1. Ricerca-Ritrovamento L`incontro fra Gesù e Zaccheo è raccontato

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1. Ricerca-Ritrovamento L`incontro fra Gesù e Zaccheo è raccontato
ZACCHEO...
L’INCONTRO CHE CAMBIA LA VITA
Martedì della Parola
Lectio biblica su Luca 19,1-10
Caltanissetta – Cappella Maggiore del Seminario
4 giugno 2013
Entrato in Gerico, attraversava la città. 2 Ed ecco un uomo di nome Zaccheo,
capo dei pubblicani e ricco, 3 cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli
riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. 4 Allora corse avanti
e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. 5 Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6 In fretta scese e lo accolse pieno
di gioia. 7 Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È andato ad alloggiare da un peccatore!». 8 Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà
dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9 Gesù gli rispose: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; 10 il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a
salvare ciò che era perduto».
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1. Ricerca-Ritrovamento
L’incontro fra Gesù e Zaccheo è raccontato solo da Luca. La chiave di lettura del testo mi sembra che possa essere sintetizzata in queste due parole: ricerca-ritrovamento. I personaggi del racconto sono Zaccheo, Gesù, la folla e corrispondono ai tre atti del racconto, cioè introduzione, incontro, ospitalità. Questi tre protagonisti interagiscono e si incontrano fra loro.
La chiave di lettura sta, dunque, in un verbo che ricorre due volte, all’inizio e alla fine del testo: «Zaccheo cercava di vedere quale fosse Gesù» (Lc 19,3);
«Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto»
(Lc 19,10). I primi due versetti del testo corrispondono al primo atto o introduzione scenica: ambientazione e scenografia (corteo), ingresso e presentazione
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dei personaggi. Con il v. 3 il racconto ci introduce al secondo e terzo atto e si
avvia verso il suo sviluppo, che si apre e si chiude, appunto, con il verbo zetein (cercare): si tratta di un racconto in cui qualcuno cerca qualcun’altro. Ma
chi cerca chi? Inoltre, ogni ricerca ha uno sviluppo positivo se si conclude con
un ritrovamento, altrimenti è un fallimento.
«Zaccheo cercava di vedere o Jesus tìs estìn (Gesù, chi è?)»: Zaccheo è alla ricerca di Gesù. In Lc 19,6 leggiamo che «lo accolse pieno di gioia»: la sua ricerca non
finisce in un fallimento, ma raggiunge lo scopo. Zaccheo trova Gesù e, addirittura, lo accoglie nella sua casa. Alla fine del racconto il narratore ci svela che «il
Figlio dell’Uomo è venuto a cercare...», dunque anche Gesù cerca qualcuno e in particolare «ciò che era perduto». Gesù ha da offrire la salvezza e cerca «chi è perduto» a cui farne dono: Zaccheo, il “perduto” cercato e trovato. La ricerca di Gesù
raggiunge l’obiettivo: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa» (Lc 19,9).
Il racconto ci presenta, dunque, un uomo (Zaccheo) che cerca Gesù, ma
anche Gesù che è alla ricerca di Zaccheo. Entrambi si trovano, si incontrano,
si accolgono nella gioia, celebrando la danza della reciproca ospitalità: Zaccheo ospita e accoglie Gesù nella sua casa; Gesù ospita e accoglie Zaccheo nella casa del perdono e della salvezza.
La folla non cerca Gesù, perché pensa di conoscerlo e possederlo già, e anche se lo segue in corteo, in realtà non lo trova e non lo incontra perché non
lo ha cercato e, per giunta, celebra alla fine la danza della mormorazione e
del giudizio accusatorio. La folla e Gesù non si incontrano. Se all’inizio del
racconto sono fianco a fianco, alla fine si svela una grande distanza: Gesù è
“dentro” la casa del “perduto ritrovato”; la folla sta “fuori” prendendo le distanze dai due. P. Mazzolari scrive: «Chi viene dalla grande tribolazione conserva sempre con trepidazione il ricordo di un “passato” ed ha una riconoscenza che altri non conoscono, o che conoscono in modo più “mentale” che
“cordiale”».
2. Zaccheo: un cuore che cerca
La scena è ambientata a Gerico, la città in cui Gesù ha guarito il cieco Bartimeo. Ora, seguito dalla folla, sta per lasciare la città.
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In 19,2 Luca pennella il ritratto di Zaccheo: «capo dei pubblicani e ricco». In
19,3 aggiunge che è «piccolo di statura». I pubblicani erano ebrei rinnegati, perché si erano venduti al potere dominante e oppressore per riscuotere le tasse, divenendo strozzini dei loro stessi concittadini. Gli ebrei, quindi, li avevano esclusi dalla preghiera comune al tempio. Luca poi sottolinea che Zaccheo
è ricco... E Gesù aveva detto: «Guai ai ricchi!» (Lc 6,24) e, ancora: «É più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno
di Dio...» (Lc 18,25). Ha scritto il Card. Martini: «Occorre educarsi a guardare ai beni ultimi dell’esistenza umana. La concentrazione sui beni immediati anche legittimi e sui mezzi per ottenerli con strumenti efficaci, staccata da
uno sguardo di fede sui fini ultimi, finisce nell’idolatria».
Luca nel suo vangelo annota alcuni atteggiamenti positivi dei pubblicani:
- il loro desiderio di conversione manifestato a Giovanni Battista con la
domanda: «Che cosa dobbiamo fare?» (Lc 3,12);
- la risposta radicale alla sequela come nel caso di Levi-Matteo (Lc 5,27-28);
- la preghiera umile e fiduciosa come nel caso della parabola del pubblicano al tempio (Lc 18,9-14).
I ricchi, invece, sono tra i destinatari dei “guai” lanciati da Gesù. Posseduti e consolati dalla vacuità dei loro beni, potranno scomparire nel sepolcro
oppure convertirsi, condividendo i loro beni con i poveri (cfr. Lc 6,24; 16,1931; 19,1-10). I ricchi del vangelo di Luca non hanno nome né identità (tranne
nel nostro racconto), la loro personalità si evince dalle cose che possiedono e
dalle vesti che indossano.
Sono sazi e incapaci di capire che la vita non dipende dai beni. Anche se
manifestano un sincero desiderio di salvezza, non riescono a recidere il cordone ombelicale della loro condizione sociale e si perdono nella tristezza dei
loro averi, come accade al giovane ricco e nobile della nostra precedente lectio. E nel nostro protagonista, immerso nella ricchezza e nell’ingiustizia, cosa
prevarrà: l’atteggiamento di chiusura dei ricchi o il desiderio di conversione
dei pubblicani? È indicativo che Luca lo sottragga dall’anonimato e lo presenti con un nome: Zaccheo.
Zaccheo è capo dei pubblicani e ricco; ha tutto: potere e denaro. Può dirsi un “uomo arrivato”. Ha fatto carriera. Potrebbe accontentarsi. Il suo desiderio di vedere Gesù è sorprendente. Che cosa lo avrà spinto a ricercare l’in-
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contro con Lui? Solo la curiosità? Fosse solo questa anch’essa tuttavia nasconderebbe sicuramente una inquietudine e una insoddisfazione. Si rendeva conto che il potere e il denaro non gli procuravano la pienezza del vivere, la gioia
e la serenità che per fortuna non si era stancato di ricercare. Zaccheo sente il
desiderio di andare oltre, di non arrestarsi, di non accontentarsi del meno.
Probabilmente tante volte avrà pensato al significato della vita, al suo perché,
al suo come... In una parola: era insoddisfatto. Non gli bastavano più discorsi fatti e ripetuti, scontati. I discorsi fatti dai “sapienti” farisei o dagli amici
ricchi e potenti... Ma non sa neppure lui cosa cercare e dove cercare... si accorge che non basta la sola intelligenza, l’esperienza, la cultura... perché egli
sta cercando la vita!
Zaccheo certamente è odiato da tanti, invidiato da tanti, perché rappresenta una vita apparentemente riuscita, a cui non manca nulla. È circondato
da falsi “amici” e “ammiratori” che sperano solo di trarre qualche vantaggio
da lui, ma in realtà è un uomo solo! Ha puntato tutto sull’ansia della vita e
sulla paura di perdersi e non si è riconciliato con il proprio limite, che è esperienza di vuoto-morte dalla quale tutti cerchiamo di fuggire e di non guardare in faccia. Per ovviare tale esperienza spesso cerchiamo mille scappatoie: la
ricerca della propria immagine, soldi e potere che danno l’impressione dell’autosufficienza.
E comunque Gesù per Zaccheo è interessante. Ma perché? Probabilmente da quello che ha sentito dire avverte nel messaggio di Gesù un “qualcosa”
che può venire a colmare la sua sete di amore. Ma ha paura di questo desiderio: egli cerca “solo” di “vedere” il profeta di Nazareth!
Zaccheo, nonostante fosse un uomo senza-Dio, ha il desiderio di incontrare Dio e questo desiderio se lo porta in cuore da tempo. Luca dice: «Cercava
di vedere»: il verbo è all’imperfetto, che indica un’azione continuata e ripetuta nel tempo. Da tempo Zaccheo desiderava incontrare Gesù, ne aveva sentito parlare, ha saputo che proprio a Gerico aveva guarito un cieco ed ha il
desiderio di incontrare, capire, vedere: «Gesù, chi è?». Zaccheo, giudicato lontano da Dio, si porta in cuore il desiderio e la nostalgia di Dio.
Il suo forte e antico desiderio, però, incontra due difficoltà: una esterna e
una interna. «Non gli riusciva – quindi è una ricerca che si scontra con il falli-
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mento – a causa della folla»: è un ostacolo fuori di lui a impedirgli di incontrare Gesù. Tra Zaccheo e Gesù c’è la folla! È la folla delle grandi occasioni, i “seguaci” da corteo; la folla degli “Osanna”, che acclamerà Gesù come il Messia
davidico, ma anche la folla dei “Crocifiggilo”, che condannerà il Cristo come
un delinquente.
La “folla” può essere anche la comunità dei battezzati quando celebra una religiosità emotiva e superficiale, quando non vive ciò che dice di credere, facendosi così ostacolo all’incontro degli uomini con Gesù. Se questo
pubblicano è un miscredente, un “lontano”, i cristiani – cosiddetti “vicini”
- possono essere la folla che impedisce a chi cerca Dio l’incontro con Gesù!
C’è però un altro ostacolo interno a Zaccheo: «Non gli riusciva a causa della
folla e perché era piccolo di statura»: questo è uno ostacolo intrinseco al nostro
protagonista.
E ora ciascuno di noi si chieda: ho preso coscienza che tante risposte che
finora mi sono dato non sono più sufficienti? Potrei forse essere tentato di arrestarmi, ormai deluso, e non cercare più nulla, tanto... tutto è vanità. Ma se
questa inquietudine rimane mi chiedo se, come Zaccheo, io debba andare ancora oltre ciò che finora ho vissuto visto conosciuto sperimentato al fine di
comprendere di più, di conoscere il mistero della mia inquietudine. Una cosa è sicura: se resto tra la folla e se pretendo di poter “vedere” con la piccola
statura che ancor oggi mi ritrovo, sono certo che non arriverò a nulla, sarò
solo trascinato. Ma, come Zaccheo, voglio davvero riuscire a vedere sempre
più da vicino quel Gesù che ha detto: «Io sono la Via, la Verità e la Vita»? Voglio fare questo incontro con Lui? C’è tutta una storia che mi testimonia come tante vite siano state trasformate dall’incontro con Gesù. Questo incontro
dunque può essere decisivo significativo alternativo a tante vite vissute al di
sotto delle loro possibilità.
Ma si tratta di correre avanti e salire su un sicomoro. Cosa significa per
me correre e salire in questo momento preciso? Non significa forse sottrarmi
al rischio che questo momento di grazia e questa possibilità di vita passi inutilmente accanto a me? Devo correre avanti, appostarmi per rendere possibile l’incontro. Il Signore rispetta moltissimo la mia libertà: se non vede il mio
desiderio di incontrarLo… «temo il Dio che passa e non ritorna più…» (S. Agostino).
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Zaccheo allora corre e sale, trovando una soluzione per superare tutti e
due gli ostacoli: sale su un sicomoro. È un gesto stranissimo e scandaloso per
la gente, ma è altresì un grande atto di coraggio! Il desiderio di incontrare Gesù è più forte di qualunque ostacolo, di qualunque difficoltà, anche delle ingiurie della gente. Esistono ancora i “sicomori”, il desiderio ce li fa individuare, ed è inutile che altri ci ricordino le colpe passate, Dio non rinfaccia il peccato, lo dimentica per la gioia di aver ritrovato il figlio. L’esperienza di rivelazione infatti è gioia, gioia che dà nuovo vigore all’esistenza, gioia che si irradia, come si irradia la luce, il calore, il bene.
3. Gesù: un cuore che salva
Gesù è sotto l’albero. Zaccheo non fa un gesto, non dice una parola. Gesù, di sua iniziativa, «alzò lo sguardo e disse»: non è uno sguardo casuale e distratto, è lo sguardo premuroso di chi cerca qualcuno in mezzo alla folla. Gesù alza lo sguardo per cercare e si incontra con lo sguardo di Zaccheo! «Zaccheo, scendi subito, oggi devo fermarmi a casa tua» (Lc 19,5): Gesù conosce questo uomo per nome, cioè ne “possiede” l’intimità, conosce il suo cuore e il suo
desiderio; non ha bisogno che Zaccheo gli dica chi è.
Gesù alza lo sguardo, e dopo di lui tutta la folla. Zaccheo diventa oggetto
di attenzione da parte di tutti. Da parte sua arrossisce, è imbarazzato. Forse
è stato uno sbaglio salire lì. E adesso cosa vorrà da me questo profeta? Ha
paura. Vorrebbe non essere lì. E adesso come si metterà?
Gesù poi passa dallo sguardo alla parola, dall’intensità della vista alla perentorietà dell’appello: «Zaccheo, scendi subito, oggi devo fermarmi a casa tua».
Gesù sente l’obbligatorietà, la necessità e il dovere di fermarsi a casa sua e si
autoinvita. «Questo devo contiene qualche cosa di sorprendente e di incantevole al tempo stesso. Devo venire: non andrò oltre senza prima essere venuto, non lascerò che questo incontro rimanga occasionale. Insomma, questo è
ciò che Gesù desidera prima che Zaccheo abbia in qualsiasi modo dichiarato
la ragione del proprio interesse. Essere desiderati da Dio è un’esperienza nella
quale non veniamo introdotti abbastanza. Veniamo più spesso addestrati a
suscitare in noi il desiderio di Dio o, al massimo, ai molti espedienti religiosi destinati a suscitare la sua attenzione nei nostri confronti» (P. Sequeri).
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«Oggi devo fermarmi a casa tua»: questo devo di Gesù è il “sì” alla sua missione di Salvatore, la dichiarazione costante della sua obbedienza al Padre.
Egli deve cercare e salvare Zaccheo perché Dio, per mezzo del profeta Geremia, aveva detto: «Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho lasciate scacciare e le farò tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno. Costituirò sopra di esse pastori che le faranno
pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; di esse non ne
mancherà neppure una» (Ger 23,3-4).
E per Zaccheo si compie l’oggi di Dio. E l’invito è pressante: scendi subito,
cioè non esitare, non lasciarti condizionare dal groviglio del tuo passato, buttati nel cuore di Dio perché Dio vuole fermarsi a casa tua. Ora gli occhi di
Zaccheo incontrano lo sguardo di Gesù. Non ci sono parole di risposta, ma
gesti concreti che dicono disponibilità e amore. Non sappiamo cosa si sono
detti andando verso casa. C’è un velo di rispettoso silenzio in quel camminare insieme verso la casa della salvezza. A noi è dato di cogliere il frutto, gli
effetti: la gioia di libertà.
Andare in casa di un peccatore è per Gesù un dovere, un atto di fedeltà al
progetto del Padre, perché «il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò
che era perduto». La gente è scandalizzata, non capisce più nulla! Ma «è successo altre volte che Gesù, stretto tra la folla, identifichi una persona precisa:
indovinando dietro quella persona un’attesa che nessun altro sarebbe stato
in grado di scorgere» (P. Sequeri).
Zaccheo «in fretta scese e lo accolse pieno di gioia». Luca usa qui un termine raro per indicare la “fretta”: è un derivato del verbo speudo che l’evangelista usa
solo tre volte in tutto il suo vangelo, suggerendo così tre diverse sfumature.
- In Lc 1,39 avviando il racconto della visita di Maria ad Elisabetta, afferma:
«In quei giorni si mise in viaggio e raggiunse in fretta (metà spoudès) una
città di Giuda»: è la fretta dell’incontro. L’intervento di Dio nella vita di Maria non la isola dagli altri, ma la consegna al cammino dell’incontro: più
si fa esperienza di Dio, più non si può fare a meno di condividerla con gli
altri, nella gioia e nella fretta dell’incontro.
- In Lc 2,16 l’evangelista racconta che i pastori, dopo aver ricevuto l’annuncio degli Angeli, «andarono senza indugio (spèusantes) e trovarono
Maria e Giuseppe e il Bambino che giaceva nella mangiatoia»: è la fretta della contemplazione, la fretta di chi vuole accostarsi subito al mistero
della Buona Novella.
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- In Lc 19,7, cioè nel nostro racconto, Zaccheo «scese in fretta (spèusas ketèbe)
e lo accolse pieno di gioia»: è la fretta di chi ha incontrato il Dio amico a lungo cercato, il Dio della misericordia che lo accoglie senza giudicarlo. È anche la fretta che scaturisce dalla gioia di essere conosciuto e amato: «scese
in fretta… pieno di gioia». È la fretta dell’accoglienza e dell’apertura del cuore a Dio.
La triplice dimensione della “fretta” ruota attorno al tema dell’incontro e
sfocia sempre nella gioia: «I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto» (Lc 2,20); «Ecco, appena
la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia
nel mio grembo» (Lc 1,44); Zaccheo «scese in fretta e lo accolse pieno di gioia»
(Lc 19,7). Zaccheo, il miscredente lontano, sperimenta la pienezza della gioia
e il sapore della tenerezza di Dio. Perché è di questo Dio di tenerezza e di
prossimità amicale che egli andava in cerca. Il suo desiderare Dio è preceduto
e accompagnato dal desiderare di Dio.
Per Zaccheo scendere significa ritornare ad essere “piccolo” in mezzo agli
altri e di fronte a Gesù. Ritornare ad essere quello che era, mettendo in mostra il proprio limite. È un momento di verità nel quale non gli è più permesso nascondersi. E Zaccheo scopre la realtà della gratuità dell’amore-dono che
non chiede nulla se non di essere accolto con fiducia e abbandono. E questo
sconvolge la sua vita: i suoi schemi e l’impostazione che per anni ha cercato
di dare alla sua esistenza.
Zaccheo scopre che nel mondo esiste un amore di cui non sospettava l’esistenza. È una scoperta che lo riempie di gioia! Qualcuno lo vuole bene davvero per se stesso e così com’è! I suoi limiti ora non lo disturbano più, li può
accogliere serenamente. Sa che c’è un amore del quale può fidarsi ciecamente. Non si sente più obbligato a mascherarsi e a cercare di primeggiare sugli
altri per ovviare al suo limite. È questo il Vangelo per lui! E solo questo Vangelo può cambiargli radicalmente la vita.
4. La folla: una bocca che condanna
Un ruolo importante nel racconto è svolto dalla folla. All’inizio dell’episodio si accalca attorno a Gesù, alla fine si mostra ostile… fino al “Crocifiggi-
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Zaccheo... L’incontro che cambia la vita
lo” di Gerusalemme. Nel suo cammino Gesù mostra «un sorprendente disicanto nei confronti della folla. Sa quanto valgono le sue ovazioni. Si prende cura dei suoi malati, ma non blandisce i suoi umori. I discepoli di Gesù non
sempre sono, ancora oggi, così accorti. Un trafiletto di stampa li rende felici
– o li mette in agitazione – con incongrua eccitazione. Il numero delle persone raccolte davanti a loro li rassicura della bontà delle loro iniziative, molto
più della qualità del loro consenso» (P. Sequeri).
All’inizio del racconto la folla è stata di ostacolo all’incontro fra Zaccheo
e Gesù, ma in seguito al loro incontro “mormora” non solo nei confronti di
Zaccheo ma, soprattutto, nei confronti di Gesù: «É andato ad alloggiare da un
peccatore!». Gesù compie l’atto scandaloso di mettersi dalla parte dei peccatori. La mormorazione è reazione e ostilità al Vangelo: ostilità ad aprirsi alla
rivelazione dell’amore-dono. La mormorazione è la critica all’operato di Gesù che viene a sconvolgere la loro visione della vita e di Dio. Quella stessa
folla, che lo seguiva entusiasta, ora ha cambiato opinione radicalmente: Gesù li ha delusi tutti! Gesù abbatte la distinzione tra giusti e peccatori: tutti devono ugualmente sentirsi amati e perdonati dal Padre nello stesso modo. Ma
i devoti fanno fatica ad accogliere questo annuncio di perdono. La resistenza della folla è la stessa resistenza del figlio maggiore nella parabola del figliol prodigo e del Padre misericordioso…
Altre volte Gesù è stato attaccato per il fatto di esser in compagnia di persone di cattiva reputazione: ladri, prostitute, pubblicani, e altri cosiddetti «peccatori»; ma la salvezza non conosce ostacoli: la missione del Figlio di Dio non
verrà mai intralciata da meschini giudizi di chi con arroganza squalifica gli
altri; è nota a tutti la parabola del “fariseo e del pubblicano”, il giudizio non
appartiene all’uomo, è Dio che giudica col cuore del Padre che sempre attende il figlio perduto.
«Vedendo ciò, tutti mormoravano: “È entrato in casa di un peccatore!”». Ci succede spesso di voler insegnare a Dio come deve comportarsi, di giudicare le
apparenze, di preferire un Dio che non si sporca le mani e risponde in pieno
ai nostri modi di pensare. Ma Dio è Colui che sconvolge le consuetudini e alle chiacchiere della folla antepone l’esigenza di un incontro d’amore. Quante volte noi cristiani abbiamo messo sotto accusa Gesù, perché il suo modo
di agire non corrispondeva al nostro modo di pensare! E quante volte Gesù
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ci sconvolge perché “tocca” il cuore di coloro che noi teniamo lontano, mentre ci adagiamo sugli “osanna” dei mediocri che ci corrono dietro! Ma proprio questa accusa mormorata dà a Zaccheo l’occasione di ricambiare la tenerezza di Gesù, dando una svolta radicale alla sua vita.
5. Uno scambio d’amore
Zaccheo vuole salvare Gesù, non vuole che la gente lo mormori e allora
dice: «Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri e se ho rubato qualcosa restituisco quattro volte tanto», non il “doppio” come prescriveva la legge ebraica, ma
il quadruplo! Zaccheo si sbilancia per amore di Gesù: è veramente “cambiato” e non ha paura di “spogliarsi dei beni”: ha trovato ciò che cercava! Gesù
fa allora una dichiarazione solenne: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa!».
La risposta di Gesù è straordinaria, ma anche la risposta di Zaccheo alla
visita di Gesù è straordinaria. Probabilmente lo stesso Zaccheo non avrebbe
mai pensato che un giorno si sarebbe sorpreso ad ascoltare, dalla sua stessa
bocca, parole come «do la metà dei miei beni ai poveri… restituisco quattro volte
tanto». Il desiderio di Gesù di fermarsi con Zaccheo, incurante della folla, provoca lo slancio di questo uomo – da tutti considerato un “lontano” e un “irrecuperabile perduto” - che si compromette oltre ogni ragionevole generosità. E Zaccheo si scopre così un uomo realmente e profondamente libero! Libero dal pregiudizio della gente, libero dalla ricchezza che lo possiede, libero di desiderare e di essere desiderato da Dio!
Forse anche noi ci sentiamo piccoli e non all’altezza di fronte a queste mirabilia Dei. Si tratta allora di salire sull’albero per cercare di “vedere”, per fare esperienza personale di Gesù, ignorando la folla e l’opinione pubblica.
Sali sull’albero: e ti apparirà chiaro in che modo avviene la fede. Ascolterai una parola inaudita che chiede ospitalità, incontrerai lo sguardo di Dio che
– sfidando i mormoratori – si dichiarerà onorato di farti visita. E sentirai la tua
voce ripetere coraggiosamente forte: “Il resto sarà per i poveri”. E non potrai
più avere altro Dio all’infuori di quello che hai visto brillare in “quello sguardo” quando sei sceso dall’albero. Non importa quale albero. È dai frutti che
lo si riconosce.
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