Mezzo secolo nel trattamento chirurgico delle scoliosi. Yves Cotrel

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Mezzo secolo nel trattamento chirurgico delle scoliosi. Yves Cotrel
9e CONGRÈS DE LA SIRER - PIACENZA 2004
COURS MAGISTRAL
MEZZO SECOLO NEL TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLE SCOLIOSI
YVES COTREL
La scoliosi.
L’ho incontrata per la prima volta 55 anni fa, all’Institut Calot di Berck.
Dall’inizio del secolo i pazienti colpiti da affezioni osteoarticolari, soprattutto tubercolose, vi affluivano da ogni parte.
Stesi sulle loro “gouttières” (docce contenitive), questi carrelli piatti tipici di Berck, vi passavano degli anni.
L’immobilizzazione delle articolazioni malate, l’incisione degli ascessi freddi, le medicazioni delle fistole, con, ovviamente,
la cura elio-marina, costituivano il fulcro del trattamento, in quest’epoca in cui gli antibiotici antitubercolosi non erano
conosciuti.
Nella sala gesso in cui si concentrava l’attività medica principale, scoprii ben presto bambini colpiti non da tubercolosi, ma
da deformazioni di crescita dello scheletro, in particolare della colonna vertebrale.
Le scoliosi che venivano inviate a Berck erano scoliosi gravi, impressionanti.
Queste deviazioni laterali del rachide progredivano al ritmo della crescita sui 3 piani dello spazio determinando deformazioni
toraciche con conseguenze morfologiche, fisiologiche ed ovviamente psicologiche spesso temibili.
Si tentava allora, come per le gibbosità causate dal morbo di Pott, di correggerle in grandi corsetti gessati con sovrapposizione
di quantità crescenti di placche di feltro, secondo una tecnica inalterata da più di 50 anni.
Il dottor Calot, dalla fine del XIX secolo, era stato il luminare della riduzione forzata delle deformazioni del morbo di Pott,
la tubercolosi vertebrale. Il paziente veniva anestetizzato con una compressa di cloroformio, gli aiuti esercitavano una
trazione sulla testa e sugli arti inferiori ed il maestro riduceva con i suoi pollici ed i suoi pugni la sporgenza del rachide.
Nel 1910 un medico americano, E.G. Abbott di Portland, nel Maine, venne a Berck per fare la prima dimostrazione in
Europa del suo metodo per correggere le scoliosi. Calot adottò con entusiasmo le sue idee e la sua tecnica. Egli la descrisse
nel 1913 in un libro intitolato “Guarigione dalla scoliosi” nel quale spiegava come procedeva:
“Per verificare la capacità di guarigione di un soggetto, scrive, lo si mette sul tavolo di Abbott tutti i giorni, o ogni due
giorni, per mezz’ora ogni volta.
Si tendono le cinghie di trazione e di detorsione per vedere il grado di plasticità dello scheletro ed anche la tolleranza ed il
coraggio del paziente durante queste manovre”.
Dopo di ciò il corsetto gessato è confezionato in posizione di flessione anteriore forzata.
La correzione verrà in seguito progressivamente accentuata introducendo regolarmente delle nuove placche di feltro sotto
il gesso lateralmente per ridurre la curvatura scoliotica e in avanti per accentuare la cifosi e aprire le articolazioni posteriori
del rachide. Era poco confortevole.
Alla fine del trattamento, il paziente veniva dotato di un corsetto in celluloide che doveva, il più delle volte, indossare per
tutta la vita.
Io imparai a fare questi corsetti e ad imporli ai pazienti che avevo in cura. Dovevo rapidamente constatare che la soppressione
della posizione eretta non impedisce alla scoliosi di progredire durante la crescita, che l’immobilizzazione permanente in
corsetto gessato aziona una fonte muscolare importante, che la correzione forzata delle sporgenze costali aggrava il dorso
incavo, accentua la riduzione dell’ampiezza e, quindi, del volume respiratorio, ed infine che una perdita di correzione
significativa interviene successivamente all’ablazione del corsetto gessato.
Occorreva, al contrario, evitare il riposo a letto prolungato durante il giorno, allenare il paziente ad un’attività fisica e
sportiva sulla spiaggia, intensificare la rieducazione respiratoria in gesso ed effettuare, a fine trattamento, una greffe vertebrale
per saldare fra di loro le vertebre della curvatura scoliotica nella migliore posizione di correzione ottenuta.
1953
Il primo intervento chirurgico per scoliosi all’Institut Calot viene effettuato dal Professor Jean Cauchoix.
La correzione era stata ottenuta nel “gesso a cerniera” di Risser.
Questo gesso comportava una parte superiore che cingeva la cintura scapolare ed una parte inferiore che fissava il bacino e
la coscia del lato della convessità. Una cerniera metallica piazzata davanti e dietro alla sommità della deviazione scoliotica
permetteva di basculare le due parti una sull’altra e di aprire progressivamente la curvatura del segmento da riunire.
Utilizzammo in seguito il corsetto gessato di detrazione di Stagnara. Questo causava lo stiramento del tronco fra la testa ed
il bacino attraverso due viti a passi divergenti incassate nel gesso da ogni lato del corsetto, che eliminavano inoltre qualsiasi
rischio di disequilibrio laterale. Ma occorreva costantemente monitorare i punti di appoggio cutanei per individuare le
escare a livello del mento e del bacino che comparivano in modo insidioso.
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Quando la correzione desiderata era ottenuta, la greffe vertebrale era realizzata nel gesso, mediante decorticazione “à la
gouge” degli archi posteriori delle vertebre e mediante apposizione sul letto vertebrale cruentato da lembi da innesto ossei
prelevati dall’osso iliaco del paziente.
L’operato restava sdraiato nel suo gesso da 12 a 18 mesi, sino all’apparizione radiologica di una fusione ossea continua e
densa, e mantenuto in seguito in un corsetto indossato abitualmente sino alla fine della crescita.
435 casi furono così operati all’Institut Calot con apposizione di lembi iliaci autogeni.
Nei casi gravi, una perdita di correzione non era eccezionale.
Per evitarla, sembrò necessario incastrare un sostegno osseo solido fra le vertebre estreme della curvatura scoliotica, in
base ad una tecnica messa a punto nel 1954 da Monsieur Cauchoix.
A PARTIRE DAL 1957
Un nuovo corsetto gessato di correzione sostituisce il gesso di
detrazione. Sarà realizzato in un quadro metallico speciale. Assembla le diverse tecniche sino a quel momento utilizzate separatamente:
l’allungamento di Stagnara, la derotazione di Abbott. Si vede qui il
dorso prima e dopo la messa in tensione delle bande e la flessione
laterale di Risser.
Per questa ragione è chiamato E.D.F. (Elongation, Dérotation,
Flexion). (fig.1)
Più leggero, meno costrittivo ed ugualmente efficace, permette la
mobilizzazione attiva del rachide ed una rieducazione muscolare e
respiratoria intensiva prima delle chirurgia.
Associa correzione passiva e correzione attiva.
L’intervento sarà realizzato in questo gesso E.D.F. che sarà richiuso dopo l’intervento.
Questa tecnica di correzione pre-operatoria non ha accresciuto in modo sensibile il guadagno angolare in rapporto alla serie
precedente, ma ha determinato un miglioramento morfologico e funzionale molto importante.
1964
Il paziente è operato per la prima volta fuori dal gesso in trazione del rachide.
Questa è ottenuta mediante due carrelli scorrevoli su rotaie fissate sul tavolo chirurgico.
Nei casi più gravi, per ridurre la durata dell’intervento e la perdita di sangue, un lembo corticale d’osso di tipo eterogeneo,
massiccio, prelevato da una tibia di vitello o di pollo, è incastrato fra le apofisi spinose delle vertebre estreme della curvatura
scoliotica, dove è fissato da una clip metallica. Costituisce un arco che spinge solido.
In questa serie, la ripresa della posizione eretta fu allora autorizzata ad 8 mesi dall’intervento. 248 fusioni vennero
effettuate con innesto eterogeneo incastrato. A seguito di qualche caso di frattura o di rigetto dell’innesto, fu abbandonato.
1968
La correzione-fusione è effettuata dopo un periodo da 2 a 3 settimane di trazione continua auto-attiva.
Grazie ad un sistema di pulegge fissate sul suo carrello, il paziente determina lui stesso ogni giorno l’allungamento della
sua colonna vertebrale stendendo i suoi arti inferiori.
Può così partecipare attivamente all’elasticizzazione e al raddrizzamento della sua deformazione del rachide ed aumentare
l’ampiezza del gioco respiratorio costale e diaframmatico.
Un tavolo chirurgico speciale è realizzato per combinare su di un soggetto in posizione prona le 3 forze di correzione
dell’E.D.F.
Un divaricatore dinamometrico permette di accentuare l’allungamento sul solo segmento da fondere.
L’innesto corticale, prelevato sulla tibia del paziente da una seconda equipe chirurgica, è incastrato fra ganci metallici
fissati sulle vertebre estreme.
Le apofisi trasverse del lato della convessità sono sezionate alla loro base all’apice della deviazione per permettere la
riduzione progressiva sotto gesso della gibbosità scoliotica, attraverso una pressione costale ottenuta mediante una camera
di un pallone da calcio gonfiata con una pompa da bicicletta.
187 casi furono operati in questo modo dal 1968 al 1973.
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1973
La correzione operatoria è aumentata combinando lo stiramento assiale attraverso una barra metallica munita di tacche a
una delle estremità (Harrington), e la trazione trasversale a mezzo di un dispositivo speciale messo in tensione all’appico
della curva scoliotica.
Questo dispositivo di trazione trasversale (D.T.T.) permette di riavvicinare all’asse mediano del tronco le vertebre più
laterali, attraverso l’avvitamento di un dado su di una barra filettata.
Grazie all’accresciuta stabilità del
montaggio, la rimessa in piedi può
essere autorizzata dalla prima
settimana dopo l’intervento e
l’ablazione del gesso nei termini
successivamente abbreviati, 8, 6 e 4
mesi.
Dal 1973 al 1976 furono operati, secondo questa tecnica, 295 casi. (fig. 2)
1977
Classificato per motivi di salute invalido definitivo, ho dovuto cessare qualsiasi attività professionale, lasciare l’Institut
Calot e ritirarmi prematuramente in Bretagna, mio paese d’origine. In una vecchia casa di campagna bretone avevo creato
un piccolo laboratorio nel quale furono condotte, dal 1979 al 1982, le ricerche al fine di migliorare la tecnica operatoria.
Queste ricerche avevano come fine quello di trovare una strumentazione capace di realizzare simultaneamente la correzione
tridimensionale della deformazione scoliotica e una fissazione interna del solo segmento raddrizzato sufficientemente
solido e stabile da evitare al paziente qualsiasi immobilizzazione esterna post-operatoria dell’insieme della sua colonna
vertebrale.
Questi lavori dovevano condurre alla messa a punto di una nuova strumentazione metallica impiantabile, fatta da tre elementi:
la barra, gli impianti (ganci e viti) ed i D.T.T., un vero e proprio gioco di Meccano.
Le barre, la cui superficie era coperta da asperità, non comportavano né tacche né tenone, dunque niente affatto debole.
Il corpo degli impianti era percorso da un canale nel quale la barra poteva scivolare liberamente, prima di essere fissata su
di essa da una vite di fissaggio.
Gli impianti erano posizionati ad ogni livello ed in ogni posizione di rotazione in divaricamento o in avvicinamento, a
seconda del tipo di deviazione.
Così divenne possibile realizzare dai due lati del rachide delle prese multiple, delle prese vertebrali e delle correzioni
segmentarie a piani.
Le due barre identiche, posizionate ad ogni lato del rachide, dovevano essere riunite alle loro estremità da un D.T.T. che
fungeva da tirante e che permetteva di costruire un quadro rettangolare stabile e solido. Costituiva una vera armatura
interna, che sosteneva e fissava il segmento operato, e che era complementare a tutti gli elementi impiantati.
Realizzate in un acciaio specifico, rifuso sotto vuoto per eliminare ogni traccia residua, le barre potevano essere incurvate
anche di molto senza una diminuzione della loro resistenza meccanica.
È questo materiale che presentai una sera di dicembre del 1982 a Jean Dubousset.
1983
Il primo intervento detto C.D. fu effettuato con Jean Dubousset il 21
gennaio all’Hopital Saint-Vincent-de-Paul de Paris su di un caso
particolarmente difficile, un giovane uomo colpito dalla malattia di
Friedrich. La correzione ipotizzata fu ottenuta. Fu alzato nei giorni
seguenti senza né gesso né corsetto. (fig.3 Yves Cotrel e Jean Dubousset)
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È con Jean Dubousset per i bambini e Michel Guillaumat per gli adulti all’Hopital Saint Joseph che furono definite le
strategie e le modalità tecniche d’utilizzo di questa nuova strumentazione. (fig. 4 & 5 – Primo caso adulto 36 anni)
Noi osservammo che la rotazione verso la concavità di una barra curvata secondo la curvatura scoliotica, permetteva nelle
forme elastiche di correggere la deviazione sui tre piani dello spazio, vale a dire di realizzare simultaneamente di fronte il
raddrizzamento della cerniera frontale, sul piano trasversale la correzione della rotazione apicale e di lato la ristrutturazione
delle curvature fisiologiche del rachide. Il D.T.T. assicurava in seguito la stabilità dell’insieme del montaggio.
Oggi, grazie a tutti coloro che hanno contribuito a mettere a punto tecnica e strategia, a tutti coloro che hanno messo a
disposizione la loro esperienza, il loro pensiero e le loro innovazioni, la strumentazione C.D. continua a perfezionarsi e ad
estendersi ad indicazioni sempre più numerose di instabilità del rachide, fratture, tumori, degenerazione artrosica,
neurochirurgia, ecc.
In uno studio recente sulla “storia della chirurgia del rachide nel mondo”, John Longstein e Robert B. Winter, del Twin
Cities Scoliosis Center di Minneapolis, presentano i contributi successivi al trattamento delle deformazioni nel corso del
XX secolo.
I progressi raggiunti negli ultimi 45 anni sono impressionanti.
1959: ospedalizzazione: 5 settimane
6 mesi di allettamento
6 mesi in un gesso
pseudoartrosi: 15%
1975: ospedalizzazione dalla vigilia dell’intervento a 10 giorni dopo
3-4 giorni di allettamento
gesso da 6 a 7 mesi
pseudoartrosi: 2-3%
2004: ospedalizzazione: il giorno dell’intervento
fatti sedere il giorno successivo
deambulazione al secondo giorno
ritorno a casa al quarto o al quinto giornopost-operatorio
senza nè gesso nè corsetto
pseudoartrosi: 0%
Domani, i progressi del trattamento chirurgico delle scoliosi continueranno. Il C.D. non sarà stato che una tappa di questa
evoluzione, fortunatamente seguita da molte altre.
Ma domani non ci si potrà più accontentare per le scoliosi idiopatiche, queste deformazioni misteriose della colonna
vertebrale che sono i soli segni apparenti della malattia e che rappresentano l’80% di tutte le scoliosi strutturali, di migliorare
le tecniche operatorie di correzione-fusione.Esse si risolvono sempre con la perdita definitiva di una delle funzioni più
importanti del rachide, la sua mobilità. Il vero problema è un altro, occorre riprenderlo all’origine.
Le domande che noi ci poniamo da 50 anni sono sempre senza risposta:
quale è, o piuttosto quali sono le cause della scoliosi idiopatica?
• Cosa ne determina il senso e la localizzazione?
• Perché è più frequente nelle bambine?
• Perché certe forme sono più evolutive?
• Qual è il suo meccanismo di evoluzione a livello di tutte le componenti, vertebre, dischi e legamenti?
• Esistono delle microlesioni a questi livelli?
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• Ci sono delle anomalie neurologiche, di equilibrio, metaboliche, endocrine o altre associate?
• Quale è il ruolo del fattore genetico?
• Scoliosi idiopatica, perché? Come?
Sento queste domande da 55 anni. I pazienti e le loro famiglie ce le pongono ancora oggi e noi non sappiamo ancora come
rispondere.
Lo sviluppo attraverso il mondo delle nuove biotecnologie deve rendere possibile la scoperta - senza più tardare - degli
elementi che permetteranno di identificare le cause delle scoliosi idiopatiche, di prevedere la loro evoluzione e di prevenire
la loro comparsa.
Contribuire a smuovere, al di là delle frontiere, le risorse, le energie e le competenze in ogni disciplina che possa essere
interessata, al fine di esplorare ogni via ed ogni possibile combinazione, è l’obiettivo che si è dato per il suo programma
2001-2006 “la Fondation pour la Recherche en Pathologie Rachidienne”. Essa è l’inizio e la continuazione di una lunga
storia.
Creata il 22 gennaio 1999
Sotto l’egida dell’”Institut de France”, essa ha come obiettivo “coordinare, sostenere e promuovere la ricerca - a livello
nazionale ed internazionale - nel campo della salute e più specificatamente in quello delle malattie della colonna vertebrale”.
Il 21 novembre 2000 una Filiale della Fondazione è stata creata negli Stati Uniti. La sua sede è a Memphis, Tennessee. Essa
sostiene ogni anno un progetto selezionato dalla Scoliosis Research Society.
Ad oggi 45 progetti di ricerca sull’eziopatogenesi della scoliosi idiopatica sono stati sottoposti al Comitato Scientifico della
Fondation. Essi sono pluridisciplinari e provengono da 4 continenti.
19 di essi, fra i più promettenti, sono stati sostenuti per una durata media di 3 anni.
Il Programma 2001 comporta dei progetti di ricerca:
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in Genetica, ricerca condotta presso il John Hopkins Hospital di Baltimora, USA
in Biomeccanica, ricerca condotta presso l’Ecole Nationale d’Arts et des Métiers, Parigi, Tolosa e Montreal (Canada)
in Endocrinologia e neurotrasmissione, ricerca condotta presso la Nihon University School of Medicine di Tokyo, Giappone
in Anatomo-patologia, ricerca condotta presso il Nuffield Orthopedic Center di Oxford, Gran Bretagna
Il Programma 2002 comporta dei progetti di ricerca:
• in Genetica e endocrinologia, ricerca condotta presso l’Ospedale Sainte Justine dell’Università di Montreal, Canada
• in Oto-rino-laringologia (O.R.L.), ricerca condotta presso l’Ospedale Robert Debré, Parigi
• in Neurologia, ricerca condotta presso la Chinese University di Hong-Kong, Cina
Il Programma 2003 comporta dei progetti di ricerca:
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in Biochimica del sangue, ricerca condotta presso l’Hopital Lariboisière, Parigi
in Fisiologia neuro-cerebrale, ricerca condotta presso l’Università Laval di Quebec, Canada
in Fisiologia neurosensoriale, ricerca condotta presso il Centre Hospitalo-Universitaire di Nancy, Francia
in Genetica, ricerca condotta presso il Texas Scottish Rite Hospital for Children di Dallas, USA
Il Programma 2004 comporta dei progetti di ricerca:
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in Biomeccanica, ricerca condotta presso il Cedar-Sinai Medical Center, California, USA
in Genetica molecolare, ricerca condotta presso il John Hopkins University Hospital, Baltimora, USA
in Neurologia, ricerca condotta presso il Laboratoire de physiologie de la perception et de l’action, Francia
in Genetica, ricerca condotta presso la Washington University School of Medicine, Saint Louis, USA
Malgrado la loro lontanaza geografica, queste equipes si ritrovano ogni anno all’Institut de France per fare il punto delle
loro ricerche e per discutere delle prospettive che esse aprono.
Noi speriamo che tutte queste ricerche associate porteranno ad una migliore conoscenza delle cause e dei fattori evolutivi
di queste deformazioni della colonna vertebrale che colpiscono tanti bambini nel mondo intero, e che ancora si celano sotto
il nome puramente sintomatico di scoliosi idiopatica.
Forse i lavoro di così tanti ricercatori, riuniti nel mondo attraverso la Fondation, permetteranno un giorno ai chirurghi di
deporre i loro strumenti ed ai pazienti di essere liberati dalle costrizioni pesanti, lunghe ed onerose che impone il loro
trattamento, malgrado i progressi successivi ottenuti da mezzo secolo.
La Fondation si indirizzerà allora verso altri orizzonti.
Restano ancora molte terre da esplorare nel campo delle malattie della colonna vertebrale.
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