dolce sogno
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dolce sogno
Aprile A cura di Frate Salute (un mese per volta... toglie il medico di torno) Stavolta ho deciso: anticipo le vacanze e metto in stand by le mie ultraeccezionali e straordinarie capacità di affidabile indovino, di misterioso negromante, di insuperabile almanaccone. Ripongo le ampolle, abbandono antiche e prodigiose ricette, spengo l’innocuo ma portentoso fuocherello, compagno delle mie disavventure di alchimista, e, per questo mese, amici lettori, cedo alla tentazione di dilettarmi nell’arte del riposo. E, vista la mia riconosciuta sapienza, provvedo a non lasciare i miei assidui e fidati fans soli e in balia delle onde. Così, cari amici, sanando il vostro legittimo e certo bisogno di questo appuntamento mensile, chiamo all’appello qualcuno che può supplire alla mia saggezza (la modestia non è mai troppa!). Fra un detto ed un pensiero, con una frase o con una parola, fra un proverbio ed un’idea, vi lascerò cullare in questo tiepido mese di Aprile dall’unica voce che può fare le mie veci: la parola degli antichi. Saranno gli aneddoti popolari, gli adagi tradizionali, le massime contadine a guidare il racconto di questo mese di passaggio. E, nel frattempo, mi godrò questa pausa ascoltando con voi la voce della storia, la sapienza popolare. “Aprile, dolce dormire, gli uccelli a cantare e gli alberi a fiorire”: il detto più comune, relativo al mese, apre le danze di questi aforismi e ci fa immergere nel mondo delle nostre radici. Sembra, infatti, che questo proverbio trovi le sue origini in una tradizione tipicamente salentina e del tarantino. Anticamente, in queste zone, nel mese di Aprile si svolgeva un rito che fondeva la quotidianità e il culto della terra, il bisogno di coltivare il contatto con le proprie origini e il valore della vita. Le madri, infatti, in un giorno prestabilito di Aprile, portavano in campagna i propri figlioletti, appena svezzati, per celebrare l’usanza del “Sonno dei neonati”, secondo la quale prima ponevano i bambini in un lenzuolino bianco e poi li adagiavano su un prato appena fiorito. E, allora, in prati dai colori primaverili, si levavano nenie e dolci cantilene e a ciascun bambino si cantava: “O bimbo, dormi beato/ disteso sul prato/ tra mammole e violette/ e un volo di farfallettte./ Dormi e sogni,/ sogni e dormi o bambino beato./ Sia la tua vita come questo prato/ di fiori tutto inghirlandato”. Speriamo, poi, che le mamme abbiano sempre coperto e protetto con accortezza quei bimbetti teneri e coccoloni! Un altro proverbio, infatti, cita: “Aprile, non t’alleggerire”. I meteorologi, ma anche l’esperienza di ognuno, ricordano, a riguardo, che ad Aprile il freddo può tornare soprattutto in due occasioni particolari: al “nodo del cuculo” e il giorno di San Marco. La prima ricorrenza cade il 10 Aprile, giorno fra quelli in cui si verifica il ritorno del cuculo, annunciato dal tipico canto di questo uccello. La seconda data è quella del 25 Aprile, quando, ad esempio, i Siciliani invocano il Santo come protettore del vento. E se è vero il proverbio “Iàcque d’Abbrìle, scàsscia magazzìne” (L’acqua di Aprile riempie i magazzini di frutti), allora è bene che ad Aprile un po’ di freddo faccia nuovamente capolino, preferibilmente accompagnato da qualche scrosciata d’acqua che, senza degenerare in grandine, irrighi i campi e garantisca il raccolto abbondante e i magazzini colmi di frutta. Il tempo ancora pazzerello, però, faccia accuratamente attenzione a sfogare le sue folli turbe precisamente all’arrivo del cuculo, visto che soltanto due giorni prima, andando in giro per la sua regione o per il mondo, ogni Pugliese vorrà rispettare il proverbio “Natale a càsta, e Pasqua a ‘ndo t’acchie!” (Natale a casa e Pasqua dove ti trovi!) e che appena il giorno prima, durante qualche scampagnata tipicamente da pasquetta, avrà gran successo il detto “A Pàsqua sanda e bella, ng’ mangiàme a squarcèlla!” (Per santificare la Pasqua bella, mangeremo una dolce torta!). Tra un pisolino e un acquazzone, fra una torta ed una gita, è facile giungere alla fine di questo mese. E, ricordando anche che “Aprile fa i fiori e Maggio ne ha gli onori”, l’ultima eco delle voci della saggezza ci sussurra che “A fine Aprile le prime pecore si preparano a lasciare l’ovile”. Riferendosi all’antica consuetudine della transumanza estiva dalle pianure del Tavoliere alle montagne dell’Abruzzo, questo detto pastorale richiama la natura di passaggio del mese di Aprile. Nel giro di trenta giorni, infatti, si viene trasportati dal torpore del primo sole e dagli scossoni degli ultimi strascichi di inverno, all’inizio dell’estate. Qualche altro giorno ancora e Aprile sarà solo il ricordo di un dolce sogno fatto, chissà, fra i rami di un albero, fra l’erba di un campo, fra le margheritine di un prato, avvolti in un candido lenzuolino materno… Buon mese a tutti, alla prossima, Frate Salute (direttamente dalla sua comoda e bucolica amaca). pugliasalute - tre - aprile 2007