Comprendere e vivere la Pasqua di Gesù, il Signore

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Comprendere e vivere la Pasqua di Gesù, il Signore
Comprendere e vivere la Pasqua di Gesù, il Signore
1. Nell’esprimere la mia attestazione di preghiera per l’evento sempre nuovo e sempre straordinario della
Pasqua del Signore e i miei auguri per vivere esistenzialmente (cioè a livello fisico, psicologico e spirituale,
in Spirito Santo) il perenne passaggio dalla morte alla vita-Risurrezione (radicale novità di vita) con Gesù,
non posso non testimoniare la duplice esperienza che ritengo di vivere in una semplice e bella unitarietà, con
tanti di voi.
Da un lato mi sono presenti, con lacerante sofferenza, anche se temperalmente non voglio e non riuscirei e
esternarla, per quanto hanno causato tanti avvenimenti che hanno coinvolto la nostra Chiesa e i nostri
sacerdoti. Nella Chiesa abbiamo una bella struttura provvidenzialmente anche giuridica, con leggi serie e
orientative. Ma come ogni realtà associativa che si regge su un impegno liberamente scelto e sempre
liberamente testimoniato, grazie al dono divino della fedeltà e coerenza, non è facile e immediato sempre
capire, comprendere fino a subito perdonare ed efficacemente rimediare.
Tutto questo può ingenerare ribellione, voglia di esprimere a parole e nei fatti, atteggiamenti di condanna
totale, di rifiuto dell’istituzione, di cercata distinzione o estraneità perfino dalla fede ecclesiale.
Molte volte fa cercare il “capro espiatorio” nell’autorità di turno: e credo opportunamente a partire dal
Vescovo, che dovrebbe vigilare, mettere paletti e transenne preventivanti, esprimersi sempre in scelte di
buona fermezza e fortezza.
Quanto scrivo lo dico sempre a me stesso, e condivido pienamente con chi la sentisse come me: è bene
vivere questo soffrire offrendo, non perché non si può fare altro, ma perché con Gesù si può esperimentare
in pienezza la Pasqua. Sappiamo che la sofferenza offerta è sempre a vantaggio di tutti. Unitamente è:
esperienza di purificazione, spinta a ulteriore discernimento su come e che cosa operare in meglio
soprattutto a vantaggio delle persone e della buona testimonianza che si deve dare.
Benedico e benediciamo il Signore anche per drammatiche prove che feriscono il nostro essere Chiesa e di
non poter presentarci come scrive Paolo «senza macchia e senza ruga» (Efesini).
2. Ma dall’altro canto, in modo grande e forte, dobbiamo vivere (io per primo con tutti voi) la Pasqua come
vera trasformante novità di vita, donata e vivibile da tutti, a ogni età e in ogni condizione di capacità
operativa e di salute.
C’è il dono pasquale per ogni sofferente e infermo.
C’è il dono di Pasqua soprattutto per chi è provato dalla perdita (morte) di un compagno caro.
C’è il dono di Pasqua per chi è disperato, senza lavoro, senza stabilità di abitazione, umanamente quasi
senza futuro.
È Pasqua per chi vive il disagio della frantumazione di un rapporto coniugale, di un tessuto familiare, di un
rapporto che si riteneva di vero amore.
È Pasqua per tutti e per ciascuno.
E non solo parole di vuota consolazione o di auspici scritti in una possibile speranza affidata alla fortuità di
eventi futuri o a una fortuna che è sempre “dea bendata” e cieca.
Gesù è davvero risorto. Vivente con il proprio corpo e il proprio io, che Paolo chiama “corpo celeste”, per
indicare una novità di vita, che lo rende presente, palpabile, commensale e dialogante.
Così al tempo apostolico con «le apparizioni del Risorto»; così ora in forma “misteriosa” (mistero = solo ciò
che Dio può operare) ma vera, intima, pienamente cosciente, testimoniale.
Con il linguaggio del profeta Geremia 31,31 possiamo dire che tra noi e Lui c’è “una nuova alleanza”; non
abbiamo bisogno di chiedere al vicino: «Dio c’è». Lo sappiamo bene da noi stessi.
Gesù è per noi il Dio «vicino»; ripetiamolo: «più intimo a noi di noi stessi».
Gesù è Signore Risorto, tanto diverso da noi nel dono di Sé (si consegna) nell’amore, da abilitarci, se lo
vogliamo, ad amare come e perché Lui ci ha amati per primo (Gv 12) da peccatori come siamo (Rm 5).
Questo rapporto vivificante con Gesù, possibile a tutti, ma rifiutabile con faciloneria e misconoscibile con
facile disinvoltura, di fatto non cessa mai; perché Gesù è fedele nel suo perenne e rinnovato donarsi come
crocifisso Risorto ha voluto e vuole ora per noi solo il nostro bene.
3. La Pasqua di Gesù, che è il dono di sé a noi, passando «da questo mondo al Padre» (Giovanni 13), quindi
vivendo davvero il dramma della sofferenza e della morte, per poi vivere la Vita, nuova, definitiva, piena.
Vorrei attardarmi a scrivere sul soffrire e morire di Gesù, per capire, di fronte alla sua storia, il nostro
soffrire e preventivare cristianamente il nostro morire.
Gesù non ha evitato il quotidiano, il lavoro, l’esperienza ripetitiva di giorno dopo giorno, i rapporti familiari,
di vicinato, della borgata o piccolo centro. Ha testimoniato che ha un senso ed una felicità possibile il vivere
come uno qualsiasi, uno dei miliardi di persone che salgono alla ribalta della storia: con un papà, una
mamma, un parentado. Non ha poi evitato la vita piena di conflitti con tutti; ma ha testimoniato un modo
insolito, diverso, «inedito» (v. Gregorio Magno) di stare al mondo, di esserci e di relazionarsi: si è fatto
prossimo di tutti. Il suo parlare, il suo interpretare leggi, avvenimenti, rapporti, il suo agire si è sempre
espresso con amore, dal punto di vista di chi ama.
Decisivo è l’aver accettato il mondo come è; cioè le persone umane come sono e come è il loro cuore «un
guazzabuglio». Per questo ha accettato il rifiuto, la menzogna, la ribellione, la maledizione, l’arrivismo, ogni
tipo di espressioni di orgoglio e di egoismo, perfino la voglia di sopprimere e di uccidere.
Non ha rifiutato un mondo così (come lo viviamo in ogni generazione), lo ha accolto, non lo ha approvato,
ha offerto se stesso, si è donato non alla volontà omicida dei suoi contemporanei (e delle persone umane di
tutti i tempi, ma al disegno del Padre (Suo e dello Spirito) per donarsi e “salvare il mondo che ha tanto
amato e che ama” (Giovanni 3). Imparare e insegnare «l’obbedienza (ascolto vitale efficace) dalle cose che
patì» (Ebrei 4).
4. Gesù è il dono. Ci aiuta, ci sorregge, ci accompagna; è il nostro orizzonte di senso; è il nostro creatore e il
nostro futuro.
Ho scritto tutto questo per contribuire ad aiutarvi a vivere ed essere, giovani, adulti, anziani, pieni di
«speranza cristiana».
Buona Santa Pasqua. In preghiera con voi e per voi
+ Luciano Pacomio vescovo