A. PEANO, Parchi naturali e parchi culturali

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A. PEANO, Parchi naturali e parchi culturali
PARCHI
NATURALI E PARCHI CULTURALI: UN ’INTEGRAZIONE POSSIBILE
1. I parchi naturali in Europa
Per affrontare la questione posta nel titolo, partiamo dai parchi naturali che costituiscono una forma di protezione della natura ampiamente diffusa
e consolidata nel contesto europeo.
I parchi naturali oggi, in Europa, sono una realtà ben diversa da quella che
caratterizzava i primi parchi nazionali europei agli inizi del nostro secolo 1.
Allora i parchi naturali erano alcune aree, in genere di grandi dimensioni, dotate di eccezionali valori di naturalità, situate in contesti remoti,
nella maggior parte montani, soggette a nulle o limitatissime pressioni antropiche per il loro isolamento legato alle condizioni geografiche, climatiche e
morfologiche e per il fatto di essere state in alcuni casi già in precedenza
soggette a speciali regimi di gestione come riserve di caccia 2.
Per i padri fondatori, parco nazionale era espressione quasi magica di
evocazione della natura perduta, antitesi del mondo artificiale, di ultimi paradisi del regno animale, di spazi selvaggi di un mondo in cui l’uomo non
cerca di dominare ed asservire la natura (RICHEZ 1992, p. 11).
Nell’Europa di fine millennio, la maggior parte dei parchi naturali corrisponde a ben altra realtà. Come risulta dagli studi del CED PPN 3, i parchi
naturali sono cresciuti enormemente in numero e in superficie e sono pari a
più di 600 nei 33 paesi europei esaminati, coprendo una superficie di circa
(1) I primi parchi nazionali istituiti in Europa sono: – Svezia, 1909, parchi nazionali:
Angso; Bjornlandet; Garphyttan; Gotska Sandon; Hamra; Pieljekaise; Sanfjallet; Sarek; Stora
Sjofallet; – Svizzera, 1914, Parco Nazionale Svizzero; – Spagna, 1918, Parchi Nazionali della
Montana de Covadonga e di Ordesa e Monte Perdido; – Italia, 1922, Parco Nazionale del Gran
Paradiso e 1923, Parco Nazionale d’Abruzzo.
(2) Sono esempi le riserve reali di caccia del Gran Paradiso e dell’Abruzzo in Italia, la
riserva di caccia dei re bavaresi di Berchtesgaden o le aree inserite nel Catalogo per le montagne
di pubblica utilità in Spagna che hanno costituito una premessa dei futuri parchi nazionali.
(3) CED PPN, Centro Europeo di Documentazione sulla Pianificazione dei Parchi
Naturali, costituito nel 1994 presso il Politecnico di Torino, svolge attività di documentazione a fini scientifici, didattici e culturali, di cooperazione promuovendo e organizzando iniziative di ricerca e di sperimentazione a livello europeo, nazionale, locale e di promozione
attraverso l’organizzazione di attività informative, culturali e di formazione.
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24 milioni di ettari corrispondenti al 5% del territorio complessivo.Ma soprattutto la loro realtà risulta assai più articolata rispetto al passato per posizione geografica, dimensione, caratteristiche ambientali, tipi di contesto in
cui i parchi sono inseriti, essendo in prevalenza non più ambienti isolati, ma
umanizzati o addirittura urbani 4.
Al cambiamento della realtà dei parchi si accompagna un profondo
cambiamento nel concetto di conservazione della natura che nel corso del
secolo si è dilatato secondo due direzioni che possiamo definire “di campo”
e “di scopo”.
“Di campo”, perché la conservazione fa riferimento non solo ad ambienti dotati di alta naturalità, ma di articolati valori naturali e culturali,
tanto che si è ormai affermata l’esigenza di conservazione dei paesaggi culturali, come dimostrano le iniziative del Consiglio d’Europa e la stessa legislazione italiana in tema di conservazione del paesaggio 5.
“Di scopo”, perché, superato il concetto originario del mantenimento
dello stato di natura (preservazione), la conservazione si è caricata di una
tensione innovativa di tipo progettuale, rivolta a conservare i processi ecologici ed a costruire nuovi rapporti tra esigenze ecologiche ed esigenze sociali
ed economiche.
Nei parchi naturali europei si addensano oltre che valori di naturalità,
anche segni importanti della ricchezza culturale specifica dei diversi paesi e
regioni, stratificazioni di pratiche territoriali succedutesi nel tempo e ormai
abbandonate, di rapporti tra uomini e ambienti declinati per sempre. Una
situazione cioè, quella dell’Europa, ben diversa da quella dei parchi americani, canadesi o africani. Per la stessa storia e per la caratterizzazione ambientale dei parchi europei, gli aspetti naturali e quelli culturali risultano indissociabili in quanto costituiscono uno ragione dell’altro.
(4) Nell’ambito delle ricerche CED PPN, è stata individuata una griglia interpretativa,
basata sull’incrocio dei dati dimensionali dei parchi naturali con la tipologia dei contesti in
cui sono inseriti, che dà luogo a 5 situazioni diverse, denominate attraverso metafore: a)
“nature remote”, parchi di consistenti dimensioni, non facilmente accessibili e in contesti
poco urbanizzati; b) “nature umanizzate”, parchi di medie dimensioni in contesti di mediobasse pressioni; c) “paesaggi rurali”, parchi di modeste dimensioni in contesti di medio-basse
pressioni, ovvero di dimensioni consistenti in contesti di medio-alte pressioni; d) “isole assediate”, parchi di piccola dimensione in contesti di media pressione, ovvero di dimensione
consistente in contesti di alta pressione; e) “parchi urbani”, di piccola dimensione in contesti
altamente urbanizzati e infrastrutturali.
(5) CONSIGLIO D ’E UROPA , Recommandation 31 sur l’avant-projet de Convention
Europeenne du paysage, Quatrieme session, Congrès des pouvoirs locaux et régionaux de
l’Europe, Strasburgo, 1997; CONSIGLIO D’EUROPA, Resolution 53 sur l’avant-projet de Convention
Europeenne du paysage, Quatrieme session, Congrès des pouvoirs locaux et régionaux de
l’Europe, Strasburgo, 1997. Per quanto concerne la legislazione italiana in materia, la legge
431/85 pone l’Italia tra i paesi europei dotati da oltre un decennio di una normativa specifica
di tutela del paesaggio, che impone una specifica pianificazione (piani paesistici o piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, art. 1 bis).
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Di conseguenza i parchi naturali hanno progressivamente esteso i loro
obiettivi da quello primario della difesa della natura alla fruizione sociale,
alla valorizzazione delle risorse naturali e culturali e allo sviluppo economico
e socio-culturale delle comunità locali. Questa complessificazione di situazione e di obiettivi sembra essere la ragione principale per cui si è affermata
nella maggior parte dei paesi europei la pianificazione dei parchi naturali
come strumento ordinario per la loro gestione.
Tutti gli orientamenti internazionali ed europei sulla conservazione della
natura nei parchi hanno ormai acquisito questi cambiamenti e indirizzano le
politiche di gestione verso l’integrazione delle diverse componenti ambientali presenti in ogni parco 6.
2. Parchi e territorio
La situazione dei parchi naturali europei e soprattutto i cambiamenti
verificatisi negli ultimi 20 anni nei processi territoriali e ambientali con la
progressiva globalizzazione dei rischi ambientali, indicano l’esigenza che le
politiche ambientali escano dalla settorialità e dall’ insularizzazione in cui
erano state confinate, per investire il territorio complessivo.
Lo stesso territorio, d’altra parte, da supporto fisico indifferenziato
per i processi di sviluppo economico, nella prospettiva dello sviluppo sostenibile diventa potenzialità e risorsa specifica per nuove forme di sviluppo
locale dei sistemi territoriali. Questo principio è ormai inserito nei più recenti programmi e indirizzi europei sul territorio, l’ambiente e lo sviluppo 7.
Come già anticipato nel paragrafo precedente, la tutela paesistica sta
assumendo importanza strategica nel governo del territorio europeo e per la
stessa costruzione di un sistema di spazi naturali, non solo al fine di ridurre le
pressioni che il contesto ambientale esercita sulle aree protette, ma soprattutto come spostamento di attenzione dalla protezione per singole aree alla
valorizzazione dell’intero territorio.
(6) UN (United Nations), Convention on Biological Diversity, Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo (UNCED), Rio de Janeiro, 14/06/1992; IUCN, UNEP,
WWF, Caring for the Earth. A strategy for sustainable living, Gland, 1991; IUCN-CNPPA,
Action Plan for Protected Areas in Europe, IUCN, Gland, 1993; IUCN-CNPPA, Parks for Life.
Action for Protected Areas in Europe, Report on the IV World Congress on National Parks
and Protected Areas, Bellegarde, 1995; IUCN, THE WORLD CONSERVATION CONGRESS, Caring
for the Earth, Congress Paper, 13-23 October, Montreal, 1996.
(7) COMMISSIONE DELLA COMUNITÀ EUROPEA, Europa 2000+ Cooperazione per lo sviluppo del territorio europeo, Lussemburgo, 1995; COMMISSIONE DELLA COMUNITÀ EUROPEA DG.XI,
Per uno sviluppo durevole e sostenibile. Programma politico e d’azione della Comunità europea a favore dell’ambiente e di uno sviluppo sostenibile, Lussemburgo, 1993; EEA (European
Environment Agency), Europe’s Environment. The Dobris Assessment, Copenhagen, 1995;
MINISTRES RESPONSABLES DE L’AMENAGEMENT DU TERRITOIRES, Schema de developpement de l’espace
communautaire, Noordwijk, 1997.
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In questo cambiamento culturale si inserisce anche un’evoluzione del
concetto di patrimonio storico-culturale, che acquista il senso di caratteristiche storiche e culturali del sistema territoriale nel suo complesso, sulla base
di un riferimento innovativo e dinamico ai lasciti del passato. Non si tratta
più né di una visione del patrimonio limitata a proporne una conservazione
puramente passiva, né di una attenzione gerarchizzata su singole porzioni o
assetti emergenti del territorio, ma di una approccio complessivo e integrato
che, a partire da singoli oggetti e parti, individua i principi fondativi e identificativi del luogo e che affianca, agli strumenti difensivi, politiche di valorizzazione e di promozione di sviluppo locale.
Il patrimonio storico-culturale ereditato dal passato acquisisce dunque
una dimensione riferita al presente ed alle aspettative per il futuro, attraverso il progetto di valorizzazione che lo pone in diretta relazione con obiettivi
economici e sociali attuali, inscrivendolo nelle dinamiche territoriali ed assegnandogli uno specifico ruolo sociale al loro interno 8.
È in questo quadro concettuale che parchi naturali e parchi culturali si
avvicinano e si incontrano, uscendo ciascuno dallo specifico ambito spaziale
e settoriale in cui sono nati, diventando riferimenti comuni e centrali di un
progetto di tutela, di valorizzazione endogena e di sviluppo locale che investe il territorio e il paesaggio in modo integrato.
3. Dai parchi alle reti ecologiche e culturali
Un passo in avanti verso la complessificazione della tutela sopra indicata è costituita da politiche di protezione ampiamente diramate sul territorio
ed articolate in spazi e risorse protetti attraverso specifiche e diversificate
misure e modalità e connesse ad un progetto di sviluppo locale.
Tale orientamento trova un riferimento concettuale ed operativo nell’approccio per reti le cui principali caratteristiche sono:
– un approccio proattivo, e non puramente difensivo, inserito a pieno titolo
nel concetto di conservazione innovativa e cioè progettata e gestita, che
quindi coinvolge l’intervento di diversi soggetti relazionati tra loro;
– un approccio integrato per sistemi naturali, ambientali e culturali, come
superamento della protezione passiva per spazi e beni isolati;
– un approccio multiscalare poiché investe le politiche e le azioni ai vari
livelli, nazionale, regionale e locale, ognuno dei quali concorre alla costruzione del sistema attraverso il progetto e la gestione di proprie reti, relazionate tra loro;
(8) F. BIANCHINI, Il rapporto tra politiche culturali e politiche urbane per la valorizzazione del patrimonio, Seminario Dipartimento Interateneo Territorio, 26 maggio 1998.
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– un approccio sinergico di conservazione, fruizione e sviluppo locale, volto
a valorizzare la dotazione del territorio stimolando e aiutando le iniziative
e gli interessi locali.
Un progetto leader di questa strategia, che costituisce un salto di qualità rispetto alle tradizionali politiche di protezione della natura, è quello della
rete ecologica europea Eeconet (The European Ecological Network), lanciato
fin dal 1990 per gli spazi e le risorse naturali e ratificato nel 1993 nella
Conferenza di Maastricht (Maastricht, 9-12 novembre, 1993), ormai in corso di applicazione in alcuni paesi e regioni europee 9.
La concettualizzazione delle reti ecologiche, composte da “core areas”
(che raccolgono gli habitat di maggior rilevanza ecologica), “corridors” (che
(9) IPEE (Institut pour une Politique Européenne de l’Environnement), Eeconet,
Arnhem, 1991; ECNC (European Centre for Nature Conservation), Perspective on ecological
networks, ECNC pubblications series Man and Nature, vol. 1, August, Arnhem 1996. Tra le
esperienze più avanzate a livello europeo di applicazione di tale strategia si possono richiamare quelle dell’Olanda, della Regione delle Fiandre e della Regione di Madrid. La Rete
Ecologica Nazionale (REN) dell’Olanda è concepita come parte integrante della più vasta
Rete ecologica europea Eeconet e rappresenta probabilmente il più coerente ed esplicito
disegno di “infrastruttura ecologica” estesa sull’intero territorio nazionale. Essa integra, all’interno del Piano nazionale per le politiche della natura, aree con ecosistemi d’importanza
internazionale (core areas) ed aree che presentano prospettive di “sviluppo della natura”
(natural development areas) collegate da “corridoi ecologici” al fine di costituire un sistema
fortemente interconnesso, una vera infrastruttura ecologica aperta alle regioni di frontiera.
La Green Main Structure for Flanders è definita come una struttura organizzata e coerente di
siti per i quali è auspicata una politica intensiva per la conservazione della natura. Essa prevede l’elaborazione per ogni regione di un Master plan basato sull’inventario di tutte le aree di
particolare valore. Il Master plan deve definire le zone più adatte ad una espansione ottimale
e accettabile delle aree di conservazione della natura, tra le quali i “wildlife corridors” e le
“buffer zones”. Le categorie della rete ecologica individuate, analoghe a quelle della rete
ecologica olandese, sono quattro: core areas, nature development areas, corridors e buffer
zones. La Madrid ecological network prende avvio nel 1994 come programma di ricerca sulle
reti di conservazione della natura con l’intento di costruire la rete ecologica per la Regione di
Madrid, sottoposta a forti pressioni da parte dello sviluppo urbano ed industriale e dall’agricoltura di tipo intensivo. A tale scopo è stato elaborato nel 1995 dal Research Centre FGB un
rapporto di discussione i cui obiettivi principali risultano: l’identificazione delle componenti
principali della rete; l’identificazione dei processi ecologici chiave; la creazione di strumenti
legali e finanziari per integrare la conservazione della natura all’interno dei processi economici e sociali più ampi; la ricerca del supporto della comunità locale attraverso iniziative di
informazione e di educazione. Nel rapporto sono state inoltre individuate le due principali
carenze presenti nell’attuale quadro conoscitivo, quali la selezione delle core areas e lo sviluppo di criteri per identificare i corridors e le buffer zones. In particolare, la costruzione della
rete ecologica si basa sulle seguenti principali considerazioni: a) il network deve comprendere siti di maggior importanza per la conservazione della diversità biologica e paesistica (da un
punto di vista metodologico vengono in merito proposti: – l’identificazione di indicatori
(taxa, caratteri del paesaggio, ecc.) di diversità biologica e paesistica; – l’applicazione di
queste variabili in modo sistematico e la definizione di criteri specifici per il resto del territorio; – l’identificazione di core areas e di fattori globali e locali principali; – la definizione di
strumenti per garantire la protezione legale); b) il network deve salvaguardare i processi
ecologici e le connessioni. Devono essere protetti i caratteri naturali e culturali che si comportano come corridoi presenti nel frammentato paesaggio della Regione di Madrid.
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le collegano facilitando i movimenti di dispersione e migrazione), zone di
recupero e di sviluppo naturalistico, “buffer zones” intorno alle core areas ed
ai corridors, e accompagnate da una politica di innalzamento della qualità
ambientale della campagna nel suo insieme, indica la possibilità di interessare con un progetto di conservazione una pluralità di risorse e di spazi non
ancora sottoposti ad alcuna forma di speciale protezione.
Insieme alle reti ecologiche possono essere concepite altre reti che rispondono ad esigenze complementari come quelle della fruizione naturale e
culturale, del tempo libero e del turismo.
Tra le diverse reti si possono produrre effetti sinergici, sia in termini di
conservazione e gestione che in termini di fruizione e di sviluppo di nuove
forme di economie locali sostenibili.
Le reti territoriali possono assumere il significato di vere e proprie infrastrutture ambientali riconoscibili di una innovativa configurazione del territorio, di “itinerari di senso” fondati sul recupero e sul riuso del patrimonio
culturale e dei connessi processi di significazione, di laboratori di un’azione
più generalizzata e sistematica di conservazione attualizzata dei paesaggi e
del territorio che coinvolge sistemi di relazioni tra soggetti locali diversi accomunati dall’interesse di valorizzare risorse endogene e spazi diffusi.
Questo orientamento sembrerebbe indicare un percorso virtuoso per
avviare politiche e sperimentazioni in molti settori, ma convergenti sulla conservazione attiva degli spazi e delle risorse naturali, ambientali e culturali del
territorio.
L’avvio di tali politiche ovviamente comporta una serie complessa di
cambiamenti negli obiettivi e nelle azioni delle istituzioni e degli operatori,
nella formazione dei piani e dei progetti per la tutela e per lo sviluppo locale,
che richiedono l’integrazione di diversi obiettivi, competenze e azioni e per
cui risulta ineludibile il coinvolgimento delle popolazioni locali che devono
assumere il ruolo di attori nel processo di valorizzazione dei loro territori.
D’altra parte, territorio e paesaggio sono “una produzione” e perciò
intervenire su di essi comporta di accettare di considerare i meccanismi ed i
soggetti della loro produzione e di agire sulle stesse modalità della produzione.
ATTILIA PEANO*
* CED PPN – Centro Europeo di Documentazione sulla Pianificazione dei Parchi
Naturali - Dipartimento Interateneo Territorio - Politecnico di Torino, Viale Mattioli 39,
10125 Torino. e_mail: [email protected]
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Pubblicazioni recenti relative al Centro Europeo di Documentazione
sulla Pianificazione dei Parchi Naturali (CED PPN)
AA.VV. - GRUPPO CED PPN - POLITECNICO DI TORINO DIPARTIMENTO INTERATENEO TERRITORIO, UNIVERSITÀ JOSEPH FOURIER GRENOBLE 1 LAMA (a cura di), 1998, Coordinamento transfrontaliero degli strumenti di pianificazione ambientale e territoriale riferiti alle aree protette ed alle zone sensibili, Rapporto finale Progetto Interny I Italia Francia, IGA Grenoble.
CED PPN, 1997, Inserto Europa-Parchi, «Parchi», n. 20.
CED PPN, 1998, La gestione partecipativa nei parchi naturali europei: un progetto
di studio e sperimentazione, «Parchi», n. 24.
CED PPN, R. GAMBINO, 1997, Dopo Montreal, «Parchi», n. 21.
CED PPN, G. NEGRINI, 1997, Iniziative di cooperazione tra parchi frontalieri contigui. Tre coppie di parchi del sistema alpino occidentale, «Parchi», n. 23.
CED PPN, A. PEANO, 1997, La gestione partecipativa dei parchi naturali, «Parchi», n.
22.
CED PPN - POLITECNICO DI TORINO, 1996, Ricerca europea sulla pianificazione dei parchi
naturali, relazione al Convegno internazionale “Parchi naturali e territorio in
Europa”, Politecnico di Torino, Facoltà di Architettura, 19 aprile, Torino.
A. PEANO, (a cura di), 1997, Parchi naturali in Europa, il Centro di Documentazione
sulla Pianificazione dei Parchi Naturali, in Urbanistica Dossier n. 7, supplemento al n. 155 di «Urbanistica Informazioni», capp. 1 e 3.
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