presentazione Icona Maria Regina di tutti i Santi

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presentazione Icona Maria Regina di tutti i Santi
L’ICONA DI MARIA REGINA DI TUTTI I SANTI
GAETANO ZAMMITTI
ORIGINI TIPOLOGICHE
Uno dei temi preferiti dell’arte catacombale è la rappresentazione dell’adorazione dei
magi. Questa scena non è semplicemente l’illustrazione di un avvenimento dell’infanzia di
Gesù, ma è carico di un significato profondo: l’affermazione che anche i gentili sono chiamati
ad adorare il Figlio di Dio. È quindi la Chiesa dei gentili, dei pagani che esprime in questa
scena il suo diritto all’esistenza. L’episodio contiene tre elementi importanti per l’iconografia e
la sua evoluzione: innanzitutto l’esistenza dei Magi, dunque dei pagani, che non possono
gloriarsi della discendenza di Abramo attraverso il sangue. Poi ciò che i Magi esprimono, cioè
l’atto di adorazione, la sottomissione totale riservata a Dio solo. In terzo luogo, colui al quale è
rivolta l’adorazione: il Bambino, il Figlio di Dio, sulle ginocchia della Madre seduta in trono.
Questa scena esprime dunque, in un meraviglioso riassunto, l’essenza stessa della Chiesa nel
cammino della sua fede. All’interno dell’immagine il movimento conduce direttamente verso
il Figlio di Dio, creando nei confronti dei tre temi – paganesimo, adorazione, Bambino – un
quarto movimento del tutto logico: quello della maestà. Evidentemente i dogmi enunciati dal
Concilio di Efeso avevano il loro ruolo in questa evoluzione. Si può perfino affermare che la
teologia trova così la sua espressione nell’arte e vi fa nascere forme nuove.
Una delle più belle rappresentazioni di questo tema si trova a Ravenna, nella Chiesa di
Sant’Apollinare nuovo. Fu ordinata dal Vescovo Agnello (morto nel 569). Sul mosaico, un
corteo di vergini con in mano la corona dei martiri si dirige verso la Madre di Dio e il
Bambino. Alla testa del corteo, i Magi si avvicinano con slancio, portando, nelle mani velate
dai lembi dei loro mantelli, le offerte destinate al Bambino. La Theotokos, dal volto ovale con
grandi occhi neri, troneggia in mezzo a un gruppo di quattro arcangeli. Questi sono rivestiti
da una tunica bianca con strisce gialle e reggono la lunga bacchetta d’oro.
Per la sua maestà severa, il mosaico di Sant’Apollinare nuovo è un riflesso del fastoso
cerimoniale della corte imperiale. Il trono di oro e avorio della Regina del cielo, i piatti
d’oreficeria dei Magi, le vesti bianche delle vergini, adorne come le patrizie al servizio
dell’imperatrice, mostrano la preoccupazione di copiare l’etichetta di Costantinopoli. L’arte
bizantina si servirà, durante tutta la sua storia, di questo fasto per esprimere la grandezza del
mondo celeste. I paesi dell’oriente, affascinati dallo splendore e dalla ricchezza di
Costantinopoli, prenderanno a prestito queste forme per esprimere, a loro volta, l’ideale di
bellezza e di grandezza spirituale. Anche dopo la caduta dell’impero, l’arte bizantina
continuerà a essere segnata dal cerimoniale della corte.
A partire dai mosaici di Ravenna, essi stessi riflesso dello splendore della capitale, il
tipo della Theotokos – Basilissa si imporrà in oriente e troverà il suo posto nella conca delle
absidi.
Su alcuni sigilli in piombo si trova il titolo Kyriotissa. Ma indica d’ordinario una
variante: la Vergine vi è rappresentata in piedi, mentre stringe il Figlio al petto e lo offre
all’adorazione. Ella appare in questo modo sul fondo d’oro del mosaico della Dormizione a
Nicea (sec VIII – IX), mosaico distrutto nel 1924.
Il tema della Vergine in trono, circondata da angeli, rappresentato in Sant’Apollinare
nuovo, si diffuse in tutta la regione dell’impero. Una delle prime icone di questo tipo è del sec. VI: fa
parte della collezione del monastero di S. Caterina, sul monte Sinai.
Nel Duomo di Monreale, gli arcangeli Michele e Gabriele custodiscono il trono della
Panacrantos, la “tutta pura”.
Tra gli elementi essenziali del tipo della Madre di Dio in maestà, il trono non sembra essere
l’essenziale, in quanto nelle absidi la Vergine viene rappresentata sia in trono che in piedi. Nelle
icone è raffigurata in trono, talvolta in atteggiamento di maestà simile ai primi mosaici, altre volte in
atteggiamento di una Vergine della tenerezza. È quindi l’idea che importa, come pure il posto
riservatole nella conca delle absidi: la visione della sua grandezza soprannaturale.
La Madre di Dio in maestà ha in comune con le arti egizia, greca e romana la frontalità delle
loro divinità. Anche l’atteggiamento, il gesto e i tratti risentono della scultura antica. Ma, già
schizzato nelle catacombe nell’adorazione dei Magi, dopo il Concilio di Efeso il suo atteggiamento
esprime un’idea essenzialmente teologica: il dogma della maternità divina. A partire da quest’epoca,
ella si impone nella decorazione delle absidi, vi siede sovrana, con tutti gli onori resi a una Basilissa.
S. Giovanni Damasceno sembra aver davanti agli occhi questa immagine quando dice: “Le sue mani
portano l’Eterno e i sui ginocchi sono un trono più sublime dei cherubini. Ella è il trono regale su cui
gli angeli contemplano seduto il loro Sovrano e il loro Creatore”.
MARIA REGINA DI TUTTI I SANTI
L’icona “Maria Regina di tutti i Santi”, realizzata per la cappella della casa di solitudine “S.
Maria del Silenzio” delle suore “Figlie della Chiesa”, riprende il tema della Vergine in maestà. È
liberamente ispirata all’icona “In te esulta tutta la creazione”, probabilmente l’ultimo capolavoro del
periodo classico per le mani del maestro Dionigi di Mosca.
Il tema dell’icona è preso da un inno mariano (vd. testo a pag. 2) composto da S. Giovanni
Damasceno (VIII sec.), di cui è raffigurazione fedele fino ai particolari. L’inno fa parte del libro
liturgico Ottoeco (tono 8° domenicale); si canta anche nella liturgia di S. Basilio, dopo la consacrazione
dei Santi Doni, quando il sacerdote sull’altare pronuncia le preghiere segrete di supplica per i vivi e
per i defunti.
La composizione geometrica è dominata da un cerchio, il cui centro si trova sul vertice di un
triangolo, costruito sulla base dell’icona. Elevazione (triangolo), unità e perfezione (cerchio) sono già
preparate dalle forme geometriche.
In una grande aureola a tre cerchi si eleva il trono su cui siede la Vergine che, a sua volta, fa
da trono al Figlio. Questa triplice aureola è simboleggia la Santa Trinità. Il cerchio centrale è di colore
verde azzurro scuro, simbolo del Mistero di Dio, della “notte abbagliante della Divinità”, come
ricorda Dionigi l’Aeropagita. Il trono con Maria e il Figlio si trova così nel cuore della Divinità, in
quanto l’incarnazione ha la sua sorgente nell’amore di Dio. È il Bambino, seduto sul trono delle
ginocchia della Madre, il centro dell’icona. Da lì bisogna cominciarne la lettura. Un quarto cerchio
avvolge i primi tre e il trono. Su questo cerchio si dispiega in trasparenza il “coro degli angeli”; in
particolare gli arcangeli e i serafini, coloro che ardono, in atto di adorazione verso la Trinità e verso
Maria, il trono su cui siede il Figlio dell’Eterno.
Nel fondo si eleva, luminosa e trasparente, una grande Chiesa, di cui Maria è immagine, con
molte volte e finestre; con cinque cupole, che secondo la simbologia bizantina evocano Cristo, cupola
maggiore, e i quattro evangelisti, cupole minori; e con due porte una rivolta ad oriente e l’altra ad
occidente. Questa cattedrale è posta nel “giardino del Paradiso”, immagine di una natura innocente e
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armoniosa, simbolo di Maria. Il giardino è delimitato anch’esso dalla forma perfetta del cerchio,
che in basso tocca la terra, ma allo stesso tempo sta nello spazio senza pesantezza. È la creazione
rinnovata dalla risurrezione di Cristo che esulta attorno al trono. È il Cielo, la Gerusalemme celeste
che viene così rappresentata, luogo della speranza e oggetto del desiderio degli esseri umani.
Le raffigurazioni della Madre di Dio e del Tempio sono situate su un alto monte, luogo
biblico dell’incontro con Dio, alle cui pendici è radunato il “genere umano”, presentato come
assemblea di tutti i Santi che formano un ponte tra la Gerusalemme celeste e la terra. Sono disposti
ai due lati e si muovono processionalmente, come in una perenne liturgia, seguendo il movimento
circolare, verso il centro dove è situato il trono. Come nel mosaico di Sant’Apollinare, troviamo
due cortei: quello degli apostoli, degli evangelisti e dei martiri a destra di chi guarda, e quello dei
profeti e dei monaci a sinistra.
A destra, nel primo ordine, capeggia S. Pietro, il principe degli apostoli, la roccia su cui la
Chiesa affonda le sue fondamenta. Subito dietro S. Paolo, l’apostolo dei gentili. Seguono i quattro
evangelisti: S. Giovanni il teologo, come viene chiamato in oriente, porta il libro del Vangelo aperto
sul passo: “Donna ecco il tuo Figlio” (Gv 19,26), S. Matteo, S. Luca e S. Marco. Essendo
quest’ultimo l’autore del Vangelo più antico, scritto proprio mentre infuriavano le prime
persecuzioni, viene raffigurato nell’atto di indicare ai martiri, che immediatamente lo seguono, il
trono dove siede sovrano Colui che hanno testimoniato fino all’effusione del sangue. Chiudono
questa prima fila due megalomartiri, come vengono chiamate in oriente: S. Lucia, la vergine che ha
fecondato con il proprio sangue la terra di Siracusa, e S. Caterina d’Alessandria. Il secondo ordine
è aperto da S. Maria Maddalena, la testimone della Risurrezione, che in oriente è considerata
“uguale agli apostoli”. Seguono S. Vladimir, il primo martire russo, e S. Giorgio, un martire molto
venerato in oriente. Chiude quest’ordine un’altra megalomartire siciliana, S. Agata che ha versato
il suo sangue a Catania. Nel terzo ordine troviamo il primo martire di Cristo, S. Stefano, seguito
dai due medici e martiri i SS. Cosma e Damiano, i quali esprimono la comunanza del martirio
sostenendo un’unica croce.
A sinistra, il corteo del primo ordine è guidato da S. Giovanni Battista, il Precursore,
l’ultimo dei profeti, l’amico dello Sposo, Colui di cui Gesù dice: “Tra i nati di donna non è sorto
uno più grande di lui” (Mt 11,11), il cui stile di vita è stato sempre considerato un esempio di vita
monastica. Lo seguono due profeti legati alla figura di Maria: la profetessa Anna e il Santo profeta
Simeone, che tiene in mano una pergamena sulla quale è scritta la frase rivolta alla Vergine:
“Anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Lc 2,35). Subito dopo avanzano i tre santi gerarchi: S.
Giovanni Crisostomo, S. Gregorio il teologo e, in secondo piano, S. Basilo. Continuano il corteo S.
Macrina, sorella di S. Basilio, e S. Giovanni climaco, così denominato in quanto autore della “Scala
del Paradiso”. Chiude il primo ordine S. Benedetto, padre del monachesimo in occidente; porta il
cartiglio con l’Incipit della Regola: “Ascolta, figlio, gli insegnamenti del maestro”; guarda verso la
comunità che contempla l’icona e con la mano destra indica ad essa il centro: il Figlio di Dio seduto
sul trono formato dalle ginocchia e dal grembo della Madre. Immediatamente dietro a S.
Benedetto, poco più in alto, il padre del monachesimo in oriente, S. Pacomio. Apre il secondo
ordine S. Giovanni Damasceno che srotola ai piedi della Madre di Dio la pergamena con l’inno
liturgico da cui prende forma l’icona. Lo seguono S. Antonio abate e due santi della tradizione
occidentale: S. Francesco e S. Chiara. Chiude questo secondo ordine il santo monaco ed iconografo,
Andrej Rublëv, il quale presenta alla contemplazione una delle sue opere maggiori: il Cristo in
trono tra le potenze. In alto nel terzo ordine, chiudono la processione tre santi carmelitani: S.
Teresa di Gesù Bambino del Volto Santo, S. Giovanni della Croce e S. Teresa d’Avila. Questi ultimi
due, essendo riformatori dell’ordine carmelitano, portano in mano il rotolo della Regola.
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Oltre che illustrazione di un testo liturgico, questa composizione è raffigurazione del
Regno dei cieli. La parte centrale – la Madre di Dio in trono, circondata dagli angeli – ricorda la
rappresentazione del Paradiso nelle icone del Giudizio universale. L’immagine della CittàTempio, con al centro il trono, elevata su un alto monte; il corteo dei giusti partecipi di un’azione
liturgica corale corrispondono alle descrizioni della Gerusalemme celesta fatta in Ap 21-22. In
Maria, immagine della Chiesa, contempliamo, già realizzata, la Città Santa, la Nuova
Gerusalemme, la nuova tenda della presenza di Dio, il trono su cui siede l’Agnello:
«Ecco la tenda di Dio con gli uomini!
Egli dimorerà tra di loro
ed essi saranno suo popolo
ed egli sarà il “Dio-con-loro”
E tergerà ogni lacrima dai loro occhi;
non ci sarà più la morte,
né lutto, né lamento, né affanno,
perché le cose di prima sono passate»
(Ap 21,3b-4)
«Il trono di Dio e dell’Agnello
sarà in mezzo a lei e i suoi servi
lo adoreranno;
vedranno la sua faccia
e porteranno il suo nome sulla fronte.
Non vi sarà più notte
e non avranno più bisogno di luce
di lampada,
né di luce di sole,
perché il Signore Dio li illuminerà
e regneranno nei secoli dei secoli»
(Ap 22,3b-5)
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