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INDICE
1
Introduzione ............................................................................................................... 3
CAPITOLO 1
Il bisogno di alimentazione dell’uomo...................................................................... 5
1.1 Accenni di anatomia – fisiologia del tratto gastrointestinale........................................................ 6
1.2 Metodi di accertamento nutrizionale ............................................................................................ 7
1.3 Fabbisogno calorico nei pazienti con malattie croniche o acute................................................. 10
1.4 La malnutrizione: valutazione nutrizionale nel paziente critico. ................................................ 12
CAPITOLO 2
Definizione di nutrizione artificiale ........................................................................ 17
2.1 Quando iniziare la nutrizione artificiale. .................................................................................... 18
2.2 Scelta della via della nutrizione enterale .................................................................................... 19
2.3 Le diete per le nutrizioni enterali................................................................................................ 21
CAPITOLO 3
Storia ed evoluzione ................................................................................................. 24
3.1 Gastrostomia Endoscopica Percutanea...................................................................................... 25
3.2 Posizionamento e possibili complicanze ................................................................................... 26
3.3 Complicanze riguardanti la nutrizione enterale – confronto con le altre
tecniche di nutrizione enterale.......................................................................................................... 31
3.4 Monitoraggio giornaliero della nutrizione enterale .................................................................34
CAPITOLO 4
Assistenza infermieristica al paziente con P.E.G. ................................................. 35
4.1 Il processo di assistenza e il piano di assistenza infermieristica ................................................ 36
4.2 Il ruolo dell’infermiere nella gestione della P.E.G. nell’unita operativa .................................... 39
4.3 Attuazione dei protocolli in gastroscopia ................................................................................... 46
4.4 Esiti della nutrizione enterale ..................................................................................................... 48
Conclusioni ............................................................................................................... 49
Bibliografia ............................................................................................................... 52
Sitografia................................................................................................................... 56
2
INTRODUZIONE
3
La Nutrizione Enterale (NE) è una procedura terapeutica che permette di soddisfare
i fabbisogni nutrizionali di soggetti che non possono assumere cibo in quantità
sufficiente con l’alimentazione naturale.
La scelta del titolo “Il Processo di Nursing della PEG in Ospedale” ha come
presupposto quello di stimolare una maggiore attenzione da tutti coloro che
nell’adeguata nutrizione dei malati vedono un importante e, spesso, fondamentale
momento di terapia. Con il presente lavoro si cerca di fare emergere come la NE
costituisce uno degli aspetti fondamentali che l’infermiere si trova a dover svolgere
nell’assistenza ai pazienti ospedalizzati, assumendone così il ruolo di attore
principale nella gestione nutrizionale. Inoltre si evidenziano gli aspetti tecnici della
metodica e l’incidenza di complicanze in corso di Gastrostomia Endoscopica
Percutanea per la realizzazione della nutrizione enterale.
Nel primo capitolo si parlerà di come il cibo si diffonde all’interno degli organi
vitali e di come il paziente riesce ad assimilarlo. È possibile anticipare già da ora
che tratteremo di pazienti con difficoltà a raggiungere un determinato valore di
fabbisogno calorico. La nutrizione artificiale si distingue in parenterale o enterale.
La decisione su quale applicare sarà oggetto del secondo capitolo, dando particolare
attenzione alla NE. L’applicazione della NE è possibile grazie alla PEG, a cui
dedicherò ampio spazio nel terzo capitolo.
In conclusione, nel quarto capitolo si parlerà di come un infermiere dovrà assistere
un paziente nella gestione della PEG nell’unità operativa di rianimazione
dell’Ospedale San Luca di Vallo della Lucania (SA), dove ho svolto il mio tirocinio
tecnico-pratico, sono in uso dei protocolli che forniscono un’adeguata assistenza
infermieristica ai pazienti con nutrizione enterale mediante PEG. Nel soffermarmi
sugli aspetti descrittivi, ho cercato di dare gran risalto ai punti cardini della
patologia, cercando di descrivere dal punto di “vista”, solo gli aspetti più salienti, a
fine di rendere tale discussione più scorrevole e comprensibile, anche ad un
pubblico “non esperto in materia”
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CAPITOLO 1
Il bisogno di alimentazione dell’uomo
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1.1
Accenni di anatomia-fisiologia del tratto gastrointestinale
Il tratto gastrointestinale ha inizio con la cavità orale che va dalle labbra all’istmo
delle fauci. Quest’ultimo mette in comunicazione la bocca con la faringe
(ipofaringe). All’interno del cavo sono presenti vari organi: denti, lingua ed annessi
dell’apparato digerente e ghiandole salivari. Le ghiandole salivari hanno la funzione
di rilasciare saliva, di ammorbidire il cibo, facilitando la deglutizione. Nella cavità
orale avviene la masticazione e deglutizione del cibo, attraverso denti e lingua.
Durante la deglutizione il cibo scivola nella faringe(ipofaringe),
prosegue
nell’esofago attraversando in prima istanza lo sfintere esofageo superiore,
agevolato dalla peristalsi, il cibo si porta nello stomaco, tramite l’apertura della
valvola del cardias.
Lo stomaco è un organo cavo che porta alla formazione del chimo, rilasciando
succo gastrico. Il chimo tramite metodo peristaltico viene portato nel duodeno, parte
iniziale dell’intestino tenue, grazie alla valvola pilorica, che collega lo stomaco al
duodeno. Nel duodeno confluiscono sostanze rilasciate da ghiandole (pancreas e
fegato). Il pancreas secerne il succo pancreatico tramite il dotto pancreatico
principale, mentre il fegato rilascia la bile, tramite il dotto coledoco; queste sostanze
attraverso lo sfintere di Oddi, confluiscono all’interno del duodeno, la bile ed il
succo pancreatico hanno la funzione di proteggere le pareti dell’intestino,
diminuendo l’acidità del chimo. Il chimo prosegue il suo percorso tramite peristalsi,
all’interno del tenue. Il tenue tramite delle mucose, collocate sulla parete intestinale
assorbe i principali nutrienti, è tramite l’azione della peristalsi, avviene l’apertura
della valvola ileo-cecale che collega il tenue all’intestino crasso (colon).
Il colon anatomicamente viene diviso in tre parti: colon ascendente, trasverso,
discente.
Il colon spostandosi verso il retto, aumenta notevolmente di consistenza per
riassorbimento di acqua, ed assume le caratteristiche delle feci che vanno ad
occupare la parte terminale del colon, esse vengono espulse, tramite un orifizio,
l’ano, in quantità media di circa 150g/die. Le sostanze invece assorbite dal tratto
intestinale, per dare energia e nutrizione all’organismo, vengono assorbite dalla
parete intestinale passano nel sangue o nella linfa e sono disponibili ed utilizzabili
per i processi metabolici dell’organismo.
6
1.2
Metodi di accertamento nutrizionale
Il corpo umano per mantenersi in buona salute e funzionare a pieno regime ha
bisogno di ricevere quotidianamente una giusta quantità di nutrienti e di energia
alimentare, attraverso il consumo di un’ampia varietà di cibi/alimenti sotto forma di
sostanze.
Tali sostanze sono:
Carboidrati o Glucidi o zuccheri
Grassi o Lipidi
Proteine o protidi
Vitamine
Sali Minerali
Esse come detto vengono assunte tramite il cibo, il quale, usufruendo del tratto
gastrointestinale, vengono introdotti all’interno dell’organismo. Il metabolismo dei
nutrienti ha inizio nello stomaco,prosegue nell’intestino tenue e termina all’interno
dell’intestino crasso. Questi ultimi hanno la funzione di scindere i nutrienti in
piccole particelle che vengono assorbite dalle mucose gastriche ed intestinali
proseguono nel circolo ematico e vengono assorbite all’interno dei vari organi,
tessuti e cellule. All’interno delle cellule avviene un’ulteriore metabolismo che
consta di due fasi: L’anabolismo ed il Catabolismo.
Anabolismo è un insieme dei processi di rigenerazione della materia vivente. Si
tratta di una fase progressiva del ricambio organico che consiste nella utilizzazione
dei principi alimentari introdotti per sintetizzare macromolecole organiche più
complesse nelle quali viene immagazzinata energia.
Catabolismo è un insieme dei processi di degradazione della materia vivente. Si tratta
della fase regressiva del ricambio della materia vivente che determina la
demolizione di sostanze più complesse e la liberazione dell’energia potenziale
contenuta nei loro legami. La maggior parte dell’energia il 75% è contenuta nei
trigliceridi del tessuto adiposo , che consente al soggetto di sopravvivere e svolgere
tutte le funzioni vitali tra un pasto e l’altro. Il restante dell’energia il 24% è
contenuta nelle proteine che può essere mobilizzata nei casi di carenze alimentari o
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digiuno e 1% è contenuta nel glicogeno epatico(disponibile per il rifornimento di
glucosio nel sangue) e nel glicogeno muscolare (utilizzato quasi esclusivamente per
il metabolismo delle fibrocellule muscolari). L’entità del fabbisogno alimentare
energetico è ampiamente variabile nei diversi soggetti ed è influenzata dal
metabolismo, clima, alimentazione e dal tipo di attività svolta. Per determinare
quantitativamente le necessità alimentari quotidiane di un individuo è necessario
conoscere: la dieta a cui si sottopone giornalmente l’individuo, ed il suo fabbisogno
energetico giornaliero dell’individuo che deve essere all’incirca sui 1500 kcal
giornalieri. Quando non si compie lavoro muscolare, quasi il 100% dell’energia
spesa dall’organismo è liberata dai processi metabolici, che a sua volta viene
convertita in calore corporeo, che porta alla perdita di energia. Per accertare la
nutrizione di un soggetto è importante controllare il metabolismo basale ossia
l’entità della spesa energetica di un soggetto in completo riposo, ma in stato di
veglia.
Per effettuare la sua misurazione esistono vari criteri da rispettare come:
- A digiuno da almeno 12 ore
- Dopo una notte di sonno riposante
- Nessuna attività fisica per almeno 1 ora
- Eliminazione di fattori psicologici e fisici eccitanti
- Temperatura ambientale compresa tra 20° e 27°C
Dopo aver rispettato i criteri citati sopra viene usata la calorimetria, un’insieme di
tecniche di misurazione delle quantità di calore cedute o assorbite durante reazioni
chimiche, passaggi di stato e altri processi chimici e fisici. Un altra importante
metodica di accertamento nutrizionale viene effettuata tramite un’anamnesi accurata
comprensiva di un esame obbiettivo e una valutazione dell’apporto dietetico di
nutrienti.
Il cosiddetto SGNA (Subjective Global Nutritional Assessment) è un metodo
semplice che ha fornito risultati soddisfacenti nell’identificazione di quadri di
malnutrizione moderata o severa. Si basa sull’anamnesi di disturbi gastroenterico
(anoressia,vomito, nausea), di variazioni del peso corporeo e di modifiche
nell’assunzione di alimenti nei sei mesi precedenti la valutazione, e su un accurato
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esame obiettivo per rilevare i segni di una riduzione di grasso sottocutaneo o di
massa muscolare. Per ogni aspetto vengono attribuiti punteggi che permettono di
classificare i pazienti in tre categorie: ben nutriti, mediamente malnutriti e
severamente malnutriti. Altro tipo di metodica riguarda la misurazione del’indice di
massa corporea, ricavata da una formula scientifica:
IMC = Peso (kg)/Altezza2 (m)
Da questa formula è possibile capire se un paziente può essere considerato in ottimo
stato nutrizionale o con delle disfunzioni a seconda dei ranch ai quali viene
associato:
Tabella 1: Ranch di massa corporea
<16
Sottopeso grave
16-16.99
Sottopeso moderato
17-18.49
Sottopeso lieve
20-24.9
Normopeso
25-29.9
Sovrappeso
30-39.9
Obeso
>40
Grave obesità
Altre metodiche che ci daranno conferma del grado di nutrizione del paziente e il
dosaggio di alcune proteine circolanti nel sangue:
-
Albumina
-
Transferrina
-
L’insulin-like Growth Factor I (IGF-1)
9
1.3 Fabbisogno calorico nei pazienti con malattie croniche o acute
Per calcolare l’apporto calorico nel paziente con malattia, si avvale della
dietoterapia, ovvero quella branca della dietetica che si occupa della nutrizione in
condizioni patologiche. Tante sono le applicazioni della dietoterapia, tra le quali:
malattia del metabolismo, malattie dell’apparato digerente, malattia cardiovascolari,
insufficienza renale, cancerogenesi e disturbi del comportamento alimentare. Il
fabbisogno calorico varia in base all’entrate del paziente, tramite: cibi, bevande,
acqua metabolica e tramite le uscite: urine (1-1.5 l/die), cute (circa 500-700 ml/die),
respirazione (250-350 ml/die), feci (100-200 ml/die). Altro fattore che influenza
questo “indice” è il tipo di patologia che il paziente presenta.
Un paziente con malattia cronica, ha bisogno di una quota proteica che si aggiri
attorno ad 1,5-1,8 gr/kg al giorno, di una quota lipidica che si aggiri attorno al 2530%
delle calorie totali giornaliere,
solo in presenza di steatorrea vengono
somministrati acidi grassi a media catena, mentre la quota glucidica, corrisponde al
55-60% delle calorie totali, e vengono, inoltre, limitati gli zuccheri semplici visto
il loro alto potere osmotico che favorisce la diarrea.
La cronicità della malattia tende ad aumentare il fabbisogno calorico o energetico
del corpo, soprattutto durante la fase in cui i sintomi sono attivi, anche se quanto
detto non è di fatto assicurato. Le malattie sono spesso associate a cattiva digestione
e malassorbimento di proteine, grassi, carboidrati, acqua e diversi tipi di vitamine e
minerali.
In
questi
Vitamina
casi
vengono
b12,
dati
Acido
al
paziente
integratori
folico,
vitaminici:
Vitamina
D
oppure integratori minerali: Ferro, Potassio, Magnesio, Oligominerali, Calcio.
Il fabbisogno calorico varia nelle varie patologie sopra citate, ed ogni patologia è
associata una dietoterapia per l’apporto calorico al paziente.
Qui di seguito parlerò di alcune patologie dove risulta importante valutare il
fabbisogno calorico. Nel paziente con patologie metaboliche, la dietoterapia si basa
sulla perdita di peso, in questa patologia é raccomandabile far assumere al paziente
nutrienti poco calorici, meglio se di origine vegetale, vitamine, fibre e Sali minerali
più volte al giorno e legumi in sostituzione alle proteine maggiormente provenienti
dalla carne. Un’altra valida alternativa alla carne è il pesce ricco di omega-3. Anche
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i cereali devono essere assunti quotidianamente, con piccole quantità di grassi. Nel
paziente con patologia cardiovascolare è importante limitare il consumo di sodio
grazie ad una dieta iposodica. È importante che il paziente faccia pasti piccoli e
frazionati durante la giornata, evitando grassi, alcol, dolci, insaccati, zuccheri
semplici e complessi in abbondanza. Le calorie ingerite devono essere leggermente
inferiori a quelle che si ingerirebbero seguendo una dieta normale, deve essere
diminuita la percentuale di grassi, preferendo quelli insaturi e di origine vegetale.
Altra patologia cronica in cui bisogna tener conto e il fabbisogno calorico è
l’insufficienza renale cronica. In questo caso i fabbisogni del malato vengono
costantemente modificati dal progresso patologico e il regime alimentare
somministrato varia di conseguenza. Quando il paziente soffre di insufficienza
renale le viene somministrata una dieta iposodica. In questo caso a differenza del
precedente, l’apporto proteico deve essere valutato esclusivamente in base alle
perdite urinarie delle proteine plasmatiche. Questo perché i prodotti catabolici degli
aminoacidi possano danneggiare un sistema già compromesso e la carenza proteica
potrebbe incidere maggiormente sullo stato di salute del malato con manifestazione
di edemi, anemia, ipoalbuminemia, carenza tissutale. Ecco perche è opportuno, in
questi casi limitare drasticamente l’utilizzo di alimenti contenenti elevate quantità di
potassio e di fosforo. La terapia clinica, descritta sopra, deve essere rispettata con
estrema precisione anche nel lungo termine, al fine di limitare gli eccessi e garantire
un apporto energetico sufficiente al miglior mantenimento dello stato di salute.
Nelle patologie dell’apparato digerente bisogna calcolare e tener sotto controllo il
fabbisogno calorico in base alla tipologia di tratto interessato e alle “uscite” che il
paziente presenta. Gli obbiettivi principali sono la correzione del deficit di sostanze
nutrienti, di vitamine e di minerali. I pazienti che presentano steatorrea marcata
necessitano di un supplemento di vitamine liposolubili e di calcio. Una dieta
altamente proteica, povera di grassi e un supplemento dietetico altamente calorico
sono raccomandati nei pazienti con grave calo ponderale. Una dieta povera di grassi
riduce la steattorea e la secrezione di Sali biliari, in particolare nei pazienti con
resezione del piccolo intestino. I trigliceridi a catena media, somministrati come
supplemento dietetico, sono preferibili in quanto sono idrolizzati più prontamente
dalle lipasi pancreatiche e non è necessaria la formazione di micelle per il loro
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assorbimento. Nella patologie digestive se non si riesce a compensare il fabbisogno
proteico si interviene in prima istanza con la nutrizione parenterale, se questo
fabbisogno si propaga nel tempo, si opta per una nutrizione enterale mantenendo il
tratto digestivo funzionante.
1.4
La malnutrizione: valutazione nutrizionale nel paziente
critico
Quando l’apporto dietetico non corrisponde alle reali necessità dell’organismo si
può riscontrare una malnutrizione per uno o più nutrienti (ferro,calcio,vitamina
b12,etc), per una o più classi di nutrienti (minerali,vitamine,proteine,etc), oppure
malnutrizione calorica. La malnutrizione proteica-calorica (MPC) rappresenta la
forma più classica di malnutrizione per difetto.
La International of Diseases distingue tre forme classiche di MPC:
-
Malnutrizione di tipo Marasma: Si intende uno stato di malnutrizione da deficit
calorico,nel quale l’organismo cerca di compensare questa condizione attingendo
l’energia da se stesso,quindi vengono spesso digeriti a fini energetici il tessuto
adiposo, ma anche la massa muscolare. Questo provoca un forte dimagrimento del
soggetto, che vede ridotto oltre che il proprio peso,anche il metabolismo basale. Il
marasma è la forma di malnutrizione associabile all’anoressia nervosa.
-
Malnutrizione di tipo Kwashiorkor: Si tratta di una forma ancora più grave rispetto
al marasma, in quanto,oltre che ad un deficit energetico cronico, è presente anche
un deficit cronico proteico. In questa condizione l’azione compensativa
dell’organismo è ancora più estesa, per cui, oltre che al tessuto adiposo e alla massa
muscolare, vengono riciclate a fini energetici anche le proteine viscerali. La
principale conseguenza di questo processo è l’istaurarsi di una forma di edema, con
conseguente rigonfiamento addominale pronunciato tipico del Kwashiorkor. Negli
ultimi tempi si sta evidenziando il fatto che tale fenomeno può essere accentuato,
oltre che dal deficit proteico, anche da carenze di micronutrienti(specialmente
antiossidanti).
12
-
Malnutrizione Mista cosi definita perché nata da un mix delle precedenti forme di
malnutrizione, Marasma e Kwashiorkor
Com’è facile intuire, queste due patologie sono molto frequenti nei paesi
sottosviluppati o in via di sviluppo, soprattutto in età infantile, con conseguente
ritardo della crescita. In tal caso, il trattamento nutrizionale, è associato alla
speranza di intraprendere uno stile di vita almeno dignitoso. Nel nostro paese, in cui
la forma di malnutrizione più comune è il Marasma, forma più comune soprattutto
negli anziani con problemi nell’assunzione del cibo o che assumono determinati
farmaci e nelle persone affette da disturbi
alimentari (anoressia). E’ piuttosto
rischioso parlare in questi casi di possibili trattamenti dietoterapeutici, poichè
bisogna adeguarsi al caso specifico e considerare gli effetti che un trattamento
nutrizionale non adeguato potrebbe scatenare in un organismo già molto debilitato.
In molti casi si ricorre al trattamento enterale o parenterale; quasi sempre si
prescrivono integratori alimentari per contrastare i deficit di micro e macro
nutrienti. Ovviamente questi soggetti non devono rivolgersi solo a personale e
strutture adeguate, che valuterebbero solo l’aspetto nutrizionale, ma bisognerebbe
tener conto anche di quelli psico-sociale che queste patologie comportano.
Un’accurata
valutazione
del
fabbisogni
nutrizionali
è
essenziale
per
controbilanciare in modo ottimale il deficit proteico ed energetico. La valutazione
dello
stato
nutrizionale
si
articola
in
due
fasi
per
cosi
dire:
la valutazione nutrizionale e quella metabolica. La valutazione dello stato
nutrizionale utilizza le misura statiche dei compartimenti corporei ed esamina le
alterazioni causate dalla malnutrizione. La valutazione metabolica include l’analisi
della struttura e della funzione dei sistemi organici, delle alterazioni del
metabolismo ottenute in relazione alla perdita di massa magra del corpo o di altri
compartimenti e della risposta metabolica all’intervento nutrizionale (se favorevole
o nocivo). La spesa energetica può essere calcolata o misurata direttamente. Il
calcolo è abitualmente la via preferita nel paziente ambulatoriale perché la richiesta
della misurazione diretta è disponibile soltanto in condizioni di malattie acute. Il
primo passo è la determinazione del metabolismo basale, usando equazioni standard
basate sull’età, il sesso ed il peso del paziente. Una di queste formule è quella di
Harris Benedict. Essa dovrebbe tuttavia essere usata con cautela nel paziente critico
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perché è basata sulla valutazione di gruppi in individui sani. La valutazione del peso
del paziente, può essere influenzata dalla presenza di edema o ascite. Le modifiche
devono essere fatte per fattori di correzione come: l’attività fisica, i fattori di stress
(come trauma o ustioni) e questo introduce inevitabilmente delle variabili. Il
metabolismo (domanda energetica) aumenta del 20% dopo chirurgia elettiva e del
100% dopo un’ustione severa. Una ferita, un’infezione o un trauma rientrano tra
queste due estremità (aumento del 50%) o richiedono un fattore stress di 1.5. Il
terzo passo è la determinazione del livello di attività fisica del paziente. L’attività
fisica viene adattata moltiplicando il metabolismo basale per un fattore di attività:
paziente confinato a letto; paziente che deambulano. Le richieste energetiche quindi
possono essere calcolate come segue:
SPESA ENERGETICA= MB x fattore stress x fattore attività
La spesa energetica basale o a riposo e di circa 25kcal/kg di peso corporeo ideale
per giovani adulti e di circa 20kcal/kg per gli anziani. La spesa energetica dei
pazienti traumatizzati o gravemente malati è di circa il 50% maggiore. I pazienti che
hanno un deficit energetico e hanno perso peso richiedono un aumento del 50%
oltre le calorie di mantenimento per la ricostruzione tissutale. Lo standard di
riferimento per la misurazione della spesa energetica nelle diverse condizioni
cliniche è la calorimetria indiretta. Quest’ultima è una tecnica che misura il
consumo di ossigeno e la produzione di anidride carbonica per il calcolo della spesa
energetica. 1 litro di anidride carbonica prodotta genera 1.1kcal (4.60kJ). La terapia
nel paziente critico, deve essere orientata nei confronti della sepsi, correggere lo
shock e l’ipovolemia. E’ importante assicurare un coretto apporto di ossigeno e
nutrienti ai tessuti.
E’ fondamentale, inoltre:
- mantenere un’adeguata pao2 e paco2
- regolare l’equilibrio acido- base
- preservare il volume plasmatico
- mantenere il tasso d emoglobina(>10g/l)
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- assicurare la perfusione tissutale
Una volta che il paziente è metabolicamente stabile,la terapia nutrizionale deve
provvedere a garantire in requisiti nutritivi per la via più appropriata nello sforzo di
favorire la funzione immunitaria e preservare la perdita della massa magra. La
terapia nutrizionale pertanto dovrebbe assicurare un adeguato apporto di energia
(calore), proteine e altri nutrienti nella fase critica del ricovero del paziente. Alla
spesa basale va aggiustata in base allo stato clinico del paziente (fattore di attività e
fattore di aggressione o di stress), secondo la formula di Long:
BEE x fattore di attività x fattore d’aggressione
Recenti lavori hanno messo in evidenza una sovrastima dei valori ottenuti con la
formula di Long. Questa differenza si spiega,almeno in parte, con la diffusa
utilizzazione, nei pazienti più gravi,di tecniche di analgesia e sedazione che
riducono il consumo energetico. Nel soggetto malnutrito e di fondamentale
importanza riportare dei buoni livelli nutrizionali di proteine,glucidi,lipidi.
Nel dettaglio:
Proteine: Un soggetto ha bisogno di un apporto proteico raccomandato di 0,8
g/kg/die, ovviamente varia in funzione dell’età,del sesso. La reintegrazione delle
proteine nel bambino dovrà essere intorno a 4g/kg,mentre nell’adulto 2g/kg. Le
proteine sono indispensabili per la funzione contrattile dei muscoli, per
l’architettura del tessuto connettivo, per il trasporto del plasma in molte molecole,
per la coagulazione, per la formazione di ormoni,enzimi,anticorpi e molto altro. In
carenza proteica vengono mobilitate le riserve lipidiche, vengono prodotti corpi
chetonici e avviene una degradazione muscolare, con rallentamento della
deplezione di proteine viscerali a spesa delle masse muscolari.
Glucidi o Carboidrati: Essi non sono esclusivamente una fonte di calorie, ma
devono essere presenti in quantità superiore al 60% dell’energia totale assunta
giornalmente allo scopo di evitare una pericolosa situazione di chetosi. Il glucosio
in soluzione acquosa sterile è la fonte energetica più utilizzata. Si tratta del
monossacaride più importante, poiché svolge la funzione di fonte energetica; ha un
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effetto “protein sparring” ed è anabolizzante per azione mediata dall’insulina, è
essenziale per il metabolismo cerebrale e dei globuli rossi. Il glucosio può essere
metabolizzato da tutte le cellule dell’organismo, viene utilizzato quasi
completamente, favorisce il passaggio del k+ attraverso le membrane cellulari, è
monitorizzabile tramite il dosaggio della glicemia e della glicosuria. La dose
orientativa necessaria e di 2-5g/kg/die. Il glucosio può essere tossico oltre i
500g/die dando luogo a steatosi,della fosfatasi alcalina e della bilirubina. I
carboidrati esercitano un effetto di risparmio delle proteine e sono indispensabili
anche se in teoria l’organismo può sintetizzarli,in particolare dagli aminoacidi,
tramite gluconeogenesi.
Lipidi o Grassi: Hanno funzione di fonte di energia, di deposito energetico, sono
componenti fondamentali delle membrane cellulari, rappresentano il veicolo delle
vitamine liposolubili e sono una fonte di acidi grassi essenziali. La quantità di AGE
(acidi grassi essenziali) che viene raccomandata,alla settimana è di 80g, nei pazienti
più gravi c’è il rischio di accumulo ed è necessario controllare periodicamente la
trigliceridemia. La dose orientativa è 2g/kg/die. I Glucidi e Lipidi è possibile se non
esistono controindicazioni alla somministrazione di una delle due sostanze e se il
livello energetico supera le 800-1000kcal, somministrarle contemporaneamente.
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CAPITOLO 2
Definizione di nutrizione artificiale
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2.1
Quando iniziare la nutrizione artificiale
Il ricorso alla nutrizione artificiale si ha per trattare lo sviluppo della malnutrizione.
La Nutrizione Artificiale (NA) non cura alcuna malattia e non modifica
l’evoluzione delle patologie, può, tuttavia essere determinante nella “gestione” delle
patologie. La NA è la somministrazione di macronutrienti (proteine, carboidrati,
lipidi) e micronutrienti (elettroliti, vitamine e oligoelementi) per via artificiale al
fine di coprire in parte o del tutto i fabbisogni nutrizionali del paziente. Si ricorre a
questo tipo di nutrizione nelle situazioni in cui la malnutrizione è già sviluppata e
non si è in grado di risolverla con un apporto alimentare corretto. Con più
precisione si tratta di condizioni che precludano un’adeguata alimentazione per via
naturale per periodi > 7-10 giorni; o quando lo stato di malnutrizione è tale da
inficiare l’evoluzione della patologia clinica di base. La NA può essere condotta per
periodi brevi, per sopperire a fasi di ridotta assunzione calorica, come, per esempio,
durante una terapia antineoplastica, o anche per mesi e anni se il paziente, per
effetto della malattia o della terapia, non può più alimentarsi o assorbire il cibo
adeguatamente. La NA riguarda pazienti con profili metabolici differenti. L’apporto
calorico deve essere adattato al dispendio energetico del paziente, tenendo conto
delle situazioni di ipometabolismo o di ipermetabolismo. Da qui nasce il problema
della valutazione della spesa energetica. In pratica la spesa energetica viene
calcolata attraverso formule:
- Formula di Harris – Benedict:
Uomo: kcal/24h + (13,75* kg) + (5*cm) + (6.8 *età)
Donna: 655,1 + (9,6* kg) + (1,8*cm) – (4,7 *età)
- Formula di Long:
Long e Kinney, calcolando la spesa energetica, hanno rilevato che oltre il fattore di
attività, bisogna associare un fattore di gravità per stimare i bisogni reali del
paziente:
Uomo: 66,5 + (13,75*kg) + (5*cm) – (6,8*età)
Donna: 655,1 + (9,6*kg) + (1,8*cm) – (4,7*età)
18
Fattore di attività: pz. Allettato= 1,2 pz. Non allettato = 1,3
Fattore di gravità: intervento minore: 1,2
trauma: 1,35
sepsi: 1,60
ustione grave: 2,10
Riassumendo, gli autori concordano nel dire che i bisogni calorici sono i seguenti:
-
Stati non ipermetabolici: da 25 a 35-40 Calorie/kg/die
-
Stati ipermetabolici: da 40 a 50 perfino 60 kcal
I bisogni idro-elettrolitici sono approssimativi poiché variano in funzione delle
“entrate” e delle “uscite” (diuresi, perdite digestive, sudorazione, feci se diarrea
profusa) e dipendono dalla patologia propria del paziente. La NA può essere
somministrata anche a domicilio e generalmente non limita
l’attività fisica e
lavorativa del paziente. I migliori risultati ed i minori rischi si ottengono quando la
nutrizione artificiale è erogata da centri con esperienza nel campo del supporto
nutrizionale al malato di cancro.
Con il termine nutrizione artificiale, si intende solo la somministrazione di nutrienti
attraverso vie artificiali,e cioè sonde o stomie per la enterale (NE), acessi venosi di
vario tipo per la parenterale (NP).
-
Nutrizione Enterale (NE):
infusione di miscele nutritive nella via
digestiva (stomaco - digiuno) attraverso un sistema artificiale (sonda o
stomia)
- Nutrizione Parenterale (NP):
infusione di soluzione nutrizionale in
un vaso venoso, periferico o centrale.
2.2
Scelta della via della nutrizione enterale
La Nutrizione Enterale (NE) viene preferita alla Nutrizione Parenterale (NP) in
quanto più fisiologica, più semplice, meno costosa, meno duttile in condizioni
dismetaboliche, con rare complicazioni. Questa “pratica” esige che vi sia
funzionalità del tubo digerente e che si mantenga trofismo intestinale, per questo
19
motivo può essere utilizzata in tutti i pazienti che presentano e abbiano un intestino
funzionante. Come in tutte le procedure mediche ci sono situazioni in cui può essere
usata, e, altre, in cui è sconsigliato farlo.
La NE può essere usata per quei pazienti che presentano i seguenti disagi:
Non vogliono mangiare:
- Anoressia nervosa e psicopatie
-
Non possono mangiare:
Anoressia neoplastica
- Alterazioni della coscienza
-
Malattie neurologiche con alterazioni
della deglutizione
Non devono mangiare:
-
Traumi e chirurgia maxillofacciale
-
Periodo postoperatorio
-
Fistole digestive alte (esofago, stomaco,
duodeno)
Non mangiano abbastanza :
-
Pancreatite croniche recidivanti
-
Fibrosi cistica
-
Pazienti ipercatabolici (Trauma, Sepsi,
Ustioni)
- Paziente Neoplastico
Come ogni “pratica” anche la NE presenta delle controindicazioni, infatti non è
possibile usarla nei casi in cui il paziente sia affetto da:
- Fistole digiunali o ileali ad alta portata (output > 500 cc/die)
- Occlusione o sub occlusione intestinale
- Diarrea secondaria a malassorbimento
(output > 600 cc/die)
- Intolleranza alla NE
20
Nella gestione della nutrizione c’e bisogno di un team competente e ben strutturato
che determini un miglioramento della qualità dell’assistenza e di conseguenza una
riduzione globale delle complicanze e della spesa sanitaria.
2.3
Le diete per la nutrizione enterale
Le formulazioni (o diete) per NE sono impiegate per integrare o sostituire
temporaneamente, per periodi più o meno lunghi, la dieta di soggetti che non
riescono a coprire i fabbisogni nutrizionali attraverso l’alimentazione normale. Si
tratta di prodotti liquidi o in polvere da ricostituire con un determinato volume di
acqua o altre bevande (es. latte) somministrati attraverso sonda e formulati per
rispondere a esigenze nutrizionali diverse, sia in pazienti adulti che bambini.
Quando si ricorre a questi prodotti, sono molti i fattori da considerare prima di
procedere alla scelta, occorre infatti valutare: se serve una semplice integrazione
della dieta piuttosto che un semplice integrazione completa dell’alimentazione
normale, considerando l’età e lo stato metabolico del paziente nonché la presenza di
patologie (es. diabete, insufficienze d’organi, cardiopatie, eventuali intolleranze).
Per far fronte a queste molteplici condizioni ed esigenze, in commercio vi sono
numerosi prodotti, diversi tra loro per caratteristiche e indicazioni d’uso e di cui non
è sempre facile orientarsi nella scelta. Per comprendere meglio le descrizioni
riportate nella scheda tecnica e/o sull’etichetta dei singoli dietetici e per capirne le
caratteristiche e le indicazioni d’uso è importante essere a conoscenza di alcune
semplici ma essenziali informazioni. I prodotti per NE contengono, in percentuale
variabile a seconda delle indicazioni d’uso, tutti i nutrienti fondamentali o solo
alcuni di essi.
-
Le PROTEINE: possono essere di origine animale e/o vegetale,intere o idrolizzate
fino ad arrivare ai singoli aminoacidi, allo scopo di renderle più facilmente
digeribili. La miscela, inoltre, può essere arricchita in aminoacidi essenziali.
-
Gli ZUCCHERI: sono rappresentati sia da polisaccaridi, che da mono e disaccaridi
come il fruttosio e il saccarosio.
21
-
I GRASSI: sono costituiti da oli vegetali (che forniscono un buon apporto di acidi
grassi essenziali), lecitina di soia, trigliceridi a catena media (MCT) e lunga (LCT).
-
VITAMINE e SALI MINERALI: sono presenti in quantità variabile. Il contenuto
vitaminico delle diete enterali garantisce, in condizioni in cui il prodotto rappresenta
l’unica fonte di nutrimento, la copertura, anche eccedente, del fabbisogno
giornaliero. I Sali minerali sono, invece, generalmente sotto dosati, in modo da
consentire l’impiego del prodotto anche in pazienti in cui è particolarmente
importante mantenere sotto controllo il bilancio idroelettrolitico (es.cardiopatici).
-
Il contenuto d’ACQUA: varia, in genere, dal 60% all’85%. Qualora l’alimento
artificiale rappresenti l’unica fonte nutrizionale, determina il quantitativo di liquidi
assunto dal paziente. Condiziona, inoltre, la conservabilità del prodotto.
L’assenza di glutine nelle diete per NE le rende utilizzabili anche nei pazienti
celiaci,mentre per i soggetti con intolleranza al lattosio esistono formulazioni che ne
sono prive. Quando nella composizione rientrano tutti i nutrienti fondamentali, le
formule si definiscono Nutrizione Completa e possono rappresentare, se necessario,
l’unica fonte di sostentamento per il paziente. Vengono, invece, definite incomplete
quando contengono un solo nutriente (es. Promod Abbott, un integratore proteico;
Polycose Abbott, un integratore glucidico) o sono fortemente sbilanciate a favore di
uno o più nutrienti (es. Resource Meritene Novartis, fornisce il 38% delle kcal come
proteine ed il 60% come zuccheri) e sono destinate all’integrazione di una dieta
naturale o artificiale, quando questa non fornisce un apporto adeguato di quel/quei
nutriente/i. Le diete nutrizionalmente complete sono bilanciate quando contengono
tutti i nutrienti in proporzioni a quelle che rispecchiano quelle di un’alimentazione
normale equilibrata. Per questo tipo di diete il 50-65% delle kcal totali è fornita
sotto forma di zuccheri, il 15-20% di proteine ed il 20-30% di grassi (es. Isosource
Abbott). Esistono poi diversi prodotti in cui il rapporto reciproco dei vari nutrienti si
può discostare da queste proporzioni(diete non bilanciate) per adattarli alle varie
esigenze dell’utilizzazione finale. Cosi, ad esempio, nei prodotti destinati a pazienti
che necessitano di un apporto proteico ridotto, le proteine non rappresentano più il
5-6% dell’apporto calorico (es. Renalcare Abbott); mentre arrivano a fornire anche
il 30-40% delle kcal totali nelle diete destinate ai pazienti con un aumento del
fabbisogno di proteine, ad esempio pazienti debilitati, con ulcere o ustioni estese
22
(es. Cubitan Nutricia, 30% di proteine). Per soddisfare le esigenze di pazienti che
necessitano di un apporto glucidico superiore sono disponibili prodotti più ricchi di
zuccheri (es. Peptisorb Nutricia, dove i carboidrati rappresentano il 75% circa delle
kcal totali) ed esistono, infine, prodotti in cui il contenuto in grassi arriva a coprire
il 55% delle kcal totali (es. Pulmocare, Oxepa). Il trattamento descritto sopra, è
destinato a quei pazienti con funzionalità respiratoria ridotta, in cui è necessario
limitare la produzione endogena di anidride carbonica derivante dall’ossigenazione
degli alimenti. C’è da sottolineare, però che il loro ruolo in questi casi non è
adeguatamente dimostrato. Il ridotto contenuto di fibre di molti prodotti (es. Ensure
Plus Abbott) è finalizzato all’utilizzo in condizioni in cui è necessario ridurre la
presenza di scorie intestinali(es. patologie infiammatorie intestinali, periodo
postoperatorio dopo interventi chirurgici all’apparato digerente). All’opposto, i
prodotti addizionati di fibre (es. Novasource GI CONTROL Novartis) sono indicati
soprattutto per stimolare la funzione intestinale in pazienti con scarso apporto
alimentare di queste sostanze e/o con stipsi dovuta ad ipomotilità dell’apparato
gastrointestinale. In base alle caratteristiche dei nutrienti, le diete complete in
commercio si possono dividere in diete Elementari o Semielementari e diete
Polimeriche.
Le diete Elementari o Semielementari contengono nutrienti in forma assimilabile
e trovano, quindi, indicazione in caso di compromissione delle capacità digestive
(es. pazienti con insufficienza pancreatica, sindromi da malassorbimento). Sono
somministrabili pressoché esclusivamente per sonda.
Le diete Polimeriche, quelle di più largo consumo sono costituite da nutrienti e
sono, per questo, adatte ai pazienti che hanno una normale capacità digestiva. Le
formulazioni normocaloriche forniscono circa 1kcal/ml, mentre le ipercaloriche
forniscono 1,5 kcal/ml ed hanno un quantitativo di acqua più ridotto(60% circa,
rispetto all’85% circa delle normocaloriche), essendo per lo più indicate quando per
i pazienti che necessitano di un apporto calorico adeguato limitando, nel contempo,
il volume di liquidi da somministrare.
23
CAPITOLO 3
Storia ed evoluzione
24
3.1
Gastrostomia endoscopica percutanea
La gastrostomia endoscopica percutanea è stata descritta per la prima volta da
Ponsky e Gauderer nel 1980. La European Society for Clinical Nutrition and
Metabolism (ESPEN) suggerisce di prendere in considerazione la gastroscopia
endoscopica percutanea nei casi in cui la nutrizione enterale si protrae per più di 30
giorni e il paziente abbia un apporto nutrizionale inadeguato sia qualitativamente sia
quantitativamente da almeno 2 o 3 settimane. In passato la gastrostomia
endoscopica percutanea era usata nei soggetti con una scarsa aspettativa di vita o
nei pazienti con demenza in stadio avanzato. Oggi, invece, è considerata una valida
alternativa per i soggetti con malattie a prognosi benigna. Si tratta di una tecnica di
scelta per la nutrizione enterale nei pazienti con disfagia secondaria a patologie
neurologiche acute (traumi cranio-encefalici, accidenti cerebro-vascolare), croniche
(sclerosi laterale amiotrofica, malattia di Parkinson, tumori cerebrali, paralisi
cerebrale) e nei soggetti con patologie oncologiche (distretto cervico-cefalico e
gastroenterico alto). Nel paziente oncologico, la gastrostomia endoscopica
percutanea può avere indicazioni a scopo sia nutrizionale sia decompressivo di
lunga durata. Inoltre e utilizzata nei soggetti con AIDS, in caso di sindrome di
intestino
corto,
chirurgia
ricostruttiva
maxillo-facciale,
coma
prolungato,
politraumi, morbo di Crohn, fibrosi cistica, insufficienza renale cronica. La
nutrizione enterale con gastrectomia endoscopica percutanea si utilizza anche in
ambito pediatrico, soprattutto in caso di patologie neurologiche e oncologiche. La
gastrectomia è utile per garantire una nutrizione artificiale prolungata in soggetti
con disturbo di deglutizione, deficit di crescita o ritardo mentale. Dal momento che
l’inserimento endoscopico di una sonda per nutrizione enterale è una procedura
elettiva invasiva è necessario ottenere il consenso del paziente. Nella nutrizione post
operatoria a lungo termine la tecnica preferita è la stomia, se è possibile eseguirla
chirurgicamente durante l’intervento. Prima di ricorrere alla sonda naso-enterica va
valutata la tollerabilità da parte del paziente e la difficoltà di gestione se si
verificano episodi ostruttivi ricorrenti, fattori che possono far decidere per il
passaggio alla gastrectomia endoscopica percutanea. Le sonde utilizzate per
l’accesso al tubo digerente sono in poliuretano, eritrotano o in gomma di silicone.
Questi materiali sono indicati perché biocompatibili e perché a temperatura
25
corporea sono morbidi e flessibili. Per il rapporto tra diametro interno ed esterno si
tende a preferire il poliuretano e l’eritrotano rispetto al silicone. La sezione del
calibro del sondino dipende dalla miscela nutrizionale che deve essere
somministrata e dal sistema di infusione. In particolare con il sistema a caduta
vengono consigliati sondini di grosso calibro (almeno 15 F) per evitare l’occlusione.
Nella pratica clinica abituale si utilizzano sondini che hanno un calibro compreso
tra 14 e 22 F. La sonda gastrica ha un rigonfiamento interno (costituito da un disco,
una cipolla o un palloncino tipo foley) che serve ad ancorarla per evitare lo
sfilamento, e un disco esterno che serve per evitare spostamenti verso l’interno. Se
la sonda è del tipo rimovibile dall’esterno, avrà un disco interno sufficientemente
morbido che tirando dall’esterno si potrà deformare e passare attraverso il buco
della parete addominale. Questo tipo di sonda potrà essere sostituita anche in casa.
La sonda non rimovibile invece ha un disco interno rigido (bumper) e va sostituita
per via laparoscopica. Un particolare tipo di sonde gastrostomiche sono quelle a
basso profilo o bottoni gastrici poiché hanno la peculiarità di sporgere esternamente
con uno spessore molto ridotto quindi di nascondersi sotto i vestiti. Si consiglia di
sostituire una sonda tradizionale già posizionata con una a basso profilo in
situazioni particolari ossia quando un paziente è giovane, nei soggetti a rischio di
rimozione della sonda tradizionale. I set per infusione sono costituiti da un
deflussore in cloruro di polivinile con una camera di gocciolamento collegata alla
sonda da un connettore. Secondo la normativa vigente tale connettore deve essere
incompatibile con qualsiasi catetere per infusione endovenosa. I contenitori per le
soluzioni nutrizionali sono dispositivi graduati, trasparenti in polietilene. Devono
essere sterili e monouso. Si raccordano al deflussore nella parte inferiore, l’apertura
superiore ne consente il riempimento. Il volume della siringa utilizzata per lavare e
irrigare il tubo enterale non deve essere inferiore a 30 ml.
3.2
Posizionamento e possibili complicanze
Negli anni la tecnica di inserimento ha subito diverse evoluzioni e oggi
all’endoscopia si stanno affiancando nuove alternative come la gastroscopia
26
laparoscopica (PLG), con guida sonografica (PSG) o fluoroscopia (PFG).
Le tecniche per le applicazioni sono 3:
-
La tecnica pull: che prevede l’introduzione nello stomaco, tramite un ago, di un
filo di seta, ed estratto dal cavo orale con l’ausilio di un endoscopio. Una volta
uscito dal cavo orale la sonda gastrostomia si lega al filo e viene tirata dall’esterno
sino al posizionamento, fuoriuscendo in regione epigastrica.
-
La tecnica push: consiste nel far si che sul filo guida flessibile si faccia scorrere la
sonda gastrostomica dal cavo orale alla parete addominale.
-
La tecnica introducer: mediante la realizzazione o meno di una gastropessia
permette la rimozione l’ago, lasciando in situ una guida metallica flessibile lungo la
quale si posiziona la sonda gastrostomia.
Se non esistono impedimenti anatomici al transito della protesi gastrostomia le
tecniche di scelta sono la pull e la push.
La tecnica introducer va, invece preferita in caso di stenosi serrata che non permette
il transito della sonda per via organica. Normalmente la manovra viene eseguita in
day surgery o con degenza di uno o 2 giorni, l’esame viene eseguito in endoscopia,
la mattina dell’esame il paziente deve essere digiuno, l’equipe per effettuare
quest’esame deve essere composta da medici ed infermieri della UO di
Gastroenterologia.
Fasi del posizionamento della PEG:
-
Controllare la documentazione, la preparazione e le condizioni del paziente.
-
Consenso del paziente o tutore legale al posizionamento della PEG e all’anestesia.
-
Esecuzione tricotomia e detersione addominale ( da eseguire immediatamente prima
della procedura).
-
Posizionamento del paziente in decubito supino con il capo ruotato a sinistra e
posizionamento del boccaglio.
-
Applicazione del saturimetro, degli elettrodi per monitoraggio elettrocardiografico,
sfigmomanometro per monitoraggio PA.
-
Posizionare occhialini nasali per erogare O2.
-
Preparare l’addome con betadine.
27
-
Lavaggio delle mani con antisettico, indossare copricapo, mascherina, guanti e
camice sterile.
-
Preparazione del campo sterile, su un carrello servitore, utilizzando un telino sterile
e predisponendovi il materiale occorrente (garze sterili, set della PEG, telo sterile,
siringa sterile con anestetico locale).
-
Disinfezione della sede d’incisione con movimenti circolari, uni-direzonali, dalla
sede prescelta verso l’esterno.
-
Esecuzione dell’anestesia/sedazione quando necessario.
-
Esecuzione di una gastroscopia standard.
-
Il gastroscopio viene, quindi, posizionato in cavità gastrica, direzionando la luce
dello strumento verso la parete gastrica anteriore e insufflando nello stomaco.
-
Praticare l’anestesia locale nel punto d’inserzione e inserire l’ago introduttore
perpendicolarmente alla parete addominale, sino ad entrare in cavità gastrica.
-
Praticare una piccola incisione di circa 1 cm nella sede di inserzione dell’ago.
-
L’infermiere aiutante collabora con il medico endoscopista nel posizionare l’ansa
aperta nelle vicinanze della sede prescelta.
-
Rimuovere il mandrino metallico dell’ago ed inserisce il filo guida che verrà
afferrato dall’ansa.
-
Sfilare l’endoscopio dalla bocca ed il filo viene trascinato verso l’esterno. Praticare
un cappio facendo passare la parte distale costituita da un anello della PEG sulla
guida, retrae la PEG chiudendo un nodo, applicare il lubrificante sterile sulla PEG.
-
Ritirare la guida che farà passare la sonda dalla bocca alla breccia addominale.
-
Seguire il percorso della sonda fino a che non sia quasi appoggiata alla parete
gastrica interna.
-
Posizionare il fermo cutaneo esterno lasciando un margine di 1-2 cm dal piano
cutaneo, verificando che sia il dispositivo esterno che interno possano ruotare in
modo completo.
-
Inserire un adattatore di connessione regolando la lunghezza della sonda; applicare
medicazione e raccordare una sacca di raccolta che dovrà essere mantenuta per
almeno 3-4 ore.
-
Refertazione indicando il tipo di PEG posizionata e la distanza del fermo cutaneo
esterno/fermo cutaneo interno.
28
-
Monitoraggio post procedura in sala osservazione.
-
Invio del paziente presso il setting di degenza.
Come tutte le procedure invasive si possono presentare delle complicanze, ed in
questo caso l’equipe deve essere brava a scongiurarle. Uno dei problemi più
frequenti sul lungo periodo è il deterioramento della cute peristomale. Si può
verificare arrossamento, irritazione della stomia o infezione peristomale. La
fuoriuscita di materiale gastrico è la causa più frequente di arrossamento o
irritazione della stomia. In alcuni casi però potrebbe trattarsi di una reazione
allergica (per esempio a saponi o alle creme utilizzate). La zona arrossata va pulita
con acqua tiepida, cambiando il detergente. L’infezione peristomale si verifica dal
5,4 al 30% dei casi ma soltanto l’1,6% dei pazienti richiede trattamenti medici o
chirurgici importanti. I soggetti più a rischio sono quelli con patologie concomitanti
come diabete, obesità, malnutrizione o in trattamento con corticosteroidi. La
profilassi immediata dopo posizionamento della sonda con antibiotico ad ampio
spreto si è rilevata utile per ridurre il rischio di infezione. Le infezioni del sito di
inserimento nel 70% dei casi rispondono alle terapie locali o sistemiche, per questo
non è indicato fare una coltura o un’analisi dell’essudato aspirato con una siringa
anche nei pazienti a maggiore rischio infettivo. Il posizionamento della
gastrostomia con la tecnica introducer sembra provochi meno infezioni della
tecnica push, pull, perché il tubo non passa attraverso l’orofaringe. Altri problemi
comuni nei pazienti che hanno subito una gastrostomia endoscopica percutanea
sono:
-
L’allargamento della stomia;
-
Il cattivo posizionamento del tubo enterale;
-
La rimozione accidentale della gastrostomia endoscopica percutanea;
-
L’ostruzione del tubo;
-
La fuoriuscita della soluzione nutrizionale o del contenuto gastrico;
-
La buried bumber syndrome (BBS).
L’allargamento della stomia si manifesta con perdita di succo gastrico. In questi
casi occorre pulire accuratamente la cute attorno la stomia, medicare e sostituire la
medicazione quando é umida. Può essere utile applicare pomate o paste che creino
29
una barriera protettiva sulla superficie cutanea. Se il problema non si risolve va
sostituita la sonda. L’ostruzione del tubo è una delle complicanze più frequenti
(circa il 20% dei casi). Spesso è causata dalla coagulazione della soluzione
nutrizionale o da un insufficiente lavaggio soprattutto dopo la somministrazione di
farmaci che precipitando formano concentrazioni nel tubo. La curvatura del tubo o
l’uso di un tubo troppo lungo che viene piegato troppo possono contribuire
all’ostruzione. Per risolvere il problema bisogna innanzitutto fare un lavaggio con
acqua tiepida; se non è sufficiente si può utilizzare bicarbonato di sodio al 5%
iniettandone 30-50 ml o una compressa da 500 mg da diluire in 10 ml di acqua
calda. E’ consigliato anche l’uso di enzimi pancreatici attivati. Non sono consigliati,
invece, lavaggi con succo d’ananas, di mirtillo, coca cola, e altre bevande dolci o
gassate. Sembra infatti che queste bevande in particolare la coca cola e il succo di
mirtillo, possano causare una denaturazione delle proteine presenti nella soluzione
nutrizionale. Se l’ostruzione non si risolve con questi accorgimenti si può provare a
rimuovere l’ostacolo meccanicamente con uno spazzolino per citologico, oppure
con appositi scovolini. Se non si riesce a disostruire la sonda si deve avvisare il
medico. La fuoriuscita della soluzione nutrizionale o del contenuto gastrico
attraverso lo stoma si verifica nell’1-2% dei casi a causa di un’infezione nel sito di
inserimento della gastrostomia, di un aumento della secrezione gastrica, di una
pulizia locale eccessiva con acqua ossigenata, di una curvatura eccessiva del tubo o
di una inadeguata stabilizzazione. Rimuovendo la causa è possibile risolvere il
problema. A livello cutaneo bisogna applicare pomate protettive per esempio a base
di ossido di zinco che possono prevenire le irritazioni. L’uso di medicazioni
avanzate, o schiume (poliuretano) è più efficace delle medicazioni semplici con
garza perché permette l’assorbimento degli escreti e quindi la cute rimane asciutta.
Le garza, restano costantemente umide, irritando ulteriormente la cute. Oltre alla
fuoriuscita di liquidi possono insorgere infezioni micotiche da trattare con
antimicotici specifici. La buried bumper syndrome (BBS) è la parziale o completa
crescita di mucosa gastrica nel sistema di bloccaggio interno(bumper) della sonda.
Il bumper può migrare attraverso la parete gastrica e si può bloccare in un tratto di
stomaco. Si manifesta in genere con i segni e sintomi di infezione o con la
fuoriuscita di liquido nella sede peristomale. Si osserva immobilità del tubo, dolore
30
addominale e resistenza all’infusione di acqua o soluzione nutrizionale. Può
provocare perforazione, peritonite, fino a morte, nello 0,3-2,4% dei pazienti e la
fistolizzazione nello 0,3-6,7% dei pazienti.
3.3
Complicanze riguardanti la nutrizione enterale – confronto
con le altre tecniche di nutrizione enterale
Le complicanze legate alla somministrazione della nutrizione enterale sono in
genere:
-
Diarrea;
-
Stitichezza;
-
Nausea e vomito;
-
Reflusso gastroesofageo;
-
Aspirazione polmonare.
La diarrea si manifesta circa nel 63% dei soggetti. Le cause possibili sono la
velocità o la temperatura di somministrazione, la contaminazione della soluzione o
della linea d’infusione, la somministrazione di preparazioni con osmolarità alta e
l’intolleranza al lattosio. E’ importante, quindi, controllare la velocità di
somministrazione e assicurarsi che il preparato sia a temperatura ambiente. Per
evitare la contaminazione degli alimenti occorre rispettare la corretta igiene durante
la preparazione e la conservazione. Se la diarrea è causata dall’alta osmolarità delle
miscele nutritive, bisogna usare preparazioni isosmotiche. Se, invece, è causata da
intolleranza al lattosio contenuto nei preparati bisogna usare prodotti che ne siano
privi. La persistenza di diarrea per più di 1-2 giorni richiede la valutazione clinica
da parte di un medico. La diarrea riduce l’assorbimento favorendo la malnutrizione,
aumentando il rischio di infezioni, di lesioni da decubito e di disidratazione. I
soggetti allettati possono soffrire di stitichezza che può essere prevenuta e trattata
con l’idratazione del paziente e l’uso di miscele arricchite di fibre. La nausea e il
vomito compaiono in circa il 20% dei pazienti trattati e sono fattori di rischio
importanti per la polmonite ab ingestis. In caso di nausea non bisogna forzare
l’alimentazione ma sospenderla momentaneamente, se questa persiste va ridotta la
31
quantità del preparato da somministrare e aumenta la frequenza dei pasti. Se
compare vomito occorre interrompere l’alimentazione e riprenderla gradualmente
dopo un’ora somministrando 25-30% cc/ora. Se il vomito persiste si deve avvisare
il medico. Il reflusso gastroesofageo è la complicanza più frequente e temuta. Si
può presentare anche nei pazienti con stomia gastrica o digiunale. In questo caso
bisogna prestare particolare attenzione alla posizione del paziente. E’ preferibile
fargli assumere la posizione semiseduta, sollevando la testiera del letto, utilizzando
alcuni cuscini e mantenendo tale posizione per almeno un’ora dal termine del pasto.
L’aspirazione polmonare è la complicanza più temibile, con un’incidenza che va
dall’1 al 4%. Per prevenirla è necessario mettere il paziente seduto a 45° durante
l’infusione. Il confronto fra le diverse tecniche e la gastrostomia endoscopica
percutanea ha dimostrato che quest’ultima è più semplice da effettuare e riduce i
tempi di degenza e i costi.
Esistono 3 tecniche per la somministrazione della nutrizione enterale.
La
Nasogastrica,
Gastrostomia
Endoscopica
Percutanea,
Gastrostomia
Laparoscopica suddivise a loro volta in vantaggi, svantaggi e complicanze esse
sono:
Nasogastrica:
Vantaggi



Poco costosa
Facile posizionamento
Utilizzabile per nutrizione ed
eventuale decompressione
Utilizzabile per bolo o
infusione continua

Svantaggi


Facile dislocamento
Possibile flogosi di nasofaringe
e seni paranasali
 Non indicata per la nutrizione
enterale a lungo termine
Complicanze




Sinusite
Otite
Mucosite
esofagite
32
Vantaggi
Gastromia
endoscopica
percutanea:




Accesso diretto allo stomaco
Utilizzabile per nutrizione ed
eventuale decompressione
Utilizzabile per bolo o
infusione continua
Indicata per nutrizione
enterale a lungo termine
Svantaggi

Controindicata in caso di
ascite imponente, stenosi
esofagea invalicabile,
gastroparesi, dialisi
peritoneale
Complicanze




Macerazione peritubolare
Infezione peristomale
Fistola gastro-colocutanea
Fascite necrotizzante
Vantaggi



Gastrostomia
Laparoscopica:


Accesso gastrico in visione
diretta
Utilizzabile per nutrizione e
decompressione
Utilizzabile per bolo o
infusione continua
Indicata in corso di
laparoscopia
Indicata per nutrizione
enterale a lungo termine
Svantaggi



Costosa
Richiede un team chirurgico
e la sala operatoria
Controindicata in caso di
ascite massiva e gastroparesi
Complicanze



Deiscenza della ferita
Fistolizzazione tra stomaco e
parete addominale
Perdita e macerazione
peristomale
33
Il confronto tra le diverse tecniche chirurgiche e la gastrostomia endoscopica
percutanea (PEG) si evince che quest’ultima è più semplice da effettuare, riduce i
tempi di degenza e i costi.
3.4
Monitoraggio giornaliero della nutrizione enterale
Il monitoraggio si effettua maggiormente all’inizio della terapia e nei pazienti
metabolicamente instabili, il suo scopo è di valutare la tolleranza alla nutrizionale e
prevenire o individuare precocemente le complicanze di intolleranza digestiva
(vomito, distensione addominale, ristagno gastrico eccessivo, dolore addominale,
diarrea, costipazione). Il controllo di una buona NE si basa sul monitoraggio del
bilancio idrico, degli elettroliti e su ogni altro parametro metabolico, sulla base
dello stato clinico del paziente. Il suddetto controllo deve avvenire tramite una
registrazione scrupolosa dell’apporto idrico obbligatorio con la diluizione di
farmaci endovenosi o per sonda e per lavaggi del Sondino Naso Gastrico o PEG. Va
inoltre calcolato l’apporto in elettroliti, NA, K, Mg, Ca, P. Vanno monitorati
secondo appropriatezza i parametri metabolici e nutrizionali dello stato cliniconutrizionale del paziente, corretti quelli anormali, se possibile, prima della NE.
Tramite il monitoraggio l’equipe ospedaliera presta attenzione nei pazienti
malnutriti
alla
prevenzione
della
Sindrome
da
Refeeding.
Nel periodo iniziale viene valutato il monitoraggio clinico, svolto tramite un
accurato
esame
oggettivo
ed
una
valutazione
dello
stato
nutrizionale,
ed il monitoraggio metabolico, tramite il bilancio idroelettrico, omeostasi glicemica,
funzionalità renale ed epatica. Nel paziente stabile il monitoraggio è mensile e si
basa su valutazioni cliniche-nutrizionali, e metaboliche come il peso corporeo,
valutazione stato idratazione e valutazione apporti nutrizionali. Nel paziente a lungo
termine viene, invece, effettuato un monitoraggio tramite un follow up delle
complicanze metaboliche a lungo termine (epatiche, ossee) e viene verifica la
corretta gestione della nutrizione enterale.
34
CAPITOLO 4
Assistenza infermieristica al paziente con (P.E.G)
35
4.1 Il processo di assistenza infermieristica ed il piano di
assistenza infermieristica
Il processo infermieristico è costituito da una serie di fasi ed azioni pianificate, che
mirano a soddisfare i bisogni del paziente e risolvere i problemi del paziente. Alla
base troviamo la metodologia utilizzata nel problem solving, un processo logico e
sistematico per risolvere i problemi. Il processo di nursing che acquisisce la
metodologia del problem solving, operando due sostanziali modifiche:
-
I problemi da risolvere non sono ipotetici e decisi dall’infermiere, ma reali ed
evidenziati dalla raccolta dati che inizia con il processo.
-
Le soluzioni proposte non sono tutte equivalenti, ma vengono privilegiate quelle
che risultano più attendibili e convalidate della letteratura oltre che dalla soluzione
del momento.
Possiamo quindi affermare che il processo di nursing è una serie definita di azioni,
eseguita per raggiungere gli obbiettivi dell’assistenza infermieristica, mantenere il
benessere e/o fornire la necessaria e qualificata assistenza in base alla situazione,
per consentire all’utente di recuperare il proprio benessere o contribuire alla sua
qualità di vita.
Il processo di nursing è costituito da cinque fasi:
-
Accertamento
L’accertamento consiste nella raccolta e classificazione dei dati. Queste ultime
sono guidate dai concetti fondamentali della disciplina infermieristica e sono
finalizzate ad ottenere informazioni relative al paziente, considerando i fattori fisici,
psicologici, socioculturali ed emotivi che possono influenzare il suo stato di salute. I
dati dell’accertamento devono essere raccolti ed ordinati in modo da prevenire
l’omissione di informazioni utili per la formulazione della fase successiva del
processo di nursing, la diagnosi.
-
Diagnosi
infermieristica
L’assemblea generale, North American Nursing Diagnosis Association (NANDA),
ha approvato una definizione ufficiale della diagnosi infermieristica. Quest’ultima
viene definita come un giudizio clinico riguardante le risposte della persona, della
36
famiglia o della comunità a problemi di salute/processi vitali attuali o potenziali.
Costituisce la base sulla quale scegliere gli interventi infermieristici volti a
raggiungere dei risultati di cui l’infermiere è responsabile. E’ un’affermazione che
descrive uno specifico tipo di problema o di risposta identificato dall’infermiere.
Con esso si esprime il giudizio professionale sulle condizioni del paziente, sulle sue
risposte ai trattamenti ricevuti e sulle necessità di assistenza infermieristica.
-
Pianificazione
Nel piano d’assistenza l’infermiere si pianifica tutte le attività professionali che
mirano:
-
Al Monitoraggio;
-
Alla Prevenzione;
-
Alla Riduzione o eliminazione dei problemi stessi.
L’obiettivo della pianificazione è l’uso migliore delle risorse disponibili al fine di
aiutare il paziente a raggiungere i risultati attesi. Questa metodologia viene usata
per comunicare all’intera equipe quale assistenza infermieristica richiede il nostro
paziente.
La pianificazione prevede due momenti:
-
Definizione di una diagnosi e dei problemi collaborativi con conseguente
organizzazione in base alle priorità d’intervento.
-
Identificazione e prescrizione degli interventi infermieristici volti al contenimento o
risoluzione dei problemi di salute.
-
Attuazione
In questa fase, l’infermiere mette in atto le abilità necessarie per far fronte alle
diagnosi infermieristiche del paziente e per risolvere i bisogni di salute del paziente.
L’esecuzione richiede i seguenti interventi:
-
Accertare e controllare (es. registrare i parametri vitali);
-
Svolgere interventi terapeutici;
-
Assicurare le funzioni respiratorie;
-
Assicurare l’alimentazione e l’idratazione;
37
-
Assicurare l’eliminazione intestinale ed urinaria
-
Assicurare l’igiene e il confort;
-
Assicurare la funzione cardiocircolatoria;
-
Assicurare un ambiente terapeutico sicuro;
-
Fornire un appoggio emotivo;
-
Insegnare e consigliare;
-
Indirizzare il paziente ad istituzioni e servizi appropriati;
Durante l’attuazione, l’infermiere ripropone una nuova valutazione, revisiona e
modifica il piano d’assistenza, cercare aiuto, stabilendo se è necessario l’intervento
di altri membri dell’equipe o di altre informazioni.
-
Valutazione;
In questa fase viene accertata l’efficacia del piano di assistenza rispondendo a
domande che dovrebbero sorgere spontanee:
-
Come è progredito il paziente in termini di obiettivi stabiliti nel piano?
-
Il paziente ha nuove necessità?
-
Il piano di assistenza infermieristico richiede di essere revisionato?
Ed altre domande da ripetersi all’infinito per effettuare una buona assistenza
infermieristica come:
-
Le condizioni del paziente sono migliorate, peggiorate, stazionarie?
-
Le diagnosi infermieristiche erano accurate?
-
Le necessità del paziente sono state soddisfatte?
-
Paziente ha raggiunto l’obiettivo documentato nel piano di assistenza?
-
quali interventi infermieristici dovrei correggere o interrompere?
-
Dovrei rivedere le priorità dei miei interventi?
Si può dire di aver effettuato una buona assistenza infermieristica, quando le fasi
sopra elencate vengono rispettate e quando si ha un esito positivo delle stesse.
38
4.2
Il ruolo dell’infermiere nella gestione della PEG nell’unità
operativa
La gestione della PEG ha inizio subito dopo l’applicazione della stessa.
Quest’ultima è tenuta aperta con drenaggio a caduta. L’alimentazione può essere
iniziata dopo 2-4 ore dall’applicazione se c’è una normale attività peristaltica e se la
nutrizione avviene in maniera continua tramite pompa di infusione. Se, invece, la
nutrizione avviene ad intermittenza, la somministrazione deve essere invece
effettuata dopo 12-24 ore. Nella prima somministrazione è meglio cominciare con
sola acqua (es. 50-100 ml tramite siringa cono catetere ogni 2 h) per 1-2 volte e
dopo 2-4 h dalla prima somministrazione, se ristagno gastrico è < 100 ml.
La somministrazione di alimenti può avvenire in maniera:
-
intermittente
 In bolo somministrazione, con siringa cono catetere non inferiore a 50 ml e
frequenza di immissione non superiore a 30 ml/min di miscela nutrizionale,
ad intervalli di 4-5 ore. Pur essendo la più vicina all’alimentazione
fisiologica, è sconsigliata in quanto presenta notevoli effetti collaterali
(distensione gastroaddominale, nausea, vomito, reflusso gastroesofageo, abingestis, diarrea da contaminazione).
 A dose: la quantità totale di miscela delle 24 h viene suddivisa in porzioni
uguali somministrate 6-8 volte/die con l’ausilio di una pompa infusionale (
preferibile) oppure a caduta.
-
continua
E’ la modalità più corretta e comporta meno effetti collaterali, si diminuiscono le
manipolazioni delle miscele nutritive, si allunga il tempo di assorbimento
migliorandone la capacità. Nei pazienti in condizioni stabili, con funzioni intestinali
integre e adattabile a flussi veloci, si può concentrare la somministrazione in 8-12 h
(es. durante la notte).
La nutrizione può avvenire:
 tramite pompa infusionale che garantisce la costanza del flusso, evita
problemi legati alla eccessiva velocità di flusso e può essere indispensabile
nelle prime fasi della NE per abituare l’intestino al cambiamento.
39
 per caduta: goccia a goccia.
Tra le due tecniche descritte, la migliore è quella che prevede l’uso della pompa
infusionale, questo perché la tecnica a caduta è empirica pertanto l’indicazione del
gocciolamento è suscettibile di modifiche. Un altro fattore importante della
somministrazione della nutrizione è la velocità con cui avviene la somministrazione
o flusso.
Per determinare un corretto flusso in caso di somministrazione a caduta, devono
essere svolte delle azioni:
-
Appendere il flacone o la sacca contenente la miscela nutrizionale a circa 1 metro al
di sopra dello stomaco del paziente;
-
Verificare il flusso (ml/h) nella prescrizione;
-
Dividere questo flusso (ml/h) per 3 al fine di ottenere le gocce al minuto;
-
Dividere questo numero (gocce/min) per 4 al fine di ottenere le gocce per 15 sec;
-
Controllare dopo 15 minuti;
-
Quando la NE è a regime, a seconda delle necessità del paziente, è possibile
frazionare la somministrazione;
-
Nel diabetico ai fini di un ottimale compenso glicometabolico è consigliabile
frazionare la somministrazione nell’acro della giornata.
In questi casi i boli di acqua da 70 ml dovranno essere infusi all’inizio ed alla fine
di ogni somministrazione intermittente. L’acqua va somministrata in modo
intermittente utilizzando siringhe cono catetere, frazionando la quantità nell’arco
della giornata. In questo modo si realizza da un lato la completa idratazione del
paziente e dall’altro il lavaggio della sonda attraverso la pressione esercitata dalla
siringa. La somministrazione dell’acqua in continuo per lunghi periodi di tempo è
da considerarsi scorretta e potenzialmente rischiosa, portando il paziente verso un
eccessivo carico di liquidi. Nella somministrazione dei nutrienti vengono utilizzati
dei materiali:
-
Guanti;
-
Siringa (adatta a raccordarsi con la sonda);
-
Pompa: deve essere maneggevole, di semplice utilizzo, preferibilmente a batteria,
dotata di allarme acustico ed arresto automatico in caso di ostruzione o alterazione
40
della fluidità dei preparati. Possono essere volumetriche (ml/h) o peristaltiche
(gtt/h);
-
Piantana: da supporto alla pompa e alla sacca;
-
Deflussore;
-
Sacche: monouso per evitare la contaminazione batterica;
-
Tappo: per la chiusura della pompa.
L’infermiere svolge tramite azioni e norme, un ruolo di primaria importanza nella
gestione della PEG, essendo a contatto quotidianamente con il paziente. Un ottimale
gestione consente di
ridurre o evitare le possibili complicanze, riguardanti il
posizionamento della gastrostomia endoscopica percutanea e la nutrizione enterale.
Le azioni svolte dall’infermiere nella gestione ottimale della PEG sono:
-
Informare, quando possibile, il paziente;
-
Lavarsi le mani accuratamente ed eseguire tutte le manovra di asepsi durante la
preparazione e manipolazione delle miscele nutrizionali;
-
Far ruotare la sonda in senso orario ed antiorario;
-
Preparare gli alimenti:
Se la miscela nutrizionale è in forma liquida agitare bene la confezione e
predisporre l’occorrente rispettando l’asepsi;
Se il preparato è in polvere comporre la soluzione come indicato nella confezione;
Se il preparato è conservato in frigorifero portarlo a temperatura ambiente;
Talvolta per preparare la dose del pasto può essere necessario mescolare i vari
alimenti in apposito contenitore (sacca di PVC) dotato di chiusura da collegare alla
sonda. Naturalmente occorre rispettare accuratamente le norme igieniche.
-
Sollevare il busto del paziente di almeno 30-60° (posizione semiseduta sollevando
la tastiera del letto o usando cuscini) per tutta la durata della somministrazione e per
almeno 1h dal termine. Se tale posizione è controindicata, posizionare il paziente in
decubito laterale(preferibilmente il destro) con la testa leggermente elevata.
-
Controllare la quantità di residuo gastrico in quattro diverse occasioni:
1. Durante i primi giorni fino al raggiungimento della velocità massima;
2. prima di ogni pasto se la somministrazione è intermittente;
3. Ogni 3-5 ore se la somministrazione è continua;
41
4. successivamente ogni volta che le condizioni cliniche del pz. facciano
supporre un rallentamento della peristalsi.
-
Se il ristagno è:
< 100 ml continuare l’infusione
>100 ml interrompere la somministrazione per 1-2 ore se per bolo, rallentare la
velocità di infusione se continua.
Se il ristagno gastrico persiste sospendere l’alimentazione e avvisare il medico.
-
Il ristagno gastrico aspirato va, preferibilmente eliminato. In tal caso vanno
monitorati gli elettroliti sierici.
-
Lavare la sonda con 30-50 ml d’acqua, tramite l’utilizzo di una siringa cono catetere
da 30/50 ml:
-
prima e dopo la somministrazione a boli
-
ogni 4-5h se la somministrazione è continua
-
Raccordare il set d’infusione alla sonda gastrostomia ed iniziare l’infusione.
-
Tenere sotto osservazione il paziente durante il pasto, segnalando la comparsa di:
tosse insistente, nausea, vomito, cianosi, rigurgiti di alimenti, ecc. Nel sospetto di
ab-ingestis interrompere la nutrizione, posizionare il paziente sul fianco,
se
necessario aspirare ed avvisare il medico.
-
Cambiare il set infusionale ogni 24 h.
-
Residui di miscela non somministrata è preferibilmente eliminarli, o conservarli in
frigorifero per non oltre 24 h.
-
Registrare giornalmente la quantità di liquidi nutrienti.
-
Controllare l’evoluzione dello stato nutrizionale e quando possibile il peso
corporeo.
-
Controllare periodicamente alcuni parametri ematologici (emocromo, NA ,K ,CL ,F
,Mg , funzionalità epatica e renale, glicemia).
-
Effettuare giornalmente la pulizia del cavo orale ed ammorbidire le labbra con
sostanze specifiche (burro di cacao, olio di vasellina).
Nella gestione della PEG, l’infermiere ha il compito di garantire una buona
modalità di somministrazione dei
farmaci. La somministrazione deve seguire
delle norme vigenti, le quali suggeriscono di mantenere un pH normale, in quanto
una somministrazione sbagliata potrebbe favorire la precipitazione del farmaco e
42
dei componenti dietetici ostruendo o formando una concentrazione a livello dello
stomaco. La variazione del pH potrebbe alterare la biodisponibilità dei farmaci.
Oltre all’accortezza descritta sopra, le norme impongono di:
-
Utilizzare, quando più possibile, farmaci in forma liquida che vanno solitamente
diluiti prima della somministrazione (in siringa cono catetere da 30/50ml, con
acqua), per ridurre l’osmolarità di alcuni veicoli, come, ad esempio, il sorbitolo.
-
Se vengono utilizzate forme solide:
-
valutare se somministrabili tramite PEG.
-
frantumare il più possibile le compresse per facilitare lo scioglimento o
svuotare le capsule, utilizzando i dpi, sciogliere la polvere con 10-15 ml di
acqua, in un bicchierino, aspirare il tutto in una siringa da 30/50 ml senza
ago.
-
Interrompere l’alimentazione prima di somministrare il farmaco.
-
Somministrare un farmaco alla volta.
-
Lavare la sonda prima e dopo ogni farmaco somministrato con 20/30 ml di acqua.
-
Verificare l’assenza di residui di farmaco nella siringa dopo la somministrazione.
E’ di fondamentale importanza, poi, che:
-
Le compresse a lento rilascio non possono essere frantumate.
-
Le compresse gastroresistenti non possono essere frantumate.
-
Le capsule di gelatina molle possono contenere liquidi non miscelabili con
acqua.
Nella gestione della PEG l’infermiere ha il compito di rispettare delle
norme
anche per ciò che concerne la cura della gastrostomia endoscopica percutanea.
Di seguito sono elencate le principali:
-
Controllare la cute attorno la stomia, rilevando l’esistenza di segni di
infezione come arrossamento, gonfiore, irritazione, presenza di pus, perdita
di succo gastrico ect;
-
Condizioni permettendo, il paziente può effettuare la doccia dopo una
settimana dall’impianto della P.E.G;
43
-
Nel periodo di non utilizzo, chiudere la sonda con l’apposito tappo e non con
pinze;
-
Cambiare la medicazione:
-
Nelle prime 24 ore, se pulita ed asciutta, non serve rimuovere la
medicazione;
-
Durante le prime 4-6 settimane sostituire la medicazione ogni giorno,
anche per verificare la presenza di eventuali complicanze cutanee;
-
Una volta consolidato il tramite fistoloso, in assenza di secrezioni,
sarà sufficiente la pulizia quotidiana con acqua e sapone neutro e,
salvo problematiche cutanee, nessun disinfettante e nessuna
medicazione dovrebbe essere utilizzata;
- Se la cute peristomale si presenta umida verificare se si tratta di:
-
Leakage ( perdita di contenuto gastrico fra sonda e cute) che
porta a macerazione cutanea;
-
Essudato, la sua presenza evidenzia una lesione che necessita
di interventi specifici ovvero osservare le caratteristiche e
riferire al medico o all’infermiere esperto;
-
Se il paziente accusa sintomi ( febbre, dolore ) che fanno
ipotizzare la presenza di un’infezione osservare con
attenzione la zona e rilevare con sollecitudine qualsiasi
alterazione ( tumefazione, arrossamento, calore, presenza di
pus ). Inoltre controllare che la sonda non sia fissa nel tramite
fistoloso. Riferire con sollecitudine al medico o all’infermiere
esperto.
Il materiale che occorre per effettuare la cura della PEG sono:
-
Guanti monouso e guanti sterili;
-
Garze e cotton fioc sterili, cerotti anallergici;
-
Disinfettante e soluzione fisiologica;
-
Forbici e pinze sterili;
-
Film di poliuretano trasparente adesivo.
L’infermiere mette in pratica la cura della PEG rispettando una cronologia di azioni:
44
-
Informare, se possibile, il paziente sulla procedura;
-
Lavare accuratamente le mani;
-
Mettere il paziente in posizione supina;
-
Indossare i guanti monouso e rimuovere la vecchia medicazione, osservare se
sporca e di cosa, smaltendola secondo le modalità dei rifiuti ospedalieri.
-
Togliere i guanti monouso e indossare i guanti sterili;
-
Ispezionare la cute attorno all’ingresso della sonda;
-
Pulire accuratamente con garze imbevute di soluzione fisiologica e/o iodopovidone
la cute attorno alla sonda eseguendo dei movimenti circolari a partire dal punto di
inserzione verso l’esterno;
-
Pulire con cotton fioc sterile, accuratamente la cute sotto il fermo esterno. Eventuali
incrostazioni attorno alla stomia possono essere rimosse con acqua ossigenata a 10
volumi;
-
Rimuovere residui di cerotto o adesivi con garza imbevute di disinfettante cutaneo;
-
Effettuare passaggi con garza asciutta eseguendo manovre a “tampone” senza
sfregamenti cutanei;
-
E’ possibile applicare una sottile metallina sterile (medicazione con ioni metallici
che ha indicazioni specifiche antibatteriche) tra la cute ed il fermo esterno. Non
applicare mai garze al di sotto del fermo cutaneo esterno;
-
Usando forbici sterili tagliare due garze sterili a coda di rondine (a “y” ) e
posizionarle attorno al foro di uscita della sonda, al di sopra del fermo cutaneo
esterno;
-
Fissare le garze con un film di poliuretano trasparente adesivo, evitando
inginocchiamenti della sonda;
-
Adagiare la sonda alla parete addominale ed ancorarla con un cerotto;
-
Nelle sonde dotate di palloncino auto statico gastrico, controllare la quantità di
acqua utilizzata per il gonfiaggio dello stesso;
-
Registrare la procedura ed eventuali osservazioni.
Un’altra fase della gestione della PEG e il monitoraggio delle complicanze e loro
soluzioni:
45
-
L’infermiere e/o l’oss rilevano la comparsa di eventuale complicanze e ne
informano il medico;
-
L’infermiere e/o il medico identificano la causa;
-
L’infermiere mette in atto le procedure di risoluzione.
La dimissione è l’ultima fase della gestione della P.E.G., in questo caso tramite
l’informazione comunicata dall’equipe ospedaliera composta da infermieri, oss e
medici, il paziente viene informato sulle procedure da portare a termine a casa o in
altre strutture. E’ in questo fase che bisogna dare al paziente tutte le informazioni
possibili per la PEG.
-
L’infermiere e l’oss mostrano la gestione della PEG al paziente, familiare o a coloro
che gestiranno la NE.
-
Il medico e l’infermiere attivano l’ADI (48 h prima della dimissione ) per pazienti
residenti presso domicilio privato allegando anche il programma di NE.
-
Per i pazienti in RSA viene inviato il programma di NE.
-
Contattare il dietista nei casi complicati almeno 48 h prima della dimissione.
-
Consegnare la lettera di dimissione munita delle richieste per la farmacia e degli
allegati relativi alla modalità di NE, alla gestione della PEG, alle complicanze.
4.3
Attuazione dei protocolli (in gastroenterologia)
Il team nutrizionale e gli operatori che gestiscono la nutrizione enterale, devono fare
riferimento a dei protocolli allo scopo di:
-
Garantire al paziente un supporto nutrizionale adeguato dal punto di vista
qualitativo e quantitativo, anche sulla base delle evidenze scientifiche.
-
Integrare e uniformare gli interventi assistenziali degli operatori sanitari e dei care
giver.
-
Prevenire le complicanze meccaniche, gastroenteriche e metaboliche connesse alla
NE.
-
Prevenire le complicanze metaboliche ed infettive connesse alla NE.
46
Il protocollo è suddiviso in cinque sezioni:
Sezione 1 : La valutazione dello stato nutrizionale.
Sezione 2 : La valutazione del fabbisogno nutrizionale.
Sezione 3 : Le modalità di somministrazione e le complicanze della NE.
Sezione 4 : Le indicazioni operative: procedure e criteri di gestazione
Sezione 5 : Allegati, Appendice, Glossario.
Per applicare un protocollo vengono usati degli strumenti come:
-
Scala di valutazione del rischio nutrizionale che comprende i dati di anamnesi e
quelli raccolti mediante strumenti di valutazione nutrizionale.
-
Scheda di verifica dell’idoneità alla gestione della NE.
-
Scheda per il monitoraggio periodico dei requisiti alla gestione della NE.
-
Segnalazione delle complicanze tecniche, settiche e metaboliche correlate alla NE.
Ogni sezione del protocollo contiene, alla fine, un box in cui ci sono sintetizzate
linee guida pratiche, classificate secondo le categorie di evidenza e la forza delle
raccomandazioni riportate in letteratura.
Il livello di evidenza desunto dalla letteratura scientifica viene effettuato tramite:
Evidenze di tipo I: Metanalisi e/o studi clinici prospettico randomizzati(PCRT) di
indubbio valore statico-metodologico.
Evidenze di tipo II: PCRT di minor valore statistico.
Evidenze di tipo III: Studi clinici prospettici non randomatizzati.
Evidenze di tipo IV: Studi clinici descrittivi e/o retrospettivi.
Evidenze di tipo V: “report” clinici aneddotici; e/o opinioni di esperti del settore.
Evidenze di tipo VI: Studi sperimentali.
Per quanto riguarda, invece, le raccomandazioni citate sopra si parla di:
A- Raccomandazione “forte” sulla validità o appropriatezza di un determinato
comportamento terapeutico, basato su evidenze di tipo I.
B- Raccomandazione “debole”, basata su evidenze di tipo I o II.
C- Raccomandazioni non chiare: comportamento consigliabile sulla base di evidenze
di tipo IV-V.
E’ da sottolineare che la presenza di evidenze di tipo IV-V-VI non è sufficiente per
raccomandare un determinato comportamento terapeutico.
47
4.4
Esiti della nutrizione enterale
Da quanto detto nei punti precedenti, la nutrizione enterale viene effettuata
nei pazienti in stato di malnutrizione, causato da varie patologie (citate nei
punti precedenti). Attraverso questo trattamento si cerca, nella maggior parte
delle volte riuscendoci, a reintegrare il fabbisogno calorico totale del
paziente. Tra i vari risultati che ne derivano si evince lo scongiurare della
sindrome da immobilizzazione o ipocinetica, che porterebbe il paziente a
restare allettato per un breve periodo o addirittura per tutta la sua vita,
presentando disabilità ingravescente fino anche alla morte. Un ulteriore
risultato da non sottovalutare è il reinserimento del paziente nella società, e di
aiutarlo psicologicamente, tramite l’equipe ospedaliera, la famiglia o care
giver, sollecitando il paziente a vivere una vita normale.
48
CONCLUSIONI
49
In questa mia tesi ho voluto approfondire l’argomento della nutrizione enterale
ossia della “PEG” e delle linee guide protocolli e procedure: ritengo, infatti, che essi
siano strumenti fondamentali del processo clinico e per erogare un assistenza di alta
“qualità”. L’infermiere è uno dei principali attori a cui spetta il compito di gestire e
garantire i bisogni del paziente con cui si viene a contatto e di ripristinare
l’equilibrio ”psicologico” che il paziente può presentare. Tutto ciò evidenza
l’importanza acquisita dalla “professione infermieristica” nel lungo percorso che
ancora può e deve essere intrapreso per il miglioramento dei servizi dell’Azienda
Sanitaria. E’ importante capire come il ruolo dell’infermiere sia fondamentale
nell’erogare e nel creare la qualità all’interno dell’azienda ospedaliera. La qualità è
una caratteristica essenziale ed indispensabile dell’assistenza sanitaria ed è
l’obiettivo che ogni professionista deve tenere in primo piano nello svolgimento
delle proprie funzioni. Il mio pensiero e riferito a queste persone che anche
“diversi” per via di una sonda, combattono tutti i giorni contro pregiudizi della
gente e che riescono a
vivere una vita normale, stimolati dalla famiglia ma
soprattutto da un’equipe competente e capace di dare un sostegno più che altro
psicologico. Ovviamente si deve dare e fare sempre il massimo per migliorare per
quanto possibile l’assistenza infermieristica nel paziente che presenti la PEG.
L’infermiere, può e deve rieducarlo ad un maggior rispetto della propria persona,
che produce, come conseguenza, un netto e progressivo miglioramento della qualità
della vita. Ma, al di la degli aspetti puramente professionali e deontologici, ritengo
che la professione dell’infermiere sia veramente costante, per l’interazione, per il
gioco complesso di sinergie, che vengono ad istaurarsi tra paziente ed infermiere.
Per essere un buon infermiere, a mio giudizio e necessario di qualcosa in più di
quello che determina un’empatia costante con la dialettica mutevole della sua
relazione con l’assistito, la capacità di cogliere i bisogni, le ansie, le paure, le
inquietudini e di riuscire a sciogliere in uno stato di sicurezza, di rilassata serenità,
che costituisce il naturale back-ground del successo di qualsiasi terapia. Svolgendo
questo lavoro che mi accingo ad intraprendere con umiltà, ma soprattutto con
dedizione, abnegazione e amore, credo di essere sulla buona strada, anche se mi
accompagna la coscienza mia personale inadeguatezza ha compiti cosi ardui, che
comportano sempre e comunque l’assunzione di responsabilità. Con questi
50
propositi, e con rinnovato entusiasmo, mi accingo, così a percorrere una strada non
irta di ostacoli ma neppure avara ne sono certo di enormi soddisfazioni.
51
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52
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