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GIORNATA PER LA RICERCA SUL CANCRO
La medicina molecolare
Il sogno della ricerca
diventa REALTÀ
il tumore originario ha già disseminato l’organismo di cellule maligne”. Come fare? Per curare i tumori metastatizzati non si può
ricorrere ad altro che ai farmaci, poiché le terapie locali (la chirurgia e la radioterapia) non sono in grado di eliminare tutte le cellule maligne. Ma le chemioterapie classiche colpiscono indistintamente elementi sani e malati. “Oggi, fortunatamente, la medicina
molecolare ha aperto una via diversa, quella dei cosiddetti nuovi
farmaci o farmaci intelligenti. Le sostanze che li compongono sono
in grado di indurre la morte della sola cellula tumorale e di risparmiare le cellule sane”.
Anche Angelo Di Leo dell’Ospedale di Prato ha sottolineato la
rivoluzione che si prepara grazie all’avvento di queste nuove
terapie. “È verosimile che nei prossimi cinque anni il numero di
Con gli incontri di Roma e Milano
si è aperto il Sabato della scienza,
che ha visto studenti e ricercatori
confrontarsi in 22 città d’Italia
Roma Sabato 26 novembre, ore 10.30: dalla promoteca del
Campidoglio parte il collegamento video che idealmente abbraccia
22 città. Ha inizio il Sabato della Scienza. Davanti ai relatori centinaia di ragazzi e ragazze delle scuole superiori. A loro disposizione
la testimonianza di scienziati del calibro di Umberto Veronesi che
con passione ha spiegato quali rivoluzioni hanno permesso di
affermare oggi che ‘la ricerca cura’. La prima è quella tecnologica,
che ha fatto della diagnostica per immagini una fondamentale
arma di prevenzione. Poi è arrivata la genetica molecolare. Infine
quella più recente: la rivoluzione etica. Negli ultimi anni è cambiato l’atteggiamento di medici e oncologi nei confronti dei pazienti.
Oggi si investe di più nel dialogo, si crea un clima di consenso grazie anche a una puntuale informazione. “Si cura il malato, non la
malattia” ha ricordato Francesco Cognetti, che come direttore
scientifico dell’Istituto Regina Elena di Roma ha fatto gli onori di
casa. Cognetti, approfittando della presenza al tavolo di Enrico
Mentana, ha poi esortato gli scienziati a unirsi con il mondo dell’informazione. Ricerca e cultura dell’informazione possono fare
tanto per la prevenzione.
Quale sarà la prossima rivoluzione? Ma soprattutto chi saranno i
protagonisti? Per il direttore scientifico di AIRC Maria Ines Colnaghi, il futuro della ricerca è scritto nei giovani. Per questo AIRC ha
istituito Nuove unità di ricerca, team formati da un piccolo numero
di ricercatori coordinati da giovani scienziati di riconosciuta capacità con esperienze nei laboratori esteri più prestigiosi.
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Nella sala che Raffaela Milano, assessore alle Politiche sociali,
ha definito “quella in cui passano le cose più importanti della
città”, hanno tenuto banco gli straordinari progressi della scienza,
sempre più vicini ai pazienti. L’assessore ha espresso gratitudine
per chi ha creduto nel valore della scienza al servizio dell’uomo e
si è augurata che in futuro la salute sia un diritto garantito a tutti.
Le ha fatto eco Edoardo Boncinelli, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Fisico di formazione, si è dedicato allo studio della
genetica e della biologia molecolare, intuendone le potenzialità.
Di virus si è invece occupata Silvia Franceschi dello IARC (International Agency for Research on Cancer) di Lione. “Circa il 18 per
cento dei tumori nel mondo intero è dovuto a batteri, parassiti e,
soprattutto, a virus e tale percentuale varia sostanzialmente tra i
Paesi più ricchi (‘solo’ 8 per cento) e quelli più poveri (oltre 25 per
cento). Ciò significa che la prevenzione passa dalla
messa a punto di vaccini efficaci”.
Pier Giuseppe Pelicci dell’Istituto europeo di
oncologia di Milano ha invece affrontato un altro
nodo importante. “Il maggior
problema attuale nella tera- Enrico Mentana
pia dei tumori è costituito
dalle metastasi. Ciò accade
perché il 70 per cento circa
delle forme oncologiche
viene diagnosticato quando
farmaci mirati disponibili per curare i tumori aumenti in modo
importante, tanto da consentire altri grandi passi in avanti verso
una cura dei tumori priva di effetti collaterali, traguardo oggi
sempre più realizzabile rispetto a soli dieci anni fa”. E quando
saranno disponibili farmaci intelligenti per curare tutti i tumori?
La strada è segnata ma gli investimenti che servono sono ingenti. Nel frattempo cosa promettono i ricercatori? Risponde per tutti
Pelicci: “Cosa promettiamo? Impegno, serietà, entusiasmo. Cosa
ci aspettiamo? Che i giovani si facciano contagiare dalla nostra
passione e non ci lascino soli”.
Milano Tutto esaurito nell’aula 212 dell’Università Statale,
in via Festa del Perdono, in occasione della Giornata per la Ricerca, con parte del pubblico rimasto in piedi o seduto sulle scalinate. Un pubblico composto soprattutto da studenti delle scuole
superiori, che hanno seguito con partecipazione le parole misurate dei ricercatori e quelle, al solito torrenziali, dell’umorista-filosofo Alessandro Bergonzoni. Tanti appunti, molti applausi, tante
domande nel dibattito finale, moderato dal giornalista del Corriere
della Sera Alessandro Cannavò. Licia Rivoltini, che lavora presso
l’Unità di immunoterapia dei tumori umani dell’Istituto nazionale
tumori di Milano, ha parlato dei vaccini antitumorali, di quei vaccini terapeutici somministrati a persone che hanno già sviluppato un
tumore, e che hanno l’obiettivo di stimolare una reazione delle
Poiché sette tumori su dieci vengono diagnosticati
quando già sono presenti le metastasi, gli obiettivi
La
attuali della ricerca sono quelli di aumentare la
Ricerca percentuale di diagnosi precoce nella fase
che cura premetastatica, arrivando al 40-50 per cento. Oltre
questo limite, però, non si potrà andare perché
la biologia dei tumori insegna che ci sono forme che
metastatizzano prima che un qualsiasi strumento diagnostico sia in
grado di individuarle.
Le chemioterapie classiche sono in grado di curare una certa
percentuale di tumori anche quando hanno già dato metastasi: è il
caso dei linfomi di Hodgkins, del cancro del testicolo e delle
leucemie infantili, colpendo però anche le cellule sane. Per
migliorarne l’efficacia bisognerebbe aumentarne le dosi, il che è
impossibile perché gli effetti tossici sarebbero eccessivi.
La medicina molecolare, ovvero quella che studia i geni e i loro
prodotti, le proteine, ha aperto una nuova via, quella dei cosiddetti
nuovi farmaci o farmaci intelligenti.
Si tratta di sostanze che sono in grado di interferire con gli
oncogeni o con le proteine alterate, inducendo la morte della sola
cellula tumorale e risparmiando quelle sane: in pratica, sostanze
estremamente specifiche nel loro obiettivo e praticamente prive di
effetti collaterali.
I nuovi farmaci sono già una realtà: ve ne sono quattro o cinque in
commercio, che però possono curare solo una minima parte di tutte
le forme oncologiche che colpiscono l’uomo.
Per fare un nuovo farmaco biologico è necessario individuare il
gene e la proteina anomala coinvolti in un determinato tipo di
cancro. Analizzando la struttura chimica della proteina anomala si
testano in laboratorio migliaia di sostanze in grado di bloccarne la
funzione, fino a trovare quella giusta: una tecnica chiamata drug
design. Dall’identificazione del gene alterato alla nascita del
farmaco sono necessari 20 anni e un investimento pari a 300-400
milioni di dollari. I tassi attuali di successo, una volta identificato il
target, non superano il 5 per per cento.
Questo, però, è un momento di particolare entusiasmo per coloro
che si occupano di medicina molecolare e di drug design. La
genomica scopre ogni giorno nuovi target genetici o proteici, grazie
anche alla diffusione delle tecnologie informatiche, come le
Piattaforme finanziate da AIRC, che consentono di accelerare sia la
mappatura dei geni coinvolti in un tumore sia la selezione di
sostanze potenzialmente attive contro la proteina anomala.
Ciò consentirà di ridurre i costi, ma soprattutto i tempi della messa
a punto di nuove cure.
difese immunitarie contro di esso. “È una strategia che noi stiamo
provando con risultati promettenti contro il melanoma della pelle e
contro i carcinomi della prostata e del colon retto, ma che può
essere applicata con le opportune modifiche contro la maggior
parte dei tumori. Nei nostri studi abbiamo ottenuto un aumento
della risposta immunitaria nel 50 per cento dei casi trattati e un
miglioramento clinico (con una regressione parziale o totale della
malattia) nel 20-30 per cento. Ora stiamo cercando di capire per
quale ragione alcuni pazienti non rispondono alla vaccinazione e
abbiamo anche avviato uno studio, il primo di questo tipo in EuroFondamentale gennaio 2006 25
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I vaccini preventivi e curativi
pa, che durerà tre anni e che punta a valutare quali risultati possono dare i vaccini terapeutici se somministrati a pazienti colpiti da
melanoma in fase ancora iniziale, che non ha ancora dato luogo a
metastasi”.
Della rivoluzione in atto tra i farmaci anticancro ha parlato
Massimo Gianni, docente di Oncologia medica all’Università di
Milano, una cattedra che è stata realizzata anche grazie al sostegno finanziario di FIRC. “Fino a 10-15 anni fa la ricerca di nuovi
farmaci tumorali avveniva in modo casuale. In laboratorio si
testavano su cellule tumorali centinaia di sostanze diverse,
aspettando di trovare quella capace di determinarne la morte e
quindi meritevole di ulteriori studi. Oggi, con l’avvento della biologia molecolare e della proteomica, noi conosciamo in dettaglio
la cellula tumorale e il modo in cui vive, si esprime, si riproduce,
e possiamo quindi testare sostanze capaci di agire specificamente su uno di questi aspetti” ha detto Gianni. Pier Paolo di
Fiore, direttore dell’Istituto FIRC di oncologia molecolare di Milano, ha spiegato come la terapia contro i tumori stia diventando
sempre più personalizzata, grazie all’avvento delle tecnologie
postgenomiche, che permettono di capire subito il tipo di tumore, la sua aggressività, la sua capacità di rispondere alle cure.
“Siamo oggi in grado di scattare fotografie molecolari che prendono in considerazione tutti i circa 30 mila geni di una cellula,
che permettono una classificazione molto precisa di ogni singolo
tumore e che ci consentono di capire la maggiore o minore predisposizione a sviluppare una metastasi, e quindi a impostare a
ragion veduta una terapia più o meno aggressiva”.
Ogni tumore, e quindi ogni paziente, tende a diventare unico,
particolare. Un processo che va a vantaggio anche di un rapporto più personale tra medico e paziente, non così frequente di
recente, come ha stigmatizzato nel suo intervento Alessandro
Bergonzoni: “Uno dei più grossi limiti della medicina odierna è
proprio che chirurghi, anestesisti, rinanimatori non sanno più
parlare al paziente, non sanno raccontare la malattia, spesso non
sanno o non vogliono cogliere empaticamente i sentimenti di chi
sta male. Queste competenze dovrebbero rientrare nella formazione del medico, dovrebbero diventare oggetto di specifici corsi
all’università. Porte aperte alla tecnologia in medicina insomma,
ma serve anche tanto umanesimo in più”.
La maggior parte delle domande degli studenti presenti si è
concentrata sulla vita del ricercatore: quali sono le qualità che servono per emergere, il tipo di preparazione migliore, le opportunità
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Quasi due tumori su dieci al mondo sono indotti dalla presenza
di una infezione virale, la più frequente delle quali è quella da
papillomavirus umano o HPV, che provoca il carcinoma del collo
dell’utero. Relativamente frequenti sono però anche i tumori del
fegato derivanti dai virus dell’epatite B e C, e il tumore dello
stomaco, a cui contribuisce l’Helicobacter pylori. Anche un certa
quota di leucemie e linfomi è causata da virus come l’HIV,
il virus di Epstein-Barr o da batteri.
I tumori, però, non sono di per se una malattia
contagiosa, e il tempo necessario perché
un’infezione causi un tumore è molto lungo.
La
relazione tra agenti infettivi e tumori apre
Ricerca La
la strada a importanti strategie di prevenzione,
che cura in primo luogo la possibilità di creare vaccini
preventivi. Il primo è stato quello contro il virus
dell’epatite B : introdotto all’inizio degli anni
ottanta si è diffuso, in vent’anni, in oltre 150 Paesi. Purtroppo
molti stati africani e asiatici, dove l’incidenza del tumore del
fegato è molto elevata, ne sono ancora privi.
La novità in questo campo è rappresentata dal vaccino contro
alcuni tipi di papillomavirus (HPV 16 e 18) che causano
il carcinoma del collo uterino. Ogni anno circa mezzo milione
di donne nel mondo sviluppano questo tumore, in Italia circa
3.000. L’80 per cento delle morti si verifica nei Paesi poveri,
dove mancano i programmi di screening. Il vaccino contro
il papilllomavirus potrebbe perciò prevenire la morte
di centinaia di migliaia di donne.
I tre studi che sono stati finora pubblicati sono concordi nel
suggerire che esso abbia un’efficacia di oltre il 90 per cento
nell’evitare l’infezione da papillomavirus e lo sviluppo di lesioni
precancerose. Il futuro del vaccino contro il papillomavirus
resta però in parte incerto. Probabilmente sarà disponibile
a partire dal 2006, ma il prezzo è ancora sconosciuto e,
per quanto si può intuire potrebbe essere assai elevato
(centinaia di euro): certamente alte per le casse dei Paesi
ricchi, e nemmeno proponibile per quelle dei Paesi poveri.
Altre incertezze riguardano l’età ideale di somministrazione
(probabilmente tra 10 e 14 anni, per essere sicuri di arrivare
prima dell’infezione, che si trasmette con i rapporti sessuali).
È sospesa, per ora, l’estensione della vaccinazione ai maschi,
che sono portatori di papillomavirus ma non sviluppano
lesioni gravi. Questi problemi pratici non devono, però, far
dimenticare l’enorme successo scientifico che la scoperta
ha rappresentato. Il costo diminuirà sostanzialmente con
il tempo e le campagne di vaccinazione restano il tipo
di intervento più semplice ed efficace nella storia della
medicina. Diverso invece è il discorso dei vaccini curativi:
si tratta di farmaci in grado di attivare il sistema immunitario
di una persona già malata orientandolo contro il tumore.
Sperimentazioni efficaci sono già state condotte nel
melanoma e nel cancro del colon e della prostata.
I costi sono molto elevati perché il ‘vaccino’ va costruito
ad hoc per la persona che lo riceve, sulla base delle
caratteristiche molecolari delle cellule che compongono
il suo tumore. Malgrado ciò la strategia sembra
vincente e si prevede l’estensione della tecnica
ad altre forme oncologiche.
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I farmaci biologici
La ricerca di nuovi farmaci antitumorali ha seguito, fino a pochi
anni fa un metodo empirico. Venivano isolate e purificate
sostanze chimiche di cui veniva sperimentata la capacità di
inibire la proliferazione di cellule tumorali. Nonostante gli
indubbi meriti, questo metodo ha importanti limiti. Dopo i
numerosi successi iniziali, l'identificazione di nuovi farmaci utili
si è fatta più rara. Inoltre, i farmaci così identificati sono
scarsamente attivi sulle cellule staminali tumorali,
che fungono da riserva per il tumore stesso, e
poco selettivi (quindi tossici sui tessuti
La
normali).
Ricerca In anni recenti ha preso piede la strategia
con lo sviluppo dei cosiddetti farmaci
che cura mirata,
‘intelligenti’: vegono identificati bersagli
molecolari critici per la sopravvivenza e la
crescita del tumore e messe a punto molecole
capaci di interferire specificamente con il bersaglio
selezionato. I farmaci così identificati possono essere attivi
anche su tumori in cui le chemioterapie tradizionali sono
inefficaci e non sono tossici. Il primo e straordinario successo
di questo nuovo approccio è stato l'introduzione in clinica
dell’imatinib mesilato, che ha rivoluzionato la terapia della
leucemia mieloide cronica. Altre forme di terapia antitumorale
mirata sono quelle con anticorpi monoclonali, diretti contro
specifici bersagli cellulari di membrana. Due i più signficativi
esempi: l'anticorpo rituximab, attivo contro i linfomi che
esprimono la proteina di membrana CD20, e l'anticorpo
trastuzumab che inibisce la tirosinchinasi ERBB2, presente in
circa un terzo dei carcinomi della mammella. Vi sono poi
farmaci diretti contro il microambiente tumorale. Le cellule
tumorali crescono in un ambiente a loro favorevole che
comprende nuovi vasi sanguigni e cellule che producono fattori
necessari alla sopravvivenza e alla crescita del cancro. Molte
di queste componenti sono bersaglio di terapie mirate. Un
esempio è l'anticorpo monoclonale bevacizumab, che blocca la
formazione dei vasi (angiogenesi) inibendo il recettore VEGFR.
E' ancora presto per fare un bilancio di questo approccio
mirato. Finora i successi più significativi si sono avuti in
malattie rare e in cui la trasformazione maligna dipende da un
singolo cambiamento a livello molecolare. Nei tumori più
comuni il quadro è più complesso, e la cellula tumorale riesce
a compensare il blocco di un singolo elemento. Per questo la
ricerca deve proseguire, nella speranza di estendere una
strategia vittoriosa alla maggior parte delle forme di cancro.
di trovare lavoro, il bello di una professione “che ti porta ai confini
della conoscenza, nella quale non incontri mai la noia, nella quale
sei attore in prima persona e, qualche volta, ti sembra di essere
anche utile agli altri” come ha efficacemente spiegato Rivoltini. “Il
90 per cento dei ricercatori fa questo mestiere perché è curioso”
ha detto Di Fiore. “È una vita di sacrifici e di guadagni spesso aleatori, di borse di studio e di stage all’estero, ma ti permette di verificare le intuizioni che hai avuto e ti dà soddisfazioni paragonabili
a quelle dell’artista davanti a un’opera ben fatta” ha continuato
Gianni. Una vita che attrae però un numero limitato di giovani: a
specifica domanda dei relatori, solo una decina di mani si sono
alzate in tutta la sala.
Licia Rivoltini, Pier Paolo Di Fiore, A. Massimo Gianni
Alessandro Bergonzoni
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