Grandi nomi e nuove energie per una filosofia dell`abitare

Grandi nomi e nuove energie per una filosofia dell’abitare - La Stampa
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Grandi nomi e nuove energie per una filosofia
dell’abitare
In 23 mostre una maratona tra gli oggetti iconici di ieri e oggi
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La Metropoli Multietnica di Andrea Branzi racconta la convivenza fra i 7 milioni di abitanti in terra e le 400 fragili
etnie esistenti
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FIORELLA MINERVINO
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13/04/2016
Durante i 5 mesi della megagalattica XXI Esposizione Internazionale della
Triennale, ben 20 sedi e 23 mostre, saranno in molti a domandarsi che cosa
significhi progettare oggi: forse il mini rifugio di 33 metri che Umberto Riva
propone per i nostri spazi sempre più risicati, memore del Cabanon di Le
Courbusier (Costa Azzurra, 1959): o piuttosto il poetico remix di film e videogioco
The Night Journey di Bill Viola; o i tavolini con le macerie di Aleppo o i profili di
Gerusalemme scavati nel legno dall’israeliano Etzi Tarazi? Non è facile muoversi
fra migliaia di installazioni, oggetti, opere d’arte, architetture, idee, curatori, il
tutto sotto il titolo Design after design. Dopo il 900 dei maestri storici, in questo
quarto di secolo assai sfumati sono i confini fra le arti nel nostro universo liquido
e confuso, iperconnesso e scandito da hashtag e loop, ma soprattutto scosso da
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migrazioni bibliche, mentre i robot rubano il lavoro all’uomo.
Le filosofie
Vale la pena tuttavia armarsi di pazienza, cominciando la galoppata dal Palazzo
dell’Arte, dove subito ci si addentra nelle Stanze. Altre filosofie dell’Abitare, gli
interni che l’acuto Beppe Finessi ha sollecitato a 11 autori; Alessandro Mendini
punta a un’ossessiva decorazione optical per la cella capace di raccontare la sua
prigione; Fabio Novembre inventa il maxi uovo d’argento, interni di pelle rossa,
con due vestali dorate a ricevere; mentre Carlo Ratti consiglia una serie di
sgabelli verdi da alzare e abbassare con una App. Poco più in là La Metropoli
Multietnica di Andrea Branzi racconta la conflittuale convivenza fra i 7 milioni di
abitanti in terra e le 400 fragili etnie esistenti (i nomi sono scritti alle pareti)
alterate nella loro cultura e bagaglio antropologico da merci internazionali, tipo
Coca Cola e Carne Simmenthal.
Di nuovo Branzi, con Kenya Hara, traccia nel buio fra dolmen e piedistalli la Neo
Preistoria: 100 verbi per riassumere le radici dei modelli umani, ciascuno con un
oggetto antico o nuovo, il Visore da realtà virtuale si accoppia a «immaginare»,
nulla di meglio del carrello da supermarket per «acquistare», ma «adorare»
reclama la florida Venere del 6000 a.C. Chi ama i gioielli può incantarsi a
Brilliant! di Alba Cappellieri. All’Hangar Bicocca dove Pier Luigi Niccolin in
Architecture as Art presenta 15 progetti a basso costo sugli sconfinamenti fra
arte e architettura (modello Biennale veneziana), si impongono il Mumbai con
blocchi di marmo sospesi su fragili colonnine e il Rural Studio, collettivo
dell’Alabama che lavora con comunità bisognose.
D’obbligo un salto allo Iulm, per fermare il tempo e godersi Game Video/Art, la
rassegna più innovativa e coinvolgente, curata da Vincenzo Trione e Matteo
Bittanti con gli studenti: 30 videoinstallazioni, o meglio «machinima», l’incrocio
di videogame e cinema, teatro e animazione, con la partecipazione del giocatore,
esempi validi di «opera aperta» con immagini strepitose, odierne di guerre e di
soldati, non perdete Modern Warfare di C. Evans e Cadence di B. Pailthorpe.
Gli oggetti
Alla Fabbrica del Vapore è di scena la New Craft di Stefano Miceli, la manifattura
nel mondo fra artigianato e tecnologia, con stampanti 3D e variegate biciclette.
Per eventi internazionali è bene approdare a Base, qui la Francia anticipa i
discorsi sulle mutazioni nel lavoro che esplorerà la Biennale di Saint-Etienne
2017; Israele presenta, a cura di Luka Or, lampade ingegnose e tavoli di Etzi
Tarazi, oltre le iniziative preziose del Holon Institute of Technology, compresa la
mantella intelligente per dispositivi elettronici. Al vicino Mudec, Cino Zucchi e
Luisa Collina con Sempering archiviano (ispirandosi a Gottfried Semper) oggetti
e architetture, pure un mirabile vaso della compianta Zaha Adid.
Si oscilla tra passato e presente nella gustosa Logica dell’Approssimazione
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nell’arte e nella vita dell’ultracentenario Gillo Dorfles con Aldo Colonnetti: torna
il cellulare MicroTAC Motorola, sbucano le sgargianti borse in plastica di
Fiorucci, alla pastiglia di Aspirina succede il modello del nuovo ristorante in vetta
al Monte Generoso di Mario Botta, mentre l’Auditorium di Renzo Piano affianca il
rotolo di Piero Manzoni 1959. Piano torna al Politecnico in Campus &
Controcampus, l’università per trasformare città e società, a New York lo sta
facendo lui con la Columbia University. La maratona termina all’Accademia di
Brera con i designers nati prima del 1980.
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