Servizi alle persone e creazione di nuova occupazione. L

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Servizi alle persone e creazione di nuova occupazione. L
PROGETTO DI RICERCA
Servizi alle persone e creazione di nuova occupazione. L’esperienza del CESU in
Francia e le possibili riforme per l’Italia
1. Introduzione. Servizi alle persone e lavoro in Europa e in Italia
La crescita dell’occupazione nei servizi alle persone, siano essi erogati formalmente da una
struttura pubblica o privata o di terza settore, oppure da prestatori individuali assunti direttamente
dalle famiglie, è un fenomeno comune a tutti i paesi europei. Secondo la Commissione Europea,
insieme ai green jobs i servizi alle persone mostrano il potenziale di crescita più elevato, per effetto
di una domanda di lavoro in costante espansione. Pochi dati sono sufficienti a dare conto di questa
dinamica. Considerando insieme il settore dei servizi sociali e quello della salute, l’aumento
dell’occupazione in Europa tra il 2002 e il 2009 è stato pari a 4,2 milioni, più di un quarto
rispetto a tutta l’occupazione creata nell’Unione (circa 15 milioni di nuovi posti di lavoro). Tra
il 2008 e il 2012 (nel pieno della crisi) a fronte di una perdita di occupazione nei comparti
manifatturieri di 3 milioni e 123 mila unità (media Eu 15) l’incremento nei servizi di welfare,
cura e assistenza è stato pari a 1 milione e 623 mila unità1.
Fig. 1 Andamento dell’occupazione in Europa per settori produttivi, Anni 2008-2012, Val. ass.
Fonte: nostra elaborazione su dati Eurostat – Labour Force Survey.
1
Fonte: Eurostat –Labour Force Survey
Naturalmente ciascun paese conserva sue specificità rispetto alla quota di occupazione
creata, così come rispetto alle misure per l’incentivazione, diretta e indiretta, del lavoro nei servizi
alle persone.
Se tutti i paesi europei sono investiti da medesime trasformazioni dal lato della domanda
sociale, diversi rimangono i mix di offerta delle prestazioni e conseguentemente anche
dell’occupazione creata. Come si può notare dalla figura seguente (vedi fig. 2), vi sono paesi che
hanno una prevalenza di servizi formali, residenziali e domiciliari (tradizionalmente tutto il
raggruppamento scandinavo) e paesi che evidenziano una diversa combinazione di servizi in kind e
agevolazioni per l’acquisto di prestazioni in famiglia, attraverso voucher e dispositivi di solvibilità
della domanda. Tipico esempio di questo modello misto è la Francia e più limitatamente la
Germania. Spagna e Italia hanno una quota di offerta in servizi residenziali e domiciliari più bassa e
di contro una più ampia quota di prestazioni acquisite dalla famiglia, senza tuttavia quella vasta
disponibilità di dispositivi di solvibilità (l’Italia soprattutto) che caratterizzano il cluster
continentale.
Fig. 2 L’occupazione nei servizi alle persone, Anno 2013, Val % sul totale dell’occupazione
Fonte: nostra elaborazione su dati Eurostat – Labour Force Survey.
Una medesima variabilità va detto riguarda anche i mix di offerta tra prestazioni pubbliche,
private e di terzo settore. In questo caso possiamo distinguere tra:
– Contesti a tradizionale vocazione pubblica ma in presenza di una forte crescita del privato di
mercato (di grandi dimensioni: multinazionali dei servizi che operano in regime di
convenzione con il pubblico o direttamente a carico degli utenti): Svezia, Danimarca;
– Contesti a tradizionale vocazione sussidiaria, in cui è predominante le componente del
settore non profit ma in presenza di una crescita dell’offerta privata da parte di imprese di
più piccole dimensioni e di lavoratori individuali: Francia, Germania, Belgio (e dopo le
riforme della metà degli anni Duemila anche la Spagna). Si tratta di paesi che negli anni più
recenti hanno introdotto riforme tese a dotare gli utenti di strumenti di solvibilità (voucher,
titoli di acquisto) con i quali acquistare assistenza su un mercato regolamentato ( e regolare)
in cui operano sia singoli professionisti, sia organizzazioni private e non profit;
– Contesti a vocazione di mercato, in cui è debole tanto l’offerta pubblica, quanto quella non
profit: Regno Unito e contesti anglosassoni. Si tratta di paesi che negli hanno fortemente
privatizzato i servizi di welfare, trasferendo dal pubblico al privato di mercato la maggior
parte dei servizi alle persone. In questi paesi c’è un ruolo residuale del terzo settore e il
mercato (predominante) è soprattutto costituito di grandi imprese organizzate. La maggior
parte dei grandi gruppi privati operanti nel settore sono costituiti da venture capital (società
finanziarie);
– Contesti a vocazione sussidiaria ma in presenza di una grande componente di lavoro
sommerso che le politiche in essere continuano ad alimentare, influendo negativamente
sull’emersione di un mercato dei servizi alle persone regolare: Italia, Grecia. In questi paesi
a una componente pubblica in contrazione fa da contro-altare un settore non profit
tradizionalmente insediato in alcuni servizi e una componente di mercato sommerso (nero)
in grande crescita per la mancanza di un quadro coerente di politiche.
Nonostante riforme e tentativi di innovazione, il sistema italiano dei servizi alle persone rimane
frammentato, senza una chiara politica nazionale di indirizzo. Inoltre seppure le regioni hanno
iniziato ad adottare provvedimenti innovativi (alcuni dei quali in linea con le riforme più avanzate
europee) rimane il problema del mercato sommerso, soprattutto nel campo della non
autosufficienza, dove un istituto come l’Indennità di accompagnamento continua ad alimentare il
mercato nero e il badantato - con gravi danni per lo Stato in termini di mancate entrate fiscali e
contributive.
A titolo d’esempio si consideri il funzionamento di questo dispositivo, nei fatti l’unico benefit
universale (non sottoposto prova dei mezzi) per gli anziani non autosufficienti. La spesa per
l’Indennità di accompagnamento è arrivata a circa 12,9 miliardi di euro (fonte: Inps 2012). Se
a questa cifra si somma la spesa dei comuni per l’assistenza (3 miliardi di euro circa), la spesa per il
Long-term care arriva in Italia a circa 16 miliardi di euro (1% del PIL), una percentuale
superiore alla media europea a 27 (superiore alla Germania ma inferiore alla Francia)
Fig. 3 Spesa pubblica per Long-term care in rapporto al Pil, Ultimi anni disponibili, Val.%
Home care services
Residential services
Cash
Total
France
0.44
1.38
0.34
2.16
Italy
0.49
0.55
0.86
1.91
EU 27
0.53
0.8
0.52
1.84
Germany
0.4
0.58
0.45
1.43
Fonte: European Commission 2012
L’indennità di accompagnamento è un dispositivo cruciale ai fini della componente non
sanitaria dei trattamenti di Long-term care. Allo stato attuale il suo funzionamento è tuttavia
pesantemente condizionato da criticità su più fronti. Manca anzitutto nella sua erogazione qualsiasi
finalizzazione alla regolarizzazione dei rapporti di cura informali (siano questi garantiti da un
familiare o da una badante) o all’acquisto di servizi su un mercato regolare e qualificato
dell’assistenza.
Detto in altri termini, questo istituto riproduce un modello di intervento fondato su
trasferimenti alle famiglie (come è tradizione dei welfare mediterranei) senza alcuna forma di
controllo sull’utilizzo delle risorse, né meccanismi di incentivazione fiscale per il
riconoscimento del lavoro di cura informale o l’emersione dei lavoratori al domicilio. Ma le
aree di criticità non si limitano a questi aspetti. Mancando di griglie di valutazione “nazionali” del
bisogno (valide cioè su tutto il territorio nazionale) ed essendo basso il grado di integrazione con i
servizi sociali e socio-sanitari locali, l’utilizzo dell’Indennità risulta oggi molto al di sotto delle
potenzialità che potrebbe dispiegare.
L’Indennità di accompagnamento è rimessa alle valutazioni delle Asl locali, rendendo la
misura o fruibile secondo una somma fissa pari a 508 euro oppure non esigibile. Manca una politica
nazionale di integrazione con il settore socio-assistenziale e con i processi di riorganizzazione che
interessano le reti della sanità territoriale, in termini di servizi e altresì in termini di nuove
professionalità emergenti lungo l’intera filiera dei servizi sanitari, socio-sanitari, residenziali e
domiciliari. Questo è uno dei punti maggiormente critici dell’attuale assetto organizzativo del
welfare locale: i rapporti tra Asl e enti locali, tra ospedale e territorio nella presa in carico
individuale. Parimenti questo è uno dei nodi che gravano sulla mancata attuazione della legge
328/2000 (le legge quadro sull’assistenza introdotta nel 2000).
Di recente (Giugno 2014) è stata depositata in Parlamento una proposta di legge per
l’istituzione del voucher universale, ispirata al modello francese dello Chèque emploi service
universel (CESU). Obiettivo della proposta è promuovere la crescita di occupazione regolare e di
maggiore qualità nei servizi alle persone, attraverso un sistema di voucher (da inserire anche nella
contrattazione e piani di welfare aziendale) che disincentivi il ricorso al mercato sommerso. La
proposta di legge guarda essenzialmente allo spettro dei servizi cosiddetti “leggeri”: disbrigo nel
sostegno delle faccende domestiche, baby sitting, servizi al domicilio etc. Rimane esclusa
invece l’Indennità di accompagnamento, nei fatti non interessata dal provvedimento legislativo.
Il completamento delle riforme richiede interventi in grado di ricomprendere tutte le gamme di
servizi alle persone, inclusa l’Indennità di accompagnamento.
2. L’oggetto della ricerca. Uno studio per l’implementazione del modello francese di servizi
alla persona in Italia
Il progetto di ricerca che si propone punta fornire strumenti analitici e dati circa
l’implementazione di riforme tese a introdurre il modello francese di servizi alle persone in Italia.
La Francia è uno dei Paesi europei che prima e di più ha puntato su una strategia di
integrazione tra politiche di welfare e politiche per la creazione di occupazione regolare nella
cura e assistenza alle persone attraverso strumenti volti a rendere solvibile la domanda. Questi
dispositivi, costituiti di sgravi contributivi e voucher hanno aperto al strada a un mercato sociale dei
servizi in cui operano sia organizzazioni formali, profit e non profit, sia prestatori individuali
assunti direttamente dalle famiglie.
Per tradizione istituzionale e funzionamento del welfare la Francia presenta non poche affinità
con l’Italia. D’altra parte, fino alla prima metà degli anni 2000 il settore francese del servizi alla
persona non era troppo dissimile da quello che prevale ancora oggi in Italia. A fronte di un numero
di imprese molto ridotto operanti nel settore, l’80% dei rapporti di lavoro coinvolgevano
direttamente cliente e singolo lavoratore, spesso in nero.
Con una strategia integrata di riforme in grado di agire congiuntamente su agevolazioni fiscali e
contributive per la regolarizzazione dei rapporti di lavoro e sulla revisione dei dispositivi
assistenziali - prima con l’istituzione dell’APA (AllocationPersonalisée d’Autonomie) nel 2002, poi
con il CESU nel 2005 che ha esteso l’utilizzo del voucher universale a tutti i servizi alle persone - in
pochi anni si sono poste le premesse per una forte crescita dell’occupazione regolare (con benefici
anche per lo Stato in termini di introiti fiscali e contributi) e anche del numero delle imprese profit e
non profit operanti.
Queste politiche hanno concorso a fare emergere dal mercato informale molte delle prestazioni
sociali al domicilio, contribuendo a sviluppare l’occupazione regolare nei servizi alle persone. Esse
hanno parimenti rappresentato uno strumento di inserimento lavorativo per i soggetti più ai margini
del mercato del lavoro, inoccupati o disoccupati di lungo periodo, presi in carico dai dispositivi
assistenziali di contrasto alla povertà (prima il Revenue Minimum Insertion, dal 2009 Revenue
Solidarité Active).
Per queste ragioni appare particolarmente utile uno studio che punti a individuare i nodi di
possibili azioni tese a trasferire il modello del CESU in tutte le sue articolazioni in Italia. Dopo una
prima panoramica sui servizi alle persone in Europa, il rapporto focalizzerà l’attenzione sull’Italia e
la Francia per quello che riguarda:
– il sistema dei servizi (tassi di copertura, funzionamento dei dispositivi e delle politiche,
forme di finanziamento, spesa sociale pubblica, privata, familiare, erogazione delle
prestazioni, entrate fiscali e contributive);
– il mercato del lavoro della cura (occupati, incidenza del lavoro sommerso, andamenti
economici del settore sul Pil, strutture delle imprese e providers);
– Ipotesi di riforma del sistema dei servizi alle persone (voucher universale, Indennità di
accompagnamento, formazione professionale e qualificazione del lavoro di cura,
accreditamento, connessione con welfare aziendale e contrattazione integrativa)
I tre assi del dossier hanno l’obiettivo di fornire un quadro approfondimento e stime di impatto
sull’implementazione del sistema francese in Italia. I dati e le informazioni saranno raccolte in un
rapporto ad hoc al committente e presentato nel corso di un evento pubblico promosso in un luogo
istituzionale.