FISICA E

Transcript

FISICA E
fisica e...
Scienza e tecnologia di un
combustibile compatibile con
l’ambiente: l’idrogeno
Antonio Miotello
Laboratorio IdEA del Dipartimento di Fisica dell’ Università degli Studi di Trento
L­ e sfide di questi ultimi anni poste dai problemi dell’energia e dell’ambiente richiedono
ri­sposte urgenti per il futuro dell’umanità. L’utilizzo della molecola di idrogeno come
combustibile potrebbe offrire un significativo contributo ad un futuro energetico
sostenibile.
L’utilizzo di nuove fonti di energia pulita e
di combustibili compatibili con l’ambiente
è una necessità motivata in innumerevoli
convegni e dibattiti internazionali e in
numerosi documenti diventati ormai dei
classici di settore. Tuttavia molto rimane
ancora da fare affinché le energie alternative
(solare, eolica, da biomasse, geotermica,
idroelettrica), i combustibili puliti (ad esempio
l’idrogeno) e i nuovi modi (ancora attraverso
l’idrogeno) per immagazzinare l’energia
delle fonti intermittenti (solare ed eolico)
assumano rilevanza nel panorama mondiale
dell’energia. In questo lavoro, che non intende
essere un testo esaustivo sul combustibile
idrogeno, si presenteranno alcune riflessioni
su quelle che sono ritenute le linee principali
di ricerca sull’idrogeno nell’ambito della
fisica dei materiali: 1) produzione di idrogeno,
2) purificazione di miscele di gas ricche in
idrogeno, 3) immagazzinamento di idrogeno
in solidi, 4) catalizzatori per il rilascio di
idrogeno da idruri chimici.
1 Produzione di idrogeno
L’interesse nei confronti dell’idrogeno come
combustibile è legato principalmente a
due considerazioni: a) l’energia, per unità di
massa, associata al processo di “combustione”
dell’idrogeno, ∼ 140 MJ/kg, è almeno tre volte
superiore a quella dei combustibili tradizionali,
∼ 40 MJ/kg, b) l’H2 si può impiegare, per
ottenere energia, nelle celle a combustibile,
dispositivi che convertono l’energia chimica
direttamente in energia elettrica avendo come
unici sottoprodotti acqua e calore. L’energia
elettrica prodotta può quindi alimentare
motori elettrici con rendimenti di gran lunga
superiori ai normali motori a combustione.
Sebbene l’idrogeno sia l’elemento chimico più
abbondante dell’Universo, sul nostro pianeta
si trova principalmente legato sotto forma di
acqua (H2O) o di idrocarburi (CH4, C6H6 …) e
quindi un ostacolo da superare resta la sua
estrazione al fine di ottenerlo sotto forma di
molecola H2.
In fig. 1 vengono riassunti i processi più
vol24 / no3-4 / anno2008 >
59
fisica e...
Fig. 1 Processi per la produzione di idrogeno.
diffusi per la produzione di idrogeno, da quelli di carattere
industriale, ad esempio il reforming di combustibili fossili,
processo generalmente inquinante, a quelli che utilizzano
direttamente lo scissione della molecola d’acqua e che
necessitano ancora di attività di ricerca per ridurne i costi
(elettrolizzatori) o per aumentarne l’efficienza (scissione
dell’acqua sulla superficie di materiali illuminati dalla
radiazione solare). Su quest’ultima tematica daremo
ora qualche dettaglio essendo la problematica stessa
particolarmente legata allo sviluppo della scienza dei
materiali.
Radiazione solare e scissione della molecola d’acqua:
Notevoli vantaggi potrebbero essere ottenuti dall’utilizzo
della radiazione solare per scindere le molecole d’acqua
in idrogeno e ossigeno senza passare per l’applicazione
diretta di correnti elettriche. Recenti lavori indicano che tale
risultato può essere ottenuto utilizzando la parte visibile
della radiazione solare. La scissione dell’acqua avviene
generalmente utilizzando ossidi semiconduttori ed inizia
con l’assorbimento diretto di un fotone, che produce un
elettrone in banda di conduzione ed una lacuna in banda di
valenza. Le cariche prodotte si muovono liberamente sulla
superficie del semiconduttore e quelle positive possono
reagire con la molecola d’acqua, scindendola e producendo
ossigeno gassoso e ioni idrogeno che sulla stessa superficie
possono essere ridotti dalle cariche elettroniche. Il processo
di dissociazione avviene purché l’energia del fotone sia
superiore a 1,23 eV (si noti che il potenziale standard
dell’acqua è pari a 1,23 V).
60 < il nuovo saggiatore
In celle fotoelettrochimiche, invece, le soluzioni acquose
costituiscono l’elettrolita che assicura il flusso degli ioni
idrogeno dal foto-anodo al foto-catodo dove avviene la
riduzione in H2 con le cariche elettroniche che provengono
dal foto-anodo tramite circuito esterno.
In generale ci sono quattro richieste fondamentali che un
sistema, che utilizza radiazione solare per produrre idrogeno
tramite scissione dell’acqua, deve soddisfare: 1) la luce solare
deve essere assorbita con buona efficienza, per produrre nel
materiale assorbente (fotocatalizzatore) stati elettronici eccitati,
2) gli elettroni fotoeccitati e le vacanze elettroniche associate
devono essere spazialmente separate al fine di prevenire la
loro ricombinazione, e quindi la possibile trasformazione
dell’energia luminosa in calore, 3) le cariche fotoeccitate
devono essere in grado di poter produrre la scissione
dell’acqua, 4) in condizioni di regime non si deve avere
degrado del fotocatalizzatore.
Storicamente i primi studi sui fotocatalizzatori sono stati
pubblicati nel 1972 da K. Honda e A. Fujishima [1] quando
è stato descritto un sistema per ottenere scissione della
molecola d’acqua tramite luce solare: in questa ricerca i
fotoelettrodi utilizzati erano cristalli di TiO2.
In seguito si è scoperto che altri ossidi metallici, come SrTiO3
e KTaO3 , possono essere impiegati come fotoelettrodi per
scindere l’acqua tramite l’assorbimento di luce. Un problema
fondamentale ne ha impedito l’utilizzazione: sebbene
SrTiO3 e KTaO3 effettivamente convertano i fotoni assorbiti
in combustibile chimico, l’ampiezza del gap elettronico di
questi ossidi metallici è troppo ampia per permettere un
a. miotello: scienza e tecnologia di un combustibile compatibile con l’ambiente: l’h2
in sospensione e i gas prodotti sono stati analizzati tramite
tecniche di cromatografia [2]. Si noti che i quantitativi
di gas prodotti rimangono pressoché gli stessi in cicli
successivi luce/buio e questo mostra che il catalizzatore
non viene degradato durante il decorso della reazione.
La resa del processo è inferiore ad 1%, troppo bassa per
applicazioni: il miglioramento dell’efficienza del sistema
passa probabilmente attraverso un aumento della superficie
efficace del fotocatalizzatore, perfezionando i processi di
sintesi delle nanostrutture.
2 Purificazione di miscele di gas ricche in idrogeno
Fig. 2 La figura mostra lo sviluppo di H2 ed O2 , da
acqua distillata sotto irraggiamento di luce visibile [2].
Cerchi: NiOγ / In0.90 Ni0.10TaO4 , quadrati: RuO2 / In0.90
Ni0.10TaO4 .
assorbimento efficiente dello spettro solare. Il risultato è che
questi materiali utilizzano solo la radiazione UV, ovvero il 4%
dell’energia dello spettro solare. L’efficienza complessiva di
conversione d’energia di questi sistemi è infatti solo l’1–2%.
Per questo si sono cercati di sviluppare dei materiali capaci
di utilizzare la parte di spettro solare nel visibile: i fotoni nel
campo del visibile (che comprende il 43% dell’energia solare)
hanno energie inferiori rispetto a quelli UV ma tuttavia in
grado di indurre processi di scissione delle molecole d’acqua.
Composti come CdTe o InP hanno gap elettronici inferiori e
quindi possono utilizzare in maniera più efficiente la luce dello
spettro solare: tuttavia si corrodono in presenza di soluzioni
acquose e diventano inerti come fotoelettrodi. In breve, il
problema è che i materiali che sono stabili in soluzioni acquose
e possono scindere l’acqua in ossigeno e idrogeno molecolari,
non sono in grado di assorbire con efficienza la radiazione
solare mentre i materiali che assorbono la radiazione solare
con alta efficienza sono instabili o poco efficienti nella
separazione dell’acqua nelle sue componenti. Nel tentativo
di superare i problemi indicati, il lavoro di Zou et al. [2]
suggerisce che drogando InTaO4 con Ni, si possono ottenere
fotocatalizzatori di composizione chimica
In1 – xNixTiO4 (x = 0–0,2) in grado di indurre la scissione diretta
dell’acqua quando vengono irraggiati con luce nel visibile.
La fig. 2 mostra come la dissociazione dell’acqua sia un
effetto provocato dalla radiazione luminosa e non il risultato
di fenomeni di catalisi di superficie dovuti al particolare
materiale utilizzato: in quest’esperimento sono state usate
particelle di NiOγ /In0.90 Ni0.10TaO4 e RuO2 /In0.90 Ni0.10TaO4
Su scala industriale, l’idrogeno gassoso è prodotto attraverso
processi chimici quali processi di reforming di idrocarburi [3].
Il gas prodotto in questo modo contiene anche impurità
come CO, CO2 , CH4 e H2O. Perciò quando l’idrogeno viene
utilizzato in connessione con celle a combustibile, deve
essere necessariamente purificato. Questo si realizza tramite
membrane selettive della miscela di gas oltre che con
convenzionali processi di separazione quali, ad esempio, la
liquefazione tramite compressione e il raffreddamento [4] e
che tuttavia richiedono dispendio di energia.
Una membrana è una barriera che consente il trasporto
di massa selettivo tra due fasi [5]. È selettivo perché
alcuni componenti possono attraversare la membrana
più facilmente di altri. Resa ed efficienza delle membrane
vengono normalmente misurate in termini di flusso
attraverso la membrana e selettività della membrana nei
confronti delle miscele. La selettività è data dal rapporto delle
permeabilità (la facilità relativa con la quale la specie può
permeare) dei diversi componenti: in altre parle, è la misura
dell’efficacia di separazione della membrana.
Le membrane utilizzate per la separazione dell’ H2 vengono
classificate in due categorie: membrane dense e membrane
porose [6].
Membrane dense: il meccanismo di soluzione/diffusione è il
modello fisico più utilizzato per descrivere il trasporto di gas
attraverso membrane dense [7]. Una molecola di gas viene
adsorbita su un lato della membrana, si dissolve nel materiale
della membrana, diffonde attraverso la membrana e desorbe
dall’altro lato della membrana. Se la diffusione attraverso la
membrana ha luogo a livello atomico (ad esempio trasporto
di idrogeno attraverso un metallo non poroso), la molecola
deve suddividersi a livello atomico prima di diffondere
attraverso il volume e ricombinarsi dopo la diffusione
attraverso la membrana.
Il palladio è l’esempio migliore di membrana densa in
quanto estremamente selettivo e solo l’idrogeno può
permearlo [8]. La permeazione dell’idrogeno in membrane di
Pd implica adsorbimento dissociativo, diffusione atomica e
desorbimento ricombinativo. I flussi sono di valore modesto
vol24 / no3-4 / anno2008 >
61
fisica e...
Fig. 3 Meccanismi di trasporto in membrane porose:
(a) diffusione tipo Knudsen, (b) diffusione di superficie,
(c) condensazione capillare, (d) setaccio molecolare.
per membrane di palladio di spessore di alcuni micron. Per
aumentare i flussi e ridurre i costi delle membrane, poiché
il costo del palladio è elevato, solitamente si utilizza la
deposizione di strati sottili su supporto di metallo o ceramica
porosa. Se le membrane di palladio vengono esposte ad
idrogeno a basse temperature, possono andare incontro
a problemi di infragilimento dovuti alle diverse tipologie
di espansione delle costanti reticolari nei sistemi Pd-H.
Una possibile soluzione è quella di drogare il palladio con
elementi quali argento o rame [9] al fine di ottenere fasi con
aumentato passo reticolare e in grado di anticipare i valori di
espansione reticolare indotti dall’idrogeno.
Alcune membrane ceramiche possono anche essere utilizzate
come membrane dense dove l’idrogeno è trasportato in fase
solida come protone. I materiali preferiti sono SrCeO3–δ e
BaCeO3–δ [10, 11]. La selettività di questo tipo di membrane è
molto elevata, poiché generalmente solo gli ioni di idrogeno
possono migrare attraverso il materiale della membrana. Le
temperature di operatività riportate si aggirano tra 600 e 900°C.
Membrane porose: La separazione operata dalle membrane
porose avviene in base alle dimensioni molecolari e al
peso dei gas [5, 6]. Nelle membrane porose (fig. 3) possono
intervenire quattro tipi di meccanismi di diffusione [12, 13].
La diffusione di tipo molecolare si ha per grandi numeri
Knudsen. Il numero Knudsen Kn è definito come rapporto
fra il libero cammino medio delle molecole gassose e la
scala di lunghezza fisica rappresentativa (ad esempio il
raggio del poro). Se i numeri Knudsen sono > 5 significa che
i liberi cammini medi sono sostanzialmente maggiori dei
raggi del poro. Il risultato è che il flusso è dominato dagli
urti delle molecole con le pareti e le molecole più leggere
permeano generalmente in modo più facile attraverso i
pori. Per numeri Knudsen < 1 il meccanismo di trasporto
dominante è tipo fluido viscoso e la viscosità controlla la
62 < il nuovo saggiatore
facilità di attraversamento della membrana. Nella diffusione
di superficie (fig. 3b) le molecole gassose vengono adsorbite
dalle pareti porose della membrana e migrano lungo la
superficie. La diffusione di superficie aumenta la permeabilità
dei componenti che vengono adsorbiti più efficacemente
sulle pareti dei pori delle membrane. Nello stesso tempo, il
diametro effettivo del poro è ridotto e quindi il trasporto di
componenti non adsorbenti è limitato. Questo contributo della
diffusione di superficie si verifica solo per determinati intervalli
di temperatura e diametri dei pori. La condensazione capillare
(fig. 3c) avviene se una fase condensata riempie parzialmente
i pori della membrana. Se i pori sono totalmente riempiti dalla
fase condensata, solo le sostanze solubili nella fase condensata
possono permeare attraverso la membrana. Il verificarsi di
condensazione capillare, comunque, dipende fortemente
dalla composizione del gas, dalle dimensioni dei pori e
dall’uniformità delle stesse. Se i pori diventano abbastanza
piccoli (0.3–0.5 nm), la tecnica di setaccio molecolare (fig. 3d)
può essere utilizzata per separare le molecole che differiscono
in diametro: la dimensione dei pori è tale che solo le
molecole gassose più piccole possono permeare attraverso la
membrana.
3 Immagazzinamento di idrogeno in solidi
Le tecnologie di immagazzinamento dell’idrogeno
costituiscono il punto critico per lo sviluppo dei sistemi
di trasporto basati su H2 [14, 15]. Un veicolo ad idrogeno
provvisto di sistema di propulsione basato su celle a
combustibile necessita di circa 4 kg di gas per 400 km
di tragitto: tale quantità di idrogeno richiederebbe, se
immagazzinata a temperatura e pressione ambiente, un
serbatoio sferico avente diametro di circa 5 m. I sistemi
commerciali per l’immagazzinamento efficiente dal punto
a. miotello: scienza e tecnologia di un combustibile compatibile con l’ambiente: l’h2
di vista volumetrico sono basati sulla compressione (gas
compresso: CGH2) o liquefazione (idrogeno liquido: LH2)
del gas (si veda tab. I). Tali sistemi comportano problemi di
vario tipo, fra cui: 1) sicurezza, dato il carattere esplosivo
delle miscele idrogeno-aria, 2) costi, dato che il costo per
comprimere (200 atm) o liquefare il gas, in termini energetici,
è pari al 18% ed al 30% del contenuto energetico specifico di
gas e liquido rispettivamente.
Alla fine degli anni sessanta si scoprì che alcuni metalli
e composti intermetallici in grado di formare fase idruro
potevano assorbire reversibilmente grandi quantità di
idrogeno anche a temperature minori di 300 °C: in seguito
a numerosi studi si sono sintetizzati vari materiali che, in
fase idruro, presentano efficienza di immagazzinamento
volumetrica superiore a quella dell’idrogeno liquido: si veda
tab. I. Un grosso vantaggio legato agli idruri metallici è la
maniera relativamente semplice con cui avviene il processo
di assorbimento e desorbimento del gas H2. L’assorbimento
avviene esponendo il materiale al gas H2 in opportune
condizioni di pressione e temperatura; il rilascio viene indotto
fornendo al materiale il calore necessario a dissociare la
fase idruro. Lo svantaggio legato all’immagazzinamento in
idruri metallici è la bassa efficienza gravimetrica, tipicamente
inferiore al 2% in peso, pur con importanti eccezioni quali,
ad esempio, il magnesio ed alcune sue leghe che presentano
rapporti gravimetrici compresi fa il 3,3 ed il 7,6 % in peso.
Affinché un composto intermetallico possa essere utilizzato
come serbatoio a stato solido per l’idrogeno deve soddisfare
ad alcuni requisiti: 1) l’assorbimento dell’idrogeno e la
formazione di fase idruro deve mostrare carattere reversibile
a temperature comprese fra 30 e 100 °C e pressioni del gas H2
fra 1 e 10 atm, 2) il materiale deve mostrare cinetiche veloci
di reazione sia in fase di assorbimento che di desorbimento
del gas H2, 3) il materiale deve mantenere inalterate le
Materiale
Efficienza volumetrica
( atomi H per cm3 )
Efficienza gravimetrica
( peso % di idrogeno )
CGH2 (200 bar)
0,99 × 1022
100
LH2 (20 K)
4,2 × 1022
100
SH2 (4,2 K)
6,5 × 1022
100
MgH2
5,3 × 1022
7,6
Tab I : Confronto fra l’efficienza di immagazzinamento gravimetrica e volumetrica dell’idrogeno in fase gassosa (CGH2), liquida
(LH2), solida (SH2) e come idruro metallico (MgH2).
Fase idruro
Capacità massima
( peso % )
Peq a T = 298 K
( atm )
Teq a P = 1 atm
(K)
Entalpia di
formazione
( kJ / mole H2 )
MgH2
7,66
~ 10-6
552
– 74,5
VH2
3,81
2,1
285
– 40,1
Mg2NiH4
3,59
~ 10-5
528
– 64,5
FeTiH2
1,89
4,1
265
– 28,1
ZrNH3
1,96
~ 10-6
573
– 68,6
TiMn1,4V0,62H3,4
2,15
3,6
268
– 28,6
ZrMn2H3,6
1,77
0,001
440
– 53,2
LaNi5H6,5
1,49
1,8
285
– 30,8
LaNi4,8Sn0,2H6
1,40
0,5
312
– 32,8
Tab. II : Proprietà di alcuni idruri utilizzabili per l’immagazzinamento dell’idrogeno. Vengono indicate: la fase idruro, la capacità
massima di immagazzinamento (efficienza gravimetrica), la pressione di equilibrio della fase idruro alla temperatura di 298 K, la
temperatura alla quale la fase idruro è all’equilibrio con il gas alla pressione di 1 atm ed infine l’entalpia di formazione.
vol24 / no3-4 / anno2008 >
63
fisica e...
Processi di idrogenazione
Fig. 4 Diagramma di fase pressione-composizione
che caratterizza tipicamente il processo di formazione
di un idruro metallico. Figura a destra: diagramma di
van’t Hoff per determinare l’entalpia del processo (vedi
testo).
proprie caratteristiche anche dopo un alto numero di cicli
di assorbimento e desorbimento, 4) deve avere un costo
limitato.
In tab. II vengono riportate le caratteristiche di alcuni
fra i più rappresentativi idruri metallici utilizzabili per
l’immagazzinamento dell’idrogeno.
Termodinamica del sistema metallo-idrogeno: La reazione
di formazione di un idruro ternario fra il generico composto
metallico ABm ed il gas H2 è descritta dalla relazione:
ABm + nH2 = ABmH2n + ∆Q, dove ∆Q è il calore scambiato:
ricordiamo che la formazione della fase idruro è sempre una
reazione esotermica. Il metallo A forma un idruro binario
stabile (ad esempio: alcuni metalli di transizione, terre rare,
magnesio), il metallo B non forma idruri stabili ma catalizza la
dissociazione della molecola H2 (ad esempio: Ni, Fe, Cr) [16].
La termodinamica del sistema metallo-idrogeno viene
descritta tramite le curve isoterme P-c indicanti la pressione P
di equilibrio dell’idrogeno gassoso a diverse concentrazioni
cH = H/M (M=metallo) dell’idrogeno assorbito dal solido [16]:
un esempio schematico viene presentato in fig. 4.
L’isoterma presenta tre zone di interesse. Per valori di
concentrazione cH indicativamente minori di 0,1, l’idrogeno
assorbito costituisce una soluzione solida (fase α) e occupa
siti interstiziali distribuiti casualmente nel reticolo cristallino.
All’aumentare della pressione P aumenta la concentrazione
cH e, superato un valore critico, comincia la nucleazione
della fase idruro (fase β): quando le due fasi coesistono,
indicativamente per valori di cH compresi fra 0,1 e 0,8, la curva
64 < il nuovo saggiatore
P-c mostra una zona di plateau la cui larghezza determina la
quantità di idrogeno che può essere assorbita reversibilmente
dal materiale. La regione a due fasi scompare al di sopra di
una certa temperatura critica TC dove la transizione dalla fase
α alla fase β è continua. L’entalpia di formazione dell’idruro
viene valutata tramite il diagramma di van’t Hoff della
pressione di equilibrio P misurata nel mezzo del plateau
della curva P-c. Tale parametro fornisce una misura della
stabilità della fase idruro ed è importante da un punto di
vista applicativo in quanto legato al calore necessario per
promuovere la dissociazione dell’idruro con conseguente
rilascio di idrogeno.
Cinetica della reazione di assorbimento e desorbimento
dell’idrogeno: La cinetica di formazione della fase idruro
è controllata dall’effetto combinato di alcuni processi
microscopici di superficie e di volume: 1) l’adsorbimento
dissociativo della molecola H2 sugli strati atomici di superficie
del metallo, 2) la diffusione atomica dell’idrogeno dalla
superficie all’interno del metallo, 3) la crescita della fase
idruro, generalmente in corrispondenza di difetti cristallini.
Il più lento fra questi processi controlla evidentemente la
cinetica globale della reazione di formazione (e dissociazione)
dell’idruro e quindi determina se un materiale possa
avere applicazioni pratiche [16]. La fig. 5 rappresenta
schematicamente le barriere di energia che devono essere
superate in corrispondenza dei processi 1-3, barriere che si
cerca di ridurre tramite l’utilizzo di catalizzatori.
Esistono un certo numero di tecniche di sintesi e pre-
a. miotello: scienza e tecnologia di un combustibile compatibile con l’ambiente: l’h2
Meccanismi di adsorbimento e desorbimento
Fig. 5 Barriere di energia coinvolte nel processo di
idrogenazione di un solido.
Fig. 6 Catalizzatori sulla superficie di Mg per favorire il
processo di dissociazione (adsorbimento)/ricombinazione
(desorbimento) della molecola di H2.
trattamento dei materiali metallici in grado di accelerare la
cinetica di assorbimento e desorbimento dell’idrogeno: la
tecnica di ball milling ha mostrato le maggiori potenzialità
in quanto può influenzare la cinetica di ognuno dei processi
microscopici coinvolti nella formazione della fase idruro [17].
Nel ball milling polveri micrometriche del materiale da
trattare contenute all’interno di una giara, tipicamente in
acciaio, sono sottoposte ad urti con sfere di acciaio duro:
tali urti portano alla continua frantumazione e saldatura a
freddo delle polveri inducendo la formazione di strutture
amorfe o nanocristalline. L’aggiunta in camera di minime
quantità di additivi permette la sintesi di polveri metalliche
micrometriche con struttura nanocristallina alla cui superficie
sono uniformemente disperse nanoparticelle di tali additivi.
I materiali così sintetizzati mostrano cinetiche significative
di assorbimento e desorbimento dell’idrogeno. La presenza
di nanoparticelle costituite da materiali catalizzanti la
dissociazione della molecola H2 stimola infatti i processi
di dissociazione e ricombinazione di superficie (fig. 6), la
struttura nanocristallina del materiale accelera i processi di
migrazione dell’idrogeno attraverso i canali diffusivi veloci
rappresentati dai bordi grano, la presenza di un alto numero
di difetti cristallini aumenta la densità dei siti in cui avviene la
nucleazione e la crescita della fase idruro.
Materiali leggeri per l’immagazzinamento dell’idrogeno:
Il limite applicativo legato agli idruri metallici fino ad ora
messi a punto (FeTiH2 , LaNi5H6) è la loro bassa efficienza
gravimetrica di immagazzinamento: la ricerca scientifico-
tecnologica mira quindi allo sviluppo di idruri che si formino
per reazione fra l’idrogeno e composti a base di elementi
leggeri quali il magnesio, il carbonio ed i metalli alcalini.
Magnesio e sistemi modello a base magnesio: Il magnesio
forma con l’idrogeno il composto MgH2 contenente il
7,6% in peso di idrogeno. La termodinamica del sistema
prevede formazione di fase idruro alla pressione del gas H2
fra 1 e 10 atm solo per temperature superiori a 300 °C. Un
ulteriore limite del Mg sono le cinetiche di assorbimento e
desorbimento eccessivamente lente anche a tali temperature.
Allo scopo di studiare a livello microscopico le condizioni
che possono permettere cinetiche veloci, riduzione della
temperatura e dell’energia di dissociazione dell’idruro, si sono
sintetizzati sistemi modello tramite tecnica di RF-sputtering.
Tale tecnica consente la sintesi di materiali dove i catalizzatori,
in forma di nanoparticelle e con lo scopo di ridurre le barriere
di attivazione schematizzate in fig. 5, vengono prodotti in
modo controllato [18].
Si sono depositati film di Mg (con spessore di circa
30 mm) con additivi atomici (Nb, Fe, Zr) inseriti in soluzione
solida nel reticolo cristallino del magnesio. In questi
campioni si osserva come l’effetto del catalizzatore (in
primo luogo Nb) sia massimo all’inizio del processo di
ciclaggio (assorbimento/desorbimento di idrogeno), in cui
il catalizzatore stesso è presente ancora in forma di singoli
atomi (o aggregati di pochi atomi) dispersi all’interno della
matrice di magnesio. L’efficacia quindi si riduce, non in
modo sostanziale, in corrispondenza della formazione di
vol24 / no3-4 / anno2008 >
65
fisica e...
cluster di Nb durante la fase di attivazione del materiale.
(Per attivazione si intende la serie di ciclaggi necessari
per raggiungere la stabilità nelle condizioni cinetiche di
desorbimento dell’ idrogeno.) Lo studio di questi processi e
la loro interpretazione presuppongono l’impiego di diverse
tipologie di strumentazioni dedicate sia per quanto riguarda
la caratterizzazione strutturale dei materiali (microscopia
elettronica in scansione e in trasmissione: SEM,TEM,
diffrazione di raggi X: XRD) che quelle funzionali (Thermal
Desorption Spectroscopy: TDS e tecnica Sievert).
Le analisi precedenti, realizzate in modo combinato, hanno
portato anche alla determinazione quantitativa dei parametri
cinetici fondamentali (energia di attivazione Ea, ordine di
reazione n, fattore pre-esponenziale A e tempo caratteristico
di decomposizione dell’idruro, t1/2 , alla temperatura di 350 °C)
per i campioni con diverse concentrazioni di catalizzatore
(Nb).
Si notino in tab. III le favorevoli condizioni cinetiche di
desorbimento di idrogeno per concentrazioni di catalizzatore
pari a circa 2% at di Nb [19, 20].
Il passo successivo è stato quello di analizzare l’efficacia
catalitica di metalli di transizione diversi: Fe e Zr. Questi atomi
hanno peso e raggio atomico differenti, non formano fase
col magnesio e interagiscono diversamente con l’idrogeno:
infatti, lo Zr forma idruro mentre il Fe assorbe piccole quantità
di idrogeno interstizialmente disperso. Dalle analisi cinetiche
è risultato che entrambi i metalli sono buoni catalizzatori,
ma il ferro presenta effetti di catalisi paragonabili al niobio e
il composito Mg-Fe necessita di un minor numero di cicli di
attivazione [21].
Tale evidenza ha fatto maturare l’idea di sviluppare dei
catalizzatori misti (Fe-Zr): lo scopo era quello di mettere in
luce eventuali “sinergie” nel processo di catalisi. La specie
più leggera e a più alto coefficiente di diffusione (Fe) occupa
per prima, nei processi di attivazione, i siti (in generale difetti
del reticolo) dove può intervenire il processo di clustering
obbligando quindi alla dispersione gli atomi del metallo più
pesante, Zr. Entrambi i processi comportano un incremento
del numero di centri di nucleazione che favoriscono la
decomposizione della fase idruro. La tecnica XRD ha
evidenziato la presenza di cluster Fe, ma la totale assenza
di segnale imputabile a cluster di Zr anche dopo ripetuti
ciclaggi.
Le analisi Sievert hanno conseguentemente dimostrato
la sinergia dei catalizzatori misti nella cinetica di
desorbimento dell’idrogeno. In tab. IV sono riportati i
parametri cinetici fondamentali (energia di attivazione
Ea , ordine di reazione n, fattore pre-esponenziale A e
il tempo caratteristico di decomposizione dell’idruro,
t1/2 , alla temperatura di 350 °C) per i campioni con diverse
concentrazioni di catalizzatore [22]. Si noti la riduzione del
tempo di decomposizione dell’idruro rispetto ai valori della
tab. III.
In conclusione, la breve sintesi proposta in relazione al
problema dell’ immagazzinamento dell’idrogeno in serbatoi
a stato solido, mostra una ricca fenomenologia e un vasto
spettro di attività di ricerca. Per il momento, quelle che
dovrebbero essere le caratteristiche peculiari per un serbatoio
a stato solido, quali efficienza gravimetrica e volumetrica
da una parte e dall’altra cinetiche veloci di assorbimento/
Campione
Concentrazione Nb
(wt.%)
Ea
(kJ mol-1)
A
(s-1)
Mg
0,0
141 ± 5
2,2 x 108
8
n
t1/2
(s)
3÷4
3246
Mg + 0.06 at. % Nb
0,2
141 ± 5
5,0 x 10
2
2390
Mg + 1 at. % Nb
3,0
78 ± 5
9474
1.5
294
Mg + 2 at. % Nb
6,9
52 ± 5
130
1
108
Mg + 5 at. % Nb
16,7
51 ± 5
127
1
106
Tab. III Parametri composizionali e cinetici relativi all’ idruro di Mg con catalizzatore Nb.
Campione
Concentrazione
(wt.%)
Ea
(kJ mol-1)
A
(s-1)
n
t1/2
(s)
Mg
0,0
141 ± 5
2,2 x108
3÷4
3246
Mg + (Zr-Fe)
2,4 Zr–4,9 Fe
94 ± 5
1,0 x 108
1,5
70
Tab IV Parametri composizionali e cinetici relativi all’idruro di Mg con catalizzatori misti Fe-Zr.
66 < il nuovo saggiatore
a. miotello: scienza e tecnologia di un combustibile compatibile con l’ambiente: l’h2
desorbimento a temperature non troppo diverse dalla
temperatura ambiente, ancora non coesistono nello stesso
materiale: il traguardo tuttavia non sembra lontano.
4 Catalizzatori per il rilascio di idrogeno da idruri
chimici
Gli idruri chimici (NaBH4 , LiBH4 , KBH4 , LiH, NaH, ecc.) sono
materiali di alto interesse per l’alimentazione di celle a
combustibile con idrogeno puro a temperatura ambiente
[23,24]. Gli idruri chimici rilasciano idrogeno puro e sono
caratterizzati da proprietà gravimetriche e volumetriche
significative per l’immagazzinamento di idrogeno. Il
sodioboroidruro alcalino (NaBH4) è uno degli idruri preferiti
grazie a: 1) l’alta capacità di immagazzinamento di idrogeno
(10,9 wt. %), 2) la buona stabilità chimica delle sue soluzioni
alcaline, 3) il controllo ottimale sulla percentuale di
generazione di H2 attraverso catalizzatori supportati,
4) costanti di reazione adatte a fini applicativi anche a bassa
temperatura e infine, 5) il prodotto di reazione, borace,
compatibile con l’ambiente e tale da poter essere riciclato
[25]: quest’ultimo processo richiede ancora, tuttavia, alto
dispendio di energia.
Idrogeno puro viene rilasciato durante l’idrolisi degli idruri
chimici in presenza di determinati catalizzatori secondo la
reazione:
Si noti che l’idrogeno prodotto proviene anche dalla
a)
b)
dissociazione delle molecole d’acqua.
Catalizzatori quali Ru, Pt e Pd (su supporti particolari), PtRu su supporto in ossido metallico, Co e persino borato di
nichel e di cobalto, vengono generalmente utilizzati come
catalizzatori nella reazione idrolitica del NaBH4 [26].
I catalizzatori a base di Co-B sono materiali interessanti grazie
alla loro elevata attività catalitica in condizioni di reazione
opportune, e anche in virtù del loro basso costo e della
facilità di preparazione.
Quando i catalizzatori vengono usati sotto forma di polvere
omogenea si incontrano alcuni problemi, quali: 1) la
separazione del catalizzatore dalla sospensione dopo la
reazione è difficile, 2) le particelle in sospensione tendono ad
aggregarsi, specialmente se presenti in alte concentrazioni,
3) le sospensioni di particelle non sono facilmente applicabili
ai sistemi di produzione di idrogeno che richiedono flussi
continui.
Il catalizzatore sotto forma di film costituito da nanoparticelle,
su substrati tipicamente di vetro, supera i problemi elencati
presentando maggiore stabilità termica e potendo inoltre
essere facilmente recuperato e riutilizzato essendo anche
adatto ad essere impiegato come dispositivo on/off per
generazione di H2. Film di Co-B di tipo cluster-assembled
sono stati sintetizzati con PLD (Pulsed Laser Deposition)
usando come target la polvere di Co-B pressata a freddo a
forma di disco cilindrico. Si è quindi utilizzato un laser ad
eccimeri (KrF–excimer laser) alla lunghezza d’onda operativa
di 248 nm. I parametri dell’impulso laser (energia e numero
di impulsi) sono stati variati per ottenere diverse strutture
e morfologie nei film di Co-B. Le morfologie di superficie,
c)
Fig. 7 Micrografia SEM di polvere di Co-B (a) e film (b) depositato in
vuoto con impulsi laser di 10 J/cm2. (c) Immagini 3D- AFM di film di
catalizzatore Co-B.
vol24 / no3-4 / anno2008 >
67
fisica e...
Fig. 8 Produzione di H2 in funzione del tempo di reazione sia con
polvere che con film di Co-B. Il dettaglio mostra il confronto delle
velocità di generazione di H2 (ml/min/g) tra polveri e film di Co-B.
analizzate attraverso SEM, della polvere Co-B e del film
depositato con impulsi laser di 10 J/cm2 in vuoto, sono
riportate rispettivamente in fig. 7a e 7b. La polvere di Co-B
mostra una struttura porosa, mentre la superficie del film
mostra la presenza di particelle di Co-B di forma sferica di
dimensioni nanometriche [27]. La dimensione media delle
particelle ottenute dalle immagini SEM si aggira sui 300 nm.
Tale morfologia può essere spiegata attraverso un processo
di esplosione di fase indotto dall’interazione laser-superficie
in cui il sistema irraggiato raggiunge temperature e pressioni
vicine alla linea spinodale in un diagramma di fase pressionetemperatura. In tali condizioni il numero di nuclei omogenei
di vapore raggiunge valori molto elevati, il liquido diventa
instabile ed “esplode” con emissione di gocce liquide e di
vapore [28]. Una morfologia di superficie identica è stata
osservata nell’immagine ottenuta con microscopio a forza
atomica: AFM (fig. 7c) che evidenzia una superficie molto
irregolare, con valori RMS di rugosità pari a 264 nm, dovuta
alla presenza di nanonoparticelle.
La quantità di idrogeno generato, nella reazione di idrolisi
di NaBH4 , è stata misurata con tecnica volumetrica in
un’apposita camera di reazione con bagno termostatico,
all’interno della quale la temperatura era mantenuta costante
con approssimazione ± 0.1 oC [29]. L’efficienza del film di
catalizzatore è stata confrontata con la polvere utilizzando
una quantità analoga di catalizzatore (~ 2 mg).
Nella fig. 8 è mostrata la quantità di H2 prodotta nel
processo di idrolisi di NaBH4 utilizzando la polvere di Co-B
e i corrispondenti film preparati con PLD. In entrambi i casi
viene prodotta la massima quantità possibile di idrogeno.
La velocità di generazione (mostrata nell’inserto di fig. 8)
aumenta inizialmente fino ad un valore massimo per poi
68 < il nuovo saggiatore
diminuire col tempo perché la concentrazione di NaBH4
diminuisce nella soluzione: ciò suggerisce un ordine diverso
da zero per le cinetiche di reazione. Il valore massimo di
velocità di produzione di H2 ottenuto utilizzando i film di
catalizzatore è circa 6 volte più elevato di quello ottenuto
utilizzando la polvere.
Le nanoparticelle sulla superficie dei film sono siti attivi per
la reazione idrolitica anche a basse concentrazioni di NaBH4
e a temperatura ambiente. La formazione di nanoparticelle
di Co-B sul substrato, attraverso PLD, aumenta l’area di
superficie efficace aumentando l’attività catalitica. Allo scopo
di dimostrare l’affermazione precedente e comprendere il
ruolo delle nanoparticelle, i film di Co-B sono stati sintetizzati
con diversi parametri di deposizione laser, utilizzando nella
camera di deposizione diversi valori di energia per gli impulsi
laser e per i valori di pressione di Ar. I film catalizzatori
depositati con l’energia laser più elevata e la più bassa
pressione di Ar hanno mostrato un aumento significativo
della velocità di generazione di H2 in corrispondenza ad un
incremento della densità numerica delle nanoparticelle
depositate sul substrato.
Allo scopo di studiare il ruolo del boro nei catalizzatori
Co-B, sono stati misurati i valori di produzione di idrogeno
per film di Co puro depositato con PLD sotto forma di
nanoparticelle: in questo caso viene prodotto solo il 20 % di
idrogeno (rispetto al valore nominale del 100 %) e le velocità
di generazione sono molto basse. Attraverso spettroscopia
di fotoeletroni: XPS, si è verificato che nel film catalizzatore
Co-B interviene un parziale trasferimento di elettroni da B
a Co. In questo modo viene favorita l’interazione del boro
con l’ossigeno che così protegge il Co dall’ossidazione
preservandone le caratteristiche di catalizzatore [30].
a. miotello: scienza e tecnologia di un combustibile compatibile con l’ambiente: l’h2
L’energia di attivazione associata alla velocità di generazione
di idrogeno è pari a circa 30 kJ mol–1, valore che è
significativamente inferiore a quanto riportato in letteratura
per questo tipo di metalli di transizione [31] mentre è
comparabile all’energia di attivazione misurata per metalli
nobili quali il Pt e il Pd: si attribuisce il basso valore di energia
di attivazione alla presenza di nanoparticelle che nella
loro azione di catalisi agiscono probabilmente attraverso
meccanismi di scambio elettronico diversi da quanto possa
avvenire su superfici piane e regolari.
Per esaminare l’effetto dell’atmosfera ambiente sui
catalizzatori preparati con PLD sono state create condizioni
estreme di ossidazione attraverso un trattamento termico
dei film e delle polveri di Co-B in atmosfera O2 a 350 oC per
2 ore. A seguito di questi trattamenti, per la polvere il valore
massimo di generazione di H2 osservato è insignificante ,
mentre nel caso del film si è constatata una diminuzione
di circa il 10 % rispetto al film non trattato. Tale risultato
dimostra che il film di Co-B, costituito da nanoparticelle, può
risolvere il problema della disattivazione del catalizzatore
che opera in ambiente atmosferico a temperature elevate.
Si osserva infine che le velocità tipiche di generazione di H2
dei film catalizzatori di Co-B hanno caratteristiche adatte per
l’alimentazione di micro-fuel cell di tipo polimerico utilizzabili
nelle apparecchiature portatili [32].
5 Conclusioni
In questo lavoro sintetico si sono delineate
alcune problematiche connesse alla produzione e
all’immagazzinamento dell’idrogeno considerato ormai
come il combustibile pulito del futuro. Le attività di ricerca
non riguardano solo le aree delle fisica connessa alla scienza
e alla tecnologia dei materiali, ma anche aree di frontiera
che portano la fisica a contatto con la chimica, la biologia,
l’ingegneria: un dialogo sempre più necessario per affrontare
con successo le grandi sfide di questi anni dove i problemi
dell’energia e dell’ambiente richiedono risposte urgenti per il
futuro di tutta l’umanità.
Bibliografia
[1] K. Honda, A. Fujishima, Nature, 238 (1972) 37.
[2] Z. Zou, J. Ye, K. Sayama, H. Arakawa, Nature, 414 (2001) 625.
[3] A. L. Dicks, J. Power Sources, 61 (1996) 113.
[4] P. Pandey, R. S. Chauhan, Prog. Polym. Sci., 26 (2001) 853.
[5] S. C. A. Kluiters, Intermediate report EU project MIGREYD NNE5-2001670 (2004).
[6] G. Q. Lu et al., J. Colloid Interface Sci., 314 (2007) 589.
[7] T. L. Ward, T. Dao, J. Membr. Sci., 153 (1999) 211.
[8] S. Kurt et al., J. Membr. Sci., 244 (2004) 55.
[9] K. Hou, R. Hughes, J. Membr. Sci., 214 (2003) 43.
[10] U. Balachandrana, et al., Solid State Ionics, 108 (1998) 363.
[11] C. Zuoa et al., J. Power Sources, 159 (2006) 1291.
[12] M. B. Rao, S. Sircar, J. Membr. Sci., 85 (1993) 253.
[13] M. Knudsen, Ann. Phys. (Leipzig), 28 (1908) 75.
[14] L. Schlapbach and A. Zuttel, Nature, 414 (2001) 353.
[15] Autori vari in: MRS Bull. 27 September issue (2002).
[16] L. Schlapbach (Ed.) in : “Hydrogen in Intermetallic Compounds II:
Surface and and Dynamic Properties, Applications” (Springer-Verlag,
Berlin), 1992.
[17] A. Zaluska, L. Zaluski, J. O. Stroem-Olsen, Appl. Phys. A, 72 (2001) 157.
[18] N. Bazzanella, R. Checchetto, A. Miotello, Appl. Phys. Lett., 85 (2004)
5212.
[19] N. Bazzanella, R. Checchetto, A. Miotello, C. Sada, P. Mazzoldi,
P. Mengucci, Appl. Phys. Lett., 89 (2006) 014101.
[20] R. Checchetto, N. Bazzanella, A. Miotello, C. Maurizio, F. D’Acapito,
P. Mengucci, G. Barucca, G. Majni, Appl. Phys. Lett., 87 (2005) 061904.
[21] R. Checchetto, N. Bazzanella, A. Miotello, P. Mengucci, J. Alloys Comp.,
446-447, (2007) 58.
[22] N. Bazzanella, R. Checchetto, A. Miotello, Appl. Phys. Lett., 92 (2008)
051910.
[23] E. Fakioglu, Y. Yuruma, T. Nejat Veziroglu, Int. J. Hydrogen Energy, 29
(2004) 1371.
[24] S. C. Amendola, S. L. Sharp-Goldman, M. S. Janjua, N. C. Spencer,
M. T. Kelly, P. J. Petillo, M. Binder, Int. J. Hydrogen Energy, 25 (2000)
969.
[25] Z. P. Li, N. Morigazaki, B.H. Liu, and S. Suda, J. Alloys Comp., 349,
(2003) 232.
[26] G. Guella, C. Zanchetta, B. Patton, A. Miotello, J. Phys. Chem. B, 110
(2006) 17024.
[27] N. Patel, G. Guella, A. Kale, A. Miotello, B. Patton, C. Zanchetta,
L. Mirenghi, P. Rotolo, Appl. Catal. A: Gen. 323 (2007) 18.
[28] A. Miotello, R. Kelly, Appl. Phys. Lett., 67 (1995) 3535.
[29] C. Zanchetta, B. Patton, G. Guella, A. Miotello, Meas. Sci. Technol., 18
(2007) N21.
[30] H. Li, X. Chen, M. Wang, and Y. Xu, Appl. Catal. A: Gen. 225 (2005) 117.
[31] C. M. Kaufman, B. Sen, J. Chem. Soc., Dalton Trans. 2 (1985) 307.
[32] N. Patel, R. Fernandes, G. Guella, A. Kale, A. Miotello, B. Patton,
C. Zanchetta, J. Phys. Chem. C, 112 (2008) 6968.
Antonio Miotello
Laureato in Fisica all’Università di Padova. Professore ordinario di fisica sperimentale. Attività di ricerca su:
interazione laser-superfici; crescita di film sottili; immagazzinamento di idrogeno in solidi. Direttore del
Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento per il triennio 2002/2005. Oltre 250 lavori su riviste internazionali.
Oltre 60 relazioni su invito, anche all’ “U.S.-Italy Joint Workshop on Climate Change Research and Technology”.
Revisore di progetti per la “U. S. National Science Foundation”. Consulente per il Ministero della “Scienza e della
Protezione dell’Ambiente” della repubblica Serba. Delegato per l’Italia in comitati per la cooperazione Europea
scientifica e tecnologica. Titolare di brevetti nazionali ed internazionali utilizzati da aziende nel settore della
diagnostica medica e nel campo delle energie rinnovabili (concentratori solari).
vol24 / no3-4 / anno2008 >
69