dall`unione europea - Camere di Commercio

Transcript

dall`unione europea - Camere di Commercio
Euro Info Centre IT-375
c/o Camera di Commercio di Torino - Via S. Francesco da Paola, 24 - 10123 TORINO
Tel. 011.5716.342/3 - Fax 011.5716.346 - E-mail [email protected] - Web site http://www.to.camcom.it/eic
DALL’UNIONE
EUROPEA
DIRITTO & PRATICA
N. 6/2003
In questo numero:
I PERICOLI DELLA CONTRAFFAZIONE
MITO O REALTÀ?
■ IMITAZIONE O CONTRAFFAZIONE? GLI STRUMENTI PER DIFENDERSI
■ I VANTAGGI DI UNA CORRETTA REGISTRAZIONE DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE
■ LA PROTEZIONE CONTRATTUALE
■ ALTRE FORME DI TUTELA
■ IL NUOVO REGOLAMENTO CE 2003/1383
Supplemento al n. 10 del 2 dicembre 2003 del quindicinale “Richieste & Offerte dal Mondo”
Direttore responsabile Giuliano Lengo - a cura di Diego Comba
CAMERA DI COMMERCIO
INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA
DI TORINO
I PERICOLI DELLA CONTRAFFAZIONE: MITO O REALTÀ?
UN CASO DI “FANTASIA”:
E SE I NOSTRI RUBINETTI
FOSSERO COPIATI IN
ORIENTE E RIVENDUTI IN
TUTTO IL MONDO?
Il Sig. Rossi, titolare di una rinomata
impresa produttrice di rubinetti, scopre
un giorno che sul mercato sono stati
immessi rubinetti pressoché uguali al
suo modello di punta “Luxus II”, frutto
di anni di studi e di investimenti, e che
gli stessi vengono venduti a meno di un
quinto del prezzo di listino di 150 €
applicato dall’impresa del Sig. Rossi.
Passata la sorpresa dovuta all’infelice
scoperta, il Sig. Rossi ricorda di aver
esposto in un primo tempo i suoi rubinetti alla Fiera Internazionale della
Rubinetteria di Pechino e, successivamente, di aver sottoscritto un accordo di
sub-fornitura con la ditta cinese Lis Pal
Min Ltd. di Nanchino, alla quale ha evidentemente anche fornito i disegni del
suo rubinetto “Luxus II”.
Sicuramente qualcosa non ha funzionato nel sistema predisposto dal Sig.
Rossi a tutela della proprietà intellettuale
ed industriale della ditta di cui è titolare.
Nel caso in esame, i rubinetti prodotti
dalla ditta Rossi sono, infatti, passati
attraverso due momenti molto delicati e
potenzialmente pericolosi sia dal punto
di vista della proprietà industriale ed
intellettuale che da quello del knowhow: una loro esposizione al pubblico in
uno dei numerosi paesi considerati “a
rischio” (si veda il riquadro giallo a fianco) e la comunicazione ad un imprenditore terzo delle loro caratteristiche tecniche, strutturali ed estetiche.
IMITAZIONE O CONTRAFFAZIONE? GLI STRUMENTI PER DIFENDERSI
Su quali strumenti può contare il Sig.
Rossi, a questo punto, per impedire ai
rubinetti clonati di invadere il mercato
rispettivamente italiano, europeo o
extraeuropeo? Quale comportamento
avrebbe dovuto tenere per prevenire il
rischio di vedersi copiati i propri prodotti o affisso il proprio marchio su altri
“non prodotti” dalla sua impresa?
Occorre innanzitutto premettere che
il “rubinetto proveniente dall’oriente”
può costituire o una mera «imitazione
servile» o una vera e propria «contraffazione». La differenza fondamentale fra
le due ipotesi è che la prima consiste
nella riproduzione di un prodotto; mentre la seconda contiene un elemento in
più, ossia l’apposizione del marchio
dell’impresa del Sig. Rossi e/o di un
indicazione geografica di provenienza,
ad esempio «made in Italy».
Una volta chiarito questo primo
aspetto, è possibile analizzare la situazione in cui versano i prodotti “originali”: il marchio del Sig. Rossi è stato regi-
strato? I prodotti sono oggetto di brevetto (o sono stati depositati come modelli
industriali)? Qualcuno è venuto a conoscenza del know-how dell’impresa del
Sig. Rossi e se si, a che titolo?
I
VANTAGGI DI UNA CORRETTA
REGISTRAZIONE DELLA PRO RIETÀ INDUSTRIALE
Le armi migliori a disposizione del
Sig. Rossi sarebbero derivate, ovviamente, dalla registrazione del marchio della
sua impresa e dei suoi brevetti o del suo
disegno industriale in ciascun paese del
quale i suoi rubinetti avessero, a qualsiasi titolo, varcate le frontiere.
Nel caso in esame, il Sig. Rossi (partendo dall’ipotesi che fosse titolare per
lo meno di un marchio in Italia) avrebbe
dovuto innanzitutto registrare il proprio
ALCUNI NUMERI DELLA CONTRAFFAZIONE:
Secondo un’indagine svolta dalla società Equifax Inc. di Atlanta, la vendita di
prodotti contraffatti o riprodotti rappresenta addirittura il 9,5 per cento del commercio mondiale. Il 27 per cento circa dei prodotti contraffatti proviene dal bacino del Mediterraneo ed è destinato ad essere smerciato in Europa, Stati Uniti,
Africa ed Est Europeo. Il 73 per cento proviene, invece, dai paesi del Sud-Est asiatico: il mercato di destinazione di questi prodotti può essere così ripartito: un 60
per cento viene destinato all’Unione Europea, mentre il rimanente 40 per cento ai
mercati extracomunitari. I paesi che ospitano sul proprio territorio il maggior
numero di imprese dedicate alla contraffazione sono in primo luogo la Thailandia,
seguita da Cina, Corea, Repubblica Ceca, Turchia e Taiwan. In questi paesi il
fenomeno contraffazione costituisce una voce di fondamentale importanza del
PIL nazionale. Nella sola Cina, l’industria della contraffazione ha un giro d’affari
di oltre 34 miliardi di dollari all’anno. Fra i settori più colpiti l’industria dei giocattoli, le ceramiche, l’hi-tech, elettrotecnica, meccanica e tessile. Nella zona di
Guzhen ha sede la cosiddetta “Città della Luce”, dove 1400 aziende producono
lampade ed apparecchi per l’illuminazione che imitano perfettamente analoghi
prodotti italiani, dando lavoro a 190.000 persone. A pochi chilometri da Shangai
si trova il più grosso centro commerciale di falsi, dove ogni giorno 200.000 distributori, provenienti da ogni parte del mondo, acquistano fino a 3.000 tonnellate di
merci contraffatte. Uno studio compiuto dalla Fondazione Edison riporta come,
rispetto al primo trimestre del 2000, le importazioni di rubinetti e valvole provenienti dalla Cina sia aumentato, nella sola provincia di Novara, da 1,3 milioni di
Euro a 4,6 milioni nei primi mesi del 2003.
II
I PERICOLI DELLA CONTRAFFAZIONE: MITO O REALTÀ?
marchio in Cina e proteggere i propri
prodotti con brevetti Cinesi di qualsiasi
tipo (siano essi brevetti di invenzione,
modelli ornamentali o modelli di utilità)
prima di esporli in fiere, esposizioni o,
in ogni caso, portarli sul mercato Cinese
o, ipotesi parimenti pericolosa, intraprendere qualsivoglia relazione commerciale con un imprenditore locale.
Infatti, la legislazione cinese, come
del resto anche altre, assume come parametro per la registrabilità di un marchio,
brevetto o modello, che questi costituiscano una novità sul territorio della
Cina, disinteressandosi, di fatto, completamente della possibilità che ciò che si
pretende registrare sia in realtà presente
e conosciuto sul mercato mondiale da
tempo.
Un ulteriore vantaggio è dato dal fatto che, avendo ottenuto dei diritti di protezione in Cina, il Sig. Rossi avrebbe
potuto utilizzare gli strumenti amministrativi che questo stato mette a disposizione per la protezione della proprietà
intellettuale ed industriale, indubbiamente più rapidi rispetto al normale procedimento giudiziario.
Vi è da dire che, nel caso in esame,
sarebbe stato consigliabile registrare i
propri prodotti non solo in Cina, ma
anche in altri stati considerati “a rischio”
in quanto considerati produttori o distributori di merci contraffatte o copiate, il
cui elenco si può conoscere attraverso la
OMPI di Ginevra (Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale –
www.ompi.org). Infatti, il rischio è, in
primo luogo, che le fasi di produzione,
trasporto e distribuzione interessino stati
diversi, motivo per cui una eventuale
registrazione in ciascuno di questi
aumenterebbe sensibilmente le possibilità di bloccare i prodotti contraffatti. In
secondo luogo, i prodotti contraffatti
potrebbero invadere un mercato attualmente nuovo per i nostri prodotti: in
questo caso vedremmo preclusa (o resa
per lo meno difficoltosa) una successiva
importazione regolare.
LA PROTEZIONE CONTRATTUALE
Qualora il Sig. Rossi non avesse provveduto alla registrazione dei suoi marchi e
brevetti, gli rimarrebbero, comunque,
alcuni strumenti: nell’ipotesi in cui egli
abbia effettivamente stipulato un accordo con un imprenditore locale, e se vi
fosse un fondato sospetto sulla responsabilità di quest’ultimo circa l’immissione
sul mercato dei rubinetti copiati, occorrerebbe osservare l’accordo stipulato a
suo tempo fra i due (l’accordo potrebbe
indifferentemente rivestire la forma del
sub contracting, lavorazione per conto,
OEM, licenza di know-how e/o marchio), al fine di verificare la presenza ed
il livello di protezione offerto da specifiche clausole inerenti alla protezione dei
suoi marchi, brevetti e know-how. Infatti, l’apposizione di clausole dedicate
alla protezione della nostra proprietà
intellettuale ed industriale è imprescindibile in questo genere di accordi fra
imprenditori. Occorre, tuttavia, precisare
che anche qualora esistesse un simile
accordo, questo non dovrebbe esimere il
Sig. Rossi dal procedere, in ogni caso,
alla registrazione dei propri marchi e
brevetti: infatti, lasciando senza protezione locale i propri prodotti, il nostro
amico si esporrebbe al rischio di vederli
legittimamente registrati a nome del proprio partner, ottenendo al limite una condanna di quest’ultimo al risarcimento
dei danni, ma avendo perso l’uso del
proprio marchio (o brevetto) in quel
determinato paese.
LE
RISORSE ESTREME: QUANDO
TUTTO SEMBRA PERDUTO
Tuttavia, se il Sig. Rossi non avesse
registrato nulla, non avesse previsto alcuna clausola protettiva nel contratto stipulato oppure non esistesse alcun contratto,
avrebbe ancora a disposizione alcuni
strumenti giuridici che si basano su esi-
Q UANDO LA REALTÀ VINCE ANCHE LA
UN’INTERA FABBRICA ITALIANA IN CINA.
FANTASIA : COPIATA
Senza che il suo titolare lo sapesse, la nota impresa toscana di macchine per gommisti “FASEP” ha inaugurato una fabbrica in Cina e ha spostato “involontariamente” la maggior parte della produzione destinata all’estremo oriente in questo
stabilimento. Infatti, dopo aver constatato una drastica ed a prima vista inspiegabile riduzione degli ordini provenienti dall’Asia ed aver riscontrato sul mercato la
presenza di prodotti “clonati” venduti a metà prezzo, la FASEP si è vista copiare
non solo i propri prodotti, ma addirittura l’intera fabbrica, macchine di produzione comprese. Ricorda a questo proposito il titolare Fabio Boni, in un’intervista
rilasciata al Corriere della Sera del 10 settembre 2003, che hanno avuto notizia del
fatto grazie ad un loro cliente il quale, telefonandogli in fabbrica, si complimentava per il nuovo stabilimento aperto in Cina, fatto questo totalmente ignorato
dall’impresa toscana. La FASEP scopre, così, che in Cina era stata copiata l’intera struttura produttiva: macchine, prodotti, marchi e cataloghi. L’unica differenza
fra il prodotto italiano ed il suo cugino orientale è l’inversione di due lettere nel
marchio: in questo modo l’italiana“FASEP” è diventata la cinesissima “PASEF”
ma, a detta di chi ha visto il marchio ed i prodotti, la differenza è praticamente
impercettibile sul prodotto finale.
III
I PERICOLI DELLA CONTRAFFAZIONE: MITO O REALTÀ?
genze di ordine pubblico, tutela della
buona fede o tutela della concorrenza.
Infatti, qualora il rubinetto orientale
costituisca una cosiddetta “imitazione
servile”, gli sarebbe ricollegabile quanto
previsto dal Codice Civile all’articolo
2598 in materia di concorrenza sleale.
Tale articolo dispone, infatti, che “compie atti di concorrenza sleale chiunque
..(omissis).. imita servilmente i prodotti
di un concorrente”, e pertanto il Sig.
Rossi potrebbe rivolgersi al Giudice italiano chiedendo, secondo quanto previsto dagli articoli 2599 e 2600 del Codice
Civile, che venga accertata la concorrenza sleale, fermata la continuazione di
questa ed eliminati gli effetti che ne sono
derivati, oltre a richiedere il risarcimento
del danno. Ovviamente, la sentenza del
giudice italiano non potrebbe impedire
di continuare ad apporre un determinato
marchio o produrre determinati prodotti
colui che, nel proprio stato, vi abbia
ottenuto una regolare registrazione. Pertanto, gli eventuali effetti della sentenza
si limiterebbero ad una condanna per
danni di non facile esecuzione ed a tutti
gli altri effetti che questa potrebbe spiegare in Italia e nell’Unione Europea per
quanto riguarda la circolazione ed il
commercio dei beni imitati.
Quanto sopra introduce un ulteriore
aspetto: l’opportunità di prevedere nei
contratti di subfornitura una clausola
arbitrale, dato che risulta indubbiamente più rapido ed economico e facile ottenere, in paesi come la Cina (che è parte
nelle Convenzioni di New York del 1958
e di Washington del 1965 sugli arbitrati),
l’esecuzione di un lodo arbitrale che
condanni un nostro partner locale, piuttosto che una sentenza emessa da un tribunale straniero.
Diverso sarebbe il caso in cui il produttore concorrente avesse anche apposto sullo stesso prodotto il marchio
dell’impresa del Sig. Rossi, oppure una
falsa indicazione di provenienza dello
stesso, ad esempio la dicitura “made in
Italy”. Se così fosse stato, allora si
avrebbe una vera e propria ipotesi di
“contraffazione” che farebbe scattare,
per quanto concerne la legislazione italiana, quanto previsto agli articoli 473,
474 e 517 del Codice Penale, rispettivamente, i primi due all’ipotesi di un marchio o segno distintivo registrato, mentre
il secondo ad i marchi chiamati “di fatto”, ossia non regolarmente registrati.
I L NUOVO
2003/1383
REGOLAMENTO
CE
In ambito europeo, la protezione della proprietà intellettuale avviene attualmente tramite il regolamento CE
1994/3295 del Consiglio, relativo
all’esportazione e alla riesportazione
dalla Comunità di merci che violano
taluni diritti di proprietà intellettuale, il
quale fissa misure intese a vietare
l’immissione in libera pratica di merci
contraffatte e di merci usurpative.
Quest’ultima norma, considerata
ormai inadeguata di fronte alle nuove
possibilità di contraffazione, verrà sostituita dal regolamento CE 2003/1383,
che entrerà in vigore dal 1 luglio 2004.
Questo regolamento, relativo all’intervento dell’autorità doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni
diritti di proprietà intellettuale e alle
misure da adottare nei confronti di merci
che violano tali diritti, consentirà sia
all’autorità doganale di uno Stato membro, sia al titolare dei diritti di proprietà
industriale o intellettuale attraverso di
questa, di bloccare beni o prodotti su cui
esista il “sospetto” della contraffazione,
impedendone, in questo modo, l’importazione, esportazione e circolazione nel
territorio europeo. Particolarmente interessante risulta essere l’articolo 2 del
nuovo regolamento, che estende il campo d’applicazione della nuova normativa
alle privative per ritrovati vegetali, alle
denominazioni d’origine ed alle indica-
“C.E.” OPPURE “C. E.”?
Da tempo su alcune categorie di prodotti destinati al mercato comunitario viene
impresso un marchio recante le lettere CE, la cui funzione è, in particolare, quella
di garantire l’acquirente sulla conformità del prodotto stesso ai requisiti di sicurezza previsti dalla normstiva comunitaria. Il marchio in questione (che è - ricordiamo - obbligatorio per i tipi di prodotti per i quali è previsto) è divenuto familiare ai cittadini comunitari, anche grazie alle numerose azioni di informazione
condotte dalla Commissione Europea, dai governi nazionali, dalle Camere di
commercio e dalle associazioni di categoria, che lo hanno reso sinonimo di sicurezza (e quindi in qualche modo anche di qualità dei materiali utilizzati) del prodotto su cui veniva apposto. Lungi dal dichiararsi sconfitti, i produttori cinesi hanno pensato di copiare lo stesso marchio CE, apponendo come unica modifica uno
spazio minore fra le due lettere e dandogli un diverso significato: infatti, la versione cinese del marchio CE significa “China Export” e verrà apposto sui prodotti
cinesi destinati all’esportazione.
= COMUNITÀ EUROPEA
= CHINA EXPORT
Come si può osservare, la difficile distinzione fra i due marchi provocherà l’errore di molti acquirenti, tratti in inganno parallelamente, anche dalle qualità intrinseche del prodotto: infatti, per essere competitive le merci “China Export” non
sono sottoposte ai controlli imprescindibili per ottenere il “somigliante” marchio
europeo.
IV
I PERICOLI DELLA CONTRAFFAZIONE: MITO O REALTÀ?
zioni geografiche. Inoltre, l’articolo 3
del regolamento in esame esclude dal
campo d’applicazione dell’intera norma
le merci prive di carattere commerciale
contenute nei bagagli personali dei viaggiatori entro i limiti previsti per la concessione della franchigia doganale (ossia
175 euro), ma solo a condizione che
“non vi siano indicazioni concrete che
lascino supporre che esse formino parte
di un traffico commerciale”; il successivo articolo 4 amplia i poteri di intervento
d’ufficio delle autorità doganali degli
Stati membri, autorizzandole, ogniqualvolta “esistono motivi sufficienti per
sospettare che le merci violino un diritto
di proprietà intellettuale”, a bloccare
dette merci per un periodo di tre giorni
lavorativi. Il successivo articolo 6 abolisce, invece, le tasse dovute dal titolare
del diritto di proprietà intellettuale o
industriale: infatti questo, dal momento
dell’entrata in vigore del regolamento,
dovrà semplicemente corredare la
domanda d’intervento diretta all’Autorità
Doganale di un suo impegno scritto finalizzato ad assicurare la sua responsabilità
e a garantire il versamento dell’importo
delle spese sostenute per il mantenimento delle merci sotto il controllo doganale;
l’articolo 8 determina la durata della validità della domanda di intervento in un
anno, prorogabile per periodi equivalenti;
l’articolo 9 prevede la possibilità per il
titolare del diritto di ispezionare campio-
ni per la loro analisi tecnica; l’articolo 11
contempla una procedura agevolata di
distruzione delle merci, su richiesta e sotto responsabilità del titolare sempre che,
entro 10 giorni lavorativi, il dichiarante,
il detentore o il proprietario delle merci
non si sia espressamente opposto alla
loro distruzione.
A conclusione della presente analisi
che, senza alcuna pretesa di esaustività,
ha tracciato le linee principali dei rischi
e delle possibili contromisure di una violazione della proprietà industriale e del
know-how, è opportuno spendere qualche parola sulla c.d. “sindrome cinese”.
Se da un lato è fuori di dubbio che la
“leggerezza” di alcuni imprenditori
LA TUTELA DEL MARCHIO
La tecnologia, l’immagine, il nome ed i prodotti della nostra impresa possono essere protetti dall’utilizzo che altri possano farne senza il nostro consenso: a questo fine sono previsti gli strumenti della registrazione del marchio, del brevetto e del disegno
industriale. Le modalità per ottenere questa protezione sono diverse, a seconda dell’ambito di protezione richiesto e del territorio su cui si vuole estendere la protezione.
Il marchio, ossia quel segno distintivo idoneo a far riconoscere sul mercato i prodotti di un determinato imprenditore rispetto
a quelli concorrenti, viene tutelato su base nazionale. Questo significa che il suo titolare riceverà il diritto di utilizzare un marchio in esclusiva grazie ad un preciso procedimento, la registrazione, che avviene secondo la legislazione nazionale di un
determinato stato, e da questa successivamente regolato per quanto concerne alla durata ed agli adempimenti fiscali ed amministrativi propri. Per questo motivo, se vogliamo che il nostro marchio sia protetto in più stati, sarà necessario provvedere alla
sua registrazione in ciascuno di essi.
Esiste, tuttavia, un’eccezione a questa regola: il cosiddetto “marchio comunitario” (introdotto dal Regolamento CE 40/94).
La normativa che regola il marchio comunitario rende più semplice ottenere una protezione in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea: infatti, il regolamento dispone che, presentando un unica richiesta all’ UAMI (Ufficio Armonizzazione Mercato
Interno, Avenida de Europa, 4 - E03008 Alicante, Spagna – tel.+34-965 139 100 - e-mail [email protected] - sito:
http://oami.eu.int), è possibile ottenere una protezione equivalente a quella risultante dal procedere ad una registrazione in ciascun Stato membro. I vantaggi, in termini di rapidità, costi e gestibilità sono evidenti, infatti vi sarà un unico ufficio referente
e dei parametri uniformi per individuare le caratteristiche intrinseche del marchio ai fini della sua registrazione.
Qualora si desideri proteggere un marchio anche in paesi extracomunitari, allora è possibile chiedere all’Ufficio Internazionale della OMPI di Ginevra una registrazione internazionale secondo quanto previsto dall’Accordo di Madrid. In questo caso, la
OMPI procederà ad inoltrare la richiesta di registrazione alle autorità specifiche di tutti gli stati desiderati, ed in questo modo
sarà possibile ottenere, con un’unica richiesta, tante registrazioni nazionali (ossia regolate da leggi nazionali) quanti sono gli
stati inseriti nella domanda. Recentemente il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato una Decisione che permette l’adesione della Comunità Europea all’Accordo di Madrid ed ha adottato, inoltre, un Regolamento che modifica il Regolamento del
Consiglio (CE) 40/94 sul marchio comunitario. In questo modo si verrà a creare un doppio binario fra la normativa comunitaria e quella internazionale, prevedendo la possibilità di procedere alla registrazione di un marchio internazionale attraverso il
marchio Comunitario, e di ottenere un marchio Comunitario attraverso la presentazione di una domanda di marchio internazionale alla OMPI.
V
I PERICOLI DELLA CONTRAFFAZIONE: MITO O REALTÀ?
orientali ha causato ingenti danni a
aziende nostrane, invadendo letteralmente i mercati di prodotti copiati o contraffatti, è altresì innegabile che molti
imprenditori occidentali, attirati dalla
chimera di un importante vantaggio economico, si sono rivolti alla manifattura
cinese ed alle possibilità offerte da questo paese senza prima preoccuparsi di
proteggere in forma adeguata i propri
marchi e prodotti.
Non è necessario, pertanto, preclu-
CONVEGNO
SULLA CONTRAF-
FAZ I ONE
DE I
P RODOTTI
ITALIANI ALL’ESTERO
(20 GENNAIO 2004)
L’Euro Info Centre della Camera di
commercio di Torino organizza, con
la collaborazione del Centro Estero
Camere Commercio Piemontesi, un
convegno sul tema della contraffazione il 20 gennaio 2004. Nel corso
dell’incontro, nel quale sarà affrontata in particolar modo la realtà cinese,
si cercherà di chiarire le dimensioni
effettive del fenomeno contraffazione
con l’aiuto di alcuni soggetti particolarmente qualificati, quali tra gli altri
un’imprenditrice che lavora da molti
anni in Cina, l’Agenzia delle Dogane
per il Piemonte ed esperti di contrattualistica internazionale, fiscalità e di
finanziamenti internazionali, i quali
aiuteranno a meglio comprendere le
forme di tutela, soprattutto preventiva, da porre in essere al fine di limitare i rischi della contraffazione senza
peraltro rinunciare a una cooperazione industriale (con i Paesi Asiatici ed
in particolare con la Cina) oggi così
importante per le nostre imprese.
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio di Torino,
Euro Info Centre, tel 011 5716340,
email [email protected],
internet www.to.camcom.it/eic
dersi ogni contatto con possibili nuovi
mercati o non sfruttare le possibilità
economiche che determinati stati offrono; l’importante, tuttavia, è una tutela
preventiva sui nostri prodotti, marchi e
know-how. A questo scopo è essenziale
la conoscenza dei diversi metodi previsti
dalla legge (italiana, europea o eventualmente di altri paesi) a tutela dei nostri
diritti: il consiglio di un legale esperto
del settore può, molte volte, proteggerci
da brutte e costose sorprese.
LA TUTELA DEL BREVETTO E DEI MODELLI O DISEGNI INDUSTRIALI
Per quanto concerne il brevetto (strumento destinato a sancire un diritto di esclusiva sullo sfruttamento di un’invenzione da parte del suo titolare), anche in questo
caso la normativa è a base nazionale ed allo stato attuale non esiste ancora un
“brevetto comunitario”, anche se la Commissione europea è gia in uno stadio molto avanzato nei suoi lavori in questo senso. Pertanto, i brevetti, in ambito europeo
sono ancora sottoposti a quanto disposto dalla Convenzione di Monaco del 1973.
Questo trattato, che vede come parti, oltre ai 15 stati che compongono l’Unione
Europea, anche Slovenia, Lituania, Lettonia (prossimi stati membri dell’Unione
europea), Albania, Macedonia e Romania, offre la possibilità di presentare
un’unica domanda presso l’Ufficio Europeo Brevetti (http://www.europeanpatent-office.org) per ottenere un brevetto nazionale per ogni stato parte del Trattato (la differenza con il “marchio comunitario” è che in quel caso si ottiene un
unico titolo gestito dalla Comunità Europea, mentre nel caso del “brevetto europeo” i titoli sono 19 e rilasciati da ciascuna autorità nazionale degli stati che sono
parte del trattato)
Qualora fossimo interessati, invece, ad ottenere la protezione del nostro brevetto
in stati extracomunitari, ci sarebbe la possibilità di ricorrere all’Ufficio internazionale della OMPI di Ginevra e presentare una richiesta di registro internazionale di
brevetto secondo quanto previsto dal Trattato di Cooperazione sui Brevetti (TCP):
il sistema prevede il deposito di una sola domanda di registro nella quale si
dovranno, parallelamente, specificare gli stati in cui si desidera registrare il brevetto. Successivamente la richiesta viene inoltrata dalla OMPI a tutte le autorità
nazionali interessate dalla nostra domanda ed anche in questo caso sarà ogni stato
a concedere o meno la registrazione e a regolarla secondo le proprie leggi.
Per quanto riguarda la tutela di disegni e modelli industriali, anche questa si
basa sulla legislazione nazionale dei singoli stati. Tuttavia, è stata recentemente
promulgata la direttiva 98/71/CE che, per quanto concerne gli stati membri
dell’Unione Europea, rende uniforme nel tempo (25 anni) e nelle caratteristiche
richieste (novità e individuabilità) la disciplina posta a protezione dei disegni e
modelli industriali. Per quanto concerne gli stati extracomunitari, e come del resto
accade per marchio e brevetto, non è possibile ottenere una protezione “mondiale”
del nostro design; tuttavia, la OMPI offre la possibilità di depositare, presso il suo
Ufficio Internazionale, un’unica domanda nella quale verranno specificati gli stati in cui si richiede la registrazione: se questi stati hanno sottoscritto l’Accordo
internazionale dell’Aia su disegni industriali (cosa molto probabile dato che quasi
tutti gli stati vi hanno aderito), allora la OMPI inizierà l’iter di registrazione in
ognuno di essi.
Hanno collaborato a questo numero: Diego Comba, Massimo Corio
VI