Valve-in-valve per via transfemorale in paziente con bioprotesi
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Valve-in-valve per via transfemorale in paziente con bioprotesi
VALVE-IN-VALVE PER VIA TRANSFEMORALE IN PAZIENTE CON BIOPROTESI AORTICA DEGENERATA: 5 ANNI DI FOLLOW-UP Elisa Mistretta1, Stefano Salizzoni2, Walter Grosso Marra1, Federico Conrotto3, Gian Paolo Ussia4, Gaetana Ferraro5, Mauro Giorgi3, Davide Salera1, Maurizio D’Amico3, Sebastiano Marra3, Mara Morello1, Mauro Rinaldi2, Fiorenzo Gaita1 1 Divisione di Cardiologia Universitaria, 2Divisione di Cardiochirurgia Universitaria, 3Divisione di Cardiologia 2, 5Divisione di Cardiologia Pediatrica, Città della Salute e della Scienza - presidio Molinette, Torino 4 Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Tor Vergata, Roma Le protesi valvolari cardiache biologiche vengono comunemente utilizzate in virtù del minore rischio di sanguinamenti o eventi trombotici a cui si associano se paragonate alle protesi meccaniche, che sono però più durature. Con il tempo le valvole biologiche tendono però a deteriorarsi e in questi casi la sostituzione è il trattamento di scelta; dal 2007, però, la tecnica valve-in-valve viene descritta come una valida alternativa rispetto al reintervento per queste situazioni. È stato sottoposto al nostro centro il caso di una paziente di 91 anni con storia di ricorrenti scompensi cardiaci refrattari alla terapia medica massimale, sottoposta 4 anni prima a sostituzione di valvola aortica a causa di una stenosi severa sintomatica con protesi biologica 19 mm Mitroflow in associazione con un singolo bypass sull’arteria coronaria discendente anteriore mediante graft venoso. La paziente presentava inoltre storia di ipertensione e insufficienza renale cronica. All’ingresso, l’ecocardiogramma transtoracico mostrava una normale funzione ventricolare sinistra, una severa degenerazione della bioprotesi con un’insufficienza di grado moderato-severo intraprotesiche e una stenosi aortica severa con gradiente massimo e medio rispettivamente di 125 mmHg e 80 mmHg, velocità di picco aortico 5,6 m/s, LVOT 25 mm, VTI 130 cm2, DVI 0,19. Considerati il suo EuroSCORE (33.17%) e il suo STS mortality score (10.1%), in seguito a valutazione multidisciplinare, è stata proposta al paziente la procedura di TAVI, quindi la protesi valvolare è stata inserita per via femorale sotto guida ecocardiografica. L’ecocardiogramma transtoracico eseguito in settima giornata post-operatoria confermava un’insufficienza aortica di grado lieve moderato nella zona di apposizione della protesi sulla fibrosa mitro-aortica e un’importante diminuzione del gradiente di picco e medio. Sono stati quindi eseguiti ecocardiagrammi transtoracici seriati che hanno dimostrato una stabilità dei gradienti durante i 5 anni di follow-up, risultando in media un gradiente di picco di 43 mmHg e gradiente medio pari a 22 mmHg, velocità di picco aortico 3,3 m/s, LVOT 30 mm, VTI 80 cm2, DVI 0,37. A 12 mesi di follow-up è stato inoltre dimostrata una lieve riduzione del grado di insufficienza aortica che risulta essere stabilmente di grado lieve. A 5 anni di follow-up, la classe funzionale della paziente risulta essere una NYHA II e la sua qualità di vita accettabile. Secondo le nostre ricerche, questo è il più lungo follow-up fatto su pazienti andati incontro a questa procedura. In futuro nuove tecnologie e una migliore esperienza nel campo potranno sicuramente apportare un ulteriore miglioramento dei risultati. La guida ecocardiografica che accompagna tutta la procedura, così come i controlli ecocardiografici pre e post procedurali, risultano essere un supporto fondamentale affinché il posizionamento della protesi possa avvenire in maniera più precisa, con un minor numero di complicanze periprecedurali. I rigurgiti periprotesici che in fase di rilascio della protesi appaiono di entità più rilevante tendono a ridimensionarsi nel tempo per migliore apposizione della protesi sulla giunzione mitro-aortica.