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La strategia del cappuccino.
Le controversie dottrinali e politiche
alla corte di Vienna nell’opera di Valeriano Magni
(1586-1661)
Alessandro Catalano
Nella quindicesima delle sue Lettere provinciali (originariamente note come
Lettres écrites par Louis de Montalte à un Provincial de ses amis et aux R.R. Pères
Jésuites), datata 25 novembre 1656, Blaise Pascal avrebbe esemplificato il
metodo utilizzato dalla Società di Gesù per distruggere i propri nemici
prendendo in analisi il destino del cappuccino Valeriano Magni:
vos Peres, comme s’ils eussent en quelque peine de voir convertir un Prince souverain sans
les y appeller, firent incontinent un livre contre luy, (car vous persecutez les gens de bien
partout) ou falsifiant un de ses passages, ils luy imputent une doctrine heretique 1.
Pascal, che pure in anni precedenti aveva criticato il cappuccino per essersi
appropriato dell’esperimento di Evangelista Torricelli sul vuoto 2, lodava inoltre
il suo libro Commentarius Valeriani Magni Fratris Capuccini, de Homine infami
personato, in cui aveva definito “hautement & publiquement” i gesuiti “des
imposteurs insignes, & de tres-habiles & de tres-impudens menteurs” 3, invitando tutti
gli accusati “sans preuves” a rispondere “comme le P. Capucin, mentiris
1
Texte primitif des Lettres provinciales de Blaise Pascal, d’après un exemplaire in 4°
(1656-1657) ou se trouvent des corrections en écriture du temps. Édition contenant outre ces
corrections toutes les variantes des éditions postérieures, Paris 1867, p. 268.
2
Per i rapporti tra Magni e Pascal si veda l’accurata ricostruzione di A. MANSUY: Le
monde slave et les classiques français aux XVIe-XVIIe siècles, Paris 1912; e, in spagnolo, il
recente F. DIEZ DEL CORRAL: Blaise Pascal: la certeza y la duda, Madrid 2008, pp. 136-149.
Per una diesamina della discussione sul vuoto in Italia si veda M. BUCCIANTINI: “Valeriano
Magni e la discussione sul vuoto in Italia”, Giornale Critico della Filosofia Italiana 14 (1994),
pp. 73-91.
3
Texte primitif des Lettres..., op. cit., pp. 268-269.
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impudentissime” 4. Assieme all’altra raccolta di scritti (in parte ripresi dal volume
precedente) dal titolo ben più aggressivo di Apologia contra imposturas Jesuitarum,
pubblicata da Magni nel 1660 pochi mesi prima di morire 5, imprigionato e sul
punto di essere trasportato a Roma, il libro citato da Pascal ha gettato le basi della
fama del Magni antigesuita, che ha in seguito relegato in secondo piano
l’importante attività politica e diplomatica dell’intraprendente cappuccino italiano 6.
Se quindi è cosa piuttosto nota, benché spesso interpretata in termini di mero
antigesuitismo, che nei decenni precedenti Magni avesse intrapreso duri
confronti con i gesuiti di Praga e di Vienna, molto meno studiato è il suo ruolo di
primo piano in quelle azioni diplomatiche che, nella prima metà del Seicento,
hanno reso l’Europa centrale uno dei più palcoscenici più vivaci dell’intera
Europa 7. Molte delle controversie dottrinali e politiche dell’epoca sono state
peraltro rimosse da un’epoca successiva che ha voluto vedere tutta l’età moderna
come una lunga fase di immobilismo e oscurantismo. La permanente sensazione
di crisi che accompagna buona parte delle istituzioni statali contemporanee negli
ultimi anni ha però portato gli storici a intensificare lo studio dei meccanismi alla
4
Texte primitif des Lettres..., op. cit., p. 270.
5
Il testo inizia con le parole “Imposturae, quibus praegravor a Jesuitis, sunt elaboratae,
& involutae tanto ac tali artificio, ut exonerent culpam in alios, referantque speciem virtutis”,
Apologia Valeriani Magni Capuccini contra imposturas Jesuitarum. Ad majorem gloriam Dei...
[Ludguni Batavorum (?) 1661, p. 3). Sulle prime edizioni del pamphlet di Magni e sui testi
contenuti in ognuna di esse si veda J. CYGAN: Valerianus Magni (1586-1661). “Vita prima”,
operum recensio et bibliographia, Romae 1989, pp. 330-332.
6
Sull’operato di Magni in Boemia si vedano, oltre ai numerosi lavori di Cygan citati in
seguito (tra questi anche la sua prima recensione bibliografica, J. CYGAN: “Opera Valeriani
Magni velut manuscripta tradita aut typis impressa”, Collectanea Franciscana 42 (1972), pp.
119-178, 309-352), soprattutto G. ABGOTTSPON VON STALDENRIED: P. Valerianus Magni
Kapuciner (1586-1661). Sein Leben im allgemeinen, seine apostolische Tätigkeit in Böhmen im
besonderen. Ein Beitrag zur Geschichte der katholischen Restauration im 17. Jahrhundert, OltenFreiburg/Br. 1939; G. DENZLER: “Der Kapuzinermissionar Valeriano Magni (1586-1661)”,
Die Propagandakongregation in Rom und die Kirche in Deutschland im ersten Jahrzehnt nach dem
Westfälischen Frieden. Mit Edition der Kongregationsprotokollen zu deutschen Angelegenheiten
1649-1657, Paderborn 1969, pp. 185-212; S. SOUSEDÍK: Valerián Magni. 1586-1661. Kapitola
z kulturních dějin Čech 17. století, Praha 1983, e A. CATALANO: La Boemia e la riconquista delle
coscienze. Ernst Adalbert von Harrach e la Controriforma in Europa centrale (1620-1667),
premessa di A. Prosperi, Roma 2005.
7
Per una ricostruzione pionieristica e insuperata si veda R. J. W. EVANS: Felix Austria.
L’ascesa della monarchia absburgica, Bologna 1981.
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base del funzionamento degli stati e al ruolo in essi svolto dalle élite di potere, con
particolare attenzione proprio all’età moderna, momento in cui si sono formate le
basi degli “stati” europei 8. Lo studio sempre meno ideologico delle prassi
quotidiane delle epoche passate ha permesso di superare definitivamente la
condanna, se non addirittura il disprezzo, di cerimoniali complessi e poco
decifrabili sulla base del nuovo sistema di valori che si è sviluppato a partire
dall’illuminismo. In ambito scientifico sembra essere parallelamente finita la
stagione delle istituzioni monolitiche e dei sovrani assoluti e negli ultimi anni,
come è stato notato da molti storici, i concetti chiave con cui venivano
interpretate le istituzioni dell’età moderna –primo fra tutti l’assolutismo– sono
stati a tal punto decostruiti da essere ormai quasi inutilizzabili 9.
Lo stato assolutista è stato infatti disgregato in una pluralità di istituzioni e
correnti politiche e spirituali, a volte anche in concorrenza tra loro, all’interno
delle quali l’esercizio del potere è emerso spesso come risultato di complesse
dinamiche sociali che hanno avuto luogo nello spazio simbolico delle corti.
Contemporaneamente sempre più dettagliata si è fatta la ricostruzione dell’operato
delle fazioni e dei partiti attivi nel corso di tutta l’età moderna nelle singole corti
europee e, a un’immagine monolitica, si è ormai sostituita, almeno nella maggior
parte dei contesti storiografici, quella di spazi al cui interno convivevano tendenze
e correnti spesso anche molto distanti tra loro nelle modalità di intendere politica
e spiritualità. Per certi aspetti è addirittura sorprendente che nei momenti di
maggiore tensione si riuscissero a evitare rotture irreparabili, trovando –benché a
volte solo grazie all’imposizione dell’autorità del sovrano, tirato per la giacca dai
vari contendenti– compromessi accettabili per molti degli attori in gioco 10.
8
Il riferimento obbligato è agli studi di W. REINHARD: Geschichte des modernen Staates,
München 2007; Glaube und Macht. Kirche und Politik im Zeitalter der Konfessionalisierung,
Freiburg im Breisgau 2004; Geschichte der Staatsgewalt. Eine vergleichende Verfassungsgeschichte
Europas von den Anfängen bis zur Gegenwart, München 2002.
9
Per quanto riguarda l’Europa centrale si veda ora P. MAT’A & Th. WINKELBAUER (eds.):
Die Habsburgermonarchie 1620 bis 1740. Leistungen und Grenzen des Absolutismusparadigmas,
Stuttgart 2006.
10
In modo originale è stata ad esempio di recente affrontata la questione dell’utilizzo
del tema della “patria” nelle polemiche all’interno degli Stati boemi, Petr MAT’A: “Patres
Patriae or Proditores Patriae? Legitimizing and de-legitimizing the authority of the provincial
estates in seventeenth-century Bohemia”, in B. TRENCSÉNYI & M. ZÁSZKALICZKY (eds.):
Whose Love of Which Country? Composite States, National Histories and Patriotic Discourses in
Early Modern East Central Europe, Leiden-Boston 2010, pp. 405-442.
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Di conseguenza sono state investigate a più riprese le connessioni nazionali,
territoriali, ideologiche e religiose che hanno portato alla formazione di fazioni
e partiti tra cortigiani, consiglieri, confessori e cardinali, anche se stranamente
alcune delle più significative, perché rivelatrici di spazi di manovra superiori a
quanto lascerebbe pensare una certa idea “assoluta” di assolutismo, sono
scivolate tra le dita degli storici senza trovare ancora ricostruzioni affidabili e
attendibili. Tra gli aspetti studiati con meno puntualità va senz’altro citata
l’azione politica e spirituale dei cappuccini che, benché spesso notata, aspetta
ancora uno storico che offra una soddisfacente rielaborazione complessiva del
fenomeno in chiave europea 11. Alle pesanti tracce lasciate negli archivi da
queste attività –per le quali “iperattivismo” sarebbe forse un termine più
corretto– non è ancora corrisposta un’adeguata analisi critica. E ciò nonostante
il fatto che, dal punto di vista dottrinale, lo stesso Pascal avrebbe poi
sottolineato a metà del secolo come, accanto ai domenicani, fossero proprio i
cappuccini a rappresentare una reale alternativa al “monopolio” gesuita: “vous
elles aujourd’hui malheureux en Capucins” 12.
Nel rapido succedersi di diete, congressi e negoziazioni che ha caratterizzato
la prima metà del XVII secolo è infatti difficile non notare la “frenesia
diplomatica” di una serie, ristretta quanto si vuole, ma molto influente, di abili
mediatori cappuccini. In un momento in cui la diplomazia ufficiale era spesso
immobilizzata da contese cerimoniali a volte impossibili da districare, la
possibilità di sfruttare canali alternativi ha alimentato tra le corti europee uno
scambio intenso di mediatori meno appariscenti ma a volte più efficaci rispetto
agli ambasciatori ufficiali 13. La reale utilità di questi canali dipendeva però
11
Per un’introduzione all’azione dei cappuccini in Germania si vedano almeno M. A
POBLADURA: Historia generalis ordinis fratrum minorum capuccinorum. Pars secunda (16191761), I-II, Romae 1948; R. DA CESINALE: Storia delle missioni dei cappuccini, I-II, Parigi
1873, pp. 537-698; C. VON BRIGHTON: The Capuchins. A contribution to the History of the
counter-reformation, London 1928, pp. 284-321, nonché il recente B. DOMPNIER: Tension et
conflits autour des missions chez les capucins du XVIIe siècle, in M. C. GIANNINI (ed.):
Religione, conflittualità e cultura. Il clero regolare nell’Europa d’antico regime: Cheiron 2005,
43-44, pp. 159-184.
12
Texte primitif des Lettres..., op. cit., p. 268.
13 Sull’azione politica dei cappuccini nel Seicento si vedano anche gli studi di B. DE
CARROCERA: “El Padre Diego de Quiroga, diplomático y confesor de reyes (1574-1649)”,
Estudios Franciscanos 50 (1949), pp. 71-100; R. CUETO: “Crisis, conciencia y confesores en
la Guerra de Treinta Años”, Cuadernos de Investigación Histórica 16 (1995), pp. 249-265; e
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ovviamente non solo dalla duttilità dei protagonisti, ma anche dalla capacità di
attenersi ai compiti ricevuti, cosa che –come vedremo nel caso di Magni– non
veniva sempre rispettata da chi era stato investito di compiti estremamente
delicati.
Nella formazione di una rete di cappuccini europea un ruolo essenziale era
stato svolto all’inizio degli anni Venti del XVII secolo da Federigo Natta alias
Giacinto da Casale 14. Gregorio XV, uno dei pochi pontefici ad aver sviluppato un
piano coerente e articolato nei confronti della “riconquista” religiosa della
Germania, aveva messo a disposizione di Massimiliano I di Baviera quella che
uno storico ha chiamato “l’un des plus puissant instruments dont dispost alors la cour
de Rome, la diplomatie capucine” 15. A un altro storico Giacinto da Casale –di cui
citava la massima “Far il fatto suo coram deo et hominibus recte e poi mormori
l’inferno, se non basta il mondo”– è sembrato, accanto agli ambasciatori, il vero
rappresentate della politica internazionale di Massimiliano 16. Non a caso del
resto alla morte del cappuccino Massimiliano scriverà a Roma:
Con occasione d’haver presentito, che N.S. voleva haver nelle mani tutte
quelle lettere e scritture, che si trovano a Casale appresso li Padri dell’Oratorio
V. CRISCUOLO: “Tre diplomatici cappuccini al ‘Kurfürstentag’ di Regensburg del 16361637: Valeriano Magni, Francesco Rozdrazewski e Diego de Quiroga”, Laurentianum 45
(2004), pp. 59-107.
14 Oltre alla voce di A. KOLLER: “Giacinto da Casale”, Dizionario Biografico degli
Italiani, Roma 2000, LIV, pp. 116-118, si vedano la biografia apologetica di VENANZIO DA
SANTO LAGO: Apostolo e diplomatico. Il p. Giacinto dei conti Natta da Casale Monferrato
cappuccino, Milano 1886; D. ALBRECHT: Maximilian I. von Bayern 1573-1651, München
1998, passim; A. DUCH (ed.): Briefe und Akten zur Geschichte des dreissigjärigen Krieges. Neue
folge. Die Politik Maximilians I. von Bayern und seiner Verbündeten 1618-1651, I/2, Wien
1970, passim; W. GOETZ (ed.): Briefe und Akten zur Geschichte des dreissigjärigen Krieges.
Neue folge. Die Politik Maximilians I. von Bayern und seiner Verbündeten 1618-1651, II/1-2,
Leipzig 1907-1918, passim; W. GOETZ: “Pater Hyacinth”, Historische Zeitschrift 109 (1912),
pp. 101-128; e infine il lungo articolo di D. M. DA PORTOGRUARO: “Il P. Giacinto dei Co.
Natta da Casale e la sua opera attraverso i dispacci degli ambasciatori veneti 1621-1627”,
Archivio segreto, Quinta serie 4 (1928), pp. 165-231; V (1929)), pp. 151-233.
15
H. HAUSER: La préponderance espagnole (1559-1660), Paris 1973, p. 288.
16 W. GOETZ: “Pater Hyacinth”, op. cit., pp. 111, 122, 124, 128 (per la citazione). Già
nel 1622 non erano comunque mancate voci molto critiche, l’elettore di Magonza Johann
Schweikhard von Kronberg l’aveva ad esempio definito “unverschämter Mönch” (Ibidem,
p. 109).
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lasciate dalla bo. me. del P. Giacinto, tra le quali ve ne sono di quelle che
spettano a me e contengono negotii passati fra me o vero miei ministri e’l detto
Padre, scrissi al s. Card. Lodovisio, priegando S.S. Illustrissima a voler operare,
che S.S., atteso che simili scritture siano propriamente mie e non tocchino ad
altri, si contentasse non farmi in ciò alcun aggravio 17.
È interessante notare inoltre che, quando nel 1628 a Madrid si sarebbe
discusso per stabilire chi doveva essere il confessore dell’Infanta Maria Anna, il
Consiglio di Stato sosterrà che:
no convenía que Fray Diego de Quiroga, por ser religioso capuchino, fuese por
confesor de la reina de Hungría, entre otras consideraciones por excusar la ocasión de
recelo, siendo su Orden tan dependiente y afecta al Duque de Baviera 18.
Padre Giacinto, nominato nel 1621 legato straordinario all’imperatore e agli
altri principi della Germania, per coordinare le sue iniziative presso le varie corti
europee, spesso anche condite da una notevole libertà di linguaggio e
indipendenza di azione, aveva inviato degli emissari che avrebbero giocato un
ruolo importante nella politica europea, e viennese in particolare, nei decenni
successivi: tra gli altri appartenevano al suo entourage Valeriano Magni, Basilio
d’Aire, Alessandro d’Ales e Diego de Quiroga 19. Non a caso l’ambasciatore
veneziano a Vienna Padavin, comunicando le voci che accompagnavano gli
spostamenti nelle varie corti dei cappuccini assoldati da padre Giacinto (“che
pretende regger tutta questa massa e che è ripieno d’inventioni e stratagemi”) 20
commenterà che ormai vedeva:
nelle religioni et in quella dei capucini particolarmente la malignità et
ambitione, et che questi particolarmente cominciavan seguir le pedate de padri
gesuiti meschiandosi negli affari di stato 21.
17
Massimiliano a Crivelli, 1627 IV 29, J. SCHNITZER: “Zur Politik des hl. Stuhles in
der ersten Hälfte des Dreißigjärigen Krieges”, Römische Quartalschrift 13 (1899), pp. 151262, qui p. 188, nota 1. Si vedano anche le parole dell’ambasciatore veneziano a Roma:
“Nelle scritture, che si sono havute qui del P. Giacinto Capuccino morto, se ne sono trovate
alcune che hanno dato poco gusto mentre si è veduto una continua corrispondenza de
negotij che teneva con Baviera et altri Principi, diversi da quelli ch’egli qui dava a credere”,
D. M. DA PORTOGRUARO: “Il P. Giacinto dei Co. Natta da Casale...”, op. cit., p. 225.
6
18
B. DE CARROCERA: “El Padre Diego de Quiroga...”, op. cit., p. 81.
19
W. GOETZ: “Pater Hyacinth”, op. cit., p. 106.
20
D. M. DA PORTOGRUARO: “Il P. Giacinto dei Co. Natta da Casale...”, op. cit., p. 215.
21
Ibidem, p. 216, nota 1.
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In questo contesto Valeriano Magni verrà inviato in una missione non troppo
fortunata prima a Monaco e poi –su incarico diretto di Massimiliano I– a Parigi
per cooperare al passaggio dell’elettorato imperiale alla Baviera e all’ampliamento
della Lega cattolica anche a Francia e Savoia 22. Magni stesso manifesterà però
nell’aprile del 1623 a Massimiliano di Baviera le sue perplessità sui risultati
ottenuti: “E in somma io ho talvolta dubitato, a qual fine io fossi mandato a questo
re di Francia (...) Hora per tutte le sudette ragioni mi risolvo di non passare più
oltre” 23. Già allora del resto l’ambasciatore veneto segnalerà una certa diffidenza
nei suoi confronti (“per religioso, poco veraci s’incontrano le sue parole”) 24,
molto simile alle analoghe parole del nunzio Pallotto a Vienna nel 1629: presso di
lui Magni avrebbe infatti trovato:
la mia natura e volontà altrettanto disposta et inclinata ad amarlo, stimarlo, e
servirlo in tutto ciò, che sinceramente mi rappresenterà di suo gusto e servitio;
quanto difficile, e renitente quando mi vedessi tirar con industrie, artificii e
forza di ingegno 25.
Il fallimento dell’ambizioso progetto di Giacinto da Casale non avrebbe
avuto implicazioni sulla carriera futura di Magni che, nato a Milano, ma
cresciuto assieme ai fratelli in Europa centrale 26, nei decenni successivi avrebbe
22 La missione di Magni è descritta con dovizia di particolari da A. Gindely: Geschichte
des dreißigjährigen Krieges. II. Die Strafdekrete Ferdinands II. und der Pfälzische Krieg (16211623), Prag 1880, pp. 488-493, e D. M. DA PORTOGRUARO: “Il P. Giacinto dei Co. Natta da
Casale...”; si vedano inoltre A. DUCH (ed.): Briefe und Akten..., op. cit., passim; W. GOETZ (ed.):
Briefe und Akten..., op. cit., passim; J. CYGAN: Valerianus Magni..., op. cit., pp. 233-235. Un suo
memoriale sulla questione della Valtellina è stato pubblicato da L. AREZIO: La politica della
Santa Sede rispetto alla Valtellina dal concordato d’Avignone alla morte di Gregorio XV (12. nov.
1622-8 luglio 1623). Con molti documenti inediti, Cagliari 1899, pp. 69-70.
23
W. GOETZ (ed.): Briefe und Akten..., op. cit., pp. 108-109.
24
D. M. DA PORTOGRUARO: “Il P. Giacinto dei Co. Natta da Casale...”, op. cit., p. 172,
nota 3.
25
Pallotto a Barberini, Roma, 18 agosto 1629, in ASV, SS, Germania 119, fols. 44r-46v.
26
Il padre Costantino Magni (1537/39-1606) era stato per 45 anni “familiare” e
“consigliere segreto” di Massimiliano II e Rodolfo II e nel 1588 si era trasferito a Praga.
Valeriano Magni, sicuramente attestato a Praga a partire dal 1597, era quindi cresciuto nella
Praga di Rodolfo II dove era entrato nell’ordine cappuccino ispirato dalle prediche del
celebre Lorenzo da Brindisi (1559-1619), J. CYGAN: Valerianus Magni..., op. cit., pp. 29-30,
145-146. Uno zio, Carlo, nel 1594 era stato inviato come ambasciatore del re di Spagna da
Sigismondo Báthory, principe di Transilvania (Ibidem, p. 146).
7
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elevato a vera strategia politica quanto già sperimentato nel corso di questa
prima poco felice missione, e cioè l’abilità di sfruttare le rivalità in seno ai
consiglieri di vario rango per tentare di realizzare i propri progetti politici e
spirituali. Questa modalità, per la verità non estranea nemmeno all’azione di
Giacinto da Casale, diventerà poi sistematica quando il cappuccino assumerà un
ruolo di primo piano a Vienna, grazie all’impegno costante profuso dal 1623 –su
incarico del nuovo arcivescovo di Praga (di lì a poco cardinale) Ernst Adalbert
von Harrach– nel processo di ricattolicizzazione della Boemia. Non secondario
nella carriera sua e dei fratelli sarà peraltro il costante sostegno dell’ancora più
influente cardinale Franz von Dietrichstein, legato in particolare a Francesco
Magni 27 da rapporti, sia pure non riconosciuti, di parentela. Come si legge
infatti in una lettera del nunzio di Polonia a Francesco Barberini del 23 gennaio
1637:
questo gentilhuomo è laico, di età minore, nato in Como, d’onde partì per
essergli da’ spagnuoli confiscati i suoi beni, che non ha possuto ancora
ricuperare, passò in Germania, ove insinuatosi dal cardinal Dietristain prese per
moglie una bastarda di Sua Eminenza e col suo favore ha fatto della robba, con
la quale vive hora, che gli è mancato quell’appoggio. Questa notitia l’hebbi dal
Padre Valeriano in Vilna 28.
Oggi è chiaro fino a che punto la presenza di più centri di potere nelle
istituzioni romane e viennesi sia un fenomeno che ha influenzato a più riprese le
trattative tra la Santa sede e l’Europa centrale. In modo molto chiaro questo
problema può essere analizzato nel caso della battaglia per l’università di Praga 29
o in quello, altrettanto spinoso, delle trattative per la restituzione dei beni
27
Su di lui si vedano soprattutto G. SANTHA: “Comes Franciscus Magni (1590-1652)
et scholae piae”, Ephemerides Calasanctianae 29/1 (1960), pp. 1-24, P. BALCÁREK: “František
Magnis a Morava na sklonku t?icetileté války”, Studie muzea Kroměřižska (1982), pp. 4-28,
e D. CACCAMO: “I fratelli Magni, milanesi, e la loro biblioteca in Moravia (1653)”, in G.
BROGI BERCOFF, M. CAPALDO, J. JERKOV CAPALDO & E. SGAMBATI (eds.): Filologia e
letteratura nei paesi slavi. Studi in onore di Sante Graciotti, Roma 1990, pp. 679-703.
28 T. PARMA: “Modernus Olomucensis dioecesis meae status. Le visite ad limina del
Francesco cardinale Dietrichstein, vescovo di Olomouc (1570-1636) e le sue relazioni sullo
stato della diocesi”, Römische Historische Mitteilungen 5 (2008), pp. 335-382, qui pp. 350-351.
In altre fonti dell’epoca si dice ad esempio “oltre che essendo il Conte tanto intrinseco di Sua
Eminenza che che uno vuole l’altro non lo niega...”, “il Cardinale ama detto Signore più che
se fusse proprio fratello”, G. SANTHA: “Comes Franciscus Magni...”, op. cit., p. 15, nota 10.
29
8
Si veda A. CATALANO: La Boemia e la riconquista delle coscienze..., op. cit., passim.
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ecclesiastici alienati dagli hussiti, che nel 1630 avrebbe portato alla cessione di una
parte del dazio sul sale alla chiesa boema 30. Nel corso delle trattative Magni era
riuscito a esautorare in modo sempre più evidente i nunzi, sfruttando la parziale,
ma importante, decentralizzazione dei poteri che negli anni Venti aveva avuto
luogo parallelamente a Roma tra Segreteria di stato e Congregazione de
Propaganda fide 31 e a Vienna nel consolidamento di diversi gruppi di potere in
lotta fra loro, che in alcuni casi (ad esempio la luogotenenza boema) potevano
anche essere esterni alla corte 32.
Da questo punto di vista un momento essenziale nell’ascesa politica di Magni
si sarebbe rivelato il soggiorno a Roma nei primi mesi del 1625, nel corso del
quale aveva saputo costruire un canale privilegiato di comunicazione con la corte
che gli avrebbe permesso di oltrepassare la mediazione non solo del nunzio
viennese, ma addirittura del suo mentore Harrach 33. Il cappuccino infatti, come
non mancava di sottolineare l’agente romano del cardinale, Cornelius Henricus
30
A. CATALANO: La politica della curia romana in Boemia: dalla strategia del nunzio Carlo
Caraffa a quella del cappuccino Valeriano Magni, in R. BÖSEL, G. KLINGENSTEIN, A. KOLLER,
E. GARMS-CORNIDES, J. P. NIEDERKORN & A. SOMMER-MATHIS (edd.): Kaiserhof – Papsthof
(16.-18. Jahrhundert), [Publikationen des Historischen Instituts beim Österreichischen
Kulturforum in Rom, Abhandlungen 12], Wien 2006, pp. 105-121.
31
Per un’introduzione al tema e per una bibliografia aggiornata si vedano le
considerazioni di G. PIZZORUSSO: “La Congregazione de Propaganda fide e gli ordini
religiosi: conglittualità nel mondo delle missioni del XVII secolo”, in M. C. GIANNINI (ed.):
Religione, conflittualità e cultura..., op. cit., pp. 197-240, e I. FOSI: “Procurar a tutt’huomo la
conversione degli heretici. Roma e le conversioni nell’Impero nella prima metà del
Seicento”, Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 88 (2008), pp.
335-368.
32 Si vedano almeno P. SUVANTO: Wallenstein und seine Anhänger am wiener Hof zur Zeit
des zweiten Generalats 1631-1634, Helsinki 1963, e G. LUTZ: “Wallenstein, Ferdinand II.
und der Wiener Hof ”, Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 48
(1968), pp. 207-243.
33
Nell’agosto del 1623 Magni era stato nominato guardiano del convento di Praga e
lettore di filosofia e in breve tempo aveva acquisito grande influenza sul nuovo arcivescovo
Ernst Adalbert von Harrach. Non a caso un anno dopo, alla vigilia della partenza di Magni
perRoma, Harrach avrebbe scritto al cardinale Barberini che il cappuccino era “un
soggetto, che io perdo molto mal volentieri, per la prattica che ha di questo Regno, et per
la destrezza che ha mostrato in condurre ad effetto tutto quello, dove io m’era servito della
sua persona” (Harrach a Francesco Barberini, Roma, 21 settembre 1624, BAV, Barb. Lat.
6887, fol. 38).
9
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Alessandro Catalano
Mottmann, “havendo havuto intratura col signore cardinale Magalotto dal quale
in sostanza depende la somma di tutte le cose di questa corte” 34, aveva avanzato
alla Congregazione del Propaganda fide diverse proposte, tutte incentrate sulla
necessità di ampliare l’autorità del vescovo a scapito di quella dei nunzi. Magni
aveva dunque saputo sfruttare il momento in cui –grazie anche alla missione in
cui era impegnato Francesco Barberini in Francia– centrale è stato il ruolo del
cardinale Lorenzo Magalotti, dal 1624 al 1628 segretario stato di Urbano VIII, e
più incisiva l’azione della neonata Congregazione de Propaganda fide.
L’influenza politica che Magni avrebbe assunto a Roma in quel frangente avrebbe
di riflesso ampliato notevolmente anche il suo raggio d’azione a Vienna, favorendo
la nascita di quel canale privilegiato –e non mediato– con l’imperatore e i suoi
principali consiglieri, che gli avrebbe poi permesso in più circostanze di aggirare
la predominanza dei gesuiti alla corte viennese. Come è stato già fatto per altri
contesti, anche in questo caso si sente peraltro la necessità di ridisegnare la mappa
di una corte spesso descritta come se i soli gesuiti –e il confessore Wilhelm
Lamormaini in particolare– disponessero di un rapporto diretto privilegiato con
Ferdinando II 35. In realtà facilmente documentabile è l’accesso diretto che molti
religiosi potevano vantare, almeno in alcuni momenti, con il sovrano 36. La
strategia di Magni era da questo punto di vista semplice: individuato un problema
non risolvibile per via diplomatica, il cappuccino aggirava regolarmente, grazie ai
contatti personali che era riuscito a sviluppare in precedenza, tutte le istanze
intermedie, rivolgendosi direttamente all’imperatore. Se questa sua tattica
incontrava obiezioni e provocava il risentimento di Ferdinando II, esigeva allora
il sostegno delle stesse istanze, ormai comunque coinvolte in polemiche feroci,
spesso anche contro il proprio volere.
Se è cosa piuttosto nota che tra l’inizio degli anni Venti e la fine degli anni
Cinquanta Magni ha ricoperto il ruolo di principale teorico della
ricattolicizzazione della Boemia, di polemista prima con il mondo “eretico” che
34
Vienna, Österreichisches Staatsarchiv (ÖStA), Allgemeines Verwaltungsarchiv
(AVA), Familienarchiv Harrach, K 146, Motmann, 1625 II 22.
35 R. BIRELEY: Religion and Politics in the Age of Counterreformation. Emperor Ferdinand
II, William Lamoramini S. J., and the Formation of Imperial Policy, Chapel Hill 1981; The
Jesuits and the Thirty Years War. Kings, Courts, and Confessors, Cambridge 2003.
36 Si veda ad esempio il caso del carmelitano Domenico di Gesù Maria, S. GIORDANO:
Domenico di Gesù Maria, Ruzola (1559-1630). Un carmelitano scalzo tra politica e riforma
nella chiesa posttridentina, Roma 1991.
10
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La strategia del cappuccino. Le controversie dottrinali e politiche...
si trovava a combattere 37 e poi con i gesuiti, ai quali verranno imputate in modo
sempre più palese le “distorsioni” della politica della Santa sede, meno noto è il
suo ruolo –questo sì tutto politico– di agente di diversi sovrani e figure di primo
piano delle corti europee (spesso anche contemporaneamente e sfruttando
informazioni che gli venivano rivelate in via confidenziale). In più occasioni Magni
finirà per dare vita a polemiche di tale intensità da provocare la piccata reazione dei
“padroni”, sempre preoccupati di non venir trascinati in contrapposizioni che
avevano oltrepassato il livello di guardia. Tra i molti esempi possibili
dell’instancabile attività polemica di Magni basti pensare agli acri memoriali
consegnati all’imperatore Ferdinando II nel 1629 sulla questione dell’università
praghese 38, così come a quelli ancora più polemici presentati a Ferdinando III nel
1637 sempre sull’università di Praga e sul “buon governo” ecclesiastico delle
diocesi 39, ai pamphlet inviati a Massimiliano I di Baviera contro Wallenstein 40,
all’intervento in favore di Galileo Galilei 41, all’interessante disputa teologica con
Comenio 42, ai frequenti dissapori con la Congregazione de Propaganda fide (si
veda ad esempio la polemica sulle facoltà da conferire ai missionari) 43, alla lunga
37 Nel suo all’epoca celebre De acatholicorum credendi regula iudicium (1628, poi 1641) un
commentatore recente ha individuato “almost a Cartesian search for certainty in an age of
growing theological doubt”, H. P. LOUTHAN: “From Rudolfine Prague to Vasa Poland. Valerian
Magni and the Twilight of Irenicism in Central Europe”, in H.P. LOUTHAN & R.C. ZACHMAN
(eds.): Conciliation and Confession, Notre Dame (Indiana) 2004, pp. 199-227, qui p. 204.
38
Rimando, anche per la bibliografia sull’argomento, ad A. CATALANO: La Boemia e la
riconquista delle coscienze..., op. cit., passim.
39
Si veda Ibidem, pp. 292-300.
40 A. CATALANO: “Strategie politiche e trame occulte nell’Europa del Seicento: le
‘relazioni del cappuccino’, Valeriano Magni e Albrecht von Wallenstein”, Festschrift per
Adriano Prosperi, Pisa 2011, in stampa.
41 Si veda P. REDONDI: Galileo eretico, Bari 2009, pp. 375-381, anche se fondamentale
resta a questo proposito J. CYGAN: “Das Verhältnis Valerian Magnis zu Galileo Galilei und
seinen wissenschaftlichen Ansichten”, Collectanea franciscana (1968), pp. 135-166.
42 Sull’argomento resta indispensabile M. BLEKASTAD: Comenius. Versuch eines
Umrissen von Leben, Werk und Schiksal des Jan Amos Komenský, Oslo-Praga, 1969.
43 Oltre alla facoltà di leggere libri proibiti e di assolvere relapsi, si chiedevano le facoltà di
poter stampare i propri libri, sottostare al solo arcivescovo e non ai superiori dell’ordine, poter
utilizzare una carrozza, poter utilizzare altri quattro confratelli, oltre ai due già assegnati,
Harrach a Ludovisi, Roma, 8 agosto 1626 (APF, Scritture originali riferite nelle congregazioni
generali, 56, fol. 124).
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contesa con Roma sulla sua elevazione a cardinale 44, alle controversie dottrinali
degli anni Quaranta legate alle questioni della chiesa uniate o all’infallibilità del
papa 45, o ancora all’apologia in favore degli scolopi diffusa in Polonia nel 1646
46. Non c’è quindi da stupirsi se, trattandosi di argomenti delicati e controversi,
in più occasioni l’irruente cappuccino sia stato costretto ad abbandonare –di
solito in seguito alla morte del “padrone” con cui poteva vantare un rapporto
confidenziale– prima Vienna e la Boemia (nel 1638 Ferdinando III gli imporrà
di abbandonare i suoi paesi) e poi la Polonia (dopo la morte di Ladislao IV nel
1648).
A partire dall’escalation del 1629 della controversia sull’università di Praga
(non a caso successiva a una visita a Roma nel 1628-1629, in cui il cappuccino
aveva ottenuto una sorta di investitura ufficiale a trattare a nome della
Congregazione de Propaganda fide) Magni aveva avuto parole di fuoco contro i
gesuiti, che avrebbero presto discreditato “non puoco la Sede Apostolica quando
detta compagnia proceda in sì fatta maniera con vescovi, arcivescovi, cardinali et
papi”, arrivando al punto di sostenere che “quando non vi si ponga subitaneo
rimedio, verrà a termine, che più facil cosa sarà l’estinguerla, che l’emendarla” 47.
La conclusione profetica di Magni, che anticipa le argomentazioni che
44
M. A POBLADURA: “Disceptatio historica de cardinalatu Valeriani Magni (16341648)”, Collectanea franciscana 39/1-2 (1969), pp. 104-171.
45
J. CYGAN: “Zum Übertritt des Kalviner Pastors Bartholomäus Nigrin zur
katolischen Kirche (1636-1643). Ein Betrag zur Geschichte des Ökumenismus in Polen”,
Collectanea Franciscana 39/3-4 (1969), pp. 282-303; 40/1-2 (1970), pp. 97-152; “Valerian
Magni und die Frage der Verständigung mit der orthodoxen Kirche unter Ladislaus IV.
Wasa in den Jahren 1633/34”, Collectanea Franciscana 51/4 (1981), pp. 333-368; J. CYGAN:
Valerianus Magni..., op. cit., pp. 266-286.
46 G. SANTHA: “Nonnullae litterae, ut vulgo aiunt, diplomaticae, recenter in Archivio
Secreto Vaticano inventae, quas annis 1646-1648 Secretarius Status et Nuntius Apostolicus in
Polonia inter se dederunt reddideruntque de negotio Scholarum Piarum”, Ephemerides
Calasanctianae 28/1 (1959), pp. 1-23 (per il testo dell’apologia Ibidem, pp. 12-18); G. SANTHA:
“P. Valerianus Magni O.M. Cap. et Scholae piae, Ephemerides Calasanctianae”, Ephemerides
Calasanctianae 28/3 (1959), pp. 130-145; J. CYGAN: “Der Anteil Valerian Magni an der
Verteidigung des Piaristenordens”, Collectanea Franciscana 38/1-2 (1968), s. 364-372. Sulla
situazione più generale in Europa centrale si veda invece G. L. MONCALLERO: La fondazione
delle Scuole degli Scolopi nell’Europa centrale al tempo della Controriforma, Alba 1972.
47
Magni alla Congregazione de Propaganda fide, 22 settembre 1629 (APF, SOCG,
214, fols. 569-571).
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La strategia del cappuccino. Le controversie dottrinali e politiche...
porteranno poi allo scioglimento della Compagnia di Gesù, segnalava l’intenzione
di trasformare il caso dell’università praghese in un modello, in modo “ch’il
benefitio di questo mio negotiato uscirà gli confini della Carolina, et si farà sentire
in cose più universali”, e proprio per questo motivo a Vienna si mostravano
“difficoltà nel ammetter disubbidienza ne’ Padri Giesuiti verso il Papa” 48.
La strategia di Magni era stata anche in quest’occasione quella di utilizzare
l’incarico ricevuto dalla Congregazione de Propaganda fide per trascinare la
Santa sede nel suo complesso in uno scontro frontale con i gesuiti, e di
conseguenza anche con l’imperatore. Al segretario della congregazione
Francesco Ingoli aveva scritto, infatti, invitandolo a un sostegno più attivo: “le
voglio pur dire che in Roma le resolutioni sono fiacche, timide et non così
maestose come richiede la dignità ecclesiastica” 49. Il cardinal nepote Francesco
Barberini, spesso costretto a frenare le iniziative della congregazione e trovare
una mediazione accettabile anche per l’ambasciatore imperiale, aveva risposto a
un preoccupatissimo nunzio che i memoriali di Magni all’imperatore erano stati
scritti “con molta imprudenza” e senza ordine espresso da parte del papa. Se
Ferdinando II avesse deciso di allontanare il cappuccino dai suoi stati, Magni
doveva essere informato “che l’allontanarlo è volontà dell’Imperatore, acciò non
riconoscesse da Noi l’ecettione, non parendoci bene addossarci la disperatione
di così fatti cervelli” 50. Il giudizio sembrava senza appello: agli occhi del
cardinal nepote Magni era uno dei cappuccini che giravano l’Europa con
missioni diplomatiche semiufficiali ma, a differenza di molti altri compagni di
strada, Magni non era più contenibile all’interno delle trattative informali e le
complicate “macchinazioni” da lui elaborate spesso sfuggivano al suo stesso
controllo. La “disperazione di così fatti cervelli” era davvero poco conciliabile
con la sottile dissimulazione romana ed era chiaro che avendo portato nel caso
dell’università praghese il contrasto con l’imperatore a un punto di non ritorno,
lo scomodo cappuccino sarebbe stato presto scaricato anche dalla curia romana.
Ripreso ufficialmente anche dalla Congregazione, Magni aveva ribattuto che:
48
Magni riteneva invece necessaria “una meritata mortificatione”, Magni a Ingoli, 29
settembre 1629 (APF, SOCG, 214, fol. 576).
49
Magni a Ingoli, 25 agosto 1629 (APF, SOCG, 214, fol. 495).
50 Barberini a Pallotto, 25 agosto 1629, ASV, SS, Germania 119, fols. 23v-25v. In
seguito aveva aggiunto che “convien destreggiare e compatire”, Barberini a Pallotto, 8
settembre 1629 (ASV, SS, Germania 119, fols. 54r-56r).
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il mio zelo fu sempre regolato con simplicità di colomba; non so pero se con
prudenza di serpente... et confesso il vero che quando mi riscaldo con questa
consideratione il mio zelo esce gli limiti, che gli prescrivono quelli, che forse
non pruovano per isperienza, l’accennato sentimento interno. Io però mi
consolo con il testimonio della propria conscienza, et con gli essempii di quei
santi, li quali mentre vissero, per tali eccessi furon spacciati per huomini
inquieti, rotti, et imprudenti 51.
L’episodio, che aveva portato Ferdinando II a minacciare l’espulsione del
cappuccino, non avrebbe però lasciato tracce immediate nell’azione
riformatrice di Magni che anche nei turbolenti anni successivi sarebbe rimasto
uno dei protagonisti della riforma religiosa dell’Europa centrale. Anche perché
nonostante la diffidenza manifestata in forma privata da Francesco Barberini, la
Congregazione continuava a considerarlo una pedina essenziale nella soluzione
dei problemi legati al rilancio della riforma in Boemia: i cardinali romani, pur
esprimendo l’invito che:
ella vada molto circospetta e moderata e lasciati da parte li particolari, che
possono toccar la riputatione de’ Padri Giesuiti, apporti solamente le semplici
ragioni per la libertà della Carolina,
avevano infatti deciso di “accreditarlo” e sostenerlo 52. Lo stesso cardinal
nepote del resto, nel 1634, per portare avanti la trattativa segreta da lui avviata
per la creazione di una lega tra i principi cattolici si rivolgerà proprio a Magni:
io che sono obligato con la vita, con la robba, e con la riputatione a servire la
Religione Cattolica, ho lasciato correre, né mi son curato se qualcuno me ne
desse nota, benché il tutto venga portato sotto nome del Padre Valeriano. Questo
sì, che S. Santità non ha parte di questa negotiatione, così informe, non essendo
conveniente, che la somma sua auttorità si arrischi in simili rimedii empirici,
benché il bisogno della Christianità sia tale, che mi pare, vi si possino anche
impiegare tali medici. Se V. Eminenza vede dunque, che qualcuno vada in
collera, sappia quel tale, che non si è altro colpevole in Palazzo, che io 53.
Che la situazione a Vienna e Roma fosse del resto fluida e il bisogno di
intermediari non ufficiali fosse sempre urgente era stato già testimoniato dagli
51
Magni a Borgia, 10 novembre 1629 (APF, SOCG, 215, fols. 382-383).
52
Congregazione de Propaganda fide a Magni, 12 settembre 1629 (APF, Lettere, 8,
fols. 150-151r).
53
14
Barberini a Rocci, 25 febbraio 1634 (ASV, SS, Germania, 123, fols. 38v-39r).
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La strategia del cappuccino. Le controversie dottrinali e politiche...
incarichi diplomatici semisegreti che sarebbero stati conferiti a Magni soltanto
un anno dopo le dure parole di Barberini, nel 1630. Sollecitato dal “cappuccino
confessore del cardinale Richelieu”, Joseph le Clerc de Trembley, a “venire a
Milano per abboccarsi seco in materia di questi rumori d’Italia, facendo
speranza che ne potria forsi risultare una buona pace” 54, Magni si era messo in
viaggio dotato di istruzioni segrete dello stesso Ferdinando II 55. Il ruolo dei
due cappuccini nelle estenuanti trattative per la pace è ben documentato e
anche la successiva missione di Magni nella dieta di Ratisbona è stata condotta
se non su incarico diretto dei padroni viennesi e romani, sicuramente con la
loro approvazione 56. Che si trattasse di un’approvazione condizionata –e forse
anche “obbligata”– è comunque testimoniato dalle parole che Francesco
Barberini indirizzerà di lì a poco al nuovo nunzio a Vienna Ciriaco Rocci: “il P.
Magno porta spesso qualche nuova più di apparenza che di sostanza, e fabrica
gran conseguenze sopra premesse non subsistenti” 57. Lo stesso Massimiliano I
54 K. KELLER & A. CATALANO (eds.): Die Diarien und Tagzettel des Kardinals Ernst
Adalbert von Harrach (1598-1667) [Veröffentlichung der Kommission für Neuere
Geschichte Österreichs, Band 104/1-7], Wien-Köln-Weimar 2010, I, p. 14 (27 febbraio
1630). È interessante notare che già il 4 dicembre del 1629 Wilhelm Jocher scriveva al
nunzio Giovanni Francesco Guidi di Bagno dei pericoli dei contatti tra Magni e il padre
Joseph: “Quod si P. Josephus de negotio articulorum secretiorum aliquid scriret vel penetraret
(quod tamen nullo modo creditur), certe P. Valerianus Viennae non taceret et sic totum negotium
cum discrimine s. Electoris propalaretur”, D. ALBRECHT (ed.): Briefe und Akten zur Geschichte
des dreissigjärigen Krieges. Neue folge. Die Politik Maximilians I. von Bayern und seiner
Verbündeten 1618-1651, München-Wien 1964, II/5, p. 159. Sulle trattative si veda anche R.
BECKER (ed.), Nuntiaturberichte aus Deutschland. 4. Abt. 17. Jahrundert. Nebst ergänzenden
Aktenstücken. 4. Band. Nuntiaturen des Giovanni Battista Pallotto und des Ciriaco Rocci
(1630-1631), Tübingen 2009, pp. 89-90, 92, 98, 100, 127, 170.
55
Sulla missione di Magni si vedano G. FAGNIEZ: Le père Joseph et Richelieu (15771638), Paris 1894, I, pp. 437-438; R. QUAZZA: La guerra per la successione di Mantova e
Monferrato, Mantova 1926, I-II, passim. Il 10 ottobre 1630 Magni scriveva a Rambaldo
Collalto che “La pace è conclusa, il padre Giuseppe ne è il autore: Dio le ne renda la
mercede, come io la lode”, D. CACCAMO: “I fratelli Magni, milanesi...”, op. cit., p. 689. Per
l’attività di Magni rispetto alla pace in Italia si veda infine la sua lettera a Pallotto del 12
dicembre (“Io non ho mai vista universalmente questa corte così alterata come per questo
caso”); K. REPGEN: Die Römische Kurie und der Westfälische Friede. Idee und Wirklichkeit des
Papsttums im 16. und 17. Jahrhundert, Tübingen 1962, II, pp. 52-53.
56
Si vedano almeno i numerosi accenni in Ibidem e R. BECKER (ed.), Nuntiaturberichte
aus Deutschland..., 4, op. cit.
57
Francesco Barberini a Rocci, 5 aprile 1631 (ASV, SS, Germania 121, fols. 77v-79r).
15
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di Baviera, che pure aveva nei mesi precedenti fatto largo uso delle “relazioni
del cappuccino” per ottenere il suo obiettivo di destituire Wallenstein, scriverà
più o meno contemporaneamente a Francesco Barberini che:
fra quelli che si sono adoprati per la dissolutione della lega non è stesso l’ultimo
il Padre Valeriano Magni Cappuccino, non essendo gli suoi consigli et ufficii di
molto utile all’Imperio 58.
Sfuggito nel 1632 dopo qualche settimana da una Praga occupata
dall’esercito sassone e nuovamente in mano degli “eretici”, non senza aver dato
luogo all’organizzazione di pubbliche controversie religiose 59, Magni
–costretto contemporaneamente a difendersi a Roma dalle accuse di amoralità
sollevate da un altro cappuccino 60– negli anni seguenti sposterà il suo raggio
d’azione verso la Polonia, dove diventerà uno dei principali consiglieri di
Ladislao IV, che pochi anni dopo lo avrebbe anche nominato al cardinalato 61. Il
nuovo ruolo politico di Magni alla corte di Vienna, nel 1635, paradossalmente
sarebbe stato dovuto proprio al sostegno del re polacco. Per usare le parole del
nunzio Baglioni:
questo padre hora sta bene con l’imperatore che lo stima, perché vede che può
tutto che vuole col re di Polonia, dal qual è tenuto in grandissima stima. Li
giesuiti sento che gli hanno fatto contro, ma non hanno potuto sbatterlo, e si
vede che viene ancora adoprato da S.M.C. nella negotiatione della pace con
Sassonia 62.
58
D. ALBRECHT (ed.): Briefe und Akten..., op. cit., p. 675, nota 1.
59 Su questo episodio si vedano A. CATALANO: “Valeriano Magni e i sassoni a Praga
(1631-1632)”, eSamizdat III/2-3 (2005), pp. 469-474, e la relazione pubblicata dal
cappuccino successivamente, Epistola ad Eminentissimum et Reverendissimum Dn. Antonium
Barberinum Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem, Sacrae Congregationis de fide propaganda
Praefectum. Scripta ab Admodum Rev. Patre Valeriano Magno Mediolanensi Ordinis Minor.
Sancti Francisci nuncupatorum Capuccinorum ejusdem Sac. Cong. per Boemiam Missionario
Apostolico. In qua Narratur status fidei Catholicae in Civitate Pragensi, quo tempore occupabatur
a Duce Saxoniae Sac. Romani Imperii Electore. Kal. Februarij Anno Domini 1636.
60
G. ABGOTTSPON VON STALDENRIED: P. Valerianus Magni Kapuciner..., op. cit., pp. 75-79.
61
La Congregazione de Propaganda fide avrebbe invece voluto che Magni restasse a
Vienna, Rocci a Borgia, 5 giugno 1632 (APF, SOCG, 74, fol. 9).
62 Baglioni a Barberini, 20 genaio 1635, R. BECKER (ed.): Nuntiaturberichte aus
Deutschland. 4. Abt. 17. Jahrundert. Nebst ergänzenden Aktenstücken. 7. Band. Nuntiaturen des
Malatesta Baglioni, des Ciriaco Rocci und des Mario Filonardi. Sendung des P. Alessandro d’Ales
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La strategia del cappuccino. Le controversie dottrinali e politiche...
La nota conferenza di religiosi convocata da Ferdinando II per stabilire se
fosse lecito fare la pace con Sassonia 63, a giudicare anche dalle lamentele del
nunzio, sarebbe anzi stata fortemente condizionata dalla “lega occulta” dei
cardinali “oltramontani” e di tre dei cappuccini a suo tempo impiegati da
Giacinto da Casale:
le cose qua si maneggiano dalli tre cappuccini pp. Valeriano, Quiroga e Basilio,
con li quali certo è che si va confidando da S.M.C. e suoi ministri, che non vedo
far con me 64.
La distanza dalle posizioni romane è testimoniata anche dal fatto che Magni
confessava apertamente al nunzio di aver collaborato alla pace 65 e avrebbe
definito un trattato visto a Roma con grande sospetto “santa, gloriosa e
durabile” perché liberava le mani all’imperatore 66. Se Ferdinando II utilizzava
Magni quando ne aveva bisogno, questo non implicava però che non
continuasse a nutrire molti dubbi nei confronti del suo modus operandi. Alla fine
del 1635 il nunzio Mario Filonardi scriveva infatti a Roma:
partì poco prima per Polonia il p. Valeriano cappuccino, disse mandato
dall’imperatore per distogliere il re di Polonia dal matrimonio con la Palatina. In
questa corte però si dice che l’imperatore e suoi ministri, non volendo qui quel
cervello che l’hanno per torbido et inquieto, habbino preso questo pretesto per
farlo partire, non facendosi nel resto qui anche ne’ discorsi publici buon giuditio
né gran capitale del re di Polonia 67.
Baglioni a sua volta riteneva:
(1634-1635), Tübingen 2004, pp. 128-129. In seguito Magni aveva chiesto al nunzio di
scrivere a Barberini che “per concludere una pace universale non vi è altro mezzo che
disponere il re di Polonia a farsene mediatore”, Baglioni a Barberini, 3 febbraio 1635
(Ibidem, pp. 162-163).
63 D. ALBRECHT: Die auswärtige Politik Maximilians von Bayern 1618-1635, Göttingen
1962, passim; K. REPGEN: Die Römische Kurie..., op. cit., pp. 350-360; K. BIERTHER (ed.):
Briefe und Akten zur Geschichte des dreissigjärigen Krieges. Neue folge. Die Politik Maximilians
I. von Bayern und seiner Verbündeten 1618-1651, II/10, München-Wien 1997.
64 Baglioni a Barberini, 28 aprile 1635 (R. BECKER [ed.]: Nuntiaturberichte aus
Deutschland..., 7, op. cit., p. 289).
65
Baglioni a Barberini, 7 luglio 1635 (Ibidem, p. 399).
66
Baglioni a Barberini, 9 giugno 1635 (Ibidem, p. 364).
67
Filonardi a Barberini, 15 decembre 1635 (Ibidem, p. 624).
17
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questa andata del padre per uno dei suoi riggiri; né vi manca chi dica che, non
piacendo a S.M.C. questo huomo, habbi con destrezza procurato la M.S. che sia
chiamato da quel re, et alcuni altri, che l’istesso padre ne sia stato l’autore per
più assicurarsi d’ogni dubbio che potesse havere di poca sicurezza in questa
corte in ogni caso che di costà fosse venuto qualche ordine contro di lui 68.
L’ultimo momento di impegno del cappuccino nelle cose pubbliche alla
corte di Vienna sarebbe coinciso con l’ascesa al trono di Ferdinando III, nel
1637, quando a Roma si era improvvisamente diffusa la notizia che Magni e la
Compagnia di Gesù avevano firmato un accordo e l’imperatore aveva invitato il
proprio ambasciatore a:
disponere il generale de’ giesuiti acciò ordini a’ suoi padri che lascino
all’avvenire in pace il P. Magno, essendosi egli per compiacere a S. Maestà
dichiarato di voler fare il medesimo 69.
Magni stesso aveva comunicato la notizia ad Harrach, sottolineando come
“l’imperatore, tenendo li padri gesuiti lontanissimi da qualsivoglia negotio,
sfugge di dar loro ombra di puoco buono affetto nel resto” e perciò lo aveva
“ricercato, e fatto ricercare, che io non tenti cosa alcuna contro la Società”. Magni
aveva quindi rinunciato non solo a tutti i “negotii”, ma anche a pubblicare un suo
“memoriale apologetico” per difendersi dalle accuse dei gesuiti 70. Quello che il
cappuccino non raccontava nei dettagli era che l’accordo con i gesuiti era la logica
conclusione di una violenta lite, provocata dalla citata serie di lucidissimi e
infuocati memoriali presentati dal cappuccino. Questi nuovi testi, incentrati sulla
difesa dell’immunità ecclesiastica, riflettono la polarizzazione avvenuta
all’interno del fronte cattolico tra chi riconosceva l’assoluta autorità del pontefice
e dei vescovi da lui delegati, anche in opposizione alle richieste del sovrano, e chi
invece intendeva ridurre alla chiesa a un ruolo subordinato al governo politico
dello stato. La stessa contrapposizione, che vedrà spesso imperatore, politici e
68 Baglioni a Barberini, 1 decembre 1635 (R. BECKER [ed.]: Nuntiaturberichte aus
Deutschland..., 7, op. cit., p. 605).
69 K. KELLER & A. CATALANO (eds.): Die Diarien und Tagzettel..., op. cit., I, p. 207 (3
settembre 1637). Il generale aveva promesso di scrivere “a’ suoi Padri non solo di Vienna, e
Praga, ma anco di Pollonia, che non diano alcuna molestia, né giusta causa di querela al detto
Padre Magni”, Wien, Österreichisches Staatsarchiv, Haus-, Hof- und Staatsarchiv, Roma, K
54, 1636-38, Scipio Gonzaga Fürst von Bozolo an Kaiser Ferdinand II 1637, 5 settembre 1637.
70
P. Magno a me sopra la sua pace fatta con Giesuiti onde non può più trattare la causa della
Carolina e mia risposta (AVA, Familienarchiv Harrach, K 178, fols. 370-371, 8 agosto 1637).
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La strategia del cappuccino. Le controversie dottrinali e politiche...
gesuiti da un lato e vescovi, nunzi e altri religiosi dall’altro, è rintracciabile in gran
parte degli scontri avvenuti nei decenni in cui verrà realizzata in Boemia la
controriforma.
Ferdinando III aveva forzato il cappuccino e i gesuiti a raggiungere un accordo
e poco dopo sarebbero arrivate anche a Roma informazioni più precise: con i nuovi
memoriali Magni, che aveva cercato di sfruttare l’indebolimento della Compagnia
di Gesù nel momento del cambio di imperatore, aveva –per usare le parole di
Harrach– “essacerbato talmente l’animo dell’Imperatore, che malamente ne
cavaremo costrutto” 71. Il nunzio Baglioni aveva peraltro criticato anche le
informazioni distorte che Magni forniva a Roma e la sua intenzione di “fare di
peggio”: Magni sarebbe stato a tal punto “infervorato” da aver consegnato i
memoriali anche all’ambasciatore di Venezia, pregandolo di “dar parte alla
Republica di quanto egli faceva colà contro i gesuiti” 72. Lo stesso cappuccino
sembrava recriminare sulla tanta fatica spesa negli anni precedenti, quando “come
capo di squadra, et sempre arditamente ho investito solo gl’inimici, tutto che la
squadra mai si movesse dal suo loco”, concludendo con una netta autocritica:
non posso cessar di stupire, come io, essendo per altro assai avertito nelle cose
mie, habbia perseverato tanti anni nell’accennato mio modo di combattere.
Credo, che Iddio mi levasse il cervello, acciò che io facessi, e dicessi cose, le quali
potranno giovare doppo lunga serie d’anni, ancorché di presente siano censurate
dalle arundini agitate da ogni vento 73.
Nuovamente dunque la strategia tratteggiata era stata quella del “capo di
squadra”, come testimonia anche una lunga lettera al cardinal Harrach in cui
manifestava tutta la sua impazienza nei confronti della strategia del “tolerare” e
della “circonspettione”, grazie ai quali non si era ottenuto nulla, ricordando che
“se quelli, per servitio de’ quali io ho alzato la voce, havessero a luoco, e tempo
mostrato i denti, allora s’haveria raccolto il frutto del mio non temere” 74.
71
AVA, Familienarchiv Harrach, K 178, fols. 370-371, 8 agosto 1637.
72
Sommario d'un altra lettera del nuntio Cesareo, 18 luglio 1637 (APF, SOCG, 318,
fol. 217).
73
AVA, Familienarchiv Harrach, K 145, Magni, 24 ottobre 1637.
74 P. Magno a me, rimettendomi a vedere quanto scrive alla Sacra Congregatione et
dolendosi che non gli corrispondano né la Congregatione col braccio, né io col viver manco
familiarmente con quelli che mi strapazzano. Et la risposta mia appresso (AVA, Familienarchiv
Harrach, K 178, 26 settembre 1637).
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Alessandro Catalano
Ferdinando III aveva allora deciso di rimuovere la causa iniziale della discordia
arrogando a sé tutti i casi controversi e chiedendo contestualmente a Roma
l’allontanamento di Valeriano Magni 75. Vista la situazione il cappuccino, prima di
essere espulso, aveva deciso di ritirarsi dalle cose pubbliche. In una lunga lettera
a Ingoli, spiegava però di essersi “ritirato dalla Missione di Boemia” prima che lo
rimuovesse “chi non ha autorità”. L’eventuale “riprensione” per aver
abbandonato la missione senza autorizzazione l’avrebbe riposta “tra le altre simili
e care gioie, con quali Iddio persevera di rimunerar in questo mondo qualsivoglia
opera, che io faccia”. Avendo scoperto che, nonostante i “negotii non vulgari”
trattati per incarico di “tre papi, due imperatori, e due re di Polonia”, era stato un
grave errore aver abbandonato la “quiete” del suo ordine e aveva perciò
definitivamente deciso di ridursi, “spogliato da ogni faccenda, alle prime humili
capanne di S. Francesco” 76. Sintomaticamente il fratello Francesco scriverà nel
1646 che:
Il padre Valeriano, poi, sta nel suo parnaso in Cracovia, facendo la guerra a
quel pover uomo di Aristotele, che per esser morto non si può diffendere, e così
esso et io facciamo continue guerre, egli con li morti et io con li vivi; ma sarà mal
per Aristotele se il padre trionferà di lui com’io de’ miei nemici 77.
Come avebbero dimostrato le continue polemiche successive, il desiderio
espresso in questa lettera non solo non si sarebbe mai realizzato, ma la
contrapposizione di Magni con i gesuiti avrebbe conosciuto un’escalation
progressiva, che avrebbe raggiunto infine il suo culmine nelle pubblicazioni
citate all’inizio di questo intervento. Benché molti lavori recenti 78 non lo
riconoscano, Magni è allora diventato uno dei campioni dell’antigesuitismo
europeo, realizzando così una profezia che il nunzio Pallotto aveva formulato già
75 Baglioni ad Antonio Barberini, 26 giugno 1638 (APF, SOCG, 216, fols. 90-95). Sulla
richiesta di mandare via Magni si veda la successiva annotazione di Ingoli: “non si stima
bene levarlo ad instanza d'altri perché se lo recarebbe a ingiuria” (APF, SOCG, 216, fol.
159).
76
Magni era accusato di aver provocato disordini nel regno d'Ungheria, di aver avuto
“perniciose corrispondenze” con Wallenstein “insino al fine di sua vita”, di essere l'artefice
del decreto di Harrach contro i gesuiti e di essere l'autore della lega della Baviera con la
Francia (J. CYGAN: “Zum Übertritt...”, op. cit., pp. 137-139).
77
78
D. CACCAMO: “I fratelli Magni, milanesi...”, op. cit., p. 684.
Da ultimo il recente volume P. A. FABRE & C. MAIRE (eds.): Les antijésuites. Discours,
figures et lieux de l'antijésuitisme à l'époque moderne, Rennes 2010.
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La strategia del cappuccino. Le controversie dottrinali e politiche...
nel 1629, quando aveva paventato i “gravissimi inconvenienti” che avrebbe
comportato alla Santa sede:
quando l’efficacia et habilità dell’ingegno e della lingua e penna di lui
s’impegnasse tanto avanti e facesse questa causa particolare universale di tutte le
religioni, de’ giesuiti e della Sede Apostolica 79.
79
Pallotto a Barberini, 25 agosto 1629 (ASV, SS, Germania, 119, fols. 62r-64r).
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