Darwin e l`anima
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Darwin e l`anima
martedì 10 febbraio 2015 Culture e società 22 Intervista al neuroscienziato Giorgio Vallortigara, domani sera a Massagno per il Darwin Day Darwin e l’anima Niente dualismo nella visione darwiniana: tutta l’attività mentale è riconducibile al cervello; il che però non significa che tutto ciò che riguarda la mente sia nel cervello MENTE E CERVELLO Nati per credere (negli agenti) Vallortigara ha scritto, insieme a Telmo Pievani e Vittorio Girotto, ‘Nati per credere’ (Codice edizioni, 2008), dove il “credere” che figura nel titolo non fa (per forza) riferimento alla fede religiosa. Ma andiamo con ordine. Alla base c’è il modo in cui è costruito il nostro cervello, «un modo funzionale dal punto di vista biologico – spiega Vallortigara –, con una serie di trucchetti interni che ci consentono di guardare agli eventi del mondo nei termini di azione di agenti animati». Una caratteristica che condividiamo con molte altre specie, anche se negli esseri umani è particolarmente importante perché «la nostra vita sociale e di relazione è molto complessa». Che cosa porta questa marcata inclinazione a vedere “tracce di agentività”? «Costituisce molto probabilmente il terreno di coltura per lo sviluppo di una varietà di credenze nel sovrannaturale, credenze che hanno assunto, nelle diverse culture, le forme più variegate, dalle esperienze religioni alle credenze negli Ufo». Tutta questa credulità è un accidente secondario di un adattamento biologico. di Ivo Silvestro Non è solo un anniversario, il 12 febbraio, giorno della nascita di Charles Darwin; del resto neppure la grande scoperta del naturalista inglese, l’evoluzione per selezione naturale, è solo una teoria scientifica, dal momento che ha cambiato la nostra visione dell’uomo e del mondo, eliminando o comunque riducendo il trascendentale, il divino. In proposito, il neuroscienziato Giorgio Vallortigara, direttore del Centro Mente/Cervello dell’Università di Trento, ricorda una frase di Richard Dawkins che aveva letto da studente: “Tutti i tentativi di rispondere alla domanda ‘Che cos’è l’uomo?’ compiuti prima del 1859 (anno di pubblicazione dell’‘Origine delle specie’) sono totalmente privi di valore e faremmo meglio a ignorarli”. Perché «la risposta adesso ce l’abbiamo, potrà non piacerci, è una risposta un po’ disincantata, ma ce l’abbiamo», spiega Vallortigara, che domani, mercoledì 11 febbraio, alle 20.30 sarà al cinema Lux di Massagno per l’incontro “Dal cervello all’anima”, organizzato dall’Associazione svizzera dei Liberi pensatori per il Darwin Day. Insieme a Vallortigara, il filosofo Franco Zambelloni; modererà l’incontro Giorgio Noseda. Professor Vallortigara, in questa risposta disincantata, c’è posto per l’anima? Dal punto di vista scientifico, io direi di no. Noi oggi pensiamo che tutta l’attività mentale, senza esclusione, sia riconducibile all’attività fisico-chimica del cervello. Questo però non significa che tutto quello che riguarda l’attività mentale della specie umana sia dentro il cervello. Questo può sembrare un paradosso, ma dobbiamo ricordarci che un sacco di sapienza, di conoscenza, di intelligenza gli esseri umani l’hanno collocata fuori dalla scatola cranica, nella cultura, nello sviluppo sociale. Una sapienza, un’intelligenza incarnata negli edifici, nelle biblioteche, in tutto quello che abbiamo costruito e che è il frutto, il risultato di processi fisico-chimici che sono avvenuti nel nostro cervello, ma che viene trasferita di generazione in generazione in un modo che non ha probabilmente Dualisti intuitivi Il giovane Charles ritratto da George Richmond. Nel riquadro Giorgio Vallortigara eguali, almeno dal punto di vista quantitativo, nelle altre specie. Rimane spazio per il dualismo, per l’idea che ci possa essere altro oltre all’attività del sistema nervoso? Il mio punto di vista è quello espresso dalla famosa battuta di Guido Cavalcanti: “cercar se trovar si potesse che Dio non fosse”. In altri termini: gli scienziati devono lavorare, cercare di spiegare l’attività mentale nei termini del cervello, perché assumere che ci sia dell’altro equivale ad abdicare alla propria funzione. Fino a prova contraria, cerchiamo di spiegare tutto quello che c’è da spiegare nei termini delle scienze naturali. Fin qui la storia della scienza ci ha dato ragione. Lei ha detto che la nostra capacità di trasmettere conoscenza “non ha eguali nelle altre specie”. Eppure una delle lezioni di Darwin è che l’uomo è un animale come gli altri… Infatti prima avevo aggiunto la postilla “quantitativamente”, e mi riferivo proprio alla famosa affermazione di Darwin secondo cui la differenza nelle capacità mentali tra noi e le altre specie animali è una differenza di grado piuttosto che di qualità. Nel caso specifico, quello che sta emergendo dalla ricerca di tipo comparativo è che i meccanismi di base, quelli fondamentali dei processi di pensiero, sono in larga parte condivisi con una varietà di altre specie, perlomeno tra i vertebrati. Le disparità sembrano riguardare essenzialmente un aspetto quantitativo – che di fatto fa una grande differenza –, soprattutto nella trasmissione della conoscenza che avviene attraverso questo medium straordinario che è il linguaggio. Questo è quello che ha reso possibile disporre di protesi cognitive al di fuori della nostra scatola cranica. La mia idea è che quello che c’è dentro le scatole craniche di uno scimpanzé, di un uomo, di un delfino ma anche di un pollo o di un ratto, non sia fondamentalmente diverso e che quello che ha reso unica la nostra specie sia la possibilità di comunicare da una generazione all’altra in maniera molto rapida i prodotti del nostro pensiero. Un ultimo punto che Vallortigara ci tiene a spiegare è il fatto che noi siamo dei dualisti intuitivi: «Siamo costruiti biologicamente per dividere spontaneamente il mondo in entità inerti e inanimate, gli oggetti, ed entità animate, le persone o, se si preferisce, gli spiriti». Si tratta di una costruzione biologica che ha, tra le sue conseguenze, il rendere difficile comprendere la teoria dell’evoluzione stessa, perché «per noi è naturale spiegare gli eventi nei termini di funzioni e di esistenza di un creatore». L’idea di un puro meccanismo in grado di spiegare la complessità dei viventi «è difficile da digerire perché in contrasto con il nostro modo naturale di pensare, quello per cui un rumore in una stanza buia è prodotto da qualcuno, non da qualcosa, un criterio che ha avuto il suo senso, anche se ora ci fa guardare ai fatti in un modo un po’ paranoico». La cultura può comunque cambiare questa “modalità naturale del pensiero”, «tanto è vero che ci sono persone che festeggiano il Darwin Day». Trionfo Sam Smith ai Grammy ‘Stay with me’, stai con me, dice Sam Smith e i membri della National Academy of Recording Arts and Sciences sono stati con lui, con questo artista inglese di 22 anni, un anno fa completamente sconosciuto al grande pubblico. È stato Sam Smith infatti a vincere più di tutti alla 57ª edizione dei Grammy Awards, gli Oscar della musica che si sono tenuti domenica sera a Los Angeles. Per Sam Smith quattro statuette: migliore canzone, migliore record dell’anno, migliore nuovo artista e, per buona misura, Best Pop Vocal Album con ‘In the Lonely Hour’. A rovinargli un pochino la serata ci ha pensato Beck che, a sorpresa, ha vinto il Grammy per il miglior album dell’anno con ‘Morning Phase’, disco che ha ottenuto anche il premio per il migliore album rock, vincendo contro mostri sacri come U2, Ryan Adams, Tom Petty e Black Keys. Tre grammofonini d’oro per Beyoncé e per Pharrell Williams. I due, come Sam Smith, detenevano il record delle candidature, sei a testa. Per le delusioni, troviamo Sia – la cantante australiana che non ama mostra- re il suo viso (in questa occasione nascosto dietro un’immensa parrucca bianca) – e Katy Perry: nessun premio per loro, nonostante i numerosi brani di successo prodotti quest’anno. Ad aprire la serata erano stati, tre ore e mezzo prima, gli indomiti AC/DC, con il nuovo brano ‘Rock or Bust’, e uno dei loro cavalli di battaglia degli anni Ottanta, ‘Highway to Hell’. Lo show, tuttavia, si era già aperto con le natiche di Madonna, gentilmente mostrate ai fotografi alzando la gonna. Anche questo è spettacolo. ANSA Chi è costui? BERLINALE dall’inviato Ugo Brusaporco La Chiesa cattolica al confino ‘El Club’ del cileno Pablo Larraín Giornata sconvolgente per il Festival di Berlino dove entra in concorso ‘El Club’ del cileno Pablo Larraín, uno che sa girare cinema e colpire al cuore lo spettatore con temi mai banali. Qui si scaglia con chiarezza e forza contro i ministri del cattolicesimo e l’immoralità. Immagina un piccolo villaggio sulla costa cilena, dove in una casa sono al confino quattro preti e una suora, tutti privati della possibilità di esercitare le loro funzioni per gravi motivi, che vanno dall’abuso sui minori alla vendita di neonati sottratti alle madri naturali, dal furto di denaro alla connivenza con poteri corrotti. Un vero club, come indica il titolo, ma anche una vera organizzazione criminale: insieme si dedicano all’allevamento di cani da corsa che poi fanno gareggiare vincendo grandi somme. Tra preghiere, poche, e alcool, tanto, conducono le loro giornate, senza alcun pentimento. Le cose cambiano quando arriva nella casa un nuovo spretato che proviene da una lontana provincia. Segue a pagina 26 Locarno68, Israele ha la sua Carte Blanche Israele nel mirino a Locarno: la quinta edizione di Carte Blanche – l’iniziativa del Festival del film dedicata alle pellicole in fase di post-produzione – si concentrerà quest’anno sulla cinematografia israeliana. I titoli che verranno selezionati avranno la possibilità di essere presentati di fronte ai professionisti del settore durante gli Industry Days. Una giuria composta da professionisti del settore sarà inoltre chiamata ad attribuire al miglior film un premio del valore di 10mila franchi.