Pietro A. Vagliasindi Monopolio Oligopolio e Tariffe Pubbliche. Indice

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Pietro A. Vagliasindi Monopolio Oligopolio e Tariffe Pubbliche. Indice
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA
Dipartimento di Diritto, Economia e Finanza Internazionale
Pietro A. Vagliasindi
Monopolio Oligopolio e Tariffe Pubbliche.
Indice
PAGINA
I. MONOPOLIO, ENTRATA ED OLIGOPOLIO ........................................................................ 1
1. IL MONOPOLIO NATURALE............................................................................................................... 1
2. IL TEOREMA DELLA MANO INVISIBILE DEBOLE E L’ENTRATA............................................................ 2
3. EQUILIBRIO DI MERCATO, IN FULL INFORMATION, ED INTERVENTO PUBBLICO ................................ 5
A. Eccesso di entrata e schemi imposte-sussidi.............................................................................. 6
B. Oligopolio con impresa pubblica. ................................................................................................ 8
Modello di Cournot .................................................................................................................... 9
Modello di Stackelberg...........................................................................................................10
C. Antitrust e misure a tutela della concorrenza. Una breve rassegna. ..................................... 11
II. PREZZI E TARIFFE................................................................................................................... 13
1. TARIFFE OTTIMALI IN FIRST BEST. ................................................................................................. 13
2. TARIFFE LINEARI E DISCRIMINAZIONE DI 3° GRADO ....................................................................... 15
3. DISCRIMINAZIONE DI 1° E DI 2° GRADO ...................................................................................... 17
4. TARIFFA OTTIMA A DUE PARTI ....................................................................................................... 22
5. TARIFFE OTTIME DI TIPO PEAK-LOAD ............................................................................................. 25
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Scienza delle Finanze Progredita
Prima Versione.
I. MONOPOLIO, ENTRATA ED OLIGOPOLIO
1. Il monopolio naturale
I monopoli naturali sono concentrazioni di mercato che dipendono da cause tecnologiche.
Quando non c’è competizione sul mercato il monopolista pratica politiche di prezzo che sono
allocativamente inefficienti (ossia divergono dalla condizione di first best P = Cmg). Il
monopolio naturale è direttamente associato al fenomeno delle economie di scala ed al
fenomeno della concentrazione in un’unica impresa della produzione di una data industria.
Un’industria costituisce un monopolio naturale se, nell’intervallo rilevante di produzione
(individuato dalla collocazione della curva di domanda di mercato per ciascun prodotto), la
tecnologia di produzione è rappresentata da una funzione di costo sub-additiva. Supponiamo
che una data industria sia composta da z imprese, ognuna delle quale produce un determinata
quantità di un prodotto. Una funzione di costo è sub-additiva se facendo sostenere il costo
complessivo di un dato livello produttivo ad unica impresa questo è minore rispetto al caso in
cui la produzione fosse suddivisa tra più imprese (a parità di livello produttivo complessivo):
C(q) < Σ iC(qi)
con qi che rappresenta il livello produttivo e q = Σ iqi
Ciò avviene quando siamo in presenza di costi fissi: se a produrre è una sola impresa c’è un
solo costo fisso da sostenere, se la produzione è affidata a due imprese ci sarà invece una
duplicazione costi fissi. In fig; 1A si ha sub-additività poiché, oltre ai costi fissi C° (con costi
fissi unitari evidentemente decrescenti), abbiamo costi marginali C’ strettamente decrescenti
C(q) = C° + CV(q)
per q > 0
dove i costi variabili CV(q) = ⌠
⌡0 C’(x)dx sono l’integrale della funzione dei costi marginali
q
decrescenti, ovvero l’area sottostante la curva dei costi marginali. I costi medi unitari
decrescenti (economie di scala: per due livelli di produzione qa e qb con qa>qb si ha che C(qb)/qb
> C(qa)/qa, come in figura 1A) - implicano la sub-additività della funzione di costo.
Anche se è vero che costi medi decrescenti implicano sub-additività, in presenza di una
funzione dei costi sub-additiva i costi medi unitari non sono esclusivamente decrescenti. Ciò
emerge da una funzione di costi medi prima decrescente e poi crescente con un livello di
produzione associato ad un costo medio minimo q° inferiore al livello a cui corrisponde
l’incontro della curva di domanda con la curva dei costi medi. Ovviamente, finché i costi medi
sono decrescenti si ha sub-additività, tuttavia la funzione rimane sub-additiva anche oltre il
livello di produzione associato al costo medio minimo q°.
Una configurazione industriale, nel nostro caso un monopolio naturale, è realizzabile quando
le imprese (o nel nostro caso l’impresa monopolistica) esistenti sul mercato (incumbent) sono
in grado di produrre la quantità domandata (ovvero riescono a soddisfare la condizione di
domanda uguale all’offerta totale) e conseguire profitti non negativi.
Inoltre perché il monopolio naturale sia sostenibile bisogna che nessun entrante possa
conseguire profitti positivi con un prezzo inferiore a quello vigente stabilito dal monopolista
(incumbent). In pratica, per un prezzo inferiore all’esistente sul mercato l’offerta dell’entrante
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Prima Versione.
(inferiore od eguale alla domanda relativa a quel prezzo), non deve esistere possibilità per
l’entrante di conseguire profitti positivi.
Figura 1A
Figura 1B
p
p
D
p
D
m
Cmg
pm
p*
AC
AC
p*
Cmg
O
qm
q*
O
q
q m q°
q
q*
Nel seguito, ci limiteremo per semplicità espositiva, al caso di costi variabili e marginali
costanti, pari a c, indicando con π = (p - c) D(p) il profitto al lordo dei costi fissi dell’impresa
monopolista. In questo caso c rappresenta anche i costi variabili medi ovvero c = (C(q) - C°)/q.
Confrontiamo la soluzione con bilancio in pareggio (p*; q*) a quella che massimizza il profitto
di monopolio (pm; qm), dove pm = Argmax Π = Πm. p* < pm è un livello sostenibile di prezzo,
poiché implica profitti nulli, Π* = (p*-c)q* = C° dove q* = D(p*).
Figura 2A
Figura 2B
p
p
A
A
p
m
M
p
B
p*
C
c
p
qm
q*
qc
B
p*
AC
pc
Cmg
q
O
M
m
O
D
E
qm
q*
C
F
AC
Cmg
qc
Infatti con p < p* l’impresa incorre in una perdita se produce un livello di output positivo,
mentre p > p* non è sostenibile poichè un entrante abbassando il prezzo consegue un profitto
positivo. Ciò avviene ad esemio con il prezzo tipico di un mercato perfettamente concorrenziale
pc = Cmg che rappresenta una situazione di first best ma non soddisfa i vincoli di un saldo non
negativo di bilancio per l’impresa. In questo caso, in assenza di discriminazione, la sostenibilità
della configurazione industriale implica un’unica impresa nell’industria (solo un mopolista
garantisce l’efficienza data la sub-additività dei costi), l’azzeramento della rendita (profitti nulli)
e un prezzo di equilibrio pari al costo medio, p* = AC.
2. Il teorema della mano invisibile debole e l’entrata.
La weak invisible hand, proposta da Baumol, Panzar e Willing nel 1982, presuppone un
q
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Prima Versione.
mercato contendibile ovvero:
C(q, t°) = Cs(t°) + Cn(q, t°)
con Cs(t°) = 0
dove Cs(t°) individua i sunk-cost (costi non recuperabili che si devono affrontare per entrare e
far parte per un periodo t° del mercato), Cn(q, t°) rappresenta i non sunk-cost (costi legati al
livello di produzione) e C(q, t°) indica la funzione di costo lungo l’orizzonte temporale t°.
Un mercato è detto contendibile se per qualsiasi impresa risulta possibile entrarvi e
uscirvi senza costo: ciò implica che tutti i concorrenti abbiano accesso alla stessa tecnologia
delle imprese esistenti (incumbent) e che non si manifestino costi non recuperabili (sunk-cost),
ovvero che i beni capitali impiegati nel processo produttivo possano essere impiegati in altre
attività senza aggravio di costo.
Le condizioni di contendibilità (assenza di sunk-cost) rendono possibile una concorrenza
“hit and run”. Ovvero, un entrante per mezzo di reazioni istantanee nei prezzi praticati, può
ottenere profitti temporanei vendendo a prezzi inferiore rispetto a quello praticato dal
monopolista esistente (e superiore al costo medio) per poi uscire rapidamente prima che il
monopolista possa reagire.
In pratica, il teorema della weak invisible hand sostiene che una configurazione industriale è
sostenibile con un prezzo pari al costo medio (eguale a quello marginale in assenza di costi fissi)
e che in questo caso si consegue una soluzione di second (first) best, senza intervento pubblico
di regolamentazione. Si potrebbe ottenere questo tipo di efficienza se potesse operare un
mercato contendibile in cui la minaccia di concorrenza “hit and run” fosse credibile.
Infatti, in questo caso, gli eventuali entranti avrebbero una reale convenienza ad attuare un
prezzo inferiore a quello dell’incumbent, quando quest’ultimo fosse superiore a quello
sostenibile. La condizione di tale credibilità è data da t > t° (dove t indica il tempo necessario
all’incumbent per rivedere il proprio prezzo una volta entrata la nuova impresa e t° il tempo
durante il quale i costi del concorrente potenziale entrante non sono recuperabili). Ciò equivale a
dire che di fatto non vi sono sunk-cost°, poiché l’elevato tempo di revisione del prezzo da parte
dell’impresa esitente permette all’entrante di recuperare i costi sostenuti. Quando l’incumbent si
rende conto della strategia razionale dell’entrante troverà conveniente praticare un prezzo pari al
costo medio (o marginale), da cui la soluzione di second (o first) best.
Tuttavia, spesso nella realtà l’incumbent può aggiustare i prezzi rapidamente (prima che passi
il tempo t°) e i sunk-costs sussitono. In tal caso il teorema della mano invisibile non è più valido
e non è quindi garantito che gli incumbent operino in second best. Infatti non è detto che chi
opera ad un prezzo superiore a quello sostenibile di second best venga necessariamente
estromesso dal mercato per effetto dell’entrante. In questo caso nel fenomeno del monopolio e
dell’oligopolio si pongono all’attenzione alcuni aspetti strategici, che possono essere esaminati
solo grazie alla teoria dei giochi.
Consideriamo perciò ora invece un gioco di entrata in forma normale ed uno in forma estensa
(dove i payoff indicano i profitti) che descrive la situazione in cui E (entrant) considera se
entrare o meno in un mercato dove è già presente un’altra impresa I “l’incumbent”. Le strategie
pure possibili per E sono: EN “entrare” e NE “non entrare”, mentre I “l’incumbent” può
rispondere con GR “guerra di prezzo” o AC “accettare il duopolio”. Ad (EN, GR) può
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Prima Versione.
corrispondere ad una situazione dove i prezzi eguagliano il costo marginale (ed i profitti sono
negativi) ed (EN, AC) all’equilibrio di Cournot.
Considerando le possibili coppie di strategie vediamo come (EN, AC) rappresenti un
equilibrio di Nash perché, se E entra, accettare è la risposta ottima di I ed entrare è la risposta
ottimale di E se I accetta.
figura 1A
figura 1B
E
I
E
EN
AC
GR
4 ; 4
-2 ; -2
Ia
GR
NE
0 ; 10
EN
NE
Ib
AC
0 ; 10
GR
0 ; 10
0 ; 10
AC
-2 ; -2
4 ; 4
Ma anche (NE, GR) è un equilibrio di Nash. Tuttavia se osserviamo il gioco sequenziale, in
forma estensiva, possiamo evidenziare come sia E a fare la prima mossa; se E decide di entrare,
la risposta ottima per I è accettare il duopolio. Poiché E è in grado di predire la risposta
razionale di I solo (EN, AC) è un PSE; infatti (NE, GR) implica che l’entrante rinunzi ad un
payoff positivo per uno nullo. La minaccia di una guerra di prezzo non risulta credibile, perché
ex post non è razionale per l’incumbent rinunziare ad un profitto positivo per uno negativo.
Cambiando l’ordine delle mosse, I è invece in grado di vincolarsi alla guerra di prezzo prima che
E decida di entrare, sicché solo (NE, GR) è un PSE. Per rendere credibile la minaccia I potrebbe
investire in capacità in eccesso (utilizzata per opporsi all’entrata); a tal fine Dixit (1980)
introduce un’ulteriore stadio, precedente all’entrata rappresentato in figura dove I decide tra IN
(investire in eccesso) e NI (non investire in eccesso). Con I i possibili profitti di I, tranne (EN,
GR), vengono ridotti di .
figura 2
I
NI
E
IN
E
EN
NE
Ia
Ib
GR
AC
0 ; 10
0 ; 10
GR
-2 ; -2
EN
NE
Ic
AC
4 ; 4
Id
GR
AC
GR
AC
0 ; 5
0 ; 5
-2 ; -2
4 ; -3
Nel gioco a tre stadi (IN, NE, G) è un PSE. Infatti il comportamento strategico I è utile
all’incumbent perché ora se E sceglie EN il payoff che il giocatore I ottiene con GR è ora più
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Prima Versione.
elevato di quello associato ad AC; essendo la minaccia credibile E non entra. Sulla base della
backward induction l’impresa I preferisce vincolarsi ad una capacità in eccesso costosa poiché il
profitto da monopolio (con investimenti costosi) è maggiore di quello da duopolio (senza
investimenti costosi).
In termini di benessere la situazione è però peggiorata, anche rispetto a (NE, GR), il prezzo è
quello di monopolio, ma a causa dell’investimento improduttivo il costo fisso aumenta ed
benessere diminuisce.
Alle conclusione dei precedenti modelli è possibile aggiungere le seguenti osservazioni:
1. L’incumbent può porre ostacoli all’entrata. La deterrenza all’entrata indica la facoltà di
trovare modalità atte a scoraggiare l’entrante (ad es. con barriere all’entrata di vario genere)
2. Ex post possiamo aver collusione (ad es. con la fusione od il cartello).
3. Se la collusione è evitata con sistemi anti-trust, o risulta troppo costosa può verificarsi una
guerra di attrito (logoramento), studiata dai biologi, con la teoria dei giochi. Le conclusioni
cui si perviene con l’equilibrio nella guerra di attrito sono:
a. Ci sono due imprese nell’industria per un primo periodo di tempo e successivamente solo una;
ora, essendo quest’industria un monopolio naturale data la tecnologia assunta, si realizza in un
primo momento un’inefficiente configurazione industriale.
b. Il prezzo competitivo è prima pari al costo marginale (in duopolio) e poi uguale al prezzo del
monopolista; pertanto l’allocazione di equilibrio non è mai di second-best
c. Il benessere sociale è superiore al livello compatibile con il monopolio non regolamentato,
ma inferiore al livello compatibile con l’equilibrio dei mercati contendibili: infatti dopo un
periodo di concorrenza distruttiva da guerra d’attrito in cui entambe le imprese perdono ma
favoriscono i consumatori, la soluzione si attesta con un prezzo che supera quello di equilibrio
contendibile e massimizza il profitto del monopolista a danno dei consumatori.
d. Entrambe le imprese contendenti “ex-ante”, data una certa probabilità che l’una o l’altra
possano uscire sconfitte dalla guerra d’attrito, adottino una strategia tale che il loro profitto
atteso sia zero, anche se nel caso del vincitore ex-post si avrà un profitto, mentre per l’altro
contendente vi sarà una perdita. Se dunque le imprese non conseguono profitti ex-ante si relizza
l’obiettivo socialmente rilevante della “estrazione della rendita monopolistica”.
3. Equilibrio di mercato, in full information, ed intervento pubblico
Anche in full information, con un equilibrio di mercato in presenza di concorrenza imperfetta
(il caso più realistico) sorgono una serie di problemi.
(i) Non è detto che la concorrenza sia sempre ad un livello ottimo, in teoria potremmo avere un
eccesso di concorrenza che risulta nocivo.
(ii) In un oligopolio, inoltre, vi sono sempre inefficienze. Gli oligopolisti cercanno di imporre
un livello di prezzo maggiore di quello concorrenziale. In un equilibrio alla Cournot essi ad
esempio si comportano come monopolisti rispetto alla domanda residuale; in pratica cercano di
eguagliare ricavo marginale e costo marginale.
(iii) Non in tutte le situazioni infine la concorrenza risulta positiva in termini di efficienza
produttiva. Vi é infatti la possibilità che la concorrenza sia di tipo “cream skimming”, ovvero vi è
concorrenza solo per parte dei consumatori la “crema” (porzione di mercato più profittevole)
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Prima Versione.
lasciando il resto la “scrematura” del mercato a totale carico di un’impresa regolata o pubblica.
Nel seguito, partendo da un equilibrio di mercato in in full information, esaminiamo come
l’intervento pubblico, attraverso meccanismi impositivi incentivanti o la presenza di un’impresa
pubblica, sia in grado di alleviare quantomeno i primi due problemi.
A. Eccesso di entrata e schemi imp oste-sussidi.
Alla base di molti problemi di politica per la tutela e la disciplina della concorrenza, vi è la
determinazione del numero ottimale di imprese in un’industria. In sostanza la questione é se
l’entrata libera possa da sola determinare in equilibrio un numero ottimo di imprese.
Per determinare il numero ottimo di imprese è fondamentale capire innanzitutto il
comportamento strategico delle imprese, in relazione all’entrata dei concorrenti.
Si ha sostituibilità strategica quando l’entrata di una nuova impresa suscita una risposta
accomodante e complementarietà strategica quando la risposta è invece aggressiva. La
sostituibilità strategica comprende una casistica piuttosto ampia e vale in condizioni normali di
domanda e offerta, con comportamento alla Cournot.
Secondo il teorema dell’eccesso di entrata di Mankiw e Whinston, in un’industria, con
ingresso libero, dove l’entrata non comporta sunk cost ed è presente il businness stealing effect
(ovvero le imprese presenti sono strategic substitutes) vi è un eccesso di entrata. Infatti
l’impresa marginale, pur determinando un aumento di benessere per il consumatore
rappresentativo, determina uno svantaggio in termini di efficienza del sistema produttivo (i.e.
aumento dei costi medi delle imprese esistenti) maggiore del vantaggio dei consumatori.
In altre parole il numero delle imprese presenti sul mercato, in una situazione di equilibrio di
Cournot, è maggiore di quello ottimale dal punto di vista della massimizzare il benessere
collettivo. Si tratta di un teorema abbastanza “robusto”, poiché non si tiene esplicitamente conto
di tutte le altre esternalità negative, di solito prodotte dalle imprese. Infatti l’unico effetto di
esternalità negativa considerato (se così lo possiamo chiamare) è il businness steal ing effect,
cioè la risposta strategica in equilibrio delle imprese già operanti all’entrata di una nuova
impresa si traduce in una contrazione delle vendite. Cioè q’ = dq/dN < 0 dove: N = numero di
imprese presenti nell’industria; q = output di un’impresa. Altra ipotesi del teorema è che vi sia
un unico equilibrio di Cournot.
Se si suppone che tutte le imprese siano uguali tra loro, q il livello di produzione
dell’industria è una funzione del numero di imprese presenti:
Q = N q(N)
Indicando con U(Q) il surplus lordo dei consumatori, la funzione del benessere si ottiene
sottraendo a questo N C(q(N)) il costo di produzione W(N) = U(Q) - N C(q(N))
Aggiungendo e sottraendo i ricavi p Q possiamo invece esprimere il benessere in funzione
del surplus netto del consumatore S, più la somma dei profitti delle singole imprese (Σ Π):
W(N) = U(Q) - p Q + p Q - N C(q(N)) = S(Q) + Σ Π
Il benessere è quindi massimo quando è sodisfatta la condizione di primo ordine (W’ = q’(pC’) + (pq -C) = 0) ovvero quando p = C’ = C/q, come in fig. 3A. In questo caso si annullano
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Prima Versione.
infatti contemporaneamente il primo e il secondo membro dell’ equazione.1
Nell’equilibrio di Cournot, quando le imprese possono entrare ed uscire liberamente, in
assenza di sunk cost, ad un’impresa addizionale conviene entrare finché il livello del profitto
rimane positivo Π > 0. Quindi in equilibrio avremo Π = 0, ovvero:
Π (Ne) = p(Q)q - C = p(Ne q(Ne)) q(Ne) - C(q(Ne)) = 0
dove: Ne indica il numero di imprese che assicura l’equilibrio di Cournot, come in fig. 3B.
L’equilibrio di Cournot si raggiunge quando i costi medi sono eguali al prezzo, AC = p.
Inoltre, poiché si tratta di imprese private che massimizzano il proprio profitto, esse
eguaglieranno i ricavi marginali ad i costi marginali, MR = C’. Quindi con l’equilibrio di Cournot
raggiunto dal mercato privato avremo p ≠ C’ ed in particolare essendo p > C’ non raggiungeremo
una condizione di first best ma di second best.
Quindi il valore del benessere marginale, in funzione di N, calcolato in corrispondenza al
livello Ne dell’equilibrio di mercato risulta essere negativo W’(Ne) = Neq’ (p-C’) +pq -C < 0
Perciò se N diminuisce di ∆N, il benessere aumenta circa di: ∆W = W’(Ne) ∆N
figura 3A
Cmg
p
p
q
O
Cmg
AC
p
s
D
C’
q
figura 3C
p
AC
D=Rmg
C’
O
Cmg
p
AC
p
figura 3B
Rmg
D
Cmg-s
Rmg
q
q
O
q
q
Dalla precedente relazione segue che quando il numero delle imprese diminuisce ∆N < 0 il
benessere sociale aumenta ∆W > 0, essendo W’(Ne ) < 0. In conclusione, Ne é maggiore del
valore di N* che massimizza il benessere.
Ci sono due casi in cui il discorso precedente può non valere :
1. Se diamo un peso maggiore al surplus può esserci troppo poca entrata. A priori però non
sembra esserci ragione di dare sempre un peso maggiore al surplus.
2. Con prodotti differenziati, se il surplus dei consumatori cresce all’aumentare della varietà dei
prodotti, l’ingresso di una nuova impresa, aumentando la varietà del prodotto, aumenta
maggiormente il surplus dei consumatori e ciò può annullare i risultati precedenti.
Questi sono casi particolari. Le conclusioni sarebbero invece rafforzate se le imprese
producessero anche esternalità negative.
Guardiamo ora come si può andare verso l’ottimo collettivo, massimizzando il benessere. Per
1
La massimizzazione del benessere implica dW/dN = 0, ovvero: q’ (p - C’) + (p q - C) = 0
Infatti W’ = p (q + N q’) - C - N C’ q’ = p q + p N q’ - C - N C’ q’ = q’ (p - C’) + (p q - C) dove: p =
dU(Q)/dQ indica l’utilità marginale, p = p q - C il profitto di un’impresa, q’ < 0 la presenza di businness stealing
effect.
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Prima Versione.
ridurre il numero delle imprese basta imporre un’imposta fissa all’entrata.
Resta tuttavia il problema della distorsione dei prezzi, che rimarrebbero ancora maggiori dei
costi marginali, anche se il numero di imprese fosse quello ottimo N*. Naturalmente non
sempre è desiderabile riportare il prezzo al livello del costo marginale, p = C’. Occorre che non
vi siano distorsioni negli altri mercati e che il prelievo fiscale non risulti distorsivo. Se non tutti
i mercati sono perfettamente competitivi, o non è possibile utilizzare imposte in somma fissa,
allora non è detto che il marginal cost pricing p = C’ aumenti effettivamente il benessere.
Supponiamo tuttavia che ciò sia effettivamente desiderabile (questo è vero se siamo in una
situazione di first best). In questo caso è necessario un sussidio alla produzione che sposti verso
il basso il costo marginale, espandendo la produzione, come in fig. 3C.2
In conclusione abbiamo che ogni impresa deve essere assoggettata ad un’imposta fissa T e poi
sussidiata sul prezzo per la stessa somma. Perciò in first best avremo uno schema impostesussidi che si compensa e non rappresenta nessun costo per il bilancio pubblico.
B. Oligopolio con impresa pubblica.
Vediamo ora se e quando la situazione risulti migliorare con la presenza di un’impresa
pubblica in settori in cui prevalgono condizioni di oligopolio, tenendo anche conto del fatto che
il numero di imprese non è ottimo o di equilibrio nel senso precedente, visto che spesso
esistono sunk cost e barriere all’entrata. Nel seguito trascureremo il problema dell’entrata ed
esamineremo il problema del benessere sociale dal punto di vista del conseguimento di obiettivi
di efficienza allocativa attraverso la presenza di un’impresa pubblica. In teoria, anche se questa
soluzione appare nella pratica più difficile, si potrebbe regolamentare un’impresa privata
affinché si comporti come un’impresa pubblica (massimizzando il benessere sociale).
Per esaminare il problema dell’oligopolio misto ci baseremo sull’equilibrio di Nash in due
modelli di gioco (dovuti a Cournot e Stackelberg) opportunamente modificati a questo fine.
Nel duopolio di Cournot le due imprese, una privata ed una pubblica, scelgono
contemporaneamente quanto produrre. L’impresa P non sa quanto produce l’altra A, però
nell’equilibrio di Cournout assume che non modifichi il proprio livello di produzione.
L’equilibrio si raggiunge quando il livello g*di produzione di P è ottimo data la quantità q*
prodotta da A. In pratica la coppia (g*, q*) non è altro che l’equilibrio di Nash.
Nel modello di Stackelberg, invece, l’impresa pubblica (leader) ha il vantaggio della prima
mossa e decide per prima la quantità da produrre g (o ha capacità di “commitment”, può
vincolarsi a produrre la quantità g che dichiara in anticipo); in seguito l’impresa privata, tenendo
conto di g, decide q, la produzione per lei ottimale. La differenza rispetto al caso precedente è
2
Applicando un’imposta fissa T ed un sussidio s per ogni unità prodotta, la formula del profitto dell’impresa
diventa: p = (p(Q) + s) q - C(q) – T. Tenendo conto che dQ/dqi = 1, poiché con Cournot si tiene conto della
variazione dell’output prodotto dall’impresa, supponendo costanti le quantità prodotte dagli altri, la
massimizzazione del profitto risulta: maxq p => p’ q + p + s - C’ = 0
Per ottenere p = C’, si deve quindi porre s = - p’ q > 0 (infatti con funzione di domanda normale p’ < 0).
Al fine di determinare il valore di T torniamo a N* il livello ottimo di imprese. Come al solito in equilibrio si ha:
p(N*) = p(N* q(N*)) q(N*) + s q(N*) - C(q(N*)) - T = 0
Essendo già verificato p = C’ attraverso il sussidio, dobbiamo porre p = C/q. Ciò implica un livello dell’imposta
fissa positivo ed esattamente pari al sussidio. T = s q(N*) > 0
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Prima Versione.
che, poiché la quantità q che l’impresa privata produce dipende dalla produzione pubblica g,
l’operatore pubblico sceglie g sapendo che q = sq(g) dipenderà dalla propria produzione.
Consideriamo ora in dettaglio i due modelli in termini analitici.
Modello di Cournot
Sia U(Q) la funzione del surplus lordo, cioè l’area al di sotto della curva di domanda, che
individua la disponibilità a pagare da parte dei consumatori privati. Si consideri la funzione
inversa di domanda p(Q) = U’(Q), dove Q = g + q indica l’offerta dell’industria cioè la somma
tra la quantità che produce il settore privato, q, e la quantità che produce quello pubblico g. Prima
di considerare i processi di massimizzazione delle due imprese, é utile esaminare le ipotesi di
Cournot. Se l’impresa privata modifica la propria quantità, l’impresa pubblica non reagisce e
viceversa, ciò implica Qq = Qg = 1.
Circa il comportamento dei due operatori ipotizzeremo quanto segue.
(i) L’impresa privata tende a massimizzare il profitto: Maxq pq(g, q) = p(Q)q - C(q)
Mentre la funzione di domanda p(Q) ed i ricavi p(Q)q dipendono anche dalla quantità
complessiva; i costi dipendono solo dalla quantità prodotta dall’impresa privata, cioè q.
(ii) L’impresa pubblica invece sceglie g tenendo conto della funzione del benessere sociale
maxg W(g, q) = U(Q) - C(g) = S + ? g +? q
l’utilità che deriva dal produrre Q unità meno il costo per produrre queste Q unità, ovvero
aggiungendo e togliendo pQ la somma del surplus e dei profitti delle due imprese.
La massimizzazione del profitto dell’impresa privata implica che la derivata prima rispetto a q
di ? q sia uguale a 0, ovvero: p’q + p - Cq = 0 con Cq = ∆C/∆q. Chiaramente p = Cq - p’q > Cq
(essendo la derivata della funzione di domanda negativa per ipotesi p’ < 0). Il significato di
questa disuguaglianza è che il prezzo di monopolio p è maggiore di quello di concorrenza.
figura 4A
figura 4B
q
s g(g)
q
q° = s q (g°)
0
g°
C
q*
sq (g)
s (g)
q
g
0
g*
g
Dalle condizioni di primo ordine emerge chiaramente come p sia funzione di Q e quindi di g.
Si può quindi ricavare la funzione di reazione: q = sq(g) che mostra quanto l’impresa privata
produce in corrispondenza di un dato livello di g; una curva inclinata negativamente. (Vedi figura
4A). Il mark up, o indice di Lerner, è la differenza percentuale tra il prezzo imposto ed il costo
marginale: mq = (p - Cq )/p = -p’q/p = (q/Q)[(-1/p’)/(Q/p)] = (q/Q)/|ε|. Dove |ε| =
(-∆Q/∆p)/(Q/p) indica l’elasticità e il rapporto (q/Q) la quota di mercato dell’impresa privata.
Per quanto riguarda l’impresa pubblica, la funzione di massimizzazione del benessere sociale,
Maxg W(g, q) = U(Q) - C(g) - C(q), implica: p - Cg = 0
con Cg = ∆C/∆g
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Prima Versione.
Ciò vuol dire che l’impresa pubblica si comporta come se fosse in concorrenza in quanto il
prezzo è uguale al costo marginale. Essendo p = Cg, il mark up in questo caso è mg = 0. Anche in
questo caso, dato che p è funzione di Q e quindi funzione di q, si può ottenere la funzione di
reazione g = s g(q).
L’equilibrio di Nash si ottiene quando ognuna delle due imprese risponde ottimamente alla
quantità scelta dall’altra, cioè quando le due funzioni di reazione si intersecano. (Vedi figura 6B)
In termini analitici si ha un equilibrio di Nash in quando la coppia (g*, q*) risolve
contemporaneamente le seguenti equazioni.
q* = Argmax pq(g*, q)
g* = Argmax W(g, q*)
La prima equazione mostra come se l’impresa pubblica produce g* quella privata massimizza
il proprio profitto producendo q*, mentre dalla seconda emerge che quando il privato produce
q*, il pubblico per massimizzare il benessere produce g*.
Modello di Stackelberg
Nel modello di Stackelberg l’impresa pubblica (il leader), decide per prima o comunque
rende nota in anticipo la quantità g che intende produrre. In pratica è sufficiente che abbia
un’abilità di “commitment”, cioè dichiari di produrre una certa quantità e, qualunque cosa faccia
l’impresa privata, tenga fede a tale dichiarazione.
Anche in questo modello si ipotizzino due funzioni di reazione negative: s q, s g, < 0. Infatti vi è
sostituibilità strategica tra le due imprese, quando un’impresa aumenta la produzione, l’altra la
riduce perdendo parte dei clienti (una situazione che prende anche il nome di business-stealing
effect).
L’impresa privata si comporta come in precedenza e quindi mantiene la stessa funzione di
reazione, in più ora conosce esattamente quale sarà la quantità g prodotta e su tale base sceglie q
= sq(g). L’impresa pubblica, essendo leader, deciderà di produrre una quantità diversa da g*
(prodotta in corrispondenza dell’equilibrio di Nash). Infatti la funzione di reazione s g(q) perde la
sua importanza in quanto l’impresa pubblica, scegliendo per prima, incorpora all’interno della
propria funzione da massimizzare anche la strategia dell’altra. La quantità q per l’impresa
pubblica non è più una costante perché quando essa produrrà g, l’impresa privata produrrà q =
sq(g) Ciò non avveniva nel caso precedente perché le due imprese decidevano simultaneamente.
Si ha quindi:
max W = U(g + s q(g)) - C(g) - C(sq(g))
In sostanza, per risolvere il problema, l’impresa pubblica procede adottando il metodo della
backward induction. Si pone nei panni del privato che conosce già g e considera la quantità che
l’impresa privata produrrà in corrispondenza di ogni livello g (che viene annunciato). Su tale
base, tenendo conto anticipatamente delle reazioni del settore privato, essa sceglie il livello gs
ottimale per il benessere collettivo.
Conseguentemente, per il leader, la quantità offerta sul mercato è ora: Q = g + sq(g) in
quanto q è ora funzione di g in base alla funzione di reazione sq(g) che l’impresa pubblica
11
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Prima Versione.
incorpora nel suo problema di massimizzazione.3
L’equilibrio di Stackelberg si raggiunge perciò in S con gs < g*, perché riducendo il
proprio livello di produzione (con costi marginali elevati g*>q*) si espandende il livello
di produzione dell’impresa privata (con costi marginali ridotti q*<g*) si riducono i
costi di produzione del sistema produttivo nel suo complesso.
Concludendo il benessere collettivo aumenta se l’impresa pubblica produce meno di
quanto farebbe comportandosi da perfetto competitore.
Nel gioco simultaneo, se l’impresa pubblica sostiene dei costi fissi, per stabilire p = C’ può
incorrere in perdite al fine di abbassare i prezzi quando si comporta da perfetto competitore. Si
pone il problema si possa, anche nel gioco simultaneo, raggiungere il livello di equilibrio
ottimo, ovvero il punto S, che comporta maggior benessere collettivo e minori perdite.
figura 5A
figura 5B
q
q
s g(g)
s g(g)
s^(g)
g
qs
q*
S
qs
q*
C
sq (g)
0
gs
g*
g
0
S
C
s q (g)
gs
g*
g
La risposta è in questo caso positiva, anche in tale gioco possiamo raggiungere la coppia (gs ,
qs ) che migliora benessere sociale. Per fare questo l’impresa pubblica deve dare più valore ai
propri profitti rispetto al surplus del consumatore. Si ha infatti: max S + pq + (1 + λ) pg
Tale comportamento sarebbe quindi giustificato anche nel caso in cui per finanziare il
disavanzo non fosse necessario utilizzare imposte distorsive tali da comportare per la collettività
un eccesso di pressione pari a 1 + λ > 1.
C. Antitrust e misure a tutela della concorrenza. Una breve rassegna.
La competizione per il mercato, cioè concorrenza potenziale ed effettiva, sono situazioni che
spesso risulta conveviente tutelare e difendere per aumentare il benessere collettivo.
Nel seguito passeremo brevemente in rassegna alcune situazioni in cui la concorrenza è
ostacolata e le possibili misure da attuare per eliminare il problema.
Barriere all’entrata. Esse possono essere costituite in vario modo; attraverso politiche di
prezzo, artificiosamente tenuto basso in una prima fase e poi aumentato una volta scoraggiati i
potenziali entranti; attraverso politiche che siano minacce credibili dissuasive di
Analiticamente la massimizzazione del benessere implica ∆W/∆g = 0 ovvero: u’(Q)(1 + sq(g)) - ∆C/∆g (∆C/∆q) sq(g) = 0
o più sinteticamente: p - Cg = - (p - Cq) s’q > 0 essendo s’q < 0 e p - Cq > 0
Essendo p > Cq vi è quindi un mark up positivo e l’impresa pubblica non produce come se fosse un perfetto
competitore, ma produce meno: mg = mq s’q e quindi mg = (q/Q)s’q /|ε|
3
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Prima Versione.
differenziazione del prodotto; di investimenti in beni capitali ; attraverso l’uso massiccio di
pubblicità, ecc.
Le barriere all’entrata sono usualmente osservate sotto il profilo positivo (il più tradizionale)
si riferisce alla manovra anticompetitiva in quanto tale, o sotto il profilo normativo che
considera il costo di produzione sostenuto dall’entrante e la distorsione nell’allocazione delle
risorse. Seguendo questa interpretazione, i comportamenti di imprese esistenti che limitano
l’entrata vanno eliminati in quanto impediscono il conseguimento di una configurazione
industriale efficiente. Tuttavia, nei limiti di validità del teorema di entrata in eccesso, la politica
pubblica tendente ad aumentare i costi di entrata non costituisce una barriera in senso
normativo, ma una politica efficiente.
Collusione anticompetitiva. Più imprese collaborano per dominare il mercato, spesso
formando una struttura di cartello. L’Autorità Antitrust deve dichiarare illegali questo tipo di
“collaborazione”.
Fusione. E’ importante distinguere tra: (a) la fusione orizzontale che avviene tra imprese
operanti nello stesso mercato e (b) la fusione verticale che avviene tra imprese operanti a
diversi livelli del processo produttivo. Quest’ultimo tipo di fusione non sempre rappresenta una
minaccia per il mercato.
La regolamentazione della fusione deve essere diversa da quella previ sta per il cartello per i
seguenti motivi. In alcuni casi essa può favorire della concorenza, come nel caso di piccoli
produttori che contrastano il potere delle grandi imprese. Inoltre, la maggiore dimensione
ottenuta (tramite la fusione) non è una condizione sufficiente ad imporre un potere
monopolistico. Devono sussistere anche altri fattori come barriere all’entrata e mancanza di beni
sostituti. Infine una minore concorrenza può essere compensata da guadagni in termini di
efficienza.
Si impone di conseguenza un vigile controllo delle fusioni che: (a) verifichi le quote di
mercato detenute dai proponenti la fusione e l’effettiva diminuzione della concorrenza, (b)
analizzi i fattori che determinano le capacità di controllo dell’impresa risultante dalla fusione,
(c) valuti gli eventuali guadagni in termini di efficienza derivanti dall’eventuale fusione.
Pratiche predatorie. Consistono nel danneggiare gli avversari per eliminare o ridurre la
competizione. Un esempio usuale è quello di fissazione dei prezzi al di sotto dei costi marginali.
Il problema del network. Esempi di network sono la rete di distribuzione del gas, il settore
delle telecomunicazionie dell’elettricità, dove è presente un network locale in situazione di
monopolio ed un network allargato sulle grandi distanze, nel quale è auspicabile un mercato
concorrenziale. Tuttavia, anche le imprese presenti in questo settore, necessitano del network
locale e l’impresa che esercita un monopolio locale, può imporre un prezzi elevati per
scoraggiare la concorrenza delle altre imprese sul network allargato.
E’ possibile operare in due modi diversi.
1. Attraverso una separazione verticale che impedisca all’impresa operante nel network locale
di operare nell’altro network.
2. Attraverso la definizione di un prezzo di accesso regolamentato più basso per l’utilizzo del
network locale da parte di imprese operanti nell’altro network.
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Scienza delle Finanze Progredita
Prima Versione.
II. PREZZI E TARIFFE
1. Tariffe ottimali in first best.
Nel seguito consideriamo il mercato di un dato bene dove vige una situazione di monopolio
pubblico, assumendo che il resto dei mercati sia in una situazione di equilibrio perfettamente
competitivo (Pareto-efficiente).
Per semplicità faremo riferimento ad un sistema economico dove gli individui-utenti sono
suddivisi in due gruppi, A e B; ipotizzando all’interno di ogni gruppo perfetta omogeneità tra gli
individui per reddito e preferenze. In pratica dato il parametro reddito (od altre eventuali
caratteristiche), possiamo distinguere tra individui a domanda alta e bassa, a seconda della
maggiore o minore disponibilità a pagare. Si indichi con N la popolazione complessiva e con
Na ed Nb, il numero di individui A e B.
Consideriamo ora il lato della domanda. Per semplicità espositiva faremo spesso riferimento
ad un’impresa monoprodotto ipotizando una tecnologia tipo Leontief con produttività del
capitale K pari ad 1 e produttività del lavoro L pari ad 1/β
q = min {L/β, K}
In corrispondenza avremo degli isoquanti ad L (fig. 3A). Nel breve periodo K = K° indica la
capacità produttiva complessiva (q° = K° = max q). L’andamento della funzione di produzione,
rappresentato in figura 3B, mostra come il livello di produzione cresca all’aumentare del lavoro
impiegato, fino a raggiungere la capacità massima in corrispondenza di L° =β K°. Una volta
raggiunto q° l’output è costante.
Figura 3A
q=K
K
K°
K=L/β
Figura 3B
q°=K°
q°
q°
q = L/β
q"
q'
L
0
L° = K°β
L
Con salario unitario, w = 1, la funzione di costo sarà quindi pari alla somma dei costi fissi C°
di capitale e dei costi variabili di lavoro L = β q
C = C° + β q
Essendo il costo medio maggiore del costo marginale AC = β + C°/q > β = c avremo
rendimenti crescenti. Se l’impresa è multiprodotto avremo una funzione di costo sub-additiva del
tipo C = C(q).
Consideriamo ora il lato della domanda. Siano Ri la spesa dell’individuo i per l’acquisto dei
beni o servizi prodotti da un’impresa pubblica (tariffa del servizio pubblico per i), R = Na Ra +
Nb Rb il ricavo totale dell’impresa pubblica e π = Na Ra + Nb Rb - C° - L il profitto (ipotizzando
un saggio di salario unitario).
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Prima Versione.
Il monopolista (indipendentemente dal fatto di essere pubblico) può optare per diverse
politiche di prezzo, nel caso più semplice in assenza di discriminazione avremo una tariffa
lineare (quella per cui negli altri mercati risulta prezzo = costo marginale; pc = Cmg). In
particolare a seconda che venga prodotto uno o più beni, avremo:
(1) Tariffa lineare con impresa monoprodotto (indicando con qi la quantità consumata da i = a,
b) Ri = p qi con impresa multiprodotto (indicando con pj il prezzo del bene j, ad es. j=1,2) Ri
= Σ j pj qij = p q
(2) Quando abbiamo discriminazione di 2° grado il monopolista è in grado di fare un prezzo
medio differente a seconda della quantità acquistata da ogni singolo individuo. Vi sarà quindi un
prezzo marginale (relativo all’ultima unità acquistata) differente da quello medio. Nel caso più
semplice (tariffa a 2 parti) avremo un canone fisso R° per poter procedere all’acquisto del
bene, in generale con prezzi non lineari avremo un ricavo pro-capite Ri funzione continua della
quantità acquistata.
(2’) Tariffa a 2 parti, con impresa monoprodotto (il caso più semplice) Ri = R° + p qi
(2”) Tariffa non lineare (con impresa monoprodotto) Ri = t(qi )
(3) Il monopolista può infine essere in grado di discriminare fra i diversi tipi, anche se non é in
grado di differenziare il prezzo a seconda della quantità venduta. Avremo allora discriminazione
di 3° grado
Tariffa lineare discriminata (nel caso più semplice di impresa monoprodotto) Ri =pi qi
Consideriamo infine l’autorità di politica economica. La funzione del benessere utilitarista,
adottata, è W = Na Ua + Nb Ub
L’ autorità di politica economica (Principal) è in condizioni di perfetta informazione quando
conosce:
i) le dotazioni iniziali degli utenti (Agents) e la loro tipologia, così da distinguerli a seconda del
gruppo (reddito e caratteristiche distintive) di appartenenza;
ii) le grandezze relative all’impresa che produce il servizio pubblico, cioè β, C°, q e quindi C.
La perfetta informazione ora delineata identifica la situazione di first best del modello
descritto. Ad essa è tradizionalmente associata la regola del marginal cost pricing. In base al
modello descritto e con la ipotesi di perfetta informazione, ci possiamo chiedere come
un’impresa pubblica in condizioni di monopolio possa massimizzare la funzione di benessere
collettivo utilitarista dietro la spinta dell’autorità governativa.
Con impresa monoprodotto e perfetta informazione la massimizzazione del benessere
implica le seguenti condizioni.
I) prezzo uguale per tutti, che soddisfa la regola del marginal-cost ed utilizzato per coprire i
costi variabili. pc = β
II) copertura dei costi fissi con un canone personalizzato R° i. Σ i R°i = C°
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15
Prima Versione.
III) Uguaglianza tra le utilità marginali del reddito (sempre di valore unitario nel caso di funzioni
lineari di utilità) per gli individui A e B. ui = u, i = A, B dove u indica l’utilità marginale del
reddito.
Questa condizione di equità interpersonale si può realizzare con trasferimenti e imposte in
somma fissa basate sulle dotazioni iniziali di risorse. Il processo di redistribuzione avviene
finanziando i trasferimenti a favore dei meno abbienti con imposte sui più ricchi. Ciò implica
pagamenti positivi di A all’impresa pubblica, ed eventuali sconti per B essendo possibile
riscontrare: R° b < 0. Tuttavia in generale avremo R° a > R° > R° b trasferimenti da A a B.
Si noti come con l’applicazione del canone fisso differenziato R° i si operi una perfetta
discriminazione di 1° grado degli utenti. Naturalmente se i consumatori (in assenza di
coercizione) possono decidere se acquistare o meno il servizio prodotto dall’impresa pubblica,
sarà necessario che il vincolo di partecipazione di B sia soddisfatto. Ovvero, ci troviamo di
fronte al vincolo addizionale che il surplus netto dell’individuo A (legato alla possibilità di
acquistare la quantità desiderata ad un prezzo pc una volta pagato il canone fisso differenziato)
resti positivo.
S(qa) - pc qa - R°a = 0
Tale vincolo riduce le possibilità redistributive legate alla tariffa del monopolio pubblico
anche in una situazione di first best.
Va altresi tenuto presente come non sia necessaria alcuna discriminazione od un canone fisso
personalizzato:
1. se lo stato provvede già ai trasferimenti di reddito ottimi con imposte di tipo lump sum.
2. se assumiamo che le funzioni di utilità sono quasi-lineari e la funzione del benessere sociale è
di tipo utilitarista, che non assegna pesi differenti agli individui con redditi diversi.
2. Tariffe lineari e discriminazione di 3° grado
Un sistema di tariffe lineari implica assenza di discriminazione, ossia non è possibile fissare
prezzi differenti per diverse quantità comprate, oppure fare prezzi differenziati per ogni
categoria di persone (discriminazione di 3° grado). Nel nostro modello non ci porremo obiettivi
redistributivi e ipotizeremo l’impossibilità ad identificare diverse classi di utenti, a fini di
discriminazione, sicché le tariffe lineari perseguiranno solo obiettivi di equilibrio finanziario e
di efficienza economica.
Tuttavia, anche se, come vedremo, l’analisi delle tariffe lineari di un impresa multiprodotto
consente di analizzare contemporaneamente anche il caso della discriminazione di terzo grado è
importante tenere distinti i due casi.
Nel caso di impresa monoprodotto, la soluzione è, come abbiamo visto, banale. Infatti, dal
soddisfacimento del vincolo di bilancio: q(p-β) - C° = 0 (dove β è il costo marginale), avremo
una tariffa pari al costo medio p = (β +C°/q).
Più interessante ed articolato il caso in cui l’impresa produce due beni q1 e q2, sostenendo un
costo complessivo C(q1, q2), essendovi economie di scopo a produrre insieme i due beni.
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Prima Versione.
Lo stesso modello, può essere utilizzato però per presentare la discriminazione di terzo
grado, quando qi è il bene venduto sul mercato i, e C = C(q1 + q2). In pratica l’impresa vende lo
stesso bene su due mercati differenti e su questi può applicare prezzi diversi.
Consideriamo adesso la funzione “base” del benessere sociale
W = U(q1, q2) - C (q1, q2)
e per semplificare ipotizziamo la separabilità della funzione di utilità.
U(q1, q2) = U(q1) + U(q2)
Se aggiungiamo e togliamo la spesa effettuata dal consumatore per ogni bene possiamo
scrivere
W = [U(q1 ) - p1q1 + U(q2 ) - p2q2] + [p1q1 + p2q2 - C(q1, q2)] = S1(q1) + S2(q2) + π
dove Si rappresenta il surplus netto del consumatore relativo a qi e π rappresenta il profitto per
l’impresa.
Bisogna ora determinare la tariffa lineare ottima che massimizza il benessere collettivo sotto
il vincolo di un bilancio non negativo. Alternativamente possiamo considerare dato λ = λ* > 0,
pari al costo aggiuntivo marginale dei fondi pubblici per la collettività. Nel primo caso
massimiziamo il benessere soggetto al vincolo che il profitto sia uguale a zero (π = 0) ed
otteniamo la lagrangiana
H = S1 + S2 + (1 + λ) π ,
dove λ > 0 é endogeno, nell’altro una nuova funzione del benessere
Wλ = S1 + S2 + (1 + λ) π ,
dove λ = λ* é esogeno, cioè imposto dall’autorità pubblica.
Le condizioni di primo ordine relative alla soluzione del problema sono, tuttavia, identiche in
entrambi i casi.
Considerando ora la funzione W* (= H, Wλ) da massimizzare, nell’ultimo caso:
Max W* = U(q1) - p1q1 + U(q2) - p2q2 + (1 + λ)[ p1q1 + p2q2 - C (q1, q2)]
q1, q2
otteniamo le condizioni di primo ordine:
-pi’ qi + ( 1 + λ )[pi - C’ + pi’qi ] = 0 con i = 1, 2
Questo in quanto la derivata delle utilità è uguale al prezzo, dU/dq = p, la derivata del ricavo Ri
= pi qi è pari a Rmgi = pi + pi’ qi e quindi, Si = pi - (pi + p’i qi) = -p’i qi. Ricaviamo così i
prezzi ottimi:
mi =[pi - C’] /pi = - [ 1- (1/(1+λ )] [p’i qi /pi ] = [ λ/(1+λ )]/|ε i|
Lo scostamento del prezzo dal costo marginale è proporzionale all’elasticità inversa. Si noti
come ciò assomiglia alla regola dell’elasticità inversa che caratterizza l’imposta ottima su merci.
Considerando più approfonditamente quest’ultimo indice possiamo osservare quanto segue.
Scienza delle Finanze Progredita
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Prima Versione.
1) Abbiamo, in generale, scostamenti positivi del prezzo dal costo marginale mi > 0, a differenza
dal first best, quando λ > 0. Infatti, da λ > 0 [che implica 0 < λ/(1+λ ) < 1] segue mi > 0 e quindi
pi > C’.
I prezzi sono maggiori dei costi marginali per entrambi i beni (o mercati, se si considera una
discriminazione di terzo grado). Quindi, in assenza di esternalità, all’interno dell’impresa
pubblica, non sono ammissibili prezzi al di sotto del costo marginale per alcuni beni. Si noti
tuttavia come, ad es. a parità di costi marginali, una maggiore quota di copertura dei costi fissi
comuni sia affidata a quei beni con domanda più rigida, essendo maggiore il loro mark-up.
Questo discorso è naturalmente più preciso nel caso di discriminazione di 3° tipo. Infatti in
questo caso il prezzo del bene è più alto nel mercato a domanda più rigida.
2) Inoltre avremo una logica della politica di prezzo simile a quella che applicherebbe un
monopolista privato che massimizzi il profitto. In particolare si massimizzerà solo il profitto π
per λ tendente ad 8. Per tale valore limite [λ/(1+λ)] tenderà all’unità e l’indice di Lerner mi = [pi
- C’]/pi tenderà a 1/|ε i|, esattamente come nel caso di monopolio privato, coincidendo la
funzione obiettivo con il profitto.
Quindi in generale l’impresa pubblica, sovrastima, rispetto ad un ipotetica impresa privata
monopolistica, l’elasticità della domanda dei beni di λ/|ε|[(1+λ)], poiché da un peso positivo al
surplus dei consumatori. Quindi in conclusione ci troviamo in un caso intermedio, tra
monopolio e mercato concorrenziale.
Quando consideriamo dato 1+λ* > 1 il costo marginale dei fondi pubblici possiamo avere un
deficit di bilancio per l’impresa pubblica ove si verifichi λ > λ* che il costo sociale dei fondi
per l’impresa sia al margine maggiore del costo dei fondi pubblici ottenuti con imposte. Nel
caso opposto il surplus del monopolio pubblico andrà invece a ridurre il deficit del bilancio
pubblico.
3) Quando λ è endogeno, essendo π = 0, i prezzi di Ramsey (analogalmente al costo medio per
un’ impresa monoprodotto), costituiscono una condizione sufficiente per la sostenibilità del
monopolio naturale. In assenza di mercati contendibili questi prezzi di second best, possono
essere imposti ad un’impresa regolamentata fissando direttamente i singoli prezzi, con una
regolamentazione di tipo CAP (ceiling average price) scegliendo in modo opportuno i pesi e il
massimale di prezzo. In particolare, secondo la regola giusta, i pesi dovrebbero essere
proporzionali alle quantità domandate in corrispondenza dei prezzi di second best. Ma nella
realtà si incontrano notevoli difficoltà nello stimare precisamente tali valori.
3. Discriminazione di 1° e di 2° grado
Consideriamo un caso generale di discriminazione di 2° grado che rappresenta un problema
principal-agent in cui il prezzo unitario dipende dalla quantita acquistata. Partiamo dal caso di un
monopolio privato (con funzione di costo lineare) che opera nella produzione di un servizio per
il quale è possibile discriminare gli utenti applicando prezzi non lineari, cioè tariffe collegate al
livello quali-quantitativo di consumo secondo una funzione generale. Il principal è il
monopolista, l’agent è l’utente il cui tipo ignoto al principal (può essere A o B). Come si vede
dalla fig. 5A [Ua(qi) > Ub(qi)], il tipo A, ottenendo rispetto ad ogni quantità consumata qi un
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Scienza delle Finanze Progredita
Prima Versione.
maggior livello di utilità, sarebbe quindi in generale disposto a comprarne di più per ogni livello
positivo di prezzo. Confrontando la fig. 5B vediamo come qa(p) > qb(p).
Nel seguito indicheremo con qi la quantità del bene o servizio consumata da i, con Ri la tariffa
qi
U(qi, θi) = ⌠
⌡0
U’(x, θi) dx il livello del surplus lordo ottenuto (ovvero l’area sotto il grafico di U’ da 0 a qi in
fig. 5B al quale corrisponde il livello U(qi, θi) dato dal segmento verticale in fig. 5A. La
funzione del surplus netto del soggetto i è Si(qi, Ri, θi) = U(qi, θi) - Ri è ipotizzata di tipo quasi
pagata da i per il suo consumo, con θi la caratteristica del tipo i ed infine con
lineare (il reddito ha utilità fissa e l’utilità del bene è una funzione crescente al crescere della
quantità disponibile). Nel caso più semplice (in termini moltiplicativi) al quale faremo spesso
riferimento avremo: Si(qi, Ri, θi) = θi U(qi) - Ri con U(0, θ) = 0. In generale si verifica quindi
che, per ogni livello positivo di prezzo, U’a (l’utilità marginale di A è più elevata di U’b l’utilità
marginale di B. L’efficienza implica che qi la quantità domandata dal cliente i sia tale da
eguagliare utilità e costo marginale U’(qi) = β. Tale situazione è rappresentata in figura 5B.
Figura 5A
Figura 5B
U'
U
U'( q, θ a )
U(q, θ a )
Cmg = AC = β
U( q, θ )
b
U'( q, θ b )
q
q
i
q*
b
q*a
q
Il monopolista (che agisce per primo e propone un contratto all’agent) massimizza il profitto
appropriandosi del surplus degli agenti ma deve rispettare il vincolo di indurli a partecipare al
gioco e fornire i corretti incentivi che li inducano a domandare la quantità desiderata,
autoselezionandosi, attraverso la dichiarazione veritiera di θi. In pratica:
A) Il monopolista, serve una popolazione N composta di Na individui A ed Nb individui B, non
potendo distinguere tra i diversi tipi, sceglie la tariffa R(q) che massimizza il profitto p = Na pa
+ Nb pb. Alternativamente egli può servire un unico individuo, senza poterlo identificare, e
scegliendo la tariffa R(q) massimizza il profitto atteso (data la probabilità Na che l’agent sia A e
Nb che sia B; con Na + Nb = 1).
π = max Ei (pi) = Na π a + Nb π b
Dove π i (= Ri - β qi = tariffa - costi di produzione) indica il profitto del monopolista. Tale
problema è di massimo vincolato, ovvero soggetto ai vincoli (di “individual rationality” e
“incentive compatibility”) del comportamento ottimizante dell’agent evidenziati nei successivi
punti B e C.
B) La necessità di indurre gli utenti a partecipare al gioco implica che vincolo di partecipazione
IR (o di individual rationality) sia soddisfatto per entrambe gli operatori. Il significato dei vincoli
Scienza delle Finanze Progredita
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Prima Versione.
IR è che l’utilità di ogni singolo individuo non può essere mai inferiore ad un dato livello
minimo (normalizzato a zero).
[IRa]
[IRb]
Ua = 0
Ub = 0
C) Perché vi sia dichiarazione veritiera il vincolo di incentivo compatibilità IC (incentive
compatibility) deve essere soddisfatto. IC indica come, per ogni tipo i, la differenza tra la
disponibilità a pagare per il proprio livello di consumo qi e la tariffa offerta dal monopolista Ri
= R(qi) non deve essere minore alla disponibilità a pagare per il proprio livello di consumo
dell’altro qj e la tariffa stabilita dal monopolista Rj = R(qj) della spesa. Infatti, diversamente il
tipo i sarebbe incentivato a dichiarare di appartenere all’altro tipo per accedere alla
corrispondente combinazione di spesa.
[ICa]
[ICb]
Ua(qa)-Ra = Ua(qb)-Rb
Ub(qb)-Rb = Ub(qa)-Ra
In particolare si può mostrare che i vincoli [IRb] e [ICa] sono cogenti (si verificano con il
segno di eguaglianza nella relazione), per una razionale massimizzazione del profitto. Infatti se
non fossero cogenti il profitto del monopolista potrebbe aumentare (e non sarebbe massimo).
Si può anche dimostrare che se [IRb] e [ICa] sono cogenti gli altri [IRa] e [ICb] sono
automaticamente soddisfatti. Il fatto che [IRa] non è cogente significa che per ogni qb>0
compreso nel contratto di B il cliente A gode sempre di un surplus strettamente positivo. Il fatto
che [ICb] non è cogente significa che B non ha alcun vantaggio a dire di essere A, vedrebbe
infatti solo ridursi il suo surplus.
Veniamo ora al funzionamento del gioco. Il benessere con l’agente i è Wi = Ri - β qi, ed il
surplus netto è dato da S(qi,θi)) = U(qi, θi) - Ri. Quindi:
Wi(qi, Ri, θi ) = U(qi, θi) - β qi = Si - π i
ovvero
π i = Wi - Si
Si osservi come quindi un aumento di π i determina una pari riduzione del surplus del
consumatore.
Considerando la discriminazione di 1° grado (il monopolista si appropria dell’intero surplus),
nella fig. 6A vediamo che per valori di qi inferiori a qi* il prezzo marginale è maggiore del costo
marginale β; così al crescere della quantità il profitto π i del monopolista cresce fino ad arrivare
a qi = qi* in corrispondenza di p = β. A questo punto il profitto π i è massimo. Per qi > qi* ci
sono delle perdite e π i si riduce (vedi fig. 6A).
Se θi fosse noto il principal sarebbe in grado di riconoscere i due tipi ed offrirebbe
direttamente il contratto A* <Ra=Ua(q*a), qa=q*a> al tipo A e B* <Rb=Ub(q*b), qb=q*b> al tipo B,
in modo da massimizzare il profitto arrivando alle combinazioni efficienti. In tal caso infatti il
surplus netto sarebbe nullo per entrambe i tipi Sa = Sb = 0. Il monopolista esproprierebbe
l’intero surplus del consumatore A e B con una discriminazione di 1° grado (fig. 6°).
Se tuttavia non distingue il tipo, offrendo all’agente la possibilità di scegliere tra B* ed A*,
se incontra un tipo A lo incentiva a mentire. A afferma di essere del tipo B per massimizzare il
proprio surplus netto. Infatti, in tal caso, A goddrebbe di un surplus strettamente positivo, ciò
20
Scienza delle Finanze Progredita
Prima Versione.
implica che solo il livello massimo di tariffa Ra^ < Ra* è ora raggiungibile in corrispondenza di
qa*.
Figura 6A
Figura 6B
U'
U'
U'( q, θ a )
U'( q, θ a )
Surplus del tipo a
Cmg = AC = β
Cmg = AC =β
U'( q, θ b)
q*
b
U'( q, θ b)
q*a
q
q*
b
q*a
q
Le tariffe inferiori indicano le combinazioni od i possibili contratti (Ra, qa) che soddisfano il
vincolo ICa di “incentive compatibility”. In particolare le combinazioni B* = (qb*, Rb*) e A^ =
(qa*, Ra^) sono indifferenti per A (poichè [ICa] è cogente) e sono combinazioni efficienti, se si
ipotizza che l’agente A (a parità di surplus) scelga il contratto A^.
Il monopolista ha un profitto π a^ minore di quello che avr ebbe in assenza di asimmetria
informativa (π a^ < π a*) ma maggiore di quello che realizzerebbe offrendo all’agente la
possibilità di scegliere tra B* ed A* (π a^ > π b*); in quando il consumatore A, non essendo noto
θa, mentirebbe. Infatti se il monopolista offre i contratti (qb*, π b*) e (qa*, π a*), ogni tipo A
dirà di essere B, per avere un surplus positivo. Solo il contratto B* viene sottoscritto; ne deriva
un’allocazione inefficiente che non massimizza il profitto (subottimale per il monopolista
privato). Il principal migliorare la situazione proponendo al posto di A* il contratto A^ = (qa*,
π a^).
La parte tratteggiata nel graf. 3 mostra tutte le combinazioni (qa, π a) che soddisfano [ICa] e
danno al monopolista un maggior profitto (π > π b*); ma solo quelle su Ua=Ua^ (quando [ICa] è
cogente) forniscono il p più elevato per ogni livello di consumo qa. La quantità qa*, offerta dal
monopolista perchè comporta il massimo livello di profitto pa^ incentivo compatibile, è
efficiente.
Il monopolista se vuole massimizzare il p ha però un vantaggio a diventare allocativamente
inefficiente. Infatti, in prossimità di π b* la riduzione di qb provoca una riduzione del profitto su
B (π b) trascurabile, mentre aumenta notevolmente pa spostando il consumatore A su una curva di
indifferenza più alta Ua = Um alla quale corrisponde un livello minore di surplus netto. In
sostanza di fronte ad una perdita trascurabile su B ho un aumento notevole del profitto su A.
Visto che la perdita di π b su B è minore dell’aumento di π a su A al monopolista conviene ridurre
inefficientemente qb e appropriarsi di una parte maggiore del surplus netto del tipo A.
Può essere quindi ottimale ridurre a qbm la quantità offerta a B proponendo le combinazioni
(qmb, π mb) e (qa*, π am) che per A sono indifferenti. In particolare se ci sono pochi tipi B
conviene perdere parecchio su B fino ad arrivare a qbm = 0 per guadagnare molto di più su A.
Scienza delle Finanze Progredita
21
Prima Versione.
Veniamo ora al caso di un’ impresa pubblica che usa le tariffe non lineari al fine di
massimizzare il benessere, definito per semplicità come W = S + (1+λ) π .
In questo caso ipotiziamo che il livello di λ = λ* sia imposto dall’operatore pubblico; esso è
l’eccesso di pressione che si trova con l’imposta ottima, comunicato dallo Stato all’impresa
pubblica che lo assume come dato. Tuttavia i risultati cui si perviene con tale ipotesi sono del
tutto simili a quelli ai quali arriveremmo partendo dal seguente problema di massimo vincolato
Max W = S + π con il vincolo π = π m .
Si osservi come ora il surplus del consumatore abbia un peso unitario (nel caso precedente
dell’impresa privata aveva peso nullo).
I vincoli IR e IC devono essere ancora rispettati infatti anche l’impresa pubblica non è in
grado di sapere con certezza se il tipo è A o B. Per il monopolista privato gli unici vincoli
cogenti erano [IRb] e [ICa], essi sono cogenti anche in questo caso. Il p ha peso (1+λ), maggiore
del peso del surplus.
E’ quindi preferibile sostituire p al S ove possibile a prezzo di un costo inferiore di (1+λ). In
sostanza se si può ridurre S ai consumatori senza un grande eccesso di pressione lo si fa. Anche
in questo caso al consumatore B non si lascerà nessun surplus (quindi [IRb] è cogente), se così
non fosse per ogni qb l’impresa pubblica avrebbe un π b più basso, rinuncerebbe al π per
aumentare il surplus, ma ciò non è possibile perchè il π ha un peso maggiore.
Anche il vincolo [ICa] è cogente: se l’impresa pubblica desidera che A si riveli gli deve
concedere come minimo il surplus che otterrebbe fingendo di essere B (non di più perchè il
peso di π è maggiore di uno). Se scelgie qbm massimizzando il profitto atteso π am è il livello
massimo di π a che può ottenere da A senza che egli scelga di mentirre. L’impresa pubblica
scelgie sempre qa* perchè massimizza π a ed è efficiente.
Quello che può cambiare in tale modello con l’impresa pubblica, rispetto al caso dell’
impresa privata, è solo il livello di qb, che si eleva dato che l’impresa pubblica preferisce che A
si trovi su di una curva d’indifferenza più bassa Uaλ (la curva indicata con la freccia). Questo
avviene perchè mentre il monopolista privato non dà alcun peso all’inefficienza (ossia alla
perdita netta di surplus per B quando qb < qb*) il monopolista pubblico valuta la perdita secca
del surplus di B con un peso positivo unitario (anche se minore di 1+λ).
Quindi in genere il monopolista pubblico provocherà una perdita minore (od al limite eguale
per livelli sufficientemente elevati di λ) di efficienza offrendo a B una quantità di qb compresa
tra qbm e qb*.
Facendo riferimento alla sola domanda di B possiamo evidenziare come l’offerta di qbλ
provoci una perdita minore di efficienza di qbm essendo minore il triangolo della perdita secca.
In corrispondenza a questo nuovo valore il monopolista avrà un p minore ed il tipo A godrà di
un surplus maggiore. C’è un trade-off tra efficienza e profitto.
In conclusione l’ impresa privata attribuendo un peso nullo a Sb, massimizza il profitto atteso
m
p scegliendo qb , senza curarsi dell’inefficienza, mentre l’impresa pubblica a parità di costo
λ
marginale c offre una quantità qb maggiore a B con una minore perdita netta di surplus (al
margine per avere 1 unità in più di p essa leva al massimo (1+λ) di surplus). Di conseguenza co
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Scienza delle Finanze Progredita
Prima Versione.
l’impresa pubblica Sa il surplus netto di A aumenta mentre p il profitto atteso del monopolista si
riduce.
Figura 7A
Figura 7B
U'
U'
U'( q, θ a )
U'( q, θ a )
Cmg = AC = β
Cmg = AC = β
U'( q, θ b)
qm q*b
b
Perdita aggiuntiva di
surplus derivante dalla
tariffa privata
U'( q, θ b)
q*a
q
qm qλ q*
b b b
q*a
q
4. Tariffa ottima a due parti
Entriamo ora nell’ambito della discriminazione di secondo grado, supponendo di avere due
domande: una di tipo alto (A) e una di tipo basso (B). Con la discriminazione di primo grado,
come abbiamo già accennato, possiamo immaginare che il monopolista fissi un prezzo marginale
p = c costante per i due tipi di consumatori (in corrispondenza del quale essi consumeranno qca
e qcb) ed un canone fisso personalizzato Ra e Rb che gli consente di appropriarsi di tutto il
surplus netto del tipo A e del tipo B ponendo R° a = Sa(β) e R° b = Sb(β) (dove in questo caso il
surplus netto del consumatore è espresso in funzione del prezzo marginale p in questo caso pari
al costo marginale). In figura 4.A sono rappresentate le curve di domanda e l’equilibrio con
discriminazione di primo grado dove Sa e Sb sono i canoni fissi personalizzati. Le quantità
offerte sono quelle di concorrenza perfetta e quindi siamo in first best.
Con la tariffa a due parti siamo di fronte ad un problema principal-agent in un caso
semplificato di adverse selection. Il principal è il monopolista, l’agent è l’utente il cui tipo è
ignoto al principal (può essere A o B). In questo caso, la tariffa a due parti R(qi) comprende
invece un canone fisso R° e un prezzo marginale p costanti ed eguali per i due tipi. Ciò avviene
perché l’impresa non conoscendo il tipo dei clienti non è in grado di discriminare perfettamente.
ti(q) = R° + p qi
Il first best consisterebbe nel vendere a ciascun individuo le quantità domandate in
corrispondenza dei prezzi uguali al costo marginale p = β e cioe rispettivamente qca e qcb
appropriandosi di tutto il surplus netto del tipo B [R° = Sb(qcb) = R°+ +B] facendolo pagare ad
entrambe come canone fisso di entrata nel mercato. In assenza di trasferimenti in somma fissa,
con questo tipo di discriminazione di secondo grado non si ottiene il first best se sulla base dei
ricavi derivanti dalla precedente tariffa l’impresa non arriva al pareggio di bilancio.
Figura 4A
Figura 4B
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Scienza delle Finanze Progredita
S a= S +
X
b
Da
Prima Versione.
α = (p-c) q°
a
a
Db
Xa
p
Sb
B
c
q°
b
b
A = (p-c)(q°a - q°a )/2
B = (p-c)(q°b -q°b )/2
Db
R°
β
c
β = (p-c) q°
Da
q°a
q*b
α
q°b
A
q*a
q°a
L’efficienza, come vedremo, implica che, se si servono entrambe i tipi, in generale il prezzo
di entrata nel mercato R° sia tale da azzerare il surplus del consumatore a domanda bassa. In
generale, tuttavia, in presenza di più tipi è possibile che alcuni soggetti a domanda bassa siano
esclusi dal mercato da livelli ottimi, ma elevati di p e R°.
Siano Si(p) e Ui(p) (= Si + p qi) rispettivamente il surplus netto e quello lordo del
consumatore in funzione di p il prezzo marginale costante. Sia inoltre Q = Na qa + Nb qb la
quantità totale prodotta e N = Na + Nb il numero totale di clienti.
Le tariffe spettanti ai due tipi di consumatori sono
Ra = R° + pqa
Rb = R° + pqb
e R = Na Ra + NbRb il ricavo totale.
Il vincolo di partecipazione (cogente perchè l’impresa da un peso maggiore al proprio
profitto, rispetto al surplus) richiede di estrarre l’intera rendita del consumatore B
Ub (p) - Rb = 0
Quindi il surplus netto del consumatore a domanda bassa è pari al canone fisso.
R° = Ub(p) - pq = Sb(p)
L’impresa quindi sottopone ogni utente ad un canone fisso R° = Sb(p) e poi pratica una parte
variabile pari al prezzo marginale per la quantita consumata. Dato R° il canone fisso il surplus
netto del consumatore A è povitivo ed il suo vincolo di partecipazione automaticamente
soddisfatto.
I vincoli di incentivo partecipazione sono automaticamente soddisfatti, poiché al tipo B non
conviene consumare una quantità maggiore, mentre al tipo A viene lasciato un surplus maggiore
di quello ottenibile segliendo la quantità domandata da B.
Il prezzo però non viene fissato uguale al costo marginale ma ad un livello p più alto del costo
marginale, per massimizzare i profitti od il benessere collettivo con λ endogeno od esogeno λ*.
Infatti se si alza di poco il prezzo marginale del servizio aumenta il profitto.
Infatti, dal grafico emerge come l’aumento del prezzo provochi da un lato una perdita di
profitto trascurabile pari al triangolo B (una perdita secca di surplus, così come il triangolo A
ignorato da chi massimizza il profitto), e dall’altro un ulteriore guadagno in termini di profitto
Scienza delle Finanze Progredita
24
Prima Versione.
(l’aria del rettangolo
= (p-β)qa). Poichè i guadagni addizionali su A (il rettangolo ) sono
maggiori della perdita secca su B (il triangolo B), inizialmente trascurabile, il monopolista ha
convenienza ad aumentare il prezzo rispetto a β. Lo stesso discorso vale nel monopolio
pubblico, sempre che si da più peso al profitto che al surplus (λ > 0), determinando la fissazione
del prezzo ad un livello minore di quello del privato, anche se maggiore del costo marginale.
Massimizzando il benessere (ovvero W* = Wλ, H a seconda che il costo dei fondi pubblici
sia esogeno od endogeno)
W* = NaSa + Nb Sb +(1+λ)π = NaUa(p) + Nb Ub(p) - R +(1+λ)[R -C(Q)]
= U(p) + λ[NSb(p)+ pQ(p)] -1(+λ)C (Q)
(essendo dU/dp = pQ’ < 0, dUb/dp = pq’b, d(pqb)/dp = pq’b+qb, e quindi dSb(p)/dp = -qb(p) <0
diminuendo il surplus al crescere di p) dalla condiziona di primo ordine rispetto a p:
pQ’ + λ(-Nqb + Q +pQ’) - (1 + λ)C’Q’ = 0 ovvero (1 + λ)(p-C’)Q’ = λ(Nqb - Q)/p
è posibile scrivere l’indice del mark-up, o di Lerner come:
m = [p*- C’]/p* = [λ/(1+λ)] Ω/|ε| > 0
Dove |ε| = -pQ’/Q indica l’elasticità della domanda e 0 < Ω = 1 - [qb/(Q/N)] < 1 misura di quanto
il consumatore B consuma percentualmente meno della media.
Giunti al precedente risultato si possono svolgere alcune considerazioni sostanzialmente
analoghe a quelle del precedente paragrafo.
1) Quando Sb(β) = C°/N avremo R° = C°/N e conseguentemente λ = 0 ovvero [λ/(1+λ)] = 0 e p
= C’, quindi una soluzione di first best. In pratica, come abbiamo arguito in precedenza in termini
grafici, se il bilancio è in pareggio od in surplus per p = β è possibile soddisfare le condizioni di
first best. Alternativamente se ho a disposizione imposte di tipo lump sum avremo λ* = 0 e
p=C’, anche quando Sb(β) < C°/N ed R° < C°/N con un ripiano del debito finanziato con imposte
non distorsive.
2) Se Nb è piccolo e/o la domanda del tipo basso è poco rilevante; può succedere che risulti
socialmente ottimo fissare il prezzo così in alto da escludere il tipo B (che in equilibrio non
viene servito). Ad esempio, diminuendo la quota di consumo di B (fino al punto limite qb = 0) si
avrà un aumento di p* dato che m = [λ/(1+λ)] |ε| che può portare ad escludere i B. In pratica, il
prezzo marginale p, della tariffa a due parti, degenera verso prezzo lineare ottimo per i
consumatori a domanda alta. Quindi possiamo affermare che il prezzo marginale ottimo si
colloca fra il costo marginale ed il prezzo lineare ottimo.
3) In un equilibrio dove il tipo B non viene servito, essendo R = NSb(p) + pQ(p) < C(Q) per tutti
i valori di p ammissibili, poiché ora i consumatori sono di un unico tipo, diviene ottimale
annullare il surplus del tipo alto. Infatti in questo caso, poiché tutti gli utenti B sono esclusi dal
mercato, il modo migliore per massimizzare il profitto è attuare la discriminazione di primo
grado, ponendo il prezzo marginale della tariffa a due parti, p* = β, pari al costo marginale ed R°
= Sa(p) in modo da espropriare l’intero surplus del tipo A senza creargli alcun tipo di
distorsione.
Scienza delle Finanze Progredita
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Prima Versione.
4) Infine abbiamo una logica della politica di prezzo analoga a quella del monopolista privato che
massimizza il profitto. In particolare, per λ tendente ad 8 nel caso di monopolio privato,
[λ/(1+λ)] tende all’unità e l’indice di Lerner mi = [pi - C’]/pi tende a Ω/|ε|. L’impresa pubblica
sovrastima, rispetto a quella privata, l’elasticità della domanda dei beni di λ/[(1+λ)]<1, dando
peso al surplus dei consumatori. In conclusione ci troviamo in un caso intermedio, simile al
mercato concorrenziale dove la condizione di equlibrio è π = 0.
5. Tariffe ottime di tipo peak-load
Possiamo partire da un problema specifico legato alla discontinuità temporale della domanda
di certi servizi. In particolare ipotiziamo, per semplività che la domanda si differenzi a seconda
dei periodi in “di punta” o “morbida” (un esempio caratterestico è dato dalla domanda di
elettricità). Vediamo come si si dovrebbe stabilire la tariffa ottima in questo caso. Ammettiamo
di avere solo due periodi uno con domanda alta Da ed uno con domanda bassa Db.
Si definisca la produzione del periodo t
qt=min {Lt/β, K°}
dove con K° indichiamo la capacità produttiva complessiva (il maxt qt), con Lt l’input di
lavoro nel periodo t, con 1/β la produttività del lavoro (costante nel tempo) ed infine con w = 1
ipotiziamo un salario unitario.
L’andamento della funzione di produzione in un dato periodo qt è rappresentato nella fig. 3B.
Dove il livello di produzione cresce all’aumentare del lavoro impiegato, fino a raggiungere L^/β
= K° = capacità massima e poi non cresce più. Nel seguito esamineremo due possibili casi.
1° Caso. Supponiamo di avere una Db molto bassa. Nel caso più semplice la discontinuità della
domanda può implicare il seguente adattamento dell’offerta:
qb =L/β
con qb < K° con domanda bassa
qa= q° = K° = L°/β
con domanda alta
La funzione di costo è
C=β Σ t qt+ γ maxt qt
Dove con Σ t qt somma di tutte le produzioni di periodo, β è il costo marginale, γ è il costo
dell’ unità di capitale, per l’ intero periodo
Il massimo costo di produzione si avrà producendo K° in ogni periodo .
Riferiamoci al grafico successivo A. In base alla Da, se il prezzo è tale da coprire tutti i costi
β+γ (costo marginale più costo di capacità produttiva addizionale) ne deriva un capacità massima
qa pari a q°.
Tuttavia per un livello produttivo q° in corrispondenza con la Db è disposta a pagare un prezzo
minore del costo marginale β. Per coprire quest’ultimo allora pratichiamo per t = B il prezzo β e
la quantità qb = Db(β). In corrispondenza con la domanda alta pratichiamo invece β il prezzo
marginale più γ tutto il costo della capacità massima, visto che quest’ultima è determinata
unicamente dalla domanda alta q° = qb = Da(β+γ).
La domanda bassa non ha parte alcuna nella fissazione della capacità massima K° e deve
pagare quindi solo il costo marginale, β. In termini analitici se massimizziamo il benessere W =
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Scienza delle Finanze Progredita
Prima Versione.
U(q1.......qt) - C, dove dU/dqt = pt(qt) è la funzione inversa di domanda, allora condizione di 1°
ordine sarà:
dW/dqt=0 ossia
- Nei periodi di domanda bassa avremo pt -β = 0 => pt =β. Infatti, per qt<maxt qt, ai consumatori
è richiesto di pagare i soli costi variabili di produzione con tariffa pari al costo marginale.
- Nei periodi di domanda alta avremo invece pt - β-γ = 0 => pt = β+γ. Infatti, per qt=maxt qt, i
consumatori devono pagare complessivamente sia i costi variabili che i costi fissi di capacità.
Occorre tener presente che la capacità è un bene pubblico, di cui si beneficia però solo
quando la domanda è pari alla capacità massima; quando la domanda è inferiore a detto livello il
fatto che si dispone di una capacità più elevata non dà alcun beneficio.
p
p
Da
Da
Da+b
2θ + η
θ+η
Db
θ
qb
θ
q a= q°
Db
q
q a= q b= q°
q
2° Caso. Supponiamo di avere una Db più elevata, più simile alla Da.
Per trovare il livello di capacità massima consideriamo che ci sono 2 domande in 2 periodi
ognuna deve sostenere almeno il costo marginale.
Allora per la domanda aggregata, in corrispondenza della capacità massima dovremo sostenere
2volte il costo marginale β ed inoltre il costo di massima capacità γ; ovvero in totale 2β +γ.
Di conseguenza la capacità massima sarà qa = qb =K°, si veda grafico B.
In questo caso entrambe le domande partecipano alla determinazione della capacità massima e
quindi sfruttano la capacità massima. In concreto, come per i beni pubblici, si devono sommare
verticalmente le 2 domande Da e Db. Quanto è stato appena detto può essere generalizzato ad n
domande.
Condizione di copertura di tutti i costi è che valga pa+pb = 2β + γ.
Poichè tutti consumano qa = qb = q° allora il costo complessivo per la produzione totale è
(2β + γ)q°. Infine emerge che anche in questo caso, come nel precedente, c’è una
discriminazione di prezzo anche se Db sussidia Da.
Infatti pa e pb sono maggiori di β (si veda fig. B). Vale poi pa+pb = 2β + γ, da cui pa-β = γ (pb-β). Poichè (pb-β) > 0 allora γ - (pb- β) < γ. In pratica, il costo della capacità massima non è
sostenuto interamente dalla domanda alta, a differenza del caso precedente.