Nella Nuova Città Il Nuovo Arrivato scese dal treno

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Nella Nuova Città Il Nuovo Arrivato scese dal treno
Nella Nuova Città
Il Nuovo Arrivato scese dal treno che era ancora
buio. Non ne poteva più del viaggio. Per tutta la nottata nello scompartimento accanto al suo c’era stato
un incontro di boxe di due pesi massimi al quale
assisteva una folla schiamazzante. Nel corridoio invece non era possibile restare perché c’era stato uno
strano traffico tra due grassoni che, incrociandosi
continuamente, impedivano agli altri passeggeri di
transitare. Lo scopo del loro andirivieni era parso al
Nuovo Arrivato poco chiaro, ma per il quieto vivere
aveva fatto finta di nulla.
Appena arrivato nella stazione della Nuova Città,
il Nuovo Arrivato scese dal treno e guardò il cielo.
Era scuro, totalmente nero. Non vi era neanche una
stella che brillasse. Gli sembrava, quel cielo nero,
un enorme enigma irrisolto. Qualcosa di inutilmente oscuro per lui, però, visto che non aveva alcuna
voglia di scoprire nulla.
Imbracciato il non troppo ingombrante bagaglio,
fu subito colpito da una cosa che si stava verificando in quel momento. La notte scura era fiocamente illuminata da palloncini bianchi che scendevano
sui binari. Cadevano con grazia, quasi con dolce
pigrizia. Non appena furono vicinissimi il Nuovo
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Arrivato si rese conto che si trattava di paracadutisti
che si apprestavano ad atterrare sui binari. Come
mosconi silenziosi planavano e poi, attraverso una
strana serie di gesti aggraziati, ripiegavano i loro
paracadute con molta cura e andavano via fischiettando. La maggior parte di loro aveva una valigetta
a tracolla, indossavano degli eleganti frac e calzavano linde scarpe da ginnastica. Il Nuovo Arrivato
guardò lo spettacolo per qualche attimo, poi finalmente si decise a proseguire.
I suoi primi passi sul marciapiede del binario nella Nuova Città furono però turbati da una strana sensazione. Si sentiva osservato, senza saper dire da
chi. Si guardò attorno cercando di mantenere una
certa calma, ma non vide anima viva. Poi finalmente abbassando lo sguardo sul terzo binario vide un
coccodrillo con una bombetta in testa che lo guardava lanciandogli delle occhiate sornione. Il ragazzo decise di continuare a camminare cercando di
arrivare nella sala d’aspetto prima del rettile. Non
appena ebbe ricominciato a camminare, si rese conto che anche il coccodrillo si dirigeva lento e sornione verso la stessa direzione. Il coccodrillo ogni
tanto muoveva la testa con dei movimenti rapidi e
trasversali per impedire alla bombetta di cadere, facendo frequenti soste ma continuando implacabile
il proprio pedinamento.
Il Nuovo Arrivato scese gli scalini del suo binario
e nonostante il bagaglio affrettò il passo. Nel sottopassaggio vi era un uomo impiccato. Vicino un
cartello riportava:
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MORTO PER NON AVER MAI COMPRESO CHE
LA VITA ERA UNA GIOSTRA SENZA SENSO.
ETÀ TRENT’ANNI, CODICE FISCALE CRRRNE78F05X989E.
Dopo aver letto attentamente il cartello, il Nuovo Arrivato proseguì con una certa urgenza essendosi ricordato del coccodrillo che lo seguiva. Nel
sottopassaggio, intensamente popolato nonostante
l’ora, incrociò nell’ordine: un venditore di paccottiglia che voleva rifilargli un autografo di un giocatore della Pistoiese dell’anno ’78-’79, un giovane
guerriero zulù dall’aspetto molto nobile che affermava di essere stato truffato da una ditta assicuratrice svedese, e un vecchio coniglio che con studiata indifferenza stava defecando sull’immagine del
sindaco della Nuova Città.
Il Nuovo Arrivato nonostante questi incontri riuscì a risalire le scale, e solo quando fu sopra sentì
una oscura e malcelata sensazione di felicità.
Davanti a una edicola posta vicino al bar della stazione vide un uomo con un casco coloniale in testa.
Decise di rompere il ghiaccio.
“Per la stazione dei bus?” chiese con molto garbo.
L’uomo con il casco atteggiò il proprio sguardo
a una espressione di profonda riflessione. Con molta calma poi rispose:
“Sì ho capito, ma tu sai giocare alle biglie?”
Il Nuovo Arrivato fece un inchino e con profondo rispetto per tanta saggezza si allontanò, sentendosi però addosso sempre lo sguardo implacabile
del coccodrillo.
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Subito dopo decise di entrare nel bar della stazione. Appena mise un piede dentro ebbe quasi una
sensazione di rigetto. L’aria era profondamente viziata e, nonostante l’orario, il locale era pieno di
avventori. La clientela era altamente qualificata, oltre che molto variegata. C’era ad esempio una vampiressa altissima, che sorseggiava con espressione
indicibilmente triste un cappuccino, mentre il suo
cavaliere, un uomo basso e grasso, nonché sedicente rappresentante di aspirapolveri, non la smetteva
di parlare.
“Ma cava, non poffo affolutamente pevmetteve
che tu vada a casa in condizioni simivi, eh, eh, eh
cava...” e dopo aver ripetuto ciò per l’ennesima volta, finalmente tacque un attimo, e fattosi un pezzettino più alto, per essersi alzato sulle punte, issò la
tazza sul bancone. Poi con un gesto estremamente
educato invitò la gigantessa a seguirlo. La donna
lo fece, ma con sguardo annoiato. Non si capiva se
quella per lei era una seccatura dalla quale desiderava venire fuori, oppure molto più semplicemente una pena che deliberatamente si infliggeva. Gli
altri avventori, tra i quali un uomo profondamente ubriaco che con struggente voce stava facendo
infuocate dichiarazioni d’amore alla macchina del
caffè, sette bonzi che stavano pregando un bambino
prodigio di farli giocare con uno yo-yo, e due gatti
che stavano sornionamente sorvegliando la situazione, osservarono i due come se fossero abituati a
una scena del genere.
Il Nuovo Arrivato sentì finalmente una sensazione di tranquillità dopo il viaggio. Nonostante l’aria
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viziata, alla quale si era peraltro velocemente abituato, sentiva che in quel bar, in quel mondo così
nuovo per lui, stava cominciando una nuova avventura che avrebbe potuto mutare tutta la sua vita. Eppure non vi era in lui il minimo timore del futuro.
Sorbì con studiata calma il cappuccino, poi si decise a pagare. Uno dei due gatti nel frattempo si stava
esibendo in una serie complicata di torsioni che non
aveva altro scopo che distogliere l’attenzione dei
commensali dal suo collega, che stava invece rubando una brioche. Il Nuovo Arrivato estrasse una
banconota di piccolo taglio, e accennò a pagare.
“Ma che fa paga?” chiese il barista. Il Nuovo Arrivato assentì, e allora questi richiamò l’attenzione
dei presenti su tale stranezza.
“Ehi gente!!! Qui c’è uno che paga!!!” urlò prima di cominciare a starnazzare rumorosamente.
Tutti i presenti si unirono alla sua ilarità. Una giraffa, entrata da poco e fino ad allora impassibile, nitrì
di piacere. I rappresentanti di un movimento politico, per sottolineare l’importanza del momento, assunta una posa solenne, intonarono il proprio inno.
Terminata l’esecuzione dell’inno, che per la verità
non raggiunse picchi inarrivabili dal punto di vista
artistico, il Nuovo Arrivato decise di uscire dal bar.
Sulla porta incontrò un bonzo, l’ottavo, che gli fece
la linguaccia. Subito dopo incrociò un mendicante
che faceva bolle di sapone, e un uomo in divisa,
dall’aspetto e dal piglio particolarmente militaresco
(doveva essere un professionista della guerra) che
cercava disperatamente di convincere un barboncino circa la serietà della proprie intenzioni amorose.
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Un bassotto osservava pensoso la scena. La biglietteria era chiusa, ma ugualmente affollata di persone schiamazzanti. Dopo aver osservato la scena il
Nuovo Arrivato lesse un cartello con su scritto Lite
Condominiale. Le persone si scambiavano insulti
mentre molte banconote con straordinaria velocità cambiavano di mano. Un paio di persone dagli
sguardi sornioni e dalla faccia dipinta raccoglievano le monete e le infilavano, con gesti velocissimi,
nelle proprie tasche. Dopo un attimo comparvero
due uomini smisuratamente grassi, e il silenzio scese tra i presenti. Si spogliarono, e dallo strano rituale il Nuovo Arrivato comprese che si trattava di
un combattimento di sumo. Il Nuovo Arrivato intuì
allora che si cercava di dirimere una spinosa questione condominiale attraverso un combattimento
di Sumo. Gli sembrò un’ottima idea.
Il Nuovo Arrivato, dopo aver osservato per qualche attimo i due bestioni fronteggiarsi, continuò a camminare nell’atrio della stazione. Sentiva sempre dietro di sé lo sguardo del coccodrillo con la bombetta,
ma questa cosa rispetto all’inizio non sembrava turbarlo più di tanto.
Nel frattempo all’interno dell’atrio si faceva strada con decisione un gruppo di dodicimila formiche
giapponesi, che in fila indiana si dirigevano versi
i binari. Poi improvvisamente si strinsero in cerchio attorno a quella che sembrava la più grossa,
cominciando a discutere in modo animato e dandosi sulla voce. C’era evidentemente qualcosa che
aveva turbato il loro cammino. Il Nuovo Arrivato
osservandole attentamente e poi guardandosi attor-
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no, vide che c’era un significativo gruppetto di loro
colleghe che sulla strada era stato appena spiaccicato da un’auto in corsa. La più grande, e sicuramente
la più anziana fra le dodicimila sopravvissute, facendo vibrare di indignazione la propria gelatinosa
pappagorgia, agitava con aria particolarmente irata
in direzione delle povere tapine uccise un cartello
con la scritta “DUOMO”, sibilando parole come
“Screanzate, irresponsabili...”
Il Nuovo Arrivato, dopo aver osservato il triste spettacolo delle formiche spiaccicate, decise di
uscire fuori all’aria aperta. L’alba non era ancora
sorta, e se anche il cielo sembrava meno scuro rispetto a qualche minuto prima, ugualmente non vi era
lassù ancora la minima traccia di luce. Nel guardare
verso il misterioso cielo nero, notò un uomo che
ciondolava da un lampione. La cosa non sembrava
sconvolgerlo più di tanto. Ostentava una filosofica
rassegnazione, e anzi davanti allo sguardo incuriosito del Nuovo Arrivato esibì un sorriso pieno di
affettazione. Era un uomo di buone maniere, questo
lo si vedeva subito. A una più attenta osservazione
si capiva che faceva parte dei paracadutisti planati
sui binari, aveva le stesse scarpette da ginnastica
che facevano da completamento all’elegante frac.
Evidentemente a lui non era andata così bene come
agli altri.
Il Nuovo Arrivato ebbe una vogliuzza, piccolina
ma insistente, di fargli un pernacchietto. Si trattenne. Scoprì in questa forma di elementare rispetto
verso l’altro una grandezza insospettata della propria anima.
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