Committenza industriale, architettura, fotografia: Dalmine, Giovanni

Transcript

Committenza industriale, architettura, fotografia: Dalmine, Giovanni
Committenza industriale, architettura, fotografia: Dalmine, Giovanni Greppi, Bruno Stefani
Carolina Lussana e Jessica Brigo, Fondazione Dalmine1
Nel 1906, nell’area di Dalmine, in provincia di Bergamo, sorge un grande stabilimento destinato alla
produzione di tubi in acciaio senza saldatura. Fin dai primi anni di attività l’azienda promuove anche la
costruzione di edifici ed insediamenti che oggi sono parte integrante della omonima città industriale.
Tra il 1924 e il 1958 l’architetto Giovanni Greppi 2 realizza su mandato dell’impresa la mensa per dipendenti,
un deposito cicli, quartieri per operai e impiegati, una foresteria, scuole, un asilo, la chiesa, la Casa del
Fascio, la sede del dopolavoro, esercizi commerciali, aziende agricole, impianti sportivi e colonie estive
(queste ultime, anche a Trescore Balneario, Castione della Presolana, Riccione). Questa company town
italiana rappresenta in modo eloquente e diversificato nelle tipologie e funzioni degli edifici le tappe di
evoluzione del linguaggio architettonico del Novecento. Tali elementi stilistici sono fatti propri ed
interpretati da un unico progettista, che dà forma concreta alla visione organica di un committente 3.
La particolare importanza attribuita dall’impresa a questo complesso architettonico e urbanistico, parte
integrante di un articolato sistema di welfare aziendale, è testimoniata anche dal risalto dato all’attività di
documentazione e interpretazione fotografica che lascia traccia nelle oltre mille immagini relative alla città
industriale conservate nell’archivio aziendale. Fra i molti autori, un interprete d’eccezione: Bruno Stefani 4,
fotografo attivo soprattutto nel campo dell’industria, della pubblicità, della moda e del paesaggio. A partire
dagli anni Trenta, Stefani è chiamato dall’impresa a documentare la produzione, i processi, i prodotti, gli
uomini al lavoro e le architetture greppiane.
Stefani rappresenta la città industriale di Dalmine secondo una personale cifra stilistica, caratterizzata da
riprese dall'alto, scorci diagonali, geometrie complesse, forti contrasti di luce. I suoi scatti danno vita ad uno
specifico linguaggio fotografico in cui la scelta dell’inquadratura, la precisione didascalica e un certo grado
di stilizzazione esaltano il rigore delle geometrie architettoniche.
1
La Fondazione Dalmine nasce nel 1999 per iniziativa di TenarisDalmine con l'obiettivo di promuovere la cultura industriale e il
patrimonio storico archivistico di un’azienda presente sul territorio da 110 anni. Dalmine 1906-2006. Un secolo di industria, a cura
di Franco Amatori e Stefania Licini, Dalmine, Fondazione Dalmine, 2006.
2
Giovanni Greppi (1884-1960) si forma all’Accademia di Belle Arti di Milano e presso lo studio d’Aronco. Partecipa a concorsi
nazionali tra cui quelli per la facciata della Stazione Centrale di Milano. Nel primo dopoguerra progetta abitazioni borghesi a Milano
e in luoghi di villeggiatura nonché alcuni dei principali sacrari della Grande Guerra. Progetta per conto di istituti di credito e
industrie: a Milano, realizza le sedi della Banca Popolare di Milano e della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde,
quest’ultima con Giovanni Muzio, e il Palazzo uffici della Innocenti.
3
Dalmine dall’impresa alla città. Committenza industriale e architettura, a cura di Carolina Lussana, Dalmine, Fondazione Dalmine,
2003. http://www.fondazionedalmine.org/it/dossier/company-town/
4
Bruno Stefani nasce a Forlì l’11 gennaio 1901. Vive a Milano dove lavora dalla metà degli anni Venti fino al 1960 circa. Collabora
dal 1933 con lo Studio Boggeri occupandosi di fotografia pubblicitaria e di moda. Fonda una propria impresa nel 1937, con sede
presso il suo studio in via Paolo Diacono 1 a Milano. Lavora per Il Popolo d’Italia, il Touring Club Italiano, per cui realizza soprattutto
fotografie di paesaggi, il Corriere della Sera, la rivista Natura, l’annuario Fotografia. Membro dell’Unione Fotografica, partecipa alla
Mostra della Fotografia Europea allestita a Brera nel 1951 e alla realizzazione dell’antologia del 1953. Cessa l’attività il 25 febbraio
1958. Muore a Milano nel 1978.
Gli spazi sono ripresi con e senza la presenza umana, quasi a restituire il ritmo quotidiano della vita del
“villaggio modello” 5, animato dalle famiglie di dipendenti che ciclicamente entrano ed escono dalla
fabbrica. Nei ritratti ambientati in quartieri, piazze, edifici collettivi, Stefani sa cogliere e al tempo stesso
evocare gli auspicati effetti positivi che questi spazi hanno sui loro fruitori. Anche in questo, l’autore
interpreta al meglio le intenzioni del committente.
Non a caso le immagini di Stefani trovano ampio impiego nelle pubblicazioni aziendali, dove, sul modello
già utilizzato dalla propaganda di regime per la costruzione del consenso, diventano parte di un sistema di
comunicazione di massa. Emblematico in tal senso è l’opuscolo del 1939 La Pro Dalmine. Le opere sociali e
assistenziali della Dalmine S.A. 6 Per la sua realizzazione l’azienda coinvolge lo Studio Boggeri 7,
all’avanguardia in Italia nella grafica e pioniere nell’ambito della comunicazione visiva, che fin dal 1933 si
avvale della perizia tecnica e della capacità espressiva di Stefani.
La committenza industriale di una grande impresa allora pubblica e le realizzazioni di un noto architetto del
Novecento trovano quindi in Stefani un interprete capace di restituirne gli intenti e lo stile, come
ampiamente documentato dal patrimonio storico conservato presso l’archivio della Fondazione Dalmine8.
5
Nel 1941 il regista Michele Gandin (1914-1994) realizza a Dalmine il film Un villaggio modello, prodotta dalla Incom. La fiction è la
storia esemplare del “ciclo continuo” della vita in un villaggio operaio. Si tratta della vicenda parallela di due coppie di diversa
generazione a Dalmine. A collegare le due storie è da un lato la fabbrica dove si lavora, e dall'altro la company town dove si vive. La
vicenda della coppia più anziana prefigura il futuro della coppia più giovane, in un perenne ciclo di nuclei famigliari che trovano le
condizioni ideali di esistenza nel “villaggio modello”.
6
La società La Pro Dalmine viene costituita dalla Dalmine nel 1935 allo scopo di gestire le opere sociali e assistenziali dell’impresa.
7
Studio di grafica fondato nel 1933 a Milano da Antonio Boggeri (1900-1989). Fu tra i primi in Italia a fornire per grandi aziende un
servizio completo di comunicazione. Ebbe il suo periodo di massimo splendore tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni
Sessanta. Tra i clienti figurano aziende come Olivetti, Roche, Glaxo, Dalmine, Pirelli. Lo Studio Boggeri collaborò con grafici che
erano o sarebbero diventati professionisti di fama internazionale. Tra questi: Max Huber, Bruno Munari, Enzo Mari, Bob Noorda,
Albe Steiner.
8
L’archivio conserva circa 120 mila unità documentali, audiovisivi, disegni, oggetti e 80.000 immagini di stabilimenti, processi,
prodotti, e numerose foto d’architettura. Tra gli importanti autori si segnalano, oltre a Bruno Stefani, Aragozzini, Buscarino,
Crimella, Farabola, Istituto Luce, Mari, Merisio, Patellani, Sommariva, Studio Boggeri, Vasari, Publifoto, Wells. Dalmine dall’Archivio
fotografico. Lavoro, industria, prodotti / Dalmine from the photographic Archive. Work, industry, products, Dalmine, Fondazione
Dalmine, 2006; Fotografi in Archivio: studio Da Re / Photographers in the Archive: the Da Re studio, Dalmine, Fondazione Dalmine,
2012; http://www.fondazionedalmine.org/it/archivio-eventi/fotografi-in-archivio/.