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CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS
IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY
Implicazioni diagnostiche dell’epcidina nelle patologie interessanti il
metabolismo del ferro
Joyce JC Kroot1, Harold Tjalsma1,2, Robert E. Fleming3, Dorine W. Swinkels1,2
1Department of Laboratory Medicine, Laboratory of Genetic, Endocrine and Metabolic Disorders and 2Hepcidinanalysis.com,
Radboud University Nijmegen Medical Centre, Nijmegen, the Netherlands
3Saint Louis University School of Medicine, St. Louis, USA
Traduzione a cura di Alberto Dolci
ABSTRACT
The peptide hormone hepcidin plays a central role in regulating dietary iron absorption and body iron distribution.
Many human diseases are associated with alterations in hepcidin concentrations. The measurement of hepcidin in
biological fluids is therefore a promising tool in the diagnosis and management of medical conditions in which iron
metabolism is affected. We describe hepcidin structure, kinetics, function, and regulation. We moreover explore the
therapeutic potential for modulating hepcidin expression and the diagnostic potential for hepcidin measurements in
clinical practice. Cell-culture, animal, and human studies have shown that hepcidin is predominantly synthesized by
hepatocytes, where its expression is regulated by body iron status, erythropoietic activity, oxygen tension, and
inflammatory cytokines. Hepcidin lowers serum iron concentrations by counteracting the function of ferroportin, a
major cellular iron exporter present in the membrane of macrophages, hepatocytes, and the basolateral site of
enterocytes. Hepcidin is detected in biologic fluids as a 25 amino acid isoform, hepcidin-25, and two smaller forms,
i.e., hepcidin-22 and -20; however, only hepcidin-25 has been shown to participate in the regulation of iron
metabolism. Reliable assays to measure hepcidin in blood and urine by use of immunochemical and mass
spectrometry methods have been developed. Results of proof-of-principle studies have highlighted hepcidin as a
promising diagnostic tool and therapeutic target for iron disorders. However, before hepcidin measurements can be
used in routine clinical practice, efforts will be required to assess the relevance of hepcidin isoform measurements,
to harmonize the different assays, to define clinical decision limits, and to increase assay availability for clinical
laboratories.
INTRODUZIONE
Il ferro è necessario per l’attività biologica delle
molecole che legano ossigeno, principalmente
emoglobina e mioglobina, e degli enzimi che contengono
ferro, comprendenti il sistema dei citocromi mitocondriali.
Il ferro cellulare è prevalentemente legato alla ferroprotoporfirina IX (eme) e ai centri ferro-zolfo, che
servono da cofattori enzimatici, o immagazzinato nel
nucleo centrale vuoto della ferritina costituito da un
multimero di 24 subunità. Senza un’adeguata quantità di
ferro, le cellule perdono la capacità di trasportare
elettroni e di mantenere il metabolismo energetico.
Tuttavia, l’attività di ossido-riduzione del ferro può anche
risultare dannosa, in primo luogo per la produzione di
radicali liberi, metaboliti reattivi dell’ossigeno. Pertanto,
la concentrazione di ferro deve essere strettamente
regolata sia a livello cellulare che sistemico. Un fattore
cruciale per il mantenimento dell’omeostasi sistemica del
ferro è un’efficace comunicazione tra le cellule che
assorbono il ferro alimentare (enterociti del duodeno),
quelle che lo utilizzano (principalmente i precursori
eritroidi) e quelle dove viene immagazzinato (epatociti e
macrofagi tissutali). L’ormone peptidico epcidina
interagisce con la ferroportina, che trasporta il ferro fuori
dalla cellula, e perciò viene attualmente riconosciuto
come il fattore di regolazione chiave dell’omeostasi
sistemica del ferro. In questo lavoro facciamo il punto sui
più importanti avanzamenti derivati dagli studi su
struttura, cinetica, regolazione e funzione dell’epcidina e
sull’attuale stato dei saggi per la determinazione
dell’epcidina. Inoltre, riassumiamo gli studi sull’epcidina
condotti sull’uomo in condizioni fisiologiche e patologiche
e discutiamo l’evidenza delle possibilità terapeutiche di
*Questo articolo è stato tradotto con il permesso dell’American Association for Clinical Chemistry (AACC). AACC non è responsabile
della correttezza della traduzione. Le opinioni presentate sono esclusivamente quelle degli Autori e non necessariamente quelle
dell’AACC o di Clinical Chemistry. Tradotto da Clin Chem 2011;57:1650-69 su permesso dell’Editore.
Copyright originale © 2011 American Association for Clinical Chemistry, Inc. In caso di citazione dell’articolo, riferirsi alla pubblicazione
originale in Clinical Chemistry
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modulare le concentrazioni di epcidina. Infine, mettiamo
in evidenza le più promettenti applicazioni diagnostiche
della determinazione dell’epcidina in medicina.
SINTESI E STRUTTURA DELL’EPCIDINA
L’epcidina umana è prevalentemente prodotta dagli
epatociti come peptide di 25 amminoacidi (2789,4 Da)
ed è secreta in circolo (1, 2). Un successivo
rimaneggiamento della porzione amminoterminale della
forma a 25 amminoacidi può determinare la comparsa in
circolo di due forme più piccole di epcidina, a 22 e 20
amminoacidi. Questi peptidi di epcidina assumono una
struttura a forcina, con quattro ponti disolfuro
intramolecolari (Figura 1) (3). Sulla base di alcuni studi,
ricercatori hanno riportato che l’epcidina lega i metalli
divalenti (Cu2+, Fe2+, Zn2+ e Ni2+), ma questi riscontri non
sono coerenti tra loro: ad esempio, alcuni studi hanno
suggerito la presenza di ferro nella parte centrale del
peptide in una coordinazione tetraedrica con lo zolfo (46), mentre altri studi hanno fornito l’evidenza di un
motivo strutturale amminoterminale (ATCUN) che lega
Cu2+ e Ni2+ (7, 8). La capacità dell’epcidina di legare
ferro e altri metalli divalenti indica che, nell’ambito del
metabolismo del ferro, l’epcidina possa svolgere un
ruolo non ormonale oppure che un meccanismo
conformazionale di captazione dei metalli divalenti sia
parte della sua funzione ormonale di regolazione della
degradazione della ferroportina.
C’è ancora molto da scoprire sull’origine delle
isoforme più piccole dell’epcidina, anche se i dati
disponibili indicano che l’attività tissutale calcioindipendente degli estratti pancreatici potrebbe
determinare l’accorciamento della porzione N-terminale
dell’epcidina-25 trasformandola in epcidina-22 e che la
dipeptidilpeptidasi 4 è coinvolta nella trasformazione
dell’epcidina-22 in epcidina-20 (9, 10). In condizioni
fisiologiche l’epcidina-20 e l’epcidina-22 sono presenti
nelle urine e in concentrazioni molto basse nel siero (11-
Figura 1
Struttura molecolare dell’epcidina. È rappresentato il modello
della struttura dell’epcidina-25 secondo Jordan et al. (3) con i
foglietti β (frecce grigie), lo scheletro peptidico (in grigio), i ponti
disolfuro (1-8, 2-4, 3-6, e 5-7) (in verde), i residui di arginina e
lisina carichi positivamente (in blu) e il residuo di acido aspartico
carico negativamente (in rosso).
IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY
13). E’ interessante che queste isoforme più piccole
dell’epcidina compaiano nel siero di pazienti con
patologie che si associano a elevate concentrazioni di
epcidina-25, quali infarto acuto del miocardio (IMA),
sepsi, anemia da malattia cronica (ACD), sindrome
metabolica e malattia renale cronica (CKD) (Figura 2)
(12-17). Studi in vivo condotti sui topi hanno dimostrato
che solo l’epcidina a lunghezza integrale di 25
amminoacidi induce una significativa iposideremia
quando iniettata per via intraperitoneale (18). Questi
riscontri sono corroborati da studi che hanno dimostrato
che le forme troncate a 22 e 20 amminoacidi mostrano
un’attività
di
regolazione
della
ferroportina
rispettivamente molto diminuita o quasi completamente
persa in confronto all’epcidina di 25 amminoacidi (19).
Studi recenti hanno dimostrato che l’epcidina è
espressa anche in cellule diverse dagli epatociti, anche
se a concentrazioni molto inferiori. Queste comprendono
cellule tubulari renali, cellule della retina, monociti,
neutrofili, adipociti, cellule alveolari, cellule β del
pancreas e miocardiociti (20-27). Tuttavia, è improbabile
che l’epcidina prodotta da queste cellule apporti un
contributo significativo alle concentrazioni rilevabili nel
circolo sistemico, anche se potrebbe esercitare degli
effetti locali in questi tessuti (vedi sotto).
CINETICHE DELL’EPCIDINA
L‘epcidina in circolo è legata a α2-macroglobulina
con un’affinità relativamente alta e all’albumina con
un’affinità relativamente bassa. Sulla base di calcoli
teorici, si è stimato che 11% dell’epcidina circola come
frazione libera (28). Non si sa ancora se il legame a
queste molecole di trasporto incida sulle proprietà
funzionali dell’epcidina.
Si presume che la rimozione plasmatica dell’epcidina
avvenga a livello dei suoi siti attivi mediante meccanismi
di degradazione cellulare congiunta con la ferroportina e
tramite escrezione renale. A causa del suo basso PM e
Figura 2
Profili di spettrometria di massa a tempo di volo (TOF MS) di
siero e urine di controllo sano e del siero di un paziente con
malattia renale cronica (CKD). Gli spettri mostrano epcidina-25
(m/z 2789,4), epcidina-24 (m/z 2673,9) come standard interno
(IS), epcidina-22 (m/z 2436,1) ed epcidina-20 (m/z 2191,8). Si
noti che, in confronto al siero del controllo sano, il siero del
paziente con CKD mostra chiaramente tutte e tre le isoforme di
epcidina. Hep, epcidina.
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del suo raggio ridotto, è molto probabile che l’epcidina
libera passi liberamente nel filtrato glomerulare. É stato
calcolato che la frazione di escrezione dell’epcidina
nell’uomo è bassa, intorno a 0-5%, o perché viene
riassorbita in maniera simile ad altri piccoli peptidi
oppure perché non è liberamente filtrata (29, 30).
L’evidenza per quest’ultima spiegazione deriva dal
riscontro, in pazienti con disfunzione glomerulare, di
aumenti della concentrazione di epcidina sierica
dell’ordine di 1-6 volte soltanto (15, 16, 29, 31, 32), in
confronto all’aumento di 20-30 volte della β2microglobulina sierica. E’ noto che l’escrezione di questa
proteina a basso PM dipende quasi esclusivamente
dalla filtrazione glomerulare. E’ possibile che il legame
con α2-macroglobulina o con altre proteine di trasporto
impedisca all’epcidina circolante di essere liberamente
filtrata. In alternativa, l’atteso incremento della
concentrazione di epcidina in circolo nei pazienti con
ridotta filtrazione renale potrebbe essere bilanciato da
una riduzione della produzione epatica di epcidina come
meccanismo compensatorio.
E’ puramente speculativo, ma plausibile, che in
determinate
condizioni
l’epcidina
sfugga
al
riassorbimento tubulare renale. Il blocco del
riassorbimento può rivestire un ruolo in parecchi disturbi
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del metabolismo del ferro associati a disfunzione
tubulare e aumentate concentrazioni di epcidina urinaria,
come infiammazione, sovraccarico di ferro e malaria (33,
34). Prima di interpretare la concentrazione urinaria di
epcidina come specchio di quella sierica, bisogna anche
tener conto della possibile produzione topica di epcidina
a livello del tubulo, come pure di una possibile riduzione
del suo riassorbimento tubulare (25). Sono quindi
necessari studi ulteriori per valutare la possibilità che
infezioni urinarie o una disfunzione tubulare possano
contribuire all’aumento delle concentrazioni di epcidina
urinaria.
FUNZIONE DELL’EPCIDINA
Si pensa che l’epcidina-25 sia il principale regolatore
dell’assorbimento del ferro alimentare e del rilascio del
ferro cellulare. Essa svolge la sua funzione regolatoria
antagonizzando l’attività della ferroportina, il principale
esportatore di ferro cellulare a livello della membrana di
macrofagi, epatociti e della zona basolaterale degli
enterociti. L’epcidina-25 induce l’internalizzazione e la
degradazione della ferroportina, con conseguente
incremento dei depositi di ferro intracellulare e riduzione
dell’assorbimento del ferro alimentare e delle
Figura 3
Assorbimento e ricircolo del ferro. La maggior parte del ferro utilizzato dall’organismo è riciclato dai macrofagi a partire dagli eritrociti
senescenti e riportato nel midollo osseo per essere incorporato nei precursori eritroidi. Il fegato e i macrofagi del sistema reticoloendoteliale funzionano come principali depositi di ferro. E’ importante ricordare che la quantità totale di ferro nell’organismo può
essere regolata solo attraverso il suo assorbimento, mentre la perdita di ferro avviene solo passivamente attraverso la desquamazione
cellulare della cute e delle mucose e le perdite ematiche. Questo determina l’assorbimento e la perdita di 1-2 mg di ferro al giorno.
L’epcidina, un peptide prodotto nel fegato, controlla la concentrazione plasmatica di ferro inibendo l’esternalizzazione del ferro dagli
enterociti e dai macrofagi mediata dalla ferroportina. Di conseguenza, un aumento della produzione di epcidina causa una diminuzione
delle concentrazioni plasmatiche di ferro. L’espressione dell’epcidina è regolata dallo stato dei depositi marziali dell’organismo,
infiammazione, richiesta di ferro dal compartimento eritroide e ipossia attraverso vie di regolazione che coinvolgono l’espressione dei
geni HFE, recettore 2 della transferrina (TFR2) e dell’emocromatosi di tipo 2 (giovanile) (HFE2) (conosciuto anche come HJV).
Adattata da riferimenti 142 e 223.
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concentrazioni del ferro circolante (Figura 3) (35-38).
Oltre al suo ruolo nella regolazione sistemica del
metabolismo del ferro, l’epcidina contribuisce anche alla
difesa dell’ospite. Essa è stata originariamente
identificata come peptide antimicrobico (1, 11). Benchè
studi in vitro rivelino l’effetto battericida dell’epcidina,
questo effetto richiederebbe concentrazioni più elevate
di quelle osservate in circolo. Tali concentrazioni
possono essere raggiunte a livello locale, ad esempio
nei fagosomi di macrofagi infettati (39). L’epcidina
potrebbe anche contribuire indirettamente alla difesa
dell’ospite riducendo le concentrazioni plasmatiche di
ferro. Il ferro è necessario per la crescita batterica e la
riduzione del ferro plasmatico ha un effetto
batteriostatico. Inoltre, si è scoperto che l’epcidina
modula la trascrizione indotta da lipopolisaccaride sia in
macrofagi in coltura che in modelli murini in vivo (40).
Quest’ultima osservazione indica per l’epcidina un ruolo
nella modulazione della risposta infiammatoria acuta
all’infezione batterica.
L’epcidina prodotta da tipi cellulari differenti dagli
epatociti (vedi sopra) può indurre effetti topici su questi
tessuti. Attraverso un’interazione autocrina con la
ferroportina, l’epcidina topica può proteggere le cellule
circostanti dalla carenza di ferro, prevenire lo stress
ossidativo extracellulare, influenzare la risposta
infiammatoria e/o ridurre la quantità di ferro
extracellulare disponibile per i patogeni extracellulari (27,
40-42). Sebbene le forme più piccole di epcidina non
provochino una risposta che esita nella riduzione del
ferro circolante, non è noto se esse possiedano qualche
altra funzione biologica dell’epcidina-25 (ad es., nella
difesa dell’ospite o nella capacità di legare i metalli) (4,
6, 11, 43).
REGOLAZIONE DELL’EPCIDINA
Numerosi processi fisiologici e patologici regolano la
sintesi dell’epcidina (Figura 3) (44). Le situazioni nelle
quali la richiesta di ferro in circolo è aumentata
(particolarmente l’attività eritropoietica) provocano una
riduzione della sintesi epatica di epcidina. Queste
condizioni comprendono carenza di ferro, ipossia,
anemia e situazioni caratterizzate da un’accelerata
attività eritropoietica. Una riduzione dell’epcidina induce
il rilascio del ferro di deposito e l’aumento
dell’assorbimento di ferro alimentare. D’altro canto,
infezioni e infiammazione causano un aumento della
sintesi di epcidina. Questa sintesi elevata determina una
diminuzione del ferro disponibile per l’eritropoiesi ed è
considerata il meccanismo alla base del sequestro di
ferro nel sistema reticolo-endoteliale (RE), della
riduzione dell’assorbimento intestinale di ferro e delle
basse concentrazioni di ferro caratteristiche dell’ACD.
Le vie funzionali di segnale attraverso le quali stato
marziale, attività eritiropoietica, ipossia e infiammazione
influenzano l’espressione di epcidina sono sempre più
studiate. Queste vie comprendono quattro percorsi di
regolazione strettamente interconnessi (Figura 4).
IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY
Regolazione da parte dello stato marziale
Per
modificare
l’espressione
di
epcidina
nell’epatocita il ferro di deposito epatico e il ferro che
circola legato alla transferrina (Tf-Fe2) inviano segnali
biologici tra loro distinti (Figura 4) (44-46). Sembra che la
transferrina circolante sia rilevata tramite un complesso
epatocellulare, che comprende il recettore-1 della
transferrina (TfR1), il TfR2 e la proteina HFE. Carenze di
TfR2 e HFE inducono la riduzione delle concentrazioni
dell’epcidina tramite le chinasi extracellulari regolate dal
segnale: la via della proteinchinasi attivata da mitogeni
(ERK/MAPK) e/o la via della proteina morfogenetica
dell’osso
(BMP)/SMAD
[“mothers
against
decapentaplegic homolog” (Drosofila)] (BMP/SMAD)
(Figura 4). I depositi intracellulari di ferro comunicano
con l’epcidina tramite le BMPs, particolarmente BMP6,
con una modalità paracrina o autocrina. Queste
molecole di segnale extracellulari agiscono sui recettori
epatocellulari della BMP per attivare la via di segnale
intracellulare SMAD e aumentare la trascrizione di
epcidina. L’emojuvelina (HJV), un corecettore di BMP
(47), è cruciale per l’espressione di epcidina perché
differenti vie di regolazione dell’epcidina convergono su
questa proteina di membrana. In condizioni di ferro
basso, la HJV di membrana è clivata dalla matriptasi-2,
una serina proteasi transmembrana 6, codificata dal
gene della serina proteasi transmembrana 6
(TMPRSS6) espresso prevalentemente nel fegato (48,
49). Il clivaggio da parte di matriptasi-2 indebolisce il
segnale di BMP.
Regolazione da parte di segnali di eritropoiesi
In studi su topi, sull’uomo e in vitro è stato scoperto
che la somministrazione di agenti stimolanti l’eritropoiesi
(ESA) riduce la produzione di epcidina nell’epatocita (5053). L’eritropoiesi richiede considerevoli quantità di ferro,
per cui la soppressione della sintesi epatica di epcidina
da parte di segnali biologici di eritropoiesi è di grande
importanza fisiologica. Tuttavia, non è ancora chiaro
come l’eritropoiesi regoli l’epcidina. L’ipotesi, dimostrata
in colture cellulari, che l’eritropoietina (EPO) agisca
direttamente sui recettori dell’epatocita (51) non è stata
confermata in modelli animali di anemia, nei quali si è
visto che la ridotta espressione di epcidina dipende
dall’eritropoiesi e non è direttamente mediata dall’EPO
(53, 54).
Recenti osservazioni indicano che il segnale di
eritropoiesi può comprendere una o più proteine
rilasciate a livello dei siti di eritropoiesi attiva, come il
fattore di crescita-differenziazione 15 (GDF15) e
l’omologo-1 della proteina “twisted gastrulation”
(TWSG1). Queste molecole, come le BMPs, sono
componenti della famiglia del fattore di crescita
trasformante β e quindi potrebbero agire mediante un
azione effettrice sulla via BMP/SMAD (Figura 4) (55-57).
Le correlazioni tra espressione di TWSG1, parametri del
ferro circolante e concentrazione di epcidina sierica non
sono ancora state determinate nell’uomo. Nessuno di
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Figura 4
Vie molecolari e funzionali di regolazione della sintesi epatica di epcidina. Si possono distinguere tre vie molecolari: HFE/TfR2,
BMP/SMAD e JAK/STAT. Il modello proposto descrive due segnali del ferro all’epcidina, uno mediato dai depositi di ferro intracellulare
e l’altro dal ferro circolante (Tf-Fe2). I depositi di ferro intracellulari del fegato aumentano l’espressione della proteina morfogenetica
dell’osso (BMP) 6, che serve da fattore autocrino interagendo con i recettori di superficie di BMP. L’emojuvelina (HJV) è un corecettore
di BMP che aumenta il legame della BMP. La conseguente attivazione delle proteine intracellulari SMAD trasduce un segnale di
aumento della trascrizione di epcidina. HJV è soggetta a clivaggio da parte della furina, che è regolata da ferro e ipossia, a formare
un componente solubile (sHJV). sHJV si può successivamente comportare da corecettore solubile e da antagonista della sintesi di
epcidina indotta da BMP6. In condizioni di ferro basso, HJV legata alla membrana è clivata anche da matriptasi-2 (effetto forbice)
indebolendo ulteriormente il segnale di BMP6. Tf-Fe2 extracellulare media un secondo segnale del ferro. In questo schema, Tf-Fe2
spiazza la proteina HFE da TfR1. HFE viene quindi liberata e può interagire con TfR2. Il complesso HFE–TfR2 attiva la trascrizione
dell’epcidina attraverso la via di segnale BMP/SMAD. Numerosi studi hanno fornito evidenze indirette del coinvolgimento della via di
segnale epatica ERK/MAPK (chinasi extracellulari regolate dal segnale/proteinchinasi attivata da mitogeni) nella regolazione
dell’epcidina da parte del ferro attraverso TfR2 e/o HFE. Recenti studi sui topi, tuttavia, hanno dimostrato che la somministrazione
acuta e cronica di ferro per via enterale non attivava la via ERK/MAPK, riscontro che suggerisce che questa via in vivo può non
essere fisiologicamente coinvolta nell’omeostasi del ferro. L’ipossia influenza la stabilizzazione epato-specifica del fattore 1 inducibile
dall’ipossia (HIF-1), che induce matriptasi-2 e il conseguente clivaggio di HJV. Questa via può essere sinergistica all’elevato rilascio
di sHJV indotto dal suo clivaggio da parte della furina in condizioni di ipossia. L’eritropoiesi è controllata in parte dalla produzione di
eritropoietina (EPO) nel rene e comunica con l’epatocita attraverso il fattore di crescita e differenziazione 15 (GDF15) e l’omologo-1
della proteina “twisted gastrulation” (TWSG1), che inibiscono il segnale di BMP/SMAD all’epcidina. Gli stimoli infiammatori, come
interleuchina 6, inducono la sintesi di epcidina attraverso la via della janus chinasi/trasduttore di segnale e attivatore della trascrizione3 (JAK/STAT). TfR, recettore della transferrina; BMPR, recettore della BMP; IL-6R, recettore dell’interleuchina 6.
questi fattori, tuttavia, sembra essere necessario per
mediare la riduzione di epcidina osservata con la
somministrazione di EPO. E’ probabile che saranno
identificati ulteriori fattori eritropoietici che inducono una
regolazione negativa dell’espressione di epcidina.
Regolazione da parte dell’ipossia
Una ridotta espressione di epcidina è stata descritta
in vivo come risposta all’ipossia (58, 59). Questo effetto
potrebbe essere in parte attribuibile all’effetto dell’ipossia
sull’espressione di EPO e quindi sull’attività
eritropoietica e/o, forse, a un’interazione diretta con i
recettori dell’epatocita (51). Inoltre, le basse
concentrazioni di epcidina osservate in risposta
all’ipossia si potrebbero attribuire a una stabilizzazione
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epato-specifica del fattore inducibile dall’ipossia (HIF)-1,
con effetti a valle sulla via di segnale BMP/SMAD (6062). È ancora controverso se HIF si leghi direttamente al
promotore dell’epcidina. Tuttavia, esistono meccanismi
indiretti attraverso i quali gli HIF possono regolare
l’espressione di epcidina. Un’aumentata attività di HIF si
associa all’aumento del clivaggio di HJV mediato dalla
matriptasi e, quindi, a una ridotta espressione di epcidina
(62). Inoltre, la regolazione sistemica del ferro da parte
dell’asse epcidina-ferroportina agisce in armonia con il
sistema di controllo dell’omeostasi del ferro cellulare
degli enterociti. I topi carenti di HIF-2α intestinale hanno
una ridotta espressione sia di ferroportina che di
trasportatore 1 di metalli bivalenti (DMT1), il principale
importatore di ferro sulla superficie apicale degli
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enterociti duodenali, e non sono quindi in grado di
indurre l’assorbimento di ferro anche in presenza di una
ridotta espressione di epcidina (63). Questi dati indicano
che in condizioni di ipossia (o di carenza di ferro),
l’espressione di HIF-2α promuove l’assorbimento di ferro
a livello intestinale mediante un incremento dell’attività di
DMT1 e ferroportina. Questo riscontro implica che le
modificazioni sul trasporto del ferro indotte da HIF-2α
possano prevalere sugli effetti indotti dall’asse di
regolazione epcidina-ferroportina.
Regolazione da parte dell’infiammazione
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riscontri concordano con i risultati di studi che
dimostrano che un’elevata richiesta di ferro da parte del
compartimento eritroide limita l’effetto di induzione di
epcidina da parte di una concomitante risposta
infiammatoria (50, 72-75). Altri studi hanno dimostrato
che un’eritropoiesi aumentata e/o inefficace limita
l’induzione di epcidina indotta dall’aumento dei depositi
corporei di ferro (52, 73). I lavori sull’effetto di un difetto
della via HFE/TfR2 sulla sovraregolazione di epcidina da
parte dell’infiammazione mostrano risultati contraddittori.
Uno studio ha mostrato una risposta smorzata
dell’epcidina agli stimoli infiammatori in topi “knock-out”
per la proteina HFE (76), mentre risultati di altri studi
sugli stessi topi o su un paziente con una mutazione di
HFE indicano che l’induzione di epcidina da parte
dell’infiammazione è indipendente dalla proteina HFE
(77, 78). È chiaro che in futuro sono necessari ampi e
ben progettati studi per migliorare le nostre conoscenze
su questa rete di regolazione dell’epcidina nei diversi
disturbi del metabolismo del ferro.
L’aumento dell’espressione di epcidina da parte
dell’infiammazione
è
principalmente
mediato
dall’interleuchina-6 (IL-6). L’interazione a livello
epatocellulare di IL-6 con il suo recettore attiva la via di
segnale della janus chinasi/trasduttore di segnale e
attivatore della trascrizione-3 (JAK/STAT) (59, 64-66).
L’espressione di epcidina è aumentata anche dallo
stress ossidativo o da quello del reticolo
endoplasmatico. Questa risposta indotta dallo stress può
essere controllata dal fattore di trascrizione proteina H
legante l’elemento di risposta all’AMP ciclico (67) o dai
fattori di trascrizione inducibili dallo stress, proteina
legante l’amplificatore CCAAT (C/EBPα) e proteina
omologa di C/EBP (68). La sottoregolazione di C/EBPα
dipendente dall’alcol, probabilmente attraverso le specie
radicaliche dell’ossigeno, potrebbe essere responsabile
della riduzione dell’espressione di epcidina e del
conseguente (moderato) sovraccarico di ferro nei forti
bevitori (69, 70).
Fin dalla scoperta dell’epcidina c’è stato un notevole
interesse per lo sviluppo di un saggio utilizzabile per la
determinazione di questo ormone peptidico nei fluidi
biologici.
Un’accurata
determinazione
delle
concentrazioni di epcidina nel siero e nelle urine potrà
migliorare la nostra comprensione dei disturbi del
metabolismo del ferro e fornire un utile strumento per la
diagnosi differenziale e la gestione clinica di tali malattie.
Interazione tra vie di regolazione dell’epcidina
Sfide nel dosaggio dell’epcidina
L’attivazione delle vie di regolazione dell’epcidina
sopradescritte dipende sempre dall’interazione di fattori
circolanti o autocrini con i recettori di membrana
dell’epatocita, allo scopo di controllare la produzione
epatica di epcidina per un adeguato mantenimento
dell’omeostasi sistemica del ferro (44). Esistono
numerose potenziali possibilità di comunicazione
incrociata tra queste vie ed evidenze sperimentali
dimostrano che queste vie, se rese completamente
indipendenti una dall’altra, non funzionano.
Le concentrazioni di epcidina nel siero sembrano
essere determinate dalla forza relativa dei singoli
regolatori. Nel tentativo di delineare la forza relativa di
questi nei pazienti con disturbi del metabolismo del ferro,
abbiamo proposto un algoritmo per predire la
concentrazione relativa di epcidina sulla base di alcuni
parametri del siero [proteina C-reattiva (PCR),
saturazione della Tf e recettore solubile della Tf], che
riflettono infiammazione, sideremia e le vie di
regolazione dell’eritropoiesi (71). Questo algoritmo
considera l’interrelazione tra queste vie, dimostrando
che l’inibizione dell’epcidina da parte dell’eritropoiesi
impatta
pesantemente
sulla
sovraregolazione
dell’epcidina indotta dal ferro e che l’infiammazione
aumenta drasticamente l'epcidina, indipendentemente
dallo stato marziale e dall’attività eritropoietica. Questi
METODI DI DETERMINAZIONE DELL’EPCIDINA
La quantificazione dell’epcidina è complicata dalla
sua tendenza ad aggregare e ad adsorbirsi ai materiali in
plastica utilizzati in laboratorio (provette, pipette
monouso,
puntali),
richiedendo
pertanto
l’implementazione di robuste procedure di laboratorio
(79). Inoltre, il progresso nello sviluppo di un saggio
immunochimico convenzionale per l’epcidina è stato
ostacolato dalle difficoltà di generare anticorpi
antiepcidina specifici in ospiti come i conigli. Questa
difficoltà è dovuta alla struttura dell’epcidina, piccola e
compatta, che esprime pochi epitopi antigenici (Figura
1), e all’alto grado di conservazione dell’epcidina
all’interno di un ampio gruppo di specie, che diminuisce
l’elicitazione di una risposta immunitaria nell’animale
ospite (50).
L’interpretazione dei risultati dell’esame epcidina
potrebbe essere influenzata dalla specificità dei vari
saggi, che possono rilevare l’epcidina che circola libera,
l’epcidina legata a proteine di trasporto o entrambe le
frazioni. Infine, la presenza delle isoforme dell’epcidina22 e -20, che non svolgono alcun ruolo nella regolazione
del metabolismo del ferro, può interferire con la
quantificazione
dell’epcidina-25
nei
saggi
immunoassistiti che utilizzano anticorpi che reagiscono
con tutte queste isoforme.
biochimica clinica, 2013, vol. 37, n. 2
113
IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY
Saggi di prima generazione (semiquantitativi)
In parecchi studi iniziali fu utilizzato un
immunosaggio disponibile in commercio che misurava il
precursore dell’epcidina proepcidina nel siero invece del
peptide con attività biologica (80). La pertinenza di questi
studi è discutibile, per il fatto che le concentrazioni di
proepcidina non correlano né con le concentrazioni
urinarie di epcidina né con quelle sieriche e nemmeno
con le attinenti risposte fisiologiche (71, 81-83). I primi
saggi per misurare l'epcidina-25 biologicamente attiva
sono stati un “immunodot” (59) e la spettrometria di
massa (MS) SELDI-TOF (12, 15, 84). Tuttavia, questi
saggi potevano essere utilizzati solo per una misura
semiquantitativa dell’epcidina.
Saggi di seconda generazione (quantitativi)
In anni recenti, un progresso sostanziale è stato
ottenuto con l’introduzione di uno standard interno per
quantificare l’epcidina-25 nel siero e nelle urine con un
metodo TOF-MS aggiornato (13, 30). Inoltre, Ganz et al.
(29) hanno sviluppato un saggio ELISA competitivo
(cELISA) per l’epcidina umana nel siero. Altri gruppi
hanno descritto saggi affidabili per l'epcidina, che si
possono suddividere in tre metodologie principali: a) MS
(85-95), b) saggi immunochimici, comprendenti RIA (96,
97) cELISA (13, 29, 98, 99) ed ELISA tradizionali (100) e
c) un saggio competitivo per il sito di legame
dell’epcidina alla ferroportina (43). Tra i saggi
immunochimici attualmente disponibili in commercio per
la misura dell’epcidina nel siero, abbiamo trovato che il
RIA e il saggio immunoenzimatico della ditta Bachem
sono adeguati per differenziare tra la concentrazione di
epcidina presente in campioni di siero di controlli e di
pazienti con differenti disturbi del metabolismo del ferro,
mentre il saggio per l’epcidina biologicamente attiva
della DRG Instruments forniva concentrazioni simili su
tutti i campioni e non era in grado di discriminare i
disturbi del metabolismo del ferro (risultati non
pubblicati).
Punti di forza e limiti dei saggi quantitativi per
epcidina plasmatica e urinaria
I metodi in MS richiedono una strumentazione
relativamente costosa, ma hanno il vantaggio di
discriminare tra epcidina-25, -22 e -20 (13). I saggi in
ELISA determinano la concentrazione totale di epcidina,
con differenti contributi da ciascuna di queste tre
isoforme in funzione della specificità dell’anticorpo.
Tuttavia, questo limite potrebbe essere superato
sfruttando anticorpi specifici per l’epcidina-25 (100). Si
dovrebbe però anche considerare che non è stata
indagata
sistematicamente
la
valenza
della
determinazione di epcidina-25 anziché dell’epcidina
totale per l’assunzione di decisioni cliniche. Gli
immunosaggi hanno le potenzialità per un utilizzo più
ampio nei laboratori clinici. Inoltre, il numero di campioni
processabili è molto probabilmente più alto con i saggi
ELISA che con la MS. Tuttavia, i metodi MS possono
114
biochimica clinica, 2013, vol. 37, n. 2
CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS
essere automatizzati (101, 102) e dovrebbero essere
ottimizzati per l’epcidina, in quanto le caratteristiche
amfipatiche del peptide lo portano a restare facilmente
adeso ai dispositivi di plastica del laboratorio, soprattutto
quando per volumi relativamente piccoli di campione si
utilizzano provette grandi.
I dati di confronto tra le caratteristiche analitiche dei
vari saggi in letteratura sono incompleti, in quanto non
tutti gli studi hanno riportato queste caratteristiche in
accordo alle procedure STARD (“STAndards for the
Reporting of Diagnostic accuracy studies”) (103) o
validato i saggi descritti in accordo alle raccomandazioni
sulle
procedure
analitiche
della
Conferenza
Internazionale per l’Armonizzazione (ICH) (104).
Ciononostante, la comunità scientifica e medica è stata
informata sulla situazione corrente e sul grado di
accordo dei metodi per la determinazione dell’epcidina
grazie a un recente invio di campioni per la
determinazione dell’epcidina nelle urine e nel siero, il
cosiddetto “Round Robin 1”, condotto a livello
internazionale nel 2009. In questo studio la correlazione
tra i metodi partecipanti era generalmente buona e sia la
variabilità tra le misure del campione nei diversi
laboratori che l’imprecisione della maggior parte dei
metodi era simile (105). Tuttavia, la concentrazione
assoluta di epcidina era largamente differente tra i saggi.
Quest’ultima variazione non è sorprendente
considerando l’assenza di un metodo di riferimento (106)
e di un calibratore commutabile validato o di altro
materiale per l’armonizzazione dei saggi. Queste
differenze nell’assegnazione del valore limitano la
confrontabilità dei dati raccolti utilizzando metodi diversi
e precludono la possibilità di definire intervalli di
riferimento e livelli decisionali universali per l’assunzione
di decisioni cliniche. Pertanto, è stato promosso un
secondo “round robin” per l’epcidina plasmatica allo
scopo di esaminare l’armonizzazione dei risultati a livello
globale, scambiandosi materiali sintetici per
l’armonizzazione del dosaggio e campioni nativi, i cui
risultati sono attesi a breve.
La determinazione dell’epcidina urinaria può essere
allettante, soprattutto per l’utilizzo in ricerca e
l’esecuzione dell’esame nei bambini e nei pazienti di
paesi in via di sviluppo, in quanto questa matrice
consente di raccogliere il campione in maniera non
invasiva. Tuttavia, sebbene sia stata trovata una
correlazione significativa tra le concentrazioni di
epcidina in campioni siero-urina appaiati di controlli sani
e di pazienti con disordini del metabolismo del ferro (12,
29, 107), le concentrazioni di epcidina urinaria non
sempre riflettono accuratamente le concentrazioni di
epcidina nel siero. L’interpretazione dei dati di epcidina
urinaria è difficile perchè la concentrazione urinaria
dipende
anche
da
filtrazione
glomerulare,
riassorbimento tubulare, produzione topica a livello delle
cellule epiteliali tubulari (25) e produzione da parte delle
cellule infiammatorie interstiziali (108). Questi problemi
rendono piuttosto svantaggiosa la determinazione
dell’epcidina nelle urine rispetto al siero, implicando che,
CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS
per un’interpretazione attendibile della concentrazione di
epcidina urinaria come alternativa alla sua
concentrazione sierica, sono necessarie informazioni
sulla produzione e le trasformazioni che l’epcidina
subisce a livello renale. Inoltre, in uno studio precedente
abbiamo
trovato
una
variabilità
preanalitica
relativamente alta nella determinazione dell’epcidina
urinaria (107). Un altro potenziale svantaggio della
determinazione dell’epcidina nelle urine è la sua
suscettibilità all’ossidazione (30) e la concentrazione
relativamente elevata delle isoforme più piccole
dell’epcidina, che non si riescono a distinguere
dall’epcidina-25 con la maggior parte degli
immunosaggi. In generale, ci si dovrebbe ricordare di
queste limitazioni durante l’interpretazione dei dati di
epcidina urinaria e prima di decidere di sviluppare
strumenti
“point-of-care”
dedicati
alla
sua
determinazione.
Intervalli di riferimento dell’epcidina sierica
Piccoli e grandi studi su controlli sani hanno rivelato
una considerevole variabilità interindividuale della
concentrazione di epcidina, che esita in intervalli di
riferimento ampi (12, 29, 96, 97, 107, 109). Questa
situazione suggerisce che l’impiego di intervalli di
riferimento possa mostrare dei limiti quando utilizzati per
l’interpretazione della concentrazione di epcidina nel
singolo individuo. Ne consegue che i valori di epcidina,
come quelli di altri ormoni, dovrebbero essere
interpretati nel contesto di altri indici del metabolismo del
ferro. Ad esempio, è possibile che una concentrazione
“normale” di epcidina in corso di anemia da carenza di
ferro (IDA) sia in realtà inappropriatamente elevata e
mantenga nel tempo la restrizione di ferro.
Gli ampi intervalli di riferimento si possono attribuire,
almeno in parte, all’aumento delle concentrazioni di
epcidina durante il giorno (12, 29, 96, 97, 107). Questo
apparente ritmo circadiano delle concentrazioni di
epcidina è forse regolato da fattori di trascrizione, come
le proteine USF (“upstream stimulatory factors”) e cMyc/Max, che si legano con sequenze simmetriche di
DNA, dette “E-boxes” (110). I geni che vengono regolati
mediante queste sequenze “E-boxes”, comprendenti i
geni “clock” responsabili del ritmo circadiano, quali
l’omologo del gene “period 1” (Drosofila) (PER1),
l’omologo del gene “timeless” (Drosofila) (TIMELESS) e
l’omologo del gene “clock” (topo) (CLOCK), tendono a
essere sotto controllo di trascrizione ritmico circadiano.
Tuttavia, la variazione circadiana nelle concentrazioni di
epcidina potrebbe essere anche secondaria, in quanto
influenzata dall’introduzione di ferro durante il giorno.
Pertanto, negli studi clinici che si avvalgono di
determinazioni di epcidina, raccomandiamo di
standardizzare l’ora del prelievo per ridurre al minimo la
variabilità intra-individuale e preanalitica.
Finora non sono state rilevate differenze
sistematiche nella concentrazione di epcidina tra i sessi
(12, 29, 85, 96, 97, 107). Abbiamo recentemente definito
per l’epcidina sierica gli intervalli di riferimento stratificati
IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY
per sesso ed età in un gruppo di riferimento selezionato
a partire da un ampio e fenotipicamente ben definito
campione di popolazione generale della città olandese di
Nimega (109). Abbiamo osservato concentrazioni di
epcidina sierica più basse nelle donne in premenopausa
che nelle donne in menopausa (mediana, 4,1 nmol/L vs.
8,5 nmol/L) (109). Negli uomini, le concentrazioni di
epcidina si mantenevano costanti a tutte le età
(mediana, 7,8 nmol/L). In questo studio l’epcidina sierica
era strettamente associata con la ferritina sierica sia
negli uomini che nelle donne, confermando i riscontri di
precedenti studi più piccoli (29, 30, 107, 111, 112). La
concentrazione di epcidina non è stata sistematicamente
confrontata tra le diverse etnie ed esistono pochi studi
nei bambini (113-120). A quanto ci risulta, sono
disponibili in letteratura due studi sulla concentrazione di
epcidina nelle donne gravide; entrambi hanno
dimostrato che la concentrazione di epcidina nelle
gravide anemiche è più bassa che nelle gravide senza
anemia, ma non correla con l’epcidina del sangue di
cordone o del neonato o con altri parametri del ferro
fetale (114, 121).
Come precedentemente discusso, le concentrazioni
basali di epcidina dipendono molto dal metodo utilizzato
per la sua determinazione (105). Questa situazione
implica che, fino a quando non si raggiungerà
un’armonizzazione dei risultati, si dovrebbero utililizzare
intervalli di riferimento e livelli decisionali metodospecifici. L’armonizzazione dei metodi mediante
l’impiego di calibratori affidabili o di altri materiali utili
all’armonizzazione permetterrà agli esperti di medicina
traslazionale e ai clinici di definire insieme a livello
internazionale i criteri per l’utilizzo dei saggi di epcidina
nella diagnosi, stadiazione, monitoraggio e valutazione
delle indicazioni al trattamento dei disturbi del
metabolismo del ferro.
L’EPCIDINA NEI DISORDINI DEL
METABOLISMO DEL FERRO
Lo sviluppo e la validazione dei metodi per la misura
dell’epcidina hanno preparato la strada a un ampio
numero
di
studi
sull’uomo,
che
hanno
considerevolmente aumentato le nostre conoscenze
della fisiologia e della fisiopatologia dell’omeostasi del
ferro e, inoltre, hanno dimostrato promettenti
applicazioni diagnostiche per l’epcidina in medicina
(Tabella 1).
Disturbi associati a carenza di epcidina
Emocromatosi ereditaria
L’emocromatosi ereditaria (HH) comprende diversi
disturbi genetici dell’omeostasi del ferro caratterizzati da
un eccesso di ferro nell’organismo. Questo causa un
sovraccarico di ferro corporeo, che può progredire verso
un danno d’organo, come fibrosi e cirrosi epatica (122).
I pazienti con la maggior parte delle forme di HH
mostrano incapacità di sovraregolare adeguatamente la
sintesi di epcidina in risposta all’aumento dei depositi di
biochimica clinica, 2013, vol. 37, n. 2
115
CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS
IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY
ferro. Questa mancanza di regolazione è causata da
difetti di certi geni che codificano per proteine che
regolano positivamente l’epcidina (HFE, TfR2, HJV) o,
raramente, del gene stesso dell’epcidina [peptide
antimicrobico epcidina (HAMP)] (123, 124). In questi
pazienti, la condizione di epcidina bassa rispetto alla
ferritina determina un incremento dell’assorbimento
intestinale di ferro e un sovraccarico di ferro corporeo
(125-127). La concentrazione di epcidina in pazienti con
rare forme giovanili di HH non trattate tende a essere
bassissima (127). Anche mutazioni del gene che codifica
per la ferroportina, proteina che trasporta il ferro fuori
dalla cellula, possono causare HH. Tuttavia, ci sono due
classi di mutazioni della ferroportina con differenti
conseguenze a livello di fenotipo: perdita di regolazione
dell’epcidina e perdita di funzione della ferroportina (36,
128-130). Il primo difetto porta a un’aumentata attività
della ferroportina e quindi viene spesso descritto come
mutazione della ferroportina con “guadagno funzionale”.
Come atteso, i pazienti con queste mutazioni hanno un
fenotipo simile alla HH classica. Tuttavia, poiché il difetto
è a valle dell’epcidina, questi pazienti non hanno
concentrazioni di epcidina basse. Si è scoperto che
questi pazienti, dopo un salasso terapeutico che
normalizzava i depositi di ferro (come documentato dalla
ferritina sierica), avevano nel siero concentrazioni di
epcidina o valori del rapporto epcidina/ferritina entro o al
di sopra degli intervalli di riferimento (128, 131). Le
concentrazioni di epcidina relativamente elevate in
alcuni pazienti potevano essere una conseguenza della
saturazione della Tf, che rimaneva elevata nonostante il
salasso. Al contrario, le mutazioni genetiche che
determinano una perdita di funzione della ferroportina
causano un sovraccarico di ferro cellulare dovuto alla
compromissione del trasporto del ferro all’esterno. Tali
pazienti, quindi, hanno alcune caratteristiche fenotipiche
che variano rispetto a quelle della HH classica ed è stato
descritto che, qualora non siano trattati, presentano
elevate concentrazioni di epcidina urinaria (127).
E’ stato dimostrato che i pazienti con la mutazione
C282Y del gene HFE carenti di ferro hanno bassissime
concentrazioni di epcidina sierica, che riflettono gli effetti
combinati della mutazione HFE e del salasso terapeutico
sull’espressione di epcidina (125, 132). Questi pazienti
hanno dimostrato dopo carico orale di ferro un
incremento esagerato della sideremia (132). Questa
osservazione pone ulteriormente l’attenzione sul fatto
che nei pazienti con HH la riduzione della
concentrazione di epcidina da salasso possa esacerbare
la condizione fisiopatologica sottostante, esasperando
l’eccessivo rilascio di ferro in circolo, con un
conseguente circolo vizioso che rende necessari salassi
Tabella 1
Applicazioni diagnostiche più promettenti della determinazione dell’epcidina nel siero
Malattia
Concentrazione attesa di epcidina
Potenziale valore aggiunto della
determinazione dell’epcidina
Emocromatosi ereditaria classica
Bassa (nel tempo può essere compensata Screening
dall’accumulo di ferro)
Predire quali omozigoti sono a rischio di
sovraccarico di ferro
Determinare l’intervallo tra i salassi
Anemia con accumulo di ferro
Stabilire una priorità tra i geni da investigare
Bassa (nel tempo può essere compensata Identificare i pazienti con forme più
dall’accumulo di ferro trasfusionale)
severe
Forme acquisite di sovraccarico di ferro
Variabile
IDA refrattaria al ferro
Inappropriatamente alta
Infiammazione e infezione
Alta
Malattia renale cronica
Alta, scende in trattamento con EPO
Danno renale acuto
Bassa (urine)
Trattamento con antagonisti e agonisti
dell’epcidina
Dipende dalla patologia
ACD, anemia da malattia cronica; IDA, anemia da carenza di ferro; EPO, eritropoietina.
116
biochimica clinica, 2013, vol. 37, n. 2
Predire e monitorare l’accumulo di ferro
(parenchimale)
Marcatore di perdita della regolazione del
metabolismo del ferro
Selezionare il difetto primario di
regolazione dell’epcidina
Diagnosi differenziale tra ACD e IDA
Guida alla terapia di supplementazione
con ferro
Predire la risposta all’EPO
Guida al trattamento con EPO e ferro per
via endovena
Diagnosi di danno renale acuto
Monitorare e valutare le indicazioni
terapeutiche
CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS
di mantenimento più frequenti (125, 126).
Prevediamo le seguenti potenziali applicazioni della
determinazione di epcidina nei pazienti con conferma o
sospetto diagnostico di HH: a) selezionare la presenza di
HH nei pazienti con concentrazioni di ferritina elevate, b)
definire la priorità dei geni da indagare (una
concentrazione di epcidina molto bassa indirizza verso
forme di HH giovanile), c) predire quali pazienti
omozigoti per la mutazione C282Y saranno a rischio di
sovraccarico di ferro e d) monitorare il trattamento con
salassi (123, 133).
Anemie con accumulo di ferro
Nelle anemie congenite con accumulo di ferro, come
la β-talassemia (maggiore e intermedia) e l’anemia
diseritropoietica congenita I e II, ma anche nelle forme
acquisite come la sindrome mielodisplastica tipo RA
(anemia refrattaria) e tipo RARS (RA con sideroblasti ad
anello), l’eritrone patologico induce la perdita della
regolazione dell’omeostasi del ferro inibendo la sintesi di
epcidina, anche in presenza di accumulo di ferro (134140). Si è scoperto anche che il rapporto
epcidina/ferritina è basso nei pazienti con questi disturbi
(135, 137, 138, 140-142). Sembra quindi che le
conseguenze
di
un’eritropoiesi
inefficace
sull’espressione di epcidina siano più forti delle
conseguenze dell’eccesso di scorte di ferro. Nell’anemia
falciforme, i pazienti mostrano l’ulteriore fattore
confondente dell’infiammazione. Potrebbe darsi che
l’aumento di epcidina conseguente ai segnali di
infiammazione attenui la tossicità del ferro rispetto a
quanto sarebbe altrimenti osservato nei pazienti con
anemia falciforme (141, 143).
Nei pazienti con forme ereditarie di anemia,
l’informazione relativa alle concentrazioni di epcidina
potrebbe avere valore per identificare i pazienti affetti
dalle forme più severe e per predire e monitorare
l’accumulo di ferro nei parenchimi.
Forme acquisite di sovraccarico di ferro
Numerose epatopatie non ereditarie, come
l’eccessivo consumo di alcol, la steatosi non alcolica e la
steatoepatite non alcolica, si associano a un moderato
sovraccarico di ferro epatico. In queste malattie,
cosiddette da sovraccarico di ferro non da
emocromatosi, la concentrazione di epcidina è
aumentata, ma rimane relativamente bassa rispetto al
grado di sovraccarico di ferro suggerendo un’inefficace
rilevazione del ferro epatico. In queste condizioni,
l‘alterata regolazione della sintesi di epcidina per effetto
delle specie reattive dell’ossigeno, dello stress del
reticolo endoplasmatico e della via mediata dalla
citochina fattore di necrosi tumorale-α (TNF-α) può
contribuire a ridurre relativamente la sintesi di epcidina e
ad accumulare ferro (59, 67-70, 144). La determinazione
dell’epcidina nel siero può risultare utile come marcatore
di alterata regolazione del ferro in queste forme di
sovraccarico di ferro.
IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY
Anemie da carenza di ferro
Nei pazienti con IDA, e anche nei pazienti senza
anemia ma con basse concentrazioni di ferritina
secondarie a perdite di sangue o insufficiente apporto
dietetico, si sono trovate concentrazioni di epcidina
molto basse, spesso inferiori al limite di rilevabilità dei
saggi utilizzati per la sua determinazione (13, 29).
Effetto della somministrazione di ferro sulle
concentrazioni di epcidina
Numerosi studi hanno valutato la relazione tra
assorbimento del ferro e concentrazione di epcidina. In
soggetti volontari sani l’epcidina aumentava nel siero e
nelle urine dopo una dose di ferro per os, benchè siano
stati descritti soggetti non responsivi (29, 59, 112, 145147). Alcuni studi riportano una debole ma significativa
correlazione negativa tra concentrazioni di epcidina nel
siero e assorbimento di ferro (112, 146, 147). Questi
risultati suggeriscono che la quantificazione delle
concentrazioni sieriche di epcidina potrebbe essere
predittiva dell’effetto terapeutico della somministrazione
di ferro per os. Inoltre, la risposta dell’epcidina al ferro
orale potrebbe risultare un utile esame per valutare
l’assorbimento del ferro in presenza di carenza di ferro.
Disturbi associati a eccesso di epcidina
IDA refrattaria al ferro
La maggior parte dei pazienti con IDA refrattaria al
ferro sono resistenti alla supplementazione alimentare di
ferro a causa di un difetto del gene TMPRSS6 che
codifica per la matriptasi-2. D’altro canto, è stato
segnalato che ripetute somministrazioni endovenose di
ferro aumentano (parzialmente) l’emoglobina e il volume
globulare medio (119, 120, 148-151). La perdita di
attività di matriptasi-2 determina un’incapacità di ridurre
la sintesi di epcidina in presenza di carenza di ferro (49).
Di conseguenza, i pazienti hanno un innato aumento
delle concentrazioni di epcidina e, come risultato di
questo aumento, percentuali di saturazione della Tf
estremamente basse e concentrazioni di ferritinemia
comprese nella parte inferiore dell’intervallo di
riferimento
(118-120,
148-151).
Pertanto,
la
determinazione della concentrazione di epcidina può
servire a escludere o a porre il sospetto di carenza di
matriptasi-2 in corso di IDA non spiegabile e quindi
aiutare a evitare il moltiplicarsi di esami diagnostici e un
trattamento tardivo o inefficace.
Malattie infettive e infiammatorie
Le infezioni sono associate a marcate variazioni
dell’omeostasi del ferro (152). L’anemia associata alla
malaria si associa a ridotta sideremia e aumentate
concentrazioni di epcidina, determinando il trattenimento
del ferro nel sistema RE che, in ultima analisi, porta a
un’eritropoiesi ferro-carente (115, 118, 153-156). È
possibile che questo incremento delle concentrazioni di
epcidina risulti vantaggioso perché protettivo contro la
biochimica clinica, 2013, vol. 37, n. 2
117
CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS
IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY
crescita extracellulare di microrganismi a causa della
riduzione delle scorte extracellulari di ferro. D’altra parte,
un aumento delle concentrazioni di epcidina può indurre
carenza di ferro e limitare l’efficacia dei programmi di
fortificazione di ferro riducendone l’assorbimento (157).
Al contrario, le aumentate concentrazioni di epcidina
osservate in corso di infiammazione potrebbero
aumentare la virulenza dei batteri, che dipendono dal
ferro dei macrofagi per la loro proliferazione all’interno di
queste cellule (ad es., Salmonella e Micobatteri). Tali
patogeni sono comuni nelle regioni a malaria endemica.
Forse, in queste zone, una supplementazione di ferro
non mirata tra i bambini non carenti di ferro potrebbe
causare severi effetti collaterali aumentando la
proliferazione di patogeni latenti (158).
É stato dimostrato che l’epcidina è importante anche
nella patogenesi di altri agenti infettivi. Nei pazienti con
epatite da virus C, si è osservato un aumento sia della
saturazione della transferrina che delle concentrazioni di
ferritina sierica e di ferro epatico. Coerentemente con
questo accumulo di ferro, in questi pazienti è stata
trovata una bassa concentrazione di epcidina insieme ad
altre modifiche nell’espressione dei geni del trasporto del
ferro (159). In uno studio pediatrico non è stata trovata
alcuna relazione tra infezione da Helicobacter pylori ed
epcidina, né tra le concentrazioni di citochine ed
epcidina, indicando che, in età pediatrica,
l’infiammazione indotta da Helicobacter non influenza lo
stato marziale mediante aumento della produzione di
epcidina (118).
In corso di ACD, IL-6 e altre citochine inducono un
aumento delle concentrazioni di epcidina, determinando
il sequestro di ferro nei macrofagi con conseguente
iposideremia. Successivamente, la disponibilità di ferro
per l’eritrone diviene un fattore limitante che contribuisce
allo sviluppo di ACD (59, 75, 81, 160, 161). I soggetti
anziani spesso soffrono di anemia. In un recente studio,
la presenza di anemia in individui anziani (≥65 anni) non
si è potuta attribuire a un aumento delle concentrazioni
di epcidina, in quanto la concentrazione di epcidina
urinaria era significativamente più bassa tra i partecipanti
allo studio con infiammazione, anemia e carenza di ferro
in confronto ai controlli non anemici (162). Questo
riscontro aumenta la possibilità che, in questa
popolazione, meccanismi indipendenti dall’epcidina
possano causare iposideremia e anemia da
infiammazione e/o che anche concentrazioni di epcidina
altrimenti “normali” siano sufficienti a sostenere l’anemia
una volta che questa si è instaurata (162).
Al momento, non esiste alcun esame di laboratorio
che da solo sia in grado di differenziare in via definitiva
ACD da IDA (160, 163). La diagnosi differenziale tra
queste condizioni è spesso raggiunta combinando vari
marcatori biochimici del metabolismo del ferro. Gli studi
per delineare il ruolo dell’epcidina nella ACD sono
complicati dalla mancanza di un criterio diagnostico
assoluto. Ne deriva che gli esiti degli studi per definire il
valore diagnostico dell’epcidina si sono basati in larga
misura sulla definizione di criteri surrogati. Alcuni studi
118
biochimica clinica, 2013, vol. 37, n. 2
hanno dimostrato che l’epcidina è un marcatore
appropriato per la diagnosi differenziale tra ACD e
IDA/ACD, ma non tra IDA e IDA/ACD (75), mentre altri
studi hanno riportato che l’epcidina permetteva di
distinguere IDA da IDA/ACD, ma non ACD da IDA/ACD
(13, 164). I risultati di un altro studio hanno suggerito che
le concentrazioni di epcidina possono servire come
marcatore appropriato per differenziare tra loro tutti e tre
i gruppi di patologie (165).
Sembra che la determinazione di epcidina rivesta
una potenziale utilità negli algoritmi diagnostici per
distinguere IDA da ACD e dalla presenza combinata di
IDA/ACD. Ulteriori studi nei quali si utilizzasse la risposta
dell’epcidina alla supplementazione di ferro come criterio
surrogato di stato marziale potrebbero essere
informativi. La determinazione dell’epcidina può anche
risultare utile nel predire gli effetti della
supplementaztione di ferro nelle malattie infettive e
infiammatorie.
Malattie renali
L’introduzione degli ESA, come ad esempio l’EPO,
ha permesso di trattare efficacemente l’anemia nei
pazienti con CKD. Tuttavia, la concentrazione di
emoglobina da utilizzare come obiettivo ottimale è
ancora dibattuta e molti pazienti diventano resistenti agli
ESA. Subito dopo la sua scoperta e durante gli anni a
seguire, l’epcidina venne riconosciuta come
potenzialmente importante nella CKD, in quanto può
essere la responsabile dello squilibrio tra omeostasi del
ferro e resistenza agli ESA che si osserva
frequentemente in questi pazienti (50, 166). Perciò
l’epcidina fu descritta come un promettente marcatore
diagnostico d’accompagnamento per predire la
responsività agli ESA e guidare il trattamento con ESA e
ferro endovena. Inoltre, la potenzialità che l’epcidina
divenisse un bersaglio per il trattamento fu rapidamente
riconosciuta. Queste promesse prendevano corpo da
un’ampia serie di studi che avevano esaminato le
concentrazioni di epcidina in pazienti con CKD. In
generale, questi studi avevano riportato un aumento
delle concentrazioni di epcidina nei pazienti con CKD in
confronto ai controlli sani (15, 16, 29, 31, 32, 88, 89, 96,
167-169). Poiché questi pazienti tendono a essere
anemici, anche un moderato eccesso di epcidina si può
considerare ingiustificatamente alto per il loro grado di
anemia. Praticamente tutti gli studi sull’epcidina in
pazienti con CKD hanno dimostrato una robusta
correlazione positiva tra concentrazioni di epcidina e
ferritina. Alcuni di questi studi hanno anche dimostrato
che l’epcidina correla con la sideremia o con la
saturazione della Tf (169, 170). L’epcidina nella CKD è
stata anche associata a eritropoiesi ferro-carente, come
rispecchiato dalla relazione tra epcidina ed emoglobina
e/o conta reticolocitaria più basse (31, 169, 171). Inoltre,
si è visto che nell’ambito dell’insufficienza renale CRP e
IL-6 erano marcatori predittivi meno adeguati (16, 170,
172-175). Si è scoperto che la somministrazione di ferro
endovena non influenzava la concentrazione di epcidina
IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY
CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS
in pazienti in emodialisi (HD) che erano stati esclusi dalla
terapia a base di ferro ed ESA nelle due settimane
precedenti lo studio (169), mentre la aumentava in
pazienti con CKD mai trattati con ferro (31, 96). Nei
pazienti in HD in terapia con ESA, l’epcidina non
risultava predittiva di quali pazienti avrebbero aumentato
la loro emoglobina dopo carico di ferro (17). Come detto
precedentemente, numerosi ricercatori hanno descritto
una riduzione delle concentrazioni di epcidina dopo
somministrazione di EPO (31, 50, 169, 170). Questi
riscontri suggeriscono una volta di più che la richiesta di
ferro dal compartimento eritroide potrebbe essere un
regolatore dell’espressione dell’epcidina più potente
della formazione di epcidina indotta dall’infiammazione o
dal ferro stesso. Per giungere a una corretta
interpretazione dell’effetto dello stimolo eritropoietico
sulla produzione di epcidina, le concentrazioni di EPO ed
epcidina dovrebbero essere valutate simultaneamente in
pazienti selezionati con anemia da CKD.
E’ interessante notare che l’epcidina è stata valutata
anche come marcatore predittivo della risposta agli ESA
in parecchi, anche se relativamente piccoli, studi
condotti sull’uomo. Uno studio ha rivelato che le
concentrazioni di epcidina dei soggetti responsivi
all’EPO non differivano da quelle dei soggetti
scarsamente
responsivi
(176),
mentre
studi
osservazionali trasversali su pazienti in HD e uno studio
prospettico su pazienti con CKD e insufficienza cardiaca
cronica hanno rivelato che i non responsivi avevano
basse concentrazioni di epcidina (32, 170, 177). Forse in
questi pazienti si dovrebbe considerare l’epcidina come
un marcatore di risposta piuttosto che di resistenza al
trattamento con ESA.
Benchè l’epcidina sia un promettente ausilio
diagnostico per la terapia con ESA, i pazienti con
insufficienza renale sono una popolazione piuttosto
complessa, sulla quale è difficile ottenere risultati
consistenti (175). Stabilità clinica, momento del
campionamento in relazione alla terapia con ferro ed
ESA, posologia del ferro e dell’EPO e regimi dialitici
differiscono tra uno studio e l’altro e probabilmente
influenzano i risultati. Pertanto, c’è bisogno di ulteriori
studi che valutino la concentrazione sierica di epcidina in
più ampie e ben definite popolazioni per risolvere le
discrepanze sopra menzionate presenti in letteratura.
Oltre alle sue potenzialità come marcatore del
metabolismo del ferro nei pazienti con CKD, la
combinazione delle concentrazioni di epcidina sierica e
urinaria può servire come marcatore della malattia
renale di per sé. Per esempio, studi indicano che
incrementi di epcidina urinaria più piccoli rispetto a quelli
attesi in base alle concentrazioni di epcidina sierica
possono associarsi con un rischio maggiore di danno
renale acuto dopo un intervento di bypass dell’arteria
coronarica in pazienti con funzione renale stabile (178,
179). In uno studio su marcatori urinari in pazienti con
nefrite lupica, le concentrazioni urinarie di epcidina, forse
secreta dalle cellule infiammatorie interstiziali, erano
identificate come marcatore di recrudescenza renale
della nefrite lupica (108).
Malattie correlate all’obesità
Il tessuto adiposo è un organo endocrino attivo che
rilascia diverse citochine e adipochine, che
contribuiscono allo sviluppo di infiammazione sistemica
di basso grado. Inoltre, anche il tessuto adiposo può
produrre epcidina (21). L’infiammazione a basso grado
nei pazienti obesi e in quelli con sindrome da
sovraccarico di ferro associata alle malattie
dismetaboliche (caratterizzata dall’associazione di
aumento dei depositi di ferro corporeo con alterazioni
metaboliche) si associa con elevate concentrazioni di
epcidina, che inducono uno scarso assorbimento di ferro
e causano ACD (116, 117, 180, 181). In individui con
perdita di peso si è osservata una ridotta concentrazione
sierica di epcidina e un aumento dello stato marziale e
dell’assorbimento intestinale del ferro (182, 183). Quindi,
in condizioni di moderata infiammazione cronica, quali
obesità o sindrome metabolica, anche un moderato
eccesso di epcidina può essere sufficiente a sbilanciare
l’equilibrio tra perdita e acquisizione di ferro verso la
carenza di ferro.
Malattie cardiache
L’anemia da insufficienza cardiaca cronica è
associata a basse concentrazioni di epcidina, per cui è
poco probabile che l’infiammazione (di basso grado) sia
l’unico meccanismo sottostante (184, 185). Uno studio
sull’ischemia miocardica acuta ha dimostrato un
aumento transitorio della concentrazione sierica di
epcidina-20 nella maggior parte dei pazienti studiati,
mentre l’epcidina-25 rimaneva elevata per sette giorni
dopo l’evento. Gli autori concludevano che l’epcidina-20,
piuttosto che l’epcidina-25, potrebbe essere d’aiuto per
la diagnosi di IMA (14).
Numerosi lavori suggeriscono l’uso potenziale della
determinazione di epcidina nella definizione del rischio
cardiovascolare. Si è ipotizzato che elevate
concentrazioni di epcidina possano aumentare il rischio
cardiovascolare incrementando la concentrazione di
ferro intracellulare nei macrofagi e quindi il loro
potenziale aterogenico (186-189). Inoltre, studi recenti
hanno dimostrato un’aumentata produzione di epcidina
in pazienti con infiammazione (di basso grado), obesità
e steatosi epatica non alcolica, condizioni
tradizionalmente associate alla malattia cardiovascolare
(21, 144, 190, 191). Altri dati indicano un’attività
aterogenica dell’epcidina in uno studio che rivelava che
il trattamento ex vivo con epcidina-25 di monociti in
differenziazione prelevati da pazienti con sindrome
metabolica induceva la proteina-1 chemoattrattiva dei
monociti (192). In questi pazienti le concentrazioni di
epcidina si associavano con elevate concentrazioni di
proteina-1 chemoattrattiva dei monocliti e con danno
vascolare. Queste osservazioni supportano la possibilità
che l’epcidina possa rappresentare un nuovo
determinante del rischio di malattia cardiovascolare.
biochimica clinica, 2013, vol. 37, n. 2
119
IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY
Tumori maligni
I pazienti affetti da cancro spesso soffrono di anemia,
generalmente in associazione con altri indicatori di
infiammazione. Studi su pazienti affetti da mieloma
multiplo suggeriscono che in questi pazienti l’epcidina sia
sovraregolata da parte di meccanismi sia dipendenti che
indipendenti dall’IL-6, che possono rivestire un ruolo
anche nell’anemia frequentemente osservata in questi
pazienti. La via indipendente dall’IL-6 si può attribuire alle
elevate concentrazioni di BMP2, che, come è stato
suggerito, agiscono in maniera sinergistica con IL-6
nell’induzione della sintesi epatica di epcidina (193, 194).
Abbiamo recentemente dimostrato che nel linfoma di
Hodgkin l’elevata produzione di IL-6 si associa
all’induzione di epcidina che contribuisce all’ACD ferrolimitata frequentemente osservata alla diagnosi (195).
Tuttavia, in questo studio l’elevata concentrazione di
epcidina non sembrava sufficiente a sviluppare anemia,
indicando che la compensazione dell’aumento di attività
eritropoietica attraverso l’incremento della produzione di
EPO potrebbe spiegare la mancanza di anemia nei
pazienti neoplastici nonostante l’aumento delle
concentrazioni di epcidina (196).
In uno studio su pazienti neoplastici anemici in terapia
con ESA, quelli con concentrazioni basali di epcidina
relativamente basse mostravano una risposta migliore
(197). Sorprendentemente, questi risultati non sono del
tutto coerenti con quelli rilevati in pazienti con CKD, ma
indicano che le concentrazioni basali di epcidina
potrebbero rivestire il ruolo potenziale di marcatore
predittivo nell’identificare sia i pazienti che risponderanno
adeguatamente alla terapia con EPO, che quelli che
devono essere esclusi dal trattamento dell’anemia con
ESA a causa della bassa probabilità di risposta.
Benchè il numero di studi sul ruolo dell’epcidina
nell’anemia in pazienti neoplastici sia limitato, questi
studi hanno contribuito alla nostra conoscenza dei
meccanismi coinvolti. In futuro sono necessari studi che
definiscano il ruolo dell’epcidina nell’assunzione delle
decisioni cliniche in questi pazienti.
Medicina dello sport
Neglii atleti si registra un’elevata prevalenza di
carenza di ferro. Un insieme di meccanismi generati
dall’esercizio, che comprendono emolisi, ematuria,
sudorazione e stillicidio gastrointestinale, può contribuire
a questo ridotto stato marziale (198). Recentemente, la
maggior parte degli studi (199-201), ma non tutti (202),
ha dimostrato un incremento delle concentrazioni di
epcidina urinaria dopo esercizio fisico. Questi riscontri di
incremento delle concentrazioni di epcidina hanno
indotto Peeling a proporre che gli aumenti di emolisi e di
espressione dell’epcidina indotti dall’esercizio possano
avere due effetti (203). Primo, la captazione di ferro
libero da parte dei macrofagi del sistema RE dopo
l’esecizio porterebbe all’intrappolamento di ferro
all’interno di queste cellule a causa dell’azione
dell’epcidina sul trasporto mediato da ferroportina,
influendo così sul ricircolo di ferro nel torrente
120
biochimica clinica, 2013, vol. 37, n. 2
CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS
circolatorio. Secondo, l’elevata attività di epcidina dopo
esecizio potrebbe ridurre l’assorbimento del ferro
alimentare (203). L’epcidina potrebbe dunque essere un
mediatore dell’elevata incidenza di carenza di ferro tra gli
atleti.
SOSTANZE CHE MODULANO L’EPCIDINA
Terapie mirate sull’epcidina possono migliorare le
opzioni terapeutiche per i pazienti che soffrono di
disordini del metabolismo del ferro. Benché specifiche
terapie mirate non siano ancora disponibili, sono in fase
di sviluppo diverse sostanze che funzionano come
agonisti o antagonisti dell’epcidina (204-206). Gli
agonisti dell’epcidina potrebbero risultare utili nella
prevenzione dell’accumulo di ferro causato dalla
carenza di epcidina, come avviene nella HH e
soprattutto nella β-talassemia e nelle altre anemie con
accumulo di ferro, e forse in alcune forme acquisite di
malattie da sovraccarico di ferro non dipendendente
dall’emocromatosi. D’altro canto, ci si potrebbe aspettare
che degli antagonisti dell’epcidina beneficino i pazienti
con malattie da eccesso di epcidina che si manifestano
con anemia ferro-carente e carenza sistemica di ferro,
quali ad esempio IDA refrattaria al ferro, ACD (da
malattie
reumatiche,
infiammatorie
intestinali,
autoimmuni), CKD, mieloma multiplo e altre neoplasie,
carenza di ferro correlata all’obesità e malattia
cardiovascolare.
Agonisti dell’epcidina
Studi preclinici e alcuni studi clinici hanno fornito la
dimostrazione che epcidina-25 sintetica, piccoli peptidi di
epcidina (le cosiddette “miniepcidine”), agonisti di BMP e
antagonisti di HIF possono prevenire l’accumulo di ferro
attribuito alla carenza di epcidina.
E’ stato dimostrato che nei topi i piccoli peptidi di
epcidina agiscono in vivo come agonisti per mezzo del
loro dominio amminoterminale (206). Gardenghi et al.
hanno segnalato che, in topi con β-talassemia
intermedia, la sovraespressione transgenica di epcidina
riduceva l’accumulo di ferro e migliorava anche
l’eritropoiesi inefficace (207).
Si può anche indurre l’epcidina e aumentare la sua
concentrazione utilizzando come bersaglio la via della
BMP (Figura 4). Si è scoperto che, nei topi, la
somministrazione di BMP2 aumenta l’espressione di
epcidina nel fegato e riduce la concentrazione sierica di
ferro in vivo (208). E’ stato anche descritto che, in un
modello murino di emocromatosi HFE, dosi
sovrafisiologiche di BMP6 esogena per 10 giorni
miglioravano la carenza di epcidina, riducendo la
sideremia e ridistribuendo il ferro tissutale alle sedi di
deposito appropriate (macrofagi del RE, milza) (209). Gli
antagonisti di HIF sono utilizzati in oncologia per inibire
l’angiogenesi tumorale (210). Il blocco di HIF potrebbe
essere anche utile per aumentare le concentrazioni di
epcidina nelle malattie da accumulo di ferro.
IL MEGLIO DI CLINICAL CHEMISTRY
CLINICAL CHEMISTRY HIGHLIGHTS
Antagonisti dell’epcidina
Studi preclinici e clinici hanno dimostrato che
antagonisti dell’epcidina, quali anticorpi anti-epcidina,
antagonisti di BMP, anticorpi anti-recettore delle
citochine e stabilizzatori di HIF, possono ridurre
l’espressione di epcidina e correggere le anomalie del
ferro (208, 211-218).
In uno studio preclinico su modelli animali, Sasu et
al. hanno neutralizzato l’epcidina con un anticorpo
monoclonale in un modello murino di Brucella abortus
con anemia da infiammazione e hanno scoperto che
questo ristabiliva la responsività all’EPO (211). Il risultato
di questo studio indica che la somministrazione di
terapie anti-epcidina da sole o in combinazione con ESA
può migliorare la risposta eritropoietica dei pazienti e
permette di utilizzare dosi più basse di EPO per evitare
l’effetto potenzialmente dannoso di alte concentrazioni di
EPO. Va sottolineato che il monitoraggio nel siero
dell’epcidina biologicamente attiva durante il trattamento
con questi antagonisti dell’epcidina sembra essere
complicato dall’interferenza di queste sostanze sui saggi
utilizzati (219).
Numerosi composti possono interferire con la via
BMP/SMAD. Nel topo, la somministrazione di
dorsomorfina, un inibitore del segnale di BMP di piccole
dimensioni, preveniva l’induzione di epcidina da parte
del ferro (212). GDF15 e TWSG1 sono entrambi
antagonisti di BMP prodotti dagli eritroblasti e
componenti putative del cosiddetto “regolatore eritroide”
(l’insieme di segnali solubili che mettono in
comunicazione midollo e mucosa duodenale, NdT) che
possono inibire l’espressione di epcidina in vitro. Benché
rimanga da definire l’esatto ruolo fisiologico di GDF15 e
TWSG1, queste proteine potrebbero possedere delle
potenzialità terapeutiche. La HJV solubile, che a sua
volta agisce come antagonista dei meccanismi di
segnale di BMP, nei topi riduce l’espressione basale di
epcidina, mobilizza i depositi di ferro del sistema RE
(milza), aumenta il contenuto di ferro nel fegato e allo
stesso tempo, la sua concentrazione sierica (208).
Ancora, è stato recentemente dimostrato che l’eparina e
i suoi derivati inibiscono l’espressione di epcidina in vitro
e in vivo interferendo con i meccanismi di segnale di
BMP (218).
E’ stato dimostrato che nella malattia di Castleman
(un raro disordine con infiammazione sistemica e
anemia), l’anticorpo anti-recettore di IL-6 (tocilizumab)
sopprime la produzione di epcidina indotta da IL-6 e (in
scimmie artritiche) migliora l’anemia (214-217). Gli
inibitori dei promotori chiave della risposta all’ipossia
cellulare, come la prolil-idrossilasi, prevengono
l’inattivazione e la degradazione di HIF e, pertanto,
possono essere efficaci soppressori dell’epcidina e
ristabilire la naturale regolazione del ferro in corso di
anemia (220, 221).
Vi è una crescente richiesta di strumenti preclinici per
definire l’efficacia delle terapie correlate all’epcidina.
Pertanto, la gamma di sistemi diagnostici per la
determinazione del peptide epcidina nei modelli animali
dovrebbe essere migliorata e ampliata (75, 219, 222).
Inoltre, sono necessari ampi e ben progettati studi clinici,
che definiscano la sicurezza e l’efficacia a lungo termine,
per chiarire i rischi e i benefici delle terapie mirate
sull’epcidina.
NOTE CONCLUSIVE
Dalla scoperta dell’epcidina 10 anni fa, molti studi
hanno contribuito alla comprensione della regolazione
dell’epcidina e delle sue proprietà funzionali. I primi
metodi affidabili per quantificare l’epcidina nei fluidi
biologici umani sono stati sviluppati di recente e studi
condotti su modelli animali e nell’uomo hanno posto
l’accento sull’epcidina come innovativo, promettente
strumento diagnostico in ambito medico. Tuttavia,
l’utilizzo di differenti tecnologie di analisi per la
determinazione delle concentrazioni di epcidina nei
pazienti con disordini del metabolismo del ferro rende
difficile interpretare i risultati di molti studi pubblicati. Per
esempio, l’accumulo di isoforme epcidina-22 e -20 può
sollevare delle perplessità negli studi che hanno
utilizzato
alcuni
saggi
immunoassistiti
sull’interpretazione che la concentrazione misurata di
epcidina riflettesse l’epcidina-25 biologicamente attiva.
Inoltre, c’è bisogno di armonizzazione tra i vari saggi per
permettere di stabilire intervalli di riferimento e livelli
decisionali clinici comuni. Studi ampi e ben progettati,
che sfruttino saggi armonizzati, sono necessari per
stabilire in modo più rigoroso il ruolo diagnostico
dell’epcidina in medicina. Ancora, siccome l’ambito
specialistico si muove verso l’utilizzo di terapie correlate
all’epcidina, si dovrebbe comprendere che, in corso di
terapia anti-epcidina, il risultato dei saggi utilizzati per
monitorare l’epcidina può essere inficiato da sostanze
che interferiscono con il dosaggio. Nei casi in cui si sia
registrata un’interferenza, i metodi devono essere
rivalidati per questa specifica applicazione prima di trarre
conclusioni definitive sull’efficacia della terapia. In
conclusione, l’epcidina è un promettente strumento
diagnostico, ma, prima che la sua determinazione possa
essere inserita a pieno titolo nella pratica clinica, devono
essere intrapresi ulteriori sforzi per valutare quanto è
rilevante misurare specificatamente l’epcidina-25, per
armonizzare i risultati dei saggi commerciali, definire i
limiti decisionali clinici e rendere i metodi utilizzabili dai
laboratori clinici.
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