Gisulfo, a reggere il
m onastero salernitan o di S. Benedetto (2). N on è da escludere che
questo riallacciam ento di ra p p o r ti, sp iritu a li p rim a che giuridici, col
cenobio eassinese fosse in seguito sollecitato da A lfano, che sapeva per
esperienza, o rm ai, la fecondità della vita monastica vissuta n e ll’interez ­
za prim ig enia della regula b en ed e ttin a , quale s’era re s ta u ra ta a M on ­
tecassino.
!•
I ■ ^
Nessuna notizia ci è rim asta dell’attività svolta dal N ostro a capo
del m onastero di S. Benedetto (3). Certo è che egli du rò in tale carica
solo pochi mesi (4), perchè le doti sue di uom o e di reggitore di ani ­
me lo rendevano degno di un più allo posto di resp onsabilità e di
\W \ ' f l
onore.
Forse può essere utile, ad inte gra re i pochi ricordi rim asti della
funzione esercitata in Salerno dal m onastero, a nno ta re u n episodio
rivelatore di u n costume, alla cui instaurazione il Nostro dovè c o n tri ­
buire. Un giorno, q uan do Alfano era già arcivescovo della città, u n
oscuro uom o sm ette la qualifica di servo con l ’indossare l ’abito m o n a ­
stico in S. Benedetto ( 5 ) : fu con episodi di questo stesso genere che
(1) Chron. Cos., I l i , 13, P .L ., v. 173, 725; M. S c h i p a , Storia d. Princ., cit.,
p. 556 : siamo al tempo del Concilio di M elfi del 1059. Non certo fu Gisulfo II
il fondatore di S . Benedetto, com e Ha supposto taluno: E. C a p o b ia n c o , S. Am ato
da N u sco: M onografia storico - critica, A vellino, 1935, p. 63, n. 1.
(2 ) Chron. Cas., I l i , 24: M G H ., SS., VII!, 715; K e h r , o.c., V i l i , p. 365.
(3) Non è im probabile che si debba allo zelo di Alfano l ’esecu iione di alcune
opere architettoniche che valsero a conferire decoro m onumentale alla Chiesa ab ­
baziale di S. Benedetto e delle quali si viene proprio oggi eseguendo un provvido re.
stauro; cfr. A. S c h i a v o , L ’A bbazia Salernitana di S. B enedetto, in « A tti IV Con ­
gresso Naz. di Storia d ell ’Architettura », M ilano 1939, p. 3 d ell ’estr., e M. F io r e ,
U A bbazia e la Chiesa di S. B en edetto, in « Rass. Stor. Salernit », V (1944), p. 243.
( 4 ) M. S c h i p a , Storia d. P rincip., cit., p. 551.
(5) CDC., V i l i , p. 256.
veniva a sfaldarsi la legge ferrea d ella servitù della gleba, ancor d ura
a m o r ir e nonostante il vigoroso assalto mossole d alla sp iritu ale legge
cristiana della lib ertà e d d l'u g u a g lia n z a .
N el feb b ra io del 1058 Alfano era a Montecassino donde prese la
via alla volta di R om a, in com pagn ia di Stefano IX. Questi era stalo
tr a tte n u to n e ll’A bbazia dal 30 n ovem bre del 1057 al 10 feb b ra io del
1058, p rim a d a ll’aggravarsi della m a la ttia di cui già soffriva e poi
dalle cure apostoliche, non u ltim a l ’elezione di D esiderio ad apocrisario della sede apostolica a C ostan tino po li (1).
Il Nostro era già stato eletto alla carica arcivescovile; a Rom a
ebbe dalle m an i stesse del p a p a p rim a la consacrazione p re sb ite ra le e
poi quella arcivescovile.
Ma sentiam o il racconto testuale di Leone Ostiense relativo all’e ­
lezione e alla consacrazione di A lfano (2).
« Il p red e tto Pontefice già da tem p o soffriva di febbre romana
« ( m a l a r i a ) ; e verso la solennità di N atale ( d e l 1057) s'in ferm ò così
« gravem ente che al certo pensò di essere prossimo alla m orte. Dopo
« avere p e rta n to eletto Desiderio, col consiglio dei seniori, ad abate —
« come al m om ento o p p o rtu n o , ( I I I , 9), direm o con l ’aiuto di Dio —
« e dopo avergli affidato Tincarico di u n ’am basceria apostolica presso
« l’im p e ra to re di C ostantin opo li, egli di rito rn o a Rom a condusse seco
« Alfano, antico com pagno di D esiderio, ed allora eletto alla sede di
« Salerno. Nelle q u a ttro tem po ra di Marzo l’o rdinò p r im a p r e s b i ­
te tero (3 ) e poi nella d om enica susseguente (1 5 m arzo 1058) lo c o n ­
te sacrò arcivescovo e lo r im a n d ò con onore a Salerno ».
La dom enica successiva alle q u a ttro te m p o ra di m arzo, nel 1058,
cadeva il 15 del mese e non l ’8, come fu detto (4).
A lfano, d u n q u e , già al m om ento di p a r tir e da Montecassino per
R om a, risulta da poco « eletto » arcivescovo.
E ’ p ro b a b ile che, secondo u n a prassi che le cronache e i d o c u ­
m enti archivistici ci dicono da molto tem p o seguita a Salerno, Gisulfo
si sia ado perato a che popolo e clero della città designassero (« eleg-
(1 ) Chron. C a s II, 94; III, 9.
(2) Ibidem , II, 96: M G H ., SS., V II, 694; K e h r , o . c ., VIII|, p. 350, N. 20.
(3 ) Certo per una svista m ateriale, lo S c h i p a ( A lfano 1, cit., p. 10) disse che
A. era già precedentem ente sacerdote.
(4 ) Dal W attenbach e, dopo di lui, dallo Schipa e dal Kehr. Cfr. invece
A. C a p p e l l i , Cronologia, Cronografia e Calendario perpetu o, II ed., M ilano, 1930,
p . 92. Arbitraria è la data del 1057, proposta da qualche antico scrittore salernitano.
gesserò ») Alfano alla carica arcivescovile ( 1 ) ; egli era così sicuro di
fa re cosa g radita al Pontefice. Questi, ratificata la n o m ina, volle r i ­
servare a se stesso la consacrazione d ell antico confratello e am ic o ; e
la volle effettuare a Roma n e ll’o p p o rtu n o tem po liturgico.
A p roposito della destinazione del Nostro ad arcivescovo di Salerno,
u n m od erno storico ( 2) osserva che il p a p a Stefano IX, p e r togliere
gli ostacoli che si fra p po ng ono al pro gre dire della rifo rm a e « p e r r i ­
stabilire un p o ’ di o rd in e n elle chiese m eridionali,.... cerca di fortificare le antiche m e tro po li longo barde governate da persone pie che gl’ispirano ogni fiducia. A Benevento si trova l’arcivescovo U lderico, d ’o.
rigine bavarese, poco p rim a insediatovi da Leone IX.... A Salerno con sacra arcivescovo il dotto m onaco Alfano che h a conosciuto a Monte cassino..... C onferm ando i privilegi della m e tro poli di Salerno, Stefano
IX estende anche la sua giurisdizione a nuove diocesi situate nel centro
delle m ontagne lucane ». E ’ un a valutazione sostanzialm ente giusta,
se si eccettui l'u ltim a considerazione su cui a suo tem po d a re m o q u a l ­
che o p p o rtu n o c h iarim ento.
L ’elenco trad izio nale vuole Alfano successore im m e d ia to , sulla
c attedra arcivescovile di Salerno, di G iovanni, che perciò sarebbe m or.
to p ro p rio nel 1058 (3).
P ro b a b ilm e n te però la serie trad izion ale degli arcivescovi deve
subire, p e r tu tti gli anni an te rio ri alla n om in a di A lfano, u na revi.
sione (4).
(1) Cfr. anche S c h i p a , II M ezzogiorno..., cit., p. 170.
(2) G. G ay , L ’Italia M eridionale e l ' im p ero B izan tin o..., Firenze, 1917, pp.
478 sgg.
►'"whb
pw
L
(3) Cfr. P a e s a n o , op. cit., I, pp. 112, 114.
(4) L ’elenco tradizionale si può leggere, insiem e con altri spunti di storia
religiosa salernitana, nella recente pubblicazione: Salerno Sacra — Annuario
dioces. Salerno - Acerno, 1959, pp. 19 sgg. (a cura di G. C r i s c i e A . C a m p a g n a ).
Riassumiamo le ragioni che fanno propendere per la suddetta revisione. A m a t o
di M. (H I, 42, p. 159) colloca la morte di Giovanni (eletto il 1047) a ll ’8 settembre
1054; ma la sua testimonianza fu chiamata in dubbio perchè sembrava contrad.
dicesse ad altri docum enti. Ora sembra che l ’indicazione di Amato debba risultare
esatta, in base ad un più minuto riesame delle note cronologiche, non tutte pre ­
cise, di quei docum enti stessi (cfr. P e n n a c c h i n i , Pergam ene salernitane, Salerno,
1941, pp. 30 sgg., 153; B a l d u c c i , A rchivio d. Curia Arcivesc. d i Salerno, in
« Rass. Stor. Salernit. », VI, 1945, I, p. 259, N. 11; N. A c o c e l l a , La traslaz. di
S. M atteo etc., 1954, p. 54, n. 104), che appunto postulerebbero l ’esistenza di un
altro arciv. di nome Amato, tra Giovanni e Alfano ; a ciò si aggiunge che uno
strumento ancora inedito dell ’^rc/uiuo capitolare d i Salerno, d e ll ’anno 1057, parla
per quell ’anno di un Petrus electus Salernitanus ( archiepiscopus), la cui esistenza
era finora ignorata, ma che si evince con certezza dal documento, non tutto pe-
Il 24 m arzo del 1058, po chi giorni dopo aver conferito la consa ­
crazione al N ostro e quasi presago della sua im m in e n te fine ( m o r ì a
Firenze il 29 dello stesso mese), il p a p a Stefano IX volle d are ad Al­
fano u n u lte rio re pegno della sua p red ile z io n e , in d irizzando gli da R o ­
m a u n a bolla (« O fficium Sacerdotale ») di co nferm a delle p r e r o ­
gative della Chiesa sa le rn ita n a ( 1).
L ’esame e il com m ento di questa Magna Charta della storia re li ­
giosa di Salerno serv iranno a lum eggiare anche l’o p e ra da Alfano svol­
ta nel governo della sua A rchidiocesi.
E ’ bene, però, p r im a dare q ualche notizia p r e lim in a r e sulla situ a ­
zione d ella Chiesa di Salerno nel decennio a nte rio re a ll’assunzione
del N ostro alla C a tte d ra arcivescovile.
7. — SALERNO E ALFANO NELLA FASE PRE - GREGORIANA
DELLA RIFORMA DEL SEC. XI.
L ’im p o rta n z a che ebbe Salerno in quegli anni come uno dei capisaldi d ella p olitica p ontificia è stata più volte messa in rilievo dagli
scrittori. N on a d e g u a ta m en te invece risulta illustrato il ruolo che m o l ­
to spesso in quello stesso p e riodo la città svolse come uno dei centri
irr a d ia to r i del nascente moto della r ifo rm a ecclesiastica. O ltre tu tto ,
la « città di San M atteo » era u n suggestivo p u n to di rich ia m o mistico
p e r la presenza della to m b a delFA postolo e, poi, p e r la vicinanza della
B a d ia cavense che, sorta p r o p r io in quel secolo, ebbe tanto s tre tti le ­
gam i col m ovim ento cluniacense, da cui la rifo rm a stessa fu p r o f o n ­
d am e n te isp ira la .
I n quegli anni si form ava la pe rson a lità di Alfano, il q u ale cer ­
ta m en te di quel m oto rig e n e ra to re n on ignorò l’indirizzo e i p ro ta g o ­
nisti: i p a p i e i loro c o lla b o ra to ri: I ld e b ra n d o , U m b e rto di Silva C an ­
did a, Federico di L o ren a, il c a rd in a le Stefano.
Dei tre p a p i im p e ria li del secolo XI — les papes d ’e m p ire , secon ­
do la d e n o m inazione del Duchesne — , che d al 1046 al 1057 ressero le
•orti della Chiesa, sap p ia m o che furono « u o m in i insigni p e r sapere
raltro decifrabile: evidentem ente quel Pietro, « e le t to » nel 1057, o morì subito
dopo o non ebbe la debita conferma alla sua elezion e. Cfr., per quel che si rife ­
risce alle inesattezze d ell ’elenco tradizionale, B a l d u c c i , Arch. d. Curia A rciv. d i Sa ­
lerno (in « Rass. Stor. Salernit. », 1954), III, p. 66.
(1 )
Ed. P f l u g k - H a r t t u n g , Acta pontificum R om anorum inedita, v. IIS P . II,
Stuttgart, 1884, pp. 82 sg., N. 116; reg. K e h r , o.c., V i l i , p. 350, N. 21. L ’in ti ­
tolazione e la premessa di questa bolla sono identiche a quelle della bolla di
Le«ne IX, del 1051, di cui parleremo appresso.
t p e r v irtù sacerdotali... ard en ti fautori della rifo rm a della Chiesa,
della restaurazione della dignità apostolica e del costume ecclesia ­
stico » ( 1).
Ebb en e, ab biam o esplicita attestazione che l’ultim o dei tre, V it ­
tore II, accolse nella sua curia a Firenze il N ostro, m anifestandogli sli ­
ma e sim patia. Alla dim ora di Alfano nella curia di V ittore II è col legata, come s’è detto, l’iniziazione di lui alla vita m onastica.
Gli altri due preced en ti pontefici, C lem en te II e Leone IX, Alfano
dovè conoscere qu and o essi fecero d im o ra a Salerno, nella quale la ­
sciarono evidenti tracce della loro attività riform atrice.
Clemente II, venuto subito dopo la sua elezione a Salerno, al se ­
guito di Enrico I I I . indirizzò il 18 febbraio 1047 u n a bolla di a p p r o ­
vazione al neo-eletto arcivescovo G iovanni che, già vescovo di P aestum ,
era stato designato alla ca tte d ra sa lern ita n a p e r « voto u n a n im e » del
clero, del popolo, del p rin c ip e G u a m a rio V, e non p e r « am bizio ne o
sim oniaca eresia » (2). Si ricordi che simoniaca haeresis fu espres ­
sione caratteristica dei rifo rm a to ri.
Le paro le della bolla di C lem ente II, che non h a n n o nu lla della
stereotipa convenzionalità degli atti curiali, ci paiono r a p p re se n ta tiv e
di tutto u n clima m orale e religioso in cui si andava m a tu r a n d o la spi ­
ritu a lità del « chierico » Alfano, e forse anticip an o l’esatta prassi
attraverso cui si giunse alla designazione del Nostro ad arcivescovo.
Anche A lfano del resto, p ro cederà, secondo la successiva prescrizione
della bolla di Stefano IX, « cum clero et p op u lo » a ll’elezione dei ve ­
scovi suffraganei.
A Salerno dim orò, e non u n a volta sola, anche Leone IX, il più
(1) R. M o r g h e n , G regorio VII, Torino, 1942, p. 56.
(2 ) Non sappiamo rinunziare alla tentazione di riferire le parole testuali della
bolla, che son cariche di una rara forza evocatrice: « Te vero, frater carissim e,
quem unanim itas cleri et popu li Salernitani una cum gloriosissim o prin cipe Guai,
m ario de sede Paestana accepit, et in suum pontificem elegit, dilig en ter discussimus ne tuae am bitionis causa, et non m aioris u tilitatis necessitate electus fuisses aut
forte p e r sym oniacam haeresim , q u od ita ab om nibus est abnegatum , ut nullius
audiretur ore prolatum ; si quidem Salerni m anentes, et hoc ab om nibus perqui rentes, cum te audirem us ab om nibus laudari, et ab om nibus viderem us am ari,
Dominum benedixim us qui tantam concordiam in tanta hom inum diversitate super
te po tu it efficere... Nani in te nobis com placuit quicquid de te fam a conspergit ;
videlicet sanctitas, castitas, benignitas, et om nia quae Deo placabili a sunt ». (La
bolla è riprodotta in P a e s a n o , o . c . , I, pp. 107 sg. ; il reg. in K e h r , o. c . , V i l i , p.
349, N. 18; e in B a l d u c c i , Arch. Curia A rciv., cit., m , pp. 66 sg.) — Un episo.
dio della santa vita di Giovanni è riportato da A m a t o , Storia cit., I l i , 38, pp. 151
sg. —­ Sullo stesso arciv., ancora, cfr. CDC., VII, pp. 92, 242.
e m in en te dei predecessori di G regorio V II, nella sua infa tic a bile ab
tività che lo po rtò da u n capo a ll’altro d e ll’E u r o p a . « Andò p e r le città,
e con le sante pred icazion i r ie m p ì la Chiesa d ella fede di Cristo. Egli
fece il sinodo, cioè la congregazione, di Salerno», dice di lu i A m ato (1).
Successivamente, p r o p r io da Salerno, il 22 luglio 1051, rilasciò
Leone IX a Giovanni arcivescovo u n a bolla di rin n o v a ta conferm a, !a
q u a le h a u n a premessa che, a n c h ’essa, n u lla h a di p ro to c o lla re , m a è
tu tta in to n a ta al senso evangelico della respo nsabilità m o ra le del pasto ­
re d ’a n im e ; e sarà le tte ra lm e n te r ip o r ta ta nella bolla di Stefano IX
al nostro Alfano (2). U na clausola della bolla di Leone, re la tiv a alle f a ­
coltà concesse agli arcivescovi s a le rn ita n i, ci piace so ttolin eare — oltre
a qu ella che esclude l'in te rv e n to di Rom a nella n o m in a e n ella consa ­
crazione dei vescovi suffragane! — p erc h è di essa farà uso, e nel senso
voluto da P ontefice, il N o stro : la facoltà di « ordinare et consecrare
episcopos p e r congruentia loca secundum regulam sanctorum Patrum
in ipsa integritate Salernitani archiepiscopatus ».
P e r effetto di questa disposizione, negli a n n i tra il 1051 e il 1058
venn ero e re tti n e ll’am bito d e ll’archidiocesi altri q u a ttro vescovati suffraganei, che la bolla di Stefano IX reg istrerà come già esistenti, m e n ­
tre di essi non c’era p re c e d e n te m enzione. Alfano farà a n c h ’egli uso
di u n a tale facoltà.
E ’, du n q u e , nel q u a d ro di questa fervida attività del P a p a to r if o r ­
m a to re, la q uale aveva toccato così da vicino Salerno, e della q u a le A l ­
fano era stato s p e tta to re non certo in d iffe re n te , che bisogna inserire
il significato della p re d e tta , am p ia bolla di con ferm a dei d ir itti arcivescovili, d ire tta da Stefano IX al nostro A lfano, il 24 m arzo 1058.
Il d ocum ento p a p a le — estrem o segno di p re d ile z io n e p a te r n a e
quasi testam ento sp iritu a le — in p a r te ricalca le linee di p re c e d e n ti
atti ufficiali d alla Sede Apostolica e m a n a ti p e r S a le rn o ; in p a rte reca
disposizioni nuove o p iù e sp licitam ente adeguate alla p iù recente a t ­
tività rifo rm a tric e della Chiesa, onde assume, a nostro m odo di vede ­
re , u n a rile v a nte im p o rta n z a p e r definire il nuovo indirizzo sp iritu a le
che si andava sem pre meglio c h ia re n d o e afferm ando.
I l suo conten uto va p e rta n to collegato stre tta m e n te con gli an te ­
rio ri atti pontifici di cui s’è d etto, e con l ’op e ra di governo sv ilu p p a ta
(1 ) Storia d e i N orm anni, ed. cit., I l i , 15,20, pp. 129 sg., 134; cfr. anche
Chron. Casin., II, 81; K e h r o. c., V i l i , pp. 9, 336, 478: il K . pensa che il
sinodo di Salerno fu celebrato tra il marzo e l ’aprile del 1050.
(2 ) B olla « Officium Sacerdotale » del 24 marzo 1058; ed. P e n n a c c h i i v i , o .c .,
p p . 27 sgg.; reg. K e h r , 349.
coerentem ente in questo cam po dal nostro Alfano, il cui episcopato
« segnò p er la Chiesa di Salerno un pe riodo di sp lendore » ( 1).
Ne esam inerem o, d un qu e, p a r tita m e n te i singoli p u n ti, che poi
corrispondono ai vari cam pi del m inistero episcopale del Nostro.
Le d irettive p ro g ra m m a tic h e di indirizzo pastorale sono contenute,
all’inizio, nel proem io — che r ip ro d u c e fedelm ente, rip e tia m o , le p a ­
role già usate da Leone IX — e nel seguito della bolla. Eccole in una
nostra tra d u z io n e :
« Stefano vescovo, servo dei servi di Dio, alla santa chiesa di Sa« lerno... e p e r essa al confratello Alfano arcivescovo della stessa Chie« sa, in perp e tu o .
« L ’assunzione d ell’ufficio sacerdotale, se venga e sam in ata con 111« teriore discernim ento, è p iù un ònere che un onore p er chi ne è
« investito, p erch è a costui non sarà sufficiente con d u rre i p r o p r i atti
« se non avrà insieme sa lu ta rm e n te guidalo quelli a ltru i. Egli infatti
« deve in tr a p r e n d e r e la cura del regime pastorale p r o p rio allo scopo
« di assumere su di sè con pia responsabilità la p reoccupazione di al ­
ci tri, e di disporsi con vigilanza alla loro custodia, affinchè l ’invido
« nemico non faccia m a la u g u ra ta m e n te p e rire alcuno nelle rabbiose
« fauci, cosicché la sua rovina venga m e rita m e n te a ttr ib u ita a colpa
« n ostra: sì, di noi, se trascuriam o di custodire con sollecita cautela
« quelli che ci sono stati commessi. M ostriamoci, q u in d i, tali quali
« ci d iciam o: ed affrettiam oci a rend erci utili con tutte le nostre pos « sibilità a coloro a cui ci troviam o ed essere p re p osti p e r la volontà
« della provvidenza divina, cosicché qu a n d o il C redito re verrà a chie « derci la ragione del nostro m inistero, trovi che lo a bbiam o provvi « dam en te esercitato e, secondo la sua promessa, ci faccia lieti della
« sua ricom pensa ».
N on pensiam o di esagerare se rip e tia m o che in queste paro le ci
sem bra di scorgere non u n a fo rm ula generica di intro d u zio n e c u r ia le ­
sca, m a u n a p ro g ra m m a tic a en unciazione dei p rin c ip ii ideali a cui già
da tem po si va ispiran do la R ifo rm a. E in tale senso Alfano m ostrerà
di averle intese, nella sua p ra tic a di governo.
Queste direttive di indole ascetica sono, nel sèguito della bolla,
trasferite sul piano concreto dell’organizzazione discip linare e can on i ­
ca, con u n vigore di im postazione in cui è ancora più evidente il n u o ­
vo spirito che la R iform a va diffondendo.
« Questo anche noi ti conced iam o : che nelle singole località, che
« son soggette alla giurisdizione della santa Chiesa di Salerno, tutto
L
( 1 ) I. C e c c h e t t i , s . v. « A l f a n o » : E ncicl. C attol., I, c. 8 3 8 .
«
«
«
«
«
«
«
«
«
«
«
«
«
ciò che sarà stato ritrovato discordante d al retto o rd in e o da quel
che prescrivono i sacri canoni, tu e stirp i e e m e n d i, in con fo rm ità di
q u a n to sta tu iro n o p e r i M e tro p o lita n i i santi p a d r i, e salva l’a u to rità
d ella santa R o m a n a e Apostolica Sede. E poiché, p e r il pre va le re
dei peccati, e contro il d iritto dei canoni e gl’istituti dei santi p a d r i,
ta lu n i, mossi davvero da perverse intenzioni, no n tem o no persino
di u su rp a re p e r sé ciò che è esclusivo dei Vescovi, cioè di s o ttra rre
al giudizio di questi, so ttom ettend oli alla p r o p r ia giurisdizione, gli
ascritti al sacro o rd in e , ossia i ch ierici — e questo noi detestiam o
e con p e rp e tu o a n a tè m a vietiam o — , in te n d ia m o che dal tuo sano giù dizio sia re tto e o rd in ato q u a n to s’attien e a ll’ufficio ecclesiastico e
vescovile, n e ll’a m bito d e ll’in te ra archidiocesi di Salerno, (« intra to tarn Salernitanam parrociam »), de n tro i confini sop ra in d ic ati ».
O ra, che a Salerno ci fossero, e p r o p r io n e ll’epoca di A lfano, i n ­
terferenze del po tere laico nel con ferim ento dei benefici ecclesiastici,
è d etto in u n docum en to posterio re, là dove il p a p a U rb a n o II, a
ric h iesta del successore di Alfano I e in contrasto con Ruggiero I, che
inten de v a seguire in questo c am po l ’uso lo ng o b a rd o , « diju d ica vit
Langobardorum malam et iniustam in hoc fuisse consuetudinem » (1).
U n vero e p ro p rio contrasto d ’indole giurisdizio nale fu al fondo di
qu ella persecuzione che A m ato racconta essere stata messa in atto da
Gisulfo I I nei rig ua rdi d e ll’abate G uaiferio, il quale asseriva che «la
sua potestà era p iù grand e della potestà secolare. E a p p e llò al P a p a ».
In difesa di G uaiferio — secondo la testim o nianza del cronista —
in te rv e n n e con i suoi buoni uffici A lfano, il nostro Arcivescovo, b e n ­
ché con risu lta to n ullo (2).
Ma gl’insuccessi n o n contano, q u a n d o ci sia il coraggio delle p o ­
sizioni che si cred an o ide a lm e n te intoccabili, a nche nel p re v a le re d e l ­
la forza m a te ria le .
8. — L ’AM M INISTRAZIONE DEL PATRIMONIO
DELLA CHIESA DI SALERNO.
D opo il p ro em io , di cui ab b ia m o sopra rife rite le p a ro le , e p rim a
ancora del tr a tto che a noi è ap p a rso in tim a m e n te legato a tale p r e ­
messa, la bolla di Stefano IX ad Alfano toccava l ’aspetto più stretta -
(1) G. P a e s a n o , o . c . , II, p. 39 in nota; K e h r , o . c . , V i l i, pp. 353 sg., NN. 31, 32.
(2 ) Storia d . Norm anni IV, 43, pp. 214 sgg. Lo S c h i p a , Storia d. P rincip.,
cit., p. 559, dà altra interpretazione all ’episodio, che egli collega a m otivi politici.
mente organizzativo e gerarchico - disciplinare della vasta Archidiocesi ;
e anzitutto m irava alla salvaguardia d e ll’antico e del recente p a tr im o ­
nio della Chiesa.
« E p e rta n to , o carissimo confratello Alfano arcivescovo, noi, an « nuendo molto volentieri alla tua richiesta, abbiam o decretato si redi « gesse in nome della nostra au to rità apostolica questo docum ento
« ( privilegium ), con cui stabiliam o, sotto sanzione di censura aposto « lica, che p e rm a n g a n o sem pre rate e inviolate tu tte le donazioni che.
« in favore della santa Chiesa di Salerno, effettu aron o od effettueran « no Im p e ra to r i, Re o colui che adesso m e rita m e n te detiene codesto
« P rin c ip a to — Gisulfo — , e tu tti in genere i fedeli ». E la bolla
pontificia ha poi cura di elencare rip e tu ta m e n te le categorie di beni
di cui era costituito iure atque legaliter il p a trim o n io stesso della
Chiesa: m onasteri, castelli, città, fondi, chiese, ville, vigne, selve —
con l’interdizione p e rp e tu a , sotto p ena di censura, che nessun uomo,
di q u a lu n q u e dignità, osi m ai, salvi restando i lim iti dei sacri canoni,
a tte n ta re o sm inu ire la Diocesi ed i suoi term in i.
La Chiesa di Salerno aveva u n largo p a trim o n io fon d ia rio , ac­
centrato in nuclei piuttosto c om p atti, che s’era and ato consolidando
negli u ltim i cento anni, so p ra ttu tto con le concessioni dei p rin c ip i lo n ­
gobardi, Gisulfo I e i due G u a im a rii, e degli im p e r a to ri Ottone II
ed Enrico II (1).
A ll’atto d e ll’assunzione del Nostro alla c a tted ra arcivescovile, la
situazione p a trim o n ia le della Chiesa era, nelle gran di linee, tale quale
è descritta in un d iplom a di concessione di Gisulfo II , a cui perciò
rim a n d ia m o lo studioso di p ro ble m i economico - fondiari (2).
La previdenza e l ’oculatezza a d o p e ra te da A lfano, nella difesa
dei diritti e nella re tta am m in istrazion e dei beni della Chiesa, ris a l ­
tano da d ocum enti della p iù varia indole, che qui, p e r am ore di b re ­
vità e di chiarezza, ind ic h ia m o solo schem aticam ente ( l ’in q u a d r a ­
m ento storico dei p rin c ip a li tra essi sarà fatto in seguito, al m om ento
op p o rtu n o ):
I)
Rescritti pontificii, da lui sollecitati p e r la conferm a o la difesa
di d iritti giurisdizionali e p a trim o n ia li della Chiesa S alernitana : bol -
t
(1) Il diploma di Gisulfo I è in P e n n a c c h i n i , o.c., pp. I l i sg. ; quello di
Enrico II del 31 maggio 1022 è in M GH., D iplom ata regnm e t im p era to m m Ger maniae, t. I l i , pp. 601 sg. ; sui diplom i dei due Guaimarii cfr. F. B a r t o l o n i , I do cumenti originali d. P rincipi longobardi.... Fase. Il, Roma, 1956, tavole 10.11,
12-13. Per altre indicazioni cfr. B a l d u c c i , o . c . , I, pp. 257 sg.
(2) Ed. in P e n n a c c h i n i , o . c . , p. 153; reg. in B a l d u c c i , I, p. 259; II, 17.
la di Stefano IX del 24 m arzo 1058 ( 1 ) ; bolla di A lessandro II d ell’ago,
sto - settembre 1067 ( 2 ) ; bolla di A lessandro II del 12 ottobre 1067 ( 3 ) ;
costituzione di Alessandro II e le tte ra di G regorio V II relative alla d i'
pend enza della diocesi di Conza ( 4 ) ; privilegi concessi da Gregorio
V II alla Chiesa di Salerno ( 5 ) ; sentenza a r b itr a le emessa a Salerno
dall a b ate Desiderio, delegato a ll'uo po dal pontefice G regorio ( 6 ) ;
II)
D ip lo m i di Gisulfo II e di Roberto Guiscardo, di donazione o
conferm a di beni, emessi a favore della Chiesa di Salerno e diretti ad
A lfano : d ip lo m a di Gisulfo II del maggio 1058 ( 7 ) ; d ip lo m a di G i ­
sulfo II del febb raio 1060 ( 8 ) ; d ip lo m a di R ob erto G uiscardo d e ll’ot ­
to b re 1080 ( 9 ) ; altro d ip lo m a del G uiscardo nella stessa d a ta (1 0 ) ;
I I I ) Strum enti notarili, relativi a beni della Mensa, re d a tti alla
presenza o in nom e di Alfano (11). T ra i d ocum enti di questa serie,
assume u n p a rtic o la re significato, anche p e r la sua incidenza di c a ra t ­
tere politico, un c o ntra tto di p e r m u ta tra Alfano I e Gisulfo II del l u ­
glio 1062 (12), su cui si avrà occasione di rito r n a r e in seguito.
Da questo arido elenco, e forse dal contesto stesso dei d ocum enti,
non a p pa iono le finalità religiose che Alfano perseguiva anche nella
difesa del p a trim o n io ecclesiastico: del resto q uelli elencati sono atti
soltanto a m m inistrativi che ovviam ente assolvono u n sem plice c o m p i ­
to giuridico.
Ma sull’uso illum ina to e disinteressato che egli in tendeva si fa ­
cesse, e in effetti egli stesso faceva, dei beni della Chiesa, si h a n n o due
preziose attestazioni che p ro ie tta n o u n a luce di vivido senso evange ­
(1 ) Cfr. K e h r , 350, 21.
(2) Fac - sim ile, con sottoscrizione di Ildebrando, in A. T r a m a , Storia d i S.
Gregorio VII', I, Roma, 1887, tav. in calce al volum e; cfr. K e h r , 351, N. 23.
(3 ) Ed. P e n n a c c h i o , pp. 35 s g g .; cfr. K e h r , 351, N. 25.
(4 ) Cfr. K e h r , 352 s g ., NN. 26, 28.
(5) G. P a e s a n o , o.c., I, p. 150; A. T r a m a , o.c., II, 492 sg g .
(6) Cfr. K e h r , 353, N. 29; B a l d u c c i , I, 281, N. 116. F. S c a n d o n e , Docu.
m en ti p e r la storia dei comuni d e ir ir p in ia , I, A vellino, 1956, pp. 4, 140 sg ., p r o ­
pone la data del 1083 per tale atto.
(7 ) M. S c h i p a , Storia d e l P rincipato, cit., pp. 553, 763, N. 57; B a l d u c c i , T,
p. 260, N. 16, (m a cfr. anche N. 15); II, 21, N. 15.
(8) S c h i p a , Storia d. Princ., 764, N. 61; B a l d u c c i , I, 260; II, 18.
(9) B a l d u c c i , I, 261, N. 21.
(10) Ed. P e n n a c c h i o , o.c., pp. 46 s g .; B a l d u c c i , II, pp. 24 s g ., N N . 21. 22, 23.
(11) P e n n a c c h i o , 37 s g g ., 40 s g g ., 43 s g g ., 48 s g g .; B a l d u c c i , I , 261 s g .,
, NN, 18, 19, 24 (A lfano I non II); II, 23, NN. 18, 19; M. D e ’ S a n t i , op. c it.,
II, p. 77.
(12) Ed. S. De B l a s i o , Series prin cipu m ..., cit., pp. LIV sgg.
lico sulle carte p re p a r a te dagli aridi notai e sulla figura del nostro
Alfano.
Q uando egli istituirà nel 1066 il vescovato di Sarno — ne darem o
più ta rd i notizia — , d arà al neo ­ eletto vescovo Risus nobili e precise
direttive p ro p rio nel cam po d e ll’am m in istrazio ne dei beni ecclesiasti­
ci: è logico d e d u rn e come egli volesse a ttrib u ir e c a ra ttere di norm a
e non di eccezione a tale condotta.
« Delle re n d ite della Chiesa, o delle oblazioni dei fedeli, faccia
« q u a ttro p a rti, di cui una ritenga p er i suoi usi il p re d e tto Risus Epi u scopus; u n ’altra distribuisca ai Chierici in prop orzion e della diligen.
« za usata nei p ro p ri c o m p iti; u n a terza ai poveri e ai peregrini si ri « cordi di riservare e u n a q u a rta all’edilizia della C h ie sa : e di tutto
« ciò sappia che dovrà ren d ere conto nel giudizio d iv in o : De redditu
« vero Ecclesiae, vel oblatione fid e liu m . quatuor faciat portiones, qua « rum unam sibi ipsi praelibatus Risus Episcopus retineat, alteravi
« Clericis prò officiorum suorum sedulitate distribuat, tertiam pauperi« bus et peregrinis, quartam Ecclesiae fabricis noverit reservandam. de
« quibus divino erit iudicio rationem redditurus » ( 1).
Dieci anni dopo, nel 1076. a ll’epoca del feroce assedio della città,
quando u n a te rrib ile fame riduceva allo strem o — come u n giorno tra
le m ura di G erusalem m e — la capacità e il desiderio stesso della so­
pravvivenza negli assediati S alern itan i, « solam ente l ’Arcivescovo, che
aveva nome Alfano, sostenne il peso, a utilità del suo popolo, della
assistenza; e ciò che aveva, donò ai p o v e r i » ; costretto poi, dinanzi
al p rec ip ita re degli eventi, ad uscire di città m e n tre l ’assedio durava,
« si recò nelle terre sue e della C h ie sa ; e ra d u n ò gran de abbo ndanza
« di vino e di grano, e accolse attorno a sè i suoi chierici, che governò
« come figli, a llon tanando li m isericordiosam ente dalla p iù nera mise« ria. E tutti gli altri suoi sud diti, u o m in i e donne, chiam ò a sè in ve« ste di h|Uon pastore, e donò loro tutto il necessario a vivere » (2).
T ra le p a ro le p ro g ra m m a tic h e e le azioni concrete non v’è alcun
divario: u na sola ispirazione detta le une e le altre.
9 . — L ’ORGANIZZAZIONE DEI VESCOVATI
NELLA PROVINCIA ECCLESIASTICA DI SALERNO.
Infine, la bolla di Stefano IX — ricon ferm an do ad Alfano ipsum
ex integro Archiepiscopatum Salernitanum cum omnibus parrochiis si­
( 1 ) Ed. U g h e l l i ,
o
.
( 2 ) A m a to d i M o n t.,
e .,
VHI2 col. 5 7 1 .
V III, 1 7 , p p . 3 5 7 sg.
o . c .,
bi pertinentibus, sicut integre illuni habuerunt praedecessores tui, nom inatim Am atus ipsius Ecclesiae Archiepiscopus prim us, et Grimoaldus, et celeri post eos A rchiepiscopi — assomm a in due p u n ti le sp e ­
cifiche, essenziali a ttrib u z io n i del M e tro p o lita n e ll’am b ito d ella p r o ­
vincia ecclesiastica.
а) ee Concediam o alla tua fra te rn ità licenza e facoltà di eleggere
« con il clero e il popolo, secondo gli statuti dei sacri canoni, i vescovi
« nelle sedi a te soggette in v irtù di privilegi dei R o m a n i P o n te fic i;
« pre c isa m e nte: nelle città di P a e stu m , Conza, A cerenza, N ola, Co ­
te senza, Bisignano, e a M alvito, Policastro, Marsico, V iciniano ( M a r ­
ee torano), Cassano, co ng iu ntam ente a tutte le loro parrochiae e a d ia ­
te cenze ».
б) ee Vogliamo inoltre che tu abbia facoltà discrezionale di oree din a re Vescovi anche in altri luoghi della tu a diocesi ( p e r congruen ­
ti tia loca secundum regulam sanctorum Patrum in ipsa integritate Sa ee lernitani archiepiscopatus, aveva detto, ancor p iù e splicitam en te,
ee Leone IX nel 1051) ».
Delle un dici diocesi suffraganee di Salerno, che sono e n u m e ra te ,
come già esistenti, dalla bolla di Stefano IX, sette risulta no a p p a r te n e ­
re sin d a ll’inizio alla giurisdizione del M e tro p o lita s alern itan o, sia p u r e
con lievi oscillazioni da d ocum ento a docum ento (d o v u te , forse, solo
a distrazioni di a m anuensi, e no n ad altre p iù riposte ragioni, come
talvolta s’è pe nsa to): P a e stu m (Capaccio). Conza, A cerenza, N ola, Co.
senza, Bisignano, M alvito (S. M a rc o ). Q u attro sedi sono elencate solo
ora, m en tre p rim a non ve n ’era traccia, sicché è da p re su m e re ev id e n ­
tem en te che siano state istituite o rip ris tin a te tra il 1051 e il 1058:
Policastro, Marsico Nuovo, M a rto ran o , Cassano (1).
A ltre due diocesi suffraganee, alm eno, istitu irà A lfano nel se­
guente ventennio, di modo che può dirsi che, sotto il governo del N o.
stro, la Pro vincia ecclesiastica di Salerno abbia toccato il perio d o di
massimo sviluppo.
I
confini di questa Prov in cia ecclesiastica — che vai q u a n to dire
de ll’Archi diocesi sa le rn ita n a — coincidevano con quelli del P r in c i ­
pato lon gob ardo di Salerno e a nd av ano dalla p ia n u r a c a m p a n a alle
im pervie m ontagne calabresi: e p e rta n to si co m p re n d e la som m a di
cure pa sto ra li che offriva la reggenza di u n a così vasta circoscrizione
giu risdizionale: n om in a dei vescovi suffraganei. difesa d e ll’in tegrità
te rrito ria le e m o rale dell Archidiocesi. erezione di nuove sedi veseo -
(1 ) N.
A
cocella,
La Traslazione d i S. M atteo, pp. 39 -42.
vili là dove se ne ravvisasse l'o p p o r tu n ità . A tutto questo provvide
Alfano con illu m in a to zelo pastorale.
A Policastro, un a delle sedi di più recente istituzione (o , meglio,
ricostituzione, perchè l ' ecclesia Buxentina è già ric o rd a ta in antico).
Alfano p repo se come vescovo, nel 1079 o anche p rim a , u n santo m o ­
naco cavense. P ie tro P a p p a c a r b o n e (1). Questi era stato designato
dalla volontà del cloro e del po polo e dal prin c ip e G isulfo; e A lfa ­
no. seguendo la no rm a in dicata dal p a p a Stefano, ratificò l’elezione
con una lettera ind irizzata al clero e al popolo di Bussento (2). La scelta
dei presuli p e r le diocesi suffraganee da p a rte del Nostro fu sem pre
ispirata a criteri di su periore valutazione m orale e religiosa, come è
lecito d e d u r re da qualche altro docum ento relativo a nom ine da lui
effettuate.
L ’integrità della circoscrizione ecclesiastica dell'A rchidiocesi r i ­
mase fuori discussione finché fu s tru ttu ra lm e n te saldo il P rin c ip a to
longobardo. A llorché questo venne ra p id a m e n te sfaldandosi, anche
l ’unità giuridica d e ll’Archidiocesi venne c h ia m a ta in causa.
S’è già accennato che Alfano tentò di ovviare a questo moto
centrifugo facendo p ro c la m a re di nuovo da Alessando II e da Gregorio
VII l’antica sudditanza di Conza a Salerno, contro il tentativo di sot­
tra m e la . Ma la forza centrifuga p re v a rrà , in seguito alla scom parsa
del P rin c ip a to longobardo: Acerenza e Conza assurgeranno a n c h ’esse
al rango di archidiocesi, e nel 1099 saranno solo n o m in a lm e n te r ia g ­
gregate a Salerno, p ro c la m a ta allora sede prim a ziale ( 3 ) : i vescovati
(1) Vitae quatuor priorum abbatum Cavensium , Ed. L. M a t t e i - C e r a s o l i , 1941,
RR. II. SS.2, VI, P.V., p. 17. La cronologia mi pare m eglio fissata in E. C a p o b ia n c o , S. A m ato di N u sco: Monografia storicojcrilica, A vellino, 1935 - 36, pp. I l i
sgg. Della considerazione che Alfano aveva per la comunità monastica cavense, è
testimonianza tra l ’altro l ’esenzione da lui concessa, col consenso del suo clero, a
Leone abate di Cava per la chiesa di S. N icola de Palma in Salerno: cfr. G. Abig n e n t e , Le chartulae fraterni tati s e il libro dei Confratres della
Chiesa Salerni ­
tana, Napoli, 1888. p. 30.
(2) L a lettera, che determina i centri abitati della diocesi policastrense disdngxiendoli da quelli della diocesi di Paestum, si può leggere in Paleocastrpn
dioeceseos historico - chronologica synopsis, N i c o l a i M. L a u d i s i i , Policastren epi,
scopi, iussu confecta (N eap oli, De D om inicis, 1831, pp. 28 - 31). Il documento,
scritto da Giovanni chierico, ha le seguenti note cronologiche : a. 1079, ottobre,
ind. III, anno 22 ° del Presulato di Alfano. Non è forse inutile ricordare che eoi
« 22 ° anno del suo presulato » è datato un altro documento di Alfano ancora esi ­
stente: cfr. B a l d u c c i , o . c . , I, p. 261, N. 19.
(3)
Acerenza nel 1076 era ancora sede vescovile, contrariamente a quanto
affermano taluni scrittori: cfr. la lettera di Gregorio VII del 14 marzo 1076 al
vescovo di Acerenza Arnaldo : Reg., I l i , 11 ; C a s p a r , 271 s g .
di Bisignano, M alvito, Cassano ( d i C a la b ria ) sara n n o assoggettati d i ­
r e tta m e n te a R o m a ; quello di M a rto ra n o aggregato a Cosenza, anche
essa elevata ad a rc h id io c e si; Nola sarà a ttr ib u ita a N ap oli.
A questo fatale processo di disgregazione non assistette A lfan o ;
perchè, anzi, egli tentò di ren dere m ag giorm en te a rtic o la ta la distii buzione dei vescovati della sua A rchidiocesi, contin uando si ad avva ­
lere — come s e r a fatto negli anni p recedenti — della facoltà, davve ­
ro singolare m a non eccezionale in quei te m p i, di creare nuovi veseo.
vati. E ran o le conseguenze delle speciali clausole inserite nelle bolle
•li Leone IX e di Stefano IX.
Due vescovati creò c erta m en te A lfa n o ; forse anche un terzo.
P r im a fu la volta di S a rn o : m arzo 1066. E re tta la diocesi, con
confini m in u ta m e n te d e te rm in a ti, A lfano vi p repose — come si dis ­
se — Risus (1).
L ’U ghelli p u bb lic a le le tte ra di A lfano, istitutiva della diocesi,
d ire tta al clero e al popo lo di S a r n o : l'e d ito re assicura che il monumentum autographum litteris longobardicis conscriptum in perga ­
mena ( d i q u e ll’istituzione) extat in tabulario eiusdem ecclesiae (2).
Del docum ento noi a bb ia m o p iù dietro trascritto u n b ra n o no ­
tevole; ma forse vale la pena di r ip r o d u r n e adesso i tratti p rin c ip a li e
più significativi come testim o nian za del costume e delle condizioni
am b ientali in cui bisognava g r a d u a lm e n te o p e ra re , p r im a di giung e ­
re alla com p leta attu azion e dei p ro g ra m m i di qu ella rigenerazione del
clero e del popolo che era nei voti e nei disegni degli u o m in i della
Rifo rm a gregoriana. Già il G iesebrecht rilevò l’im p o rta n z a di questo
docum ento.
« Alfanus sanctae Sedis Salernitanae gratia Dei archiepiscopus.
« Omnibus fidelibus orthodoxis, C lero, O r d in i, et p le b i consistenti
« Sarnensis Ecclesiae, p e r A po stolica m institutìonem nostro Archiepi« scopatili subiectìs, dilectis filiis in D omino salutem. Probabilibus
« vestris desideriis nihil attulimus tarditatis ( 3 ) ; Fratrem etiam et Coe « piscopum nostrum vobis ordinavim us Risum Sa cerdotem , cui dedi « mus in mandatis, ut nunquam Ordinationes praesum at illicitas, ne
( 1 ) U g h e l l i , V I P , 5 7 1 sg.; G i e s e b r e c h t , 6 8 sg.; P a e s a n o , I, 1 2 1 ; G a m s ,
Serics episcoporum Ecclesiae C atholicae, Ratisbona, 1 8 7 3 , p . 9 2 0 ; A . A d i n o l f i .
Storia della Cava, Salerno, 1 8 3 6 , p . 1 4 7 , nota: D e ’ S a n t i . II, 8 4 ; K f. h r , 3 0 3 , 3 5 0 ;
C a p o b ia n c o , 110.
(2) U g h e l l i , Le. ; l a lettera fu redatla, nel IX anno del pontificato di A l ­
fano, da Marino chierico, Prim icerio cancelliere e bibliotecario della Chiesa di
Salerno.
(3) Sulla necessità e sul valore del consenso di clero e popolo nelle ordinazioni,
cfr. A, N i t s c h k e , D ie W irksam keit G ottes in d e r W elt Gregors V II ( i n a Studi
« bigamum. aut qui virginem sortitus non est uxorem, neque illittera (( tum (1 ) vel in qualibet corporis parte vitiatum , aut im paenitentem ,
« vel curiae, aut cuilibet conditioni obnoxium, notatum que, ad sacrum
« Ordinem perm ittat acced ere; sed si quos huiusmodi forte reperit, non
« audeat prom overe. Afros passim ad Ecclesiasticos Ordines praeten « dentes nulla ratione suscipiat, quia aliqui eorum Manichaei, aliqui
« rebaptizati saepius sunt pro b a tì ».
(T ra la sc ia m o , p e r am ore di brevità, la delim itazio ne dei confini
della nuova diocesi, le disposizioni già r ip o rta te sull’uso delle rendite
ecclesiastiche, e inoltre la raccom andazio ne p e r l’osservanza dei te m ­
pi stabiliti nelle O rdinazioni).
« Sacratum sancti Baptismatis sacramentum non nisi in Paschali
« festivitate et Pentecoste mem inerìt esse praebendum : exceptis his qui
« rnortis urgerentur periculo, ne in aeternum pereant, talibus o p o rte t
« remediis subvenire.
« U nde auctoritate Apostolica vobis praecipiendo mandamus, ut
« ei sìcut Patri et Pastori vestro obediutis, et a dm onitionem eius cum
« benevolentia suscipiatis... (ut)... irreprehensibile, placidum que fiat
« corpus Ecclesiae ».
Sui criteri dai quali si fece guidare Alfano nella scelta dei ve ­
scovi suffraganei si è più dietro dato qualche cenno. Ma a conferm are
quelle nostre deduzioni valgono le su rriferite direttive p astorali che
il Nostro dà a Risus ed inoltre la n om ina, da lui fatta, di u n altro
uomo di Dio, S. A m ato, a prim o vescovo di Nusco.
Infatti anche dell'erezione di questa Diocesi fu artefice Alfano,
secondo l'afferm azione di molti scrittori antichi e m o derni (2).
In to rn o al tem po in cui è vissuto S. A mato, p rim o vescovo di
Nusco, sulle vicende stesse della sua vita, si agitarono a lungo, per
il passato, dispute e polem iche, che sono state riassunte e avviate a
ragionevole soluzione da E. Capobianco, in uno studio critico n o te ­
vole p e r copia e solidità di inform azione d oc u m e n ta ria e bibliografica,
e per rigore di argom entazione (3).
Gregoriani », V, Roma, 1956, p. 154); G. B . B o r in o , Osserv. su una in terpreta,
zione d el decreto d i Gregorio VII sulle ordinazioni sim oniache ( ih id ., 412).
(1) Anche gli illetterati Alfano voleva si tenessero lontani dal chiericato. Più
tardi, nel concilio del 1079, cui probabilm ente intervenne il N., ci fu una breve
rivoluzionaria prescrizione: « Ut om nes episcopi artes Iitterarum in suis ecclesiis
docere faciant » ( M a n a c o r d a , Storia della scuola in Italia, I, P. I., Palerm o, 1924,
pp. 69 sg.).
(2) Cfr. U g h e l l i , V II2, 533; K e h r . 341, 377.
(3) E. C a p o b ja n c o , S. Am ato da Nusco: Monografia storico.criU ca, Avellino,
1935 -36.
Il docum ento fo n d a m e n ta le che può p e rm e tte re di stabilire fuori
da ogni contestazione l ’epoca del Santo (seco nd a m età del s. XI) è
il cosiddetto testam ento da lui fatto red ig ere nel 1093 in favore di
u n a chiesa di Nusco. S u ll’au te n tic ità di questa chartula iudicati ■ che fo rtu n a ta m e n te ancora esiste nella redazione o rigina le — si è
molto discusso, m a oggi non p a r e lecito sollevare a ltri d u b b i, dopo
l'esam e fattone da due maestri della storiografia m e rid io n a le (1).
D e term in a n te , al sud detto scopo, è anche la m enzione di « A m atus
Nuscensis episcopus >> tra sette nom i di vescovi suffragane] di Salerno
del sec. XI segnati da m ano c o n te m p o ra n e a nel « d ip tv e on » del N e ­
crologio e Liber confratrum d i S. Matteo di Salerno ( 2). Su questo
im p o rta n te codice sa le rn ita n o , sull’in le rp re ta zio n e del b ra n o che si
riferisce ad A mato ete., e sulla p a rte avuta dal nostro A lfano nella
com pilazione e costituzione del m a n oscritto, il C apobian co offre acute
note storico - critiche che non è fre q ue n te ritro v a re in o pere sto rio ­
grafiche d i provincia ( 3).
La d e te rm in a z io n e cronologica del tem p o in cui visse S. A m alo
di Nusco — suffragata anche da altre prove d o c u m e n ta rie — rende
ben plausib ile la plurisecolare tradizio ne nuscana che attribuisce ad
Alfano I l’erezione, in to rn o al 1067, della ca tte dra episcopale di
quella vetusta città ir p in a e la conseguente no m in a di Am ato a p r i ­
mo vescovo, co nform em en te al desiderio del p op olo e del clero, che
incontrava i! favore anche del p rin c ip e Gisulfo (4).
N on sap p ia m o , invece, qu a n to fond a m e nto storico possa avere il
testo di u na lettera che si dice inviata già nel 1063 da Alfano I ad
A m ato, allora « a rc h ip re sb ite ro » di Nusco, affinchè si adoperasse
con la sua predicazio ne ad e stirp a re il culto pagano di S e ra p id e a
Serpico, stabilendovi la fede cattolica (5).
Con ogni p ro b a b ilità anche la diocesi di Acerno deve la sua fon ­
f i ) A. Di M e o , A nnali critico - diplom atici d el Regno d i N apoli, V i l i , N apoli,
1803, pp. 368 sgg.: B. C a p a s s o , SulVautenticità d e l testam ento d i S. Am ato, vescovo
d i Nusco (1093), in « Archivio stor. p. le prov. napol. », V I, 1881, pp. 543 - 50.
( 2 ) E d. G a r u f i , pp . LVI, 2 3 1 : una svista m ate ria le nella trascrizione.
( 3 ) C a p o b ia n c o . o .c ., pp . 1 0 7 sgg.
(4) Op. cit., pp. 239 sgg., 302 sgg. A bbastanza esa u rie n te la docum entazione
esib ita dal C apobianco p e r rib a tte re l ’obbiezione p re g iu d izia le del b o lla n d o la
StdL ting, che negli Acla Sanctorum aveva m esso in dub b io la facoltà degli a rc i ­
vescovi sa lern itan i di erigere nuovi vescovati : m a su questo argom ento i docum enti
pontifici, che abbiam o più sopra c ita ti, sono in o p p u g n a b ili.
(5) C a p o b ia n c o , o.c., pp. 61 sg g . Notiam o di passaggio che l ’a., a pp. 279 sg g .,
discute e rigetta l ’ipotesi di coloro che nel passato vollero vedere in S. Amato di
Nusco l ’autore della H istoria Norm annorum .
dazione al nostro A lfan o: Mirandus, che forse ne fu il p rim o vescovi»,
morì tra la fine d e ll’XI e il p rin c ip io del XII secolo; l’epoca della
m orte e l’a n n o ta /io n e del nome nel Necrologio e L iber conjratruin
del duom o di Salerno souo valide prov e a sostegno d ’u n a tale s u p ­
posizione (1).
U na sola eccezione co nte m pla va la bolla di Stefano IX alla fa ­
coltà degli arcivescovi di Salerno di erigere nuove diocesi n e ll’am bilo
della loro g iu risdizion e: « excepta ecclesia sancti Michaelis archan geli in Monte Aureo sito in Campania ».
Queste parole sono state p e r il passato sottoposte ad u na esegesi
to rm entata, q uand o non sono state incluse come p ietre in mosaici di ge­
nerose ma cam panilistiche ricostruzioni storiche (2).
A nzitutto, deve considerarsi fuori di ogni discussione l’ubicazione
della Chiesa. In tegran do la d e term in azion e toponom astica della bolla
di Stefano IX: « nel lenimento di Campagna » ( i n latino detta sem pre
Campania), con m olte altre indicazioni o denom in azion i provenien ti da
scritture di questa o di altra epoca, che chiariscono tra tta rsi di u na
Chiesa « sita nella grotta del Monte cosiddetto d'oro », o p iù semplice m ente della « grotta d i S. Angelo denominata del Monte d'oro »; e che
più specificam ente dicono la Chiesa posta « super flubio Tusciano », o
la definiscono « de Monte Aureo de Liciniano » (3 ) — non si vede come
ci si possa ragionevolm ente a llo n ta n a re d all'a n tic a tradizione che addita
quella v eneranda Chiesa in « S. Michele Arcangelo di Olevano » (4).
e che fu illu strata nel 1885 da u n a pregevole m onografia, che ha pure,
non poche considerazioni utili svi! nostro Alfano (5).
(1) Cfr. C a p o b ia n c o , o . c . , pp. 110 sg.; C r i s o - C a m p a g n a , Salerno m era, cit.,
p. 27 : gli autori riferiscono l ’opinione autorevole del K e h r .
(2 ) Cfr. ad es. A. V. R lV ELLl, M em orie storiche d. città di Cam pugna. I , Sa ­
lerno, 1894, pp. 124 sgg.; A. G a l i a n i , M ontoro nella storia e nel fo lk lo re, Montoro, 1947 ; ree. di Balducci, in « Rass. stor. sai. », X, 1949, pp. 229. Anche lo
S c h i p a , di solito così cauto e controllato, dice, riferendosi alla
nostra chiesa :
« S . M ichele arcangelo di Montoro » (Storia d. Princip., cit., p. 258).
(3) A. T r a m a , Storiu di S. Gregorio VII. I, Roma, 1887, p. 364 (fac - sim ile in
fondo al volum e); P e n n a c c h i n i , o.c., p. 35; B a l d u c c i , o.c., II, pp. 17, N. 6:
53, N. 96; 58, N. 108.
(4) La tradizione è conosciuta anche dal Dì M eo ( Annali c ritic o .d ip lo m a tid
del Regno d i N apoli, cit., VII, p. 18), il quale, evidentem ente ignaro dei luoghi,
avanzò qualche dubbio sulla identificazione, perchè, secondo lui, il nome di Moriteaureo non fu mai dato al monte in cui è S. M ichele di Olevano. Certo è che la
chiesa di S. M ichele di Olevano era centro di richiam o religioso almeno fin dal
1079 (cfr. B a l d u c c i , I, 261, N. 20).
(5) G i a c in t o C a r u c c i , S. Gregorio VII a S a lern o : ricerche storiche. Salerno,•
1885, pp. 75 sgg.: una inesattezza a p. 77, dove è detto che prima del 1067 la
chiesa di S. M ichele non apparteneva a Salerno,
I « casali » di Liciniano ( o Licignano o Li Cignali) e di Olevano
eran o a breve distanza, e am bed ue facevan p a rte , alm eno da u n secolo,
di q u e l g ru p p o di possedim enti della Chiesa S a lern ita n a che conve ­
n ie n te m e n te colonizzati costituirono poi il feudo di Olevano sul Tu sciano (1). Alle radici della m o n tagna, nei cui r ip id i fianchi si p r o ­
fonda p e r alcuni c h ilo m e tri la « G rotta d e ll’Angelo » — segnalala,
nelle com uni carte geografiche, a qualche ch ilom etro a N E di O le ­
vano — scorre im petuoso il Tusciano. A breve distanza, in linea di
a ria, è l’antica città di C a m pag na, del cui distretto venivano indicate
come facenti p a rte quelle c o n tra d e m o n ta n e che non ancora avevano
u n a loro storia.
La grotta, ricca di sta la ttiti, è larga, subito dopo l’ingresso, 51 ni.
e alta 42, ed ha tu tto ra un a c a p p e lla dedicata a ll’A rcangelo, con trac ­
ce di antichissim i affreschi (2 ) : la grotta è un elem ento costante m ente legato ( a d esem pio nei s a n tu a ri del G argano e del V u ltu re, a
M onticchio) al culto di S. M ichele, il p a tro n o guerriero dei guerrieri
L o n g o b a rd i (3).
II « Mons A ureus » dei docum enti è vivo ancora in M onted oro,
dove fu l’antica E boli, e di cui il m onte dov’è S. Angelo sarebb e u na
co ntinuazione (4), o p p u re , top on om a stic a m e nte defo rm a to , deve esse ­
re identificato in q ua lc h e altra di quelle cime scoscese: m onte S. E l ­
mo (5), m o n te Raione, etc.?
La chiesa o grotta di S. M ichele era (6 ) tra q uelle «hereditates sanctae Salernitanae ecclesiae » che di lì a poco saranno u su rp a te violen ­
te m en te e di cui Alfano, m un ito di legittim i titoli di possesso, otterrà
( 1 ) La cui storia è stata delineata da C a r i .o C a r u c c i , Un feudo ecclesiastico
nell ' Italia M erid., Subiaco, 1937 ­38 ( p p . 7 sgg.). C fr . anche P a e s a n o , I , 105 sg. ;
P e n n a c c h i n i , 152 sgg. etc.; B a l d u c c i , I , p . 278, N. 1 0 1 ; G . C a r u c c i , o.c„ p p . 18.
( 2 ) G. C a r u c c i (o.c., pp. 7 4 sgg.) e dietro di lui il T r a m a ( o . c ., II, pp. 4 9 4
sgg.) la descrivono minutamente perchè accettano la tradizione, tardiva, di una
dimora di Gregorio VII nel castrum posto dinanzi alla crypta di S. Angelo.
(3 ) Cfr. B. C ro c e , Storia d el Regno d i N apoli, B ari, 1925, p. 19, n. 3.
( 4 ) G. C a r u c c i , o.c., p . 7 7 , n . 3 ; B a l d u c c i , III, p. 6 8 ( i ruderi visibili sono
d ell ’antica E burum ): cfr. E. P o n t i e r i , s. v . « E b o li» in Encicl. Ital., XIII, 3 2 7 .
(5) « S. Eremo » dice il R i v e l l i , o . c ., p . 128.
(6 ) Forse fin dalla metà del secolo IX. Quando Pietro, figlio del principe
Ademario, e da questo eletto vescovo di Salerno, spinto dal timore, dopo la vio.
lenta fine del padre, « Sanctum A ngelum , qui scitum est in m onte qui Aureus
d icitu r, cum exiguis cleris ven it », la chiesa.grotta era presum ibilm ente già in
possesso della chiesa di Salerno. Certo, il luogo era im prendibile « p ro p te r loci
m unicione » ( Chronicon Salernitanum , ed. U. W e s t e r b e r g , Stoccolma. 1956, p. 103 :
da non confondersi con Montoro che è detta castellum M ontorium , a p. 154).
la restituzione per l'intervento di Alessandro II ( 1 ) ; nel 1080 ne con ­
fermerà autorev olm ente l'a p p a rte n e n z a a ll’arcivescovato di Salerno
Roberto il Guiscardo (2).
Il valore legale da d are a ll’anzidetta clausola eccettuativa della
bolla di Stefano IX è suggerito dalle notizie che abb ia m o premesse
ma è im plicito nel contesto stesso del docum ento pontificio, p erchè
insieme vi si vieta di erigere vescovati anche nelle altre chiese e loca ­
lità quae haereditario iure sanctae Salernitanae ecclesiae... legaliter.
pertineant. Si in tendeva cioè che la grotta dedicata a ll’Arcangelo e
quelle altre chiese e località restassero soggette im m e d ia tam e n te alla
a u torità del M etrop olita, p erch è entravan o n e ll’asse p a trim o n ia le d e l ­
la Chiesa Sa le rn ita n a , e come tali erano ina lie na b ili p e r costituzione
apostolica. Anzi di tali speciali possessi la bolla vieta che laici o c h ie ­
rici di qu a lu n q u e categoria ritengano o accettino il beneficio in con ­
trasto con la volontà degli Arcivescovi.
Ma perchè il pontefice Stefano avvertì il bisogno di indicare
cxpressis verbis q uella esclusione p e r la chiesa di S. M ichele A rc a n ­
gelo di M on tedo ro? P r o b a b ilm e n te il p a p a , dietro sollecitazione di
Alfano, volle stroncare anche la sola a p p a re n z a d e ll’auton om ia goduta
nel passato da quella Chiesa che, già soggetta forse alla cappella
p a la tin a dei p rin c ip i lon gobardi, p u re in appresso aveva visto i suoi
retto ri fregiarsi di volta in volta del titolo pomposo di « episcopus »,
o di « pontifex » ( 3 ) ; e riuscì n e ll'in te n to se è vero che p iù tardi,
nel 1081, tal Bonifacio, allora rettore di S. M ichele A rcangelo, con ­
cederà a nom e di Alfano I un a terra di p r o p rie tà di q uella Chiesa ( 1).
Bisognerebbe, ad ogni modo, c h ia rire sotto il profilo giuridico il
preciso valore delle im munitates che tali titoli c o m p o rta v a n o ; questi
non dovevano essere tutti e soltanto surrettizi, e, come tali, segno di
un passato disordine giurisdizionale. A vanziam o u n ’ip otesi: la Chiesa
(1) T r a m a ,
I, p . 364; P e n n a c c h i n i , o . c . , p . 35.
pp. 136 sg. ; T r a m a , o .c . , v. II, p. 7 0 2 .
(3) Un documento, che è stato alla base di una lunga serie di equivoci e
discussioni, è quello con cui nel 1010 il principe Guaimario fece un ’ampia dona ­
zione alla « Ecclesia re a ti M ichaelis Arcangeli sita in M onte, qui d icitu r Aureo,
a super flubio Tusciano, in quo v ir ven erabilis Domnus Cennamus E piscopus
preesse videtur ». Il documento, già edito dal Muratori, fu poi riprodotto dal
Di M e o ( A nnali, v. V II, pp. 17, 18), il quale si mostrò su di esso alquanto perplesso
per il fatto, disse, di non trovare altrove questo vescovado; qualche difficoltà gli
nasceva anche dalla datazione della carta. A conferma di quel titolo di « e p i ­
scopus » è poi sopravvenuto un altro documento del 1051 che gratifica il rettore
della stessa chiesa del titolo analogo di « pontifex » ( B a l d u c c i , III, p. 68).
( 4 ) B a l d u c c i , I , 2 6 2 , N. 2 4 (correggere: Alfano I ) .
(2 ) P a e sa n o ,
o .c
.,
o .c
.,
d e ll’Arcangelo era forse in origine di rito greco - basiliano e ai suoi
re tto ri venivan dati i su d d e tti tito li, a q uella guisa che tra il 1039
e il 1041 in docum enti no tarili era p ro c la m a to « venerabilis episcopus », « almificus episcopus » quel domnus Theodorus che era p rio re
e custode delle chiese di rito greco di S. Sofia e di S. Angelo entro
Salerno, e che aveva alle sue d ip e n d e n z e u n Cosmas obbas (1 ) : quegli
a p p e lla tiv i erano forse tra du zion e letterale di titoli onorifici della
ge ra rc hia basiliana.
Ci siamo u n p o ’ p iù a lungo sofferm ati su u na questione di in ­
dole gerarch ica, anche p e r dare u n 'id e a della p e rfe tta e minuziosa
im p a lc a tu ra g iuridica che reggeva la vita religiosa nel M edioevo e su
cui Alfano no n disdegnò di sofferm arsi, p e rc h è vigile custode d e l l e
tra d iz io n i e dei d iritti della sua chiesa e della sua terra .
10. — ALFANO E I SINODI RIFORMATORI DI NICCOLO ’ l ì
E ALESSANDRO II (1059 - 1073).
In te n to alle cure del m inistero nella sua A rchidiocesi. il Nostro
n o n si astrasse dal p a r te c ip a re a ttiv a m e n te alle generali vicende onde
si andava c onfigurando e sem pre meglio c a ra tte riz z a n d o l'azione dei
p a p i rifo rm a to ri che si susseguirono sulla c a tte d ra p ontificia dopo
la m o rte di Stefano IX: vogliam dire di Niccolò II (1059 - 1061), Ales­
sandro II (1061-1073), G regorio V II (1073-1085).
P o ic h é n o n è nel nostro com pito r i n a r r a r e la storia di quegli
avvenim enti — a volte d ra m m a tic i, a volte eroici, non sem p re lieti
— ci lim itere m o a toccare soltanto quelli in cui è sicura la presenza
attiva del nostro Alfano.
D o cu m en tata, ad esem pio, è la presenza di lui al grande Sinodo
rifo rm a to re del L aterano , in detto da Niccolò I I e celebrato nello
aprile - maggio del 1059. A questo Concilio in te rv e n n e u n ’accolta di
u o m in i e m in e n ti p e r ingegno, virtù, zelo, quale r a r a m e n te s’incontrò
n ella C uria R o m a n a in tu tta la storia della C hiesa: P ie r D a m ia n i,
(1)
CDC, V I, pp. 120. 137 sg., 146, 159 sgg. E ’ forse superfluo ricordare che
nei pressi di Salerno erano altre chiese basiliane, vere isole liturgiche e lin gu i ­
stiche (Cristo Liberatore, S. N icola di Gallocanta, S. Giovanni a Mare), e che il
culto di S. M ichele, prima che ai Longobardi, era caro ai Greci. Una carta fonda m entale per lo studio della « grecità » n ell ’Italia m erid. è il documento del 986,
relativo proprio a S. Giov. a Mare di Vietri (CZ)C., II, 233 sg.). Un elenco di
libri e oggetti liturgici greci è in CDC., V i l i , pp. 38 sgg.
Ild e b ra n d o , U m berto di Silva C and id a, il c a rd in a le Stefano (1), Desi­
derio abate, Anseimo di Lncca. Ugo abate di Cluny etc., che quasi
lutti furono in relazione di amicizia con il N ostro. Vi prese pa rte ,
d unq ue , anche Alfano, che era nel grup po dei quindici vescovi m e ri ­
dionali, nel quale con lui spiccavano Ild e b ra n d o arcivescovo di C apua
e U delrico arcivescovo di Benevento. O ltre tutto, la presenza di questi
vescovi m erid io n a li era in ra p p o rto con le consultazioni sulla politica
da seguire da p a r te del P a p a to nei rig uardi dei N o rm a n n i (2).
Le fasi del Concilio Lateran en se — nel quale si presentò il fa ­
moso Berengario e che vide em ergere la figura di Ild e b ra n d o , il
quale da allora assunse u na posizione di p rim o p iano e fu l’is p ira ­
tore dei canoni fon dam en tali di u n a rifo rm a integ rale della Chiesa,
giustam ente detta la « rivoluzione gregoriana » — sono nella inem oiia
di tutte le persone colte. N on è però fuo r di luogo ric o rd a re che lo
atto storicam ente più rilevante del Sinodo — il Decreto sull’elezione
papale — porta, tra le altre celebri firm e, quella del nostro Alfano ( 3).
U n altro docum ento del Sinodo p o rta la firm a di A lfano: quello
della sentenza in un a causa tra la chiesa di Arezzo e la chiesa di
Siena (4).
Anche ai due sinodi, celebrati solennem ente, con l ’intervento di
Niccolò II. Ild e b ra n d o etc., n ell’agosto dello stesso anno 1059 a Be ­
nevento e a Melfi (dove i n o rm a n n i Riccardo e R oberto o ttennero la
loro investitura, diretta anch*essa ad appoggiare il decreto sull ele ­
zione p apale), intervenne Alfano (5). Il suo nom e com pare (su b ito
dopo quello, famoso, di U m b e rto di Silva C an dida) insiem e con i
nomi di autorevoli sottoscrittori di u n interessante decreto, emesso
dal sinodo a Benevento, in favore d e ll’abbazia di S. Vincenzo al Vol ­
tu rn o : il decreto teneva d ietro ad una vivace disputa giurisdizionale,
che costituisce un episodio caratteristico della lotta p e r la conquista
della libertà religiosa, co m ba ttuta in quegli anni (6).
(1) Vedremo a suo tempo che, quando Stefano verrà a morte, Alfano com ­
porrà per lui un commosso epitaffio.
(2) G. B . B o r in o , U arcidiaconato d i Ildebrando, in « Studi Greg. », III, 1918,
p. 511.
( 3 ) MGH., Const., I. 5 4 4 s g g .; K e h r , p p . 1 1 , 3 5 0 ; G. B . B o r i n o , art. cit.,
p p. 466, 503.
(4) U. P a s q u i , Docum enti per la storia d i A rezzo nel MJZ., I,, Firenze, 1899,
pp. 264 s g g .; G. B . B o r in o , art. cit., 482 s g g .; K e h r , pp. 12, 350.
(5 ) K e h r , p p . 11, 12, 350.
(6) Cfr. Chronicon Vulturnense, a cura di V.
pp. 98 sgg.
F e d e r ic i,
III, Roma,
.1938,
Otto anni dopo, nel 1067, Alfano vide cele bra re , p r o p r io nel
centro della sua A rchidiocesi, u n sinodo, convocato da q u e ll’A lessan ­
dro II sotto il cui p on tificato si rivelavano nella loro pie n a evidenza
i p ro b le m i centrali della R ifo rm a e si passava dalle enunciazioni
teoriche alle realizzazioni p r a tic h e (1).
Il N ostro, che già, il p rim o agosto di q u e ll’anno 1067, aveva p a r ­
tecipato al sinodo raccolto da A lessandro II a Melfi (do ve ancora una
volta era avvenuta la riconciliazine del P a p a to con i Signori della
Ita lia M eridionale), e vi aveva chiesto l’interven to p a p a le contro al ­
cuni violenti n o r m a n n i, u su rp a to ri dei beni della sua Chiesa (2 ).
accolse, tra l ’agosto e il settem bre dello stesso anno, il P a p a a Sa ­
lerno, dove fu celebrato l’accennato Sinodo. Questo vide p resenti, tra
gli a ltri capi lo ng ob ardi e n o rm a n n i, quasi in breve treg ua d ’arm i,
Gisulfo I I e R ob erto il G uiscardo.
« A noi n on è giunto neanche u n cenno, che lasciasse intend ere
a q ual fine volle il P a p a riu n iti in to rn o a lui il D uca n o rm a n n o e il
P rin c ip e longobardo... Ma, se il P on te fic e non p a rlò p a ro le di pace,
e n on s’a d o p rò a sta b ilirla , come p u re p o tre b b e su pp orsi, l ’incontro
d ’I ld e b ra n d o con Gisulfo non fu, forse, privo di effetti su quanto
avvenne p iù ta rd i. Certo è che, d ’allora , Ild e b r a n d o si m ostrò sem pre
benevolo a Salerno, quasi presago che q uella città doveva accoglierlo
negli u ltim i e a m a ri giorni della sua vita » (3).
La bolla di A lessandro II (« l\oturn sit omnibus ») emessa in
quella occasione a Salerno, e in cui si elencano p a r tita m e n te tutti i
beni che gli u su r p a to r i in q uella solenne assemblea re stitu iro n o alla
Chiesa di A lfano, è im p o rta n te anche pe rc h è conserva u n a delle p o ­
chissime firm e autog rafe che ci siano g iu nte di Ild e b r a n d o ( 4), che
da questa breve d im o ra fatta a Salerno p o trà aver preso ispirazione
a rito rn a rv i q u an d o più ta rd i dovrà allo nta na rsi esule da R om a ( 5).
Contro u n altro poten te ed ostinato invasore dei beni della sua
R . M o r g h e n , Gregorio VI I , Torino, 1945, p p . 110 s g g .
(2) Erano il conte di Principato, G uglielm o A ltavilla, e il suo m ilite Guim o n d o (G ism ondo) dei M ulsi. Cfr. M. S c h i p a , Storia d. Princ., cit., p. 561; K e h r ,
pp. 14, 338, 351.
(3 ) M. S c h i p a , Storia d . P rin cipato, cit., p. 562.
(4) Cfr. K e h r , pp. 14, 339, 351, N. 23; G. D e B l a s i i s , La insurrezione pu.
glie se e la conquista normanna, II, N ap oli, 1864, pp. 121, 215 n. 1; T r a m a , o . c .,
I, appendice. II sinodo di Salerno e la bolla di Alessandro sono del 1067 e non
d e l 1068, come ancora si legge in qualche autore, su basi cronologiche non con ­
vincenti.
(5 ) Lo pensa, e con ragione, G. C a r u c c i ( o . c . , pp. 17 sgg., 44 sg.), che mette
anche lui in rilievo la benevolenza, non smentita mai, di Ildebrando per Salerno.
(1 )
Chiesa, iì n o rm a n n o Troisio ( o Torgisio) di R ota, Alfano ottenne, in
quello stesso torno di tem p o, un energico intervento da p a rte di Ales ­
sandro I I : anche questo intervento fu alla fine efficace, come risulta
da una seconda holla (« Ex consideratione ») che Alessandro II emise
il 12 o ttobre 1067 da C apua a favore di A lfano, carissimus frater (1).
Questo docum ento pontificio riveste un notevole interesse p erchè, r i ­
spetto alle p reced enti bolle, è una conferm a — g iu rid ic a m e n te più
precisa e canonicam ente più c aratterizzata — di tutte le attribu zioni
sp ettan ti ad Alfano arcivescovo, come titolare della Salernitana par rochia, e come m e tro p o lita d e ll’intera provincia ecclesiastica. La bol ­
la conferm a anche il possesso di tutti i beni che la Chiesa di Salerno
aveva tam haereditario quam parrochiali iure, ed elenca specificam ente taluni di questi beni o di recente acquisto ( ad esem pio ea quae
Gisulfus filius noster qui nunc clare p rincipatur liberali munificenlia
contulit), o recen tem en te restitu iti dagli u su rp a to ri.
A ncora sotto il pontificato di Alessandro II, il Nostro partecip ò
al grande convegno che il p rim o otto bre d ell’anno 1071, in occasione
della consacrazione della Basilica di Desiderio, vide riu n iti a Monte cassino in solenne assemblea i più grandi uo m in i della Chiesa (A le s ­
sandro II, Ild e b ra n d o , P ie r D am ian i, il card. Stefano etc.) e della
politica ( m o lti signori d e ll'Ita lia centrale e quasi tu tti quelli della
Ita lia m eridionale).
La bolla, emessa in quella data in favore del m onastero cassinese
— « quod monasticae normae constai esse principale gym nasium , e t
sanctae Romanae et Apostolicae sedi contiguum » — p o rla , sotto le
firme autografe di Alessandro II, di Ild e b ra n d o arcidiacono, di Petrus
peccator, etc., la sottoscrizione del nostro Alfano (2).
I n tutti i r ip e tu ti incon tri di cui s’è fatto cenno, l’arcivescovo di
Salerno aveva ascoltato la p a ro la, era stato messo a contatto con la
esperienza sp iritua le di uo m in i di eccelsa person alità, che gli furono
amici e con i cui ideali egli vibrò a ll’unisono, come si avrà p iù ta rd i
occasione di notare. Ma fu il convegno di M ontecassino quello che p iù
gli parlò al cuore.
La visione della grande festa p o p o la re che solennizzò l ’in au g u ra ­
zione della Basilica desideriana rim ase p er sem pre nel suo animo.
(1) Ed. P e n n a c c h i n i , p p . 33 sgg.; re g . K e h r , 339, 351, N. 24.
(2) Ed. L. T o s t i , Storia della Badia di Monte - Cassino, I, N ap oli, 1842, pp. 408
sgg. La firma di Alfano è riprodotta in fac.sim ile da S. De R e n z i , Storia docum .
della Scuola m edica di Salerno, sec. ediz., I, N apoli, 1857, p. 192. Sid convegno
di M ontecassino, cfr. K e h r , 144, N. 103; G. De B l a s i i s , o . c . , II, pp. 256 sgg.
Quel su perb o miracolo d ’arte —­ che egli cantò e descrisse in uno dei
suoi carm i di p iù alto slancio ritm ico (1 ) — il Nostro volle r i p r o ­
dotto con la m aggior fedeltà possibile a Salerno in onore d e ll’a p o ­
stolo M atteo (2).
Gli esam etri che Alfano dettò, a celebrazione d e ll’op era del
padre D esiderio e ad illustrazione delle varie scene musive, e che f u ­
rono r ip r o d o tti sull’arco maggiore del tem pio, a g ra n d i lettere d ’oro,
e sotto i mosaici dell"abside (3), rim asero davanti agli occhi dei p o ­
steri come testim onianza d e ll’affetto gentile del N ostro p e r Montecassino, p e r le arti, p e r la religione.
11. — IL VIAGGIO IN O RIENTE E L ’AMICIZIA
CON SAN PIER DAM IANI.
E ’ da pensare che Alfano a b b ia avvicinato S. P ie r D a m ia n i non
solo in questi incon tri ufficiali, ma anche in tra tte n e n d o con lui r e la ­
zioni e p istolari e personali molto p iù freq u e n ti. Dagli accenni che
seguiranno, infatti, risulta che i due eb bero non poche conversazioni :
forse a Salerno, forse a Montecassino, con il cui abate e la cui c o m u ­
nità il Santo ebbe stretti vincoli (4).
I n u n a sua epistola a P ie tro , senatore d e ll’U rb e , il D am ian i r ife ­
risce un prodigio n arra to g li da Alfano dopo il suo rito rn o da un
viaggio in O rie n te : « Alphanus Salernitanus archiepiscopus, vir vide« licet verax ac prudens, in Constantinopolitana se p e rh ib e t urbe didi « cisse quod retulit: C ontigit. inquit, im peratorem , cuius lam en voca ­
li bulum non tenebat, aliquando plagam caecitatis incurrere... » ( 5).
Le p aro le del D am iani — le qu ali p a rla n o c h ia ra m e n te di u n a
relazione circostanziata fattagli dal N ostro — p e r m olto tem po è
parso agli studiosi che non com baciassero con la re a ltà storica, «lai
(1) La descrizione « giustamente famosa », ehe Alfano ha lasciato nel suo car ­
m e, della basilica desideriana, fu messa nel debito rilievo da un em inente storico
d ell ’arte, il B e r t a u x , com e ha ricordato ultim am ente A. F l i c h e (La R iform a siregoriana e la riconquista cristiana, trad. ita l., T orino, 1959, p. 230 sg.), che ine ­
splicabilm ente ripete per il Nostro l ’attributo di « Greco ».
(2 ) Cfr. A. P a n t o n i , La B asilica d i Montec. e quella d i Salerno..., in « Benc dictina », Roma, X, 1956, pp. 23 sgg. Il lungo carme di Alfano è anche un pre ­
zioso documento per la ricostruzione della rinascita artistica del sec. XI.
(3) W. W a t t e n b a c h nelle annotazioni al Chronicon Casinense, M G H ., SS.,
V II, p. 718; A. L e n t i n i , Rassegna d. poesie d i Alfano, in « B u llettàio Ist. Stor.
Ital. per il M. E. », N. 69, Roma, 1957, p. 238 n. 1.
( 4 ) K e h r , p . 1 4 5 , N. 1 0 5 .
(5) M i c n e , P .L ., v. 144, col. 471.
m om ento che il Chronicon Casinense dava l'im pressione di volere escludere che Alfano avesse mai altuato il voto fo rm ulato nella sua
gioventù. Ma una p u n tu a le conferm a alla notizia c on tenu ta n e ll’epistolario del D am iani è venuta dalla ritrov ata Storia dei Normanni di
Amato che contiene una lunga relazione di quel viaggio (1).
La d ata di esso, v a ria m e n te fissala p e r l’add ie tro ( 2), è oggi —
sulla base di altri precisi rife rim e n ti cronologici — in genere collo ­
cata tra il luglio e il dicem bre del 1062 (3).
Il vero organizzatore di quella lunga e pericolosa spedizione era
stato il prin c ip e Gisulfo II che — a m ascherare, anche presso i due
suoi compagni di viaggio (4). l’effettivo proposito, che lo moveva, di
una richiesta di aitili alla corte di C ostantinopoli contro il Guiscardo
— aveva preso il b ordo ne e la bisaccia di pio p ellegrino, e si era
accom pagnato ad Alfano arcivescovo di Salerno e a B e rn ard o vescovo
di Palestrina (5).
Il racconto che Am ato ha tra m a n d a to del viaggio di q uella rara
comitiva è colorito e pittoresco, ma forse non tro p p o chiaro a causa
della tesi che il cronista deve in quel m om ento d im ostrare.
M entre Gisulfo conduceva le sue tra tta tiv e davanti al basileus.
i due vescovi, « lum in ari della Chiesa di Dio », parlavano della via
del loro pellegrinaggio. Lasciarono, fin alm ente, il p rin c ip e ai suoi
politici maneggi e si affrettaron o a « com piere il loro buono in te n d i ­
mento. E se n ’andaron o al santo Sepolcro, in G erusalem m e ».
Al loro rito rn o a C ostantinopoli, « par molt p e rii de mer e de li
Serrazin » (6), i due religiosi si trov aron o im pigliati in u n tranello
teso loro dallo spregiudicato Gisulfo, che aveva promesso di conse ­
A m a t o , IV , 3 6 - 3 9 ; ed. D e B a r t h o l o m a e i s , pp . 207 s g g .
(2) D e R e n z i , o . c . , pp. 291 sg. ; O. D e l a r c , ed. dì Am ato. R o u e n , 1892,
p. 182; M. S c h i p a , Alfano I, cit., p. 14.
(3) G. D e B l a s i i s , o . c . , II. p. 90; S c h i p a , Storia d el P rin cip., c it., p. 557,
etc. Ma cfr. A . L e n t i n i , Le odi d i A. ai p rin cip i Gisulfo e G uido, in « A e v u m »,
XXXI, 1957, pp. 230 sg.
(4) S c h i f a , Alfano I. cit., p . 14.
(5) Su B ern ard o cfr. G i e s e b r e c h t , p . 68, n o ta ; G. B . B o r i n o . in « S tu d i
Gregoriani », I I I , 483. A lfano lo dice, nel suo ep itaffio , di origine b eneventana :
è da credere q uindi che su questo pu n to il testo di A m ato sia, n e lla trad u zio n e,
lacunoso. Ho notato u n a svista in F. G a g u u o l o ( Testi d i poesia religiosa d. o ri ­
gini, N apoli, 1958. p. 91) che colloca il viaggio nel 1058. e pone, come com pagno
di pellegrinaggio, D esiderio.
(6) I pericoli di un viaggio a G erusalem m e in quegli anni trovano u n ’eco nella
Chronica di E k k e a r o u s U r ì u c ie n s i s ( P I
154, c. 943) e nel R egistrum di Gre.
gorio VII..
(1 )
gnare all’im p e r a to r e b izantino, p e r ostaggi e in pegno dei p a tti stre tti,
i due p re la ti ed anzi il suo stesso fratello.
Il nostro Alfano non sa come districarsi dalle m ene del p rin c ip e ,
anche p erch è teme p e r la sorte dei suoi fra te lli ancora p rig io n ie ri di G i ­
sulfo. Nel f r a tte m p o u n a m a la ttia fatale colpisce B e rn a rd o , lo ntano
dalla p a tr i a : m u o re nel dicem bre ed è sepolto « nel monastero degli
A m alfitani » ( 1 ) ; sulla sua deserta tom ba l’Arcivescovo di Salerno
volle inciso un breve, elegante e pitaffio, e sp rim e n te il suo frate rn o
com pianto.
P a r tito da C o stantinopoli Gisulfo dopo la conclusione dei p a tti
con la corte b izan tina, anche Alfano, o rm ai sganciato d alla c o m p a ­
gnia d e ll’infido p rin cip e, riesce « p e r altra via » a to rn a re in Ita lia .
E ’ costretto a rifugiarsi presso il G uiscardo, che l ’accoglie, a m m ir a n ­
dolo non tanto « p e r la santità, chè egli veniva da G erusa le m m e »,
q u a n to p e r la « gran b a rb a , come se fosse di C osta ntin opo li ».
H a supposto E. R enan (2 ) che d a ll’O riente il N ostro p o rtò seco un
celebre scritto della c u ltu ra greco-cristiana del IV-V secolo d. C., il
tr a tta to Sulla natura delVuomo di N emesio di E m esa, che si prese n ta
come un chiaro com pen dio delle d o ttrin e a n trop olog iche degli a n ti ­
chi e che Alfano ebbe il m erito di in tr o d u r re con la sua tra d u z io n e
nel circolo della cu ltu ra euro pea. E ’ u n ’ipotesi p lau sib ile, se si pensi
che anche nel sec. XII da un codice rin ve n uto a C ostan tino poli v errà
co m p iu ta a Salerno la tra d uz ione de\V Alm agesto di Tolom eo ( 3 ) ;
q u a n tu n q u e non si d ebb a dim e ntic a re che a Salerno, e p iù nella vi ­
cina Amalfi, la conoscenza del greco non era m ai stata interm essa
p e r m erito delle strette relazioni col m ondo bizantin o e b asiliano (4).
(1) Gisulfo e il seguito furono ospitati in casa d e ll ’amalfitano Pantaleone :
rfr. D e B a r t h o l o m a e i s , n ell ’ediz. di Amato, p. 209, nota; p. 342, nota.
(2) E. R e n a n , in « Journal des Savants », aprile 1851, p. 244.
(3) A. V i s c a r d i , Le O rigini, 3a ediz., M ilano, 1957, pp. 194 sg. (su notizie
del Franceschini), Costantinopoli fu in quei secoli, secondo l ’espressione del Ba.
tiffol, « il grande mercato di lib ri del mondo greco ».
(4) Di poco anteriore ad Alfano fu l ’arcivescovo di Am alfi Lorenzo, concor.
dem ente esaltato dai contemporanei come « biglossus ». Ma oggi la città di Sa ­
lerno si va sempre più nettamente delineando come uno dei centri m edievali di
copia e di smistamento di mss. in lingua greca, perchè vi si affermò, per tali
codici, un tipo di scrittura « italiota », denom inata « tirrena » da un recente stu ­
dioso, che ha tracciato un sintetico, magistrale profilo delle vicissitudini della
trasmissione d e ll ’eredità letteraria, cristiana e pagana, di Grecia attraverso la
Italia M eridionale, questa « province d e la civilisation occiden tale » : R. De v r e e s s e , Les Manuscrits grecs de V ltalie M eridionale, Città del Vaticano, 1955.
pp. 29, 38, 41. A Salerno fu scritto, nel 1019 - 20, un Evangelario greco, oggi con ­
servato a Leningrado ( L eningrad. 71); e un ottantennio più tardi il Borgian. 27.
Tn conseguenza del te m po ra n eo disaccordo con Gisulfo, Alfano
si rifugiò, forse, nella cara pace di Montecassino e in questa circo ­
stanza dovè raccontare del suo viaggio a S. P ie r D a m ia n i, che nella
quaresim a del 1063 dim orò in mezzo alla com unità cassinese, dove.
<f carico di anni, veniva a p re d ic a re la p enitenza e ad in tro d u rre le
p r a tic h e di mortificazione dim en tic a te dopo i P a d ri del deserto » (1).
A nche allora, pensiam o, in un a serie di sp iritu ali colloqui, il
D am iani apprese quei tre episodi edificanti che egli racconta, in una
pagina del suo vib ra n te e pistolario, dirigendosi ad u n vescovo che
egli intendeva incitare alla pratica delle virtù evangeliche e sacer ­
dotali. Due di essi, dice il Santo, gli sono stati riferiti da A lfano :
« ...quod cuidam suo presbytero venerubilis Alfanus Salernitanus archiepiscopus evenisse p e r h ib u it...; quod praefatus Salernitanus er chiepiscopus cuidam ex suis civibus evenisse perhib uit » ; l’altro gli
è stato raccontato congiun tam en te da Alfano e D esiderio: «...quod
idem Salernitanae rector ecclesiae, et religiosissimus ac veracissimus
Casinensis monasterii abbas Desiderius. uno m ih i, ut ita loquar, ore
dixerunt » (2).
Ancora più im p o rta n te — al fine di c o m p re n d e re i r a p p o r ti di
sp iritu a le e p u ra amicizia che congiunsero P ie r D am iani al Nostro,
c la singolare consonanza di ideali e di pensieri tra i due — è la
lettera che il D am iani indirizzò ad Alfano e a Desiderio, con questa
soprascritta: « Alfano archiepiscopo et abbati Desiderio Petrus pec ­
catore indissolubile vinculum charitatis » (3).
N ell’intro du zio ne alla lettera — che è una mistica in t e r p r e ta ­
zione del Sabbatum biblico, come felice riposo, in Cristo, dello sp iri ­
to p urificato dalle scorie te rre n e — il santo monaco dice ai due a m i ­
ci lontani, quasi rim p ia n g e n d o il period o della fra te rn a convivenza:
" U t quid igitur ego, licet incircumcisus eloquio, pauper ingenio,
claros et eruditos viros verear alloqui, cum iidem ipsi nobiscum
non philosophorum sed discipuli sint utique piscatorum ?... Sed quo -
Come appare dallo studio del Devreesse, la seconda e lle n iz z a to n e dell ’Italia
merid. fu non meno profondamente radicata della prima, anche per l ’appoggio
in seguito ricevuto dai Normanni.
( 1 ) A. O z a n a m , D ocum enti inédits pour servir à V histoire litt. d e llta lie ...,
Parigi, 1850, p . 113; L. T o s t i ; Storia d. Badia d i M. C., I , e d . cit., p p . 324 sgg.
(2) O p e r e d i S. P i e r D a m i a n i , P .L ., voi. 1 4 5 , 6 5 6 sg.
(3) Cfr. G. F a l c o , Un vescovo poeta d el sec. X I : Alfano d i Salerno, cit.,
p. 462, nota. II testo di questa lettera è identico al testo di altra epistola del
Damiani ai cardinali Ildebrando e Stefano, «gemino sedis apostoJicae H ild e b ra n d o v :
P.L., v. 144, c. 260 sgg.
niarn nuper a vobis carne non corde quietis amore disiunctus speciale
propositi Sabbatum colere, libet super hoc Sabbato cum sancta vestra
prudentia quid disputare
C'è, poi , q u a lc h e p u n to della lettera che rip ro d u c e pensieri eri
im m agini della tra d u z io n e a lfa n ia n a di N em esio: la rispo nd en za, t a l ­
volta anche letterale, di alcune espressioni esclude che si sia tra tta to
rii una p u ra coincidenza ( 1).
Il D am iani era bene in fo rm a to di cose ed u o m in i di Salerno ( 2 ) ;
p er i S alern itan i, e certo d ietro suggerim ento di A lfano, compose
le orazioni di u n a « Missa ir, translatione sancti M atthaei apostoli ».
Anzi, tutto il testo liturgico de lFufficiatura p e r la festa della d etta
T raslazione — che fu celebrata anche altrove, ad esem pio a Bene vento e a Montecassino — fu fatta in collaborazion e tra il Nostro e
il D a m ia n i (3). Le lezioni storiche rip ro d u c ev a n o con am orosa fedeltà
le vecchie tra d iz ion i s a le r n ita n e ; le lezioni o m iletiche su ll’Evan gelo di S. M atteo erano squarci di u n testo del Vescovo di Ostia.
L ’am ore p e r la litu rg ia veniva ai due vescovi dalla com une p r o ­
fessione monastica.
(1) Un esem p io: « ... quia hom o m ikròkosm os, hoc est m inor mundus, asseti tur, necesse est ut a d suae plenitudinis incrementa contendens, ipsam mundanac
conditionis specicm im itetur... Tem plum itaqiic hom inis Deus, tem plum Dei fit
hom o » dice S. P i e r D a m i a n i , facendo quasi eco ad una m irabile pagina di N e .
m e s i o , che è tutta un inno a l l a dignità d e ll ’uom o, anteriore di m ille anni ai trat ­
tati um anistici de dignitate, de exeellentia hom inis, su cui forse ha esercitato qual ­
che influsso : « Quis igitur digne m iretur nobilitatem huius anim alis colligantis in
se ipso mortalia im m ortalibus et rationabilia coniungentis irrationabilibus, fe.
rentis in sua natura omnis creaturae im aginem? Et propterea m icrocosm us nomi natur... Dornus et templum Dei fit... V identes igitur, quantam ingenuitatem per cepimus et quod pianta sumus caelestis, ne degeneremus a natura, ut talibus
donis non appareamus indigni » ( N e m e s i i , Prem non P hysicon... lib e r a N. Alfano,
archiepiscopo Salerai in Latinum translatus, Ree. C. Burkhard, L ipsia, 1917,
pp. 22 sg.). Anche in opere di Alfano si trovano riecheggiam enti di quella pagina
nemesiana, m olto diffusa e m olto bella.
(2) Anziché accennare ai noti passi del Damiani su Guaimario e Guarimpoto.
nri piace segnalare il giudizio di lode che il Santo esprime su P ietto abate di
S. Benedetto di Salerno ( P .L ., v. 145, c. 671), che il Migne n ell ’indice afferma
sia quel Pietro salernitano che poi fu vescovo di Anagni.
(3) Cfr. N. A g o c e l l a , o . c ., p. 55, e p. 17 (sul culto di S. Matteo a Bene,
vento). La festività della traslazione d e ll ’Evangelista era celebrata a M.C. : nei
pressi del Cenobio eassinese era nel sec. XI un ’abbazia intitolata a S. Matteo, il
più antico documento della quale ci mostra Alfano e l ’abate di M.C. « congiunti
nella pronunzia di sanzioni ecclesiastiche a carico di chi desse m olestia ai p elle,
"rini che vi si recassero » : cfr. G. T a l a m o - A t e n o l f i , I T esti m edioevali d i S. M al.
teo l ’evangelista, Roma, 1958, p. 10, n. 39.
Non è possibile dire q uale p a rte ci sia giunta del supposto b r e ­
viario che, secondo la tradizione, Alfano adattò p e r la sua Chiesa.
Quel che, invece, è certo — ed è un rilievo che i m odern i studiosi
vanno sem pre meglio a p p ro fo n d e n d o — è che m o lta p a r te della
produzione in versi del Nostro è sulla scia della vasta p rodu zion e in ­
nografica del Medioevo, d estinata al canto liturgico ed ese m p la ta sui
m odelli di S. Ambrogio. P r u d en z io , Sedulio (1). A lfano, come tutti
i maggiori le tte ra ti d e ll’epoca, si prefiggeva nei suoi versi u n a p re v a ­
le nte finalità di edificazione religiosa. « La form a le tte ra ria , m u tu a ta
d a ll’innodia,... non h a il significato di un compromesso tra l ’antico e
il m oderno, tra il m ondo pagano e il m ondo cristiano... N on vi era
nulla di meglio, anche p e r uno spirito dalle accentuate tendenze asce ­
tiche come Alfano, della cu ltu ra e d e ll’arte, che p e rm e tte v a n o di com ­
pren d e re (e far c o m p re n d e re, aggiungiamo noi) più in tim a m en te Dio
nel fulgore della sua potenza ». (2).
Il
profondo senso religioso e ascetico che ispirò la vita e l ’opera
del Nostro può spiegare l’amicizia affettuosa, rev erente che per lui
ebbe il D am iani, di cui era nota anche a D an te la sdegnosa, alta con ­
cezione della purezza richiesta nei m inistri del santuario.
Ma il rigoroso ascetismo non im p e d ì ad Alfano di conservare nel
cuore il culto um anissim o d e ll’amicizia, che — insieme con la religione
e gl’ideali civili — fu fonte d ’ispirazione alla sua poesia. « Q uest’am i ­
co di P ie r D am iani » non fu tra tte n u to dalla vocazione religiosa dal
coltivare le amicizie « con u n a dolcezza ed u n can do re, direi quasi
infantile » (3), nei rig uard i so p ra ttu tto dei confratelli a cui lo legava
la comune vita m onastica.
Egli sorrise « alle serene a p p are n z e del m ondo », ed esaltò il v a ­
lore purificatore degli studi, delle scienze, delle arti.
(1) Cfr. M. M a n itiu s , o . c .. pp . 620 s g g .: G. P ra m p o lin i, Storia universale d.
letter., II, T orino, 1934. p. 306; A. V is c a rd i o . c . . p. 469; M. F u ia n o , Alfano...
innografo d i S. M atteo, in « A tti d e ll ’Acc. di se. m or. e poi. di N apoli », 1954.
pp. 164 sgg. Sino a ll ’anno 1587 la C hiesa salern itan a seguì il B rev iario e il rito
liturgico, secondo che, dopo A lfano, furono d isc ip lin ati da R om ualdo II G uarna,
arcivescovo d al 1153 al 1181, il q uale (com e ricorda il Ms. P in to, della B iblioteca
provinciale di Salerno, alla voce « G uarna ») « con fatica pose in o rdine l ' officio
antico della C hiesa S a lern itan a ... Com pose p a rim en ti due V olum i, seu Sem estri,
chiam ati S c ru p o larij, o C erem oniali, p e r la recita d e ll ’ore divine, e p e r le p a r ­
tico lari funzioni d ella C hiesa S alern itan a ». Cfr. p u re F. S oria, M em orie storico,
critiche degli storici napolitani, T. I., N ? p o li, 1781, pp . 321, 323; e N. A c o c f . l l a ,
o.c., pp. 16, 55.
( 2 ) M. F u ia n o o .c ., p . 178.
( 3 ) G. F a l c o , Un vescovo poeta d e l sec. X I : Alfano d i Salerno, c it., p . 4 6 3 .
N ella religione stessa del N ostro son r a ri gli accenti di te rro re e
tanto p iù fre q u e n ti le p arole di pace e di am o re, tanto p iù presente
u n senso gioioso, sereno d e ll’ideale ascetico. Le vivide r a p p re se n ta z io n i
del P a ra d iso , cui Alfano così spesso r ito r n a « con le sue im m aginazioni
p iù dolci e p iù lum inose, con più caldo im p eto di desiderio... h a n n o
così fervida dolcezza da indurci ancora a sognare » ( 1).
12. — ALFANO NELLA POLITICA DEL SUO TEMPO.
I
ventisette anni, e più, in cui A lfano resse l'archidiocesi di Sa ­
lerno furono contrassegnati da tutto un tum ultu oso e c o n tra d d itto rio
alternarsi di lotte politico - religiose, che m olto spesso si accen traro no
attorno a Salerno. Il N ostro — sp irito e m in e n te m e n te religioso, del
tutto alieno dalle asprezze e d a lle anim osità delle fazioni — di quelle
lotte non potè non rise n tire i violenti co ntraccolpi, che talvolta lo
colsero im p r e p a r a to ma non sepp ero travolgerne la d ir ittu r a m orale
e religiosa.
Quegli anni, so p ra ttu tto per qu a n to si riferisce alla posizione p a r ­
ticolare di Alfano, furono d o m in a ti d a l l’epico duello tra l’u ltim o p r i n ­
cipe lon go bardo , Gisulfo II. e il n o rm a n n o Roberto il G u isc a rd o ; duel.
10 che, è noto, doveva concludersi con la d efinitiva vittoria del s e c o n d o .
11 quale era il solo tra i due ad avere au tentico stam p o di politico e
di stratega.
' Ma alla lotta tra i due cognati, che era soltanto di n a tu r a d in a ­
stica e politica, s’intrecciarono interessi e valori p iù generali che v i ­
dero m olto spesso, come già p e r il passato, il P a p a to in te rve n ire con
atteggiam enti di cui dallo stretto angolo visuale di Salerno non sem pre
erra facile c o m p ren d e re o pre ve de re le direttive. A lfano, che forse,
come il suo amico Desiderio, non ebbe il talento o l’astuzia dei politici,
dovette esplicare — anche p e r il suo in n a to te m p e ra m e n to di concilia ­
tore e p e r la sua stessa posizione di p asto re di an im e in u n a città tanto
contesa — u n a difficile o pera di m ediazione ( n o n diciam o di scelta)
Ira l’am icizia dei poten ti o subdoli vicini e la sua in d e fe ttib ile fedeltà
a Rom a.
Lo S chipa, che degli in g a rb u g lia ti avvenim en ti di quegli anni
ten terà poi di r ip r e n d e r e m a g istra lm e n te in m a n o le fila, seppe rin v e ­
nire , all’epoca del suo saggio giovanile dedicato ad Alfano, u n a linea
u n ita r ia e coerente nella co nd otta del Nostro in così contrastan ti vi ­
r i) G. F a lc o , Un vescovo poeta del sec. X I : Alfano d i Salerno, cit., pp. 456,
460, 4.72.
cend e: il filo co nduttore p e r l ’Arciveseovo, nella stia p ra tic a azione,
fu costituito da un continuo adeguam ento alle posizioni assunte di
volta in volta dalla Curia pontificia ( 1), senza p e ra ltro che questo lo
portasse ad accentuare i contrasti.
P a rtic o la rm e n te felice ed e q u a n im e a p p a re anche la valutazione
che lo stesso Schipa — in te r p r e ta n d o Yanimus del racconto del cro ­
nista Amato, che solo gli poteva essere di guida, e seguendo come
sem pre la traccia del G iesebrecht — dette allora d e ll’atteggiam ento as­
sunto da Alfano in due m o m enti p a rtic o la rm e n te difficili p e r lui e
p e r la sua città : il viaggio a Costantinopoli e l'assedio di Salerno.
A proposito del p rim o episodio, lo Schipa m ette bene in rilievo
che « il P rin c ip e aveva ad e n tra m b i i suoi com pagni celato il vero
scopo del suo viaggio » (2), la qual cosa non poteva non provocare o
p re p a r a re la successiva crisi, di cui s’è detto, tra il N ostro e Gisulfo.
E q uando Salerno, u ltim a roccaforte dello stato longo bardo ed
estrem o rifugio di Gisulfo. fu cinta da u n im p la c a bile assedio il cui
esito non a p p a riv a d ub bio, osserva lo storico che « la pietà e il dovere
tennero Alfano entro la città assediata, ov’egli spese il suo in aiuto
degl’infelici co ncittadini. Senza dub bio a n c h ’egli dovette consigliar
pace al P rin c ip e , come voleva G regorio, come faceva Desiderio... Ma
(G isulfo) giurò di non concederla m ai al N o rm ann o. La rovina divenne
in ev itab ile; ed Alfano si ritrasse presso R ob erto, da cui ebbe amorosa
accoglienza, e poi nelle sue terre, ove accolse e n u trì gli altri esuli co ­
me bu on pastore » (3). L’arcivescovo rim ase tra gli assediali, co ndivi ­
dendone le pene e le ansie, fino a che nell’anim o di lui non s’impose,
su tutte le altre considerazioni, la realistica e responsabile valutazione
delle conseguenze che la d isp erata ostinazione di Gisulfo avrebbe ca ­
gionato. anche perchè « ogni u lte rio re resistenza avrebbe peggiorata
la condizione della città e reso più severo il v i n c ito r e » (4). Ad un
certo p u n to il Nostro dovè giudicare i N o rm a n n i « come u n nuovo fla ­
gello di Dio. contro il q uale è inutile ogni resistenza » (5).
Questo ben vide lo Schipa nella im m ediatezza della le ttu ra d e ll’a p ­
passionato racconto di Am ato di Montecassino. Negli altri suoi saggi
successivi, lo storico rivide il suo giudizio, so p ra ttu tto p e r quel che
(1) M. S c h i p a , Alfano I A rcivescovo di Salerno : Stu dio storico lettera rio , S a .
J c r n o , 1 8 8 0 , p p . 1 3 -1 7 .
( 2 ) M. S c i u p a , Alfano I. c it., p p . 14 s g g .; c fr. p u r e Storia d. P rincip., c i t ., 5 5 7 eg.
( 3 ) Alfano I, c it., p . 1 7.
( 4 ) G. C a r u c c i , S. Gregorio VII a Salerno, c it., p p . 55 sg.
(5 ) G. Gay,- L ’Italia m erid. e l ’im p ero biz., cit., pp . 556 sg .; F. G a g liu o lo ,
Testi d i poesia religiosa..., cit. p. 91 .
si riferisce al secondo episodio ( 1). A ciò forse c o n trib u ì in p a rte
la generale tend enza ideologica della storiografia positivistica, in par.
te la reazione alla preg iu diziale tendenziosità di A m ato, che era p o r ­
tato — p e r la stessa im postazione d a ta alla sua cronaca — a sm in uire,
o ltre il giusto, la figura di Gisulfo e a m e tte re in risalto tu tti gli
episodi che potessero c o n trib u ire a far grand eg giare il G uiscardo, co ­
me p ro te tto re , tra l‘altro. di insigni personaggi della Chiesa c ontro le
s o perchierie d e ll'u ltim o p rin c ip e lon gob ard o. La critica delle fonti
dà oggi p e r dim o strato — e già del resto lo afferm ò p r o p r io lo Schipa
— che bisogna fare spesso la tara alle notizie del cronista filo - nor ­
m an no .
A p ro v a re la sostanziale lealtà di Alfano verso Gisulfo — di là
dai sub itan ei ca m b ia m e n ti di fro nte e dalle im p re v e d ib ili mosse d e l ­
l’estroso capo lo ngobardo (2 ) — stanno anzitu tto il lungo elogio del
P rin c ip e , nel carm e dedicatogli dal poeta ( 3), e poi u n fo n d a m en tale
docum ento la cui im p o rta n z a no n è stata finora avvertita dagli stu ­
diosi anche illustri, che vi h a n n o fatto rife rim e n to , ma che o l’h a n n o
gu ardato u n ila te ra lm e n te o l’h a n n o in te rp re ta to in guisa inesatta e
preconcetta.
Si tra tta della Charta perm utationis del luglio 1062. sulla cui a u ­
tenticità non si possono affacciare d ubb i di sorta, anche pe rc h è il suo
contenuto è suffragato dal testo della po steriore bolla di Alessandro
II , d e ll'o tto b re 1067. della quale s’è già fatto cenno (4).
M e d ia n te quel pu bb lico istru m e n to , il p rin c ip e Gisulfo II e l'a r ­
civescovo Alfano I procedo no ad u n a significativa p e r m u t a : in cambio
del m onastero salernitan o di S. Vito prop e litus maris. cedutogli dal
p rin c ip e , l ’arcivescovo fa a sua volta la cessione di tre rocche che a p ­
parten go no alla sua Chiesa, perchè incastellano cap pelle di p r o p rie tà
d ell’Arcivescovato, adesso p u r esse consegnate al p rin c ip e insiem e con
le rocche di cui fa n p a r te integrante.
( 1 ) Tra l ’altro lo S c h i p a (Storia d. Princ., 5 7 6 sg.) si fondò 9U un partico.
lare inesatto: che Alfano avrebbe chiesto e ottenuto, proprio nel 1 0 7 6 , dal G ui ­
scardo, conferma per i possedimenti d ell ’Arcivescovato.
(2) Sulla politica instabile e contraddittoria di Gisulfo insiste ripetutarnent*'
il D e B l a s i i s , La insurrezione pugliese, cit., TI, pp. 9 , 4 0 sgg., 1 9 6 sgg.
(3 ) La sin g o larità di q uelP elogio ha m esso in rilievo il D e B la s iis , o.c., 197
( 4 ) La eharla del 1 0 6 2 è edita da S. M. D e B l a s i o , Series prin cipu m qu i Lan pobardorum aetate Salerni im perarunt, N ap oli, 1 7 8 5 , Append. Monumentorum,
pp. LIV sgg. La carta ha in calce, tra le altre, la firma del nostro Alfano e quella
di Rodelgrim us Ipatus Im p eria lis: titolo forse soltanto personale, ma che Gisulfo
volle, a quel pósto per dare m aggiore solennità al docum ento, soprattutto ora_e.hu
egli si accingeva a chiedere l ’aiuto del basileus.
È r a n o : a) la « rocca istius civitatis..., in cacumine montili istlus Salernitanae civitatis », con l’annessa chiesetta di S. Felice: e si tra tta
incontestabilm ente del Castello p rin cip a le di Salerno ( 1), che sem pre
Amato d eno m ina così: la roche de la c ité ; b) la « rocca loco ubi cuprilia dicitur », con la chiesetta di S. M ichele : era un avam posto fór*
tificato nella vallata di Cava dei T ir r e n i ( 2 ) ; c) la « rocca... in verti ­
ce... montis... ubi Buturninu dicitur », con le chiesette di G. C. L ib e ­
ratore e di S. V ito: era un castello, di cui ancora esistono le tracce,
sul m on te del Santo L ib e ra to re ( m . 462), e che si poteva considerare
incluso come a n te m u rale nel sistema di fortificazioni e re tte a p ro te ­
zione di Salerno (3).
Come fossero g iunti in p ro p rie tà dell'arcivescovato castelli che con ­
dizionavano in m a n ie ra d e te rm in a n te la sicurezza della città, non ci
è stato tra m a n d a to . E* p ro b a b ile che quel trapasso sia avvenuto in e p o ­
ca di relativa tra n q u illità politica p e r lo stato longobardo, e che d e b ­
ba essere collegato con tan ti altri fenom eni d’incastellam ento di ch ie ­
se che si riscontrano d a ll’epoca otto nian a in poi: i castelli, che per
diritto ricadevano sotto Vheribannum regio, venivan concessi ai ve ­
scovi a difesa delle chiese e a protezione dei cittad in i (4).
Forse anche le tre rocche — in modo p a rtic o la re q u e lla p r in c ip a ­
le — erano rim aste in p ro p rie tà della chiesa, p e r desuetudine o p r e ­
scrizione, in seguito a qualche episodio di sollevazione p o p o la re (5).
(1) Su di esso è da leggere la monografia di M. Fiori:, Il castello prin cipale
di S., Salerno, 1952. La rotea di Salerno, famosa fin dai tem pi di Arechi II
Grimoaldo e Guaiferio, di cui tanto spesso il Chronicon Salernitnnum esalta le
cure dedicate alle « m irabili » fortificazioni della città, verrà alla fine del secolo
definita da Guglielm o Appulo come « la più munita d’Italia ».
Da queste e da altre fonti letterarie — tra le quali io indicherei anche il
Boccaccio — o da qualche, vaga descrizione orale, ma non certo da una presunta
dimora a Salerno, potè essere ispirato il Foscolo, quando collocò la scena della
Ricciardo nel « castello del Principe di Salerno : nei sotterranei ».
(2) Cfr. A . A d i n o l f i , Storia d ella Cara. Salerno, 1836. pp. 185, 209.
(3) La chiesa di Cristo Liberatore ( E leuthèrios) era in origine un monasteio
bizantino : cfr. L. M a t t e i .C e r a s o l i , La Badia d i Cara e i m onasteri greci d. Cala ­
bria super., in « Arch. stor. Cai. e Lue. », 1938, p. 168.
( 4 ) C. G. M o r , L ’Età Feudale, II, Milano, 1953, pp. 75 sgg.
(5) Tra le antiquae consuetudines reclamate periodieam enle dai cittadini d i.
Salerno era anche quella per cui la sua popolazione, in momenti di pericolo o di
carenza della pubblica autorità, assumesse il diritlo di custodia sulle fortifica ­
zioni urbane, specialm ente sulla Rocca della città; forse la rappresentanza e la
garanzia di tale diritto furono talora delegate all' autorità vescovile.
E ’ lecito fare una sim ile deduzione in base allo sviluppo di alcuni episodi di
sollevazione popolare di epoca anteriore o posteriore alla nostra.
Ad ogni m odo è accertato che le chiesette aggregate ai castelli da epoca im m e m o ra b ile a p p a rte n e v a n o al p a trim o n io della Mensa (1).
E ’ vero che nel do cum ento di cessione è detto che il dom inio
di qu e lle chiese e rocche era p e r l ’arcivescovato p re c a rio e in utile (2).
e che p e r ta n to era salvo il prescritto della « legge lo n g o b a rd a » che si
riferiv a alle condizioni da rispettarsi nelle p e rm u te di beni ecclesiasti ­
ci ; m a è anche evidente che xAlfano con q uella cessione intend ev a fa ­
vo rire la strategia a n tin o rm a n n a di Gisulfo, il quale, p er te s tim o n ia n ­
za di A m ato (3), si apprestava a circo ndare la m inacciata città di
« forteresces » e di « chasteaux »; N on è inu tile avvertire che l’istrum en to fu re d a tto p rim a del viaggio dei due a Bisanzio.
Un primo episodio è quello che vide congregati in unum i Salernitani contro
Guaimario I (m . 901): a. Salernitani agmen uno coacti, arm is cum ingenti audacia
sum unt, m eniam que ascenderunt, tubisque cecinerunt... Quia nos turres et menia
e t portam que dicitu r Rotenses possidem us » ( Chronicon Salernitanum , ed. W e s t f . k b e r g h , Stoccolm a, 1956, pp. 156 sgg.; cfr. pure p. 101).
Ancor più chiaramente, nel sec. XII si vedrà la T urris M aior come centro e
sim bolo delle autonom ie cittadine, al cui fianco è schierata la protezione vescovile.
N el 1127 Salerno sera rivendicata in libertà; tornò a sottomettersi a Ruggero II
soltanto a patto di larghe concessioni — negoziate dai maggiorenti della città,
capitanati dall ’arciv. Romualdo I — e del riconoscim ento appunto delle antiquae
consuetudines. La clausola più significativa fu che Ruggero s ’im pegnò a non so t ­
trarre ai cittadini la torre maggiore ( F a l c o n e B e n e v ., A l e s s . T e l e s . , in G. D e l
R e, Cronisti e scrittori sincr. nupol., I, N ap oli, 1845. pp. 92, 100, 199).
Poco più di un sessantennio più tardi, dal 1191 al 1194. quando la m aggio,
ranza dei Salernitani, ligia con l ’arciv. N iccolò d ’A iello alla causa nazionale di
Tancredi d ’A ltavilla. dovette sostenere la lotta contro il partito baronale seguace
di Enrico VI, si arroccò saldamente proprio nella Turris M aior ( P i e t r o D a E b o i .i,
ed. Siragusa, Roma. 1905 -6, pp. 35 sgg.; ed. R o t a , RR. II. SS., IIa ed ., XXXI
I, pp. 64, 68).
(1) A lm eno dal 979 le due chiese « sancti liberatori et sancti v iti que dedicate
sunt in m ontes apud m are non longius ab ac civita te nostri e p isco p ii » apparte ­
nevano ai vescovi di Salerno: cfr. CDC., II, pp. 137 sg. La chiesa di S. F elice era
di proprietà deirarciveseovato da non meno di un cinquantennio, come si ricava
da due carte della Curia di Salerno, che m ettono fuori di ogni discussione che
quella cappella era adiacente o incorporata alla rocca principale di Salerno : « qui
sita est in bertice m ontis dein tu s anc salernitannm civitatem », « qui constructus
est in cacumen m ontis de intus anc salernitana cibitatem » (e ancor più chiara ­
mente sul retro delle pergam ene: « d e turre m aiore »): cfr. anche B a l d u c c i , I,
p. 258, N N . 6, 8. Le citazioni, qui come altrove, sono scrupolosam ente testuali.
(2) Per modo di fatto, la rocca di Salerno n ell ’ultim o venticinquennio era
stata violentem ente occupata e riconquistata dalle parti in lotta o adoperata come
carcere per prigionieri politici ( A m a t o , pp. 146, 213, etc.).
(3) E diz. c it., pp. 347, 356, 366, etc.
Il
sistema di fortificazioni p r e p a r a to da Gisulfo II difendeva v a ­
lidam ente la città dalla p a rte di N E. L 'attacco di R oberto il G uiscar ­
do nel 1076 mosse invece da SE. L ’assedio n o rm a n n o fu lungo e feroce,
anche perchè com pletato dal blocco navale delle coste, e d a ll’irruzio ne
di Riccardo di C a p u a da NE.
Siamo in grado oggi di stabilire in modo in co ntrovertibile l ’iti ­
nerario seguito in q uella occasione dal G uiscardo, in grazia di u n 'i m ­
po rtan te Cluirta indicati d e ll’ottobre 1083 (1 ), che o è sfuggita finora
all'attenzione degli studiosi o è stata esam inata sotto a spetti m arginali,
m entre tocca p ro b le m i di n a tu r a politica, giuridica e sociale di n ote ­
vole interesse, ed è l’ultim o docum ento in cui com paia il nostro A l ­
fano attivam ente operante.
Il
documento contiene u n a sentenza — emessa « in sacro Salernitano
urchiepiscopi-j » — alla presenza della duchessa Sichelgaita e dell’a r ­
civescovo Alfano ( c h e e videntem ente in questa occasione esplicò utile
opera di pacifica m ediazione), a conclusione di una lunga vertenza p o ­
litico - giurisdizionale tra la C uria ducale e la B adia di Cava. Ecco il
motivo del con tend ere: era da considerarsi legale o in debito il « do ­
minio » che l’abate esercitava sugli « uom ini » aggregati nei casali di
otto m onasteri che il cenobio cavese possedeva nel Cilento? Dopo la ­
boriose ind agini, il conte Sicone, d e p u ta to ancora u n a volta come
giudice, p uò in coscienza e m e tte re sentenza a favore d e ll’abate P i e ­
tro, perchè è risultato che quegli u o m in i ( d i cui è fatto l'elenco n o ­
minativo, im p o rta n te dal lato onom astico) erano alle dipe nd e nz e di
quei m onasteri già al m om ento « quando ipse dominus dux ( R ob er tus) super Itane Salernìlanam civitatem evenisset, cum ad castrum quod
Retonda dicitur advenisset..........; quando suprascriptus dominus dux
prephatam civitatem obscindendam v e n it, cum ad ipsam R otunda ad ­
venisset ». Ma non da sei ann i soltanto quegli uom ini si trovavano nei
villaggi monastici del Cilento. Da p iù di un secolo, ben p rim a che la
stessa B adia di Cava fosse stata fo nd ata, gli sbandati e i fuggiaschi
avevan trovato condizioni u m a n e di lavoro e di vita, che li avevano
radicati alla terra sulle balze un giorno inospitali del Mons Cilentus.
sotto la protezione dei m o nasteri, p a rtic o la rm en te di S. Magno e di
Sant’Arcangelo « in monte Coraci de Cilento » (2). L 'o p e ra di r e d e n ­
(1) A rchivio Cav., Arm. B, 33. Ed. D. V e n t i m i g l i a , N o tizie storiche d el Ca.
stello d e ll ’A bbate e d e ’ suoi casali nella Lucania, N apoli, 1827, App. dei Momim.,
pp. IX sgg.: ho controllato il testo sull ' originale.
(2 ) Fortunatamente gli archivi di questi due monasteri sono stati salvati e
conservati dalla Badia di Cava, che a loro successe n ell ’amministrazione. La serie
dei docum enti, che riflettono questi due monasteri e che abbracciano esattamente
zione sociale e agricola, già così bene avviata, era stata da Gisulfo II
( e dallo stesso Guiscardo) dal 1070 in poi accentrata nelle m a n i degli
abati cavensi che la ripre sero e la riorganizzaron o con crite ri p iù si ­
stem atici e u n ifo rm i. La carta del 1083 segna a p p u n to la transizione
dal p rim o al secondo p e riodo d e ll’econom ia cilen tan a e può essere
assunta come u n a delle ta p p e decisive n ella storia di q uella la b o r io ­
sa te rra , che a p p a rte n e v a alla provincia ecclesiastica su cui il No ­
stro esercitava il suo alto controllo.
E Alfano con lieto anim o aveva legato il suo nom e ad un atto
che consacrava le benem erenze civili e religiose di u n ’a bbazia giova ­
ne, in cui confluivano le energie del m onacheSimo occidentale, risorto
a nuova vita. Si sb arrava, così, d e fin itiv a m e n te il passo al monacheSi­
mo b iz a ntin o che irro m p ev a dalla C a la b ria , e che p u re nel Cilento
aveva im p ia n ta to le sue « la u re » in g ra n d e n u m e ro ( 1).
un secolo: dal gennaio 963 (C D C ., Il, p. 13) al dicembre 1063 (C D C ., V III, pp.
259 sgg.), è di un ’importanza rara, perchè, riferendosi ad una zona esattamente
delim itata e a struttura omogenea, permette un esame organico della genesi do]
toponim o (C ilento) che ha da q u ell ’epoca contrassegnato la zona stessa; dello
sviluppo d ell ’ordinamento am m inistrativo; dei sistem i di bonifica agricola e di
colonizzazione umana che si adottarono abitualm ente. Per quel che riguarda il
toponim o C ilento, è fuor di dubbio che esso significò dapprima un centro forti ­
ficato e abitato, sulla sommità del Monte Stella (II , 13; III, 16 sg .; V III, 20 s g .;
32 sg. ; 260 sgg.; cfr. A m a t o , p. 371), di cui ancora si veggono le vestigia; e poi
passò ad indicare lo stesso Monte Stella e i suoi pendìi. (Che C ilento fosse « luogo
abitato, aperto o murato » già pensò N. F . F a r a g l i a , recensendo il M azziotti in
« Arch. stor. prov. napol. », XXX, 1905, pp. 85 sgg. La stessa tesi sostenne E. G u a r i c l i a , La città d i Lucania, in « Rass. stor. salem . », V, 1944, pp. 171 sgg.). La
zona, prima inclusa am ministrativam ente n ell ’actws Lucaniae, a partire dal 1034
risulta costituita autonomamente in actus d i e n t i , distinto d all ’actus Lucaniae e
con esso coesistente: di questa nuova circoscrizione dem aniale si può disegnare
con precisione la strutura amministrativa, servendoci dei dati risultanti da un
corpus di circa 40 strumenti notarili che abbracciano un trentennio. Infine, i do ­
cum enti dei due m onasteri dimostrano la fecondità sociale di uno strumento giù.
ridico (n on nuovo, in verità, ma applicato metodicam ente e con clausole di largo
respiro um ano): il contratto di pastin ato, di cui ho trovato ben 12 esem plari (IV ,
238; V I, 125, 126; VII, 132, 133, 135, 1 3 6,137, 145, 146, 213; V III, 3): fu questo
contratto a dissodare e a colonizzare il Cilento (IV , 120). Accanto alla colonizza zione monastica ci fu quella consortile, affidata a consortiones com unitarie e a
nuclei abitati, a cui i principi longobardi affidavano appezzam enti di terra de ­
m aniale con la denom inazione di concessiones o p ra e c ep ta ; almeno quattro di essi
sono docum entalm ente configurabili (V I, 16, 22, 89, 257; V II, 52. 108; V III,
17, 260. etc.).
(1 )
Cfr. ad es. CDC, VII, pp. 191 sgg. Il Cilento è dissem inato di toponim i
di origine greca.
,
L'accenno, messo lì p e r caso, d ell'occupazione del « castrum »
di R otonda da p a r te del G uiscardo, nella sua m arcia di avvicin am en ­
to a Salerno, sovverte tutte le induzioni che sul detto itin e ra rio h a n u o
sin qui fatto gli storici.
Vale la pena — p e r l'im p o rta n z a della notizia — di sv ilup pa re
e ch ia rire quell'accenno.
A ncora oggi arroccata, nel nucleo p iù antico del suo ab itato, su
u n a collina conica, ad occidente del m o nte Pollin o, R oto nd a costi ­
tuiva in quel tem po l ’avam posto fortificato che separava e difendeva
il P rin c ip a to di Salerno d alla C alabria. L’occupazione di essa segnò,
nella valutazione politica del G uiscardo e n e ll’in te rp re ta zio n e g iu ri ­
dica dei suoi m inistri, l ’inizio preciso del trapasso giurisdizionale
dal vecchio al nuovo regime.
Q undi la spedizione del G uiscardo mosse dalla C alabria, come
a ltre notizie lasciano in te n d e re, e occupata R oto nd a continuò la sua
ra p id a m arcia sulla trad izio nale via m ilitare che ancora oggi si d eno ­
m ina « della C alabria ».
L ’a rm a ta del G uiscardo, che co m p re n d e v a pesanti carriaggi ed
era mista di forze di terra e di m are (1), non aveva alcun motivo di
fare u na pericolosa diversione su Conza, come g en eralm en te si crede
sulla base di un passo, discusso, di R om ualdo Salern itan o (2). R o b e r ­
to « avea nome G uiscardo, che vuol d ire astuto. . . . M ira n d o egli a
Salerno che sapeva no n potere egli espu gn are se non p e r fam e, gli era
forza p io m b a r improvviso all’assedio, siccome fece, e non andarsi b a ­
loccando ad e sp ug na r piccoli castelli » ( 3).
La direttrice Reggio - C apua fu la via p e r la q uale il G uiscardo
fece anche giungere dalla ” C alabria ” e da altre p a r ti vettovaglie al ­
l’affamata Salerno, dopo che l’ebbe espugnata (4). La stessa strada
p ercorrerà sessanta anni più tardi il « magnus rex Rogerius », quando,
partito dalla Sicilia, « Calabriam p e te re t civitatem Salerni occupa turus » (5).
(1) A m a t o Di M o n t e c a s s i n o , ed. De Bartholomaeis, p p . 318, 354; Chronicon
Casin., ed. Wattenbach, p . 745; G u g l i e l m o A p p u l o , ed. W i l m a n s , p p . 425 s g . ;
G o f f r e d o M a l a t e r r a , ed. Pontieri, p . 58.
(2 ) Il D e B l a s i i s , o . c . , II, pp. 204 sg., pensa giustamente che l ’episodio del.
la conquista di Conza sia avvenuto in epoca lontana dalla spedizione contro
Salerno.
«w»»
(3 ) P. A s t r o m i n i c a , Elogio storico d i S. A m ato, N apoli, 1872, p. 56; qual,
cuno ha infatti asserito che il Guiscardo fosse passato, nella marcia da M elfi a
Salerno, per Nusco : cfr. E. C a p o b i a n c o , o x . , pp. 227 sgg.
(4 ) A m a t o , ed. cit., p. 366.
(5) T r i n c h e r à , Syllabus Graecarum m em branarum , N ap oli, 1865, p. 296.
F u il corso in a rre sta b ile degli eventi storici a travolgere Gisulfo.
L ’o p e ra di Alfano, in ciò coadiuvato dalla forte Sichelgaita — moglie
di R oberto e sorella di Gisulfo — , fu volta a re n d e re m eno gravose
p er la sua gente e la sua chiesa le conseguenze del trapasso dei p o te ri
dai L o n gob a rd i ai N o rm a n n i.
Se la mutevolezza e la c o n tra d d itto rie tà delle alleanze politiche
causarono s tra p p i violenti n e ll’anim o del N ostro, se la fa ta lità della
storia lo mise talvolta in contrasto con Gisulfo e lo fece assistere al ­
l’estrem a rovina del P rin c ip e , c re a tu ra di p a p a Gregorio ( 1), il se ­
greto, im m u ta b ile affetto suo fu p e r l'estrem o ra m p o llo di quella
« gens L a n g o b a rd o ru m » che p e r p iù di due secoli aveva confuso la
sua storia con la storia di Salerno.
Q u and o, ad esem pio, le circostanze po litich e avevano riavvicinato
R o m a a Gisulfo, la nuova situazione venutasi a creare « conciliò in
Alfano gl’interessi della Chiesa e le tra diz io ni di stirpe e di fa m ig lia ;
egli potè, senza in tim a lotta, m ilite del p a r tito pontificio, cittad in o
sa le rn ita n o e congiunto dei P r in c ip i L o n g o b a rd i, deside ra re la g r a n ­
dezza della p a tr ia e della stirpe sua, in c o m p atib ile con la p o ten za dei
N o r m a n n i..........I n questo tem p o Alfano dovette scrivere le sue poesie
a Gisulfo e a G uido » (2).
Queste due odi del N ostro sono dei p r im i mesi del 1074 secondo
l’o p in io n e dello Schipa o, p iù verosim ilm en te, della seconda m e tà del
1075, come ha pensato uno studioso recente (3 ) che h a d efinitiva ­
m ente in q u a d ra to le due in fia m m a te poesie nel vasto e già antico d i ­
segno, accarezzato da Gregorio V II, di « quella crociata che, oltre
a debellare gli avversari del cristianesim o, avrebbe re s ta u ra to l ’u n i ­
tà della Chiesa greca con q uella la tin a ». La fantasia di Alfano si spin geva fino ad accarezzare la visione « di u n nuovo o rd in e politico, in
cui Gisulfo sieda da glorioso p rin c ip e nella sua Salerno salita ad u n a
potenza maggiore forse che ai tem pi di G u a im a rio V, pe rc h è accre ­
Storia d. P rincip., p p . 5 6 6 ; F a l c o , Un vescovo poeta..., p . 4 4 4 .
(2) S c h i p a , Alfano I, cit., p. 17.
( 3 ) A. L e n t i n i , Le O di d i Alfano ai p rin cip i G isulfo e Guido di Salerno, in
« Aevum » XXXI, 1 9 5 7 , pp. 2 3 0 sgg. Non sono certo riferibili al m om ento del ­
l ’assedio di Salerno (com e pensò il D e B l a s i i s , o . c . , II, 2 2 0 , n. 4 ) i versi d ell ’ode
alfaniana A d Gisulfum : « Gallos nam que duces... ». Neppure esatta è l ’ipotesi del
De Renzi il quale pensa che il Nostro abbia scritto un ’esortazione alla crociata
nella sua Oda excitativa m ilitibu s C hristi. Per la cronologia seguita dallo S c h i p a ,
cfr. Il M ezzogiorno d ’Italia, etc., Bari, 1 9 2 3 . p . 1 8 0 . L ’epistola dedicatoria p r e m e s ­
sa da Alfano alla sua traduzione di Nem esio (quasi un breve trattato De regim ine
principum ) fu forse indirizzata proprio a G isulfo: cfr. M . M a ì n i t i u s , o . c . , pp. 6 3 1 ,
636.
.....
( 1 ) S c h ip a ,
sciuta degli a ttu a li possessi del G uiscardo, m e n tre G uido, cinto del d ia ­
dem a im p e ria le in Bisanzio, tenga a dovere i nem ici del suo dom inio
e del nom e cristiano ».
Si tr a tta di u n sogno c erta m en te utopistico e in p a r te retorico, e
che molto presto sarà in fra n to da u n a ben diversa re a ltà , ma che te ­
stim onia del coesistere, n e ll’a nim o di Alfano, di u n am ore indefetti bile alla sua p a tria e di u na sicura fedeltà alla chiesa, che allora era
governata dal grande pontefice G regorio VII.
13. — IL PAPA GREGORIO VII E ALFANO (1073 ­ 1085).
I
r a p p o r ti che legarono Alfano e Ild e b ra n d o fu rono ra p p o rti di
fedele amicizia d u ra ta in in te rro tta m e n te e inv a ria b ilm e n te p e r olire
u n tre nte nn io ( 1).
I
frequ enti incontri, la com unanza degli ideali cem en taron o nel
Nostro u n a sconfinata am m irazio ne p e r il suo grande amico, il quale
nella sua o pera titanica parve davvero im p erson are « le energie più
vive di u n secolo creatore » (2).
Ad Ild e b ra n d o , q u a n d ’era ancora arcidiacono della Chiesa Ro ­
mana m a già dirigeva ufficialm ente la politica dei P a p i, aveva A lfa ­
no dedicata, forse all’epoca del Concilio di M antova, nel maggio del
1064 (3), la famosa ode A d H ildebrandum , che rip ro d u c e v a la te m ­
perie s p iritu a le di entusiasm i religiosi e civili suscitati in quegli
anni d a ll’azione gregoriana. L’arcivescovo salernitan o era in grado
di in te r p r e ta r e quel p a rtic o la re m o m en to storico pe rch è l’aveva se ­
guito da vicino n ella sua genesi e nei suoi sviluppi.
« In tutti questi concilii, in questa lunga dim o ra presso la corte
« pontificia, (A lfan o) ebbe agio di studia re il c a ra tte re nobile di l i ­
ft d e h ra n d o , sentirne ora nelle g en erali assemblee, o ra nelle privale
« adunanze, q uel facile suo eloquio, quella p aro la or dolce ed or pe « n e tra n te , m a sem p re severa nello sfolgorare i vizii del suo secolo, la
« disciplina poco edificante del Clero, la tro p p a ingerenza laicale negli
« affari della Chiesa e restonne a m m ira to . I suoi politici se n tim e n ti.....
« allora svelò nella p iù bella delle sue poesie ad I ld e b ra n d o d ire tta .
« E come altra volta si fidava della spada di G u idone e da essa si
« aspettava la grandezza della sua p a tria , ora, che ha avuto l’agio di
(1)
p . 193.
Ideali religiosi... d i Gregorio VII, in « Studi gregoriani »,
D e R e n z i, o . c . ,
(2 ) R .
M orghen,
III, 1948, pp. 163 sgg.
( 3 ) F a l c o , Un vescovo p o e ta ,
461
sgg.
«
«
«
«
«
«
«
m isu ra re l ’esimia fortezza d ’I ld e b ra n d o ( cordis eximius vigor), ili
Ild e b r a n d o h a rivolte le sue speranze. D alla p otenza del suo ingegno,
dalla voce po te n te della religione anela i trionfi del romanesimo
sulla b a rb a rie . Se M ario e Cesare col sangue circond aro no Rom a
d e ll’aureola della gloria e i b a r b a r i col fe rro d om a ro n o , egli si
aspetta da Ild e b ra n d o nuovi trio nfi a R om a, p iù belli e p iù dura tu ri, che n on furono certo quelli degli Scipioni e dei Q u iriti » (1).
Q uanto gl’ideali di Ild e b ra n d o e del Nostro concordassero tra di
loro, dice, persino, il calco le tte ra le , e non certo dovuto al caso, o
alm eno l ’analogia concettuale tra alcune espressioni del carm e di A l ­
fano e il linguaggio delle epistole del R egistrum di G regorio ( 2 ) ; a n ­
che nel Prologo della tra d uz io ne di N em esio è risc o ntra b ile un m o ­
vim ento di idee che è com une agli scritti e agli u o m in i della R iform a
gregoriana.
S’è pensato — e con ragione — che l ’arcivescovo Alfano in te r ­
venne al celehre sinodo celebrato a R o m a da P a p a Gregorio nel
1074 e a cui di certo fu presente Gisulfo I I (3), che il pontefice ten ­
ne in m olto conto, dal giorno successivo alla sua elezione ( q u a n d o gli
aveva scritto una le tte ra di saluto), sino alla sua m o rte (4).
Dal contesto dei docu m enti e degli atti, e dal complesso delle cir ­
costanze, bisogna anche d e d u rre la presenza del N ostro a tutte le più
im p o rta n ti assise conciliari che con freq uenza fu rono r iu n ite a Rom a
d u ra n te il pontificato di G regorio V II e che contrassegnarono le fasi
d e ll’agitata lotta delle investiture dal 1076 in poi (10 78 , 1079, 1080,
1081). P en siam o ad esem pio che sia da rite n e re certa la sua presenza
al sinodo celebratosi p e r tre giorni in circostanze d r a m m a tic h e al
L a te ra n o nel n ov em bre 1083, « in qua fuerunt archiepiscopi, episcopi
et abbates Cam pani et de Principatibus atque A p u lia , pauci quoque
Gallicani. Nam plures Heinrici tyranni p e rfid ia iter retro vertere
co m p u lit » ( 5).
( 1 ) G ia c . C a r u c c i , o.c., pp. 53 sg.. il quale però segue un ’altra cronologia
dei carmi alfaniani. C fr. anche P . F e d e l e , Accenti d ' italian ità a M. C., « Bullett.
—
I»t. Stor. Ital. », N. 47, pp. 11 sgg.
(2) Cfr. V. U s s a n i , G regorio VII scrittore..., in « Studi gregoriani », II, R o ­
ma, 1947, p. 359. Il gladius P etri di Alfano è preso dal linguaggio caro a Gregorio
e ai suoi ministri : cfr. A. S t i c k l e r , in « Studi greg. », III, pp. 89 sgg.
(3) K e h r , 337, N. 20. Della presenza di Alfano parlano il P a e s a n o , I, 129
( il quale però si fonda su ll ’annalista salernitano) e lo S c h i p a (in « E nciclopedia
Italiana », s. v. « Alfano », II, 384).
(4) Cfr. R egistrum Greg., ed. C a s p a r , pp, 4, 565 sgg.. 610.
(5) Ib id ., 627 sg.
Ma nella p iù generale lotta p e r le investiture s’inserì presto la
lotta, accom pagnata d a ll’a n atem a, contro il n o rm a n n o R oberto il G ui ­
scardo: la r o ttu r a tra Gregorio e il Duca datava già dal 1074.
La posizione di Alfano fu allora tra le più difficili. Egli si trovò
ancora una volta stretto tra l’amicizia e la potenza vendicativa di R o ­
berto — che aveva già forse iniziato, d ietro le sue p re m u re , l ’ed ifi ­
cazione del nuovo tem p io in onore d e ll’apostolo M atteo. « patrono d e l ­
la città » (1 ) — e la fedeltà a G regorio. P e r c o m p re n d e re il travaglio
che quei m o m enti difficili potevano p rovocare in chi e ra costretto ad
operare ad im m e dia to contatto con la d u r a rea ltà , si rifle tta su questa
sola n otizia: nel sinodo del febbraio - m arzo 1078 Gregorio minacciò
di sospensione d a ll’ufficio quei vescovi « qui acceptis epislolis nostris
aut cognitis neque p e r se neque p e r canonicam excusationem ad praesentem synodum non venerunt », o che prestassero il sacro m inistero
ai N orm ann i (sp e c ialm e n te a R oberto), « qui Beneventum obsident »,
finche fossero sotto l’an atem a (2). E ’ nota la religiosità dei N o rm a n n i,
che d u ra n te la quaresim a solevano in te rro m p e re le operazion i m ilitari
( 3). e q uindi è com prensibile come dovesse pesare loro l ’interdizione
e come incontrasse la loro ostilità chi ne applicasse l ’editto.
H a supposto ragionevolm ente lo Schipa (4 ) che Alfano non esitò
nella scelta e fu p e r G re gorio; « l a educazione, i p rin c ip i politico religiosi, l’amicizia, la devozione riten ev ano Alfano d alla p a r te d ’Ildebra n d o » ; ma certo il Nostro non potè non auspicare e salutare con
intimo gaudio la pace segnata il 29 ghigno del 1080 a C epran o tra
Gregorio e Roberto. Da allora in poi l’accordo d urò tra i due, n o n o ­
stante taluni passeggieri ran n u v o lam e n ti.
Alfano gioiva della ric on c ilia z ione; q u a n d ’ecco u n evento o ltre ­
modo fausto veniva ad allietare il suo anim o : l’invenzione, d u ra n te i
lavori di dem olizione della vecchia chiesa e gli scavi p e r la nuova,
delle reliquie d e ll’apostolo Matteo. L’arcivescovo si affrettò a d a rn e
(1)
Col nome del Duca normanno, ancora colpito da interdetto, ( T em poribus
R obberti praecellentissim i ducis) è datata una lapide apposta nel 1078 da Alfano
ad un loculo contenente sacre reliquie nella chiesa di S. Fortunato e recentemente
rinvenuta. Da poco anche sono venute alla luce altre tre lapidi analoghe, nella
cripta del Duomo, sempre datate da Alfano « tem poribus R obberti exim ii ducis » :
ma queste sono posteriori alla pace di Ceprano, perchè sono del marzo 1081, e
non offrono pertanto alcuna difficoltà ad intendere quella datazione. (Cfr. il testo
delle quattro lapidi in A. B a l d u c c i , Una la p id e d i Alfano I d e l 1078...; « Rasse.
gna stor. sai. », XVIII, 1957, pp. 156 sgg.)
(2Ì Registr. Greg.. ed. cit., pp. 368 sgg.
(3) Ibid., p. 578.
(4) Alfano I arcivescovo d i Salerno, cit., pag. 18.
notizia al pàpéf fèregorìo V II, e questi scrisse ad A lfano, il 18 «refteinbre del 1080. una lettera traboccante di in tim a , sp iritu ale letizia è tràen do buoni auspici p e r le sotti della Chiesa u n iv e rsa le dal rinv e ­
nim ento dèi « gran de tesoro ». Il Poiitèfice concludeva eso rtan do A l ­
fano ad am m o n ire R oberto e Sichelgaita p é fc h è prestassero i dovuti
■rà
,
onori a così insigne P a t i n o (1).
Con la scoperta delle reliquia d e ll’Evangelista e coti ^ e s o rta z io n e
del P a p a sono da collegare, molto veró^iMttilmente, i due d ip lò m i del 1 ottobre dello stesso anno 1080. con cui il G uiscardo — come già si
disse a suo luogo — sanzionò ed accrebbe la dotazione pa trim on ia le ­
della Chiesa salern itan a. Il nuovo clima che s’era venuto a c rea re forse contrib uì ad accelerare i lavori p e r la riedificazione d e i sontuoso
T e m p io , che n e ll’u ltim o trim estre del 1080 vide già com plete fe‘ s tr u t ­
ture p r in c ip a li della C rip ta, così da p e r m e tte re entro quella dafa’ la
definitiva sistem azione del sacello delle sacre re liq u ie , che fu s a ld a ­
m ente assicurato da una forte corazza, di m a rm i, p ie tre e m alta, che
stupisce anche i m od erni tecnici (2).
La ritro vata amicizia del G uiscardo sarà p ro vvidenziale p e r G re ­
corio V II in u n m o m ento tragico p e r lui e p e r la Sede A postolica. Sa ­
ra nel 1084, q u a n d o il G uiscardo dovrà accorrere a R o m a p e r salvare
il P a p a dalla violenza di Enrico IV. In q u e st’u ltim o p e rio d o , d a rà a
G regorio pieno e leale sostegno, scom parsa ogni ragione di dolorosi
dissidi, l ’a b a te eassinese D esiderio (3).
E d a llo rc h é il gran de Pontefice, divenuto — secondo l’is p ira ta
e s o r ta z io n i di A lfano — « v incitore della b a r b a r ie , si vide a sua volta
proscritto, re le g a to in esilio, fu ancora A lfano che e bb e l ’o nore di d a r ­
gli a Salern,') u n asilo e un a to m b a ». come disse, con alata sintesi,
una delle p iù ' forti p e rs o n a lità del m ondo sp iritu a le francese dello
scorso secolo (r 4).
La fedeltà di Salerno — e di A lfano, aggiungiam o noi — alla
C attedra di P ie tj/o erg t ra d iz io n a le ; e « ancora rifulse nella ospitalità
(1 ) Registr. G r e g ed» cit., pp. 526 sg. Cfr. A c o c e lla , o . c . , pp. 56 sgg.
(2 ) M. F u i a n o , A lf uno... innografo di S. M atteo, cit., pp. 164 sgg., riprendendo
e approfondendo un ’id ea d a 1 M anitius, pensa che il Nostro po~sa aver tratto 1*
ispirazione, per i tre : jm i in onore di S. Matteo, dal rinvenim ento delle reliquie,
dalla connessa costruz" jr)ne del duomo, e m eglio ancora dalle parole di papa Gre.
gorio. L ’a. non esclu de 1’ipoti ’si che gli inni fossero destinati ad essere cantati
nella festa d e ll ’Apo? jtolo o am ' he nei solenni festeggiam enti della consacrazione.
(3 ) Così, e ut
a l t r i m e n t i dev ’ essere
interpretato il « su sten tavit » del
Chron. Cas.
.,
(4 ) A. F. Oz 4tnam, Documenfo
in édits..., cit., p. 114.
con bùi fii accolto l'ind òm ito difensore dei d iritti della Chiesa, il r a ­
pa Gregorio V II, che riposa nella vostra C attedrale » ( 1). Si è s u p p o ­
sto che il Pontefice prendesse alloggio nel m onastero salernitano di S.
B e ne de tto ; si sono accolte tradizioni, piuttosto tardive, s u ir a ttiv tà e
sui movim enti di Gregorio V II, d u ra n te la sua d im o ra sa le rn ita n a : ed
è stata questa, p u r nella m ancanza di un a precisa docum entazione,
una prova di attaccam ento alle m em orie patrie (2).
R im ane fuori di ogni contestazione che il Nostro a Salerno fu
trepido e vigile testim one degli ultim i atti di I ld e b r a n d o : l'u ltim a
lettera alla cristianità, d e ll’agosto del 1084, « che è forse la sua pui
bella » ( 3 ) ; l ’u ltim o dei suoi storici sinodi, tenuto alla fine d e ll’a n n o ;
le estrem e parole, che sono rim aste p a ra d ig m a tic h e p e r le coscienze
libere di tutti i tem pi.
P rim a della m o rte beata del santo Pontefice (2 5 maggio 1085). i
Salernitani e il loro arcivescovo Alfano vollero consacrata da lui la
C attedrale n orm ann a di S. Matteo, dove Gregorio fu poi onorificamen ­
te sepolto (4).
« Ecclesia sancti M attinici papa sepultus
n obilitat tanti thesauro corpnris urbem »
(5 ).
H a scritto uno dei nostri più originali in te r p re ti del Medioevo:
« Sulla tom ba del pontefice non v orrem m o r ip e te re il desolato ” D>lexi iustitiam et odivi in iq u ita te m , p ro p te re a m o rio r in exilio ” ; ma
rileggere i versi in cui Alfano di Salerno congiungeva l ’opera d e ll’a r ­
cidiacono rom ano Ild e b ra n d o alle più alte m em orie di Roma r e p u b ­
blicana » ( 6).
14. — « D E P O SIT O DOMINI AI FANI ARCHIEPISCOPI ET MONACHI ».
« Il Duca •— dice Guglielm o A p p u lo (7 ) — , se gli fosse stato con.
cesso di vivere più a lungo, avrebbe scelto, su tutte le altre città. S a ­
(1) Sono parole del papa Giovanni XXXIII ai pellegrini salernitani (« L ’O?.
servatore Romano », a. XCIX. n. 2 Ì9 ; 26 -27 ott. 1959).
( 2 ) C i a c . C a r u c c i , S. Gregorio VII a Salerno, cit., pp. 58, 63 sg., 75, 89 sg.
( 3 ) G. B . B o r iin o , S toricità dell ' u ltim e parole di Gregorio VII, in « Studi gre ­
goriani », V, Roma, 1956, p. 411.
(4) Ex L ibro ms. Ccnsuali C e n t i i C a m e r a r i i , P .L ., 148, c. 128.
(5) G u g l ie l m o A p p u l o , o .c ., lib. V ; P.L., 149, c. 1080.
( 6 ) G. F orivaseri (G iorgio F a lc o ). La Santa Rom ana R epubblica, Napoli,
1942, p. 211.
(7) G u g l ie l m o A p p u l o . I. c.
lerno, resa u n iversalm en te celebre dalla traslazione d ell’apostolo M a t ­
teo, e ancora accresciuta di gloria d a lla sep oltu ra del vicario di Cristo.
Gregorio ».
Ma anche R oberto il G uiscardo fu colto, di lì a qualche mese,
dalla m orte, lontano dalla p a tria , a Cefalonia. « Il vecchio Alfano
pianse la m o rte dei suoi grandi amici e si dispose a m o rire e da h uon
cristiano sognò il Pa ra d iso » ( I).
Dai testimoni della sua vita, dice l’O zanam riassum end o il ra c ­
conto di P ie tro Diacono, « si assicurò che egli avesse visto in sogno u na
scala, la quale, dal b ordo del suo letto, andava sino al cielo, e che due
giovani vestiti di bianco lo invitassero a salire » (2).
E ra da tem po sofferente di stom aco ; il celebre C ostantino l’A fri ­
cano gli aveva dedicato un tra tta to De stomachi affectionibus ( 3), q u a ­
si a compenso — ha im m a g in ato q ua lc h e au to re — d e ll’insuccesso
delle cure esperite nel tentativo della guarigione.
Lo strazio fisico potè m in a rn e il corpo ma non fiaccarne lo s p i r i ­
to, te m p ra to d alla monastica disciplina d e ll’ascesi.
I
co m p ilatori del Necrologio e L iber Confratrum di S. M atteo di
Salerno an no ta ro n o , al V II giorno p r im a delle idi di o ttobre della IX
Indizion e, (9 otto bre 1085), con c a ra tte ri di p a rtic o lare rilievo —
scrittura ca p ita le la p id a ria su fondo dorato — la « Depositio do m ìn i
Alfani archiepiscopi et monachi » (4).
(1) M. S c h i p a , Alfano / , cit., p. 19.
(2) A. F. O z a n a m , o .c ., pp. 114 sg.; P ie t r o D i a c o n o , De ortu et obitu iuslo.
rum coen obii Casinensis, 55, P.L., v. 173, col. 1111.
(3) W. W a t t e n b a c h , M G H ., SS., VII, p. 729, nota; cfr. P. O.
K
r i s t e l i .e k ,
o. c., p. 20. 2. La dedica era : « Alfano reverendissim o Salernitnnae ecclesiae archie ­
piscopo ».
(4) Ediz. C. A. G a r u f i , Roma. 1922, pp. 156 sg., e note, 232, 337 : qualche
inesattezza nelle citazioni. (A pag. 251 è registrato un « Dom nus Alfanus nbbas »,
che il Garufi pensa sia proprio il Nostro. Nel codice peraltro sono elencate m olte
persone che portarono il nome « Alfanus »). Il G. ed altri ricordano che a Saler ­
no gli anni venivano conteggiati, secondo il computo bizantino, con l ’eccesso di una
unità : e questo può aver causato per il passato una certa confusione nelle date.
Sotto l ’aspetto palcografico e diplom atico, la registrazione della morte di Alfano
si distacca, nel codice originario del Necrologio, da tutte le altre annotazioni: e eiò
fa giustamente pensare al Garufi : « La forma insolita attrae subito l ’attenzione e
questo pare sia stato il fine del primo annotatore, trattandosi d e ll ’ arcive.
scovo sotto cui era stato rifabbricato il duomo e s’era dato principio a ll ’obituario ».
Anche i necrologi cassinesi registrano la morte di Alfano : cfr. M. I n g u a n e z , I N e ­
crologi cassinesi, T. Roma, 1941, p . 21, t. 3 0 3 ; A. L e n t i n i , Ricerche biografiche
su Ainato d i M., in « Benedictina », IX, 1955, pp. 187, 192.
Con questa concisa fo rm ula si volle affidare alla m e m o ria dei po.
steri esplicitam en te la d ata della m orte e del sep p e llim e n to del Nostro
( i due atti seguivano di no rm a nello stesso giorno), ed im p lic ita m e n te
anche il luogo della sep oltu ra, che fu nella sua bella c a ttedrale, e che
si trova individu ato con esattezza in u n a carta del sec. XV : « Nella Catedrale (sic) d i Salerno è avello di marmo a man destra, quando si
entra p e r la porta vicino al C am panile, d ove fìi sepolto Alfano P ri ­
mo Arcivescovo di Salerno » (1). P iù sinteticam ente si era espresso
P ie tro Diacono ( 2 ) : « Sepultus vero est apud Salernum ».
N on a caso, i docum en ti cassinesi e sa le rn ita n i sono concordi nel
dare ad Alfano, dopo quella di arcivescovo, la qualifica di « Casinen sis m onachus »: evid en tem en te i posteri im m e d iati di lui r isp e c c h ia ro ­
no in quella designazione la precisa volontà del N ostro e il suo incon ­
fondibile costume di vita. Noi non possediamo do cu m en ti p e r suffra.
gare l ’afferm azione di qu alche tardo scrittore ( e della iscrizione, sotto
il busto m arm o re o , nella C rip ta di S. M atteo), secondo cui ad Alfano
siano stati a ttrib u iti gli onori degli altari (3). Ma la sua vita fu in.
d u b b ia m en te quella dei santi.
Il eassinese P ie tro Diacono, chartularius et scriniarius del cenobio,
che ebbe cura di trasm etterci l’elenco dei carm i del N ostro, seppe a n ­
che concludere in poche parole u n giudizio sulla sua person alità m o ­
ra le : « Huius autem vita talis exstitit: in quadragesima nunquam in
lecto quievit, bis in hebdom ada com edit, p salm i ex ore illius non recessere » (4). E p e r i S a le rn ita ni fu sem p re certezza q uella che era so­
lo un a p re g h ie ra , dal Nostro fatta inscrivere n e ll’abside del d uom o:
«
che il p a d re Alfano sia p ere n n e m e n te beato ».
Ancor vivente, e p iù dopo la sua m o rte , p e r u n arco di almeno
due secoli, Alfano fu conosciuto in Ita lia e in E u ro p a , p r e v a le n te m e n ­
te se non esclusivamente, come uno degli auctores della scienza m e d i ­
ca, e come sommo erudito.
(1) E ’ una notizia inserita in un testamento del 1474 e riportata in « N otizie
di Fam iglie n obili salernitane », o « M anoscritto P into », della Biblioteca Provin ­
ciale di Salerno, p. 82. A com plem ento si può aggiungere questa inform azione di
uno scrittore del sec. XVII : A. M a z z a , H istoriarum epitom e d e rebus Salernitanis,
N apoli, 1681, p. 37 : « P rope hanc C am pandim turrim est C oem eterium quod terra
Sancta dicitu r ». Indagini su altre fonti documentarie, spesso dispersive, ed anche
tentativi di ricognizioni non hanno finora permesso di rintracciare i resti mortali
del Nostro.
(2) De viris illustribus Casinensibus, c. 19, P.L., 173, 1030.
(3) Cfr. M. S c h i p a , Alfano I, cit., p. 19.
(4) P i e t r o D i a c o n o , De ortu e t obitu..., 1. c.
I
tr a tta ti di m edicina p ratica, che a ndavano sotto il suo nom e, fe ­
cero, p e r molto tem po, testo nelle scuole, come è possibile ricavare dai
codici ancora esistenti nelle maggiori biblioteche eu ropee, e dagli elo ­
gi di un Egidio di Corbeil (già allievo della Scuola di Salerno nel sec.
XII) o di u n G entile da Foligno (profe sso re n e ll’un iv ersità di P e ru g ia
nel sec. XIV). L ’e ditore della trad uzio ne alfan iana di Nem esio, il
B u r k h a r d , ha p otuto d im o strare che i cinque m anoscritti in cui essa
è stata conservata e che sono dissem inati in im p o rta n ti cen tri di cul ­
tu ra p e r tu tta l’E u ro p a , ra p p re se n ta n o soltanto u n a p a r te degli e sem ­
p lari p ro d o tti nei vari centri scrittori. Infine, i cataloghi delle b ib lio ­
teche m edievali segnalano in più direzioni tr a tta ti medici di Alfano.
P e r ta n to la fama di grande medico, da u n lato, e la povertà d e l ­
l ’inform azione storica sulla sua figura, d a ll’altro, fecero sì che del n o ­
stro Arcivescovo si diffondesse u n ’im m a g in e solo p arz ia lm e n te vera.
E, a distanza di secoli, u n a analoga lim ita z io n e di pro sp e ttiv a sto ­
rica è possibile risco ntrare presso q ualche recente scrittore, che h a vo ­
luto stu diare Alfano e ru d ito e poeta p rescindend o d alla sua figura di
religioso, e creando una co ntrapp osizion e a r b itra r ia tra i due coeren ­
ti aspetti di u n a stessa perso n a lità , la quale si può in te n d e re solo a
condizione di non isolarla dal suo tem po.
Secondo la m o d e rn a storiografia, l ’arcivescovo Alfano — solitaria
a nim a di asceta e uom o d ’instancabile azione religiosa e civile; cu lto ­
re delle artes saeculares e delle divinae litterae tra i più a m m ira ti del
suo secolo, ed insieme fervido p ro p u g n a to re dei nuovi ideali della R i ­
fo rm a gregoriana — ha trasmesso u n messaggio p iù autentico perc h è
più s p iritu a lm e n te c o m p le to : un invito alla vita p u ra e alla conip rensione non fra m m e n ta ria di tutte le virtù, di tu tte le conoscenze
che la fede e la ragione —
­ sem pre m ira b ilm e n te concordi, p e rc h è
raggi d e ll’unica intelligenza divina —
­ add itan o all’u m a n o spirito.
N
icola
A
cocella
NOTA BIBLIOGRAFICA
S U LA VI T A
E
E
GLI SC RI TT I
FIL O LO G I C A
DI
ALFANO.
Dalla m età, circa, del secolo XIX a questa pa rte , la figura e l ’opera di Alfano I sono venute acquistando rilievo sem pre più netto cd
evidente.
i
P a ra lle la m e n te alla valutazione storico - critica del significato che
assunse — nel qu a d ro generale della cu ltu ra medievale — la sua
produzione le tte ra ria in versi e in prosa, si sono sv ilup pa te anche la
ricerca biografica sul Nostro e l’in dag in e filologica intorno alle sue
opere.
!
i
i1 j
Si ritiene o p p o rtu n o pre sen ta re qu i una breve rassegna della
fortuna e dello svolgimento di tali studi, p rim a di esam inare a p arte
le posizioni che la critica è venuta sem pre p iù c h ia ra m e n te d e li ­
neando nei rig u a rd i dell’opera sua d u r a n te gli ultim i centoquindici anni.
P e r la verità, il ricordo di Alfano non si era mai del tutto spento
nella le tte ra tu ra storica e religiosa dei sette secoli e mezzo che vanno
dalla fine d e ll’XI secolo alla m età del XIX. Si è accennato e meglio
si vedrà in appresso che il suo n om e p e r molto tem po corse, a m m i ­
rato, p e r l’intera E u ro p a . Ma, come è stato auto rev olm ente osservato,
tutto quello che si seppe e si disse di lui, in questo lungo periodo,
non andò di là dalle scarne, se p u r preziose, notizie che su Alfano
si erano preoccup ati di tra m a n d a rc i due monaci di Montecassino,
contem p oranei di Alfano o di qualche decennio a lui po ste riori:
L eo n e M a r s i c a n o (od O s t i e n s e ) e P iet ro D i a c o n o .
Gli scrittori
che vennero dopo — a m o’ d ’esem pio il L e y s e r , uno dei p rim i storici
della le tte ra tu ra latin a m edievale (17 21 ) — «ridussero a p rop orz io ni
sottilissime, non sem pre attingendole alle fonti, le notizie dei due c r o n i ­
sti » (M . Schipa).
Nè sem pre, in epoca recente, il co ordinam en to e l’integrazione
reciproca degli scritti, via via ap p a rsi su A., sono stati sistematica mente condotti, p erch è non son m an cati casi in cui gli studiosi si
sono a vicenda ignorati, da n d o luogo a dispersione di d a ti già acqui ­
siti: opere di Alfano, già giudicate apocrife o come falsa m e nte a ttr i ­
bu ite a lui, gli sono state poi, p e r rin v e n im en ti o c h ia r im e n ti p o ste ­
rio ri, d efin itiv a m e n te assegnate; opere già segnalate o anzi già edite
furono a distanza di decenni rite n u te come ignote o in e d ite ; persino
alcune m onografie, fo n d a m e n ta li p e r la conoscenza del N ostro, sono
state — o p e rc h è ir re p e rib ili o p e rc h è scarsam ente divu lg ate —
ignorate in alcuni studi p osteriori. La cautela con cui ci siam o mossi,
nella ricerca e n e ll’esame della vasta biblio grafia alfa n ian a , pu ò non
avere im p e d ito anche a noi stessi di tra sc u rare q ualche c o n trib uto
critico non disprezzabile. E noi sarem o grati a chi v orrà indicare o
c olm are le e v entuali lacune.
N el seguito dello studio direm o le ragioni p e r cui l ’o p e ra di A l ­
fano rim ase pressoché inesplorata p e r tanti secoli. Insiem e con altre
cause p iù pro fon de, c o n trib u iro n o , certo, a tale oscuram ento di una
fam a u n giorno così u n iv ersalm ente acclam ata, la scom parsa e la t r a ­
sm igrazione totale da Salerno — o p e r provvido e sp on taneo feno ­
m eno di p rop a g a z io n e c ulturale, o p e r deplorevo le incu ria nostra, o
p e r r a p in a a ltru i — di tu tto il p a trim o n io di codici che form avano
l ’e re d ità gloriosa della Scuola Medica e della L itu rg ia b ilingue, e in
cui erano non p ochi segni d e ll’attività di e ru d ito e di scienziato del
nostro Alfano. A nche p a rte non piccola del m a te ria le do c u m en ta rio
e archivistico fu tra fu ga ta o rim ase incom presa. Persin o gl’inni l i tu r ­
gici, da A lfano composti in onore di San M atteo e dei santi M a rtiri
sale rn ita n i, furono d e finitivam en te espunti dal B reviario S a lern ita n o
in epoca a noi vicina: di certo se ne ignorava l’au to re !
A nche da Montecassino, che p u re seppe conservare gelosam ente
il suo m ate ria le m anoscritto e lib ra rio , ab b ia m o prove che nei secoli
decorsi em ig ra ro n o codici conten en ti gli scritti m edici e filosofici di
A. F o r tu n a ta m e n te l ’A bbazia conservò e conserva tu tto ra (n o n o sta n te
la grave ia ttu ra del 1944) i codici dei C arm i e di u n a lunga prosa
agiografica del N ostro ( Vita et Passio S. Christinae).
a) EDIZIONI DEGLI SCRITTI DI ALFANO.
Da tali codici a ttinsero le loro lezioni, tra il ’500 e il ’600, i
p r im i e d ito ri di Alfano, anche se p e r motivi e con criteri estran ei ad
ogni interesse filologico ; da essi ancora, negli u ltim i centoq uind ici
anni, con in tenti di stretta filologia ma p u r tr o p p o non in teg ralm en te,
insigni studiosi ha n n o rip ro d o tto questo o qu el ca rm e : fra tali p a r ­
ziali m a sicuri testi sarà preso u n florilegio di significativi co m p o ­
n im e n ti del N ostro che p u b b lic h e re m o in fondo al presente studio,
con a f-ianco u n a m o d e rn a e viva tra d u z io n e , affinchè in tegrin o il
q u a d ro che abb iam o a m orosam ente tratteg giato di Alfano.
Così, ad incom inciare d alla m età del ’500. il p iù lungo poem etto
di A lfano ( m ille esam etri) su La Vita e la Traslazione dei Dodici
Santi Fratelli m artiri beneventani, fu p iù volte accolto, p e r il suo
c a ra tte re d oc u m e n ta rio e agiografico, in g rand i collane d ’indole a p ­
p u n to agiografica, ad o p e ra del L i p p o m à n u s , del S u r i u s (S auer).
del G i o v a r d i , dei B o l l a n d i s t i etc. E sul p rin c ip io e alla fine
ilei ’600, due famosi e ru d iti della storiografia ecclesiastica — il B a r o n i o e il M a b i l l o n —
inserirono nelle loro opere q ualche carme
di A. che rivestisse ai loro occhi partic o la re valore storico o agiogra ­
fico. P r o p r io dal risalto datogli dal B aronio ( c h e però non sem pre si
dim ostra bene in fo rm ato sul Nostro) acquistò g rande rinom an za il
carme alfaniano A d H ildebrandum archidiaconum Romanum .
Nè sfuggirono a questa n o rm a — di far prevalere, sugl'interessi
della p u ra filologia, quelli di edificazione religiosa o di d o cu m e n ta ­
zione storica — i due più be ne m e riti e più com pleti ed itori dei
carm i di A lfano: il M a r t i n e n g o e I ’U g h e l l i .
Il p rim o , servendosi p re su m ib ilm e n te di un codice cassinese ora
p erdu to , dette alla luce, nel 1590, u n a p rim a serie di carm i da lui
a ttrib u iti ad Alfano, in u n volum e miscellaneo dal seguente tito lo :
T. P r o s p e r i M a r t i n e n g i i , m onachi Casinensis, Pia quaedam po'èmata,
quibus etiam accesserunt nonnulli aliorum quorum dam illustrium
monachorum Casinensium hym ni, non indocti quidem illi nec inve ­
nusti, collecti ex exem plaribus p artim Latinis litteris pa rtim Longo bardicis exaratis (R o in a e , t. I l i , 1590, pp . 169 - 210).
Senonchè, il c arattere composito e piuttosto farraginoso della
raccolta del M artinengo — u n centone di poesie greche e latin e, a
sfondo classicheggiante, del M artinengo stesso e di altri — e insieme
la scarsa diffusione d e ll’opera e q ualch e dubb io , tu tto ra persistente,
sulla perfetta a tte n d ib ilità d e ll'a ttrib u z io n e dei carm i, editi sotto il
nome di A lfano, fecero sì che la silloge del M artinengo non portasse
un valido e originale contrib uto all’esame della perso nalità storica e
poetica del Nostro.
A ltre tta n to , sia pure in m isura diversa, può dirsi d e ll’o pera del
cistercense fiorentino F e r d i n a n d o U g h e l l i che nel I I volume della
sua preziosa Italia Sacra, edito a Rom a nel 1647 ( p p . 1085 sgg.), p u b ­
blicò — oltre ai carm i già editi dal M artinengo — u na massa n o te ­
vole degli scritti in versi e in prosa, ancora inediti, di Alfano, ser ­
vendosi forse del codice cassinese n. 280 ancora oggi esistente. (N e lla
seconda edizione, poesie e prose di A. furono trasferite nel voi. X.
Venezia, 1722, A ppendice, coll. 47 sgg.).
La peculiare destinazione della raccolta ugh e llia n a , la vastità
della m a te ria abbracciata, che a lui affluiva non sem pre metodica mente, p e r lo stato d ell’organizzazione degli studi in quel tem p o, e
la connessa im possibilità di u n a collazione filologicamente sicura dei
codici — tutto con trib u ì a fa r sì che i testi editi d a ll’U ghelli, come
del resto quelli pub blicati dai suoi predecessori, risultassero irti di
m ende e scorrezioni, che, r e n d e n d o a r d u a la le ttu ra e sem pre incerta
l’interp re ta zio ne , dissuasero da ogni possibile esame critico della p r o ­
duzione alfaniana.
L’edizione d ell’Ughelli passò integralm ente e senza varianti - —
con la sola aggiunta dei testi nel fra tte m p o editi d a ll’O zanam — nel
volume 147 della Patrologia Latina del M i g n e , p ub blic a to nel 1853
(coll. 1219 sgg.), che da oltre un secolo a questa p a rte , nonostante
talu ne successive, singole edizioni criticam ente più a tten d ib ili perchè
d ire tta m e n te ricavate dai codici, è la fonte da cui h a n n o in genere
attinto gli studiosi di Alfano.
S o l o d a l 1845, c o l G i e s e b r e c h t , e n e i d e c e n n i
successivi
con
il C a r a v i t a , il W a i t z , lo S c h i p a , I ’A m e l l i , il F a l c o ,
etc., si è iniziata, d ire tta m e n te d ai codici, la p u b b l i ­
cazione, isolata però e non sistem atica, di nu m erosi carm i a lfaniani.
A ltri carm i furono editi in collane n on m olto accessibili: la B ib lio theca Casinensis, e gli Analecta hymnica m edii A e v i del D r e v e s - B l u m e .
P i ù re centem ente ancora, come si vedrà, sono state scoperte e
p u b b lic a te le o pere e ru d ite del N ostro : i tr a tta ti di m ed ic in a e la
tra d uz io ne del De natura hominis di N emesio. A nche di questo sin ­
golare settore della c u ltu ra e della p ro d u z io n e di Alfano da re m o uno
« specim en ».
U n q u a d ro sintetico, ma nel complesso su fficientem ente in f o r ­
m ato ed aggiornato, delle opere di A lfano, è quello che I g i n o Cec c h e t t i h a dato, sotto la voce « Alfano », nel I voi. della m o d e rn a
Enciclopedia Cattolica (co ll. 838-840). Sotto l ’aspetto filologico, però,
rim a n e classico e basilare il poderoso ca pitolo che M a x M a n i t i u s
dedicò ad « A lp h a n u s I. von Salerno » nel secondo volum e della sua
Geschichte d e r lateinischen Literatur des M ittelalters (M o naco, 1923,
p p . 618-637).
L im ita ta m e n te alla p ro duz ion e in versi, la le tte r a tu r a sul Nostro
vanta oggi u n a disam in a — m etodo lo gicam en te con dotta — delle
testim on ianze, dei m a noscritti, delle edizioni dei carm i a lfa n ia n i, che
davvero p uò considerarsi p ro p e d e u tic a a q u e ll’edizione critica in te ­
grale, che è nei voti di tu tti da tanto te m p o : A. L e n t i n i , Rassegna d e l ­
le poesie d i Alfano da Salerno, in « B u lle ttin o d. Ist. Stor. It. p e r il M.
Evo », N. 69, 1957, R o m a, p p . 213-242). L ’au to re fa cenno, s a lt u a r ia ­
m ente, secondo che gli se ne p resenti il destro, di qu alche recente
con trib uto agli studi a lf a n ia n i: p e r es. l ’art. di M. F u i a n o , Alfano,
Arciv. d i Sai., innografo d i S. M atteo ( i n « Atti d. Acc. naz. di Se. m or.
e poi. di N a p o li », 1954, pp . 164 sgg.).
TOzanam,
r A
lbers,
b) DATI E FONTI PER LA BIOGRAFIA DI ALFANO.
Sorte alq u a n to m igliore, p e r la verità, ebbero le fonti storiche
da cui è possibile t ra r re elem en ti u tili a delin e are e ad in q u a d r a r e
la b iografia di A lfano.
Già I ’U g h e l l i aveva r ip ro d o tto i p rin c ip a li b r a n i di L e o n e M a r s i c a n o e di P i e t r o D i a c o n o sulla vita e sulle opere di A lfano, « Salernitanae ecclesiae et urbis egregium ornamentum » ( p . 380), aggiungen ­
dovi in riassunto a ltre sparse notizie — d al Chronicon Vulturnense ( 1)
etc. — e in edizione co m pleta alcuni d oc um e n ti relativi al governo
d e ll’Archidiocesi s a le rn itan a in quegli anni ( Italia Sacra2, 380 sgg.).
Ma le sue sono annotazio ni estrinseche, non se m p re a tte n d ib ili, e, ad
ogni m odo, sono d ire tte al solo scopo che l’a. si prefiggeva : fo rn ire i
m a te ria li p e r la storia ecclesiastica di Salerno nel q u a d ro di quella
d ’Ita lia . A lfano è u n semplice nome nelle serie dei vescovi e degli arci,
vescovi di Salerno.
(1)
c o lla n a
Di cui oggi esiste un ’ottima edizione critica ad opera di V. F e d e r i c i ,
delle « Fonti per la Storia d ’It. » dell I s t. Stor. Ital., Roma, 1925.1938.
n e lla
La rip re sa e ru d ita del Sei-settecento ebbe almeno il merito di far
conoscere d ire tta m e n te i testi dei Cronisti cassinesi. Così nel 1723 il
sommo L. A. M u r a to r i nel IV volume dei suoi Reruin Italicaruni
Scriptores inseriva il Chronicon Cosinense, già edito con am pio com ­
m ento d a ll’abate cassinese A n g e lo De N u c e ( P a r i g i, 1668), e nel 1725
collocava a ll’inizio del VI volume della stessa m o n u m e n ta le collezione
l'opuscolo De viris Must ribus Casinensibus di P ietro Diacono, n e ll'e ­
dizione illustrata e com m en tata dal ro m ano G . B. M a r i ( R o m a , 1665)
e già da altri rip ro d o tta . S’è visto che p ro fitto si può ricavare dai
suddetti testi p er il nostro argom ento. A nche la Storia dell ' Abbazia di
Montecassino di E. G a t t o l a ( 1733) fornì buon m a te ria le p e r la co ­
noscenza d e ll’am bien te monastico in cui visse e si form ò p e r qualche
tem po il Nostro.
Ma siamo sem pre a quel che p rim a si diceva: di Alfano nulla, o
quasi, p iù di quello che avevano su ccintam ente tr a m a n d a to i cassinosi
suoi con tem poranei o suoi im m e dia ti successori.
L’esiguità delle notizie si riflette, ancor m aggiorm ente, negli scrit ­
tori salern itan i del ’500 e del ’600, che — o tra ttin o delle vicende
delle reliquie e del tem pio di S. M atteo (M . A. M a r s i l i o C o l o n n a , De
vita et gestis b. Matthaei ap. et ev. eiusque gloriosi corporis in Salernit.
urbem translatione. N apoli, 1580), o elenchino la serie dei vescovi e
arcivescovi della città (G . M o s c a , De Salernitanae eccl. episcopis et
archiep. catalogus. N apoli, 1594; 2“ ed. a cura di A. Capone, Subiaco,
1930), o traccino una sintesi di storia s a lern itan a (A . M a z z a , Historia rum ep itom e de rebus Salernit., N apo li 1681) — su Alfano si tr a m a n ­
dano l’un l’altro notizie estre m a m e nte som m arie e talvolta anche im ­
precise.
Nè questa generale povertà di in dagini è dovuta solo ad a r r e t r a ­
tezza di studi o a scarsità di d ocum entazione, perchè c’en trò in p a rte —
vedremo — anche il disdegno rin ascim entale e illum inistico p e r il M e ­
dioevo, l'età gotica, l’età barbara, considerata quasi pro fon do « hiatus»
nella storia della civiltà, so p ra ttu tto le tte ra ria. La p r im a , grande Sto ­
ria della Letteratura Italiana, di G i r o l a m o T i r a b o s c h i (1772 - 1782),
— « archivio ordinato e ragionato di m a te ria li, cronologie, docum enti
e disquisizioni p e r servire alla storia lette ra ria d ’I ta lia » (Foscolo) —
in cui p u r trovarono posto a utori m inori ed infimi, dagli E truschi in
poi, dedica poche righe, p e r giunta non im m u n i da im precisioni, all’o ­
pera di A. (cfr. ed. di N ap oli, to. I l i , 1777, p p . 267 sg., 297 sg.).
E giungiamo così ai p rim i decenni del sec. XIX, il secolo r o m a n ­
tico, che alla passione p e r la ricerca e ru d ita accoppiò un a vocazione
storicistica più m a tu ra e scaltrita e u n interesse curioso — se n tim e n ­
talm ente sim patico — p e r il Medioevo.
La figura del Nostro usciva definitivam ente d a ll’om b ra.
Di questa « riscoperta » di Alfano e degli studi che la sollecitarono
e l’integraron o traccerem o a suo tem po le lin e e ; ma fin da questo
m om ento è necessario rico rd a re il nom e del p iù autorevole e del
p iù benem erito storico che di A. si sia occupato : G . G i e s e b r e c h t :
a lui dobbiam o — oltre al p rim o , fo n d am entale rip e n sa m en to critico
e storico d e ll’opera alfan iana — anche il p rim o organico disegno bio ­
grafico del Nostro, con la messa a punto di im p o r ta n ti dati cronologici.
In sostanza, gli autori che verrann o dopo e che c o n trib u ira n n o
ad u n a p iù p u n tu a le valutazione del Nostro — s o p ra ttu tto I ’ O z a n a m ,
il R e n a n , lo S c h i p a , il R o n c a , il F a l c o , il M a n i t i u s , il V i s c a r d i —
se vo rranno rievocare le vicende della vita di A lfano, si m overanno
nella direzione da lui in dicata, sia p u r com piend o le necessarie ag ­
giunte. ( C a r a tte r e solo accademico e non critico ebbe l ’ opuscolo di
C. T a f u r i , De A lphano I oratio, Salerno, 1887).
Il G iesebrecht mise anzitutto a profitto fonti cronachistiche: gli
storiografi cassinesi più volte citati (L eone M arsicano, Pietro Diacono)
e, per la prima volta, A m ato d i M o n te c a ssin o . Questi sono i più au ­
torevoli testi di inform azione sul N ostro: Leone aveva nella sua giovi ­
nezza conosciuto A .; Pietro disponeva di tutto il m ateriale docum en ­
tario e librario d ell’Archivio eassinese; Am ato, salernitano di nascita
e poi monaco a M ontecassino, è scrittore della massima attendibilità,
anche perchè fu quasi coetaneo di A lfano.
Gli scritti principali di Leone e Pietro s’è già detto ch’erano noti
da tem po ; ma, qualche anno prim a d ello studio del G iesebrecht, il
dotto A n g e lo Mai aveva dato alle stam pe un altro opuscolo inedito di
Pietro D iacono, contenente preziose inform azioni sulla spiritualità del
N ostro, che non sfuggirono a ll’attenzione dello storico tedesco ( Liber
de ortu et obitu iustorum Casinensium, in « Scriptorum veterum nova
collectio », 1825-38, to. VI, P . II , pp. 245 sgg.) N el 1846 si avrà l’edi.
zione critica del Chronicon Casinense a cura di W. W a tte n b a c h (n ella
collana dei M. G. H., S. S., V II, pp. 551 sgg.); e, finalm ente, di li a
qualche anno tutti insiem e questi testi troveranno posto in una colla na anch’essa di larga diffusione: la Patrologia Latina del M igne (P .L .,
v. 173, a. 1854), che anche in altri volum i offriva m ateriale u tile alla
com prensione di aspetti interessanti della vita di A lfano. (C fr. ad es.
i voli. 144 e 145, a. 1853 : opere di S. P ie r Dam iani, - il v. 147, a. 1853,
col Registrum di G reg o rio vii,* il v. 149, a. 1853, col poem etto di G u ­
g lie l m o A p p u lo , etc.).
D ella H istoria Norm annorum di A m ato — di cui è stato irrim e ­
diabilm ente perduto il testo latino originale — era stata rintracciata
e pubblicata, dieci anni prima del G iesebrecht, nel 1835, una strana
volgarizzazione in francese, del sec. XIV. Le tre edizioni com m entate,
che si sono susseguite in un secolo, di q u ell’insigne m onum ento storio ­
grafico — la I a Parigi nel 1835; la II a Rouen nel 1892; la I I I , dav ­
vero esem plare, a Roma nel 1935, a cura di V. D e B a r th o lo m a e is ,
n elle « Fonti per la storia d’Italia » d ell’Ist. Stor. It. — hanno gettato
nuova luce su tutta la storia nostra del sec. XI, particolarm ente su Sa ­
lerno, e anche su A lfano: Amato si dim ostra m olto bene edotto della
storia politica e religiosa di Salerno ; con ogni probabilità fu nativo
proprio di questa città, come già disse il Giesebrecht sulle orme del
prim o editore e come pare ormai assodato grazie ad una puntuale inda,
gine di A. L e n tin i : Ricerche biografiche su A m a to d i Montecassino
(in « B enedictina », Rom a, IX, 1955, pp. 183 sgg.).
Queste ed altre fonti c ronachistiche coeve ( a d es. il Chronicon
Vulturnense, in cui è anche u n notevole accenno ad A.) h a n n o pure
p e r altra via giovato alla ricostruzione della biografia ideale del N o ­
stro, p e rc h è h a n n o dato agio agli storici di r ip r o d u r r e il q u a d ro delle
p iù generali vicende p o litic h e e religiose degli a m b ie n ti in cui visse
e d operò o con cui ebbe co ntatti A.: Salerno (c fr. Di Meo, Schipa,
C h aland on , Gay, Trifone, Ducliesne, Savio, P o n tie ri, C. Carucci, Sinno,
etc.); Montecassino (c fr. Tosti, Leccisotti, etc.); Rom a (e qui sa re b ­
bero da ricord are gli studiosi che si sono occupati del p e riodo dei P a p i
r ifo rm a to ri del sec. XI).
A nche le fonti archivistiche, relative alla Chiesa di Salerno, e
quelle conservate nella Badia di Cava, fu ro n tenute presenti dal Giese ­
brecht, ma lim ita ta ta m e n te ai docum en ti c h ’egli potè conoscere dalle
edizioni ( a llo ra le sole re p e rib ili) d e ll’UGHELLi, del M u r a t o r i , del De
B l a s i o . A nche in questo cam po, possiamo oggi fo rtu n a ta m e n te servirci
di tutta u na serie, m olto più sistematica, di edizioni, regesti, studi.
S'incominciò, p e r l'A rchivio arcivescovile, con G. P a e s a n o , M e ­
morie p e r servire alla storia della Chiesa Salernitana (v. I, N apoli,
1846, pp. 112-155), che si appoggiò ad u n a docum en tazio ne p er quel
tem po soddisfacente : ignorò, p e ra ltro , A m ato di M. e il Giesebr., m e n ­
tre ebbe ancor fiducia nello spurio Chronicon Cavense. Oggi d isp o ­
niam o, p e r tali docum enti, di due regesti di diversa in d o le : P . F. K f. h r .
Regesta Pontificum Rom anorum. Italia Pontificia, V i l i , Berlino, 1935
( c o n riferim en ti alle edizioni e fonti più acc re d itate); A. B a l d u c c i .
Archivio d. Curia arcivesc. di Sai. ( I , in « Rassegna stor. salern. », VI,
1945, pp. 248 - 344; II, Ibid., XII, 1951, pp. 141 sgg.; I l i , ibid., XV,
1954, p p. 63 sgg.: della sec. p u n ta ta fu fatto u n estratto, da cui si son
tra tte le citazioni. E ’ in corso di p ub blicazion e u n ’ediz. corretta ed
am p lia ta d e ll’intero Regesto dei do cum enti di detto A rchivio). Di un
notevole grup po di do cum enti, so ttratti d a ll’Archivio Arcivescovile
in epoca non molto lon tana, esiste u na pregevole edizione critica in ­
tegrale : L. E. P e n n a c c h i n i , Pergamene salernitane (S a le rn o , 1941).
I n corso di pubblicazione, poi, è u n a su p e rb a, m agistrale edizione de
I documenti originali dei Principi longobardi d i Benevento, Capua,
Salerno, a cura di F. B a r t o l o n i (fascicolo I, Rom a 1956): davvero
soddisfacente l ’a p p a r a to diplom atico e bibliografico, curato dal P r a ­
t e s i , da cui si rileva la stretta connessione di tali d ocum enti con la
storia della Chiesa Salernitana.
U n altro M aestro della paleografia, C. A. G a r u f i (c h e già aveva
scritto u n ’interessante m em o ria Sullo strumento notarile n. Salernitano
n. scorcio d. sec. XI, 1910), si è reso ben em erito dei nostri studi con
l ’ediz. del Necrologio e L iber Confratrum di S. Matteo di Sai. (« F o n ­
ti p e r la st. d ’Italia », R om a 1922; si rico rdi che il Gar. ha edito an ­
che il Chronicon di R o m ua ldo G uarna), che ha , tra l ’altro, permesso
di accertare definitivam ente la d a ta di m orte del Nostro.
Dell Archivio Cavense il G iesebrecht citò solo u n do cum ento edito
da S. M. D e B l a s i o ( Series principum qui Langobardorum aetate Sa ­
lerni im perarunt, N apoli, 1785, pp . LIV sgg. — Ma, del docum ento,
a lui e ad altri è sfuggita la reale im p ortan za). Il Gies. non conobbe
u n interessantissimo docum ento già edito da D . V e n t i m i g l i a ( Storia
d. Castello delVAbbate e d e ’ suoi casali in Lucania, N ap o li, 1827,
A pp., p p . IX sgg). Oggi altri do cum en ti possono essere u tilm e n te
tra tti dal preziosissimo Codex D iplomaticus Cavensis, che m a la u g u ­
ra ta m e n te s’in te rro m p e a ll’a. 1065. P e r l ’epoca successiva son da con ­
sultare YEssai historique de V A b b a y e de Cava di P. G u i l l a u m e
(1877), ed altre opere di storiografia locale, citate al loro posto.
La storia della Scuola Medica di Salerno ( p e r i r a p p o r ti che
con essa ebbe A.), che il Gies. conobbe so m m a ria m e n te , è stata in
seguito esp lo rata sistem aticam ente fin dal 1851 da S. D e R e n z i ( Sto ­
ria documentata d. se. med. d i Sai., N a p o li 1851; la sec. ed. è del
1857; e da questa ab biam o preso e p r e n d e re m o le c ita z io n i: p p . 26
seg., 188 sgg., I l i sg., XXXVII sg.), e da altri fino al recente saggio
di uno storico tedesco - americano che, in pagine notevoli p e r capacità
di sintesi e com piutezza d 'in fo rm a z io n e , ha riassunto critic a m e nte la
vasta biblio grafia estera e ita lia n a sulla Scuola, accum ulatasi lungo
il corso di cento a n n i: P. 0 . K r i s t e l l e r (L a Scuola di Salerno, tra d .
di A. Cassese, Salerno 1955: su A lfano son da vedersi le pp. 14 n. 2,
17 segg.: esauriente il ragguaglio biblio grafico: B a e u m k e r , B u r k h a r d ,
Capparoni, Creutz, W
ickersheim er
).
Infine, sem pre meglio, in questi u ltim i te m pi, s’è venuto deli ­
nean do il sostanziale ap p o rto di A. alla costruzione del T em p io N o r ­
m an no di S. M atteo, anche per la luce che recenti r itro v a m e n ti e p i ­
grafici h a n n o p o rta to sull’argom ento : dopo gli studi del De Angelis,
del Capone e dello Schiavo, h a visto la questione in u n a nuova p r o ­
spettiva A. P a n t o n i (L a Basilica d i Montecassino e quella d i Salerno
ai te m p i d i S. Gregorio V II, in « B enedictin a », X. 1956, p p . 23 sgg.).
Q uanto s’è detto, in r a p id a sintesi, servirà, sp eria m o , a d a re una
idea della complessità del lavorio filologico ed e ru d ito che è alla base
della ricostruzione, da noi te n ta ta , della figura di A lfano, u om o e
scrittore. Un arido elenco bibliografico non avrebbe reso a sufficienza
il m om en to s tre tta m e n te « d ocu m entale » della n ostra
ricerca p a ­
ziente ed onesta.
Il profilo biografico che si è disegnato di Alfano, e la v a lu ta ­
zione storiografico - critica, che seguirà, della sua o p era, così come s’è
venuta sem pre meglio c h ia re n d o — nel nostro sp irito — d u r a n te la
rim ed itazion e dei saggi fo n d a m e n ta li ap p a rsi sul Nostro, in tendo no
essere u n omaggio « vivo » reso ad un personaggio che fu tan to g ene ­
rosam ente operoso nella vita del suo tem po.
N. A.
AVVERTENZA. . Il lettore correggerà da
ad esem pio: a pag. 10, Benoit (con l ’accento
p. 27, « c i troviamo ad e sse re » ; a p. 46, n.
p. 54, r. 38, salernitanam ; a p. 56, struttura;
vità, Giovanni X X III; etc.
sè qualche lieve refuso tipografico;
circonflesso); a p. 15, U delrico; a
3 (interpunzione da rettificare); a
a p. 60, prologo alla; a p. 63, atti­
V A R I A
L’archifeHura negli avori di Salerno
e ipotesi sulle loro origini
Gli avori conservati nel museo del duom o di Salerno h a n n o , com ’è
noto, ric h ia m a to l’attenzione di non pochi studiosi e critici d ’arte, fra
cui H uillard - B rého lles, Schulz, Salazar, V enturi, B ertaux , G oldschm idt,
Toesca, Becherucci. Ai rilievi e considerazioni già fatti da loro e che qui
non riassum o essendo ben conosciuti i loro studi in proposito, desidero
aggiungerne altri, e sam in and o sinteticam ente le a r c h ite ttu re rip ro d o tte
in quegli av o ri; inoltre, utilizzando notizie e fonti su cui i p re d e tti stu ­
diosi n o n si sofferm arono essendo state almeno in p a rte p u b b lic ate p o ­
sterio rm en te ai loro scritti, desidero avanzare qui delle ipotesi sull’ori.
gine di quel singolare complesso e bu rn e o d ’età rom anica.
***
L'arca di Noè. Oltre alle perle che orlano la volta a botte sono qui
notevoli le transenne a losanghe, sim ili a tarsie.
L ’ebbrezza d i Noè. Sullo sfondo si ap re u n a città con vari edifici a
cupola, alcuni con tam b u ro prism atico o cilindrico, q ua lch e altro con la
cupola sostenuta da colonne.
La torre di Babele. La to rre è u n a ricca costruzione con tarsie, d ia ­
gonalm ente disposte secondo q u a d r a ti.
La vocazione di A bram o. Sullo sfondo è la città di H aran . Le m ura
sono in conci q u a d ra ti, ciascuno con un disco centrale. Edifici con vari
tipi di c o pe rtu re em ergono dalle m u ra.
A bra m o e Sara in Egitto. U n ’alta torre coperta con cella a cupola
ha, vo lu m etricam ente, g rande affinità col ca m p a nile del duom o di Sa ­
lerno e costituisce com unque uno dei più antichi esempi di edificio a
torre coperta a cupola ( 1).
(1)
Per quel m o n u m e n t o ved. : A. S c h i a v o , Il cam panile d el duom o di Salerno e
l ’espansione campana in Sicilia in B o llettin o d el Centro d i studi p e r la storia d e ll ’ar chitettu ra, n. 9, 1955, pp. 3 -32.
Il Faraone restituisce Sara ad A bram o. Il trono ha il tergale c en ­
tinato, come la ca tte d ra origina ria del d uom o di Salerno ( 1) ed è ornato
con girari e viticci come uno dei po rta li dello stesso duom o.
Visita di Maria ad Elisabetta. Sullo sfondo si notano du e case con
i rispettivi ingressi nei quali due la m p a d e pend on o dalle volte. La casa
che fa da sfondo a M aria ha la porta a due b a tte n ti, di cui uno è chiuso
e presenta sp ecchiatu re e dischi a lte rn a ti, cioè motivi p re se n ti pure
sulle fiancate delia ca tte d ra del duom o di S a le rn o ; la p o rta è so rm o n ­
tata da u n ’edicola con colonne b inate. La casa che fa da sfondo ad E li ­
sabetta anche ha un ingresso dalle pre va le nti linee verticali, ma l’edico.
la è coperta a cupola ed è sostenuta da alte colonne. U na tenda pende
da una teoria di arch i a ferro di cavallo.
Il du b b io di Giuseppe. Le a rc h ite ttu re del fondo p resen tan o due
teorie di archi sovrapposti che vag am en te ric o rd a no l’atrio della catte,
drale s a le rn ita n a , un arco maggiore fra due m in o ri (com e nel qu adri portico del duom o di Salerno e nel nartece del S. Angelo in Form is) e
un arco ornato con motivi vim inei, i quali e ran o molto com uni nello
V III secolo; notevole u n a form ella con disco simile alle fiancate della
c a tte d ra del duom o di Salerno (2).
Viaggio di Maria e di G iuseppe a B etlem m e. Sulle m u r# m erlate
em ergono tre costruzioni di cui la centrale è u n a p o rta con tim p a n o a
dischi il quale evidentem ente rip ro d u c e un disegno di pluteo m usiv o;
le costruzioni laterali sono a pianta poligonale e coperte a cupole
ogivali.
La N atività. Il letto della Vergine e lo sgabello su cui siede G iu ­
seppe p resen tano teorie di motivi o losanghe. Sullo sfondo si erege B e t ­
lem m e con costruzioni a cupola, fra cui molto interessante è quella
che ha le p ro p o rz io n i e l’im p ro n ta di un c a m p anile, con cella orn ata
con motivi a dente di sega. La m angiatoia si presen ta con u n a cortina
(1) Per la cattedra ved. : M. D e A n g e l i s , La sedia di G regorio VII ed i m osaici
d el transetto nel duom o d i Salerno in A rchivio storico per la provincia di Salerno,
1934, pp. 148 - 56; 1D., lì duom o di Salerno nella sua storia, nelle sue vicen de e nei
suoi m onum enti (notizie documentate sui restauri e sulle m odifiche subite dall ’ed i ­
ficio), Di Giacomo. Salerno, 1936, p. 85 ss.; ID.. Nuova guida d el duom o d i Salerno,
Di Giacomo, Salerno, 1937, p . 2 4 8 s s . ; G. C h i e r i c i , Il duom o di Salerno e la chiesa
di Montecassino in Rassegna storica salernitana, 1937, pp. 104 - 5; A. S c h i a v o . La
cattedra e l ’altare maggiore del duom o d i Salerno in II T rionfo (num ero unico in ri.
cordo del II congresso eucaristico regionale salernitano - lucano, 26 - 29 maggio 1949).
Per l ’altare maggiore vedasi anche A . B a l d u c c i , L altare maggiore d el duom o di Sa.
lerno in Rassegna storica salernitana, 1953. pp. 186 -95.
(2) C h i e r i c i , art. cit., p. 104.
in blocchi squadrati a giunti sfalsati, cioè di un tipo sim ile a quello
del c am panile del duomo di Salerno.
La presentazione al T em pio. Il tem pio sem bra qui il m odello di
una chiesa ro m a n ic a : ha c upola con la n te rn a , rivestita a s q u a m e ; il
nartece con tre archi su due binati di colonne tortili e fiancheggiato
da due cam p anili con celle cilind riche coperte a cu po la, i quali h a n ­
no affinità v o lum etrich e col ca m p a nile del duom o di Salerno.
I
Magi recevuti da Erode. Dietro ai Magi ( la cui età è qui g ra ­
duata dalla lunghezza o dall'assenza della barba) si scorgono tre e d i ­
fici, di cui uno ha nel prospetto un arco su colonne, un altro si pre se n ­
ta come u n tem pio tetrastilo e il terzo è coperto a cupola su p ian ta
poligonale. La p o rta della Sala del T ro no è fiancheggiata da colonne
b in a te ; la sua lunetta è orlata con motivo a denti di sega e regge
un a tenda a nnodata. Il trono di E rod e ha una fiancata co m p letam en te
in vista, la q uale presenta specchiature e un arco a ferro di cavallo
cam pito in tarsie.
L ’adorazione dei Magi. La Vergine è in trono, il quale presenta
una fiancata a tarsie e gli stipiti del tergale scolpiti con girari.
Un angelo ordina a Giuseppe di fuggire in Egitto. Il letto di G iu ­
seppe presenta interessanti motivi a losanghe. Sul fondo è Betlem m e
di cui si scorgono costruzioni tip ic a m e nte b izantine, come la cupola su
tam buro ad a rchetti, o m u su lm a n e come la cupola ogivale sul p ro sp e t ­
to delim itato da due archi a ferro di cavallo. Motivi a dente di sega o
a dischi o rnano quelle costruzioni.
La fuga in Egitto. La città che si erge sul fondo presenta gran v a ­
rietà di edifici, fra cui alcuni con frontoni tria n g o la ri, altri c operti a
cupole. E' notevole un portico con archi su colonne binate lo n g itu d i ­
nalm ente. Decorazioni plastiche impreziosiscono alcuni di quegli edifici.
La strage degli innocenti. Come la cattedra del du om o di Salerno,
il trono di E rode ha il tergale centinato senz'alcun altro motivo a r ­
chitettonico.
Gesù adorato dagli angeli. Dietro al R edentore si erge u n grande
arco con la ghiera ornata in foglie di acanto e fiancheggiato da due
costruzioni a cupole su p ia n ta poligonale.
Gesù a Gerusalemme. Sullo sfondo delle m u ra , che hann o una ric ­
ca cornice e sono do m inate da cupolette su aerei ta m b u ri, si ergono
costruzioni con cupole.
Gesù e la Samaritana. Sullo sfondo è la città di Sichem. Le m ura
sono coronate da u n a ricca cornice e ha n n o u n ’a m p ia classica p orta . Si
osservano edifici con cupola conica, altri con cupole em isferiche. Al
centro è un p òrtale con rozze colonne sorm ontato da balcone con bifora
ogivale : rip ro d u z io n e lib era di a rc h ite ttu re egizie. La vera del pozzo
è ornata con m o d a n a tu re e fogliame.
La resurrezione del figlio della vedova d i Naim. Sul fondo si erge
un portale in q u a d ra to da binati di colonne s o rm o n ta ti da lu n e tta . La
po rta ha b a tte n ti finem en te in ta g lia ti con rosoni e losanghe le quali
sono presenti anche nella lu n e tta : qu est’u ltim a è so rm o nta ta da un a
balconata su ram i scolpiti, sulla q u a le em erge u n p adiglio ne c operto a
cupola. Sullo sfondo si ergono a ltre due costruzioni, di cui un a h a il
ta m b u ro ad a rchetti, su cui insiste u n a fascia a tarsie che fa da base a
u na cu po letta ogivale con costoloni.
La guarigione del paralitico. La Piscina P r o b a tic a è d e lim ita ta da
u n m uro o rlato da u na fascia con dischi, sul quale si erge u n arco su
colonne con ghiera a dente di sega che i n q u a d r a u n p ro tiro c operto a
c upola con un a teoria di losanghe alla base.
La guarigione dell ' idropico e dello storpio. Sulle m u ra di una
città em ergono q u a ttro costruzioni cop erte a cupola, di cui u n a è inse ­
rita in u n arco su colonne.
Gesù dà la vista al cieco nato. Sulla destra è la piscina di Siloe :
l’acqua scaturisce in u n ’edicola con fron to ne tria n g o la re (c io è sim ile a
quello che sorm onta l’antica p o rta di com unicazione con l ’episcopio nel
transetto del duom o di Salerno) sostenuto da g r u p p i di colonnine e con
u n a tran se n n a nel fia n c o ; sullo sfondo si osservano alcuni edifici della
città di Siloe. di cui uno è coperto a cono e a ltri tre a cupola. T u tte le
fa b b ric h e app a io n o qui deco rate con tarsie o specch iatu re.
La sepoltura d i Gesù. Il Santo Sepolcro è costituito da u n sa rc o ­
fago strigilato contenuto in u n a m b ie n te coperto a volte sostenute da
colonne, cioè non dissimile dalla c rip ta del duom o di Salerno.
Le p ie donne al sepolcro di Gesù. La com posizione del Spanto Se ­
polcro è sim ile a quella di m olte chiese che contengono nella c rip ta
la se p oltu ra del confessore e nel transetto, in c o rrispo nd enza, l ’altare
maggiore so rm on tato da ciborio. Il Santo Sepolcro è qu i costituito da
u n sarcofago strigilato so rm on tato da u n a volta ribassata con colonne,
sulla q uale sorge u n te m p ie tto coperto a cupola e d o m in a to da u n ricco
ciborio coronato da u n a c upola sq u a m a ta e col ta m b u ro costituito da
archi su colonne. Anche l’o rig in a ria s e p o ltu ra di G regorio V II nel duo.
m o di Salerno, prescelta da R o berto il G uiscardo, è fo rm a ta da u n s a r ­
cofago classico, ornato con festoni, su cui fu rono scolpite le chiavi d e ­
cussate. La c o p e rtu ra del ciborio sul Santo Sepolcro offre in questo
pa lio tto uno dei pochi esem pi di cupola riv e stita ; ed è verosimile che
la cu po letta del c a m p an ile del duom o di Salerno fosse già originaria , m e n te rivestita in cotto p e r la difesa d a ll’acqua piova n a .
N el L im bo, Gesù libera A da m o ed Èva. La cornice su cui poggiano
i cinque trapassati è ornata con ima fascia a se r p e n tin a ; l'avello da cui
si erge Èva ha il p a ra m e n to in conci sq u a d ra ti di tipo classsico. Le
porte dell Inferno, spezzate da Gesù, sono decorate a losanghe.
L'incredulità di San Tommaso. Il Cenacolo ha p a re ti riccam ente
decorate a tarsie e la cornice finem ente scolpita con girari e fogliami
simili a quelli di m olti p o rta li del tem po. Le finestre e la p o rta h anno
carattere classico. I b a tte n ti sono ornati con farsie e dischi: questi ulti ­
mi si osservano anche nella cattedra del duom o di Salerno. La se rra ­
tura a lucchetto è di un tipo molto com une specialm ente nelle p orte
delle chiese.
L'Ascensione. Il nim bo in cui siede Gesù è ornato di stelle, simili
a rosoni a ruota (le q u a li ric o rd a n o le p a te re stellari nei tim p a n i degli
archi del q u a d rip o rtic o del duom o di Salerno) nella p a rte sup erio re e
in tarsie nella p a rte inferiore. Sotto al nim bo sono noti motivi eu ca ­
ristici : spighe, grap po li e p a m p in i che ricorrono anche in m olti p o r ­
tali rom anici.
N elle a rc h ite ttu re fin qui analizzate, che p u r vi fu rono delineate
a illustrazione dei luoghi delle Sacre Scritture, si rilevano affinità con
m onum enti della C a m p an ia in genere e del Salern itan o in specie, co­
stituendo un q u a d ro approssim ativo d e i r a r e h i te t t u r a ro m anica in q u e l ­
la regione (1).
'
In p a rtic o la re, le c o p e rtu re a cupola di costruzioni affini a cam ­
panili e le due torri coperte con celle c ilin drich e a cupolette che f ia n ­
cheggiano il tem pio nel q ua d ro della P resenfazione d im ostrano la loro
discendenza dal c am p anile del duom o di Salerno, il qu ale — come ho
detto altrove — in un a delle m in ia tu re del poem a di P ie tro da Eboli
già figura coperto a cupola.
Il p a liotto di avorio reca accenti di pa rtico la re interesse locale in
qualche tavoletta, come quella ra ffig u ra n te l’U ltim a Cena, ove l’apo ­
stolo più vicino a Gesù sem bra reggere u n lib ro con la sinistra e p o ­
trebbe essere qu in di san M atteo, il quale, nel qu a d ro della Pentecoste,
siede alla destra di P ie tro ed è in oltre raffigurato in u n a delle form elle
tonde. Alcune a r c h ite ttu re sono simili, come si è già rilevato, a m o ­
n u m e n ti s a le r n ita n i; e qu in di si può rite n e re che il pa liotto sia stato
eseguito p ro p rio in Salerno e che a p p a rte n g a a quel duom o fin dalle
p ro p rie origini, le quali vanno fissate verso la metà del XII secolo. In
particolare, la presenza, in alcune tavolette, di cam panili simili a
(1)
A. S c h i a v o , M onum enti della costa di Am alfi, R izzoli, M ilano, 1941. Libe ­
randosi da superfetazioni altri monumenti m edioevali di Salerno (com e già è acca,
duto per il duomo, castel Terraeena e palazzo Fruscione), probabilm ente maggiori
affinità con essi potranno rilevarsi nelle architetture del paliotto.
quello del du om o, cioè con cella cilind rica su canna p rism a tic a e q u a ­
d ra ngo la re — connubio di m o n u m e n ti c apuani voluto, come dim o strai
altrove, d a ll’arcivescovo Guglielm o da R avenna ( 1) — fa d a ta re q u e l ­
le tavolette p o ste rio rm e n te alm eno al progetto del c a m p a n ile e q u in d i
verso il q uinto decennio del XII secolo. L ’affinità fra le a r c h ite ttu re
del pa liotto e m o n u m e n ti del S a le rn ita n o e l ’assoluta p r io r ità del cam ­
pa n ile della catted rale di Salerno sugli altri consimili con la cella
orig in aria possono ben valere di o rie n ta m e n to nella da taz ion e del fa ­
moso complesso e b urne o di età rom anica. Il quale attesta la cono ­
scenza che i suoi artefici avevano di quei m o n u m e n ti o di altri simili
che non ci sono pervenu ti e tu ttavia da ta b ili non p o s te rio rm e n te a
quegli avori.
Va qui rico rd ato che lo stesso G uglielm o da R avenna nella Catte­
drale s ale rn ita n a rialzò l ’a lta re maggiore, recingendolo di p lu tei m u ­
sivi, i quali, negli anni 1953-4, essendosi d em o lito l ’altare barocco, sono
stati rip o r ta ti, come l’a lta re stesso, nel loro p e rim e tro orig in ario in
conform ità delle tracce trovate sul pavim ento. Si può q u in d i escludere
che gli avori app a rte ne sse ro a u n dossale, dato l’altare basilicale, cioè
col c eleb rante rivolto all’assemblea dei fedeli, e d a ta la presenza della
c attedra arcivescovile in fondo all’abside maggiore, cioè in prossim ità,
quasi a ridosso, delim itare stesso; e si può a nche escludere, p e r il p r e ­
cipuo c a ra tte re d e ll’altare, l ’a p p a rte n e n z a degli avori a u n p alio tto , il
quale non sarebbe stato visibile a causa della vicinanza di quei p lu te i
musivi cui venne conferita la preziosità di m e rle tti p r o p r io p e rc h è
eran o quasi dei p a lio tti distan ziati (2).
P oiché la ricostruzione d e ll’altare a maggior quota fu evid en te ­
mente suggerita da m otivi di v isibilità, dopo la costruzione dei plutei
intorno 'ad esso, sim ili m otivi dovettero affacciarsi anche per la catte ­
dra e si dovè sentire il bisogno di una cattedra m obile, la quale potesse
(1) A. S c h i a v o , 11 cam panile d e l Duomo d i Salerno..., cit., p. 24
(2) Dopo la morte deirarcivescovo G uglielm o da Ravenna, Ruggiero II donò
un paliotto d ’argento del quale Romualdo II Guarna, successore di quel presule,
dà notizia nella sua famosa Cronaca (1153). Tale notizia, mentre sembra confermare
la precedente mancanza di un paliotto prezioso, sembra altresì smentirmi circa la
opportunità di esso in relazione al tipo di altare e al concetto decorativo d e ll ’in sie ­
me realizzato d all ’arcivescovo G uglielm o; ma poiché quel dono fu fatto dal sovrano
(e in tempo di sede vacante giacche trascorsero oltre due anni per la nomina del
nuovo arcivescovo) e non dal presule salernitano, esso è segno di munificenza u à
non di una necessità sentita. Dalla stessa Cronaca si apprende che quel paliotto era
applicato alla faccia anteriore d ell ’altare, cioè quella verso la cattedra absidale, e
pertanto non era visibile dai fedeli cui, invece, erano rivolti i plutei del recinto con
le iscrizioni m etriche che ne ricordano il donatore.
Fig. 1 - La cattedra di Massimiano.
Fig. 3 - La cattedra di S. Pietro
(fot. del 18671.
Fig. 4 - Particolari del palioffo.
Fig. 5 - Particolari del palioNo.
""SS
p*r*
Q ilht’ihtnn tignam i ('bore onutlaiirPintlifiaam '^etri dedem a t/ijon /xu m tir an tu ftw eCvam ukU ltfùpuar tjjU
^Tnincunu de.Albiliu Gmotuau. fltarùttoEmbrica Óreoiioma/ et aJèeretu delweancfam cvravit
Fig. 6 - La cattedra di S. Pietro in un rilievo del 1789 (Basilica Vatica na ).
essere collocata in posizione conveniente, specialm ente in alcune f u n ­
zioni, quali, ad esempio, le ord in azion i sacerdotali. E il ricordo della
famosa cattedra eb u rn e a di Massimiano (1), o rn a m e nto del duom o di
Ravenna, città n atia dell'arcivescovo Guglielm o, dovè forse suggerire
a quel presule l’idea della realizzazione d una simile c attedra. La q u a ­
le, a giudicare dalle forme delle tavolette a p p a r te n e n ti oggi al paliotto.
non doveva avere il postergale c entinato, cioè non doveva avere la
forma della catted ra rav enn ate (figg. 1, 2) ma piutto sto quella della
cattedra di S. Pietro (figg. 3, 6), che ha linee diritte (2). E, p iù ancora,
essa doveva avere affinità con l'analoga su p p e lle ttile che figura nelle
m in ia tu re del Poem a di P ie tro da Eboli, fra cui il trono di T ancredi
( tav. XXVI). quello d ’Enrico VI ( tav. XL) e la p o ltro n a di Matteo
d'A iello (tav. XXXIII) che ha n n o un alto dossale re ttiline o e fiancate
continue che si p rote nd on o in fe rio rm e n te in avanti p e r d e lim ita re la
predella (3). Ma. specialm ente in alcuni pa rtic o lari, il p aliotto di Sa ­
lerno è co m pa ra bile solo alla catted ra di Massimiano, di cui ripete, nei
clipei con le figure isolate degli A postoli, elem en ti simili alla figura
crocifera del postergale e, nei fregi la te ra li, con teorie di cornucopie e
girari racch iu denti anim ali p a m p in i e g rapp oli, i lu nghi fregi verticali
che raggiungono i bracciuoli della sedia raven nate. E, a proposito dei
fregi laterali del palio tto, va osservato c h ’essi sono bene orientati solo
se con le dim ensioni maggiori disposte verticalm en te, perch è soltanto
così — in quello a girari (fig. 4) — gli a nim ali restano in p iedi e —
in quello con le cornucopie (fig. 5) — i ram i sboccianti da esse sono
diretti in alto e l’im m agine di u n a cornucopia che scaturisce d a ll'a ltra
conserva la sua efficacia: questa osservazione co rrob ora l ’ipotesi della
a p p arte n en za di quei fregi a u n a cattedra, giacché non si conoscono
altri m onum enti eburnei con fasce verticali tanto lunghe.
( 1 ) C . C e c c h e l l i . La cattedra di Massimiano ed altri avorii rom ano - orientali,
La Libreria dello Stato, Roma.
(2) Una rara fotografia dell ’antica cattedra eburnea di S. Pietro, eseguita nel
1867 durante l ’eccezionale esposizione di quel cim elio ordinata da Pio IX, è ripro ­
dotta in S. F r a s c h e t t i , Il Bernini, H oep li, M ilano, 1900, contro p. 330. Bnoltre nella
Sala Capitolare di S. Pietro si conservano due disegni ad acquerello, del 1789, di
cui uno dà le sezioni della cattedra e l ’altro una veduta d ’insiem e che qui riproduco
(fig. 4) per cortesia d ell ’ing. Francesco Vacchini. Fattore Generale della Rev.
Fabbrica di S. Pietro.
Le dim ensioni massime della cattedra petriana sono di m. 1.34 (altezza, com preso il timpano) e m. 0.89 (larghezza); il sedile è alto m. 0.78 e profondo m. 0.57.
Un fac -simile della cattedra è nel Museo Petriano.
(3) P i e t r o da E b o l i , L iber ad honorem Augusti, ed. G. B. Siragusa, Istituto
Storico Italiano, Roma. 1906.
L ’esistenza di una sedia ep iscopale diversa da qu ella absidale è
e splicitam ente do c um e nta ta da un a sicura notizia fornitaci dalla più
antica liturgia sa le rn ita n a p e r cui, già alla fine del XII secolo, l’arci ­
vescovo p r im a te , lasciata la ca tte d ra d e ll’abside, dopo aver recitato il
Confiteor e incensato l’altare, non tornava a quella c a tte d ra , ma doveva
recarsi in « Sede R o m ana e p a rte m e rid iei » cioè a u n ’a ltra cattedra
detta Sedes Romana ( 1), la quale sorgeva presso il pilastro m e rid io ­
nale d e ll’arco trionfale, ovvero di fronte all’attuale sedia episcopale.
E si noti che ancora oggi, dopo la liberazio ne e il restauro d e ll’abside
e della p rim itiv a ca tte dra — detta di G regorio V II pe rc h è se ne servì
quel p a p a negli u ltim i tem p i della sua vita conclusasi a Salerno (2 ) —
m olta p erplessità d om ina nella e ven tu ale soppressione del trono b a ­
rocco addossato al pilastro se tte n trio n a le d e ll‘arco trio nfale, temendosi
che i fedeli, a causa del recinto d e ll’altare m aggiore, non possano age ­
vo lm ente seguire la celebrazione dei riti sedente il presule soltanto
sulla p rim itiv a ca tte d ra a bsid a le : si è q u in d i r ip r o d o tta la situazione
del XII secolo, d e te rm in a ta allora dalla munifica ed accorta iniziativa
di G uglielmo da Ravenna.
Corrosa e sgangherata l’ossatura in legno nel corso dei secoli e più
ancora esa utora te n e le funzioni dal v a ria re della litu rgia, la ca tte d ra
e b u rn e a di Salerno fu messa da p a rte , fors’anche p erc h è sfasciata, e
qu in d i de c om p osta : u n inven tario del 1575 elenca i vari g ru p p i delle
sue tavolette sciolte e di quelle già riu n ite da q ualche anno in p a ­
liotto (3).
(1) B a l d u c c i , art. cit., p. 195. N ella descrizione d ell ’antica basilica vaticana,
redatta nel XVI secolo (T. A l f a r a n o , De basilicae vaticanae antiquissim a et nova
structura, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma, 1914), è più volte ricordata la cat.
tedra rom ana: « B e a ti Petri Sedes sive C athedra» (p. 41), «S ed es sive Cathedra
sancti Petri pulcherrima » (p. 141), «C athedra sancti P e tr i» (p. 184); per i vari
spostamenti di quella cattedra, ivi, p. 41, nota 2.
(2 ) Mentre è ben nota la data di morte di Gregorio VII (25 maggio 1085), non
si conosce il giorno del suo arrivo a Salerno per l ’ultim a permanenza in quella città.
Approssimativamente esso si può desumere dagli Annali Beneventani, ove si legge:
« ...Ubi prefatus Gregorius papa post XI mensem sui adventus obiit VITI kalendas
iunii » ( 0 . B e r t o l i n i , Gli Annales beneventani in B u llettin o d e ll ' istitu to Storico Italiano, n. 42, 1923, p. 147). Gregorio VII era dunque a Salerno dal giugno 1084.
(3) A . C a p o n e , Il duom o di Salerro, Salerno, 1927.9; voi. 1^ pp. 390.1. Oltre
alle tavolette im piegate nel paliotto, il duomo di Salerno possedeva m olti altri
ayori, fra cui una cona con episodi del Nuovo Testam ento commissionata d all ’arci­
vescovo P iscicelli e una cassetta lunga due palm i, larga ed alta un palmo e mezzo,
con varie figure scolpite. Gli avori pervenutici, com posti forse per la prima volta in
paliotto nel terzo quarto del XVI secolo, furono ricomposti nel 1730 e quindi ancora
nello scorso secolo, giacché un ’incisione dei primi anni d ell ’Ottocento ne fa conoscere
Se le tavolette fossero o rig in a ria m e n te a p p a r te n u te a u n pa liotto,
cioè a u n ’opera di uso continuo, certa m e nte non si sareb bero sm em ­
b rate con conseguente parziale dispersione. Q uest’u ltim a è attestata
dalla mancanza delle tavolette con episodi f o n d a m e n ta li della B ibbia
( l a Creazione di A dam o, l’A nnunciazione, la D isputa con i D ottori,
eccetera) e di due form elle con figure di apostoli, essendovene solo
dieci, n onché d a ll’esistenza di fra m m e n ti a Salerno e d ’intere tavolette
in musei esteri.
N on conoscendosi l’esatto nu m ero e q u in d i l’intera estensione di
quegli avori, non è o p p o rtu n o form u lare l ’ipotesi sul loro originario
im piego in base all’attu ale superficie complessiva come da taluni si
vorrebbe, cioè non conviene asserire che siano tro p p i p e r u n a ca tte d ra
o p e r u n dossale o p p u re pochi p e r u n paliotto, anche pe rc h è ogni opera
può avere, in lim iti ben distanti, varietà di form e m o n ta tu re o d i ­
mensioni come attestano, ad esem pio, la c a tted ra di S. P ie tro e quella
di M assimiano.
A chi obiettasse che le considerazioni fin qui svolte sugli avori
salernitan i — composti a ttu a lm e n te in paliotto, p e r cui conviene p a r ­
lare di questo p e r indicarli — non sono corro bo rate da u n docum ento
esplicito io rispo nd erei che le notizie sul cam panile del du om o di Sa ­
lerno e la biografia di Guglielm o da R avenna sono storicam ente acqui ­
site, che docu m en tate sono le prove in d irette da me add otte, m e n tre le
opere, tu tto ra esistenti, consentono osservazioni e controlli diretti.
Circa i confronti fra le arc h ite ttu re vere e q uelle delin eate sugli sfondi
delle tavolette, essi non vanno o ltre u na somiglianza generica, non ac ­
centuata dalla identità dei p a rtic o la ri. Ma, dato il c ara tte re delle
tavolette e la conseguente funzione — del tutto accessoria — svoltavi
dagli sfondi, sarebbe vano p re te n d e re dalle a rc h ite ttu re del p aliotto
fedele rispondenza a quelle che circondavano gli artefici di esso. I q u a ­
li hanno com unque provato la conoscenza e q u in d i l ’esistenza di m o ­
numenti d atabili allo stesso torno in cui ricadono le a rc h ite ttu re cui
un ’edizione diversa dall ’attuale. Fra le due ultim e edizioni si nota la scomparsa di
colonnine tortili binate, delle quali si conservano solo due esemplari presso la
tavoletta dell ’Ascensione e della Pentecoste.
In un « Inventarium reliquiarum argenti et pannorum » redatto per ordine del
Fregoso, arcivescovo di Salerno, fra gli anni 1510 - 1, sono ricordati degli avori :
« Icona una de ebore magna » e « una cassetta pulcra et m ediocris m agnitudinisi
de ebore » ; per quell ’inventario ved. : A. R o t o n d o , L ’arcivescovo F ederico Fregoso
nella storia della Diocesi di Salerno e la Santa Visita d e l 1510 -11 in Rassegna sto.
rica salernitana, 1954, pp. 151.80 (per gli avori ricordati, rispettivam ente p. 170,
172).
ho fatto rife rim e n to nell'analisi delle tavolette, giacché c a m p an ili co­
me quelli del tem pio della P re sentazio ne o l'a ltro presso cui si soffer ­
ma Sara e plutei con dischi ra g g ru p p a ti in foggia cosmatesca, allo stato
attu ale degli studi, non possono datarsi che al XII secolo, c o n fe rm a n ­
dosi così p e r altra via la mia datazione del palio tto a quel tem po ( 1).
D 'a ltro n d e , la critica d ’arte, in quasi u n secolo di studi, non è
a n data molto in là delle posizioni iniziali e non h a fo rm u la to sia p u r e
u na sola ipotesi che fosse da tutti r ite n u ta a tte n d ib ile, m e n tre la p a le o ­
grafia dà alle dic itu re che sono incise sulle tavolette uno scarto di al ­
meno tre secoli : dal IX al XII.
P e r ta n to mi sem bra molto verosim ile che le tavolette d e ll’a ttu a le
paliotto e quelle disperse app a rte ne ssero o rig in a ria m e n te a u n a c a tte ­
dra, eseguita p e r commissione dell'arcivescovo G uglielmo da R av enn a
verso la metà del XII secolo in Salerno, da vari artefici (2), sull’esem ­
pio di q uella di M assimiano e d e ll’altra , p u r essa e b u rn e a , di S. P ie tro
da cui trasse il nom e di sedes romana.
Una p rova in d ire tta della presenza in Salerno del pa lio tto d ’avorio
già nel XII secolo è data da alcune m in ia tu re del L iber ad honorem
Augusti di P ie tro da Eboli, com poste negli anni 1195-6, le q u a li, con ­
fro ntate col paliotto, attestano la loro d erivazione da esso.
E il confronto risu lterà più fondato ric o rd an d o che l’a u to re del
poem a, medico e sacerdote, viveva in Salerno e a qu ella c a tte d ra le era
molto legato, come prova un suo lascito alla mensa arcivescovile (3).
(1) Non potendosi datare con certezza il pavimento musivo della chiesa deside riana riapparso dopo la seconda guerra m ondiale (A . P a n t o n i , La basilica d i M o t i .
tecassino e quella d i Salerno ai tem p i d i San Gregorio V II in B enedictina. 1956,
pp. 30.2) e non conoscendosi i plutei d ell ’iconostasi della stessa chiesa descritti dal ­
l ’Ostiense (A . S c h i a v o , M ontecassino e Salerno in A tti d el II convegno nazionale di
storia delV architettura, Assisi 1937, Colombo, Roma, 1939, p. 162), all* stato at.
tuale degli studi il più antico musaico datato di quel tempo e con gruppi di dischi
in pietre pregiate a campo pieno è il pavim ento d ell ’intero transetto del duomo
di Salerno cui G uglielmo da Ravenna uniformò il recinto d ell ’altare maggiore. Si
tenga inoltre presente, nella datazione di quei cam panili, che la sovrapposizione di
di un cilindro a un prisma non è spontanea (spontanea essendo la piramide sul pri.
sma) ma intellettualistica, specialm ente per le difficoltà del raccordo, e quindi
non poteva apparire direttamente su di uno sfondo ma doveva essere desunta da ope.
re viste, come generalmente ogni altro fondale architettonico.
(2) Esorbita dal carattere e dai lim iti di questo mio lavoro la identificazione
delle personalità riflesse dalle varie tavolette del paliotto. In proposito ved.: F. Bo.
l o g n a , O pere d ' arte nel Salernitano dal XII al XVIII secolo, N ap oli, 1955. pp. 14.6.
(3 ) P er quelle miniature ved.: A. S c h i a v o , Il castello d i Terracena in Salernrr
nelle m in iatu re d e l P oem a di P ietro da E boli in E m porium , 1941, pp. 13.8 con 6
figure. Per quel lascito alla mensa arcivescovile, ved.: C . C a r u c c i , C odice D iplo.
m atico Salernitano, Subiaco, 1931, voi. I, p. 133.
i n p a rtic o la re, la tavoletta con la Visita di M aria ad E lisabetta
è slata più volte tenuta presente dal m in iatu rista. La influenza di essa
è evidente nella tav. IV di quelle m in ia tu re ove è r ip ro d o tto l'in te rn o
della C appella Regia di P a le rm o in cui figurano la m p a d e della id e n ­
tica form a di quelle di detta tavoletta e ubicate in modo sim ile ; uguali
lam p a d e si osservano n ella tav. Xi, che rip ro d u c e u n altare delia chiesa
di Ì5. P ie tro in R om a, e nella tav. XLI che raffigu ra gli apostoli P ietro
e Paolo. Di qu ella m edesim a tavoletta è rip r o d o tta la tend a, che figura
in due scene della tav. X V III ove un valletto la raccoglie su di u n lato,
come già l ’ancella della scultura in q u e stio n e ; e la tenda figura pu re
nella tav. XXII, neila quaie inoltre i p o rte lli della finestra cui è affac ­
ciata l'im p e ra tric e h a n n o un disegno di tarsie identico a quello che si
osserva sui m u ri del Cenacolo in una delle tavolette del p a lio tto : an.
che da q uest'u ilim a è d eriv ata l'ide a se non il disegno delia se rra tu ra
dietro l'uscio nella p a r te inferiore della m in ia tu ra . Ma il disegno del
Cenacolo fu tenuto presente specialm ente nella tav. X L III ( Denunzia
della congiura contro Enrico V i) ove i co ngiurati figurano in una specie
di gogna in cui sono esposti e che reca la d ic itu ra : « Isti sunt prodi tores » ; la p arete è sco m p artita in vari c am p i con dischi (c o m e le p o rle
della tavoletta con la Visitazione) e fra di essi corre u n motivo isp i ­
rato da quello che corona il m uro del Cenacolo. Nella tav. XLVII, in
una figura allusiva alla pace assicurata da E nrico VI sono delineate
varie p ian te, le quali — come nelle altre m in ia tu r e del P o e m a — sono
stilizzate non diversam ente da quelle che si osservano nel pa lio tto e
specialm ente nelle tavolette della Creazione delle p ian te , del Lavoro
dei pro gen itori, del Viaggio a B etlem m e e della Fuga in E g itto ; nella
medesim a tavola, ai lati di un a fonte sono due g ru p p i di an im ali c h ia ­
ram en te derivati da quelli delle tavolette in avorio illu stra n ti la C r e a ­
zione degli a nim ali della T e rra e la Creazione degli uccelli e dei pesci:
in particolare il bue, il cervo e i tre uccelli sono stati isp ira ti dal p a ­
liotto (1).
(1)
Quelle tavolette non sono più a Salerno ma aH'estero ; sono però riprodotte
in L. B e c h e r u c c i , Gli avori d i Salerno in Rassegna Storica Salernitana, 1938,
pp. 74 -5.
Al paliotto appartengono dodici form elle in ognuna delle quali è scolpita una
figura a mezzo busto, fra cui san Pietro. Di esse dieci hanno il campo circolare e
raffigurano santi (forse, gli Apostoli), come attestano le aureole; le altre sono ret ­
tangolari e raffigurano due laici oranti, come si rileva dall ’aspetto e come at ­
testa ratteggiam ento delle mani : in essi la Becherucci vorrebbe ravvisare i donatori
dell ’opera, raffigurati in campi quadrati per attestare che si tratta di personaggi
viventi, così come i nimbi quadrati, nelle figurazioni m edioevali, distinguevano i
A chi volesse o biettare che le note com uni alle due opere qui
confro ntate non costituiscono prove della p rio r ità degli avori sulle
m in ia tu re va fatto n o ta re che il p alio tto, p e r i suoi elevati pregi d ’arte
e sovratutto p e r i c a ra tte ri delle sue com posizioni, deve considerarsi
isp ira to re delle m in ia tu re e non ispirato da esse. Resta così acquisito
che negli anni 1195-6 gli avori d e ll’attuale pa lio tto era n o già in S a ­
lerno e resta così fissato u n term in e post quem p e r la loro esatta d a ta ­
zione.
La quale resta tu tta v ia p ro b le m a tic a p e r l’assoluta m ancanza di
opere sim ili sicu ram en te datate.
A
rmando
S chiavo
personaggi ancora in vita. Ma la presenza di una terza figura orante — pur essa con
barba e con tunica — nel quadro dei frammenti del paliotto fa escludere che si
tratti dei donatori d ell ’opera (i quali, d ’altronde, sono raffigurati generalmente in
coppia) e lascia ritenere che ancora altre form elle siano andate smarrite o distrutte.
La Bibbia deH’abafe Raynaldo
e il miniatore del ’300 Cicco de Senis
P a u l G u illaum e, nella Storia della Badia di Cava, attribuisce al-*
l’Abate F ilip p o de H aya (1316 - 31) il m erito di aver fatto trascrivere
e m iniare dal monaco Guido la B ibbia co ntenuta nel Ms. 33 (1).
Sarebbe stato invece m erito del suo im m e d ia to successore, l’Abate G ottardo (1332 - 40), l’aver fatto trascrivere dal P rio re R ayn aldo
u na seconda B ibbia, che nel 1352 fu orn a ta di belle m in ia tu re da
Cicco de Senis. M ala u g u rata m en te , questa Bibbia n on ci sarebbe per-*
venuta, perchè p ro b a b ilm e n te p e rita nel sec. X V III in seguito alla
caduta di una frana sulla biblioteca del M onastero (2).
JNon sem bra che queste asserzioni d e ll’illustre storico della Badia
siano sufficientem ente fondate. Ci pe rm e ttia m o , perciò, di dare ai
testi ad d o tti dal G uillaum e una diversa in te rp re ta zio n e , dopo u n m i ­
nuto esame del Ms. 33.
E sam iniam o le singole afferm azioni del G uilla um e n e ll’o rdine
sopra esposto :
F ilipp o De Haya avrebbe fatto trascrivere e miniare dal m o ­
1.
naco Guido il Ms. 33.
Q uest’asserzione è fo nd ata dal G uillaum e sullo stem m a d ell’Abate de H aya m iniato ben 84 volte sulle pagine del Ms. 33 e sui due
esametri, letti da lui p e r la p rim a volta alla fine d e ll’Apocalisse sul
retro del f. 484 :
(1) G u i l l a u m e , Essai H istorique sur VAbbaye de Cava ( C a v a dei Tirreni, 1877),
p. 190 -91. C f r . M o r c a l d i , Synopsis Cod. D ipi. Cav., p. XVII e XXIII e M a t t e i C e r a ,
s o l i , Codices Cav., p. 60 e seg.
(2) G u i l l a u m e , Essai H ist., p. 195, 203 -204 e note. Cfr. M o r c a l d i , Synopsis
C.D.C., p. XVII e XXIM.
finito libro sit laus et gloria cliristo
qui me scribebat hic guido nom en ha b e b a t.
N onostante le a p p a re n z e , la forza di questi arg om enti p rova con
certezza u n a cosa sola; e, cioè, che lo scrittore del Ms. 33 si c hiam ava
G uido. N on è certo nè che fosse monaco nè che abbia m in ia to il co ­
dice da lui scritto.
Che G uido fosse m onaco lo supposero il G u illa u m e e 1‘A bate
M orcaldi ( 1), ina non lo provano . Se si pensa che d u r a n te il governo
d e ll’Abate M aynerio (1340 - 66), im m e d ia to successore d e ll’A bate G o t ­
tardo, saranno al servizio d e ll’A bate Cavense alcuni m aestri toscani
che trascriveranno, m in ie ra n n o e le g h e ra n n o i codici della B adia (2),
il du bb io sulla condizione m onacale di G uido p r e n d e ancora m aggior
consistenza.
Che poi G uido abbia m iniato il codice da lui scritto non lo si
può ra gionevolm ente d e d u rre dalle sue p a ro le : « qui me scribebat... ».
Scrivere non è lo stesso che m iniare.
Ma la sorpresa m aggiore è costituita dal fatto che, n onostante la
presenza degli 84 stem m i sulle pagine del codice, non si può senza
altro a ttr ib u ir e a ll’Abate De H aya il m erito di aver fatto trascrivere
e m in ia re il Ms. 33.
E ’ stato in fa tti n otato anche da a ltri che lo stem m a del De H aya
è stato aggiunto in u n secondo tem po (3). A prova di ciò b astereb be
il fatto che spesso gli stem m i si sorvappongono alle m in ia tu re . L ’in ­
sistenza poi con cui la m alde stra m ano ha inserito lo stem m a, d e tu r ­
p a n d o tu tte le p iù belle pagine del m anoscritto, h a u n sapore p o le ­
mico tale da destare sospetti sulla fondatezza d e ll’a ttribu zio ne.
2.
U A ba te Gottardo avrebbe fatto trascrivere d a l Priore Raynaldo
una seconda B ibb ia ora perduta.
Che sia esistita u na Bibbia « que fuit q u o n d a m fra tris R a y n ald i »
è fuori discussione. Le p arole del Regestrum di M aynerio sono chiare
(4). Quello che invece non è chiaro è che il m ecen ate e lo scrittore
(1) M o r c a l d i , Synopsis C.D.C. p . XVII e XXIII.
(2) Reg. A b. M aynerii II, (ms.) f. 39, 56, 57, 58, 60, 62, 109. C f r . G u i l l a u m e ,
p . 195 n o t a 4 e p . 204 n o t a 1.
(3) M a t t e i C e r a s o l i , Codices Cav., p . 65 ; M ostra Storica N azionale della M i.
niatura, C a t a l o g o p . 131 n . 183.
(4) Reg. A b. M aynerii, II, f. 60 e f . 58. C f r . G u i l l a u m e , Essai H ist., p . 195 n o t a
4 e p . 204 n o t a 1.
di questa seconda Bibbia siano rispettiv am ente 1 A bate G ottardo e il
P rio re R aynaldo.
E ’ difficile e n tra re nella testa altru i e indov in are con sicurezza
i pensieri reco nd iti, ma, tenendo conto della docum entazion e su cui
il G uillau m e lia fondato le sue asserzioni, se non and iam o e rra ti, egli
ha ragionato così:
N el 1352 troviam o la notizia che fu m iniata da Cicco de Senis
un a B ibbia « que fuit q u o n d a m fratris R ayn aldi », e che qu in d i
è da distinguersi dalla B ib bia d e ll’A bate De H aya, il Ms. 33.
Chi sarà m ai questo R ayn aldo? Sarà certam en te il P r io r e R a y n a l ­
do, « f r a t e r R aynald us », di cui si ha notizia in u n d ocum ento del
1327 (1 ) sotto il governo d ell'A b ate De Haya. Ma l ’A bate De Haya
aveva già fatta trascrivere u n ’altra Bibbia (2). Due B ibbie fatte tr a ­
scrivere dallo stesso A bate sono tro p p e. Quindi è da s u p p o rre che
F ra Raynaldo sia vissuto anche sotto il governo del successore dello
Abate De H aya e che da lui, cioè d a lì’A bate G ottardo, F r a Raynaldo
abbia ricevuto l’ordine di trascrivere la b ib bia in questione.
Questo ragionam ento fa p arecchie grinze.
Che il P rio re R aynaldo vivesse ancora sotto il governo d e ll’Abate G ottardo è possibile, ma non è provato.
Ma è p ro p rio necessario che il F ra R aynald o a cui è a ttrib u ita la
Bibbia m in ia ta da Cicco de Senis sia p ro p rio il P r io r e R aynaldo del
documento del 1327?
Qui ci verrebbe la voglia di rispo nd ere si e no. Ma p e r non e sp o r ­
re d isord in atam ente le nostre conclusioni, risp o n d e re m o semplice m ente no.
N on è necessario che il fra R ay naldo , a cui è a ttr ib u ita la B ib ­
bia, sia il P rio re R aynaldo, p e rc h è u n a tre n tin a di anni p rim a del
documento del 1327 e ra stato al governo della Badia l ’A bate R a y n a l ­
do (1295-1300) (3).
O ra, dovendo scegliere tra i due, cioè tra il P r io r e scrittore e lo
A bate mecenate, è fuori dub bio che è da prefe rirsi l’Abate.
Se infatti il P rio r e R ayn aldo p e r ordine del suo A bate avesse
trascritta la intera B ibbia, non si sarebbe detto che la B ib bia stessa
« fuit quondam fratris R ay naldi », m a «fuit q u o n d a m fratris G u tta rd i» .
A fra R aynaldo non sarebbe toccato che scrivere alla fine del codice,
con m inore eleganza del suo supposto collega G uido : « qui me scri-
( 1 ) A bb. Cav. E pistolae, m s . 7 2 f. 7 6 retro. Cfr.
nota 2.
(2) Cfr. sopra pag. 87.
(3) G u i l l a u m e , Essai, H ist., p. 181.86.
G
u il l a u m e
,
Essai, p.
194
bebat hic R aynaid us no m e n h a b e b a t ». l i libro insom m a è del com ­
m itte n te , no n dello scrip to r.
N è si pensi che u n A bate reverendissim o no n sarebbe stato in d i ­
cato col nom e di fratello, p e rc h è a d im o stra re il co ntrario c è p ro p rio
il sigillo d e ir A b a t e R ay n a ld o , p u b b lic a to dal G u illa u m e , su cui è
d etto : « Ì5(igiilum) F r a tr is R a y n a ld i A b batis Cavensis » (1).
A conclusione di tutto quello che abb iam o detto, possiam o ora
fissare i seguenti p u n ti :
a) 11 Ms. 33 fu scritto da Guido, ma n o n è d im o stra to nè che
sia stato m in ia to da lui, nè che sia dovuto al m ecenatism o deH’Abale
De Haya.
b) La B ibbia « que fuit q u o n d a m f ra tris R a y n a ld i » fu miniata
da Cicco de Senis e, m olto p r o b a b ilm e n te , è d ovu ta al mecenatismo
d e W A b a te Raynaldo, ma n on sa pp ia m o da chi fu scritta.
E, con quesle conclusioni term ina il nostro lavoro di dem olizione
con cui abb iam o e lim in a ti tu tti gii e le m e n ti che si o pp onevano a una
diversa in terp re ta zio n e delle fonti.
Ecco ora la nostra o p in io n e:
La B ib bia dell A bate De H ay a non è m ai esistita, e q u e lla scritta
da G uido ( i l Ms. 33) non è altro che la B ib bia d e ll’A bate R ayn ald o
che si credeva p e rd u ta .
Questa m agnifica o pera d 'a r te sarebbe così: scritta da Guido (2)
p e r ordine dell A b a te Raynaldo (1295 - 1300) ( 3) e miniata da Cicco
de Senis nel 1352 (4).
E c h ia ro che nessuna delle notizie sicure che possediam o si o p ­
pone a questa opinione. P erc h è , come a b biam o già visto sop ra, delta
supposta B ib bia del De H ay a conosciamo con sicurezza solo lo scrit ­
tore e di q uella di R aynaldo conosciamo parecch ie cose m a ignoriamo
p r o p rio lo scrittore.
T u tta v ia , noi non ci sarem m o permessi di d a re alle fonti questa
in te rp re ta zio n e , se non avessimo avuto a disposizione a ltri due argo ­
m en ti che rendo no la nostra o pinion e m olto p iù p ro b a b ile .
Il
p rim o è che, dato l ’en o rm e lavoro e la spesa occorrenti per
la trascrizione d e ll’in tera B ibbia, due bibbie ci se m bra no tr o p p e , non
(1) G u i l l a u m e , Essai, p. 10 tav. II.
(2) «qui m e scribebat hic guido nom en habebat » (Ms. 33, f. 484).
(3) « Item soluti sunt prò subiectis rebus em ptis et positis prò m iniatione hi.
blie que fu it quondam fratris R aynaldi... tareni novem » (R eg. A b. M ynerii II, f. 60
a. 1352).
(4) « Soluti sunt Cicco de Senis, m iniatori m inianti bibliam que fuit quondam
fratris Raynaldi, tareni 18 » (Reg. Ab. Mayn. II, f. 57).
soltanto d u ran te il governo dello stesso A bate, ma anche nel periodo
di 24 anni che intercorre fra re ie zio n e d e ll'A b a te De H aya e la m o r ­
te dell’Abate G ottardo.
Il
secondo argomento ci sem bra ancora più forte. T ra le cose che
sappiamo della Bibbia di R aynaldo (q u e lla che sareb be a n d a ta p e r ­
duta) c’è che nel 1352, dopo essere stata m in ia ta da Cicco de Senis,
fu legata in due volumi da Mastro Nunzio (1).
E bb ene, il Ms. 33 ( l a supposta Bibbia del De H aya) m olto o p p o r ­
tu nam ente fu composta dal suo scrittore G uido in due distinti volumi.
P e r convincersi di ciò basta un semplice esame. T u tto il Ms. 33
è composto di 52 q u in te rn i di cui i p rim i 22 sono p e rfe tta m e n te re ­
golari, sono cioè com posti di 10 fogli (2 0 pagine). Il 23° q u inte rno
ijivece 'è irrego lare essendo form ato di 8 fogli. Alla fine di questo
23° q uinterno sono rip o r ta ti due prolog hi di S. G iro lam o al libro dei
salmi. Poi la scrittura si in te rro m p e , lasciando in bianco quasi tutta
l ’u ltim a p a g in a ; caso unico in tutto il codice. Il libro dei salmi co ­
m incia sul q u in te rn o seguente, d an do così inizio al secondo volume.
Ci sono due difficoltà. La p rim a è che, alla fine del 23° q u in te r ­
no, c’è il solito richiam o della p rim a pa ro la del q u in te rn o seguente.
T ale richiam o, sicuram ente originale, non d ovrebbe esserci, qu alora
il codice fosse stato composto in due distinti volumi. Senonchè, noi
troviam o in questo partic o la re così m inu to una conferm a della nostra
opinione. Risulta in fatti dal Regestrum di M aynerio che la B ibbia di
Raynaldo nel 1352 fu legata in due volumi, ma che prec e d e n tem e n te
era stata legata in un sol volume. F u certam en te in vista di questa
p rim a legatu ra in u n sol volume che G uido non omise il richiam o. Ma
q ua n d o nel 1352 si volle legare il codice in due volum i distinti, non
si trovò nessuna difficoltà, p e rc h è tale divisione era stata prevista
dallo scrittore.
La seconda difficoltà consiste nel fatto che i due volum i sare b ­
bero notevolm ente ineguali, e cioè: il p rim o di 228 fogli e il secondo
di f. 292 (2). Ma anche questa difficoltà è su p e ra ta dal fatto che alla
fine del codice, quale ora si presen ta, c’è u n a p pe nd ic e di 35 fogli
contenente l’in te rp re ta zio n e dei nom i ebraici.
(1) « Item soluti sunt... prò m iniatione biblie que fuit quondam fratris Raynaldi,
ligate in duobus volum inibus, que alias ligata extitit in uno volum ine, tareni 9 ( R eg.
Ab. M aynerii II, f. 60).
a Soluti sunt magistro Nuncio, ligatori librorum prò ligatura biblie que fuit quon.
dam fratris Raynaldi, tareni 6 (R eg. Mayn. II f. 58 a t.).
(2) N el calcolare il numero dei fogli abbiamo tenuto conto del f. 382 bis.
Q u e st'a pp e nd ic e c e rta m e n te u n a volta si trovava all’inizio, p e r ­
chè la sua p r im a pagina ha le m in ia tu r e piuttosto danneggiate, e i
due esam etri di G uido si trovano, non alla fine d e ll’a pp e nd ic e ma,
come abbiam o già detto, alla fine d e ll’Apocalisse, cioè su quella che
una volta poneva fine al codice: « finito libro... ».
Se ora aggiungiam o 35 a 228 avrem o i 263 fogli del I volume,
e so ttra en d o 35 da 292 avrem o i 257 fogli del II volum e. La diffe ­
renza di sei fogli non conta.
A conferm a d u n q u e della id en tità fra la supposta B ibbia dello
A bate De H ay a e la Bibbia di R ayn aldo c’è la divisione del Ms. 33
in due distinti volum i.
Ma, e p e rch è l’inesperto m in iatu rista avrebbe im pressi gli ste m ­
mi del De H aya sulle belle pagine della B ibb ia d e ll’A bate R a y n a ld o ?
Lo avrebbe fatto p e r ignoranza, p e r tendenziosità o p e r cancellare la
m e m oria di u n Abate che, come vedrem o subito, fu accusato e con ­
d an n a to p e r « e n o rm i eccessi »?
Confessiamo c a n d id a m e n te di non avere fantasia sufficiente p e r
im m a g in a rlo e ci rim e ttiam o v olentieri a ll’acum e di chi vorrà p r o ­
varsi a svelare questo m istero.
C’è però u n a questione rim asta sospesa, che possiamo ora c h ia ­
rire e, cioè, l ’eventuale relazione fra la B ibbia d e ll’A bate R aynaldo
e il P rio re R aynaldo.
Questa relazione è possibile, in qu an to l’A bate R aynald o (1295 1300) p o tre b b e benissimo essere la stessa persona che nel docu m ento
del 1327 a p p a r e in q ualità di P rio re R aynaldo.
S a p p iam o già che a succedere al B. Leone II sul seggio abbaziale
di Cava nel 1295 fu eletto dalla C o m u nità M onastica il P r io r e R a y n a l ­
do, che da quel m om ento fu l’A bate R ayn ald o (1).
Il
suo governo però fu assai sfortunato. La g u e rra devastava le
p iù belle terre della Badia ed egli, im p o te n te a d ifend erle, nel 1299
credette o p p o rtu n o cederne il governo te m p o ra le a G iovanni di Monforte, Conte di Squillace e di M onte Caveoso e G ra n C iam b ellan o del
Re di N a poli Carlo II ( 2). Sem bra che a questo si rid ucano gli
« en o rm i eccessi » p e r cui lo sfortu nato A bbate fu costretto dal P a p a
Bonifacio V i l i a rin u n ziare alla sua carica.
O ra, p o tre bb e darsi che, dopo la rin u n z ia al seggio abbaziale.
R aynaldo sia stato re in te g ra to nella sua qu alità di P r io r e claustrale
( 1 ) G u i l l a u m e , E s s a i l l i s t . , p . 181 - 186 .
(2) Arch. Cav. Arca LXI n. 46 Cfr.
G
u il l a u m e
p. 185
e
nota 2.
e che vivesse ancora nel 1327 du ra n te il governo dell’Abate De
Haya ( 1).
Ma, e le m in ia tu re del Ms. 33 sono p ro p rio di Cicco de Seni??
Tutte? (2). E chi è questo Cicco de Senis?
Anche per la soluzione di questi quesiti, ci rim e ttia m o volentieri
alla pre pa ra zion e specifica di persone com p eten ti, nella speranza di
veder con ferm ata la nostra opinione e ascritto tra i buoni m iniatu risti
del ’300 Mastro Cicco de Senis.
d.
Simeone
L eone
o.
s
.
B.
(1) Abb. Caven. Epistolae. Ms. 72 f. 76; Cfr. G u i l l a u m e , Essai, p. 194 nottr 2.
(2) Cfr. Mostra Storica Nazionale d ella M iniatura, Catalogo, p. 131 n. 183'.
Note su sicuni monumenfi medievali
di Tegieno
P r o te tta alle spalle dai m onti che dividono la valle del T anagro
dal Cilento, cui a prono la via ard u i valichi dai fianch i a m m a n ta ti di
boschi, la c itta d in a di Tegiano d a ll'a lto di un o spero ne roccioso vi ­
gila qualcu no di quei valichi, g u a rd a i b orgh i fio renti che p u n te g ­
giano le pend ici delle altre m o ntagn e che le stanno di fron te e sui
lati, do m in a la valle che le si spiega in nanzi in tu tta la sua am piezza.
Da questa p ia n u r a quasi p e r u n m iracolo allargantesi nella regione
m ontuosa, e che p rim a della fe rtilità m o d e rn a , dovuta alle bonifiche,
era, p e r i to rre n ti che p re c ip ita v a n o dai m on ti intorn o, u n vasto ac­
q u itrin o , ricco solam ente di pascoli, Tegiano trasse sem pre le sue r a ­
gioni ed i suoi mezzi di vita. La difesa degli u n i e delle a ltre po rtò
a scegliere la d o m in a n te posizione del castello, poi borgo, che nelle
età passate fece anche suo il com pito di ergersi a p ro te ttric e della
im p o rta n tissim a via di transito, di com m erci ed idee, costituita dalla
valle del T an a g ro che m etteva in com unicazione le spiagge dello
Jonio con quelle del T irre n o , nonché le regioni in te rn e sugli attuali
confini di C alab ria, B asilicata e C am p a n ia .
Questa sua funzione di vedetta e gu a rd ia su u n a via in ogni te m ­
po in tensam ente trafficata, l ’im p o rta n z a che da essa le derivava e le
suggestioni che ne subiva, oltre la floridezza che le veniva d a ll’a tti ­
vità dei suoi a b itan ti, resero Tegiano m u n ita di o p e re m ilita ri e ricca
di cose d ’arte delle q uali amò circondarsi in u n ’atm osfera di cu ltu ra
tend en te a donare alla te rra u n alone di n o b iltà che non trova r i ­
scontro nelle altre citta d in e della valle del T a n ag ro , detta c o m u n e ­
m en te di Diano p ro p rio d a ll ’antica denom inazione di T egiano. la
q uale anche in questo e p e r questo dim ostra il prestigio che ha go ­
duto nel passato. E u n balzo nei secoli trascorsi è stata a p p u n to un a
fuggitiva visita c o m piuta n ella raccolta c itta d in a -— cui si accede ancora
oggi come ad u n ’arce — nella cara com p agn ia del dott. V e n tu rin o P a n e ­
bianco, intelligente ed entusiasta direttore dei Musei Pro vinciali di
Salerno, al quale questi a p p u n ti sono dedicati.
Il
borgo austero ancora in parte rinse rra to in una cin tu ra difen ­
siva, di cui rim angono bran delli delle m u ra , qu alch e p o rta e qualche
torre cilindrica coronata di caditoie, che faceva capo al castello sanseverinesco a cinque to rri della fine del Duecento, ma rim aneggiato nel
Seicento, conserva un notevole complesso di avanzi arch itetto nici e
sculture d e ll’età classica, che attestano, mi pa re , da p a rte loro l’esi ­
stenza nello stesso luogo di un centro rom an o, e di notevolissime chie ­
se rallegrate da tavole e tele d ip in te ed affreschi rinascim entali e
post - rinascim entali, nonché di creazioni della plastica medievale. L a ­
sciando da p arte quanto si riferisce all'a rte antica, alla p ittu ra nelle
sue varie espressioni ed aH’a rc h ite ttu ra più recente, queste note si
a p p u n ta n o soltanto su taluni aspetti e prob lem i d e ll’arte medioevale,
quale a p p a re nella cittad in a.
Un angolo assai notevole della p a rte m edioevale d ell’a bitato è
dato dal complesso che si svolge in to rn o e sopra il largo a p e rto in ­
nanzi alla chiesa della SS. A n nun ziata. Ivi a p p u n to u n tra tto del m uro
di cinta medioevale, form ato di grossi ed irrego lari blocchi di pietra,
che h a n n o fatto a d d irittu r a pensare ad u n a difesa p re ro m a n a , è forato
da u na porta civica ed è sovrastato da un avanzo di chiesetta. Questa,
che mostra u n a povera e piccola abside sem icilindrica, tu tta sbrecciata
e rosa, e che rie n tra nel tipo consueto delle m inuscole costruzioni sa ­
cre bizantine e bizantin egg ianti, sparse in gran n u m e ro nei borghi e
nelle cam pagne del m eridion e d ’Ita lia dal m ovim ento m onastico basi ­
va n o che si espanse anche nella valle di Diano, è identificab ile con
la chiesetta dello Spirito Santo che d alle fonti viene ub icata presso
la SS. A nnunziata. La quale, a sua volta, dalla trad izio ne veniva si­
tuata nelle im m e dia te adiacenze della casa e d e ll’o ra to rio di S. Cono,
nativo di Tegiano. che fu agli inizi del secolo dodicesimo monaco he nedettino a S. M aria di Cadossa nei pressi di Montesano. C om unque
si vogliano accogliere tali notizie trad izio nali, è però certo che la
chiesa della SS. A nnunziata, al fianco d ell’odierna u nica navata, con ­
serva un derelitto vano in cui a p p a re affrescata xma offuscata im m a ­
gine di S. Cono della fine del Cinquecento. V ano che nella p a rte a n te ­
riore è ancora riconoscibile come una navatella, poiché conserva un
breve colonnato form ato di bassi e tozzi fusti sorm on tati da la rg h i e
schiacciati capitelli, intagliati a fogliam e stilizzato di gusto rom anico,
su cui posano tre rozzi archi quasi parabolici.
La chiesa della SS. A n nu nziata m ostra un a n u d a facciata p rece ­
duta da un portico con arcate a tutto sesto, rette da alte colonne. N on
credo sia un puro caso che questo p a rtito icnografico si riscontri a
T egiano anche nelle altre chiese di S. P ie tro , S. M a rtin o , S. Michele
e della Pie tà, a p p a rte n e n ti a gusti ed età diverse. Si d ire b b e , infatti,
che ogni età abbia accettato il tem a, m o d u la n d o lo in u n a m a n iera
dive rsa : p e r modo che nel S. P ie tro la breve scalinata accede soltanto
al centrale dei suoi svelti archi svettanti su ca p ite lli infogliati tre c e n ­
teschi, m e n tre differente si pre se n ta il p o rtic h e tto in S. M ichele ed
in m a n ie ra ancora differente nella chiesa di S. M a rtin o e del convento
della Pie tà , i q uali come la SS. A n nun z ia ta allarg an o l’am p ia e so ­
lenne scalinata p e r tu tta la fronte.
Sotto l’am pio portico della P ie tà a colonne lisce con capitelli
dorici rinascim entali, sim ili a quelli del p ortic a to di S. M a rtin o , ac ­
canto alFingresso della chiesa si apre quello di accesso al convento
francescano. Q uest’ultim o accesso im m e tte in u n prezioso chiostro, in
cui la picidi locali h an n o fatto nel T recento sfoggio di tu tta la loro
c ultu ra, passando in rassegna il re p e rto rio rom an ico e p a r te del go­
tico nelle colonnine lisce o intagliate a d e n ti di sega o a tortiglio ni
e nei capitelli a fogliame v a ria m e n te atteggiato, che talvolta è simile
a quello dei c a pitelli p iù an tich i a d o p e ra ti n ella Certosa di P a d u la .
Il p rim o ingresso p o rta invece in u n severo am b ie n te del tutto f r a n ­
cescano, sia n e ll’abside q u a d ra ta se p a ra ta da u n alto arco trionfale a
sesto acuto dalla navata, sia in questa divisa da pesanti e brevi colon ­
ne da u na navatella, la qu ale non h a nulla a che fare con l’analoga
p a rte no tata nella chiesa della SS. A nnu nziata, m a rip e te , come altre
chiese francescane, u n a tipica icnografia p rim a m e n te usata n e ll’U m ­
bria dai Francescani e dai Serviti.
Di derivazione del tutto diversa — a n che se ta lo ra , in p ro p o rz io n i
rid otte, si riscontra in talu n e costruzioni d e ll’O rd in e francescano —
è l’am pio portico che a p p a re in questa e nelle a ltre chiese già ric o r ­
date, poiché questa volta lo schem a è da rite n e re di o rigine b e n e d e t ­
tina. Esso venne applicato infatti nella chiesa di M ontecassino e re tta
d a ll’a bate Desiderio, da cui fu trasmesso a num erosissim e chiese b e ­
nedettin e, nonché a varie altre costruzioni sacre d ella C a m p a n ia ; ed
è da credere che tra m ite la B ad ia di Cava, che ta n ta in flu enza eser ­
citò nel m edioevo nei territo ri sugli o dierni confini calabro - lucani, il
m odello giunse ben presto anche a Tegiano. N e ll’icnografia cassinense
il porticato era posto innanzi ad u n a facciata a c a p a n n a ; si che u n a
posizione differente, in ra p p o r to a ll’o rie n ta m e n to d ella chiesa, p r e ­
senta l’om broso p o rtic h etto a ll’ingresso di S. M ichele sito nella p a rte
p iù a lta d e ll’abitato e la cui costruzione a p p a rtie n e p e r lo m eno a
due diversi periodi.
I n S. M ichele la p o rta di accesso è a p e r ta sul lato lungo di p o ­
n en te della parte s u p e rio re e p iù recente : il che significa che in que -
T EG IA N O - Chiesa dello Spirito Sento, abside.
T E G IA N O - Chiesa della SS. Annunziata, navatina.
T EG IA N O - Convento della Pietà, chiostro.
T E G IA N O - Chiesa di S. Michele, capifello della cripta.
T E G IA N O - Casa Matina-Bruno, rilievi.
TEGIANO - Cattedrale, portale laterale, mensola.
TEGIANO - Cattedrale, ambone, capitello.
TEGIANO - Cattedrale, sepolcro Malavolte
sto caso il portico è stato m a n te n u to in te n z io n a lm e n te, e soltanto co ­
me u n ricordo di quello che all’origine a p p a riv a nelle chiese b e n e ­
dettine e nelle altre da esse derivate. La chiesa è in tito la ta a ll’Arcan gelo, venerato come capo delle a rm a te celesti dai B izantin i e dai
L ongobardi, ma penso che nel suo p rim itiv o im p ia n to è d a rife rire a
questi u ltim i, sia p e r la stessa sua posizione d o m in a n te , che sem bra
co n tra p p o rsi aH’om onim o santuario alpestre sito so pra Sala Consilina
cui attribuisco u gu ale origine, nel m e n tre sono b iz a n tin e e basiliane
le chiese di S. Angelo n e ll’agro della stessa Sala e di S. Michele delle
G rottelle presso P a d u la , sia p e r il c a ra tte re delle m em o rie altome dioevali che ostenta. Aderiscono in fatti alle q u alità della plastica oc­
cidentale i q u a ttro rozzi e duri rilievi, colmi però di efficace e spres ­
sione, con i simboli degli Evangelisti m u r a ti in epoca posteriore a
tergo d e ll’altare maggiore dove a ttu a lm e n te si trovano. D ’a ltra p a rte ,
la possente altissima abside sem icircolare d o m in a u n vasto tr a tto di
paese intorno ; m a oltre che p e r questo, assume quasi l ’aspetto di u na
torre anche p e r le finestrine a ferito ia a p e rte nella p a r te inferiore ad
illu m in a re u n a piccola c rip ta , che è la p a r te p iù notevole e la sola orig in a ria della costruzione. N on soltanto p e r le volte che la ricoprono,
qu an to p e r il colonnato di sostegno con capitelli differenti l’uno d a l ­
l’altro in u n gustoso cam p io n a rio . A ppariscono così nella fievole luce,
nella q uale le form e se m b ra n o ondeggiare, stilizzate ricreazion i alto medioevali delle volute ioniche, scomposti intagli fogliacei e figure
bestiali che costituiscono la nota p iù suggestiva. Sim ili a sagome r i t a ­
gliate nel velluto e rip o r ta te su u n altro tessuto, l ’im m ag in e ap p a re
più ch ia ra a chi osservi i fondi lisci o con decorazioni di intrecci vi ­
m inei incisi, le form e bovine si stendono a p p ia ttite sulle facce dei
capitelli cubici, m e n tre m ostru osam ente quelle feline, e sp rim e n ti una
contenuta en ergia, sporgono u n a testa unica p e r d u e corpi a sottolineare gli spigoli.
T em i m edioevali a ltrim e n ti i n te r p r e ta ti svolgono anch e i rilievi
incastrati sulla facciata d ella casa M atin a - B ru no . Si tr a tta di vari
fram m enti, già facenti p a rte di u n g ra n d e p o rta le con le r a p p r e s e n ­
tazioni dei Mesi, che dovevano ric o rd a re all’im m em o re il flu ire in in ­
terrotto del tem po e, in u n a società essenzialm ente agricola, la n e ­
cessità del lavoro dei cam pi. N ello stato in cui sono rid o tti, privi cioè
di u n seguito logico d a ll’uno all’altro, i rilievi n o n sono tu tti di age ­
vole le ttu r a : alcuni p e r essere tro p p o m a la n d a ti e guasti, altri p e r
distaccarsi dalla iconografia consueta in questo genere di r a p p r e s e n ­
tazioni. T u tta v ia è possibile c o m p re n d e re come il cavaliere in u n
paese fiorito ra p p re se n ti M aggio; i due u o m in i con cesti ricolm i di
uva, di cui uno ne m angia, S e tte m b re ; quello che sem b ra in atto di
raccogliere qualcosa, forse legna, G e n n a io ; l’individu o con il coltello
in m ano, forse occupato a p o ta re — si noti che questo rilievo è stato
m u ra to nel senso della larghezza — F eb b ra io . R im angono senza sp ie ­
gazione il rilievo che raffigu ra un uomo con u n m astello sulle spalle
ed u n p a n ie re nella destra, che po tre b b e forse riferirsi alla raccolta
della f r u tt a ; l’altro in cui cam peggia un a anfora tanto g ra n d e come
la persona che la p o rta , nonché il robusto a n im a le accosciato, che po ­
trebbe però essere stato posto sotto u na delle basi del portale.
A p a rte il co ntenuto non fre q ue n te n e ll’Ita lia m e rid io n a le , l’in ­
teresse di questi f ra m m e n ti è dato dal modo in cui è ra p p r e s e n ta ta la
form a sia u m an a che bestiale. Salda e po tente, questa è p iù re a listi ­
cam ente c o n d o tta ; esprim en te l’a ltra possanza fisica e rudezza nel
ventre gonfio e nelle m e m b ra tozze e raccolte quasi ad esaltare il sen ­
so del m o dellato, come nella p rim itiv a arte ro m anica, ma r ic h ia m a n te
d ’altro lato nei grandi occhi tagliati sulle te m p ie e nel naso p u n tu to
fisionomie uguali sem pre tra loro e vicine a quelle usate dagli scultori
jonici d e ll’arcaismo greco. Non è d ubbio che tali u ltim e c a r a tte ri ­
stiche siano do v u te soltanto alla in capacità dei la p ic id i che bisogna
p ensare del luogo e per j quali non è possibile sta b ilire l ’epoca in cui
op era ro n o p e r la stessa loro p rim itiv ità . E ’ da n otare, tu ttav ia, lo
sforzo con cui essi,, consapevoli p e r conoscenza p r o p r ia o p e r scienza
a ltru i dei cieli iconografici ro m anici, han n o voluto cim entarsi t i m i d a ­
m ente, m a con pienezza in teriore, a d a re u n loro co n trib u to alla mo n u m e n ta lità tegianese, prov enien te da ta n te fonti.
Da queste espressioni prim itive è brusco il salto alle esperienze
evolute e consapevoli, che troviam o nella C a tte d ra le .
La fine del
Duecento e la p r im a metà del secolo seguente sono cara tte riz z a te a
T egiano da u n g rande rigoglio costruttivo, anche se tu tti o quasi i
m o n u m e n ti di questo tem po siano stati rim a ne gg ia ti, e taluno p iù di
u n a volta. Così p e r la C atted rale, nella quale sa p p iam o che in to r ­
no al 1279 ha la vorato l ’a rc hite tto e scultore M elch io rre, nativo
di M o n ta lb a n o e chierico della chiesa di Anglona, che ha p o rtato a
T egiano qualche im p ro n ta d e ll’arte ro m anica di P u g lia , dove il m a e ­
stro ha lavorato p e r q ua lch e tem p o accanto alle m ae stran z e apule
nella g ra n d e rip re sa frid eric ia n a. Nel p o rta le m aggiore della c atte ­
d rale tegianese app arisco no infatti le sagome di q uelli delle chiese di
C a p itan a ta , im p ostati con stipiti, arc h itra v e, lu n e tta ed arco di sca­
rico in una proiezione in piano . Esso poi può p e r ta lu n i p artic o la ri
del fogliam e dei capitelli in te rn i riferirsi a quello del duom o di Ra polla, eseguito dallo stesso M elchiorre nel 1250 circa. Ma il tre n te n n io ,
p iù o m eno, intercorso tra l’uno e l’altro p o rta il m aestro ad in tro d u r re
nel portale p iù tardo u n senso di trito e di gonfio ed u n maggiore svi­
luppo di elem enti gotici, che sono m aggiorm ente visibili nei capitelli
esterni che flettono le loro foglie in m a n ie ra quasi liliacea.
Anche il p ortale la te ra le rip e te lo schem a di quelli della P ug lia
piana, ma esso, allo stato attu ale alm eno, a p p a r e co m pletato d e ll’archi.
trave, della lunetta e d e ll’arco di scarico nel R inascim ento, allorché
p e r amore di sim m etria lo si volle avvicinare n e ll’im postazione a
quello maggiore. Risalgono invece all’età ro m a nic a gli stipiti, le cui
mensole angolari a fortissimo rilievo o ppongono due figure angosciate
ed oppresse dal peso, le q ua li, anche se non sono purissim e creazioni,
pure esprim ono con vigore ed efficacia tutto il loro travaglio interiore.
P e r quanto anche in queste due d o lo ra n ti figure sia riconoscibile l’arte
pugliese, esse non rie n tra n o nello sp irito m eno d ra m m a tic o di M el ­
chiorre, che ha invece firm ato l ’a m bone n e ll’interno e p e r il quale si
è ispirato al p u lp ito di Nicola di Bartolom eo da Foggia nel duom o di
Ravello. Manca però in esso il m od ulato ritm o di classicismo di q u e l ­
lo di Bartolom eo, m e n tre è palese l’intenzione di sop p e rire alla m a n ­
canza di impeto creativo a b b o n d a n d o in ornati e sim boli in m a nie ra
da ren dere così sovraccarica l ’opera, che ha p u re delle finezze nelle
decorazioni e negli intagli e alcuni riusciti p a rtico lari, talu no dei
quali dim ostra c h ia ra m e n te, come il capitello con le a q u ile stilizzate,
la form azione ap u la di M elchiorre e dei suoi a iu ta n ti.
La C atted rale conserva anche u n a b uona serie di m o n u m e n ti f u ­
nebri, vari di epoca, gusto e q u a lità : da u n sarcofago antico al sepol ­
cro di Enrico Sanseverino, che rip e te lo schema di q uelli n a p o le ta n i
del T recento, nel cui clim a rie n tra , ad altri rin a sc im e n ta li tr a cui
l’arca di Orso M alavolta d a ta ta 1489. La pesante arca, da u n lato a d ­
dossata al m uro, posa d a ll’altro su due esili sostegni: sicché, tra le
parti, a p p a re già alla p rim a occhiata qu ella d isa rm o n ia che si nota
talvolta in opere dello stesso genere d e lF a m b ie n te quattrocentesco
lombardo. Il contrasto a p p a re evidente al p u n to da fa r quasi pensare
che i sostegni siano stati tolti da altro m o n u m e n to e r ia d o p e ra ti in
questo, allorché si m ette a confronto la fronte del sepolcro, in cui fi ­
gure e decorazioni spirano u n ’aria del m a tu ro Q u attro cen to , con le
acerbe figure dei sostegni da riferire al ta rd o gotico e a m aestro csperto. Il quale, svolgendo un a sinfonia floreale da u n a corolla a p p e ­
na dischiusa di giglio, p o rta su u n a breve base, alza lo stam e sfaccet­
tato che ritm icam en te rastrem an do si e rigonfiandosi si inturgidisce
nella antera che pre n d e l’a p p a re n z a di u n capitellin o, da cui p r o ­
rom pe u n calice dal quale sbocciano l’elastico collo e la testa di una
fanciulla con i capelli ben tira ti e fe rm ati da u n filo, a dorno di fiori
p e ria ti, p e r poi ricadere ai lati ravvolti in lun gh e, pesanti e mosse
trecce. Suggestive cre ature di p ie tr a : m od e rn e nel loro p rofilo e nel
lungo scattante collo, reggenti come u n a gloria la massa ondosa dei
loro capelli, viventi nei secoli e sem p re v ib ra n ti nel sogno di m a l in ­
conia racchiuso nei loro occhi im m o ti; ra ffinatissim e fan ciu lle — fio ­
ri, quali può concepire il decadente pensiero di u n p u ro esteta.
B
Fot. Musei Prov. d i Salerno.
iagio
Cappelli
Il convento della SS. Trinità di Baronissi
...
INTRODUZIONE.
A pochi chilo m etri dal M ar T irre n o , tra la strada fe rra ta e la Via
dei Princip ati che congiungono la città di Salerno con M ercato S.
Severino e questa con Avellino e Benevento, su u n a co llin etta, si erge
maestoso il convento della SS. T r in ità di Baronissi (1). I F r a ti M inori
(1)
E ’
­nota nella regione sanseverinese la com petizione tra la parrocchia di
Sava e quella di Baronissi per l ’
­
appartenenza del convento al loro rispettivo
territorio; noi però, senza pregiudicare i diritti delle parti interessate, ci ser.
viamo della denom inazione che si usa attualm ente nei documenti ufficiali dello
Ordine dei Frati Minori.
Dei diritti della parrocchia di Baronissi si faceva difensore nel 1759 il sa ragnanese Francesco Mari, il quale così scriveva nella sua relazione: « Questo m on ­
te Cellio si ritrova, egli è vero, situato tra i due popoli di Saragnano e di Sava,
ma propriamente al presente detto convento, secondo le quattro parti del mondo,
cioè levante, ponente, mezzogiorno e settentrione, una con la clausura consta in
giro di passi 358, ed è situato in passi 287 in distretto di Saragnano ed in passi 71
in distretto di Sava, tanto vero, per quello riguardo, l ’abitazione dei frati, lor
chiesa e cam panile, oratorio del Terzo Ordine e quasi tutto il piazzale è situato
in tenimento di Saragnano e B aronissi». Cfr. V o c c a P a o l o , Lo Stato d i Sanseve rino secondo una relazione inedita, Salerno 1938, p. 16.
Per queste com petizioni, così vive nei secoli scorsi, poco mancò che non si
venisse alle mani tra gli abitanti dei due villaggi nel giorno di Pasqua del 1639.
Di questo incidente è testimone il P. Niccolò da Spinazzola, in quel tempo Cu ­
stode dei Riformati di Principato, in un brano della sua cronaca, che una mano
coeva o di poco posteriore ha cancellato scrivendovi in margine per ben due volte :
Errore. Però anche sotto la cancellatura si riesce a leggere il testo del cronista
che è di questo tenore: « Il dì 24 d ’aprile (1639), giorno di domenica di Pasca di
Resurrezione di N. Signore, nel nostro convento della Trinità di S. Severino con lorm ’al solito convennero le processioni di più casali di quella università, et
fra l ’altre quella di Saragnano che giunse primo, pose il suo stendardo alla de ­
stra dell ’altare maggiore nel loco d ell ’Evangelio, dove sogliono li frati ponere la
croce del convento. Perchè qualche volta la processione di Sava in quel loco n ’a­
veva posta la sua, in questo giorno, essendo venuta tardi, voleva levare la croce
vi h a n n o stabilito da alcuni decenni un Collegio Serafico p e r la for ­
m azione degli a sp ira nti a ll’O rd in e e vi gestiscono a ttu a lm e n te un isti ­
tuto con annessa Scuola m edia p a rific a ta. Benché u n a piccola collina
verso mezzogiorno im pedisca la vista della città e d e ll’am p io golfo di
Salerno, p u r tu ttav ia l’aria salubre, il vasto p a n o ra m a , il verde dei
m onti circostanti e la ferace p ia n u r a sanseverinese, dissem inata di pic ­
coli e gra n d i villaggi sino alle p endici degli alti m on ti di Calvanieo,
ren d o n o quel luogo ve ra m en te incantevole e atto ad elevare lo spirito
al Signore attraverso la con tem plazio ne delle cre a tu re che nel loro
m uto linguaggio ne cantano incessantem ente le lodi.
E ’ da secoli che i figli di S. Francesco vi h a n n o sta b ilita la loro
d im o ra esercitando il loro benefico ap ostolato con la p re g h ie ra , con
l’esem pio, con la predicazio ne e con le opere di carità, re nd en do
qu ella so litaria collina u n vero faro di luce s o p r a n n a tu ra le p e r le p o ­
p olazioni circonvicine.
Il
visitatore che vi si reca, a ttra tto d a ll’am e n ità del sito e d alla
im p o n e n z a della costruzione, spesso ne r ito r n a con u n senso di d e lu ­
sione p e r non aver trovato risposta esatta ad alcuni in te rro ga tiv i sulla
storia d ella chiesa e del convento. Come conciliare, p e r esem pio il f a t ­
to che sulla colon nina posta nel piazzale del convento si legge, in un
latino facile a c o m p re n d e rsi anche dagli ille tte r a ti: « S. m ae T r. tis
Sanseverini 1593 », m en tre nella chiesa si trovano tom be del 1472, del
1512, e del 1564? P e rc h è queste date così disco rd a n ti? Q uando è sorto
e come si è svilupp a to il grande edificio che a ttira subito l’attenzio ne
di chi passa in ferrovia o in filovia per la bella Via dei P r in c ip a t i?
di Saragnano e ponervi la sua. Per la qual pretensione s ’alterarono talmente le
genti di Saragnano contro quelle di Sava e quelle di Sava contro queste di Sara ­
gnano che con le scoppette con cani calati nelle mani vennero a term ine d ' am ­
mazzarsi ; se non correva il signore barone di Saragnano, m olto devoto della no.
stra religione, (il) quale con la sua autorità et prudenza sedò l ’animi alterati,
succedeva grande uccisione. Il P. (N iccolò) da Spinazzola, per levare sim ile in ­
conveniente per l ’avvenire, obtenne ordine d all ’Emin.mo Protettore che quella
buca nel detto altare, dove si soleva ponere la croce, si serrasse ; fu eseguito «t
cessò per l ’avvenire sim ile pericolo ». Cronaca della P rovincia d i P rincipato Citra
(m s. cartaceo del sec. XVII in massima parte autografo del P. N iccolò Gasparino
da Spinazzola, O.F.M. e conservato n ell ’archivio della Provincia francescana Sa­
lernitano.Lucana d ell ’im m acolata Concezione), p. 675ss., dove è riportata anche
la copia della lettera che in data 21 maggio 1639 il Procuratore Generale dei R i ­
formati indirizzava al guardiano del convento di Baronissi per com unicargli l ’ordine
d e l Cardinale Protettore. Attualm ente le processioni dei diversi villaggi non si
recano più al convento nel giorno di Pasqua, nè si trova vestigio alcuno della
buca incrim inata n e ll ’attuale balaustra d ell ’altare maggiore, essendo stata rinno ­
vata nel 1723.
A queste dom an de, che ci rivolgem m o anche noi sin dal 1929, alla
nostra ammissione nel Collegio Serafico, inten diam o risp on dere con
il presente lavoretto. Con grande delusione del nostro cuore, p ro fo n ­
dam e n te attaccato allo Stato di Sanseverino, da cui traem m o i natali,
in uno dei suoi più piccoli villaggi (1). ci fu risposto fino a pochi a n ­
ni fa che se ne sapeva quel tanto che si leggeva nella Cronaca del
P. Niccolò da Spinazzola e nella relazione del M. R. P. B ern ard o da
Cilento, p u bb lic a ta da P. P r im a ld o Coco (2). P. Basilio P erg am o , n o ­
stro carissimo fratello, deceduto il 24 marzo 1952 nel convento di S.
Maria M aterd om in i, senza a b b a n d o n a re gli studi nella Commissione
di Alessandro d 'H ales nel Collegio di S. B o nav en tu ra a Q uaracchi
(F ire n z e) e successivamente nella Commissione Scotista nel Collegio
di S. Antonio in Roma, in un ventennio raccolse n o n poco m ateriale
riguardante il francescanesimo nella nostra regione. Il lavoro, che gli
costò tanti sacrifici, non doveva restare senza effetto, perch è, oltre
studi critico - teologici, P. Basilio pubblicava anche opuscoli e volumi
di carattere storico sulla ex P rovincia di S. M aria M a te rd o m in i e sui
frati della m edesim a insigni per santità e d o ttrin a (3). Da a ppassio ­
nato ricercatore, egli aveva raccolto m ateriale r ig u a rd a n te anche il
(1) II villaggio di Costa, situato nell ’attuale comune di Mercato S. Severino,
conta poco più di 500 abitanti. La sua chiesa parrocchiale, antico priorato della
Badia di S. Maria M aterdomini, venne elevata a parrocchia nel 1853. Durante i
restauri compiuti dal defunto parroco D. Alberto Sautoro, fu rimossa o scalpel ­
lata l ’epigrafe della facciata che senza dubbio indicava la data di fondazione. Sul
pavimento d ell ’ultim a cappella a destra si leggeva fino a pochi anni fa la seguente
epigrafe sul sepolcro della famiglia Pergam o: « Conditorium / a suis maioribus
aeceptum / suaeque fam iliae addictum / Joannes Baptista Pergamo / civis neapo litanus / piam de dormientibus
spem
gerens / restauravit /
Anno
salutis
MDCCLXXXVII! ». Cfr. P. G ia c o m o F a b i a n o , O.F.M.. Storia del Santuario d i S. Maria
M aterdom ini in Nocera Supcriore, (Salerno). Pom pei 1938. p. 86.
(2) 1 Francescani in Terra di Lavoro, in Studi Francescani,
(1934), pp. 336 - 355.
S. 3, Anno VI
(3) Riguardano la storia della Provincia le seguenti pubblicazioni: N otizie
intorno al P. G iam battista Visco da Campagna ed ai C apitoli G enerali d e l 1633 e
1639, in Stud. Frane., 1941, pp. 74.98; Il P. Diego Cam panile da Sanseverino
(1574 -1642) Custode di Terra Santa ( N el terzo Centenario d ella m orte), in Stud.
Frane., 1942, pp. 42 - 66; Note per servire alla storia del convento di S. Lorenzo
in Salerno, in Rassegna Storica Salernitana, 1946, pp. 3.18; 1947, pp. 3 - 64; 1950,
pp. 68 -102; Serie cronologica dei Custodi d i Governo e d e i M inistri P rovinciali
delVex Provincia M inoritica di P rincipato della più S tretta Osservanza, d e tta anche
di S. Maria M aterdom ini (1582 - 1942), Salerno 1947; Tre secoli di attività m issio ­
naria della Provincia M inoritica d i P rincipato (S. Maria M aterdom ini) e del suo
contributo alla m issione etiopica, Salerno 1948.
nostro argom ento, perchè aveva intenzione di fare p er il convento di
Baronissi quanto aveva fatto p er il convento di S. Lorenzo di Salerno.
Noi, approfittando del tem po libero dalle occupazioni scolastiche, ab ­
biam o integrato, coordinato ed esposto il m ateriale da lui raccolto, si ­
curi di in terp retare la sua volontà ripetutam ente m anifestataci nei
p riv ati colloqui e specialm ente nel periodo della sua m alattia.
Il
presente lavoretto — senza dubbio un po’ arido, perchè in far ­
cito di date, di nomi e di citazioni p er esigenze m etodologiche —
vuole essere un segno del nostro grande affetto alla terra sanseveri nese e si propone soprattutto di illustrare le vicende del convento di
B aronissi e l ’attività svolta dai suoi frati nei secoli.
I
p rim i secoli della storia del convento di Baronissi restano in
p arte ancora sepolti nel più profondo m istero. Gli sforzi del nostro
com pianto fratello e nostri non sono stati sufficienti a dirad are le fitte
tenebre che lo circondano, perchè i nostri predecessori sanseverinesi,
tra i quali em ersero non pochi L ettori di Filosofia e di Teologia, non
si curarono di raccoglierne e pubblicarne le m em orie, quando i docu ­
m enti dell’archivio provinciale e conventuale non erano andati ancora
dispersi o d istrutti.
Quello che abbiam o raccolto non è desunto dall'archivio del con ­
vento, in cui non si conserva neppure un docum ento, p er incuria di chi
funse da rettore della chiesa dal 1866 al 1892, ma in massima p arte
dagli atti d efin itoriali della Provincia, che vanno dal 1639 ai nostri
giorni. Ed anche in questi vi sono non poche lacune quasi incolm a ­
bili, specialm ente per la perdita del secondo volume, che com prende ­
va gli anni 1674 . 1695, periodo di grande attività nel convento di B a ­
ronissi, p er opera del M. R. P. G iam m aria da Sanseverino seniore e del
Rev.mo P . Francesco D urante da Sanseverino, come bisogna dedurre
dalle notizie degli anni seguenti.
Qualche dato ci è stato offerto dalla cronaca inedita del P . Niccolò
Gasparino da Spinazzola (1652) e dalle relazioni latine anche inedite
dei M inistri P rovinciali P. P ietro da Cilento ( 1647 . 1650) e P . B ona ­
ventura da M ercogliano (1662 . 1665); però sono notizie piuttosto
confuse e fram m entarie, che a volta ci danno gli estrem i di una catena
senza gli anelli che li congiungono. Lo stesso si dica della relazione di
Francesco M ari del 1759 sullo Stato di Sanseverino, senza dubbio im ­
portante sotto certi aspetti, ma incom pleta p er ciò che riguarda il no ­
stro convento, essendo diretta a persone alle quali alcune notizie erano
già note e quindi superflue, m entre p er noi sarebbero state p re ­
ziosissime.
Benché il lettore noterà m olte lacune, tuttavia pubblichiam o i
risu ltati delle ricerche del nostro com pianto fratello e nostre nella
fiducia di fare cosa grata a tutti i frati della Provincia e alla popola ­
zione dispersa nei numerosi villaggi che circondano il convento di
Baronissi. Ci arride la speranza di poter fare ricerche più am pie per
com pletare la storia del francescanesimo nello Stato di Sanseverino e
del grandioso convento di Baronissi, il quale è soltanto una pagina del
poema scritto dai nostri padri in onore di S. Francesco d’Assisi.
1. — IL CASTELLO E LO STATO DI SANSEVERINO.
Prim a di addentrarci nelle questioni riguardanti il convento di
Baronissi, crediam o opportuno sofferm arci brevem ente sul castello di
Sanseverino, per visitare quelle venerande rovine e stabilire, almeno
approssim ativam ente, i confini della zona che sino al principio del
secolo XIX andava sotto il nome di Stato di Sanseverino. Questa pre ­
messa è necessaria, perchè il nome di Sanseverino per i non salerni ­
tani richiam a alla m ente la regione m archigiana, dove si trova un
altro paese dallo stesso nome con il quale il nostro da m olti vien con ­
fuso. E ’ così che involontariam ente ci viene sottratto perfino il m artire
d’E tiopia, P. Felice de Felice da Senseverino, gloria autentica della
nostra regione, essendo nato nel villaggio di Saragnano nell’attuale
Comune di Baronissi (1). P er lo stesso motivo dai nostri cronisti del
Seicento, desiderosi di esaltare le nostre glorie e di far risalire la fon ­
dazione del convento di Baronissi, detto allora di Sanseverino, alle
origini dell’O rdine Francescano, vennero attrib u iti alla nostra regione
alcuni fatti verificatisi più probabilm ente nelle M arche: fu creata
così la leggenda della venuta del B. Simone d ’Assisi a Baronissi verso
il 1210 e giungendo perfino a descrivere l’itinerario seguito dal com ­
pagno di S. Francesco.
P er il castello di Sanseverino, più che parlarne noi, preferiam o
cedere la parola a chi se ne occupò nel 1924, in occasione del settimo
centenario della nascita di S. Tommaso d ’Aquino, la cui sorella Teo ­
dora era contessa di Sanseverino. In quell’occasione D. Gregorio P o r ­
tanova, benedettino della Badia di Cava dei T irreni e nativo di Merv------------------------------.
(1) Vedi in G i u s e p p e S o l i m e n e , M artiri, pion ieri e profeti lucani in E tiopia,
Napoli 1937, p. 48, un ’illustrazione del secolo XVII, in cui il nostro martire è
detto « della Provincia di Marca », mentre soltanto il P. Antonio De Martino da
Pescopagano (Potenza) viene ascritto alla nostra Provincia. Non crediamo neces ­
sario confutare quest ’errore grossolano, dovuto a ll ’ignoranza di chi fece stampare
quelle immagini, avendolo già fatto il nostro compianto fratello nell ’opera: Tre
secoli di attività miss., p. 187ss.
cato S. Severino, così scriveva nella bella m onografia consacrata ad il ­
lustrare i rap porti dei signori del patrio castello con il D ottore An ­
gelico :
« Chi dall'agro nocerino o dalla vallata del Sarno transita per
l ’am ena e am pia pianura di S. Severino, scorge in alto sul m onte, a
cui Mercato è nella costa, im ponenti ruderi di un castello m edioevale :
il suo sguardo vi si poggia a lungo ad am m irare. Quella solenne mole,
che da tu tte le p arti distende, quasi boriosa m atrona, il suo am pio e
ricco paludam ento di colossali m ura tra gli splendori delle torri m er ­
late, tran q u illa or siede sotto, il bel cielo della felice Cam pania a
cantare, ai suoi tardi nepoti, sparsi per la valle, il lungo e grandioso
dì della sua gloria. S’arresta il passeggiero, sente che fra quelle m ura
ora cadenti visse una storia, e trepido, fissando lo sguardo in una vi ­
sione infinita, adora.
Saliamo le pendici di quel m onte, avviciniam oci a quelle m ura,
e dom andiam o: Qual fu la vostra infanzia?
Le linee architettoniche, che vi dom inano egualm ente dapertutto,
ci dicono che il castello abbia orm ai vissuto il suo m illennio. A ttra ­
versiamo diverse cinte di m ura, e dato uno sguardo fugace a quelle
torri, proseguiam o la lunga ascensione. Ecco siamo al cospetto del
gran fabbricato centrale: qui dinanzi alla grande m uraglia laterale
ci si para innanzi un fossato, l’attraversiam o, e inerpicandoci sulla
scoscesa falda, che regge le m ura colossali, penetriam o nell’interno
della torre principesca.
Volgiamo intorno lo sguardo: nella cam era ove stiam o, di fronte
è un incavo a forma absidale, sulla parete destra un antico affresco,
che rappresenta due Santi. Intuiam o quindi essere ivi stata una cap ­
pella. T utto intorno alle pareti am m iriam o una sequela di maestosi
archi gotici, ed in ciascuno di essi in alto una finestrina ben lunga
e sottile, donde potesse piovere poca e attu tita la luce nell’oratorio.
In un piano inferiore, corrispondente perfettam ente all’am bito della
cappella, vi sono dei vani — adibiti forse ad uso sepolcrale — attu al ­
m ente ingom brati di m acerie, dove la volta si presenta a crociera con
le arcaiche ogive quadrangolari : stru ttu ra che unita a tutto l’assieme
dell’arch itettura e degli affreschi della cappella soprastante, accusa
senza dubbio lavori anteriori al secolo XII.
C ontinuando la nostra rapida corsa fra quelle m ura, c’inoltriam o
attraverso la cappella negli attigui vani: sono corridoi agili e snelli,
am pie e maestose sale, qua e là qualche traccia di antichi affreschi,
dovunque finestre e porte ogivali. Le m acerie accum ulatesi da ogni
parte ostruiscono il passaggio, ma da qualche feritoia non ci è diffi ­
cile spingervi lo sguardo: nuove stanze, nuove sale. Con ansia fre t ­
tolosa si passa correndo da un luogo all’altro: dovunque una sorpresa,
sempre nuova ansia. Finalm ente dalla parte opposta si apre allo
sguardo una gran piazza forte, di form a irregolare, cinta di m ura, e
da un lato, in un angolo, un altro baluardo a forma di torre ben alta
e m erlata. Term ina qui la nostra visita, ma non la nostra curiosità...
Il castello di S. Severino fin dal periodo della dom inazione lon ­
gobarda assunse grandissim a im portanza : posto all’estremo lim ite del
principato di Salerno e in cospetto del borgo di Rota, che nel secolo
IX fu uno dei confini di quel P rincipato, era il prim o e più forte
baluardo per la difesa di Salerno. Giacendo inoltre sull’arteria stessa,
che ricongiungeva il ducato di N apoli con Salerno e Salerno col du ­
cato di Benevento, dovè necessariam ente assurgere a quel posto d’in ­
contestabile superiorità fra le difese estreme del P rincipato che poi
conservò nel corso della sua storia. P urtuttavia è innegabile che la
sua storia più gloriosa si afferm a potentem ente solo con la venuta dei
Norm anni nelle nostre contrade.
Sotto le insegne del famoso R oberto il Guiscardo, verso il 104d
vennero in queste contrade due valorosi cavalieri, Angerio e Turgisio,
fratelli. Il valore addim ostrato nelle arm i m eritò al prim o da Rug ­
giero, duca di Puglia, il castello di Santo A diutoie di Cava, all altro
il famoso O p p id u m Rota, che fu per lungo tem po un centro popoloso
e sottoposto alla signoria di Conti dell'istessa fam iglia dei P rincipi
longobardi di Salerno. Troviam o m em oria della signoria di Turgisio
su Rota fin d all’anno 1067 : da essa il conquistatore volle prendere
il nome, appellandosi Trogisius de R o ta , come si rileva dai documenti
coevi e da altri posteriori. Anzi i suoi prossim i discendenti, per poter
sintetizzare in un nome le glorie del loro casato, si chiam avano tutti
filii Trogisii de Rota all’istesso modo che i figliuoli di Angerio, quan ­
do vollero assumersi un nome che ricordasse le glorie del padre, si
dissero filii Angerii o più sem plicem ente Filangerii, donde poi il co ­
gnome al potente casato dei Filangieri.
Turgisio fu investito nel 1075 di tutti i castelli della valle di San
Severino. La posizione felicissima del castrum princeps non tardò ad
invitarlo, ed egli vi portò sua definitiva dim ora, talché da quel m o ­
mento tutti i successori prendono il nome dal castello e si dicono
de S. Severino. Si è per lungo tem po disputato fra gli storici se essi
abbiano davvero preso il nome dal castello o il castello si sia chia mato S. Severino da essi.
Una leggenda sem bra voglia favorire la prim a ipotesi. Vogliono
difatti che Turgisio, detto anche il Normanno, capostipite dei Sanse verino, giungendo nelle nostre provincie, avesse rinvenuta una re li ­
quia del Santo Abate, e che in ricordo di ciò avesse egli per il prim o
imposto tal nome al paese a lui conceduto.
Ma, p u r volendo am m ettere come probabile la prim a parte di
questa leggenda, non possiamo invece accogliere l’altra, poiché il
nom e al castello fu dato in un periodo molto più rem oto.
Del resto è certo che Turgisio, il capostipite, non si chiam ò mai
de S. Severino, m entre invece nei docum enti della B adia di Cava i
suoi discendenti, come era costume in quei tem pi, traendo la loro
appellazione dal castello che possedevano, si dissero tu tti de Sancto
Severino e peranco de castello S. Severini. P iù tard i e solam ente nel
sec. XIV, e più universalm ente nel sec. XV, la loro fam iglia sarà sen ­
z’altro detta Sanseverino donde, a mio parere, s’originò il dubbio che
la fam iglia avesse dato nome al paese...
La fam iglia Sanseverino ben presto assurse a grande potenza ta l ­
ché è universalm ente ritenuta come una delle più illustri e più po ­
tenti del Regno. Ebbe come arm a di fam iglia uno scudo con banda
rossa in campo d’argento. Essa possedè l’am pia terra di San Severino,
che in quel tem po spingeva il suo dom inio dal castello di M ontoro
alle terre di Siano, da Calvanico alle terre di Baronissi e di Pellez zano, com prendendo l’antica terra ove dicevasi ad aquam melae e
quella fitta rete di borghi e contrade che facevano corona a \Y o p p id u m
R ota e designate nei docum enti quasi tutte coll’appellazione in fini bus Rotae. Fu pure investita di altri potenti feudi come la contea di
Marsico, di Polla e di Teggiano, e di quasi tutto il Cilento. Im p aren ­
tata colle più potenti famiglie baronali, ebbe agio in seguito di poter
distendere i suoi ram i ancora su altre cospicue terre feudali : il nostro
castello fu perciò la culla dei Sanseverino di M ileto, di Tricarico, di
S aponara, di Potenza e di Bisignano. Ebbe p arte attivissim a negli
avvenim enti politici del Regno, e spesso divenne despota delle m o ­
narchie napoletane » ( 1).
Q uali erano precisam ente i confini del cosiddetto Stato di Sanseverino? A questa dom anda non possiamo rispondere p e r ora in modo
esauriente, poiché non conosciamo una descrizione esatta di esso qua l ’era nel medio evo. Bisogna perciò procedere p er via di induzione
p er giungere ad una conclusione se non certa, p er lo meno probabile.
Come abbiam o letto nel testo surriferito di D. Gregorio P o rta ­
uova, la fam iglia Sanseverino « possedè l ’am pia terra di San Seve ­
rino, che in quel tem po spingeva il suo dom inio dal castello di Mon-
( 1 ) P o r t a n o v a G r e g o r i o , O .S.B ., Il Castello d i S. Severino nel secolo X III e
S. Tom m aso d ’A quino, Badia di Cava 1 9 2 4 , p p . 7 .1 2 .
toro alle terre di Siano ecc. ». Non neghiam o il valore di quest’affer ­
m azione; la riteniam o però un po’ troppo generica, potendo essa far
credere che le terre suddette abbiano form ato per molto tem po parte
integrante del cosiddetto Stato di Sanseverino, m entre forse ben presto
se ne distaccarono per form are i rispettivi Stati di Montoro e di
Castel S. Giorgio.
In m ancanza di docum enti più precisi per delim itare i confini
dello Stato di Sanseverino, crediam o u tile rife rire un brano della
platea della chiesa salernitana, com pilata da M atteo Pastore, per or ­
dine dell’arcivescovo francescano B onaventura Poerio (1697 - 1722),
zelante pastore e benem erito della città di Salerno specialm ente per
i restauri del duomo pericolante. Il valore del brano di M atteo Pastore
p er il nostro scopo è dato non dalla sua antichità, ma dalla circo ­
stanza che nel Settecento si poneva in carta ciò che p e r via di fatto
sussisteva già da m olti secoli. A nessuno infatti può sfuggire l ’im por ­
tanza storica di tali docum enti, benché relativam ente recenti, se si
tiene conto dell’attaccam ento delle varie chiese e diocesi alla conser ­
vazione dei propri confini territo ria li. Forse ulteriori indagini nello
archivio arcivescovile di Salerno, in cui si conservano molte relazioni
delle visite pastorali, potranno conferm are la nostra supposizione che
l’elenco delle parrocchie dello Stato di Sanseverino, riferito dal P a ­
store, sia molto più antico di quanto si possa pensare. Benché il brano
della platea sia stato già pubblicato dal Prof. Cassese ( 1), lo rip o r ­
tiamo qui per comodità di qualche lettore non salernitano :
« Segue il Stato di Sanseverino, il quale, p er la sua vastità quan ­
tunque sotto il nome d’un arcipretato venga chiam ato nelle bolle de’
citati Sommi Pontefici, è però distinto in tre carte separate.
La prim a si dice del M ercato di Sanseverino, che contiene l’infrascritte parrocchie: di S. M ichel’Arcangelo d’A cquarola, di S. An ­
gelo del casale di S. Angelo, di S. Clemente di Vuscato (O scati), di
S. Croce di Spiano, di S. Stefano di C urticelle, di S. Marco a Rota
(C urteri), di S. M aria delle Grazie del M ercato, di S. F ortunato di
Acigliano, di S. Magno di Pandola, di S. M artino de1 Priscoli, di S.
Vincenzo del casale di S. Vincenzo e di S. B artolom eo de’ Carifi.
La seconda si dice di Sava, la quale com prende l’infrascritte p ar ­
rocchie: di S. Agnese di Sava, del Salvatore di Saragnano, Baronissi
e Valle, di S. P ietro di Aiello et Acquam ela, di S. M aria delle Grazie
d’Antessano, di S. Clem ente di Pellezzano, di S. M aria delle Grazie
(1) Spigolature archivistiche — La Platea generale d ella chiesa salernitano nel
»ec. X V III, in Rass. Stor. S a l e r n Anno 1938, p. 312.
di C spriglia, di S. Quirico e S. M artino delli Lancusi, di S. M aria a
Capo la Penta e di S. Bartolom eo della P enta, di S. Lucia d’Orignano,
di S. M artino di Gavano (G aiano), di S. Stefano di Fusara e di S. M a ­
ria d ille Grazie di Caprecono.
La terza è quella di Calvanico, la quale contiene anche molte
parrocchie e sono: il Salvatore di Calvanico, S. Giovanni B attista di
C arpineto, S. A ndrea di Villa, S. Lorenzo di Pizzolano, S. Nicola di
Settefico, S. Spirito e S. P ietro di Fisciano ».
In questo elenco m ancano, p er la carta o forania di M ercato S.
Severino, cinque parrocchie, non p er dim enticanza del com pilatore
della platea, ma per il fatto che o non erano state ancora fondate,
come quelle di M onticelli e del nostro villaggio nativo di Costa, o ap ­
partenevano allora, come anche oggi, ad altre foranie, come quelle di
C iorani, di Piazza del Galdo e di S. Eustachio, la prim a delle quali
è compresa nella forania di Bracigliano e le altre due in quella di
Cast::l S. Giorgio, m entre civilm ente sono nel territo rio di Mercato
S. Severino. Che esse anticam ente facessero p arte del territo rio dello
Stato di Sanseverino, lo possiamo desum ere dal fatto che i frati della
nostra Provincia, provenienti da queste tre P arrocchie, p er lo più
sino alla prim a metà del secolo scorso si dicevano com unem ente da
Sar Beverino.
Queste brevi notizie sono più che sufficienti per delim itare, al ­
meno approssim ativam ente, i confini dell’antico Stato di Sanseverino:
esso abbracciava tutti i villaggi che form ano gli attuali com uni di
M arcato S. Severino, Calvanico, Fisciano, Baronissi e, forse p er un
certo tem po, anche Pellezzano. P er quest’ultim o com une infatti pos ­
siamo afferm are che i frati della nostra Provincia provenienti da esso
si dicevano ordinariam ente da Salerno, non già da Sanseverino, perchè
Pellezzano civilm ente faceva p arte della cosiddetta furia o distreito
della città di Salerno, il quale, secondo quanto afferm a Carlo C anic ­
ci, arrivava fino a C apriglia ( 1).
Tenendo presenti queste notizie, facilm ente il lettore potrà oriz ­
zontarsi e sceverare tra i m olti frati della nostra Provincia, che negli
atti definitoriali e in altri docum enti vengono denom inati com une ­
m ente da Sanseverino, quelli che furono effettivam ente originari di
questo Stato.
(1)
C a r u c c i C a r l o , La P rovincia d i Salerno durante la R epubblica P arte ­
nopea. in A rchivio Storico per la P rovincia di Salerno, Anno III, N . S. (1935),
fase. I l, p. 153, n. 1.
2. — I FRANCESCANI NELLO STATO DI SANSEVERINO.
Il territorio sanseverinese, vivendo ancora il Serafico P adre, £u
senza dubbio visitato dai suoi figli venuti per evangelizzare i nostri
avi o sem plicem ente di passaggio per raggiungere le città di Salerno
e di Avellino. Ma quando questi, attra tti dalla bellezza della nostra
regione e dalla bontà dei suoi abitanti, si ferm arono in mezzo a noi
e vi fondarono il prim o convento?
Sappiam o che nel corso dei secoli tre conventi sono stati fondati
dai francescani nello Stato di Sanseverino: quello di Baronissi, il se ­
condo di Mercato Sanseverino e il terzo situato tra P enta e Fisciano.
Quest’ultim o, appartenente ai P adri Cappuccini, è il più recente e
perciò non entra in discussione. Al lettore basti sapere che esso fu
fondato verso il 1568, benché fin dal 1540 ne avessero iniziate le p ra ­
tiche i Cappuccini salernitani, i quali nel 1566 fondarono anche un
convento a Cava dei T irreni. P er questioni sorte tra i C appuccini di
Salerno e quelli di Napoli per la delim itazione dei confini territo riali
delle due Provincie, il loro Capitolo generale nel 1567 decise che il
territorio di Sanseverino e di Cava dei T irreni fosse assegnato ai C ap ­
puccini di N apoli. Soltanto nel 1920 quelli di Salerno poterono rien ­
trare nel convento di Cava dei T irreni, ma non in quello di Fisciano,
avendolo perduto durante la soppressione ( 1).
Il convento di Mercato S. Severino è di due secoli più antico di
quello di Fisciano, essendo stato fondato con bolla di Innocenzo VI,
em anata da Villanova presso Avignone il 6 agosto 1358. Il documento
pontificio è diretto al M inistro Provinciale dei F rati M inori della
Provincia di T erra di Lavoro, al quale si ingiunge di fondare il nuovo
convento, avendone fatto richiesta non soltanto il francescano sanse verinese P. A ndrea de Valle Regia, vescovo di Larino in Provincia di
Campobasso, sin dal 1344, ma anche i nobili e i cittadini di San ­
severino (2).
(1) P. M a r i a n o d a C a l i t r i , O .F .M . C a p p ., / Frati M inori C appuccini nella
Lucania e nel Salernitano, Salerno 1948, pp. 246, 384.395.
(2) E u b e l C ., O.F.M. C o n v , Bullarium Franciscanum, VI, Romae 1902,
num. 751, p. 315. In questo periodo troviamo due francescani sanseverinesi di
nome fr. Andrea, ambedue vescovi. Il primo è fr. Andrea d i V alle Regia, già
maestro dei cappellani e dei chierici della cappella della regina Giovanna, eletto
vescovo di Larino il 28 maggio 1344 e morto nel 1365, anno in cui fu nominato il
suo successore. Egli chiese la bolla di fondazione del convento di Mercato S. Seve ­
rino, dalla quale risulta la sua origine sanseverinese : « Exhibita siquidem Nobis
prò parte venerabilis fratris nostri Andreae episcopo alarinensis, se dilectorum fi-
Non c’è dubbio che la bolla riguardi precisam ente il convento di
M ercato S. Severino, come ritiene lo stesso E ubel (1), il quale speci ­
fica: San Severino Mercato. Le parole, con le quali si ordina che la
nuova fondazione debba sorgere in castro S. Severini p raed icti, fanno
chiaram ente com prendere che non si tratta di uno dei tanti villaggi
dello Stato di Sanseverino, ma precisam ente del castello con il re la ­
tivo borgo, che formavano una sola cosa, corrispondente all’attuale
M ercato S. Severino.
P er lo stesso motivo bisogna riferire al convento di M ercato
S. Severino, come giustam ente fa anche l’Eubel (2), u n ’altra bolla del
3 aprile del 1372, con cui Gregorio XI concedeva p er venti anni al ­
cune indulgenze a chi visitasse in determ inate festività la « ecclesia
B. M. A nnuntiatae conventus fratrum O rdinis M inorum de Burgo
S. Severini salernitanae dioecesis », come si legge nel testo del docu ­
m ento pontificio. Di questa verità erano convinti anche i nostri cro ­
nisti del Seicento. Infatti il P. Niccolò G asparino da Spinazzola, te ­
nace difensore della p rio rità di fondazione del convento di Baronissi,
liom m universorum nobilium et aliorum ineolarum castri S. Severini salernitane
dioecesis, de quo praefatus episcopus, sicut praefertur, traxit originem ». N ella
bolla di elezione e nel decreto di nom ina a maestro dei cappellani e dei chierici
della cappella reale è detto d e V alle Regia. Si tratta di cognome o di località
dello Stato di S. Severino? E ’ difficile determ inarlo. Non è im probabile che egli
sia nato nel territorio di Baronissi, la cui parrocchia nella platea della chiesa
salernitana del Pastore abbracciava tre frazioni, cioè Saragnano, Baronissi e V alle,
come abbiamo già visto. D ’altronde essendo due frati della stessa zona, non potè,
vano denom inarsi da S. Severino, ma dal villaggio di origine, per non creare
confusione. Cfr. E u b e l , B ull. Frane., V I, num. 269, p . 147 e num. 751, p. 315;
H ierarchia catholica m edii aevi, I, Miinster 1889, p. 306; W a d d i n g L., O.F.M.,
Annales M inorum , ann. 1343, num. 35 e ann. 1344, num. 6 (V II, Quaracchi 1932,
pp. 363, 371, 638s, 709).
Il secondo francescano sanseverinese è fr. Andrea da Calvanico il quale fu
eletto vescovo di Lesina il 17 febbraio 1 3 5 2 ; era già m orto il 15 marzo 1 3 7 4 ,
quando fu nom inato il suo successore, come nota l ’Eubel, H ierarchia, V, p . 3 1 6 .
Cfr. anche W a d d i n g , Annales, ann. 1 3 5 1 , num. 4 2 ( V i l i , Quaracchi 1 9 3 2 , p p . 8 7 s,
5 0 2 ).
P. N iccolò da Spinazzola confonde i due om onim i ed erroneam ente afferma
che fr. Andrea da Calvanico fu il fondatore del convento di Mercato S. Severino.
E gli fu tratto in errore dal W adding, il quale nel testo degli A nnali riporta fon.
datore del convento « episcopus Alesanensis », cioè fr. Andrea da Calvanico ; nel
regesto delle bolle giustamente dice, com e l ’Eubel, che la bolla fu concessa dietro
preghiere di Andrene episcopi alarinensis, cioè fr. Andrea de V alle Regia. Cfr.
W a d d i n g , Annales, ann. 1358, num. 10 (VIII^ pp. 164 e 560).
(1 ) B ull. Frane., V I, num. 269, p. 147,
(2) Ivi, num. 1179, p. 472.
non solo attribuisce le due bolle al convento di M ercato S. Severino,
ma anche si sforza di spiegare perchè nella prim a si perm etta la co ­
struzione nel castello, nella seconda invece si p arli di borgo di Sanse verino. Di più il P. Niccolò da Spinazzola propone una soluzio ­
ne alla difficoltà del titolo dell’A nnunziata, dato alla chiesa nel
1372, m entre al tem po del P. Niccolò essa si diceva di S. Francesco.
Ecco le sue parole :
« Che questa indulgenza sia concessa nella chiesa de’ F rati Mi­
nori del burgo di S. Severino sotto il nome dell’A nnunziata, e la con ­
cessione della fundazione del convento, fatta da P apa Innocenzo VI
nell’anno 1358, dica che si fundi il convento nel castello di S. Seve ­
rino, ben si può accomodare, perchè il convento nel detto anno (1358)
potrebbe stare fusse fundato in detto castello et terra, et quando quel ­
lo fu destrutto, come si vede, fusse riedificato nel burgo dov'al p r c sente si vede. Et in quanto al nome della chiesa, non era gran cosa
nè insolita m utarsi il nome delle chiese, ch’ai tem po della concessione
dell’indulgenza si chiam a la N unziata et al presente si chiam a S. F ra n ­
cesco, abitato da’ P adri C onventuali. Ovvero potem o riconciliare que ­
sta m ultiplicità di nome di convento edificato nella terra di S. Seve­
rino et l’indulgenza stata concessa alla chiesa del burgo, perchè per
ordinario dicendo la terra, insiem e si dice il burgo, quali sono una
istessa cosa, (com e) dicendo N apoli s’intendono anche li burghi » (1).
Di questa soluzione il buon cronista non doveva essere troppo
soddisfatto, come non lo saranno neppure i nostri lettori. T rattando
della fondazione del convento di Baronissi, egli ritorna sull’argomento
e propone una nuova soluzione per sciogliere la difficoltà del titolo
dell’A nnunziata. Il testo è davvero interessante e m erita di essere
riportato, perchè ci dà notizia di un ospedale nelle vicinanze del
convento, esistente ancora a quel tem po:
« In quanto al nome della chiesa, non è cosa nova, ma molto
usata et praticata fundarsi un convento con un titolo et poi in suc ­
cesso di tem po m utarsi et chiam arsi d ’un altro ; et così potrebbe essere
ch’ai tem po della concessione dell’indulgenza questo convento, esi­
stente nel burgo o Mercato di S. Severino, si chiamasse l ’A nnunziata
et al presente si chiam i S. Francesco ».
Potrebbe essere ancora che nel tem po che detti frati im p etra ­
rono la suddetta indulgenza, essi frati abitassero nella chiesa )della
Annunziata d e l Burgo et Mercato d i S. Severino , quale sin al presente
vi è uno ospidale vicino al convento detto, perchè in quel tem po for*e
si fabbricava il nuovo convento in detto Burgo et M ercato, trasferito
dalla terra et castello disabitato. Orm ai sia come si vuole, il vescovo
suddetto (fr. Andrea) et università di S. Severino supplicarono et obtennero lieenza da P apa Innocenzo VI di edificare questo suddetto
convento dentro del castello e poi, per la destruzione di quello, (fu)
trasferito nel burgo ch'ai presente si chiam a il M ercato ». ( 1).
M ettendo da parte le disquisizioni preconcette del nostro cro ­
nista, a noi sem bra che la chiesa abbia avuto da principio il titolo
di M aria SS. dell’A nnunziata, m utato successivamente in quello di
S. Francesco, per assumere poi, forse dopo la ricostruzione del 1760,
l’attuale di S. Antonio. Questa nostra ipotesi è avvalorata dal fatto
che tu tto ra si conservano nella chiesa del convento due quadri di
M aria SS. dell’A nnunziata. uno nell’abside e l’altro nell’interno, sulla
porta d ’ingresso.
Il lettore avrà notato con quanta buona volontà il P . Niccolò
cerchi di sciogliere le difficoltà ; troppo sem plici però le sue spiega ­
zioni e soprattutto in aperto contrasto con la storia del castello di
Sanseverino. Questo infatti non venne distrutto insiem e al convento
tra il 1358 e il 1372, ma andò lentam ente in rovina, prim a per il
trasferim ento dei suoi signori nel Cilento, a Salerno e a N apoli, e
poi definitivam ente p er la ribellione del famoso D. F errante Sanseverino, P rincipe di Salerno, a Carlo V e la sua fuga in Francia, dove
si ascrisse al calvinismo e m orì in m iseria nel 1568 (2).
Nella chiesa di S. Antonio di M ercato S. Severino sussiste ancora
un ricordo dei Conti Sanseverino, i quali senza dubbio si interessa ­
rono della fondazione del convento. Lo si può ricavare dalla bolla del
6 agosto 1358, concessa dietro istanze non soltanto del vescovo fr. An-
(1) C ronaca, p. 526. N ella nuova serie del bollario francescano si trova indi,
zio d ell ’esistenza di un monastero di Clarisse in Mercato S. Severino, dal titolo
Maria SS. Annunziata. La bolla, la quale portava la data d ell ’8 aprile 1469 per
la concessione di alcuni favori alla chiesa suddetta, non è conservata nelFArchivio
Vaticano. Di essa fa m enzione l ’Alva, come afferma P. Giuseppe Maria Pou, O.F.M..
B ullarium Franciscanum, N .S ., II, Quaracchi 1939, num. 1539, p. 761: Paolo II!
« aliqua concedit in favorem m onialium Clarissarum m onasterii S. Mariae Annun tiatae civitatis S. Severini, in dioecesi salernitana — 1469, aprilis 8, Romae ■
—
Sacrae R eligionis etc. Datum Romae apud S. Petrum etc., anno... 1469, V I idus
aprilis, anno V ». N ella nota 4 cita : « Alva, Indie., II, p. 60, n. 26, ex Arch.
Vat., ubi tam en desideratur ». Nessun ricordo sussiste del monastero in Mercato
S. Severino. Sarà stato uno sbaglio d ell ’Alva?
(2) C a r u c c i C ., D. Ferrante Sanseverino P rincipe d i Salerno, Salerno 1899,
p. 59ss.
drea, ma anche di tu tti i nobili e di altri cittadini del castello di San ­
severino ( 1). A destra delim itare maggiore, in cornu epistolae, an ­
cora oggi si può am m irare il sarcofago del Conte Tommaso III San ­
severino, m orto il 27 aprile 1358, come si deduce d all’epigrafe:
« Hic jacet corpus m agni(fi)ci viri d(om i)ni Thom m asii de Sanctoseverino comitis / M arsici, B aroniarum Sanctiseverini, Cilenti,
L auri(a)e et castri Sancti Georgii j D (om i)ni et magni Regni Sicili(a)e com estabuli, qui obiit anno D (om i)ni MCCCLVIII XXVII /
aprelis (sic) XI indictione, cuius anim a requiescat in pace. Amen
Amen ».
Dal fatto però che Tommaso III m orì nel 1358 e il suo sarcofago
si conserva nella chiesa di S. Antonio, non ne segue che questa fosse
già costruita in tale data. Sarebbe assurdo il pensarlo, p er il fatto che
proprio in tale anno se ne otteneva la bolla di fondazione. Quindi,
solo quando questa fu term inata o per lo meno coperta, gli eredi del
Conte vi fecero trasferire le sue spoglie e gli eressero il superbo m au ­
soleo, che è uno dei pochi ricordi dell’antica chiesa, d istrutta da una
alluvione nella prim a m età del secolo XVIII (2). La chiesa attuale
infatti fu ricostruita nel 1760, come si legge sul suo frontespizio:
NON EST HIC ALIUD
NISI DOMUS DEI ET PORTA COELI
GEN. CAP. XXVIII
A. D. MDCCLX
(1 ) La fam iglia Sanseverino ha lasciato non pochi ricordi della sua religio,
sita. Il Conte Tommaso II Sanseverino, nipote di S. Tommaaso d ’Aquino e padre
di Tommaso III, fece costruire la Certosa di Padula in Prov. di Salerno, uno dei
più belli monumenti del genere nellT talia M eridionale. Egli morì tra il febbraio
e il giugno del 1324; fu sepolto nella Certosa, dove ancora oggi si vede la sua
statua con l ’iscrizione : « Hoc claudor saxo primus qui saxea feci / fundamenta
domus chartusianae tuae / Marsicus ecce Comes, Thomas en Sanseverinus / ad
Deum prò m e fundito corde preces ». Cfr. P o r t a u o v a G., Il C astello d i Sansev.,
pp. 127 -136. Alla munificenza della fam iglia Sanseverino si deve anche la costru.
zione dei conventi francescani di Padula nel 1380 e di Teggiano verso il 1474,
come riferisce P . Francesco Gonzaga, De O rigini Seraphicae R eligion is Franciscanae,
Romae 1587, p. 372.
(2) N ei docum enti, allegati per la vertenza tra il parroco di Mercato S. Se­
verino e i frati presso la Congregazione dei Vescovi e Regolari dopo la soppres ­
sione del 1866, dei quali parleremo in seguito, si dice espressamente che la chiesa
e il convento furono ricostruiti dai PP. Conventuali nella prima m età del sec.
XVIII. Non sappiamo però se si trattò di una vera ricostruzione dalle fondamenta
o sem plicem ente di restauri.
In essa sono conservate anche altre tombe con le relative iscri ­
zioni. Accanto al sarcofago del Conte Tommaso, un pò più indietro,
si legge la seguente epigrafe del capitano Scipione De Sanctis e di suo
fratello Lucio, barone della terra di S. Giorgio, con data 1580:
SCIPIO DE SANCTIS AEQUES (sic) SANSEVERINAS PLURIES
PEDESTRIUM CO PIAR(UM ) DUCTOR VIVENS ADHUC
ET LUTIUS SANCTI GEORGI TER R (A )E DOMINUS UT
SE DILEXERUNT IN VITA FRATRES POST OBITUM
SEPARARI (sic) NON PASSI FUERUNT A. D(O M I)NI MDLXXX (1).
In cornu evangelii si trova la sepoltura del nobile napoletano
F ilippo Arcamonio con la seguente epigrafe del 1560:
PH ILIPPU S ARCAMONIUS
NOBIILIS NEAPO LITANUS
HUM ANIS DIE CASIBUS AGITATUS
CERTAM HIC VIVENS REQUIEM
FUTURAM POSUIT
MDLX
Un’altra iscrizione si trova presso l’altare del S. Cuore di Gesù,
che è il secondo a destra di chi entra in chiesa, e ricorda che nel 1469
l ’altare venne dedicato a S. C aterina d ’A lessandria e decorato nel 1820
dalla fam iglia Cubelli - C orreale:
(1 )
La nobile fam iglia De
colo seguente con M addalena De
afferma Francesco Mari nella sua
p. 24s. N ella chiesa di Castel S.
Santis dello Stato di S. Severino si estinse nel se.
Santis, m oglie di D. Andrea Prignani, come
relazione. Cfr. V o c c a P., Lo Stato d i Sansev
Giorgio, nella prima cappella a destra, è se ­
polto il barone Orazio De Santis. Sulla tomba erettagli nel 1661 dal genero e
dalla suddetta figlia M addalena, si legge la seguente epigrafe, dalla quale ri­
sulta che egli era barone di Saragnano, Castel S. Giorgio e T orello; « D.O.M. / Oratius De Santis nobilis sanseverinensis Baro Saragnani, T orelli acs. Georgii / terrae huius cuius olim fuerat Dom inus nunc servus fato effectus / iacet sub hac
eadem hum ilis prostratus ad terram / et extinctus / dom ino tantorum oppidorum
misero sibi / in una solum misera urna mutat / vere hic miserandus ab omnibus
qui hic dom inabatur omnibus / sed si m undanum nom en mundo cum habitis in
vita / m oriendo cum vita reliquit / feliciusque nunc cognomen solum retinet cum
Sanctis / in coelum / Tanti viri tantam spem vitae probitas / mestis haeredibus
prom ittit / inter quos Andreas Prignanus cohaeres et gener / de eadem sanseve rinensi nobili gente natus / tristior quia ceteris / ut im m em or non esset fatali tatis cari affinis et am ici / praeclaro nom ini sui defuncti / ni assiduis Madalenae
uxoris lacrimis / cari genitoris necem triste ferens / confracta ruat / lapidem
hanc erexit / Anno Dom ini MDCLXI / die 12 augusti ».
D. O. M.
AC D. CATHARINAE V. E. M.
VETUSTUM SACELLUM DICATUM
ANNO MCCCCLXIX
A IOANNE PRONEPTAE (SIC) CUBELLI
EX NOBILI CORREALE PROSAPIA
PATRICIA SURRENTINA
PRO FEUDIS NONNULLIS ADSCITIS
HIC INDE TRANSLATA
THOMAS HAERES ILLUSTRAVI (sic)
A. D. MDCCCXX
Anche nella cappella di S. Antonio si trovano due lapidi. La p ri ­
ma ricorda che l’altare fu dichiarato privilegiato da Benedetto XIV
il 4 ottobre 1751 e designato dal Generale dei Conventuali il 10 aprile 1753 :
ALTARE HOC OM NIPOTENTI DEO
IN HONOREM S. ANTONII PATAV INI
ERECTUM PRIVILEGIO QUOTIDIANO
PERPETUO AC LIBERO PRO OMNIBUS
DEFUNCTIS AD QUOSCUMQUE SACERDOTE(S)
VIGORE BREVIS BENEDICTI XIV
DIE IIV OCTOBRIS MDCCLI INSIGNITUM
ATQUE A MINISTRO
GENERALI ORDINIS DIE X MENSIS
APRILIS MDCCLIII DESIGNATUM.
La seconda iscrizione ricorda che l’altare fu consacrato il 18
maggio 1755 dal Rev.mo D. M ichele Del Re ex A bate Generale della
Congregazione di M ontevergine:
A. D. MDCCLV DIE XVI1II
MENSIS M AH
ALTARE HOC DIVI ANTONII DE PADUE FUIT CONSECRATUM
A REV.MO PATRE ABBATE MICHAELE DEL RE ABBAS EXGE(NERA)LIS
CONGREGATIONIS MONTIS VIRGBNIS,
ET VISITANTIBUS IN DUE ANNIVERSARIO
CONCESSIT QUADRAGINTA DIES DE VERA INDULG ENTI^
IN FORMA ECCLESIAE.
I
P adri Conventuali dim orarono nel convento di M ercato S. Se­
verino, che avevano riedificato o restaurato insiem e alla chiesa dopo
l’alluvione sum m enzionata, fino alla soppressione francese del 1810 e
non vi fecero più ritorno dopo il concordato del 1818, forse perchè
la chiesa nel 1811 era stata concessa da Gioacchino M urat al parroco
locale per trasferirvi la parrocchia dalla chiesa di S. M aria delle
Grazie, la quale era in pessime condizioni e non proporzionata ai
bisogni della popolazione. Questo stato di cose durò fino al 1841,
quando, con assenso regio del 15 marzo e con rescritto pontificio del
25 giugno dello stesso anno, dietro istanze del m unicipio, il convento
con la chiesa fu ceduto ai M inori Osservanti della ex Provincia di
P rincipato e la parrocchia ritornò a ll’antica sede. L’arcivescovo di
Salerno Mons. M arino Paglia diede il suo assenso per la riap ertu ra
del convento, ma a condizione che questo fosse dichiarato casa di
ritiro e fosse governato come quello poco distante di M ontoro (1).
Questa condizione si verificò soltanto nel 1855, dietro rim ostranze del
suddetto arcivescovo presso il M inistro G enerale P. Luigi da Loreto,
il quale « prò bono pacis » ordinò che si stesse ai p atti del 1841, ben ­
ché non spettasse agli O rdinari Diocesani apporre sim ili condizioni
nell’ap ertu ra delle case religiose, ma solo alla Santa Sede.
Dopo la soppressione del 1866 il convento venne ceduto dal de ­
manio al comune di Fisciano, da cui però lo rivendicò quello di M er ­
cato S. Severino che lo adibì a carcere m andam entale e a scuole ele ­
m entari. P er l’espulsione dei frati, la chiesa subì la stessa sorte c’el
1811, poiché in data 13 giugno 1869 dal Comune fu data in consegna
al parroco D. Francesco C apri per rip ristin arv i la parrocchia. Dietro
istanze del M inistro P rovinciale P. Francesco M aria da P adula presso
la S. Congregazione dei Vescovi e R egolari, questa, con sentenza del
9 luglio 1880 e del 18 marzo 1881, decise che la chiesa fosse ricon ­
segnata ai frati e la parrocchia ritornasse all’antica sede, dove si trova
tu tto ra (2). Avendo riscattato il convento per opera del P. Francesco
Santoro da M ercato S. Severino, (3) ed ottenuto la chiesa, i frati il
(1) Il convento di S. Maria degli Angeli di Montoro Superiore fu fondato
dagli Osservanti di Principato con breve di Sisto V d ell ’l l novembre 1589. Il
suolo fu donato dalla fam iglia Mastrangelo, la quale diede anche 1500 ducati
per la fabbrica. In seguito il convento fu eretto in Ritiro, dove il 29 febbraio
1868 m orì in concetto di santità il P. Salvatore da Caposele. Chiuso nel 1902, è
stato riaperto il 23 marzo 1941 insiem^ c o ll ’antico Santuario di Maria SS. della
Incoronata, ceduto in tale anno ai Frati M inori delia ex Provincia di Principato
dall ’arcivescovo di Salem o Mons. Demetrio Moscato, Cfr. P. R affaele d a P aterno,
O.F.M ., De A lm a P rincipatus Provincia, N apoli 1880, pp. 22ss, 78ss. ; P. F rancescantonio (S antoro) d a Sanseverino , M. O., E logio funebre d e l P. Salvatore da
C aposele, N ap oli, 1879.
(2) Cfr. A cta O rdinis Fratrum M inorum , 1882, p. 113s. I docum enti, presen ­
tati d all ’Arcivescovo di Salerno e dal Procuratore G enerale d e ll ’Ordine, sono
conservati n ell ’Arch. Gen. d ell ’Ordine dei Frati M inori in Roma, M iscellanea, V,
fase. 1, 4, 5.
(3) Di questo benem erito religioso, sapiente educatore di m olti professionisti
di Mercato S. Severino, v o lle tramandare il nome ai posteri un suo discepolo, fa.
13 ottobre 1895 la fecero consacrare dal nostro concittadino Mons.
Francesco T rotta, allora vescovo di Teram o, come si legge nella lapide
m urata a destra di chi entra in chiesa:
FRATRES MINORES
REDEMPTO COENOBIO
IN G E N T IS U M P T U ET LABORE
TEMPLUM HOC ILLI HAERENS
MAGNO POPULI CONCURSU AC LETITIA
DEVO ANTONIO PATAVINO DICANDUM
SACRANDUMQUE CURARUNT
FRANCISCUS TROTTA EPISCOPUS APRUTINUS
SACRA PEREGIT DTE XIII OCTOBRIS MDCCCXCV.
In data 14 dicem bre 1944 anche la p arte del convento adibita a
carcere, fu restituita ai frati, i quali con molto zelo si prodigarono
per istituirvi un orfanotrofio per il benessere fisico, intellettuale e
morale dei fanciulli.
3 . — IL CONVENTO DI BARONISSI NELL ’AUREOLA DELLA LEGGENDA.
Diamo un saluto al castello, al convento di S. Antonio e alla ri ­
dente cittadina di Mercato S. Severino per portarci al convento della
SS. T rinità di Baronissi, oggetto diretto del nostro studio. Dalla luce
della storia entriam o ora nel crepuscolo della leggenda, in cui è dif ­
ficile distinguere il reale dalFim m aginario, il vero dal falso. Pas ­
sando dal certo all’incerto, vediamo che cosa si può stabilire di pro ­
babile circa la fondazione del convento di Baronissi. E’ anteriore o
posteriore a quello di M ercato S. Severino? La tradizione che lo vuole
fondato ai prim ordi dell’O rdine francescano è suffragata da docu ­
m enti o urta contro gravi difficoltà? A queste dom ande risponderem o
francam ente dopo Pesame critico delle fonti che sono a nostra co ­
noscenza.
P rim a di tutto ascoltiamo il P. Niccolò Gasparino da Spinazzola,
cronista dei R iform ati di P rincipato, il quale lo vuole fondato dal
B. Simone d ’Assisi verso il 1212. Non abbiam o nessun motivo p er
cendo scolpire sulla sua tomba nel cimitero di Costa la seguente epigrafe: « P. Fran cescantonio Santoro / Frate Minore / che colla parola e l ’esempio / zelò la
gloria di Dio / nella fede ardente in cui visse / qui aspetta la resurrezione dei
morti / 1834 - 1925 / Il Dott. Bartolomeo M acchiargli / per riconoscenza al
suo primo maestro ».
dubitare che questa sia la sua opinione, perchè egli lo afferm a espli ­
citam ente più d’una volta. In un punto del suo m anoscritto (1 ) così
si esprim e: «Q uesto altro luogo (d i Baronissi) è il convento della
T rinità di M onticello (2) nelli casali di S. Severino, quale convento
non è stato edificato in questo anno 1532, perchè fu preso et fundato,
ma piccolo, nel tem po del P.S. Francesco, come s’è detto nell’anno
1212, num . 3, ma è stato dopo reedificato così suntuoso et grande ».
D isgraziatam ente è andata perduta la prim a parte della sua cronaca,
in cui trattava di proposito della fondazione del convento di B aro ­
nissi, e perciò non conosciamo gli argom enti ivi addotti per confer ­
m are la sua opinione. Il suo m anoscritto nello stato attuale va dallo
anno 1234 al 1644.
Se però ignoriam o ciò che diceva all’anno 1212, lo possiamo im ­
m aginare da quello che ne scrive all’anno 1594, parlando del pas ­
saggio di detto convento dagli Osservanti ai R iform ati di P rincipato.
Il brano è abbastanza lungo, ma, essendo interessantissim o, lo rip o r ­
tiam o quasi integralm ente, perchè, secondo noi, è la base della pia
leggenda, riten u ta da m olti storia vera sino ai giorni nostri. E ’ un
esempio tipico del come si creavano certe leggende nel secolo XVII.
In alcuni p u n ti sem bra un brano dei F ioretti e perciò si legge con un
certo piacere. Vi si legge:
« In questo C apitolo (d e l 1594), con l’agiuto del Rev.mo P. (B o ­
naventura) da C altagirone G enerale dell’O rdine, li F rati R iform ati
presero il convento della T rinità di M onticello di Sanseverino, quale
convento è stato edificato sopra d ’un piccolo m onte situato nel mezzo
d ’una am ena p ianura, così ben posto che pare che la natura abbiti
prodotto a questo fine detto m onte per edificarvi di sopra il convento
all’aspetto di mezzo giorno et quattro m iglia distante dal m are.
In che anno sia stato fundato questo convento, sin oggi non ri ­
trovo autore che lo dica. E ’ ben vero ch’el P. fr. Luca Gaudigno nel
4 tom e de’ suoi A nnali (sic), n ell’anno 1358, num . 10, ragiona del
convento fundato dal P. fr. Andrea da Sanseverino, nativo del casale
di Clavanico (sic)... questo convento è il convento di S. Francesco de’
(1) Cronaca, p. 253.
(2) Secondo Francesco Mari il convento fu detto di M onticello « dalla Cellio
o C elli fam iglia, dalla quale fu donato detto monte o collina per la fondazione,
del convento; da una bolla del PP. Paolo V , che si conserva nello archivio di
detto convento, si legge : D ilectis Nobis in Christo fratribus societatis Conceptio nis B. Mariae in ecclesia SS.mae Trinitatis loci m ontis C elii T errae S. Severini
salernitanae diocesis ». V o c c a P., Lo Stato d i Sansev., p. 159. I nostri cronisti ignorano la fam iglia C elli e la bolla pontificia.
Padri Conventuali che di presente sta fabbricato nel M ercato di S. Se ­
verino . . .
Ragionando poi della fondazione del convento della T rinità, dico
che non ho visto autore che noti Vanno proprio... P er notizia et co ­
gnizione di questo convento bisogna andare sin al principio della
Religione, e prim a ch'el N. P. S. Francesco venisse nel Regno di
Napoli et edificasse tanti conventi, quanti ne avemo scritti nell’anno
1222 e più, cioè nell’anno 1211, nel quale detto Serafico N. P adre,
considerando che Dio N. Signore aveva dato la sua Religione al m on ­
do per la salute de’ peccatori per convertirli alla penitenza e non per
la sola salute propria di detto S. P adre e de’ suoi frati... determ inò
m andare li suoi discepoli in tu tte le Provincie d ’Italia... Il S. Padre
distribuì ai suoi discepoli le suddette Provincie et come vero im ita ­
tore di Cristo Signore Nostro, che prim um coepit facere et postea docere... si elesse, anzi in sorte li toccò la Provincia di Toscana, a fr.
Bernardo (d a) Quintavalle la Provincia di Bologna... A fr. Simone
d’Assisi, a fr. Giacomo d ’Assisi (e a) fr. Agostino d ’Assisi toccò il Re ­
gno di N apoli, agl’altri l ’altre Provincie.
Questi evangelici predicatori avevano studiato non in studii di
omini terreni scienze vane et m undane, ma nel studio della santa cro ­
ce, m ortificazione, astinenza, carità e desiderio della salute del pros ­
simo, et letto di continuo con la m editazione in quel santo libro della
vita, passione et m orte di N.S. Gesù Cristo, scritto con penne di chiodi,
lancie etc., con lettere di sangue : divennero perfetti discepoli et veri
im itatori del P.S. Francesco nel disprezzo del mondo, nella m ortifi ­
cazione della carne, nella pazienza, nella carità, n ell’amore di Dio e
del prossimo, nella santità et esem plarità della vita con la quale più
che con le parole predicavano.
Come obbedienti discepoli, prostrati a terra, presero la benedi ­
zione dal S. Padre, et fra di loro am ati fratelli si licenziarono et
raccom andarono l’un all’altro alle loro sante orazioni e per il cam ­
mino d ’Abbruzzo entrarono nel Regno di N apoli, predicando da terra
in terra la penitenza de’ peccati, l ’osservanza della legge evangelica
et il disprezzo del mondo ; e p er la novità delle vesti e p er l’estrem a
povertà, prim a d ’essere conosciuti p er religiosi e veri disprezzatori del
mondo, erano disprezzati, vilipesi, tenuti per pazzi et om ini dis’u tili,
quali per non faticare m enavano quella vita oziosa p er vivere m en ­
dicando, quali p er tutto l’anno 1211 s’occuparono in predicare la
parola di Dio nella Provincia d’Abruzzo. Dopo si divisero: fr. Giacomo
col compagno prese il cammino per la Provincia di S. Angelo p red i ­
cando con grande spirito et nella terra di Foggia in Puglia vi edificò
un povero convento per la sua Religione, nel quale ricevi (sic) con
licenzia del S. P adre alcuni giovani alla Religione...
N ell'anno 1212 fr. Simone d ’Assisi col P. fr. Agostino ed altri
com pagni, dopo dim orato alquanto nella Provincia d ’Abruzzo, se ne
calò predicando per Sulm ona, Pesco Costanzo, Castello del Sanguine
(sic), Isernia, la valle di Benevento, P rincipato U ltra, T erra di Lavoro
et P rincipato C itra, e bona p arte del Regno.
Fu questo fr. Simone d’Assisi di vita tanto esem plare et devota,
di sì grande spirito et devozione, fu innalzato a tanta contem plazione
che sibbene era frate semplice et senza lettere um ane, parlava nondi ­
meno nelle prediche e ragionam enti fam iliari cose tanto alte dello
amore divino che ben si conosceva non da terreno, ma da celeste
maestro aver im parato. Spesso era rapito in tanto grande eccesso del ­
l’amore di Dio che restava di sì fatta m aniera insensibile che, postoli
(sic) da secolari, per provarlo, l’accesi carboni sopra li nudi piedi,
non sentiva l’ardore di quelli.
Predicava con grandissim o spirito et fervore, convertiva li pec ­
catori alla strada della salute et (a ) lasciare il m ondo e le sue vanità.
Edificò alcuni conventi in m olte terre, ma piccoli et poveri conforme
all’intenzione et voluntà del P.S. Francesco, et in particulare il con ­
vento detto della Trinità d i M onticelli fra Sava et Saragnano, casali
d i S. Severino, nel quale abitarono frati di S. Francesco et riceverono
giovani all’abito. Et detto fr. Simone, predicando un giorno nella
terra di S. Severino vicino Salerno, con grande spirito et fervore il
disprezzo del mondo con le sue vanità et sensualità, la penitenza delli
peccati et l’acquisto dell’amore di Dio, un giovane m olto nobile et
ricco, ma altrettanto sensuale, allevato d a’ suoi p aren ti con m olta
com odità et delizie, per le sue prediche venne in tan ta com punzione,
desiderio di fare penitenza de' suoi peccati, lasciare il m ondo et ser ­
vire a Dio, et dal detto fr. Simone et com pagni con licenza del S.P.N.
Francesco ricevè l’abito della Religione et fu posto a fare il noviziato
in questo piccolo convento, fundato in Sanseverino nel loco detto
M onticello, ma piccolo et povero.
Questo giovane, facendo il noviziato, dal dem onio fu tentato di
gravissima tentazione di carne : ricorse più volte alle orazioni, alle
penitenze, discipline, et con tutto ciò la tentazione non cessava. Dif ­
fidato di poterla vincere, determ inò ritornarsene al secolo; che però
se n ’andò da fr. Simone, li manifestò la sua intenzione e dim andò le
sue vesti p er uscire dalla Religione. Fr. Simone li disse che sedesse
e posasse alquanto il capo nel suo seno : ciò fatto, fr. Simone levò gli
occhi al cielo, fu rapito in estasi, nella quale con fervente orazione
raccom andò il novizio al Signore: et ritornato d all’estasi, lo ritrovò
libero dalla tentazione et confirm ato nel proposito di servire a Dio
nella R eligione: et giunse a tanto grado di carità che, dalla giustizia
essendo condennato uno m alfattore a doverseli cavare gl’occhi, pregò
il giudice instantem ente (che) restasse contento cavarne uno ad esso
et l’altro al condennato, acciò quel povero non restasse privo di am ­
bedue gli occhi, P. Guadigno, anno 1210, num. 42; Croniche, parie
p rim a , libro 6, cap. 42; et nai n e ll ’anno 1212, num. 2, 3.
P er rito rn are al nostro proposito, questo convento della T rinità
di S. Severino, detto de M onticelli, (fu) edificato, ma piccolo et po ­
vero, dal detto F r. Simone et com pagni; et in questo riceverono novizii alla Religione et fecero il noviziato, come s’è d etto ; quale con ­
vento, in successo di tempo essendo bruciato, dalli devoti fu reedifi ­
cato più grande e più bello che non era anticam ente ». ( 1).
Il P. Niccolò stendeva la sua Cronaca nel convento di S. Lorenzo
di Salerno tra il 2 gennaio e il 2 febbraio 1642, come risulta dalle note
m arginali del suo m anoscritto (2). Era necessario riferire tutto il testo
p er renderci conto come abbia ricostruito avvenim enti storici del 1212
senza docum enti degni di fede, soltanto appoggiato sulla tradizione
orale, se p u r esisteva, e su qualche frase staccata dei cronisti dello
Ordine.
P er la verità storica dobbiam o precisare che non tutti i contem ­
poranei e com provinciali del P. Niccolò la pensavano come lui. In ­
fatti i due suoi com pagni di studio e successori nel provincialato,
P. B onaventura Barbarico da S. Severino (1644 - 1647) e P. P ietro da
Cilento (1647 - 1650), nelle loro relazioni m andate ai C apitoli o
Congregazioni G enerali, non fanno neppure il minim o accenno alla
venuta del B. Simone a Baronissi, pur avendone sentito discorrere
dal nostro cronista, poiché scrivevano dopo di lui.
In fatti il prim o in una « Nota delli conventi di questa Riform ata
Provincia de P rincipato », che porta la sua firm a ed è conservata
negli atti definitoriali ( 3), a proposito del convento in questione così
si esprim eva: « Il convento della SS. T rinità di S. Severino, situato
sopra una collina, circondato da diversi castelli e casali dell’istessa
valle, alcuni più vicini, altri più lontani, è stato convento dell’Osservanza et ora (è) posseduto da’ Reform ati da 50 anni incirca. In questo
convento vi possono vivere di quotidiana m endicazione trenta frati e
ci sta la bottega delli panni per la com unità di tutta la R iform ata
(1) Cronaca, pp. 525 - 529.
(2 ) Cronaca, pp 511 e 561.
(3 ) A rch. Prov. Salernitano - Lucan., L ibro I, i . lOQr.
Provincia, et è il secondo convento di detta Provincia, e non vi sono
scritture della sua fondazione, et è convento di studio. Vi sono necessarii dieci sacerdoti, sei confessori, due o tre predicatori, quattro
chierici, dieci laici di servizio e cinque per la bottega, e vi possono
stare quattro o sei studenti ».
Il P. P ietro da Cilento, a proposito della fondazione, nota sem ­
plicem ente che non si sa niente di certo al di fuori di quello che ne
scrive il Rev.mo P. Francesco Gonzaga (1). Questo prudente riserbo
non venne im itato dai loro successori nelle relazioni che sono a nostra
conoscenza.
In fatti il P. B onaventura da M ercogliano (1662 - 1665), amico in ­
timo e fedele collaboratore del P. Niccolò da Spinazzola, si lim ita a
rip etere le sue afferm azioni traducendo in latino il testo della sua
cronaca : « Huic initium dedit B. Sim on Assisias, Seraphici S. P.
Francisci socius, qui in honorem SS.mae T rin itatis parvulum et ino pem condidit, sicut noverat sanctissimo P a tri in optatis esse » (2). E
circa 80 anni dopo il P. B ernardo da Cilento dei baroni di Casigliano
(1739 - 1742), volendo essere più esatto e scrupoloso, ne anticipava la
fondazione di due anni : « Conventus iste prim am agnoscit fundationem
a B. Simone Assisiate S. P. N. Francisci socio circa annum 1210 » (3).
Nel 1856 il P. Giuseppe A ddivinola da C ontrada, sem brandogli
ancora troppo poco, aum entava la dose riportando la fondazione al
1208, quando l’O rdine francescano non era stato ancora fondato:
« Provincia P rincipatus 18 conventibus c o n s ta t......... SS. mae T rin i ­
tatis prope Septem pedam anno 1208 constructo, qui commode sustentat 43 F ratres, in Archidiocesi S alernitana » (4).
I
lettori intelligenti si saranno già accorti che il racconto del P.
Niccolò nasce dal desiderio di esaltare il convento di Baronissi, nel
sentire da lui stesso che nessun autore p arla dell’anno in cui questo
convento fu fondato. Se egli era convinto di questo silenzio delle fonti
storiche, perchè affannarsi tanto a condurre il B. Simone da Assisi a
Baronissi attraverso un itinerario così m inuzioso, quasi fosse stato
uno della pia com itiva, e a descrivere la sua predicazione e la con ­
versione del nobile sanseverinese, il quale poi sarebbe stato ammesso
all’Ordine con licenza di S. Francesco e avrebbe fatto il noviziato
precisam ente nel convento di Baronissi?
(1)
(2)
(3)
(4)
Arch. S. Isidoro in Rom a, ms. mise. 6, p. 493.
Arch. S. Isidoro in Rom a, ms. mise. 5, f. 5v.
Coco P., I Francescani in T erra d i Lav., in Stud. Frane., 1934, p. 344.
4reh. Gen. O. F. M., Doc. della P rov. R if. d i Princ., p. 39.
La colpa, se di colpa si può parlare, in p arte fu del nostro cro ­
nista, in p arte fu anche del W adding che, trattando del B. Simone e
della sua predicazione, riferisce il fatto della conversione di quel
giovane e dice che questi era appunto del nostro Sanseverino: « e
Sancto Severino, C am paniae inter Picentinos nobilissimo oppido, ex
quo clarissim ae Sanseverinatum fam iliae origo » (1). Senza dubbio
il W adding non poteva essere più preciso, perchè a tu tti è noto che
il Sanseverino della Cam pania è precisam ente il nostro, da cui eb ­
be origine la nobilissim a fam iglia Sanseverino.
Questo è il fondam ento del racconto del P. Niccolò da Spinaz zola, il quale però non lesse più giù ciò che l'annalista aggiungeva a
proposito dell'atto di carità verso il m alfattore condannato a perdere
i due occhi: « Alios attribuere hoc factum B. Junipero notat Rodul phus (2), sed ipse cum M ariano (3), Marco (4) et fr. Hugolino de
Monte S. M ariae (5), qui res Provinciae Picenae speciali comple xus est tractaculo m anuscripto, huic adscribunt. Forsan rem similem egit etiam B. Juniperus » (6). Dunque un fatto accaduto nelle
M arche viene spostato nel Salernitano e dà origine alla leggenda del ­
la fondazione del convento di Baronissi per opera del B. Simone da
Assisi! In fatti se fr. Ugolino da M onte S. M aria, figlio della Provincia
(1) Annales, ann. 1210, num. 43 (I. Quaracchi 1931, p. 107).
(2) H istoriarum Seraphicae R eligionis lib ri tres, Venezia 1586, f. 129v; « M ul.
ta efficacia devotionis (B . Simon) explicabat verbum Dei, ex quo cum iuvenis de
S. Severino eum predicantem audivisset, conversus fuit ad Christum et dimissis
diaboli vestigiis se totum Christo consecravit. Narratur quoque de ilio , quamvis
alii attribuant hoc exem plum B. Iunipero, quod cum iudex vellet sententiam ferre
in quondam malfactorem, ut ambobus oculis privaretur, ne pauper caecus etiam
maneret, instanter rogavit iudicem , ut pauperi altenim oculum reliqueret et sibi
unum erueret. Cum in sylva Brufortii oraret garrituque avium divexaretur, prae cepit eis in nom ine Dom ini, ut recederent, et illae paruerunt ».
(3) N el Compendium. chronicarum O rdinis Fr. M inorum , Quaracchi 1911, p. 8
d ell ’estratto, F. Mariano dice soltanto : « Sim on de Assisio, vir solitarius et ma gnae contem plationis et speculum lucidae sanctitatis et omnium virtutum. Qui
licet numquam grammaticam didicisset, tamen tam profunde et tam alte de Deo
loquebatur. Cuius m iracula, auctoritate Gregorii noni, episcopus spoletinus approbavit ». Il cronista fiorentino riferiva il fatto nelle sue cronache, delle quali
si servì il W adding; esse sono andate perdute. Cfr. C a n n a r o z z i C . , 0 . F. M., Una
fonte prim aria degli Annali d e l W adding, (Il Fasciculus Chronicarum d i fra Ma ­
riano da Firenze , in Stud. Frane., S. 3, ann. II (1930), pp. 251ss.
(4) Riferirem o il suo testo dopo.
(5) Conosciamo il suo testo soltanto attraverso la citazione del Wadding. L ’au.
tore morì verso la fine del sec. XIII o al principio del sec. XEV. Cfr. A nalecta
Franciscana, III, p. 67, n. 5.
(6) Annales, ann. 1210, num. 43, (I, p, 107).
delle M arche, della quale raccolse le m em orie storiche, attesta di aver
conosciuto il nobile giovane convertito, logicam ente bisogna dedurne
che l’avvenim ento si sia verificato nelle Marche.
Q uindi il nostro Sanseverino non c’en tra p er niente e il B. Simone non è mai venuto a Baronissi per fondarvi il convento della SS.
T rin ità. Il suo apostolato, oltre che nell’U m bria, si sarà svolto in buo ­
na p arte nelle M arche, dove si conservano altri ricordi di lui. In fatti
una volta, trovandosi nel convento di B runforte, com andò alle cor ­
nacchie di allontanarsene p er non disturbarlo dalla contem plazione
e queste subito lo ubbidirono, come riferisce il W adding (1), sulla
testim onianza del suddetto fr. Ugolino da Monte S. M aria, il quale
di più aggiunge di essere stato p er qualche tem po di fam iglia in quel
convento senza vedere mai uccelli.
L’annalista irlandese cadde in errore p er la sua ignoranza geo ­
grafica o trasse la notizia da altre fonti? Egli, come risulta dalle sue
parole da noi rip ortate, si appella al R idolfi, a fr. M ariano da F iren ­
ze, al P. Marco da Lisbona e a fr. Ugolino da M onte S. M aria. Orbene
nè il Ridolfi, nè fr. Ugolino afferm ano che il convertito era di Sanseverino del Salernitano, anzi il secondo fa chiaram ente com prendere
il contrario, poiché egli tratta le vicende storiche della sua Provincia
Picena e non di T erra di Lavoro, di cui il Salernitano allora faceVa
parte. Di fr. M ariano da Firenze non conosciamo l’opera in tera u tiliz ­
zata dal W adding, ma soltanto il com pendio, in cui si p arla di fr. Sim one, ma nulla si dice del giovane da lui convertito (2). F. Marco
da Lisbona accenna sì al giovane sanseverinese, però non specifica se
fosse delle M arche o del Salernitano. C rediam o u tile rip o rtare le sue
parole, perchè egli col W adding fu la fonte a cui direttam ente attinse
il P . Niccolò da Spinazzola: «R agionando una volta di Dio questo
buon P adre (Sim one D’Assisi), dichiarò con tanto fervore l’obbligo
c’avemo a N. Signore e alla salute nostra, che un giovanetto secolare,
che ivi era presente, si risolse a lasciare il m ondo e farsi religioso, ed
era questo giovane nativo di Sanseverino, dove gli diede l ’abito dello
Ordine » ; l’autore continua raccontando la tentazione e la liberazione
per le preghiere del B. Simone (3).
Dal detto fin qui risulta che il P. Niccolò da Spinazzola, tenen ­
do sotto gli occhi i testi del W adding e di fr. Marco da Lisbona, creò
(1) Annales, ann. 1210, num. 44, (I, p. 107).
(2) C om pendium Chron. p. 8.
(3) C roniche d egli O rdini in stitu iti dal P. S. Francesco, parte I, voi. l i , libro
VI, cap. 47 (V enezia 1599, p. 105s).
la leggenda della venuta del B. Simone a Baronissi e della fondazione
del convento, prendendo dal prim o la notizia che il giovane conver ­
tito era di Sanseverino nel Salernitano, e dal secondo che il B. Simone
lo ricevè all’abito nel convento di Sanseverino, che, logicam ente, am ­
messa come vera l’afferm azione del W adding, non poteva essere se
non quello di Baronissi.
Possiamo addurre anche altri argom enti per sfatare la leggenda
e convincere chi ancora ne dubitasse. Che ne dice fr. Paolino da Ve­
nezia? A nessuno sfugge il valore della sua testim onianza, essendo egli
stato vescovo di Pozzuoli per venti anni, cioè dal 1324 al 1344 ( 1).
Egli nell’elenco dei conventi della Provincia di T erra di Lavo ­
ro, salta proprio quello della SS. T rinità di Sanseverino o Baronissi.
In fatti per la Custodia Salernitana nomina soltanto quelli di Salerno.
Amalfi, Ravello, Sorrento, Castellam m are di Stabia, Sarno, Giffoni e
Nocera dei Pagani, m entre per la Custodia di P rincipato fa m enzio ­
ne di quelli di Eboli, Diano o Teggiano. Potenza, A uletta, Agropoli.
Muro Lucano, Saponara. Cuccari, M ontela, S. M aria e Marsico ( 2).
Ci si potrà opporre che l’argom ento del silenzio conta poco,
poiché potè sfuggire a fr. Paolino da Venezia. Ne conveniamo pienam en ­
te in linea di m assim a; però nel caso nostro crediam o precisam ente che
l’argomento del silenzio sia di un valore eccezionale per il fatto che
fr. Paolino fu per tanti anni vescovo di Pozzuoli. Possibile che in un
periodo di tem po così lungo non si sia inform ato dai N apoletani del
numero e del nome dei conventi della loro Provincia? P er noi il suo si­
lenzio è una ragione così forte da farci ritenere, fino a prove in contra ­
rio, che il convento di Baronissi non è anteriore al 1334, data di compo ­
sizione dell’opera storica di fr. Paolino (3).
Il convento di Baronissi è anteriore a quello di M ercato S. Seve ­
rino, come abbiam o detto, fondato nel 1358? E ’ una dom anda alla
quale non possiamo rispondere in modo decisivo, però è molto pro ­
babile che quello di Baronissi sia posteriore. Le parole delle bolle del
1358 e del 1372, le quali parlano de castro S. Severini e burgo S. Severini a proposito del convento di Mercato S. Severino, potrebbero, a
prim a vista, far sospettare che ve ne fosse un altro in qualche villag ­
gio vicino, ma bisogna provarlo. Se ci fosse stato un altro convento
(1) E u b e l C., P rovinciale O rdinis Fratrum M ino rum vetustissim um secundum
codicem vaticanum nr. 1960, Quaracchi 1892, p. 4; H ierarchia, I, p. 430; G h i n a t o
P. A l b e r t o . O.F.M., Fr. Paolino da Venezia O.F.M., vescovo di P ozzu oli ( + 1344),
Roma 1951, pp. 45 -60.
(2) E u b e l C., P rovinciale, p. 49.
(3) G h i n a t o A ., Fr. Paolino da Venezia, p . 79s.
nel territo rio sanseverinese, i sollecitatori e l ’estensore della bolla
avrebbero dovuto specificarlo per evitare quelle confusioni che di fa t ­
to sono sorte in seguito.
Un altro argomento abbastanza probante p er la p rio rità del con ­
vento di M ercato S. Severino è desunto dall’opera di fr. Bartolom eo
da Pisa, scritta tra il 1385 e il 1390 (1). Questi, nell’elenco dei con ­
venti della Custodia salernitana ne pone uno soltanto sotto il nome
di Sanseverino, m entre ne avrebbe dovuto nom inare due, se quello
di Baronissi fosse stato già fondato (2). Si potrà obbiettare che que ­
sto forse era già sorto dopo il 1344, ma non si trova nell’elenco di fr.
B artolom eo per il fatto che i due conventi andavano sotto il nome
di Sanseverino, e che quindi l’autore si sarà confuso e ne avrà m en ­
zionato uno soltanto. E ’ possibile, anche per il fatto che fr. B artolo ­
meo om ette il convento di Potenza, di cui faceva m enzione fr. P ao ­
lino da V enezia; ma prim a di afferm arlo come certo, bisogna p ro ­
varlo con argom enti più convincenti che per ora non si possono ad ­
durre. Nel dubbio la presunzione sta in favore di quello di M ercato S.
Severino, di cui si possiede la bolla di fondazione, m entre p er quello
di Baronissi abbiam o soltanto la leggenda sorta nel secolo XVII, la
quale non resiste alla critica storica, come abbiam o già dim ostrato.
P iù di tanto non possiamo afferm are allo stato attuale delle fonti a
nostra disposizione.
4. — IL CONVENTO DI BARONISSI AGLI ALBORI DELLA SUA STORIA.
Dopo la dem olizione della leggenda che fissa la fondazione del
convento di Baronissi verso il 1212 p er opera del B. Sim one d ’Assisi,
il letto re ci dom anderà certam ente se possiamo stabilire, alm eno ap prossim ativam ente, la sua data di nascita verso la fine del Trecento o
agli inizi del Q uattrocento. P er rispondere occorre risolvere alcune
difficoltà. Il convento fu fondato dai C onventuali o dagli Osservanti
di T erra di Lavoro? E se fu costruito dai p rim i, quando passò ai
secondi?
Gli storici dell’O rdine non ci offrono notizie in proposito. Nes ­
sun docum ento si trova attualm ente non solo nell’archivio generalizio
(1) Per la data di com posizione d ell ’opera di fr. Bartolom eo da Pisa, Cfr. Ana.
le d a Franciscana, V, Quaracchi 1912, pp. XXIVss.
(2 ) De conform itate vitae B. Francisci ad vitarn D om ini Iesu, in Analecta Frane.,
IV, Quaracchi 1906, p. 529.
dei F rati M inori, ma neanche in quello dei Conventuali, come ci assicu ­
rava il dotto P. Giuseppe Abbate, 0 . F. M. Conv. La stessa lacuna
si nota negli archivi degli Osservanti di N apoli e di P rincipato, es.
sendo andati distrutti o dispersi i loro fondi durante le soppressioni
del secolo scorso. Dobbiamo perciò procedere cautam ente e per via
di induzioni per giungere ad una conclusione più o meno probabile.
Sem bra un fatto incredibile che il convento di Baronissi debba
m endicare qualche punto di appoggio p er provare la sua esistenza
dopo due secoli dalla sua creduta fondazione ! P er conforto dei
nostri confratelli, possiamo afferm are che il convento e la chiesa esi.
stevano certam ente nella prim a m età del Q uattrocento. P er essi senza
dubbio è ben poco, ma p u r è molto ; p er giungere a questa conclu ­
sione abbiam o dovuto superare gravi difficoltà dovute in massima
parte alla negligenza dei nostri predecessori, i quali in tanti secoli
non raccolsero le notizie e non ci diedero un lavoro attendibile sul
francescanesimo nel Salernitano. Così anche belle figure di frati, che
nei secoli scorsi illustrarono i nostri conventi, frequentem ente sono
assegnate gratuitam ente ad altre regioni d’Italia. Ciò si verifica pro ­
prio per il convento di Baronissi, che di nuovo vien confuso con
quello di Sanseverino M arche. Viene così attribuito a quest’ultim o
un venerabile della nostra regione, vissuto nel Q uattrocento e se ­
polto nella chiesa della SS. T rin ità : fr. Paolo da Olevano sul Tu sciano.
Che la chiesa del convento di Baronissi esistesse già nella secon ­
da metà del secolo XV è provato dal fatto che in essa si conserva
ancora oggi la tom ba del cavaliere Giulio de S. B arbato, m orto nel
1472, come si rileva d all’epigrafe: « Iuliusegregius miles hoc jacet
in tum ulo quo fuerat n ull(us) praestantior arm is — de Sancto B ar ­
bato cognomen illi fuit qui obiit A. D. MCCCCLXXII ». Il suo sepolcro
si trova sul pavim ento a destra di chi entra in chiesa, e la effigie
m arm orea del defunto per fortuna non è rovinata dal calpestio dei
fedeli, trovandosi accanto al pilastro tra la prim a e la seconda cap ­
pella, dove ordinariam ente nessuno accede se non p er la curiosità di
am m irare il cavaliere dorm iente che attende supino lo squillo della
resurrezione.
Il secondo argomento, evidentem ente più valido del precedente
per il nostro scopo, è dedotto dal fatto che nel secolo XV m orirono
in concetto di santità nel convento di Baronissi i servi di Dio fr.
Paolo da Olevano sul Tusciano e fr. B ernardo da Capaccio, i cui corpi
vennero sepolti in u n medesimo loculo e p e r m olto tem po si conser ­
varono in tatti. A ttualm ente non si conosce il luogo del loro sepolcro,
essendo andato in oblio dopo la ricostruzione della chiesa nella p ri ­
ma m età del secolo XVI.
Della sepoltura dei due servi di Dio nella chiesa della SS. T ri ­
nità fanno menzione il P. Niccolò da Spinazzola (1) e il P. Bonaven ­
tu ra da M ercogliano (2 ); però la loro testim onianza non ha molto
valore, perchè essi desumono la notizia non dai docum enti del con ­
vento o dalle lapidi della chiesa, ma dai cronisti dell’O rdine, i cui testi
riferirem o m an mano per dim ostrare come per ignoranza o inavver ­
tenza, non già p er m ala fede, il venerabile fr. Paolo da Olevano sul
Tusciano (Salerno) in seguito venne trasform ato in fr. Paolo da Levanto (Spezia) e fatto m orire in S. Severino M arche.
Come avvenne questa trasform azione di fr. Paolo da Levano in
fr. Paolo da Levanto consacrata anche nel m artirologio francescano?
Esam iniam o le fonti a nostra conoscenza, prendendo le mosse dalla
più antica, che a nostro parere è la più esatta.
(1) Cronaca, p. 254: « N e lla terza parte delle Croniche de ’ Frati M inori cap.
24, fol. 231, si legge che n e ll ’anno 1495 il P. Paulo d e l Levano della Provincia di
N ap oli, religioso di grande spirito di orazione et carità, che nella predica fece gran ­
de profitto aH’anim e; passò al Signore questo beato Padre nel monasterio della
Trinità vicino a S. Severino, et dal popolo onorato con nom e di santo e
da N. Signore con m olti m iracoli. Vedi n e ll ’anno 1594, num. 8 ». E a
pagina 529 ritorna su ll ’argomento : « Fr. Paulo d e l Levano, terra della d io ­
cesi Salerno, religioso della Provincia di Terra di Lavoro, di grande spirito,
di grande oratione et carità, predicatore apostolico e nel predicare fece grandis ­
simo frutto all ’anime, perchè le sue parole erano carboni accesi d e ll ’amore di
D io: passò da questa presente a m iglior vita n ell ’anno 1494 il dì 2 di marzo et
fu sepp ellito in questo suddetto convento della Trinità di M onticello di S. Se ­
verino ; per mezzo del quale N. Signore ha operato m olti m iracoli, e non solo
da quel popolo è tenuto per santo e beato, ma anche dal P. fr. Augustino di
Bruselles nella Genealogia de ’ Santi d ell ’ Ordine è posto fra li Beati nel suddetto
anno; e per essere morto et sepp ellito in questo convento l ’avemo numerato fra (li)
religiosi che tengono origine da questa patria di S. Severino, perchè nella
Terra del Levano non vi è convento d ell ’Ordine nostro. Il m artirologio fran ciscano con queste parole narra la sua vita e dice che morì il dì 2 di marzo c ir ­
ca l ’anno 1495 : « Apud Septempedanos beati Pauli a Levanto confessoris et concio natoris exim ii » e nel paragrafo 6 dice : « devotionem et caritatem ita insectatus
est, ut factus concionator pluribus extiterit causa salutis, m oriens autem titulo
sancti viri insignitus est ob ingentia m iracula ab eo edita; obiit in conventu SS.mae
Trinitatis prope Septem pedanos sive S. Severini oppidum ». Il nostro cronista
non cita il W adding perchè, quando egli scriveva la sua opera, l ’annalista ir ­
landese aveva pubblicato soltanto i primi due volum i, i quali vanno fino al 1450.
Il P. N iccolò in attesa della pubblicazione degli altri salta nel suo manoscritto
dal 1450 al 1540, però senza lasciare nessuna pagina in bianco.
(2) Arch. S. Isidoro in Rom a, ms. m ise. 5, f. 6r.
Il prim o a parlare dei due servi di Dio fr. Paolo da Olevano
sul Tusciano e fr.B ernardo da Capaccio, per quanto sappiam o, è fr.
M ariano da F irenze, morto nel 1523 (1). Egli nel com pendio delle
sue cronache (2) pone la loro m orte al 1451 senza specificare il
luogo della loro sepoltura ; dal contesto però fa com prendere ch iara ­
m ente che essi appartenevano alla Provincia di T erra di Lavoro. In ­
fatti li nom ina subito dopo il B. P ietro da A nterula o A ierula (3) e
il B. Reginaldo de Orsaria (4), il prim o dei quali fu Vicario degli
Osservanti di T erra di Lavoro e m orì nel convento di S. Giovanni del
Palco di Lauro, m entre il secondo si spense in quello di S. Angelo
presso Nola.
La data di morte di questi servi di Dio potrà essere anticipata
o posticipata di qualche anno; mai però si potrà rip o rtarla verso la
fine del secolo XV. Infatti per il B. Reginaldo il Gonzaga (5) afferm a
che alcuni anni dopo la sua m orte e precisam ente nel 1486 il Vicario
Provinciale P. Giovanni Tom acelli fece esum are il suo corpo dal se-
(1) Per la vita del cronista fiorentino cfr. C a n n a r o z z i C., Ricerche sulla vita
di fra Mariano da F irenze e Una fonte prim aria d egli Annales, in Stud. Frane.,
1930, pp. 31ss, e 251ss., dove l ’autore dimostra che fr. Mariano morì nel 1523.
(2) C om pendium cron., p. 113s: « Secundum Capitulum Generale Ultramun tanorum celebratum est Barellinone anno Dom ini 1451... Ipso quoque anno ex
hac vita migravit ad coelestia regna... Petrus de Anterula, Vicarius Provinciae
Terrae Laboris, tantae sanctitatis fuit, ut aquam in optimum vinum mutaret. Apud
Lauram requiescit Raynaldus laicus, de Orsaria, cuoquinarius, cui angeli in co quina servierunt, et plurima prodigia sanctitatis ostendit. Paulus de Levano, la i ­
cus, spiritu Dei repletus, per civitates et castra omni die verbum vitae soleinniter
proponebat, cum fructu animarum et gloria miraculorum. Bernardus de C apaccio.
vivens miracula patravit atque spiritu prophetico claruit. Herculanus de Piagale,
eodem anno 1451, in Castronovo Carphagnanae deliciter obdorm ivit in Domino ».
(3) In Campania non esiste un paese detto Anterula, ma solam ente A irola (B e .
nevento) e Agerola (N apoli). M olto probabilm ente il B. Pietro era nativo di Age rola che corrisponde m eglio al latino Aierula o A ierola. Il W adding, Annales, ann.
1383, num. 6 (IX , Quaracchi 1932, p. 64) lo dice de A ierola, m entre altrove,
cioè ann. 1506, num. 10 (XV, Quaracchi 1933, p. 384), lo chiama de A nterula.
Nel M artirologio francescano è ricordato al 30 luglio. N ella edizione di fr. Arturo
di Rouen è detto d e A ierola, mentre in quella dei Padri Beschin e Palazzolo è
chiamato de A nterula. Il Gonzaga, De Orig. Seraph. R elig., p. 530, riporta la
forma giusta de Aierola. I! Padri Beschin e Palazzolo, M artyrologium Francisca.
num, Roma 1938, p. 286, nota 6, dicono che « obiit circa a. 1450 » allontanandosi
dal cronista fiorentino che pur citano.
(4) G o n z a g a F., De Orig. Seraph. R elig ., p. 530; F r . M
nicheJ parte ITI, libro 8, cap. 28 (V enezia 1591, f. 262rv).
(5) De Orig. Seraph. R elig., p. 530.
a rc o
d a L isb o n a ,
Cro ­
polcro comune dei frati per collocarlo in chiesa in un luogo più con ­
veniente, dove tu tto ra è conservato. Inoltre nel cronista fiorentino
n«|n si trova neppure il m inim o indizio p er poter afferm are che
uno dei q uattro venerabili, cioè fr. Paolo, sia nato in Liguria e poi
m orto nelle M arche. Egli infatti esplicitam ente dice che era de Leva ­
no, non de Levanto.
F r. Marco da Lisbona, m orto nel 1591 (1), nelle sue cronache
trascura fr. P ietro da A nterula o A ierula e fr. B ernardo da Capaccio,
però fa m enzione degli altri due e li dice figli della Provincia di
T erra di Lavoro. Soltanto per la data di m orte com incia ad oscillare,
injfroducendo inesattezze che in parte saranno poi ritenute dai cro ­
nisti posteriori. Infatti per fr. Reginaldo afferm a che è sepolto nel
convento di S. Angelo di Nola, ma ne parla al 1506 senza dire espres ­
sam ente che sia morto in tale anno. Questa circostanza potrebbe
in d u rre in errore qualche lettore incauto e poco riflessivo, facendogli
credere che sia m orto nel 1506, m entre, come abbiam o detto, già
nel 1486 il suo corpo veniva esum ato e collocato in chiesa.
P e r fr. Paolo il cronista lisbonese riferisce che era d i Levano,
come fr. M ariano da F irenze; però ne pone la m orte al 1495 senza
addurre il motivo di questo cam biam ento di data. L’elem ento nuovo e
veram ente prezioso è costituito dal fatto che fr. Marco pone la sepol ­
tu ra di fr. Paolo nel convento della T rinità presso Sanseverino, che
corrisponde senza dubbio a quello di Baronissi. Ecco le sue parole :
« N ell’anno di N. Signore 1495 si celebrò il 96 C apitolo Generale....
In questo tem po passò al Signore... fr. Paolo da Levano della P ro ­
vincia di N apoli, fu religioso di gran spirito d’orazione e carità, ed
essendo da’ P relati conosciuto ch’era in lui la sapienza divina, il fe ­
cero predicatore in un C apitolo e il m andarono a predicare le q u a ­
resime in m olti luoghi, ufficio che faceva con gran frutto delle ani ­
me. Passò al Signore questo beato P adre nel m onastero della T rin ità
vicino a San Severino, essendo dal popolo onorato col nome di Santo
e da N. Signore con m olti m iracoli » (2).
Già in fr. Marco com inciano ad affiorare inesattezze, poiché fr.
Paolo da laico diventa sacerdote e predicatore quaresim alista, m en ­
tre probabilm ente la sua era una predicazione spicciola come quella
dei p rim i com pagni di S. Francesco. Lo spostam ento della sua data
di m orte dal 1451 al 1495 da ora in poi sarà rip etu ta dai cronisti
(1) H o l z a p p e l P. H e b i b e r t u s , 0 . F. M. M anuale H istoriae O rdinis Fratrum
M inorum , Friburgo 1909, p. 521.
(2) Croniche, parte III, libro 7, cap. 26 (f. 231 -rv).
dell’Ordine, i quali tralasciano la data di fr. M ariano da Firenze.
Di più lentam ente Levanto si sostituisce a Levano e fr. Paolo della
Provincia di T erra di Lavoro diventa m embro di quella delle M arche.
Chi operò il cam biam ento della patria al nostro venerabile? Non
sappiam o dirlo con precisione ; in parte concorre il W adding, il
quale all’anno 1495 dei suoi A nnali (1) ne pone la m orte nel con ­
vento della T rinità presso Sanseverino e lo dice appartenente alla
Provincia di Terra di Lavoro, però lo fa nascere a Levanto in pro ­
vincia di Spezia. E ’ la prim a volta che il convento di Baronissi ha
l’onore di essere m enzionato dal W adding, ma con una im precisione
che lo priverà di un servo di Dio m orto tra le sue m ura.
Il cronista irlandese, dim entico della m utazione fatta del paese
di nascita di fr. Paolo all'anno 1495, torna di nuovo sull’argomento
a ll’anno 1506 e nello stesso volume ritra tta im plicitam ente ciò che
ha afferm ato in precedenza. Infatti nel dare l’elenco dei conventi ap ­
partenenti agli Osservanti di T erra di Lavoro pone al num ero 29
quello della T rinità di Sanseverino, aggiungendo che ivi sono sepolti
in uno stesso loculo fr. Paolo e fr. B ernardo. Questi resta di origine
capaccese, m entre al prim o restituisce la sua vera p atria , dicendolo
non più di Levanto, ma di Levano, come avevano afferm ato fr. M a ­
riano da Firenze e fr. Marco da Lisbona (2). Di questa ritrattazione
w addinghiana non tennero conto i com pilatori del m artirologio fran ­
cescano, i quali dal Seicento ai nostri giorni non solo hanno attribuito
a fr. Paolo per p atria Levanto, ma di più lo hanno fatto m orire nel
convento di S. Severino - M arche, m entre il cronista lisbonese e lo stesso
W adding per due volte lo dicono sepolto in quello della T rinità di
Sanseverino (B aronissi) nella Provincia di T erra di Lavoro.
Non crediam o necessario addurre tutte le edizioni del nostro
m artirologio p er provare la nostra asserzione, perchè dipendono l’una
dall’altra e si ripetono quasi con le stesse parole. Basta perciò citare
soltanto la prim a e la ultim a. N ella prim a, di fr. A rturo da Rouen,
fr. Paolo è ricordato al 2 marzo con la form ula generica: « Apud
Septem pedanos in Piceno, beati P auli a Levanto, confessoris et concionatoris exim ii, m iraculis claris » (3). In nota l'autore cita fr. M ar ­
co da Lisbona e il W adding, aggiungendo che « obiit in conventu SS.
T rinitatis prope Septem pedam sive S. Severini oppidum ».
(1) Annales, ann. 1495, num. 8 (XV, p. 112).
(2) Annales, ann. 1506, n. 10 (XV, p. 384).
(3) M artyrologium Franciscanum, Parigi 1638, pp. 82, 838.
N ell’ultim a edizione, curata dal P. Ignazio Beschin e dal P. G iu ­
liano Palazzolo, il testo arturiano è leggerm ente m odificato nella d i ­
citura, ma nella sostanza resta im m utato, poiché fr. Paolo è detto da
Levanto e vien fatto m orire in S. Severino - M arche ( 1). Gli editori,
accortisi della m utazione del paese di nascita, rim andano in nota al
com pendio delle cronache di fr. M ariano da Firenze, osservando che
forse p er errore tipografico ivi fr. Paolo è detto de Levano. Eviden ­
tem ente non si tratta di errore tipografico nel testo del cronista fioren ­
tino con cui concorda fr. Marco da Lisbona, ma di ignoranza della
geografia e un po’ anche della storia in chi p er prim o compose il
testo del m artirologio. Quindi logicam ente, ma erroneam ente, il P.
Palazzolo (2 ) così traduce il testo latino, com pilato da lui e dal P.
B eschin: « In S. Severino M arche, il beato Paolo da Levanto, confes ­
sore, il quale predicò la divina parola con frutto immenso delle ani.
me e fu pure illustrato da m iracoli (1495) ».
La trasform azione in tal modo è giunta al pieno sviluppo. Fr.
Paolo non è più di Levano (S alerno), ma di Levanto (S pezia); non
ap p artien e più alla Provincia di T erra di Lavoro, ma a quella delle
M arche; non è sepolto più nel convento della T rin ità di Sanseverino
(B aronissi), ma in quello di Sanseverino M arche. E ’ m ai esistito un
convento della T rinità in Sanseverino - M arche? P er quanto sappiam o,
il convento degli Osservanti di questa città portava il titolo delle
Grazie (3). P. Ciro O rtolano da Pesaro (4), nel dare l’elenco dei re li ­
giosi m archigiani m orti in concetto di santità, riferiva il nom e del
nostro servo di Dio e lo diceva m orto nel convento delle G razie, pur
citando il cronista fr. Marco da Lisbona che lo diceva sepolto in
quello della T rinità.
P er evitare che questo errore si perpetui, preghiam o i fu tu ri ed i ­
tori del m artirologio francescano di correggere l’erro re orm ai troppo
evidente dopo tutto ciò che abbiam o detto. F r. Paolo non è ligure,
m a salernitano, essendo nativo di Olevano sul Tusciano che, come
osserva il P rof. Carlo Carucci nella m onografia consacrata alla sua
p atria (5), si diceva « Lo Levano nel ’500 ». Di più si corregga il
(1) M artyr. Frane., p. 81 : « Septem pedae, in Piceno, Beati P auli a Levanto
confessori», qui magno animarum fructu verbum Dei praedicavit et miraculis
claruit ».
(2) M artirologio Francèscano, Tipografia Poliglotta Vaticana 1946, p. 66.
(3) D ’A r c n a t a P. A l e s s i o , O. F. M., Cronaca d ella R iform ata P rovincia dei
M inori nella Marca, Cingoli 1893, pp. 168«s.
(4) Santità francescano - picena, Pesaro 1932, p. 166.
(5) Un feudo ecclesiastico nell ' Italia M eridionale — Olevano sul Tusciano, Su.
luogo di m orte del santo fraticello, abolendo Sanseverino - M arehe e po ­
nendo Sanseverino nel Salernitano o meglio Baronissi. P arim enti si
corregga la data di m orte del 1945. posta da fr. Marco da Lisbona e dal
W adding, sostituendola con quella del 1451 di fr. M ariano da F i ­
renze (1), il quale è più attendibile, perchè più vicino a fr. Paolo, e
m erita quindi più fede, almeno fino a quando con prove convincenti non
venga dim ostrato che abbia errato.
E con questo fondamento possiamo procedere nel nostro studio
sulle origini del convento di Baronissi. Esso non soltanto esisteva nel
1451, ma vi m orirono in concetto di santità fr. Paolo da Olevano sul
Tusciano e fr. B ernardo da Capaccio. Questo fatto suppone evidente ­
mente che il convento in tale data era in piena efficienza e quindi
doveva essere stato fondato già da qualche tem po.
*
*
*
Il P. Bonaventura da Mercogliano nel 1664 (2) e il P. B ernardo
da Cilento ( 3) nel secolo seguente, afferm ano che il convento di Ba ­
ronissi nel 1449 passò dai Conventuali agli Osservanti di T erra di
Lavoro; però la loro è una sem plice asserzione non suffragata da
nessun docum ento storico. Di questo passaggio nulla dice il P. Niccolò
da Spinazzola nei vari punti della sua cronaca, in cui tratta del con ­
vento di Mercato S. Severino e di Baronissi. Essi per la loro suppo ­
sizione trovarono forse un appoggio abbastanza attendibile, benché
non lo dicano, nel W adding (4), il quale precisam ente all’ anno
1449 afferm a che S. Giovanni da Capistrano da P apa Niccolò V ot ­
tenne una bolla, in cui gli si concedeva la facoltà di fondare venti
conventi per gli Osservanti. L’afferm azione dei suddetti P adri a pro -
biaco 1938, p. 7; «O levano sul Tusciano, in provincia di Salerno, trae la sua
denominazione dagli olivi (Olivarum , Olibanum, Lo Levano nel ’500), alla pari
di Ogliastro, O liveto, dell ’antica Velia (E lea) ecc., e dal fium e Tusciano, che ri­
corda la dominazione etnisca nella Campania ».
(1) N el 1494 fr. Mariano da Firenze pone nella Provincia di Terra di Lavoro
la morte di un fr. Paolo de Sicilia. Cfr. C om pendium , p. 135. Forse questa coinci ­
denza di nome avrà spinto i cronisti posteriori a porre la m orte di fr. Paolo da
Olevano sul Tusciano nel 1495.
(2) Arch. S. Isidoro in Rom a, ms. mise. 5, f. 5v.
(3) Coco P ., I Francescani in Terra di Lav., in Stud. Frane., 1934, p. 343s.
(4) Annales, ann. 1449, num. 47 (XII Quaracchi 1932, p. 48); H u n t e r m a n i v
U ., O.F.M., Bullarium Franciscanum, N.S., I, Quaracchi 1929, num. 1322, p. 675s.
posito del passaggio del convento di Baronissi dai Conventuali agli
Osservanti in tale anno non regge, perchè non adducono docum enti ;
essa però ha un fondam ento di vero: in tale data gli Osservanti già
erano stabiliti a Baronissi, come bisogna dedurre dal fatto che due
anni dopo, cioè nel 1451, vi m orirono in concetto di santità fr. Paolo
da Olevano sul Tusciano e fr. B ernardo da Capaccio. I due servi di
Dio senza dubbio erano della gloriosa schiera degli Osservanti, che
in quel tem po di grande fervore fecero rivivere il periodo eroico del
Duecento in tutta l’Italia e un po’ anche nella nostra regione.
* * *
Il convento di Baronissi venne fondato dai Conventuali o dagli
Osservanti di T erra di Lavoro? Non possiamo stabilire niente di certo
p er m ancanza di docum enti; però, secondo il nostro modesto parere,
la fondazione con m olta probabilità è da ascriversi agli Osservanti,
perchè i C onventuali già possedevano fin dal 1358 a poca distanza
il convento di M ercato S. Severino.
La posizione isolata della collinetta di Baronissi senza dubbio
dovette attirare l’attenzione degli Osservanti salernitani, i quali, in
genere, come quelli di altre regioni d’Italia, in quei tem pi preferivano
luoghi solitari che facilitassero il raccoglim ento e la contem plazione.
Inoltre tra gli Osservanti del Salernitano non dovevano m ancare
frati sanseverinesi ( 1), ai quali stava a cuore la fondazione di un
convento della loro fam iglia in qualche villaggio dello Stato di San ­
severino, non soltanto p er un po’ di cam panalism o, ma anche per
avere un punto di appoggio sull’arteria stradale che congiungeva Sa ­
lerno con M ercato S. Severino, dove la via si biforcava p er N apoli
ed Avellino. Non avendo forse potuto ottenere il convento di Mercato
S. Severino, essi scelsero la collinetta di Baronissi, che, insiem e alla
posizione isolata, offriva la grande com odità di trovarsi a qualche
centinaio di m etri dalla Via dei P rincipati.
Quando sarebbe stato fondato dagli O sservanti? Molto p ro b ab il ­
m ente nei prim i decenni del secolo XV, quando, p er im pulso specialm ente di S. B ernardino da Siena e di S. Giovanni da C apistrano,
(1)
Conosciamo solo il P. Santo da Sanseverino, il quale ebbe l ’incarico di ri­
formare il monastero delle Clarisse di S. Lorenzo in Salem o, com e risulta da
una bolla di N iccolò V d ell’l l settembre 1447. H u n t e r m a n n U ., B ull. Frane., I,
num. 1106, p. 560.
l’Osservanza vide m oltiplicati i suoi m em bri, non solo nell’Italia set ­
tentrionale e centrale, ma anche nella nostra regione. A questa ipo ­
tesi ci spinge il fatto che per il convento di Baronissi non si
conosce la bolla di fondazione, come non si conosce per altri
conventi che senza dubbio vennero edificati in questo pe ­
riodo nel Salernitano. La m ancanza di una bolla speciale di fonda ­
zione p er tanti conventi non va attrib u ita sem pre a distruzione di
docum enti o a trascuraggine da parte dei frati ma piuttosto al fatto
che i S uperiori deirO sservanza in quel periodo ottennero spesso dai
Pontefici bolle, diciam o così, generali, con le quali si dava loro fa ­
coltà di fondare un determ inato num ero di conventi senza specificare
il luogo in cui dovevano sorgere.
Queste concessioni generali qualche volta diedero luogo ad op ­
posizioni da p arte deli autorità civile o ecclesiastica, che credevano
invalido il docum ento pontificio, essendo concepito in term ini troppo
generici. Ciò si verificò, p er esem pio, in U ngheria p er S. Giacomo
della M arca, il quale fu costretto a ricorrere al Sommo Pontefice pel ­
le difficoltà che incontrava nell’esecuzione di quella facoltà conces ­
sagli in term ini così generali. Eugenio IV, desideroso di vedere affer ­
m ata l Osservanza in quelle regioni, venne in soccorso dell apostoio
francescano con u n ’altra bolla del 17 agosto 1438, in cui dichiarava
valida la precedente, benché non vi si specificassero i luoghi nei
quali i conventi dovevano costruirsi ( I ) .
Di queste concessioni generali, pero sem pre ristrette ad un deter ­
m inato num ero di conventi da fondare, non m ancano esem pi nei
boiiario francescano dal 1418 ai 1450 p er gli Osservanti d ellestero e
di p iù p er quelli deii Italia. Non vogliamo addurre l ’elenco completo
di tutte le bolle in proposito p er non annoiare i nostri le tto ri; però
non possiamo tralasciare quelle del 1426 a S. B ernardino p er fon ­
dare quattro conventi, dei 1435 a 5. Giovanni da C apistrano p er fon ­
darne cinque, del 1443 ai medesimo e a tu tti i Vicari P rovinciali degli
Osservanti p er fondarne sei nei p ro p ri territo ri, del 1444 al Vicario
Provinciale di T erra di Lavoro per altri due, del 1445 e del 1449 a
S. Giovanni da Capistrano p er fondarne con la prim a quattordici e
con la seconda venti (2).
(1)
H
unterm ann
U ., B ull. Frane.,
I,
num. 345 e 383, pp. 159
e
176.
(2) E u b e l C., B ull. Frane., V II, Roma 1904, num. 1715s, pp. 655ss. ; H u n t e r ­
m a n n U., Bull. Frane., I, num. 195, pp. 95ss; num. 726, p. 346; num. 771, p. 363;
num. 858, p. 410; num. 1322, p. 675.
Questi esempi si potrebbero m oltiplicare, ma gli addotti sono
più che sufficienti per il nostro scopo.
In virtù di queste facoltà i V icari Provinciali degli Osservanti
direttam ente o per commissione ricevuta dal Vicario G enerale fon ­
davano conventi nei loro territo ri, come si verificò per quello di Castelcivita secondo la testim onianza del P. Niccolò da Spinazzola (1).
Della stessa opinione è il W adding (2) a proposito del convento di
S. Francesco del Cilento che egli crede fondato nel 1427 in forza
della bolla delPanno precedente, con la quale si concedeva a S. B er ­
nardino da Siena di prendere quattro conventi p er i suoi frati. Se ­
condo noi lo stesso processo si verificò nella nuova fondazione di qua ­
si tu tti i conventi degli Osservanti del Salernitano in questo periodo,
dei quali non si conosce un diplom a pontificio speciale. Questo in ­
fatti, p er quanto sappiam o, si possiede soltanto p er il convento di
S. Francesco di P adula, fondato con bolla del 31 luglio 1422, d iretta
al Vescovo di Capaccio, dietro richiesta del conte Tommaso Sanseverino (3).
Si può afferm are lo stesso p er il convento di B aronissi? A noi
sem bra di sì. Il fatto che la leggendaria fondazione p er opera del
B. Simone d’Assisi verso il 1212 non regge alla critica, come anche
l’omissione negli elenchi di fr. Paolino da Venezia e del Pisano, e
la mancanza di una bolla speciale nel bollario francescano, rendono
perlom eno verosim ile la nostra opinione che diam o come sem plice
ipotesi, sino a quando un docum ento ineccepibile distrugga o la
conferm i.
P er conseguenza possiamo ritenere per il m om ento che il con ­
vento di Baronissi con m olta probabilità risale ai p rim i decenni del
secolo XV p er opera degli Osservanti di T erra di Lavoro, i quali
non ancora si erano separati da quelli di P rincipato, anzi non fo r ­
mavano neppure una Provincia indipendente, poiché questa fu co ­
stitu ita soltanto nel 1575. P iù di questo non possiamo afferm are allo
stato attuale delle nostre conoscenze. Forse qualche nostro com pro ­
vinciale si dispiacerà della nostra conclusione, avendo noi tolto due
secoli di vita al convento di Baronissi p er esigenze della critica sto ­
ric a ; però dovrà esserci grato perchè in cambio di una gloria estrin ­
seca e di valore molto relativo abbiam o rivendicato al nostro con ­
vento e alla nostra regione il servo di Dio fr. Paolo da Olevano sul
(1) Cronaca, p. 620.
(2) Annales, ann. 1427, n. 28 (X. Quaracchi 1932, p. 147).
(3) E u b e l C., B ull. Frane., VII, num. 1527, p. 573s.
Tusciano, il quale insieme col fr. B ernardo da Capaccio con l’esempio
e con la parola fece rivivere S. Francesco nello Stato di Sanseverino, e
dal colle di Baronissi spiccò il volo per il paradiso nel 1451.
P er la seconda metà del secolo XV non conosciamo altre notizie
sulla vita e sull’attività svoltasi nel convento di Baronissi. Lo stesso
velo lo ricopre per quasi tutto il secolo seguente, fatta eccezione per
due avvenim enti che vennero a turbare la pace dei suoi abitatori.
Il prim o è costituito da un incendio che distrusse la chiesa e il
convento nei prim i decenni del secolo XVI, come afferm ano il P. Nic ­
colò da Spinazzola (1), il P. B onaventura da M ercogliano (2)
e il P. B ernardo da Cilento (3). Questa tradizione è raccolta an ­
che da Francesco M a ri, il quale così scriveva nel 1759: «Q uesto
convento (della T rinità) nello anno 1532 fu incenerito dal fuoco, e
nel suddetto anno fu riedificato a spese principalm ente delli Signori
Infusini, fam iglia estinta del casale dei Lancusi di detto Stato, e dalle
stesse convicine università dello Stato di Sanseverino, dalle quali
anche oggi vien sovvenuto con la elem osina annuativa di ducati 140
annui per la elem osina, e la università di Saragnano (offre) ducati
l l p e r la predica (4).
Non sappiam o se l’incendio sia avvenuto precisam ente nel 1532
e se la fam iglia degli Infusini abbia realm ente contribuito alla rico ­
struzione dell’edificio, perchè questi dati sono desunti dal Ridolfi (5),
il quale nel dare l’elenco dei conventi della Provincia Conventuale
di T erra di Lavoro a proposito del convento di Mercato S. Severino
dice soltanto : « Locus S. Severinae (sic), qui fuit constructus an illustri
fam ilia S. Severini, ab illustri dom ino Ioanne Francisco et a Ioanne
M ario et Antonio de Infusinis: isti dom ini donarunt Religioni
S. Francisci anno 1532 ».
Evidentem ente il Ridolfi non può parlare della costruzione del
convento di M ercato S. Severino, essendo avvenuta nel 1358, ma sol­
tanto di una ricostruzione, come nota anche il W adding (6) nel rife -
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)
Cronaca, pp. 253, 529.
Arch. S. Isidoro in Rom a, ms. m ise., 5, f. 5v.
Coco P., I Francescani in Terra d i Lav., in Stud. Frane., 1934, p. 343s.
V o c c a P ., Lo Stato d i Sansev., p. 16.
H istoriarum Seraph. Relig. libri, f. 276r.
(6) Annales, ann. 1372, num. 44 (VIIB, p. 317): « Invenio hoc anno m entionem
alterius conventus in Burgo S. Severini salernitanae dioecesis, in diplom ate, quo
Pontifex multas largitur indulgentias invisentibu9 ecclesiam , a S. Maria Annun ­
ciata nuncupatam, quibusdam diebus festivis; Dum praecelsa meritorum. I l i
nonas aprilis. H uius loci non m em init Pisanus; Rodulphus vero in Provincia Nea -
ri re le parole del cronista conventuale. Di tale ricostruzione non pos ­
sediam o altre notizie; perciò sorge il dubbio che il Ridolfi abbia
confuso il convento di M ercato S. Severino con quello di Baronissi.
P er questo ultim o sappiam o certam ente che venne rovinato da un
incendio insieme alla chiesa, perchè lo afferm a anche il Gonzaga ( 1),
il quale pubblicava la sua opera nel 1587, m entre quella del Ridolfi
era stam pata nell’anno precedente. Il Gonzaga non riferisce la data
delPincendio, nè parla del concorso della fam iglia degli Infusini alle
spese della ricostruzione, però fa com prendere che l ’incendio datava
da m olto tem po. Egli infatti dice che la chiesa era stata già ricostruita,
m entre il convento era prossimo ad essere term inato e frattanto poteva
contenere venti frati. Di queste notizie possiamo essere più sicuri,
poiché il Gonzaga fu in Provincia nel 1582 per la celebrazione del
Capitolo P rovinciale, durante il quale istituì la Custodia R iform ata
di P rincipato e vi pose a capo il P. B ernardo da M ontecorvino (2).
Non possiamo determ inare l’estensione d ell’incendio p er m an ­
canza di docum enti, però molto probabilm ente la chiesa subì danni
politana et Custodia Salernitana recenset coenobium Sanctae Severinae, constru ctum tamen ait anno MDXXXII a dom inis de Infusinis. Unde vel hic locus alius
est ab ilio, vel, hi dom ini non tam construxerunt quam restiterunt », A ll ’ anno,
poi, 1532, num. 36 (XV I, Quaracchi 1933, p. 388), riferisce la notizia del Ri ­
dolfi in questo m odo: « Conventuales vero Provinciae Terrae Laboris et Custodiae
Salernitanae hoc anno alterum acceperunt (coenobium ), in civitate Sanctae Seve ­
rinae constructum a nobili fam ilia Sanseverinorum, Ioanne Francisco, Ioanne Ma­
ria et Antonino de Infusinis ». La città di Santa Severina non esiste nel Salernitano,
ma in Provincia di Catanzaro. Dal fatto che la fam iglia degli Infusini apparte ­
neva al casale di Lancusi dello Stato di S. Severino, come afferma Francesco
Mari, ne segue che le notizie del Ridolfi e del W adding si devono riferire alla
nostra regione. Dai documenti a nostra conoscenza non consta che i P P. Conven ­
tuali abbiano fondato due conventi nello Stato di S. Severino.
(1) De Orig. Seraph. R elig., p. 370: « D e conventu SS.mae Trinitatis prope
Septempedam . Praecedentium pagorum pietatem im itati ii pop uli, qui Septem pe dam sive Sancti Severini patriam incolunt, consim ilem conventum inter m edios
ipsorum fines, SS. Trinitati sacrum, ex com munibus quoque facultatibus construi
curarunt. Sed quo certo tem pore id acciderit, absum ptis igne scripturis universo que aedificio sibi cedente, m inim e investigari potuit. Nec ideo piae illa e eommu.
nitates de antiqua suorum praedecessorum pietate vel latum unguis rem iserunt, qui nim o piis eorum vestigiis haerentes tem plu m m ulto angustius m ultoqu e elegantias
reaedificarunt singularique hoc privilegio a Gregorio XIII Summo Pontifice do nari curarunt, ut videlicet per Missarum sacrificium fidelium animae in altero eius
altari (d i S. Antonio, come afferma P. Bonaventura da M ercogliano) a purgatori!
poenis libe(ra)rentur. Quod verum reliquum est aedificii, parum a perfection?
abest interim que 20 fratres com modissim e continet ».
(2) P e r g a m o B ., Serie cronologica, p. 11.
soltanto nel soffitto e negli arredam enti. Ciò si deduce dal fatto che
in essa, oltre la tomba del cavaliere Giulio de S. B arbato morto nel
1472, si trova anche il magnifico sarcofago del giurista Giacomo de
Gaiano, m orto il 12 luglio 1512 e sepolto nella cappella di S. Antonio.
Esso porta la seguente epigrafe : « Iacobus de Gaiano u tri. ju r. —
doctor non minus ingenio — quam origine nobilis eaque p ro p ter ad
regia olim m unera — ascitus vix m ediam aetatem — p (e r) agens
corpus huic saxi — caelo anim am dicavit — anno dni MCCCCCXII —
XII mensis iulii ». Forse più ingenti furono i danni subiti dal con ­
vento, che non era stato ancora interam ente ricostruito quando scri ­
veva il Gonzaga.
I benem eriti P adri dell*Osservanza senza dubbio fecero non po ­
chi sacrifici per ridare al popolo di Baronissi e dintorni una bella
chiesa e un grande convento, però non ebbero la gioia di godere
a lungo il frutto dei loro sudori per le circostanze dei tem pi, che li
privarono della loro pacifica dim ora. D ifatti nel Capitolo Provinciale
del 12 novembre 1594 il convento dagli Osservanti passò ai R iform ati,
essendo Provinciale P. Leonardo da Cava dei T irreni e Custode dei
R iform ati P. Paolo da Avitaia da C astellam m are di Stabia ( 1). La
p erd ita del convento dovette affliggere non poco i suoi possessori,
non soltanto per i sacrifici affrontati nella costruzione e ricostruzione,
ma anche per i maneggi che dovettero im m ancabilm ente precedere e
accom pagnare la cessione. A questo proposito è significativa la frase del
P. Niccolò da Spinazzola (82), che il convento si ottenne « con l’agiuto » del M inistro Generale P. B onaventura da Caltagirone.
A tre secoli e mezzo di distanza dagli avvenim enti, possiamo
guardare le cose con occhio più sereno e disapprovare certi ordini
draconiani, i quali ledevano i d iritti degli altri e dovevano necessa ­
riam ente esacerbare gli anim i dei frati.
II silenzio del P. Niccolò da Spinazzola ci assicura che tutto si
svolse pacificam ente, almeno esternam ente, poiché egli altrove non
omette la descrizione degli incidenti, che nel 1604 accompagnarono
la cessione del convento di S. Francesco del Cilento (3).
P . A rcangelo P
(1) Ivi, p. 13.
(2) Cronaca, p. 525.
(3) Cronaca, p. 559.
ergam o
O.
F.
M.
IN
MEMORI AM
GIUSEPPE
ZITO
Poco p iù che nonagenario, il 7 maggio 1958, sì è spento a R o ­
ma, do ve si era stabilito da oltre un ventennio, il p rof. G iuseppe Zito,
figura esem plare d i educatore e d i studioso, che m oltissim i a Salerno,
e altrove, sim paticam ente ricordano p e r la fierezza d e l carattere, la
prob ità d i vita e la nobile de dizione alla Scuola, che fu la sua p iù
grande famiglia, tanto p iù amata, quanto p iù fu causa p e r lui d i co ­
centi am arezze e d i rassegnati rim pianti.
Quanìi ebbero la ventura d i conoscerlo,
e d i ap prezza rne le
elette d o ti d i m ente e d i cuore, non possono, infatti, dim entica re
Volterà figura d i Giuseppe Zito, che seppe, anche in m om en ti d iffi ­
cili, essere indom ito assertore d ei p iù alti id e a li d i vita: schivo d i am ­
bizioni e d i onori, pago soltanto d e l dovere c om piuto, in assoluto d i ­
sinteresse, com e cittad in o, come educatore, come studioso.
P ervenuto nel 1911 alla cattedra d i storia nel glorioso Liceo
salernitano, d o p o un lungo insegnamento d i m aterie letterarie nel
Ginnasio inferiore e superiore d i P otenza — era nato a S. Giorgio
Lucano il 16 aprile 1867 — , G iuseppe Zito, grazie alla sua solida p r e ­
parazione, che ritrovava sicure basi nella conoscenza d iretta delle
fonti, ch'egli peraltro non si stancava d i ricercare e studiare p e r una
esigenza im periosa d e l suo spirito critico e indagatore, come riuscì
a distinguersi p e r elevatezza d i magistero nelVinsegnamento della
storia, così seppe dare la misura delle sue notevoli possibilità d i stu ­
dioso in alcuni saggi storiografici, tra cui basterà ricordare, p e r quan ­
to riguarda il Salernitano, il suo studio ricostruttivo d ella campagna
della guerra greco-gotica tra « Teia e N arsete nella Valle del Sarno »
pubblicato il 1923 nella terza annata dell’Arehivio Storico della P ro ­
vincia di Salerno.
Egli, infatti, era stato uno dei fondatori della Società Storica
Salernitana, e fin da l 1920 aveva fatto p a rte d e l p rim o Consiglio d i ­
rettivo di questa Società , che, allora presieduta dal Preside d e l Liceo
« Tasso » prof. Arnone, lo annovererà poi, nel 1925, tra i com ponenti
più illustri, perchè assurto a sua volta alla presidenza del Liceo
a Tasso », che p e r merito suo — e, soprattutto, p e r la sua tenacia — si
po te tte finalm ente trasferire dalle anguste aule del Monastero della
Maddalena alla nuova magnifica sede d i Piazza S. Francesco.
Se la sorte gli fosse stata meno avversa, avrebbe p otuto dare ben
altri contributi agli studi storici, specie d'interesse salernitano: in c om piuto, tra l'altro, è rimasto un saggio sulla storia d e l Castello di
Salerno.
Ma resta im perituro, almeno tra noi, il ricordo d e l suo carat ­
tere adamantino e d e l suo inim itabile altissimo esem pio di cittadino,
di educatore e di studioso.
***
Ing. E
milio
G
uariglia
- Direttore responsabile
STAM PATO DA L. SPADAFORA NELLA L IN O T IP. JA N N O N E - VIA DOGANA V E CC H IA -
SALERNO
-----------
■
I
ATTI
DE l
C E N T R O
DI
DI
S T U D I
MEDICINA MEDIOEVALE
VOLUMI
III
(1958)
Appendice aH'ennata XIX (I958J
della
RASSEGNA
S T O R IC A
SA LE R N IT A N A
Agostino Nifo a Salerno
Agostino Nifo, come egli stesso ci apprende, venne — forse la
prim a volta — a Salerno verso il 1507, da Sessa, dove si era ritirato
dopo il soggiorno padovano, a causa di pubbliche calam ità ( 1).
Vi fu chiam ato dal principe Roberto II Sanseverino con l’incari ­
co di insegnare filosofia nello Studio salernitano, « et pendant qu’il
l’exergait il regut 1’ ordre de ce prince d’ éclaircir toutes les ocuvres d’Aristote » (2). Nifo godeva già larga fama di essere un agguer ­
rito polem ista aristotelico in posizione avanzata e perciò non sor ­
prende tale ordine di Roberto.
Nel raccoglim ento della ridente città, della quale quel principe
mecenate tentava di rialzare il decoro e rinverdire la fam a come cen ­
tro di Studio, incom inciò a com porre le Dilupidationes m e ta p h y sicae che finirà di scrivere circa tre anni dopo a N apoli.
Il suo prim o soggiorno a Salerno dovette però essere breve, e,
probabilm ente, lo indusse ad allontarsene la m orte di R oberto, av­
venuta nel 1508 ad Agropoli.
Il defunto principe aveva lasciato un figliuoletto in tenera età,
F errante — che farà tanto parlare di sè — natogli da Donna Marra,
figlia di D. Alfonso, duca di Villerm osa, e nipote di F erdinando il
Cattolico. Le cure m aterne, la direzione dei num erosi feudi form anti
quasi uno stato, le nuove nozze, volute dal suo regale zio, col principe
di Piom bino Giacomo A ppiano, dovettero consigliare alla principes ­
sa una politica di raccoglim ento ed u n ’accorta am m inistrazione.
(1) Egli stesso nelle D elucidationes M etaphysicae scrive : « Cessantibus enim
his turbulentiis, quas ocyssime cessandas arbitror, adsum qui Patavii ubi mea
sedes semper parata est, aut sicubi boni principes florere statuent studia, bonaa
artès, profiteri polliceor », cit. in B a y l e , D ictionnaire historique et critique, nouy.
éd., Paris 1820, t. XI, p. 177 ; v. anche T i r a b o s c h i , Storia d ella letteratu ra ita ­
liana, Milano 1822 - 26, t. VII, p. 2 “, p. 626.
(2) B a ile , Dict. cit., XI, p. 178.
'• •
'•
i -­ ->
Il Nifo, che di filosofia nutriva lo spirito, ma da quella stessa
scienza doveva trarre di che vivere, venutogli a m ancare l’appoggio
del munifico principe, si trasferì dunque a N apoli dove, nel 1510, lo
troviam o fra i docenti di quell’Università ( 1). Di là passò ad inse ­
gnare a Rom a, chiam atovi da Leone X, poi probabilm ente a Bolo ­
gna, infine a Pisa dove si ferm ò dal 1519 al 1524.
Furono quelli gli anni in cui il Nifo andò gradatam ente e con
accorte m anovre adeguando alle contigenti situazioni politiche il suo
pensiero filosofico intinto di Averroismo, che aveva attirato su di lui i
sospetti dell’inquisizione, alla quale riuscì a sfuggire solam ente per
l’appoggio del tollerante vescovo di Padova, P ietro Barozzi. Era in
questa fase di ricerca di un orientam ento di pensiero più consono al
suo tem peram ento di scrittore versatile e vario, che gli aveva procu ­
rato fama superiore al m erito, quando il Pom ponazzi, nel 1516, diede
alle stam pe la sua celebre opera De im m ortalita te anim ae , che susci­
tò subito un’altrettanto celebre polem ica che mise in subbuglio il
mondo dei teologi (2), i quali si ersero a fieri difensori della tradì zionale concezione cattolica dell’im m ortalità dell’anim a. Giunsero a
buon punto perciò le sollecitazioni del frate agostiniano Ambrogio
F iandino, napoletano, divenuto poi vescovo Lamosense, a controbat ­
tere le idee del Pom ponazzi (3), cosa che il Nifo fece di buon grado,
per non lasciarsi sfuggire l’occasione di dare sfogo alla sua vanità di
scrittore (lo chiam avano il divino) e di ingraziarsi, p er innata voca ­
zione al conform ism o, le autorità ecclesiastiche. Diede così alla luce
nel 1518 a Venezia il suo De im m orta lita te animae libellus. al quale
l’anno successivo il Pom ponazzi oppose il suo Defensorium adversu #
Agoistinum N ip h u m , pubblicato a Bologna, dove i docenti di quel ce­
lebre Studio e i M agistrati cittadini avevano fatto blocco in difesa
della lib ertà della Scienza non appena si abbattè sul Pom ponazzi l’on ­
data del livore fratesco.
Due diverse tem pre di uom ini e di filosofi si trovarono di fronte
a- disputare su u n argomento che aveva costituito, un problem a di
(1) O r i g l i a , Istoria d ello Stu dio d i N apoli, ivi 1753 - 54, t . 2 ° , p. 21.
(2 ) Intorno a questa famosa disputa t . F . F io r e n t i n o , P ietro PomponasxL
Studi storici su la Scuola bolognese e padovana d e l secolo XV I, Firenze 1868,
p . 4 0 sg . c passim ; G ì S a it t a , Il pensiero italiano nell ' U m anesim o e nel Rinasci ­
m en to, Bologna, vói. II, 1950, p. 277 seg.
(3 ) F . F i o r e n t in o , op. cit., p. 41, sulla scorta dell ’epistola dedicatoria a papa
Leone X, inserita nel De im m ortalitate anim ae, ha dimostrato che l ’intervento del
N ifo nella polem ica non fu sollecitato dal Pontefice com e avevano asserito il
B a y l e , D ict. cit., t. XII, ad vocem a Pom ponace », e Renan.
fondo di tutto il sapere m edievale e travagliato le m enti dei più alti
pensatori ; dibattito in cui si rivelarono da un lato il servilismo, la
cortigianeria di un uomo di grande talento, ma pavido od opportuni ­
sta, pronto sem pre a pensare col permesso del superiore, ed incapace
quindi di battersi per la verità, come il N ifo; e d all’altra una coscien ­
za integerrim a di coraggioso pensatore come il Pom ponazzi, il quale,
anticipando la m oderna concezione della virtù come prem io a sè stes ­
sa, aveva, nel suo Defensorium, sentenziosam ente afferm ato : « Absit
Ut m alim tu rp iter vivere, quam honeste mori » (1).
Francesco Fiorentino, nel disegnare con la punta acum inata del
bulino il ritratto del Nifo, dice di lui filosofo: « T entenna fra tutte
le scuole allora in voga; piglia argom enti dai platonici, dagli alessan ­
drini, dagli averroisti, dai tom isti; ricorre ai dommi cristiani, ed alle
favole ; cita fatti e m iracoli, fa di ogni erba fascio, e m ostra eru d i ­
zione molta e varia, ma nessun acume critico, e cade in contraddi ­
zioni puerili e grossolane » (2). Al Pom ponazzi, pensatore vigoroso
ed agguerrito, fu perciò molto facile stroncarlo e m etterlo in
ridicolo.
D ell’uomo Nifo il Fiorentino ci dà queste linee veritiere e com ­
piute p u r nella loro essenzialità. «Scrive un libro e si m ostra averroi sta : sgomentato dai rum ori, si ridice, e si tram uta in difensore della
fede. Accetta di com battere il Pom ponazzi, cedendo alle istanze di un
frate ciarlatano e accattabrighe. Si pavoneggia delle arm i dei Medici,
e si fa chiam are il divino. Vive tanto da poter vedere papa Paolo III,
e subito gli dedica un libro. Voltabile, leggero, spavaldo, cortigiano,
t i sciupò l’ingegno e gli studi, dei quali certo non m ancava» (3).
E ra Nifo il letterato italiano senza tem pra. E « senza tem pra —
scrive il De Sanctis, parlando appunto degli Italiani del ’500 (m a il
giudizio è valido per tutti i tem pi) — m oralità, religione, libertà,
virtù sono frasi » (4). Era un letterato corteggiato e cortigiano cui fu
facile ottenere i favori di principi e pontefici. Fu appunto Leone X
che — forse anche per la protezione del suo parente Girolam o Nifo.
allora medico del pontefice (5 ) — lo creò nel 1520 Conte palatino
(1) cit. in
F io r e n t in o ,
op. cit., p. 233.
(2 ) F io r e n t i n o , op. c i t ., p. 2 1 7 .
(3) F io r e n t in o , op. cit., 1. c. E' risaputo che il Nifo plagiò apertamente il
P rincipe del M achiavelli nel suo trattato De regnandi p eritia del 1523. Cfr. F. F io ­
r e n t in o , D el P rincipe d e l M achiavelli e d i un libro di A. Nifo, in Giorn. Nap. d i fil.
e lett., 1875, p. 94 seg.
(4) Storia della letteratu ra italiana, Milano 1917, voi. 2 ° , p. 69.
(5) cfr. T i r a b o s c h i , op. cit., t. V II, p. 2 ‘ , p. 626 in nota.
con facoltà di • insignirsi delle armi dei M edici, di concedere, con
l’assistenza di altri due o tre professori, in ogni luogo tranne che
a Roma, la licenza di baccelliere e i gradi dottorali in d iritto cano ­
nico e civile, di creare notai e giudici col rispetto del giuram ento di
fedeltà al pontefice, ed infine di poter rendere nobili tre persone.
Ecco il testo delle lettere patenti del pontefice, che diede al N i ­
fo tanta pienezza di poteri (1):
LEO PAPA Episcopus Servus Servorum Dey .
Dilecto filio Augustino de Suessa, layco suessano, M agistro in Me.
dicina et aule lateranensis Com itj salutem et apostolicam benedictio*
nem .
r Ecclesia rom ana principatum super om nia divina extulit maye stas, et qua velut prim itivo fonte honorum et dignitatum beneficia
prom overunt tam quam Regina in vestitu deaurato circum data varie ­
tale eos quos sibi devotos et fideles ac aliis virtutum m eritis insignitos
cognoscat preclaros dignitatum titulis decorat et ornat, ac spectabilis
benivolentìe favoribus am plectitur ut exinde magis eorum devotio
ad ecclesiam eadem augeatur; hinc est quod nos ad licterarum scien tiam ali aqua p luria virtutum m erita, nec non erga nos et eandem ec ­
clesiam devotionis effectum quibus jn nostro et eiusdem sedis conspectu etiam fame laudabilis com endatione clarere dignosceris debitum respectum habentes ac personam tunc condigni favoris gratia ac
specialis honoris et excellentie dignitatis sublim are volentes teque
qui etiam jn artibus m agister existis a quibusvis excom m unicationis
suspensionis jn terdictis aliisque ecclesiasticis sententijs, censuris et
penis a ju re vel ab hom ine, quavis obcasione vel causa latis siquibus
quom odolibet jnnodatus existis ad effectum presentium dum taxat consèquendum harum serie absolventes ac abs[olutum ] fore censentcs
m otu p roprio non ad tuam , vel alterius parte nobis super hoc oblate
petitionis istanciam set de nostra m era liberalitate te sacri palacij
aulae lateranensis Comitem ac Nobilem auctoritate apostolica tenore
presentium [litterarum ] constituim us deputam us nobilitam usque ac
prò Comite P alatino et Nobile dejnceps hab erj censerj et rep u tari
volumus et m andam us. Nec non aliorum P alacij et aule huiusm odi cornitum num ero et consortyio favorabiliter agregamus, tibique quod
om nibus et singulis privilegijs prerogativis libertatibus et juribus
exem pcionibus jnm unitatibus com oditatibus honoribus gracijs emolu mentis favoribus et jnd u ltis quibus alij palacij et aule huiusm odi Comites et Nobiles etiam de nobili m ilitari et Com itum seu aliorum mavo.
rum nobilium genere etiam qui illustres re p u ta n tu r etiam ex utroque
parente procreatj de ju re vel consuetudine ac aut alias quom odolibet
u tu n tu r p o tiu n tu r, et gaudent ac uti potiri et gaudere poterunt quom o ­
dolibet in futurum , vere et non ficte in om nibus et p er om nia perjnde
(1) Questo documento è inserito nel privilegio di laurea di Domenico de Maffeis,
che più avanti' si pubblica. Esso è anche riportato in testa agli Opuscula di A.
Nifo, ed. dal Naudé nel 1645 a Parigi. Cfr. B a y l e , D ici, cit., t. II, p. 175, nota e).
ac si de illustrj genere ex titroque parente procreati» esset utaris pò*
tiaris et gaudeas. Ita quod inter te et alios Jllustres quo ad nobilita*
tern et alia necessaria nulla sit differenza quodque in signum nobilitati»
insignis et arm is domus et fam ilie de Medicis videlicet duabus aut tri bus pallis cum arm is tuis sique habes aut alias prout duxeris ordinan*
dum uti et illa deferre possis et valeas eadem auctoritate concedimus
et jndulgem us. Et jnsuper tibi ubique locorum extra tantum rom anam
Curiam quoscumque quos in ju re canonico et civilj seu altero eorum
ac Theologia seu artibus ac m edicina aut alia licita facilitate studuisse
et jnsudasse et ad hoc assistentibus tibi duobus seu tribus jn huiusm odi
ju ribus theologia ac aliis facultatibus prefatis doctoribus et m agistris
seorum votis ju ratis, sufficientes et jdoneos esse repereris, ad baccalariatus licentiature doctoratus et m agistris gradus prom ovendi et jn
eis legendj interpretandj et alios actus ad personas jn huiusm odi gra dibus constitutas quom odolibet pertinentes faciendj facultatem et auctoritatem concedendj et ipsoruin graduum solita insignia et libertates
ac facultates eis verbum non autem per generales clausolas idem jm portantes mentio seu quevis alia expressio...( 1) aut alia exquisita forma
servanda foret tenores hiusm odi ac si de verbo ad verbum presentibus
jn se..... prò sufficienter expresse habentes illis alias jn suo robbore
perm ansuris hac vice dum taxat sponte et expresse derogam us ceteris*
que contrarijs quibuscum que. Tu igitur de bono in m elius studiis virtutibus jntendas ut jn nostro et eiusdem sedis conspectu ad m ayora
te sem per constituas m eritorum s..... digniorem Vosque projnde ad
faciendam tibi mayorem honorem et gratiam m erito invitem ur forma
autem juram entj quod notarij tabelliones et judices ordinarij per te
creandj huiusm odi prestabunt talis est:
Ego. N. clericus seu laycus . N .ab hac hora in antea fidelis ero
beato Petro et sancte rom ane Ecclesie ac domino nostro Leoni Pape
X et succesoribus suis canonice intrantibus, non ero in consilio auxilio
consensu vel facto ut vitam perdant aut m em brum vel capiantur mala
captione, consilium vero quod michi per se vel licteras aut nunpcium
m anifestabitur, ad eorum dapnum stentur nem ini pandam si vero ad
meam notitiam aliquod devenire contingat quod in prejudicium Ro ­
mani Pontificis aut Ecclesie rom ane vergeret seu grave dapnum jllud
proposse meo im pediam et si hoc im pedire non possem procurabo
bona fide jd ad noticiam dom ini nostri pape preferri papatum roma num et regalis sancti P etrj ac mea ipsius Ecclesie specialiter signa jn
eadem Ecclesia jn civitate vel terra de qua oriundus sum habeat adiu tor eis ero ad defendendum et retinendum seu recuperandum contra
omnes homines tabellionatus officium fideliter exercebo contractus jn
quibus exigitur consensus partium fideliter faciam nil addendo vel di ­
minuendo sine voluntate partium quod contractus m utet facti substan ciam. Si vero in conficiendo aliquod jnstrum entum unius solius par*
tis sit requirenda voluntas hoc ipsum faciam ut sicilicet nichil addam
vel minuam quod inm utet facti substanciam contra volutatem ipsius
jnstrum entum non conficiam de aliquo contractu in quo suam inter*
venire seu intercedere vim vel fraudem contractus jn prothocollum re*
digam et postquam in prothocollum redigerò maliciose non differam
( l ) Qui e in seguito manca una parola perchè il testo è corroso.
eoEitra voluntatem illorum vel jllius quorum seu cuius conctractus ips#
est super eo conficere publicum jnstrum entum salvo meo justo et con ­
sueto salario sic me deus adiuvet. Et hec Sancta dey Evangelia etc.
N ulli ergo omnino hom inum liceat hanc paginam nostre absolu*
tionis creationis constitutionis reputationis et nobilitationis volunta tis m andati agregationis concessionis jn d u ltj decretj derogationis jn fringere vel ei ausu tem erario contrahire. Siquis autem hoc actentare
exibendj ac ad jn star aliorum palacij et aule huiusm odi Com itum ubi que locorum extra dictam Curiato notarios publicos tabelliones et judi ces ordinarios qui jdoney et in licteratura experti fuerint recepto
prius ab eis de notariatus tabellionatus ac judicatus officijs huiusm odi
fideliter exercendis solito juram ento per te vel alium seu alios ad hoc
a te prò tem pore deputandos creandj constituendj et deputandj ac
d e n o ta ria tu s et tabellionatus et judicatus officijs huiusm odi per pen nam et calam arum ut morrs est jnvestendj seu investirj u t p re fertu r
faciendj, nec non quoscum que utriusque sexus inlegitim os ex adulteri
jnsesso sacrilegio aud alio quovis dapnato coytu sim pliciter vel mistim
prò tem pore procreatos ut jn quibusvis bonis parentium agnatorura
et cognatorum ex testam ento vel ab jntestato succedere et ad illa ex
donatione aut alias qualitercum que absque tam en prejudicio jllorum
qui eis succedere deherent si jn testati decederent, nec non ad que cum que dignitates adm istrationes et officia secularia publica et p ri ­
vata eligj recipi et assumj illaque gerere et exercere [habeant] et li ­
cite valeant jn om nibus et per omnia perinde ac si de legitim o loco
nati forent p er te legitim andj ac cum eis super hoc dispensandj, nec
non ut ornam entis et favoribus apostolicis affluentius vallatus existes
ensem et alia honesta arm a per nobiles et m ilites deferrj solita etiam
p er urbem absque alicuius licentia deferendj. Et tres personas per te
eligendas nobiles et m ilites deauratos faciendj creandj et constituendj
eiusque insignya et arm a insi[m ul] darj solita dandj et concedendj eosque num ero et consortio aliorum nobilium et m ilitum de[au] ratorum
favorabiliter agregandj plenam et liberam m otu sim ili auctoritate et
tenore predictam licentiam p arite r et facultatem concedimus decernen tes presentes licteras sub quibusvis revocationibus p er nos et sedem
predictam prò tem pore factis m inim e com prendj set ab illis penitus
et omnimodo exentas ess. Et censerj debere non obstantibus quibus ­
vis apostolicis et jn provincia et sinodalibus consilijs editis generali bus vel specialibus constitutionibus et ordinationibus, nec non legibus
[im] perialibus, statutis quoque m unicipalibus ac quibusvis privilegijs
jn d u ltis et licteris apostolicis qui[buscum que] universitatibus et studiis generalibus etiam ad jnstantiam jm peratoris, regum , reginarum ,
ducum et al[iorum ] dom inorum tem poralium , etiam m otu sim ilj concessis et confirm atis ac jnposterum concedendis et confi[rm andis] qui ­
bus etiam si de ullis eorum que totis tenoribus specialibus specifica
expressa et jndividua ac de verbo.... presum pserit jn jndignationem
om nipotentis dei ac beatorum P etrj et P auli apostolorum eius se noverit jncursurum .
Datum Rome apud Sanctum Petrum anno jncarnationis dom ini
m illesimo quingentesim o vicesimo, decimo septim o kalendas ju lij Pontificatus nostri anno octavo. B aldaxar de piscia, A. de castillo
et cetera ».
'
Nel gennaio 1525 Agostino Nifo, più che mai autorevole per do ­
vizia di onori e p er conclam ata fam a, si trova a Salerno (1), dopo
aver rifiutato le laute offerte della signoria di Pisa, che voleva tra tte ­
nerlo in quello Studio.
Il cinquantenne filosofo, che in quegli anni dava sfogo al suo
tem peram ento immaginoso com ponendo il trattato De pulcliro et amore, in cui il naturalism o trascende nel m aterialism o e nella licen ­
ziosa celebrazione dell’am ore sensuale (2), p referì tornare ad inse ­
gnare nello studio salernitano, attrattovi da m igliori prospettive eco ­
nom iche e da più vaghi allettam enti.
Questa città sotto i due ultim i Sanseverino ebbe un periodo, sia
p u r breve, di artificioso rigoglio culturale che fu, in verità, come
una vivida fiam m ata che presto si spense, corrispondente — fatto
ora rilevato come una caratteristica del Rinascim ento (3 ) — ad una
notevole depressione economica della società locale. E ra allora p rin ­
cipe di Salerno il ventiduenne F errante, cresciuto nel fasto della
Corte spagnuola, discepolo di Pom ponio G aurico, per il quale ebbe
sem pre particolare predilezione, ed avido di gloria e di popolarità,
come ce lo descrivono tu tti gli storici (4). A Salerno ebbe splendida
corte del tutto degna del maggior signore del regno, già in fama di
m ecenate munifico e di elegante cultore di lettere e di filosofia. Ivi
egli riunì di volta in volta, contendendoli spesso ad altri principi,
uom ini di vasto sapere, rinom ati poeti, accortissimi cortigiani, ed in
com pagnia di essi trovava modo di appagare la sua curiosità, così
come, traendoseli dietro in pomposo corteggio, soddisfaceva la sua
indole vanitosa ed altera. T ali furono i fratelli Ludovico e Vincenzo
(1) Il T i r a b o s c h i , op. cit., t. V II, p. 2% p. 627, crede che in questo anno
il N ifo fosse ancora a Pisa, e, a conferma, riferisce un brano della lettera inviata
dal Bembo, che era a Padova, al Ragusio, il 17 agosto 1525. In essa il Bembo
scriveva: « D a Fiorenza è venuto avviso da M. Pietro A rdinghelli... come quella
Signoria aveva offerto al Sessa (sic), che parea si volesse partire da P isa, ducati
800 di salario, e 200 di benefici ecclesiastici nel dom inio loro, e dice, che si crede
certo, ch ’egli accetterà il partito ». Codeste pratiche per trattenere N ifo a Pisa
vanno evidentem ente riferite al 1524 : la notizia di esse giunse al Bembo in ri ­
tardo, quando già il N ifo aveva rifiutato il « partito ».
(2) Cfr. G. S a i t t a , Il pensiero italiano nelVUm anesimo e nel R inascim ento
cit., voi. IH, p. 114.
( 3 ) E ’ la nota tesi del Lopez e del Sapori, intorno alla quale v . ora D. C a n ­
t i m o r i , Il problem a rinascim entale proposto da A rm ando Sapori, ripubblicato in
Studi d i storia, Torino 1959, p. 366 sg.
(4) C . C a r u c c i , D. Ferrante Sanseverino prin cipe di Salerno, ivi 1899; A.
F av a , L ’ultim o d ei baroni : Ferrante Sanseverino, in Rass. Stor. Sai., a. IV (1943),
p. 57 seg.
M artelli, Scipione Capece, M atteo Macigni, B ernardo Tasso, che co ­
me suo segretario condivise col principe le ore liete e quelle tristi,
Agostino Nifo, Luca e Pom ponio Gaurico ed altri m inori.
In seno a codesta schiera di eletti ingegni, rallegrata dal sorriso
di nobili dam e, nelle feste e nei dotti conversari, brillava per in ­
gegno e p er squisitezza di gusto, la giovane consorte del principe,
Isabella V iliam arina, che di quante donne belle, cortesi e colte fio ­
rirono nel regno nella prim a m età del Cinquecento, fu tra le prim e e
la più infelice ( 1).
Agostino Nifo, « che ebbe grande esperienza di esperto e incalli ­
to am atore di donne » (2), non brillò per castigatezza di costumi alla
corte del principe Sanseverino, nè ebbe cura del suo buon nome di
filosofo se « p er divertire il principe e le principessa, egli cortigiane ­
scam ente si lasciava deridere. Spasim ava p er Febe Rea, loro dam i ­
gella, e questa indettata dai padroni, si lasciava corteggiare p er can ­
zonarlo, ed ei non se ne accorgeva, e le dedicava, sotto m entito nom e,
il libro De re aulica ......... Tesse un panegirico di Giovanna d ’Aragona,
moglie di Ascanio Colonna, nè si arresta, dice il Bayle, alle bellezze
visibili a tu tti, ma sconciam ente entra a descrivere quelle quas sinus
abscùndit » ( 3).
A parte le stravaganze ed i difetti personali, non è il caso di
scandolezzarsi p er certi atteggiam enti che furono un fatto comune
nella società cinquecentesca, e passiam o ad esam inare l’attività di
Nifo docente.
Egli tenne cattedra di filosofia, e fors’anche di m edicina, nello
Studio salernitano. Come lettore o doctor legens era pub lice stipen d ia tu s , cioè condottato dal Comune di S alerno; ma c’è di p iù : fu no ­
m inato anche Prom otore perpetu o del Collegio medico, di un organi ­
smo cioè indipendente dallo Studio. Questo organismo accademico,
come è noto, era composto da dieci collegiali più alcuni soprannum e -
(1) L. C o s e n t i n i , Una dam a napoletana d el XVI secolo: Isabella V illam a ­
rino, Trani 1896; C . C a r u c c i , op. cit., p. 57; M. M a z z i o t t i , La baronia d e l C i ­
len to, Roma 1904.
(2) G. S a i t t a , op. cit., voi. II, p. 114.
( 3 ) F . F i o r e n t i n o , P ietro P om pon azzi, p. 215. Sulle follie a m o r o s e del Nifo
si parlava m olto in tutta It alia, e il Naudè così si esprim e al riguardo : « A m ori bus praesertim indulsit (N iphus), quos cum puellis honorariis quarundam H eroi narum , quibuscum fam iliariter versabatur, tam lib ere, adeoque intem peranter
exercuit, ut non modo virginibus illis quas obsequio suo dem ereri studebat, sed
om nibus qui tanti nom inis philosophum , e petulcis illis et lascivientibus puellis ita
deludi fascinarique videbant, ludos de se maxim os faceret », cit. in B a y l e , D ictio n naire cit., voi. II, p. 179.
rari, c la sua com petenza istituzionale era quella di commissione esam inatrice perm anente (1). Come a Bologna, a Padova ed altro ­
ve (2) il Collegio costituiva una casta chiusa e, si può dire, im pene ­
trabile, perchè non vi potevano aspirare a farne parte se non dottori
salernitani o della foria. Codesto intransigente esclusivismo fini col
nuocere grandem ente alla buona fama di quel corpo accademico che
si ridusse, per intim a incapacità innovatrice e per l’angusta m enta ­
lità m unicipalista, ad un mero ufficio dispensatore di titoli senza
credito.
P er tutto il periodo 1514 -1523 non si hanno notizie circa la com ­
posizione del Collegio, e forse la causa del silenzio non è tanto
da attribuirsi alla m ancanza di docum enti, quanto ad una tem po ­
ranea desuetudine e ad effettivo decadim ento del Collegio stesso (3).
F errante Sanseverino dovette rendersi ben conto di tale stato di
cose e, allo scopo di rialzarne le sorti ed il prestigio, cercò di infon ­
dervi nuova linfa, come già aveva fatto per lo Studio, im ponendo
probabilm ente egli stesso alla carica di P rom otore il Nifo, la cui
eccezionale presenza in seno al Collegio poteva trovare am pia giusti,
ficazione nel privilegio concessogli dal papa Leone X.
Il
Collegio, ohe mal dovette sopportare l’intrusione, per non de ­
rogare alle disposizioni statutarie, per non ledere gl’interessi dei
com ponenti (costituiti dai d iritti di im m atricolazione, dalle tasse di
esami e da propine varie), ed infrangere il numerus clausus, p rivile ­
gio di cui era scontrosam ente geloso, credette di nulla innovare, pur
ubbidendo agli ordini del P rin cip e, nom inando il Nifo Prom otore
ordinario p erpetu o, ossia onorario (4).
(1) N egli scritti storici sulla Scuola salernitana del De Renzi e del Sinno
non è chiaramente colta la netta distinzione che c ’era tra lo Stu diu m e il C olle gium o Schola.
(2) C fr. S a v ig n y , Storia d el d iritto romano nel M edio E vo, Trad. it., Firenze,
1844, 2 °, pp. 132 seg. 148. 181 ; G. C e n c e t t i , Gli A rchivi d ello Studio bolognese,
Bologna 1938 p. 31 seg.
(3) A. S i n n o , Cronologia dei P riori delVAlm o Collegio Salernitano, in Arch.
Stor. p e r la P rovincia d i Salerno, a. II (1922), p. 281 seg.
(4) Il Promotore nel ’700, secondo il S imno, Vita scolastica, p. 47, era « la
dignità im m ediatamente inferiore a chi godeva gli onori del Priorato », ed era
perciò detto Vicepriore e Sottopriore. Nei secoli precedenti, come ormai è as ­
sodato, il promotore era invece un dottore di volta in volta nom inato dal C ollegio,
e più anticamente dal laureando stesso, ed aveva il com pito di « presentare » il
candidato a ll ’exam en (privata exam inatio), che precedeva di solito il conventus
o conventatio ( pu blica exam inatio).
P r i m a d e l l ’e s a m e V e n iv a n o a s s e g n a ti a l c a n d i d a t o i puncta o t e s t i s u i q u a l i d o v e v e v a d is c u t e r e , e d o p o la d is c u s s io n e i d o t t o r i p o te v a n o a r g o m e n t a r e c o n tr o d i l u i . I l
Con questa carica il nostro filosofo com pare nel privilegio di
laurea di Giovanni A ntonio de Fino del 17 gennaio 1525 (1 ); m en ­
tre alcuni giorni dopo, il 25 dello stesso mese, egli stesso, in suo no ­
me — e non del P riore del Collegio, com’era consuetudine a Salerno
— conferisce la laurea in m edicina a Domenico de M affeis di Solofra, in v irtù del diritto concessogli da Leone X nella lettera patente
avanti riferita.
Il
privilegio di laurea del de Maffeis, che qui si pubblica p er la
prim a volta, è il seguente (2):
Jesus. In nom ine santissim e et jndividue trin itatis feìiciter, am en.
Nos Augustinus Nifus suessanus, comes et miles, m agister jn m edicina,
sacri p alatij et aule lateranensis Comes, cum om nibus et singulis pri vilegijs praerogativis libe [rta tib u s ], juribus, exem ptionibus, jnm uni tatibus, com oditatibus, gratijs, favoribus et indultis quibus alij p alatij
et hiusm odi Comites et nobiles etiam de no [bili] m ilitarj et Comita tum seu aliorum m ayorum nobilium genere etiam qui illustres re p u t[a n tu r] etiam ex utroque parente procreati de ju re vel consutudine
aut alias quom odolibet u tu n tu r, p o t[iu n tu r] et gaudent ac u tj p otirj
Prom otore o Presentatore difendeva il candidato contro gli assalti polem ici dei d otto ri, e perciò doveva essere m olto dotto ed abile. Questa sua funzione nel secolo XVI si
rileva esattamente da un processetto esistente n e ll ’Archivio di Stato di Salerno,
C ollegio m edico, A tti d e i d o tto ri, voi. I, fase. 2 ° . N el 1558 il dott. Adriano Oro ­
fino ricorse al Vicario generale della Curia di Salerno (e ciò prova l ’ingerenza
della Chiesa nella vita del C ollegio) contro il collegiale Giov. Girolamo de P alea ria opponendo che costui non aveva il diritto a voto in C ollegio, nè di approvare
o riprovare, perchè era stato aggregato con la riserva che « non possit nec valeat
practicare in m edicina sine intervento aiicuius periti m edici ullo unquam tem po ­
re; et cum qualitate etiam quod non possit approbare nec reprobare futuros docto res fiendos per ipsum Collegium sine consilio et voto aiicuius doctoris dicti C ol legii... ». Il de Palearia nel difendere i suoi diritti di collegiale sostenne che al
tempo del defunto Priore Paolo Grisignano egli fu da tutti visto « essere stato
promotore in alcuni doctori, et qu elli havere defesi da ogni argumento et cavilla tione si havessero possuti dare da ’ docturi in argumentare, come è solito che a
li doctorandi se fa dopo recitati li loro punti... ». Da questa dichiarazione del
de Palearia si può desumere che il Promotore nel secolo XVI non era il V ice ­
priore e che probabilm ente esso era nom inato, o estratto a sorte come a Bologna,
di volta in volta dal Collegio o anche seguendo una più antica tradizione com une
a quasi tutti gli Studi italiani, dal candidato stesso, com e, ad esem pio, a Padova
e a Perugia. Ili C e n c e t t i , G li archivi dello S tu dio bolognese, Bologna 1938, p. 31,
n. 1, è del parere che si possa scorgere in siffatti presentatori o prom otori « un
relitto d e ll ’epoca in cui gli scolari compivano gli studi sotto un solo maestro, il
quale, si rendeva garante di loro quando li presentava alla graduazione ».
(1) L ’originale è in A .S .S .; cfr. A. S i n n o , D ip lo m i d i laurea d e ll ’alm o C ol ­
legio salernitano, in Arch. Stor. Sai., a. I (1921), p. 216.
(2) A.S.S., C ollegio m edico,
e | gaùdèrj poterunt quom odolibet jn futurum vere et [non fiete] jn
om nibus et per om nia; perinde ac si jllustri genere ex utroque parente procreatus esset [de jure] cum potestate prom ovendi ubique lo corum extra tantum rom anam curiam quoscumque quos jn j[u re ] ca ­
nonico et civilj seu altero eorum ac theologia, seu artibus et medicina
aut licita facultate sufficientes, jdoneos esse reperim us ad baccalau reatus lic e n tia [tu re ], doctoratus et m agistri gradus prom ovendj et cum
alij9 potestatibus nobis con[cessis per] dom inum nostrum Leonem di ­
vina providentia papam decim um virtute quarum darum bullarum ....
plum bo pendentj in forma gratiosa. sub data Romae apud sanctum
[Petrum ] anno jncarnationis dom inj millesimo quingentesim o vicesimo, decimo spetimo kalendas ju lij [pontificatus] nostri anno octavo.
B aldaxar de Piscia, A. de Castillo.
( Segue la bolla innanzi pubblicata)
Dignum videtur et consonum rationi dignoscitur ut siqui jnmen*
labores diuturnasque vigilias jngentem que jnstanciam gloriosam
sapientie palm am assecutj sunt prerogativa singulorum dotentur ac
preceteris hom inum generibus privilegij, honoribus, laudibu9 ac dignitatibus decorentur ut et ipsi virtutum suarum ut decet prem ia re*
portent. Et ceteri qui vivarum artium disciplinis se tradiderint cum
viderint tanta jllorum cultoribus ornam enta constituta ad jllas capeecendas avidius jnducantur ac vehem entius anim entur. Cum jg itu r nobilis dom inus Dominicus de Maffeis de terra Solofre, quem virtus eximit et laudatissim i sui mores om nibus exibent adm irandum superiori bus tem poribus jn clarissimo ac N eapolitano gimnasio ceterisque dicti
regni gimnasiis obversatus in quibus viget generale liberalium artium
et m edicine studium ferventissim e jncum bens adeo jn illis sibi divina
favente et assistente clem entia perficit assidue accurateque studendo
acutissime conferendo dignissime repetendo ceterosque actus scolasti ­
co» sollem niter experiendo quod tandem jdem dominus Dominicus
externa die per me prefatum Augustinum ipsius almi Studij Salernita nj pubblice stipendiatum coram nobis veluti jdeoneus et bene meritus m eruit presentarj ac omnium artium et medicine doctorum exa ­
men subire cui quidem domino Dominico per nos externa die punta
infrascripta de more assignata fuerunt in artibus et m edicina videlicet:
jn philosophia naturali jn libro prim o phisicorum A ristotelis jnnata
est ac nobis via ex nocioribus nobis ad nociora n atu re ; in logica jn
primo libro posteriorum analecticorum . ari. circulo quoque quod impliciter sit dem ostrare inanifestum est; jn medicina in prim o libro Microtegnj Galeni m edicina est scientia sanorum egrorum et neutrorum ,
jn libro primo affor. jpso hum ide diete omnibus febricitantibus conferu n t; denique hac presenti die suppositus privato et rigoroso exam inj
vigore supradictarum nostrarum bullarum se tam prestanter egregie ac
mirifice gessit in exam ine ipso puncta sibi constituta m agistraliter
legendo declarando et jnterp retan d o difficillim a ac subtilissim a argu menta contra se form ata optim e reassum endo ac perspicacissim is solutionibus respondendo per horam ut denique longo arduo trem ebundo
examine de eo sollem niter celebrato, summa ac cum jngentj laude
uti m eritissim us et sufficientissimus ac m irum in modum doctus supra dictis artibus et m edicina extitit approbatus. Idcirco Nos Augustinuo
809
antedictus prefatum dom inum Dom inicum jn presentia eonstitutum
eisdem artibus et m edicina scientijs et facultatibus exam inatum et ap probatum pronunciam us et declaram us sufficientem et benem eritum
ad habendum et obtinendum licentiam et doctoratus insignya jn pre dictis artibus, m edicina et facultatibus ex nunc auctoritate sanctitatis
dom ini nostri predicti nobis concessa predicto domino Dominico uti
dignissimo et m eritissim o artium doctorj jn eisdem et earum qualibet
legendj docendj disputandj in terp retan d j glosandj practicandj questio.
nes decidendj et term inandj ceterosque actus m agistrales et doctores pu blice exercendy Salerni et ubique locorum et terraru m plenam licen ­
tiam et om nim odam auctoritatem facultatem dedim us et concessimus,
dam usque ea concedimus p er presentes eundem dom inum Dom inicum
artium et predictarum facultatum declarantes ipsum esse doctorem
p arite r et m agistrum A uctoritate predicta ipsum que dom inum Do ­
m inicum mero cetuj et consortio aliorum jn eisdem facultatibus docto ­
rem aggrega [vimus] et univim us cum om nibus sollem nitatibus et cerim onijs in talibus fieri consuetis prout tenore presentium conferim us
et assignamus om nia et singula doctoratus insignya ceterisque docto ribus jn Studio Salernitano [et] N eapolitano darj consueta sibi traddi mus atque concessimus una cum om nibus et singulis privilegijs pre dictis prerogativis jn d u ltis jnm unitatibus favoribus et gracijs quibus
alij qui gradum et signa dieta hiusm odi jn universitatibus et alijs locis
receperunt u tu n tu r p o tiu n tu r et gaudent ac uti [p otiri] et gauderi pòterunt quom odolibet jn futurum . Jn quorum quidem om nium et singulorum fidem et rei veritatis has patentes licteras nostra p ro p ria m a ­
rni subscriptas per jn frascriptarum notarium et scribam fecimus.
Acta sunt hec Salerni et p ro p rie jn dom ibus Illustris Dom ini P rin cipis Salernj jn presentia ipsius Illustris dom inationis sub anno a n a ­
tivitate dom ini millesim o quingentesim o vicesimo quinto, jndictione
terciadecim a, die vero digesim oquinto mensis jan u arij Pontificatus
Sanctissimj jn Christo patris et dom ini nostri dom ini Clem entis divina
providentia pape septim i anno secundo.
Presentibus jbidem dom ino Pom ponio de Gaurico de Gifono, do ­
mino F erran te de Ayronis de N uceria, abbate Jeronim o M inerva et
B ernardo de Lunatis de Salerno, testibus ad prem issa vocatis speciali ter atque rogati» ».
Che significato ha questo eccezionale docum ento nel quadro
della storia del Collegio medico di Salerno? Occorre subito rilevare
che il Nifo conferì la laurea a de Maffeis con un tono di particolare
solennità, nel palazzo di F errante Sanseverino, alla presenza dello
stesso principe, di Pom ponio Gaurico, di altre personalità, « ac om ­
nium artium et m edicinae doctorum » ; che la laurea venne da lui
concessa non per m andato del P riore del Collegio o nella sua qualità
di P rom otore perpetuo, ma « ex auctoritate pontificia », in forza
^cioè della lettera patente di Leone X; che al neo dottore vennero da ­
te « omnia et singula doctoratus insignia ceterisque doctoribus in
Studio salernitano et N eapolitano dari consueta », e che egli fu abi ­
litato non solo ad esercitare, ma anche ad insegnare a Salerno t et
ubique locorum et terrarum ».
Orbene, come mai il Collegio non si sentì menom ato nei suoi
diritti e prerogative, dei quali era stato sem pre geloso difensore; e
come mai il P riore, derogando al suo privilegio, perm ise un perico ­
loso dualismo che suonava offesa alla sua autorità?
Il
Nifo era, è vero, Conte P alatin o ; ma altrove, ad esempio a
Bologna, si tentò di reagire alla introm issione dei Conti p alatin i; ed
a Padova, quando il papa Paolo IV nel 1565 fece obbligo ai laurean ­
di di far professione di fede cattolica, la città, per favorire gli scolari
stranieri, consentì eccezionalm ente che il podestà o un Conte pala ­
tino facesse le prom ozioni; ma subito dopo, per elim inare ogni inger
renza, creò due nuove facoltà ed ordinò che nessun Conte palatino
concedesse p er l’avvenire gradi dottorali (1).
Il
tacito consenso, invece, di tu tti i D ottori salernitani alla in ­
gerenza del Conte P alatino Nifo è indubbiam ente m olto significativo
ed illum ina tutta una particolare situazione, nella quale appare evi ­
dente che i Collegiali si erano piegati dinanzi alla prepotente p er ­
sonalità del P rincipe Sanseverino, e che riconoscevano im plicitam en ­
te nella persona del Conte P alatino Agostino Nifo la superiore pote ­
stà che gli aveva concesso la facoltà di conferire lauree, si inchinava,
no cioè a quel potere pontificio da cui, del resto, il Collegio traeva au ­
torità m ediante la presenza del Notaio apostolico che convalidava i
privilegi di laurea che esso conferiva (2),
.
Non si conoscono altri docum enti relativi alla perm anenza di
Agostino Nifo a Salerno. Sappiam o solam ente che nell’agosto 1525,
m entre si godeva le vacanze « in N iphano », una sua villa che egli
aveva im m aginosam ente battezzata così (3), gli giunsero pressan ­
ti proposte dei Bolognesi, i quali, m utato atteggiam ento col variar
delle circostanze, tentarono di conferire a lui, che ne era stato il più
(1) v. la formola di giuramento in S a v ig n y , op. cit., voi. 2 ° , p. 138 n. 153.
In essa il neo dottore giurava di non contravvenire alle disposizioni e prerogative
del Collegio a vel singulos Doctores, nisi suam vel suorum injuriam proseguendo
et non interponent auctoritatem suam alicui doctorando per aliquem Comitem P a latinum in civitate vel diocesi Bononiae.... ». Per Padova v. anche S a v i c n y , o. c.,
p. 182.
(2) Sul valore della presenza del Notaio Apostolico nella graduazione saler ­
nitana v. L. C a s s e s e , La « datatio » e la « roboratio » nelle lauree d e l Collegio m e ­
dico d i Salerno, in Rass. Stor. Sai., a. XI (1950) p. 32 seg.
(3) Il suo opuscolo « De armorum ac literarum com paratione » è appunto da ­
tato: « I n Niphano finis 1525 die 3 augusti». Cfr. T i r a b o s c h i , op. cit. t. VII,
p. 2 \ p. 627.
rtunoroso antagonista, la cattedra del Pom ponazzi m orto appunto nel
maggio di q uell’anno. Ma il nostro filosofo aveva « pretensioni smo ­
date, e boria incom portabile »; sicché « le sue esorbitanze «piacque ­
ro e le p ratiche furono rotte » (1).
Apprese codeste trattative, il P rincipe di Salerno il 28 settem ­
bre gli indirizzò una lettera in cui scrisse che come il grande Ales ­
sandro aveva fatto doni e dato lauto stipendio ad A ristotile per
lavarlo presso di sè, e parim enti altri principi e signori ad illustri
filosofi, cosi lui, per seguire cosi lum inosi esem pi, voleva che un fi­
losofo famoso come il Nifo, « nostri tem poribus alter Aristoteles »,
non si allontanasse dalla sua corte, e perciò gli concedeva la pen ­
sione a vita di duecento carlini di argento a ll’anno sui d iritti ed in ­
tro iti della dogana maggiore del fondaco di Salerno (2). N atu ral ­
m ente per il Nifo fu un buon affare e l’eccezionale trattam ento val ­
se a rendergli più gradevole la dim ora a Salerno.
Non si conosce l’anno in cui egli lasciò lo Studio salernitano, ma
non vi dovette rim anere a lungo, contrariam ente a quanto afferm a il
T iraboschi sulla fede di Leandro A lberti, il quale crede che il Nifo
vi insegnò fino ■alla m orte (3). Certo è che nel 1528 gli E letti di
N apoli « p ro p ter eius in hanc urbem affectionem , m otu eorum p ro ­
prio civitate ipsa donarunt et vivae vocis oraculo civem neapolita num effecerunt » (4). Sappiam o ancora che nel 1531 insegnava fi­
losofia e m edicina nello Studio napoletano, dove finì col trasferirsi,
senza forse mai abbandonare la protezione del P rincipe di Salerno
che nella capitale aveva corte in uno splendido palazzo.
E ’ difficile dare un giudizio sul particolare apporto dato dal
Nifo alla vita dello Studio salernitano nel breve periodo in cui fu
tra i suoi docenti, perchè, m entre si ha qualche notizia sulle sue ge­
sta di cortigiano, non abbiam o riferim enti alla sua attività d id atti ­
ca. E ’ da ritenere però che essa, tranne le solenni cerim onie del con ­
ferim ento delle lauree, dovette ridursi a ben poco, considerato lo scarso num ero di scolari. Tale è la sorte degli istituti di alta cultura sof­
focati negli angusti confini di una provincia e privi di quella o r ­
ganizzata capacità scientifica che costituisce la base essenziale di ogni
efficiente organismo culturale.
(1 ) F . F i o r e n t i n o , Pietro Pomponazzi c it., p . 6 9 .
(2) La lettera del principe già in T o p p i , B iblioteca ecc., p. 4 seg . è ripub ­
blicata dal C a r u c c i ,' op. cit., p. 8 n . 1.
(3) Avvenuta secondo alcuni nel 1537 e secondo il Naudè nel 1545. Cfr.
B a y l e , Dict. cit., IP,, p. 176; T i r a b o s c h i , op. cit., V II, parte 2* p . 628 seg.
(4) v. C o r t e s e , L 'età spagnuola, in Storia delVTJniversità di N apoli, iv i 1924,
p. 326.
Sembra perciò inaccettabile, e, com unque, da accogliere even ­
tualm ente con molte riserve ed opportuna cautela, l’afferm azione
che nel ’500 si verificò una reviviscenza dell’attività scientifica del ­
lo Studio salernitano, per la ragione che la presenza di una o più
persone in fama di rappresentanti di alta cultura, non riuscì a crea ­
re una corrente nuova ed innovatrice di pensiero, sia per la vicinan ­
za del grande Studio napoletano — anch’esso d’altronde in crisi — ,
sia perchè a Salerno, tolto l'artificioso impulso dato p er velleità me»
cenatesca dal P rincipe F errante Sanseverino, non esistevano quelle
circostanze politico - sociali ed economiche che nel Medioevo avevano
reso possibile la nascita e lo sviluppo di una originale corrente di
pensiero scientifico.
A chi esamina attentam ente i superstiti docum enti appare subito
chiaro che lo Studio salernitano, salvo qualche rara eccezione, era nel
secolo XVI nelle mani di pochi docenti locali, i quali non si mostravano
molto solleciti del progresso del sapere ed erano monotoni ripetitori
di nozioni tradizionali apprese su testi antiquati e non nel difficile
campo dell’esperienza. Altrove Girolam o Fraccastoro, M arsilio Ficino, Alessandro Benedetti, Antonio Benivieni, Bartolom eo Eustachio,
Gaspare Asellio, F alloppio, Fabrizio A quapendente ed altri ancora,
fuori e dentro gli Studi generali, determ inarono, in base al nuovo me ­
todo sperim entale, una svolta decisiva nel campo della m edicina e
della chirurgia, lasciandosi alle spalle le brum e del pensiero m edie ­
vale (1 ); a Salerno, invece, i M artelli, Capece, M acigni, Nifo e qual ­
che altro, più che essere i rappresentanti di un sapere innovatore e
il sostegno scientifico dello Studio, gravitarono, in definitiva, nell’or ­
bita della corte principesca, furono più cortigiani che scienziati, e
come tali si dispersero non appena tram ontò la stella di F errante
Sanseverino, le cui fortunose vicende ebbero come epilogo lo smem ­
bram ento del principato di Salerno e il progressivo decadim ento
della città che ne era stato il centro.
L eopoldo
C a ssesk
(1) Cfr. A. C a s tic lio k i, Storia della m editin o, Milano 1936, p. 3*7 «ejj. : G.
S a jtta , p. Cit., voi. II, p. 179,
Indice dell" annata 1958
della
RASSEGNA STORICA SALERNITANA
V oi. X IX
N. Acocella - La fig u ra e l'opera di A lfa n o I di Sa­
lerno (sec. X I). P rofilo b io g ra fico
.
.
Pag.
1
VARIA
A. Schiavo - L'architettura negli avori di Salerno e
ipotesi sulle loro o rig in i
.
.
.
.
»
75
»
57
»
94
D. Sim. Leone O. S. B. - La Bibbia d e ll'a b a te Raynal­
do e il m iniatore del '3 0 0 Cicco de Senis
B. Cappelli - Note su alcuni
va li di Tegiano
.
.
m onum enti m edie .
.
.
.
P. Are. Pergamo O. F. M . - Il convento della SS.
Trinità di Baronissi
.
In niem oriam : G iuseppe Zito
.
.
.
.
»
101
.
.
.
.
»
142
ATTI DEL CENTRO DI STUDI DI MEDICINA MEDIOEVALE
L. Cassese - A gostino N ifo a Salerno .
.
.
Pag.
3