La ricerca: gli obiettivi e il metodo
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La ricerca: gli obiettivi e il metodo
La separazione coniugale e la mediazione familiare secondo il modello relazionale simbolico Isernia, 16 Ottobre 2010 Dott. Paola Farinacci Servizio di psicologia clinica per la coppia e la famiglia Università cattolica del Sacro Cuore di Milano La separazione mette a dura prova e a grave rischio la continuità intergenerazionale, non solo perché la frattura coniugale rende problematico l’accesso alle stirpi di origine, ma anche perché gli “oggetti del conflitto coniugale” sono spesso gli oggetti/ambiti di trasmissione tra le generazioni. In particolare i figli, inseriti naturalmente tra generazioni sono spesso gli oggetti del contendere tra i genitori, creando un grave danno per il loro sviluppo psichico ed affettivo. La mediazione familiare, nella misura in cui favorisce non solo il raggiungimento di accordi, ma anche il “rilancio del patto coniugale oltre la sua fine”, è uno strumento prezioso per aiutare le persone a salvaguardare la trasmissione intergenerazionale Obiettivo principale della transizione del divorzio è quello di realizzare la cooperazione tra exconiugi allo scopo di permettere l’esercizio della funzione genitoriale; inoltre e’ indispensabile garantire l’accesso alla storia delle due famiglie d’origine. I due ex-coniugi mantengono un compito importante rispetto alle rispettive famiglie d’origine: realizzare uno scambio e un sostegno reciproco ed evitare il rischio di un appiattimento in una relazione solo filiale. Per permettere una transizione riuscita i genitori separati che vorrebbero rompere con il passato e se fosse possibile cancellarlo, devono invece realizzare un processo di trasformazione del legame da portare in salvo, anche se c’è stato divorzio legale. La cura del legame familiare è da preservare anche se c’è stata violazione del patto. E’ questo uno degli obiettivi principali del lavoro dei mediatori familiari, in quanto rappresentanti del corpo sociale che si prende cura del corpo familiare. Da questo punto di vista si può dire che esiste un vero e proprio paradosso negli obiettivi che si pone la mediazione familiare: il riconoscimento del valore dell’altro al di là della rottura del patto Esistono modelli e forme diverse di mediazione familiare che si differenziano proprio per la diversa attenzione che dedicano ai possibili oggetti ed alla dimensione intergenerazionale del conflitto E’ ragionevole ipotizzare che le diverse forme di mediazione producano effetti differenti e che, in particolare, non tutti i modelli di mediazione familiare siano equivalenti rispetto alla tutela ed alla promozione di una continuità intergenerazionale. L’approccio transizionale-simbolico È un paradigma teorico-metodologico organico di conoscenza e di intervento sulla famiglia (Scabini, 1995, Cigoli, 1998) fondato su presupposti antropologici ed epistemologici precisi e dichiarati; dispone di una teoria organica del funzionamento familiare applicata per ogni fase del ciclo di vita familiare esplicativa del funzionamento “sano” e patologico della famiglia; 1 dispone di un orientamento metodologico coerente per la ricerca e l’intervento socio –clinico con le famiglie; dispone inoltre di una concettualizzazione specifica, di concetti particolari utili per decodificare: il processo di separazione/divorzio la teoria e la tecnica dell’intevento di mediazione familiare (Cigoli, 1998, Marzotto e Telleschi, 1999, Cigoli e Marzotto, 1999) La separazione e la mediazione familiare secondo l’approccio transizionale-simbolico (specificità distintive) La separazione 1. La separazione/divorzio è una transizione relazionale (trasformazione-passaggio), una riconfigurazione/riorganizzazione dei legami familiari (e quindi anche intergenerazionali), cioè un processo il cui senso e natura trascende i singoli individui . Infatti non basta completare ( laddove è possibile farlo) il “divorzio psichico” dei singoli partner, ma è un processo che mette in scacco tutta l’organizzazione familiare e lo scambio simbolico tra le generazioni. 2. Nel processo di separazione/divorzio è impossibile separare il destino (l’evoluzione) del legame coniugale da quello del legame genitoriale: la crisi porta le persone a confrontarsi con i “temi eterni” del famigliare, la dimensione simbolica, ovvero la fiducia-speranza nel legame (il dono materno) e la giustizia distribuita nei legami (il dono paterno)1. 3. L’elemento cruciale e specifico di questo evento critico è la fine del patto coniugale,iIl compito evolutivo ad essa correlato è, conseguentemente, l’elaborazione della fine del patto coniugale ed il rilancio del patto genitoriale: compito che può essere affrontato con esiti differenti e che espone a rischi specifici. In altre parole il “rimanere sempre genitori” non è un compito facile da affrontare da soli senza l’ aiuto e l’appoggio del corpo sociale e degli strumenti messi a disposizione da esso. La Mediazione Familiare, all’interno di questo paradigma, è un processo di accompagnamento della transizione reale e simbolica della famiglia e spazio di facilitazione e sostegno al processo di rinegoziazione delle relazioni familiari. Permette una ritualizzazione del conflitto coniugale, del suo riconoscimento/identificazione e della sua elaborazione/superamento: può essere riconosciuta come sostegno del corpo sociale al corpo familiare per permettere una “nuova pattuizione” tra i genitori. Come è possibile soddisfare il bisogno di riconoscimento che entrambi i partner provano al momento della rottura se non in uno spazio ad esso dedicato appositamente che permetta il rispetto e l’ascolto dei bisogni di ciascuno? Il mediatore si fa garante proprio della creazione di questo spazio, uno spazio di rispetto reciproco che deve essere necessariamente protetto da ingerenze di qualsiasi tipo. Il mediatore lavora con la coppia nella stanza della mediazione in maniera assolutamente autonoma rispetto agli altri servizi, ali avvocati ai giudici che eventualmente avranno inviato la coppia. Per questo motivo è molto importante ribadire come il mediatore non faccia relazioni o valutazioni di alcun tipo destinate a terzi ma si muova solo nell’ambito del rapporto di fiducia creato con i genitori. 1 2 Altra funzione fondante che svolge la mediazione familiare in questa prospettiva è quella di ritualizzare un momento che consenta di riconoscere e valorizzare la dimensione pubblica socialmente importante del matrimonio e della convivenza e che l’assenza di un momento forte di passaggio, nel momento del divorzio mette alla prova. Il rischio è quello di indebolire la fiducia nel legame, nei legami familiari e sociali in particolare. In altre parole a causa del divorzio si rischia di interrompere la comunicazione, di strappare la relazione ma di non curare il legame sociale (il livello simbolico). Alle nuove generazioni sarà possibile aver cura (essere dei care-givers) di altre relazioni importanti, se le persone avranno fatto esperienza della giustizia e della speranza al di là del conflitto. Ed è nella famiglia che è possibile fare quest’esperienza di base. Per questo motivo la mediazione familiare lavora a partire dal conflitto senza temerlo ma considerandolo un elemento di trasformazione e di possibilità, il conflitto come modalità di trattare le differenze, quelle differenze che non devono diventare impossibilità di incontro soprattutto laddove ci sono dei figli, che come spesso diciamo noi mediatori “sono fatti di mamma e di papà” In occasione del divorzio il rischio per i figli è quello di abbandonare la speranza nei legami e di costruirne di sempre più fragili per il timore di soffrire troppo quando si romperanno. Per questo motivo l’attenzione del mediatore relazionale simbolico è focalizzata sui figli, sulla loro esperienza e particolare posizione tra i genitori. Il lavoro che si compie è quello di valorizzare i legami che talvolta prima della separazione sono fragili e indeboliti e di rafforzare il ruolo e l’identità di ciascun genitore. Non ostante la normativa sull’affido condiviso infatti è estremamente facile che si producano danni molto rilevanti nel rapporto con i figli fino ad arrivare alla sindrome di alienazione parentale, una grave forma di alienazione o allontanamento da un genitore che può prodursi in casi di gravissimo conflitto tra essi. Anche nel lavoro con i figli che realizziamo da anni con la nostra èquipe i gruppi di parola per figli di genitori separati, si evidenzia molto chiaramente la necessità che i genitori abbiano o continuino a mantenere, anche durante la separazione, un spazio mentale per i figli, uno sguardo attento e se possibile condiviso su di loro. In questo importante ed efficace lavoro che si affianca alla mediazione e in qualche modo ne condivide la metodologia ed i principi ispiratori noi incontriamo figli tanto più sofferenti e in difficoltà quanto meno sono “pensati” nelle loro specificità e esigenze dai genitori. Quando i figli ,come si diceva, sono oggetti del contendere, sono la posta in gioco nella lotta fra i genitori, essi risentono profondamente di una sfiducia nei legami che tra le altre cose mette a rischio la loro personale vita affettiva. Nel nostro modello la mediazione prende il posto di un rito di transizione , di riconoscimento del conflitto coniugale inteso come occasione di individuazione; conflitto non sufficientemente riconosciuto, né “permesso”, nei Tribunali e nelle cerimonie familiari e sociali. Si tratta di un rito di passaggio per permetterne il riconoscimento, l’ identificazione ed elaborazione ed accedere così alla dimensione simbolica, arrivare a scoprire il significato per sé, per i figli e per i nonni. Nel nostro modo di lavorare c’è lo spazio per prendersi cura di tutti gli aspetti del legame, che talvolta passano anche le pattuizioni economiche, il modello relazionale simbolico prevede di affrontare in mediazione tutti gli aspetti della relazione e tutte le questioni che i genitori desiderano trattare per prendere accordi. Infatti parliamo di un’apertura globale a tutti gli oggetti del conflitto e della negoziazione (sia i figli che i beni materiali). Pur mantenendo un controllo del processo, c’è una flessibilità del setting e degli strumenti intravediamo la possibilità di ricorre anche ad incontri individuali, o con i figli o di prescrivere dei compiti attivi di facilitazione comunicativa e di insight emotivo. Si è parlato infatti del mediatore come un traghettatore, riconscendogli un ruolo ben distinto da quello di altre figure professionali. Il mediatore ha per noi compiti circoscritti e uno “stile forte” 3 nel senso che utilizza uno stile direttivo nella conduzione dell’incontro, ed è incaricato di proteggere le tappe del percorso stabilite nel contratto iniziale. Per questo la mediazione rappresenta una tappa fondamentale nell’impegno del corpo sociale per garantire alle nuove generazioni la possibilità di accesso alle stirpi dell’uno e dell’altro genitore, di pendere da entrambi I rami dei due alberi genealogici, di collocarsi nello spazio del genogramma familiare. Bibliografia di riferimento E. Scabini, Psicologia sociale della famiglia, Bollati e Boringhieri, Torino, 1985. V. Cigoli, Psicologia della separazione e del divorzio, Il Mulino, Bologna, 1998. C. Marzotto e R. Telleschi, Comporre il conflitto genitoriale. La mediazione: metodo e tecniche, UNICOPLI, Milano 1999. A cura di C. Marzotto “ I gruppi di parola per figli di genitori separati” ed Vita e Pensiero, Milano 2010 4