STEFANO ZANUT Disabilità come difficoltà di affrontare situazioni

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STEFANO ZANUT Disabilità come difficoltà di affrontare situazioni
STEFANO ZANUT
Disabilità come difficoltà di affrontare situazioni d’emergenza
Parlare di disabilità vuol dire parlare di persone che vivono con delle difficoltà. Vorrei
trattare la problematica della disabilità intesa come difficoltà nell’affrontare una
situazione d’emergenza ed associarla alla disabilità nel contesto del rischio in un
ambiente di lavoro. Per cui, le diverse problematiche diventano un unico percorso, che
trova collocazione nella cosiddetta modellazione dell’esodo, nel cui ambito si può
evidenziare il comportamento delle persone che va considerato con attenzione.
A titolo esemplificativo vorrei citare alcuni eventi gravissimi nei quali sono emerse
problematiche inerenti la disabilità, intesa proprio come difficoltà di agire in
emergenza. Nel primo attentato alle Twin Towers del 1993, ci vollero 10 ore per
evacuare le persone, evidenziando un’assoluta mancanza di sistemi di elevazione che
non fossero le scale; nel secondo e ben più drammatico del 2001, l’evacuazione avvenne
in 90 minuti, ma anche in tale occasione non erano stati installati dispositivi
particolari. Per menzionare avvenimenti accaduti nel nostro Paese, nel 2002 quando un
aereo da turismo si schiantò sul grattacelo Pirelli a Milano, due persone ebbero
specifico bisogno di assistenza e si riscontrò l’indisponibilità degli ascensori. Nel 2001
a Verona, durante l’incendio di una scuola, una delle vittime fu una bimba down che
sfuggì al controllo degli insegnanti e rientrò per cercare un gioco; e, ancora, a San
Gregorio Magno, in provincia di Salerno, nell’incendio ad un centro per anziani perirono
19 degenti, alcuni ritrovati chiusi a chiave nelle stanze.
Dottrina internazionale
Approfondire le tematiche relative alle difficoltà delle persone deboli è un concetto
fondamentale: infatti, la necessità di trovare soluzioni diventa un elemento di risposta
al problema e, nel contempo, un punto di forza. Le norme di sicurezza antincendio sono
pensate rispetto ad una utenza in possesso di facoltà sensoriali o di mobilità standard.
Ciò avviene nonostante i Trattati europei, le Nazioni Unite, la Costituzione prevedano
la non discriminazione delle persone in relazione alle capacità fisiche, sensoriali ecc.
Invero, bisogna segnalare che, recentemente, a livello internazionale, è sorto
l’interesse per norme più vicine alle esigenze delle persone disabili: a tal proposito, le
carte internazionali richiamano l’importanza che, nella progettazione e nella
realizzazione di elementi di una società, non bisogna determinare discriminazione.
Proprio detta discriminazione può essere determinata anche nella pianificazione della
sicurezza, se questa non tiene conto delle difficoltà, ad esempio, in un’evacuazione.
Le esperienze mostrano che devono essere considerate le esigenze di:

persone con disabilità;

persone anziane;

bambini;

donne in stato di gravidanza (tutelate anche dal D.lgs 81);

persone con traumi o con patologie più o meno evidenti;

persone che in condizioni normali sono “standard” mentre in emergenza, o in
caso di catastrofi, potrebbero richiedere un aiuto particolare (ad esempio
durante l’evacuazione delle Twin Tower del 2001 il 25% delle persone salvate
manifestarono disabilità dovute ad asma, problemi cardiaci, ecc. comportando
un rallentamento nell’evacuazione stessa; un’altra statistica evidenzia come il
60% di morti a New Orleans per l’uragano Katrina furono donne, anziani e
bambini).
L’attenzione alla disabilità negli incendi
Per questo abbiamo pensato di elaborare delle proposte di risposta all’evento
incendio. Diverse le variabili di cui tener conto: innanzi tutto, la prima
considerazione è legata all’esigenza di portare le persone in un luogo sicuro. Poi, va
esaminata l’interazione con la squadra d’emergenza e gli ausili per l’esodo.
- I dispositivi di allarme
Per dare l’allarme, si prende in considerazione sempre un elemento sonoro,
pensando che l’evacuazione sia facilmente percepibile a tutti tramite l’udito. Ciò
diventa complicato non solo in caso di problemi di sordità ma anche in caso di
utilizzo di auto protettori. Consideriamo poi che il segnale acustico sia progettato
male, ovvero supponiamo che il segnale sonoro non arrivi in tutti i punti del luogo in
cui è installato e, il caso estremo in cui le persone non riconoscano nel segnale un
pericolo e la necessità di evacuazione (“Antonio, un bambino autistico, non ha
riconosciuto un codice sonoro come allarme nella sua scuola, pensando che fosse
una semplice campanella per il cambio dell’ora di lezione: cambiando il codice sonoro
e dando un nuovo suono alla campanella, il bimbo, durante la prova di evacuazione,
ha risposto all’allarme”).
- La velocità
L’altro problema di un sistema di evacuazione è la velocità: infatti, non tutti si
muovono con la stessa velocità.
Molti si muovono con una velocità di gran lunga inferiore alla media, che si aggira
intorno a 1,2 metri al secondo: anche in questo caso, nel pensare un sistema
d’esodo, bisognerà considerare una velocità differenziata tra una persona e l’altra
(“Peraltro, non tutti si muoveranno allo stesso modo in prossimità delle uscite di
sicurezza o, comunque, in presenza di altre persone. Questi elementi vanno tenuti
in considerazione in fase progettuale”)
La velocità potrebbe essere un elemento insignificante, se considerato a sé stante:
tuttavia, correlata ad un moto di folla, la velocità di una persona più lenta
comporterà un rallentamento in tutte le altre, allungando i tempi di evacuazione
(“Non a caso il Decreto 10 marzo 1998 stabilisce un intervallo di tempi. Le
indicazioni Iso, in fase di elaborazione, stabiliscono la larghezza minima dei
corridoi anche sulla base dell’affollamento e del movimento delle persone”).
- L’orientamento
C’è poi un problema connesso con l’orientamento, vale a dire la possibilità di
muoversi in un ambiente riconoscendone i punti di riferimento rilevanti. Per questa
situazione tendenzialmente ci affidiamo ai segnali visivi, pensando che tutte le
persone sappiamo interpretare un segnale e intraprendere le conseguenti azioni.
Ebbene, in condizioni di emergenza e di stress, anche un cartello di sicurezza
potrebbe perdere il suo significato. (“Per questo la progettazione ambientale
potrebbe incrementare le soluzioni a questo problema”).
- L’identificazione dei percorsi
Altro problema è l’identificazione dei percorsi attraverso l’interpretazione visiva:
maggiore è la facilità di percezione dell’ambiente circostante, maggiore il tempo di
reazione. Ecco allora che una differenza cromatica tra una porta d’emergenza e il
muro circostante può aumentare la facilità di percezione della via di fuga.
- La raggiungibilità degli impianti
Spazi calmi: luoghi sicuri statici contigui e comunicanti con una via di esodo
verticale od in essa inseriti. Tale spazi non dovranno costituire intralcio alla
fruibilità delle vie di esodo ed avere caratteristiche tali da garantire la
permanenza di persone con ridotte o impedite capacità motorie, in attesa dei
soccorsi.
Gestione dell’emergenza
Un ultimo aspetto riguarda la gestione dell’emergenza. Come VVF ci siamo già
espressi e sul sito dei VVF (www.vigilfuoco.it) trovate già le linee guida su come
gestire le situazioni di emergenza, con presenza di persone con disabilità.
Le norme di riferimento sono:
-
la circolare n. 4 del 1 marzo 2002 (“Linee guida per la valutazione della
sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili”);
-
la lettera circolare P880/4122 del 18 agosto 2006 (“La sicurezza antincendio
nei luoghi di lavoro dove siano presenti persone disabili: strumento di verifica e
controllo - Check-list”) da anche gli strumenti per fare una valutazione del
rischio, considerando le specifiche difficoltà.
-
la circolare n. 4 del 1 marzo 2002 si dice una cosa fondamentale, ovvero che
quando si progetta la sicurezza antincendio ove siano presenti persone con
disabilità lo si fa sulla base di un piano organico che incrementi la sicurezza per
tutti, affinché la sicurezza non diventi uno strumento di discriminazione tra le
persone. Anche in questo caso il ruolo del progettista e dei VVF diventa un ruolo
più che mai sociale (“Ecco l’importanza della politica, intesa come l’arte di
mettersi in relazione e di discutere per risolvere i problemi”).
Uno sguardo al futuro
Secondo un dato Istat del marzo 2010, sulla disabilità, si stima che in Italia il 5,8%
delle persone siano disabili. La proiezione indica un incremento pari all’1,3 per il
2015: ciò significa che avremo quasi un 7% di disabili e, man mano che si andrà
avanti le stime prevedono che il numero di persone disabili aumenti annualmente.
Quindi, nel futuro le persone disabili saranno un numero ancora maggiore di quello
presente: tra loro, nella nostra società del 2015-2020, uno su tre avrà superato i
65 anni: dunque, progettare la sicurezza di una persona disabile, nell’ambito anche
di un percorso culturale che garantisca a tutti la sicurezza, significa investire e
progettare per apportare migliorie in una società che un domani avrà qualche
difficoltà in più rispetto all’attuale.