La nanofotonica in silicio e la fotonica con il nanosilicio

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La nanofotonica in silicio e la fotonica con il nanosilicio
scienza in primo piano
La Nanofotonica in Silicio
e la Fotonica con il Nanosilicio
Una piattaforma per ampliare il successo della fotonica in silicio
Aleksei Anopchenko1, Francisco Javier Aparicio Rebollo1, Paolo Bettotti1,
Federica Bianco1, Pierluigi Bellutti2, Massimo Cazzanelli1, Kamil Fedus1,
Elena Froner1, Davide Gandolfi1, Mher Ghulinyan2, Neeraj Kumar1, Yoann Jestin2,
Philip Ingenhoven1, Silvia Larcheri1, Lorenzo Lunelli2, Mattia Mancinelli1,
Alessandro Marconi1, Enrico Moser1, Laura Pasquardini2,
Cecilia Pederzolli2, Cristina Potrich2, Nikola Prtljaga1, Georg Pucker,
Fernando Ramiro Manzano1, Eveline Rigo1, Marina Scarpa1,
Fabrizio Sgrignuoli1, Andrea Tengattini1, Lorenzo Pavesi1*
1
2
Laboratorio Nanoscienze, Dipartimento di Fisica, Università di Trento, Povo - Trento, Italia
Centro Materiali e Microsistemi, Fondazione Bruno Kessler, Povo - Trento, Italia
La fotonica integrata in silicio ha permesso di realizzare reti ottiche integrate in pochi
mm2 con velocità di trasmissione dati di più di 1Tbps. Per poterne ampliare ulteriormente
lo spettro di funzionalità ed applicazioni, a Trento applichiamo il paradigma delle
nanotecnologie. Grazie alle nuove proprietà risultanti dal confinamento spaziale di
portatori di carica (Nanosilicio) e di fotoni (Nanofotonica), abbiamo dimostrato una
serie di funzionalità aggiuntive alla fotonica in silicio. Queste hanno permesso di
realizzare amplificatori ottici, risonatori ottici, diodi elettroluminescenti, celle solari
a resa elevata, biosensori biocompatibili e biodegradabili, interruttori tutti ottici
superveloci, nodi di reti ultradensi, instradatori interferometrici, ed altro ancora.
1 Introduzione alla fotonica in silicio
Nel 1965 Gordon Moore annunciò la sua famosa legge per la quale il numero di transistor per circuito integrato
raddoppia ogni diciotto mesi. Questa legge ha governato lo sviluppo della microelettronica che ha seguito il motto:
“più piccolo, più economico, più veloce”, grazie all’integrazione sempre più spinta. Oggi infatti abbiamo processori che
contengono miliardi di transistor, ognuno dei quali ha dimensioni di qualche decina di nanometri. è interessante notare
che nel 1969 S. T. Miller dei laboratori Bell già realizzava che un simile sviluppo dovesse avvenire anche per la fotonica.
Turttavia, nel corso degli anni il numero di componenti fotonici per circuito ottico integrato non è cresciuto come per la
microelettronica. Oggi integriamo nei circuiti fotonici qualche centinaio di dispositivi diversi con l’aggravio di alti costi di
produzione. Qual è la ragione di questo? La tab. I mostra un confronto tra la microelettronica e la fotonica. Mentre per la
microelettronica la caratteristica chiave è la standardizzazione (un solo dispositivo riprodotto milioni di volte in un solo
materiale con un solo processo di produzione), per la fotonica si ha una diversità di materiali, di dispositivi elementari e di
* e-mail: [email protected], url: science.unitn.it/~semicon
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Microelettronica
Fotonica
Fotonica in silicio
Elemento costitutivo
elementare
Transistor
Laser, fibre ottiche,
fotodiodo, …
Laser, guide d’onda,
fotodiodo, …
Materiale base
Silicio
Semiconduttori,
vetri, polimeri
Silicio
Tecnologia di
produzione
CMOS
Epitassia, filatura,
deposizione, …
CMOS
scienza
in primo
piano
Tab. I Confronto tra le varie
tecnologie elettroniche:
la microelettronica, la fotonica
e la fotonica in silicio.
Fig. 1 Esempi di strutture a
confinamento elettronico o
fotonico. Sinistra: sospensione
colloidale di nanocristalli di
silicio: illuminati da luce blu
i nanocristalli emettono luce
rossa [1]. Destra: microdisco di
ossido di silicio ricco in silicio
sospeso su di un piedistallo di
silicio. Il microdisco si comporta
come un risonatore ottico dove
modi ottici di galleria sono
confinati sulla periferia del
disco [4].
processi di fabbricazione. Questa è la ragione principale per
cui la microelettronica si è sviluppata con integrazione molto
spinta mentre per la fotonica hanno prevalso dispositivi
isolati. Con la fotonica in silicio si vuole applicare il paradigma
della microelettronica alla fotonica, ovvero fabbricare i
vari dispositivi in un solo materiale – il silicio– utilizzando
lo stesso processo di produzione della microlettronica – il
processo CMOS. In questo modo si vuole aumentare la scala
di integrazione dei dispositivi fotonici per incrementare le
prestazioni del circuito fotonico integrato e raggiungere, al
tempo stesso, l’obiettivo di fabbricarli su larga scala a basso
prezzo di produzione unitario.
Lo sviluppo della fotonica in silicio è sospinto anche da
altre forti motivazioni: da una parte, Internet e la richiesta di
portare la banda larga il più vicino possibile all’utente finale;
dall’altra, la necessità di ridurre sempre più la dissipazione
termica indotta dalla trasmissione di segnali su cavi elettrici
a sempre più alta frequenza e a distanze sempre più elevate.
Già oggi nei supercomputer c’è la necessità di gestire sia
lo scambio di dati tra le centinaia di migliaia di nuclei che
compongono i multiprocessori (velocità aggregate dell’ordine
6 < il nuovo saggiatore
di 1Tbps1) sia lo scambio di informazioni tra quest’ultimi e
gli altri componenti (memorie, periferiche, etc. con velocità
di I/O oltre i 40 Gbps). Queste velocità richiedono l’uso di
dispositivi fotonici per le interconnessioni all’interno dei
circuiti elettronici integrati (chip), tra chip e chip su di una
stessa scheda, tra schede diverse e dai computer/server verso
l’esterno.
I grossi volumi che saranno richiesti dalla produzione di
queste interconnessioni ottiche hanno suscitato l’interesse
delle grandi aziende manufattiere di semiconduttori che
hanno investito in programmi di ricerca nel campo della
fotonica in silicio. Dopo un decennio nel quale si sono
sviluppati tutti i componenti base (guide d’onde, modulatori,
laser ibridi, rivelatori, etc.), la fotonica in silicio si sta
trasformando sempre più in una tecnologia ad integrazione
molto spinta con prodotti oramai commerciali (si pensi al
cavo ottico Blazer™ prodotto dalla Luxtera, Inc). Chiaramente
il prossimo passo sarà l’integrazione di componenti
1
Tbps = terabit per secondo, Gbps = gigabit per secondo.
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Fig. 2 In alto: schema del
processo di produzione
di silicio nanocristallino in
matrice dielettrica. Mediante
un processo di deposizione,
si forma dell’ossido di
silicio sottostechiometrico.
Il silicio in eccesso viene
fatto clusterizzare mediante
processi termici che causano
la separazione tra le due fasi
stabili del silicio e dell’ossido
di silicio. In basso: passi del
processo per la produzione di
sospensioni colloidali di silicio
nanocristallino. Una fetta di
silicio (a) viene parzialmente
dissolta in una cella
elettrochimica (b) producendo
del silicio poroso (c). Il silicio
poroso viene rimosso dalla fetta
di silicio mediante sonicazione
(d) liberando nanocristalli
di silicio in sospensione nel
solvente utilizzato (e) [1].
microelettronici e componenti fotonici sullo stesso
circuito integrato realizzando quindi la convergenza delle
comunicazioni ottiche e della computazione elettronica in
uno stesso dispositivo a larga scala di integrazione fotonica/
elettronica.
2 Nanosilicio
Rispetto a questa tecnologia in rapido sviluppo, noi
cerchiamo di abilitare nuove funzionalità nel silicio attraverso
l’applicazione delle nanotecnologie. Le tipiche dimensioni
dei nostri sistemi dipendono dalla lunghezza d’onda delle
particelle coinvolte: la lunghezza d’onda di De Broglie per gli
elettroni (ovvero dell’ordine dei nanometri per il silicio) e la
lunghezza d’onda della luce per i fotoni (ovvero dell’ordine
dei micrometri per radiazione infrarossa). Quando si riescono
a costruire materiali o dispositivi con queste dimensioni
nanometriche si cominciamo a vedere nuovi ed interessanti
fenomeni che possono abilitare nuovi dispositivi. A Trento
abbiamo sviluppato la tecnologia per utilizzare questi effetti.
Nella fig. 1, possiamo vedere alcuni esempi di nostri
nanosistemi per elettroni e per fotoni.
Ridurre il silicio a dimensioni nanometriche significa
realizzare dei nanocristalli di silicio nei quali i portatori di
carica subiscono effetti di confinamento quantistico. In
fig. 1 si vede un esempio di una sospensione colloidale di
nanocristalli di silicio illuminata con luce blu: al contrario
del silicio cristallino, questa sospensione emette
luminescenza nel rosso in modo efficiente e a temperatura
ambiente. Queste sono due dirette conseguenze del
confinamento quantistico degli elettroni in punti quantici
di silicio: da una parte si ha una dipendenza dell’energia
della banda proibita dalle dimensioni della nanostruttura,
come avviene per una particella in una buca di potenziale;
dall’altra si ha un aumento della probabilità di transizione
radiativa in seguito all’allargamento nello spazio dei
momenti delle funzioni d’onda degli elettroni e delle
lacune che aumenta la sovrapposizione tra le stesse.
Il processo di produzione dei nanocristalli di silicio si
differenzia a secondo delle loro applicazioni. La fig. 2,
in alto, mostra il tipico processo usato per applicazioni
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Proprietà dei nanocristalli di silicio
Materiale abbondante e non tossico
Fabbricazione compatibile con la tecnologia CMOS
Banda proibita variabile a seconda delle dimensioni, ma più larga del silicio
Emissione efficiente di luce
scienza
in primo
piano
Guadagno ottico
Effetti ottici non lineari al terz’ordine
Effetti fotovoltaici
Biocompatibilità
Tab. II Proprietà principali
dei nanocristalli di silicio per
applicazioni in fotonica.
Superficie funzionalizzabile usando la chimica del silicio
Fig. 3 Elementi fondamentali
per realizzare un laser al
nanosilicio: guadagno ottico e
microrisonatori ottici. Sinistra:
spettro di trasmissione di un
film di nanocristalli di silicio
(spesso 250 nm) depositati
su di una fetta di quarzo.
A seconda della densità
di potenza di un potente
fascio laser nel blu (355 nm)
la trasmissione aumenta e
diventa più grande di 1 [3].
Destra: spettro di emissione di
nanocristalli di silicio in micro
dischi di diametro 10 µm [4].
I vari picchi molto stretti sono
dovuti all’accoppiamento
dell’emissione dei nanocristalli
con i modi di galleria che si
propagano nel microdisco. A
lato sono riportati i profili dei
modi ottici di alcuni modi di
galleria ottenuti da simulazioni.
in ottica integrata. Dopo aver depositato un film di ossido
di silicio non stechiometrico, ovvero con silicio in eccesso
rispetto alla stechiometria dell’ossido di silicio, si scalda il
film ad alta temperatura (circa 1000 °C). Durante questo
trattamento, si ha una parziale separazione di fase tra il
silicio e l’ossido di silicio che porta alla formazione di piccoli
cluster di silicio. A seconda della temperatura, della durata del
trattamento e del contenuto di silicio in eccesso si possono
formare nanocristalli di dimensioni controllate.
Un’altra tecnica, utile quando si vogliono produrre
nanocristalli in sospensione per applicazioni biologiche, viene
schematizzata in fig. 2, in basso. Essa prevede la dissoluzione
parziale di una fetta di silicio in una cella elettrolitica
producendo in tal modo del silicio poroso. Quindi il silicio
poroso viene rimosso dal substrato mediante un trattamento
di sonicazione (in un bagno di ultrasuoni). Così si ottiene una
sospensione colloidale di nanocristalli di silicio in soluzione.
Attraverso trattamenti chimici superficiali, si possono avere
sospensioni in acqua o in altri liquidi con nanocristalli dalla
superficie funzionalizzata a piacere.
8 < il nuovo saggiatore
La tab. II mostra le varie proprietà dei nanocristalli di silicio
che possono essere usate per la realizzazione di dispositivi
innovativi.
Oramai dieci anni fa, abbiamo dimostrato che nanocristalli
di silicio sono in grado di amplificare luce (fig. 3, sinistra).
Abbiamo realizzato un semplice esperimento nel quale un
fascio debole di luce passa attraverso un film di nanocristalli
depositati su di una fetta di quarzo trasparente. Lo spettro
di trasmissione mostra delle oscillazioni dovute alle frange
di interferenza della luce, ma rimane sotto il valore di uno.
Quando però si illuminano i nanocristalli di silicio con un laser
di pompa nel blu, quindi nella regione dove essi assorbono, si
creano coppie elettrone-lacuna. Si genera così un’inversione
di popolazione che permette l’amplificazione del fascio
di prova. Più è intenso il fascio di pompa, maggiore è
l’inversione di popolazione e maggiore è l’amplificazione. Alla
massima intensità si riesce ad amplificare il fascio di prova ed
ad aumentare la trasmissione a valori sopra l’unità. Ovvero
abbiamo più luce in uscita di quanta ne abbiamo messa in
ingresso.
(2 nm SiO2 /3 nm SRO)
1
Graded energy gap
(2 nm SiO 2 /4 nm SRO)
0.1
Power efficiency (%)
2
Optical power density ( µW/cm )
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0.01
0.2
0.1
0.0
-3
10
-2
10
-1
10
1
2
Current density (mA /cm )
10
-3
-2
-1
1
1
10
10
10
2
Current density (mA /cm )
Avere un materiale attivo che amplifica la luce è il
primo elemento per costruire un laser compatibile con la
microelettronica, ma da solo non è sufficiente. Altri due
elementi sono necessari: una cavità ottica in grado di retroazionare l’emissione stimolata e, quindi, di portare il sistema
in auto-oscillazione, e un sistema efficiente di pompaggio
elettrico. Il primo aspetto si può risolvere realizzando
risonatori a disco, dove la riflessione totale interna alla
periferia del risonatore, genera risonanze ottiche. Queste si
hanno quando il cammino ottico lungo la circonferenza del
disco è pari ad un multiplo intero della lunghezza d’onda
della luce nel dielettrico di cui è costituito il disco. Si formano
modi di galleria che propagano nel piano del disco e che
sono caratterizzati da risonanze molto strette nello spettro
di luminescenza dei nanocristalli di silicio inseriti nel disco
(fig. 3). Inoltre, la variazione della densità dei modi ottici nel
microdisco, grazie alla regola aurea di Fermi, influenza la
probabilità di ricombinazione spontanea dei nanocristalli di
silicio (effetto Purcell). Abbiamo misurato una diminuzione
del 70% della velocità di decadimento dell’emissione
Fig. 4 Diodo
elettroluminescente
realizzato in tecnologia
CMOS. Lo strato attivo è
costituito da nanocristalli
di silicio. In alto a sinistra:
schema del dispositivo
con evidenziata la
composizione dello strato
attivo. Esso è formato da
una sequenza controllata
di piani di nanocristalli
separati da uno strato di
ossido di silicio. In un caso
abbiamo usato nanocristalli
di dimensione uguale,
nell’altro nanocristalli di
dimensione crescente dal centro
agli elettrodi. In alto a destra:
foto di una fetta di silicio sulla
quale sono stati realizzati i diodi
elettroluminescenti. La punta
serve ad iniettare la corrente
nel diodo, mentre la fibra ottica
a raccogliere la luce emessa.
In basso: caratteristica densità
di potenza ottica emessa dal
diodo in funzione della densità
di corrente. Le tre curve fanno
riferimento a tre dispositivi
diversi. Nell’inserto è riportata
l’efficienza di potenza del
diodo (rapporto tra la potenza
ottica emessa verso la potenza
elettrica usata) in funzione della
densità di corrente per tre diodi
differenti [5].
spontanea di nanocristalli accoppiati con modi di galleria!
Il terzo ingrediente per la costruzione di un laser è la
realizzazione di un pompaggio elettrico efficace in grado
di eccitare i nanocristalli. Il problema in questo caso è il
passaggio di una corrente elettrica attraverso il dielettrico,
ovvero un isolante, dove sono stati formati i nanocristalli.
L’unica possibilità è quella di sfruttare fenomeni di tunnel
quantistico. Questi però devono avvenire direttamente
attraverso i nanocristalli, cioè le tensioni di polarizzazione
in gioco devono essere basse in modo tale da eccitare
efficacemente i nanocristalli e, al contempo, non danneggiare
il materiale attivo della struttura. In un film spesso di
nanocristalli, la distribuzione di dimensioni dei nanocristalli
e di distanze tra di essi impedisce di entrare in un regime
di tunnel diretto. Abbiamo, quindi, realizzato dei diodi
elettroluminescenti (LED) con uno strato attivo costituito
da una sequenza di nanocristalli di silicio separati da strati
controllati di ossido di silicio di spessore nanometrico (fig. 4).
Inoltre, per migliorare ulteriormente l’efficienza di questi
dispositivi, abbiamo diminuito gradualmente le dimensioni
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scienza
in primo
piano
Fig. 5 Modifica dello
spettro solare dovuto a
nanocristalli di silicio. In
alto a sinistra: spettro di
emissione (curva blu) e
di assorbimento (curva
rossa) di nanocristalli di
silicio di dimensione tipica
3 nm. In alto a destra:
principio di funzionamento.
La radiazione solare di
lunghezza d’onda lunga
(per esempio, verde o rossa)
passa attraverso lo strato di
nanocristalli senza subire
variazioni. La radiazione solare
di lunghezza d’onda corta (per
esempio blu) viene assorbita
dallo strato di nanocristalli
che emettono a loro volta
radiazione rossa che può essere
assorbita dal sottostante strato
di silicio. In basso: simulazione
della variazione dello spettro
solare visto dalla cella di silicio
in presenza (curva blu) e in
assenza (curva verde) dello
strato di nanocristalli. La curva
rossa tiene puramente conto
delle proprietà dielettriche dei
nanocristalli e non delle loro
proprietà emissive [6].
dei nanocristalli in modo da avere nanocristalli grandi vicino
agli elettrodi di iniezione e nanocristalli piccoli nella regione
di ricombinazione ottica. Così possiamo ottimizzare, da
un lato, l’iniezione elettrica grazie alla larga conducibilità
elettrica dei nanocristalli grandi e, dall’altro, l’emissione ottica
grazie all’elevata probabilità di ricombinazione radiativa dei
nanocristalli piccoli. L’efficienza totale, ovvero il rapporto
della potenza ottica emessa dal LED rispetto alla potenza
elettrica utilizzata per farlo funzionare, è stata aumentata
significativamente rispetto a strutture spesse o a strati
periodici. Il massimo valore mostrato in fig. 4 è di circa 2
fotoni emessi per ogni mille elettroni iniettati. Pur essendo
il valore migliore trovato in LED al silicio, esso è però ancora
troppo basso. Ci aspetta lavoro ulteriore per ottimizzare
i diodi prima di riuscire ad invertire completamente i
nanocristalli e realizzare un laser al silicio.
Un altro campo di applicazione dei nanocristalli è
nell’aumento della resa di celle fotovoltaiche al silicio. In
questo caso si utilizza la loro proprietà di assorbire nel blu
e di emettere nel rosso (fig. 5). Infatti, un grosso problema
delle attuali celle solari è che la conversione della luce solare
10 < il nuovo saggiatore
nel blu avviene in modo poco efficiente: le coppie elettrone
lacuna fotogenerate tendono a ricombinarsi velocemente
non contribuendo alla fotocorrente. Una possibile soluzione
è quella di usare uno strato di nanocristalli di silicio sopra una
cella fotovoltaica per convertire la luce solare dal blu al rosso.
Simulazioni al calcolatore dimostrano che si può ottenere un
miglioramento di circa l’1% nell’efficienza di conversione in
celle al silicio cristallino (fig. 5, basso). Questo miglioramento
si ottiene ottimizzando contemporaneamente le proprietà
ottiche (curva rossa in figura) e l’emissione dei nanocristalli.
Così si modifica lo spettro solare incidente sulla cella
fotovoltaica (curva blu in figura). Abbiamo perciò realizzato
una cella solare con uno strato di nanocristalli di silicio di
spessore 500 nm e verificato un aumento relativo del 14%
dell’efficienza quantica interna, nella regione del blu.
I nanocristalli possono anche essere utilizzati in microscopia
ottica come cromofori per marcare corpi specifici all’interno
di cellule. Siccome i nanocristalli in silicio si possono
realizzare in sospensioni colloidali in soluzione acquosa,
abbiamo verificato la loro applicabilità come cromofori nella
visualizzazione di materiale biologico. Rispetto alle sonde di
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Fig. 6 Nanocristalli come
cromofori per microscopia
biologica. In alto: spettro di
emissione a giorni diversi di
una sospensione colloidale di
nanocristalli di silicio in acqua
[1]. In basso a sinistra: immagine
al microscopio a fluorescenza
di cellule SKOV-3 incubate per
30 minuti con una soluzione
acquosa di nanocristalli di silicio
idrosililati con acido undecileico.
In basso a destra: immagine
al microscopio a fluorescenza
di cellule SKOV-3 incubate per
30 minuti con una soluzione
acquosa di nanocristalli di
silicio idrosililati con acido
undecilenico e ricoperti
con acido desossicolico[7].
L’immagine a sinistra ha un
lato di 500 µm, mentre quella
a destra di 100 µm.
fluorescenza organiche, i nanocristalli di silicio hanno migliori
proprietà: non mostrano fenomeni di degrado dell’emissione
sotto irraggiamento, hanno tempi di decadimento della
luminescenza dell’ordine dei microsecondi, hanno larghe
bande di assorbimento, hanno una superficie che può
essere modificata chimicamente senza degradarne le
proprietà ottiche e sono biodegradabili (fig. 6). Quest’ultimo
aspetto avviene grazie ad una progressiva decomposizione
del nanocristallo di silicio in seguito all’ossidazione, che
trasforma il nanocristallo di silicio in acido ortosilicico
facilmente escreto dal corpo umano. Manifestazione di ciò è
la progressiva diminuzione con il tempo (giorni) dell’intensità
di emissione e lo spostamento verso le lunghezze d’onda più
corte dello spettro di emissione (fig. 6, alto). La captazione
da parte delle cellule avviene probabilmente attraverso un
processo di endocitosi cellulare. Abbiamo potuto dimostrare
che l’ingresso è facilitato da un tensioattivo di origine
naturale, l’acido desossicolico, che riveste la superficie
dei nanocristalli stabilizzandone anche l’emissione di
luminescenza. In questo caso i nanocristalli entrano nelle
cellule senza danneggiarle (fig. 6).
3 Nanofotonica
Nuove funzionalità si ottengono anche quando si
confinano fotoni in risonatori ottici. Un primo esempio che
discuteremo è la dimostrazione di interruttori tutti ottici
superveloci. Questi dispositivi sono basati su effetti ottici
non lineari per i quali l’indice di rifrazione n di un materiale
dipende non linearmente dal campo elettrico e, quindi,
n = n0 + n2 × I, dove n0 è l’indice di rifrazione lineare mentre
n2 è il termine non lineare, I è l’intensità della luce. Questo
effetto è detto effetto Kerr ottico e dipende dalla non linearità
al terz’ordine del materiale. In passato, abbiamo dimostrato
che i nanocristalli di silicio hanno una non linearità ordini
di grandezza superiore a quella della silice (di cui sono fatte
le fibre ottiche) e un ordine di grandezza superiore a quella
del silicio. Se ora inseriamo il materiale non lineare in un
interferometro, possiamo modificare la fase del segnale ottico
propagante mediante un impulso di luce e, quindi, controllare
la condizione di interferenza costruttiva o distruttiva
nell’interferometro. Ovvero possiamo, con una modulazione
dell’indice di rifrazione, indurre una modulazione di intensità;
possiamo cioè fare un interruttore ottico.
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11
scienza
in primo
piano
Fig. 7 Interruttore tutt’ottico.
Sinistra: immagine al microscopio
a scansione della guida d’onda
e del risonatore ad anello. La
guida d’onda di silicio ha sezione
200 × 500 nm2 e contiene al suo
interno uno strato spesso 50 nm
di nanocristalli di silicio. Destra:
spettro di trasmissione della
guida in funzione della potenza
del laser di pompa in condizioni
statiche [8].
Fig. 8 Concetto e misura
di trasmissione indotta
dall’accoppiamento di risonatori
(CRIT). In alto a sinistra: schema di
uno SCISSOR a singolo anello (a) e
a N anelli (b). La freccia nera indica
la porta attraverso (Through) e la
freccia rossa la porta estrazione
(Drop) [9]. In alto a destra:
spettro di trasmissione della
porta Through per lo SCISSOR a
singolo anello e per uno a 7 anelli
dove una coppia di anelli è stata
avvicinata in modo da accoppiare
otticamente i due anelli. La
freccia nera mostra la lunghezza
d’onda per la quale il segnale
viene estratto mentre quella
rossa la lunghezza d’onda per la
quale il segnale è trasmesso [9].
In basso: misura sperimentale di
uno SCISSOR a 8 anelli con raggio
di 6.75 µm dove risonatori ad
anello adiacenti sono accoppiati.
La curva superiore rappresenta
lo spettro della luce diffusa verso
l’alto dallo SCISSOR. Le due curve
inferiori riportano il segnale
trasmesso dalla porta Drop (linea
sottile) e dalla porta Through
(linea spessa). I picchi stretti sono
evidenze sperimentali dell’effetto
CRIT [10].
12 < il nuovo saggiatore
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Nel nostro caso (fig. 7), l’interruttore ottico si basa su un
sistema accoppiato tra una guida d’onda che instrada un
segnale ottico, chiamata bus ottico, ed un risonatore ad
anello. La frequenza di risonanza del risonatore ad anello è
determinata dalla condizione m × λris = 2π × R × neff , dove
λris è la lunghezza d’onda di risonanza, R il raggio dell’anello,
m l’ordine della risonanza e neff l’indice efficace del modo
ottico risonante nel risonatore ad anello. λris dipende quindi
dall’indice di rifrazione del materiale di cui è fatto il risonatore
ad anello attraverso neff .
Quando misuriamo lo spettro di trasmissione della guida,
vediamo in corrispondenza delle risonanze del risonatore
ad anello, una diminuzione della trasmissione. A queste
lunghezze d’onda il segnale si accoppia nel risonatore ad
anello. Ora, se assieme al segnale, accoppiamo in guida anche
un fascio energetico di pompa di diversa lunghezza d’onda,
possiamo modificare neff attraverso la non linearità ottica
del materiale di cui è fatto il risonatore ad anello, e quindi
modularne la trasmissione. In condizioni statiche, all’aumento
della potenza del fascio di pompa, le risonanze del risonatore
ad anello si muovono verso le lunghe lunghezze d’onda in
seguito ad un aumento dell’indice di rifrazione (fig. 7). Di
conseguenza, se fissiamo la lunghezza d’onda del segnale
uguale a λris , possiamo variare la trasmissione del segnale
da un valore basso ad uno alto controllando la potenza
del fascio di pompa. Possiamo cioè accendere o spegnere
un segnale ottico attraverso il controllo di un altro segnale
ottico, ovvero abbiamo realizzato un interruttore tutto
ottico. Aspetto interessante del dispositivo è la velocità di
commutazione. Nell’esperimento realizzato, questa è di pochi
ps, limitata dalla durata degli impulsi laser usati come fascio
di pompa. In questo modo abbiamo realizzato un interruttore
compatto (diametro dell’anello di 20 µm), veloce (frequenza
di commutazione > 50 GHz), e a basso consumo (per
commutare un bit abbiamo bisogno di ~1 pW) che, infine, è
anche compatibile con la tecnologia in silicio.
Un altro esempio di applicazione della nanofotonica
riguarda la possibilità di realizzare catene di risonatori
ad anello accoppiati tra di loro da guide d’onda laterali –
strutture dette SCISSOR (side-coupled integrated spaced
sequence of optical resonators), fig. 8 – per realizzare
instradatori ottici a canali ultradensi. Utilizzando SCISSOR
si hanno a disposizione due tipi di risonanze: quelle dovute
ai singoli risonatori (λris ) e quelle dovute alla sequenza di
risonatori (λBragg ). Quest’ultime sono dovute alla periodicità
dei risonatori che, se spaziati di una distanza tale per cui si ha
interferenza costruttiva della poca luce che si accoppia nella
guida laterale, generano un’alta riflessione alla Bragg, infatti
mBragg × λBragg = 2 × pneff × d, dove d è la distanza tra risonatori
adiacenti.
Ora se un segnale ottico di lunghezza d’onda λ ≠ λris ≠ λBragg
viene instradato nello SCISSOR attraverso la guida di ingresso,
esso passa attraverso lo SCISSOR senza attenuazione (la
porta d’uscita viene chiamata porta attraverso o Through).
Invece se λ = λris o λ = λBragg il segnale ottico viene instradato
sull’altra guida ed estratto dal canale, per questa ragione
l’altra guida viene chiamata porta di estrazione o Drop.
Per queste lunghezze d’onda non abbiamo segnale ottico
che arriva nella porta Through. In questo modo, a seconda
della lunghezza d’onda, possiamo istradare un segnale
ottico o nella porta Through o nella porta Drop (fig. 8). Una
situazione particolarmente interessante si ha quando la
lunghezza d’onda del segnale in ingresso soddisfa entrambe
le condizioni di risonanza e, quindi, λ ~ λris ~ λBragg . In
questo caso, il segnale viene accoppiato nella guida Drop
dato che soddisfa la condizione di risonanza dell’anello,
ma, propagandosi nella guida Drop, viene riaccoppiato
nella guida Through dato che soddisfa una condizione di
risonanza alla Bragg. Il segnale si accoppia, perciò, con una
cavità formata da due risonatori adiacenti. Si ha, quindi,
una condizione dove il segnale invece di essere trasmesso
dalla porta Drop viene re-instradato sulla porta Through. Si
dice che in questo caso si ha una condizione di trasparenza
indotta dall’accoppiamento risonante dei risonatori – effetto
detto CRIT (coupled resonator induced transparency). Aspetto
interessante del CRIT è che la condizione di trasparenza
è determinata dalla condizione che la distanza tra due
risonatori soddisfi una condizione di interferenza costruttiva
del segnale. Grazie a ciò, le tipiche risonanze CRIT che si
osservano sono molto più strette di quelle dovute ai singoli
risonatori (fig. 8, in alto a destra). Ora grazie al controllo delle
dimensioni dei risonatori e delle loro distanze, è possibile
ingegnerizzare l’effetto CRIT per ottenere instradatori di
segnali ottici con larghezze di banda estremamente piccole
(<100 GHz). L’idea che abbiamo sperimentato è stata di
realizzare uno SCISSOR con risonatori ad anello con raggi
che gradualmente aumentano lungo lo SCISSOR, in modo da
ottenere varie lunghezze d’onda di risonanza. Separando una
coppia di risonatori di una distanza che realizza la condizione
di interferenza costruttiva formiamo una risonanza CRIT.
Abbiamo cioè il controllo sulla posizione della risonanza
CRIT attraverso la scelta della coppia di risonatori. Avendo
risonatori di raggio diverso possiamo formare molte
risonanze CRIT in uno stesso SCISSOR. In questo modo
realizziamo strutture che permettono multiplessaggio1 o
demultiplessaggio ottico per applicazioni in reti ottiche
ultradense in strutture estremamente compatte. Inoltre
grazie alla possibilità di variare l’indice di rifrazione del
materiale costituente i risonatori ad anello o le guide di
1
Per multiplessaggio ottico si intende l’istradamento in un singolo
canale ottico di piu’ segnali ottici differenti provenienti da canali
ottici diversi. Demultiplessaggio e’ l’operazione inversa.
vol28 / no1-2 / anno2012 >
13
scienza
in primo
piano
Fig. 9 Instradatori
interferometrici. In alto:
schema del dispositivo:
sono indicate le varie
porte di entrata (In1 e In2)
e le due direzioni di uscita
(porte Through, Th1 e Th2,
e porta Drop, D). Il cuore
dell’instradatore è realizzato
da due SCISSOR accoppiati
realizzati con risonatori a
stadio. In basso: spettro di
trasmissione della porta
estrazione (Drop) e delle due
porte attraverso (Through)
in funzione dello sfasamento
relativo dei due segnali di
ingresso (∆φ) [11].
accoppiamento possiamo riconfigurare la rete ottica con
velocità di riconfigurazione fino alle decine di GHz.
Un’altra applicazione degli SCISSOR è nel campo
dell’instradamento inteferometrico. In questi instradatori il
protocollo di instradamento non è solo realizzato attraverso
la lunghezza d’onda del segnale, ma anche dalla fase del
segnale stesso. Per ottenere un tipo robusto di instradatore
interferometrico che agisca su bande di lunghezze d’onda,
abbiamo realizzato un instradatore a partire da due SCISSOR
accoppiati (fig. 9). Il principio di funzionamento è semplice.
Il segnale all’ingresso del dispositivo viene diviso in due
parti lungo due guide d’onda diverse (ingressi In1 e In2 in
figura). La fase relativa ∆φ dei due segnali viene controllata
per determinare la direzione di uscita. Quando la lunghezza
d’onda del segnale in ingresso soddisfa la condizione
di risonanza di Bragg degli SCISSOR, si ha che entrambi
gli SCISSOR trasferiscono il segnale sulla guida d’onda
centrale. Se i due segnali sono tra di loro in fase, allora si ha
interferenza costruttiva e il segnale viene trasmesso sulla
porta Drop. Se i due segnali sono tra di loro in opposizione di
fase, si ha interferenza distruttiva e il segnale viene trasmesso
14 < il nuovo saggiatore
sulle porte Through (fig. 9). Abbiamo controllato la direzione
di uscita attraverso la lunghezza d’onda e la fase, ovvero il
dispositivo è un instradatore interferometrico. Interessante
notare come il numero di risonatori che compongono gli
SCISSOR serva a mediare su imprecisioni di fabbricazione
e renda quindi gli SCISSOR accoppiati dei nodi robusti per
realizzare instradatori o interruttori ottici per trattare bande di
segnali di lunghezze d’onda differenti.
4 Conclusioni
In questo articolo abbiamo brevemente passato in
rassegna le conseguenze dell’applicare il paradigma delle
nanotecnologie alla fotonica in silicio. In questo modo siamo
stati capaci di dimostrare delle funzionalità aggiuntive ad una
tecnologia oramai matura. Sia con silicio nanostrutturato che
con circuiti fotonici di dimensioni nanometriche è possibile
ingegnerizzare un materiale ben conosciuto come il silicio per
indurre nuovi fenomeni che aprono la strada ad applicazioni
innovative.
L. Pavesi et al.: La Nanofotonica in Silicio e la Fotonica con il Nanosilicio
Ringraziamenti
Questo articolo è basato sul lavoro degli ultimi anni sulla
fotonica al silicio svolto dal laboratorio Nanoscienze e dal
centro Materiali e Microsistemi. è stato reso possibile anche
grazie allo sforzo dei nostri passati collaboratori e studenti
che qua ringraziamo senza poterli citare tutti. Inoltre esso
è sostenuto da finanziamenti della Provincia Autonoma
di Trento (progetto NAOMI), delle fondazioni CARIPLO
(progetti “Studio della non linearità di guide ottiche in
silicio periodicamente stressato per nuove sorgenti laser nel
medio infrarosso” ) e CARITRO (progetto “Colorectal cancer
associated macrophages as potential prognostic biomarker
and therapeutic target”), e dalla commissione europea
(progetti HELIOS, LIMA, POSITIVE, WADIMOS, APCOPPTOR ).
Bibliografia
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[10] M. Mancinelli, R. Guider, M. Masi, P. Bettotti, M. Rao Vanacharla,
J. M. Fedeli e L. Pavesi “Optical characterization of a SCISSOR
device”, Optics Express, 19 (2011) 13664.
[11] M. Masi, M. Mancinelli, A. Battarelli, R. Guider, M. Rao Vanarcharla,
P. Bettotti, J. M. Fedeli, L. Pavesi “A silicon photonic interferometric
router device based on SCISSOR concept”, IEEE J. Light. Tech., 29
(2011) 2747.
Letture consigliate
I lavori del Laboratorio di Nanoscienze si trovano alla pagina web del
laboratorio (http://www.science.unitn.it/~semicon). Inoltre
si consigliano le seguenti letture:
• “Silicon based microphotonics: from basics to applications“, Proceedings
of the International School of Physics “E. Fermi”: Course CXLI, a cura di
O. Bisi, S. U. Campisano, L. Pavesi e F. Priolo (IOS press, Amsterdam)
1999.
• “Silicon Photonics”, a cura di L. Pavesi and D. Lockwood, in Topics in
Applied Physics, vol. 94 (Springer-Verlag, Berlin) 2004.
• “Optical interconnects: the silicon approach”, a cura di L. Pavesi e
G. Guillot, in Springer series in Optical Sciences, vol. 119 (Springer
Verlag, Berlin) 2006.
• “Silicon Nanocrystals; Fundamentals, Synthesis and Applications” a cura
di L. Pavesi e R. Turan (Wiley-VCH Verlag GmbH, Berlin) 2010.
• “Silicon Photonics II: Components and Integration”, a cura di
D. Lockwood e L. Pavesi, Springer Series: Topics in Applied Physics,
vol. 119 (Springer Verlag, Berlin) 2011.
Lorenzo Pavesi
Lorenzo Pavesi è professore ordinario di fisica sperimentale e dirige il
laboratorio Nanoscienze all’Università di Trento. Ha ricevuto un dottorato
di ricerca dal Politecnico Federale di Losanna. Venuto a Trento nel 1990
ha lavorato sulla fotonica in silicio, prima occupandosi di silicio poroso
e poi di silicio nanocristallino. Negli ultimi anni, ha cercato di ampliare lo
spettro di applicazione della fotonica al silicio nel campo delle reti ottiche
su chip, delle energie rinnovabili e delle applicazioni alla sensoristica
ambientale e medicale. Ha pubblicato più di 300 lavori, ha editato più di
10 libri, ha un fattore H di 43, ed è distinguished speaker della società di
fotonica dell’IEEE e dello SPIE.
vol28 / no1-2 / anno2012 >
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