Pasqua 2011 - Parrocchie di Dosimo e Quistro

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Pasqua 2011 - Parrocchie di Dosimo e Quistro
Foglio di collegamento delle parrocchie di Dosimo e Quistro
CAMMINIAMO INSIEME
PASQUA 2013
“Mamma, perché c'è sempre quel signore nudo su quel legno?”
“È Gesù in croce”
“Per me lui non è contento di stare lì, guarda che faccia che ha!”
“Hai ragione, è così perché degli uomini cattivi l'hanno ucciso, però a Pasqua risorge!”
“Mamma, cosa vuol dire risorge? Guarda che a stare li sopra ha male!”
“Risorge vuol dire che per Pasqua torna a vivere”
“Però mamma non è bello che lui muore e poi risorge, perché non lo lasciano vivere?”
“Ma non è così, Gesù è morto tanto tempo fa e noi, che gli vogliamo bene, ogni anno ci
ricordiamo di questa cosa”
“Io dico che se è già morto una volta basta, perché pensare che uno è morto mi fa
diventare triste”
“Si, però dopo, a Pasqua, siamo contenti perché ci ricordiamo che è ritornato in mezzo a
noi”
“Per sempre?”
“Per sempre!”
“Sai mamma, io penso che voi grandi non capite niente, perché se è già risorto una volta
per sempre, vuol dire allora che siamo sempre contenti, perché Lui c'è sempre!”
Come possiamo credere che sia solo un pensiero bambino?
Ogni anno ricordiamo il viatico di Gesù verso la sua condanna, il suo dolore per il
tradimento non solo di uno, ma di tutti coloro che si professavano amici e che poi l'hanno
abbandonato miseramente, senza alcuna parola di conforto, senza fargli capire che
avrebbero partecipato, con la forza del loro amore, al suo tormento.
Ogni anno poi ci vestiamo a festa e purificati andiamo incontro a Gesù risorto che non si
stanca mai di accoglierci a braccia aperte sorridendo, ma che impercettibilmente scuote
la testa, come a dire: non cambieranno mai.
Ha ragione il pensiero bambino: Gesù è già morto e risorto una volta, basta. In quel
momento c'è stato il grande miracolo del divenire di un'attesa: ora, noi che ci definiamo
cristiani appunto perché in Cristo, non abbiamo più bisogno di attendere che Lui risorga,
perché Lui risorto è sempre in mezzo a noi, nelle relazioni con l'Altro, nello sguardo dei
bambini, in ogni momento e luogo in cui avviene un incontro.
E la speranza è che comprendiamo, noi zucconi impenitenti, che ogni attimo della nostra
vita è Pasqua, perché in ogni nostro respiro e battito del cuore Gesù risorto è presente con
il suo Amore divino, avvolgente come il più soave dei profumi, in quella relazione di
profonda complicità e condivisione che va ben oltre l'empatia e che solo un grande e caro
amico può donarci in esclusiva, tutto per noi e contemporaneamente tutto per ciascuno
di noi, senza differenza o privilegio alcuno.
Lui, a differenza di noi che nel nostro piccolo ci scordiamo anche di quelle promesse che
facciamo e che richiederebbero solamente il dono di pochi minuti del nostro tempo, da
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quel lontano giorno di Pasqua di quasi duemila anni fa c'è e mantiene, senza mai andare in
vacanza, la sua promessa di essere qui per noi, pronto al più tenero degli abbracci quando
viviamo il silenzio del dolore.
Non può essere Pasqua una sola volta all'anno, che tristezza, non possiamo pensare che
tutto il resto dell'anno è altro dalla Pasqua, e se riuscissimo a ricordarcelo almeno una
volta nelle nostre giornate, sicuramente la dolcezza e la tenerezza del suo sorriso potrebbe
strappare anche a noi un sorriso da donare a chi ci sta vicino, per contagiarlo con il super
virus super resistente della gioia pasquale, che nessuno ci può sottrarre, perché la Pasqua
è il passato sempre presente.
“Mamma, perché stai in silenzio?”
“Stavo pensando”
“A cosa stai pensando?”
“Che hai proprio ragione, Gesù Risorto c'è sempre!”
“Ma io l'avevo già capito, però ti devo dire un segreto, io non l'ho mai visto. È perché
sono piccolo?”
“No, è perché è nel tuo cuore, però lo puoi sentire!”
“Dici davvero? Mamma mi abbracci? Ti voglio tanto bene!”
(Aureliana Baldani per “Camminiamo insieme”)
Restaurare ossia…. ridare vita
Il termine “restauro” può avere assonanze negative quando,
ad esempio, è associato a periodi storici nei quali dopo una
esperienza di libertà avviene la “restaurazione” di un regime
politico precedente; oppure positive quando, sempre usando
degli esempi, si parla del restauro del proprio viso, del seno,
dei glutei – ma si preferisce il meno pregnante e ingombrante
“lifting” – o quando si mostra un'opera d'arte restaurata. Oggi
parleremo di questa seconda accezione. La Dottoressa
Ornella Bolzani sta restaurando un grande quadro (metri 2,20
x 1,60) donato alla parrocchia di Quistro dalla nostra
concittadina Mariella Montaldi. Il quadro, raffigurante la
gloria di Maria con Gesù bambino, è un'opera seicentesca e si
caratterizza per le belle fattezze dei putti e l'elegante volto
della Madonna. La restauratrice ha fatto una interessante
scoperta: seppure la tela è un rettangolo, di fatto la
composizione è un ovale. Infatti negli angoli successive mani
avevano celato una ricercata composizione floreale,
tipicamente del tardo cinquecento e seicento. Si tratta di una
moda proveniente dal “Nuovo Mondo” dove il barocco là importato ritornava in Europa
con modalità tipiche delle culture precolombiane: i fiori e le piume. Sempre di Quistro è la
scultura lignea di San Sebastiano che la Bolzani ha riportato alla sua bellezza seicentesca
indagando sotto ben tre strati di pellicole pittoriche. Lo stesso Sovrintendente, Dottor
Rodella, si è complimentato per la felice riuscita dell'operazione che ha ridato al Santo il
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patos dell'espressione in una anatomica magistrale. Di
Santa Maria degli Angeli di Villasco sono invece due piccole
statue lignee raffiguranti San Domenico e Santa Caterina da
Siena. L'operazione di restauro, compiuto da Enrico Premi e
Luciana Manara, ha ridato vitalità alla materia permettendo
di gustare tutta l'eleganza dell'intagliatura.
don Claudio
Cinquant'anni e non sentirli…
un piccolo excursus storico
Dopo le lunghe celebrazioni che nel 2011 ci hanno ricordato il centocinquantesimo
anniversario della nascita del Regno d'Italia, la nostra piccola parrocchia si appresta
quest'anno a festeggiare un'altra data importante. Tanti anni fa, infatti, il nostro mai
dimenticato parroco don Attilio Macchi inventò, per il Primo Maggio, un sorta di minipellegrinaggio alla chiesa parrocchiale di Pieve Delmona, nostra vicina, alla quale siamo
stati strettamente legati nei vivaci secoli medievali.
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Dovete sapere, infatti, che
l'attuale organizzazione
parrocchiale, con il prete
residente che amministra i
Sacramenti, prende forma
solo nel Basso Medioevo e
viene definitivamente
normalizzata dal Concilio di
Trento a metà del XVI secolo.
Prima di allora, in tutto il nord
Italia, le chiese rurali di una
zona facevano riferimento, sia
per l'amministrazione civile
che religiosa, a una chiesa
plebana, o matrice (perché
madre), dove si trovava il
battistero e dove risiedevano i
presbiteri, che vivevano in
comunità guidate da un
Arciprete (primo tra i preti) e
raggiungevano le chiese
soggette solo per la messa
festiva e l'insegnamento della
dottrina. In seguito, questi
vicari del sacerdote plebano
iniziarono a stabilirsi presso le
chiese succursali dei villaggi,
che in molti casi si erano nel
frattempo dotate di una fonte
battesimale, dando inizio al
processo di formazione delle
parrocchie.
Tornando a noi, i parrocchiani di Dosimo e Quistro ogni Primo Maggio inaugurano il mese
del Rosario compiendo un pellegrinaggio al santuario mariano costruito all'interno della
parrocchiale di Pieve Delmona, la nostra antica Pieve.
Fonti documentali sulla nascita di questo pio esercizio voluto da don Attilio non esistono,
ma le voci di chi quegli anni c'era già affermano che il 2013 sarebbe il cinquantesimo anno
dalla prima volta. Purtroppo questa tesi ha radici solo nei ricordi delle persone: ecco
dunque che i pareri si fanno discordanti, e secondo alcuni altri il cinquantesimo sarebbe
stato l'anno scorso.
A voi il compito di parlarne, di discuterne, di venirne a capo, se è possibile; a me non resta
che invitarvi a partecipare. Invito in particolare le famiglie, soprattutto quelle nuove del
paese: il pellegrinaggio del Primo Maggio è ormai una tradizione, che come tale cementa
la comunità e crea identità. In un mondo che non si riconosce più e brancola nel buio, non
dobbiamo avere paura di tenere viva la luce della nostra fede e la nostra identità cristiana.
Diego Maianti
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Propter nostram salutem
Etimologia augurale d'un cristiano di passaggio
Salutare è un verbo e un aggettivo. In ambo i casi la radice è la medesima, dal latino salus.
L'intuitivo che traducesse con 'salute' sarebbe ben guidato dal suo italico istinto, certo,
tuttavia con un'avvertenza specie oggi fondamentale: salus dice ben più d'una assenza di
malattie, una cura estetica o un culto del benessere. Significa salvezza.
Ha ancora senso questa parola? Il cristiano (noi) lo sa? Di salute – pubblica e privata - si
parla sui quotidiani, è promessa dalle diete, riviste e social networks: qualcuno la cerca
ancora nella sua coscienza, davanti a Dio? Un impegno poco di moda, tanto più urgente, a
meno che non se ne voglia rimanere ignari! É pure gratis, anzi, c'è solo da guadagnare: in
tempo di crisi, crisi dell'uomo, richiama un'occasione che non può essere sciupata.
'Salute', più che augurio per gli starnuti, è infatti quel che si augura alla vita, perché sia
salvata, quel che auguro a voi, parrocchiani di Dosimo, Persico e Quistro, alle famiglie e ai
giovani in particolare, al termine di questi mesi trascorsi insieme prima dell'Ordinazione
presbiterale che mi farà sacerdote per sempre.
La salvezza è il dono per eccellenza che nella sua carità il Signore condivide con noi, il luogo
in cui la divina volontà e l'umano desiderio s'incontrano, il nome dell'esistenza autentica cui
siamo chiamati, destati nella nostra libertà affinché ne diventiamo responsabili: salvezza è
vocazione dell'uomo, quella vocazione che con voi ho condiviso come diacono, mettendomi
a servizio anzitutto della parola di Dio, che è buona notizia (leggi: Vangelo) per tutti.
Salutarsi significa ricordarselo, imparare a collaborare con la dedizione appassionata di
Dio, ossia imparare a parlare della salvezza, sapere quel che si dice, insegnare a parlare di
colui che della salvezza è l'autore, Gesù Cristo, nostra Pasqua: di lui il cristiano è testimone
facendo parlare i fatti della sua vita. Siamo sale della terra, luce del mondo!
Salutare è allora far tesoro di quel che davvero conta, di quel che non passa. In questo spirito
esprimo una particolare gratitudine a don Claudio, solare e sincero, guida vivace, paterna e
paziente.
Grazie della vostra accoglienza, del vostro consiglio, delle premure che ciascuno conosce,
misurando il mio debito. Accompagnatemi con la vostra preghiera, della quale rimango
mendicante. Nella mia saluto tutti.
Don Simone Duchi
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Il nostro don Simone sarà ordinato presbitero nella Cattedrale di Cremona sabato 8 giugno
alle ore 17.00. Nella mattinata di domenica 16 giugno celebrerà la sua prima Santa Messa
nelle nostre parrocchie. Riconoscenti per il servizio svolto a Dosimo e Quistro facciamo
festa con lui e gli regaliamo una casula. Manifesteremo affetto e gratitudine anche
attraverso la pubblicazione di un’edizione speciale del nostro foglio di collegamento, alla
quale chiediamo già il contributo a voi lettori.
Una fumata bianca nel cielo si levo'...
Il noto ritornello della canzone popolare dedicata al Beato Giovanni Paolo II, proposta in
occasione dello spettacolo per la festa delle donne a Persichello del 10 marzo scorso, veniva
cantato anche come buon auspicio per l'elezione del nuovo Papa. Il conclave, apertosi il 12
marzo scorso, ci ha fatto finalmente dono di un nuovo Pontefice. Finalmente! Anche se la
sede vacante è durata solo tredici giorni, le dimissioni di Benedetto XVI sono state un duro
colpo per la Chiesa Cattolica, un evento inaspettato, forse molto di più di una morte di Papa.
Un gesto che ha colpito tutta l'opinione pubblica, ma che ha dimostrato ancora una volta la
grande umiltà e la grande fede di quest'uomo diventato Pontefice. Un Papa teologo, che è
stato, purtroppo, ascoltato e applaudito solo negli ultimi giorni del suo pontificato, che
durante questi otto anni ha saputo offrire alla Chiesa un grande sostegno morale, spirituale e
dottrinale. Un Papa che ha avuto il coraggio di portare alla luce gravi errori dei ministri della
Chiesa e ha saputo, pertanto, risanare la Chiesa dal cancro della pedofilia.
Ora è tempo di Papa Francesco. Grandi sono stati lo stupore e l'emozione, quando è stata
annunciata la sua elezione dal Proto-Diacono e fin dai primi gesti e parole, han colpito la
semplicità, l'umiltà, la bontà di quest'uomo venuto dalla “fine del mondo”. Chi non è rimasto
meravigliato dal suo “Buonasera” oppure dalla richiesta di pregare in silenzio per il Papa?
Papa Francesco, nel ricordare il suo predecessore Benedetto XVI, ha indicato tre linee guida
per il suo Pontificato: camminare, edificare, confessare. Chiede una conversione verso una
Chiesa povera e aperta agli ultimi del mondo, una Chiesa in cammino sui passi di Francesco, il
Santo di Assisi, il Santo della povertà e della salvaguardia del creato. Una Chiesa che sia
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capace di Misericordia e di Perdono.
Allora, nel dare il nostro benvenuto a Papa Francesco, preghiamo affinché il nostro cammino
quotidiano sia scandito dalla fede e da quella tensione verso le linee guida, che il nuovo
Pastore della Chiesa ci ha indicato.
Paolo Piccioni
Lettera aperta
Di fronte a recenti vicende televisive sono arrivato alla decisione di scrivere una lettera
indirizzata ai giornali locali e nazionali, riportata qui nel riquadro azzurro e che mi permetto
di proseguire con voi di “Camminiamo insieme”:
E
gregio Direttore, chiedo ospitalità per esprimere attraverso il suo
giornale alcune considerazioni in merito allo show televisivo “Le
Iene” trasmesso da Italia 1, partendo dalla mia esperienza
personale, visto che ho avuto l'onore di essere intervistato dal Signor Lucci.
Tempistica e modalità sono stupende: sono a Roma prossimo ad entrare in
una chiesa. Un gentile signore, che non si identifica, accertato che sono un
prete mi chiede con voce “graziosina” di esprimere il mio parere sulle
dimissioni di Benedetto XVI. Accetto di rispondere e di essere filmato.
Mentre sono preso dalla foga di comunicare affetto e gratitudine per il
Papa, l'ignoto intervistatore muta voce e appiglio e mi chiede ragione di giri
e raggiri. Penso: ma è uno spettacolo! E ci sto'. Terminato lo show entro in
chiesa. All'uscita il mio intervistatore e il ragazzo con la cinepresa mi
chiedono di continuare la conversazione. L'affetto nei miei confronti fa sì
che mi seguano da Piazza Capranica al Pantheon. Circa mezz'ora di
domanda/risposta sempre usando la medesima tecnica: mentre tu
rispondi alla domanda che ti aggrada, io ti faccio la domanda che non
t'aspetti. Questa mezzora gloriosa è stata concentrata, per il pubblico
televisivo, in due minuti usando il metodo “taglia-incolla”. E così, domenica
24 febbraio, amici parenti e parrocchiani si cono rallegrati vedendomi, a
mia insaputa, alle “Iene”. Uno spettacolo, condotto con le tecniche dello
spettacolo con il solo scopo di fare spettacolo. Gli intervistatori fanno la loro
parte di attori, il soggetto intervistato è un ingranaggio di un carro
mascherato connotato come festoso o drammatico. Innocente o colpevole.
Tutto è costruito ad arte. Ma è un'arte anche essere spettatori. Comporta
fantasia, intelligenza, capacità di lettura e, soprattutto, come ricordava già
Pier Paolo Pasolini, distinguere tra televisione e realtà. E' nella complessità
della vicenda umana, non riducibile ad alcun film, programma televisivo o
video, che è custodita la forza e la verità.
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Comincio, allora, a preoccuparmi in quanto constato che lo spettacolo offerto è accolto dal
pubblico come una verità assoluta e lo show agisce da insindacabile tribunale, con diritto di
sentenza irrevocabile e senza possibilità di replica immediata, in modo tale che il pensiero e la
ragione di chi segue la trasmissione risulta unico, cioè quello costruito attraverso il
pregiudizio dell'intervistatore.
Non ho parole, direbbe la nota Paola Galelli! Sono accettate come “verissime” le premesse da
cui muovono i servizi, di conseguenza l'intervistato è già colpevole o innocente: deve solo
ammetterlo, possibilmente in modo brillante.
C'è ampio consenso tra la gente per le modalità con le quali questi attori agganciano per
strada o entrano in casa d'altri: a questi signori tutto è dovuto? Le scene, gli interventi sono
“vivisezionati” (e gli spettatori cavie?) perché confermino quando detto all'inizio della
puntata: ma da casa sembra che sia rispettata la complessità della vicenda. E, da ultimo, per
l'intervistato, è divertente scoprire quello che lui stesso avrebbe detto. Divertente, si, se è
uno spettacolo. Non lo è più, secondo me, quando le situazioni umane e gli intervistati sono
ridotti a prede e il video diventa l'archetipo della realtà. Ma di quale realtà? O questi
programmi sono filo-cattolici, visto che trattano sempre di preti o di “roba” di Chiesa, o ce
l'hanno con i preti e la Chiesa visto che le medesime interviste non si spingono dove pure sono
documentati fatti ignobili: negli ambiti sportivi, nelle scuole, nelle famiglie, negli ambienti
collegati ad altre religioni. Se lo scopo è parlare del male presente nella società, per
affrontarlo e sanarlo, mi sta bene che emerga il male commesso delle persone di Chiesa; ma
se lo scopo è fare pubblicità solo al male commesso dai cattolici per equiparare Chiesa =
male, non ci sto. Sono felice di essere cristiano e prete, perché la Chiesa mi ha reso una
persona libera e ricca di umanità, capace di uno sguardo presente che va oltre la morte. Alle
persone, di ogni età, che dopo aver ricevuto tanto bene dai preti e dalla Chiesa non fanno
altro che - a ragione delle televisione o dei luoghi comuni - dubitarne e parlarne con
disprezzo, non posso che manifestare il mio dissenso. Ciascuno ha il suo percorso. E'
importante sapere dove si vuole andare ed essere consapevoli che noi stessi, con le scelte
personali, partecipiamo alla costruzione della nostra felicità.
Rubagotti don Claudio
Numeri Utili
don Claudio 347/4350542
casa 0372/455777
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