Il punitive damage da lite temeraria a presidio contemporaneo di

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Il punitive damage da lite temeraria a presidio contemporaneo di
Il punitive damage da lite temeraria a presidio contemporaneo
di interessi pubblici e privati
(Brevi appunti a proposito dell’ordinanza Tribunale di Varese 23 gennaio 2010)
Mario Tocci
Avvocato in Cosenza e dottorando di ricerca in “Impresa, Stato e Mercato” nell’Università
Statale degli Studi della Calabria
Sommario: 1. La fattispecie considerata - 2. Il nuovo paradigma identificativo della
lite temeraria - 3. La connotazione punitiva del risarcimento del danno da lite temeraria 4. La configurabilità del danno punitivo nell’ordinamento giuridico italiano
1. La fattispecie considerata
Con un’ordinanza del 23 gennaio 2010 1, vergata dal giudice Buffone, il Tribunale di
Varese ha affermato l’importante principio secondo cui il risarcimento del danno da lite temeraria 2, previsto dall’articolo 96 del Codice di Procedura Civile, ha connotazione punitiva.
La fattispecie considerata dal Tribunale di Varese riguardava un ricorso per procedimento sommario di cognizione proposto per l’esecuzione degli accordi di separazione
già omologati da uno dei coniugi separati nei confronti dell’altro e, specificamente, per
la nomina di un mediatore cui attribuire l’incarico di vendita dell’immobile già sede della
casa coniugale.
In particolare, all’organo giurisdizionale lombardo di primo grado si era rivolto uno dei
coniugi separati onde censurare la nomina del mediatore cui aveva già provveduto l’altro
coniuge, all’uopo e con ampia discrezionalità dallo stesso ricorrente in precedenza invitato.
Esaminate le condotte del ricorrente antecedenti all’inizio del giudizio, il Tribunale
varesino ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al risarcimento del danno da lite
temeraria cagionato al resistente.
2. Il nuovo paradigma identificativo della lite temeraria
Non esisteva ancora, nella giurisprudenza, un paradigma identificativo ben definito
della fattispecie di lite temeraria.
1 in http://www.altalex.com/index.php?idstr=10&idnot=49514.
2 In argomento: Tocci, Il danno punitivo: trapianto possibile nell’ordinamento giuridico italiano? in Norma,
19 febbraio 2009.
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A colmare il vulnus ordinamentale ci ha pensato il Tribunale di Varese con l’ordinanza de qua.
In base a quanto sostenuto in tale condivisibile provvedimento, i parametri di configurabilità della lite temeraria sono due: il primo riguarda l’instaurazione di un procedimento giurisdizionale in difetto dell’esperimento di pratiche conciliative verosimilmente possibili ed il secondo afferisce alla formulazione, in seno al medesimo, di questioni del tutto
pretestuose e defatigatorie, indi atte a integrare un abuso per esercizio disfunzionale dell’istituto processuale.
3. La connotazione punitiva del risarcimento del danno da lite temeraria
La connotazione punitiva del risarcimento del danno da lite temeraria dipende dalla
tipica funzione assolta di punire, onde scongiurare, l’instaurazione di procedimenti giudiziari palesemente infondati.
Come infatti espresso nell’ordinanza in rassegna, lo scongiuramento dell’instaurazione di procedimenti palesemente infondati mira a soddisfare un interesse di carattere privatistico e un interesse di carattere pubblicistico.
L’ordinamento tende infatti sia a preservare i singoli soggetti dagli svantaggi connessi all’evocazione in giudizi defatigatori e dilatori sia ad assicurare la funzionalità dell’apparato giurisdizionale, iuxta disposto dell’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti
dell’Uomo.
A dimostrare che il danno da lite temeraria abbia connotazione punitiva e caratterizzazione non necessariamente disponibile è la riconoscibilità officiosa e dunque prescindente da una specifica richiesta di parte.
4. La configurabilità del danno punitivo nell’ordinamento giuridico italiano
Sembra ormai avviata a smentita la tesi, pur autorevolmente sostenuta in giurisprudenza, della non configurabilità del danno punitivo nell’ordinamento giuridico italiano.
La giurisprudenza italiana di legittimità era stata investita dalla problematica afferente
alla configurabilità del risarcimento punitivo in sede di giudizio di delibazione di una sentenza della Corte Distrettuale della Contea di Jefferson in Alabama (U.S.A.).
Tale sentenza aveva condannato un’azienda italiana produttrice di fibbie di chiusura
per caschi da motociclisti al risarcimento del danno cagionato alla madre di un soggetto
sbalzato dalla moto condotta e impattato mortalmente col capo a terra a causa della perdita del casco indossato per il mal funzionamento della fibbia di chiusura prodotta appunto
dalla società convenuta.
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La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 1183/2007 3, aveva confermato la pronuncia della Corte d’Appello di Venezia del 15 ottobre 2001 4 e affermato il principio secondo cui l’idea di punizione e sanzione fosse estranea al risarcimento del danno
sicché non fosse possibile la delibazione per contrarietà all’ordine pubblico interno (ai
sensi del disposto dell’ormai abrogato art. 797 c.p.c., ora sostituito dall’art. 64, lett. g,
della L. n. 218/1995) della sentenza straniera di condanna al risarcimento punitivo, attesa la caratterizzazione dello stesso in ordine alla sproporzione tra importo liquidato e pregiudizio subito.
Gli ermellini di piazza Cavour avevano dunque aderito alla tesi secondo cui la sanzione fosse correlata alla funzione punitiva propria del diritto pubblico mentre il risarcimento
integrasse il rimedio precipuamente privatistico di una lesione ingiusta 5.
Tuttavia il supremo consesso giurisdizionale italiano era già tornato sui propri passi
poco tempo dopo.
La sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione aveva infatti affermato, con
sentenza n. 15067/2008, che il diritto civile non ignorasse anzi contemplasse istituti risarcitori sanzionatori di carattere afflittivo con funzioni di deterrenza, qual è quello previsto
dall’art. 18 comma quarto della L. n. 300/1970 in materia di risarcimento del danno da
reintegrazione del lavoratore licenziato, cui spetta la liquidazione ristorativa di una
somma pari a cinque mensilità dell’ultima retribuzione indipendentemente dall’entità del
pregiudizio patito.
La ratio dei punitive damages è rinvenibile nell’esigenza di deterrenza dei consociati
dell’ordinamento giuridico dalla posizione in essere di condotte dannose per i terzi 6.
Così delineati, i punitive damages assolvono a un compito tradizionalmente affidato
alle norme del diritto penale e rappresentano un formidabile punto di contatto, anzi di fusione, tra il diritto privato e il diritto pubblico a conforto della giustezza della visione unitaria
ancorché polifenomenica dell’ordinamento giuridico.
La dottrina si pone in modo favorevole riguardo alla configurabilità teorica del risarcimento punitivo, salvo poi esecrarne l’applicazione pratica in ragione del timore di derive
economiche conseguenti a causa del malgoverno di essa.
3 Per un commento: Ponzanelli, Danni punitivi? No, grazie, op. cit..
4 De Pauli, Danni punitivi, ordine pubblico e sentenze straniere delibande a contenuto anfibio in Nuova Giur.
Civ. 2002, I, 771.
5 Franzoni, Fatti illeciti-supplemento (artt. 2043, 2056, 2059 c.c.) in Galgano, Commentario Scialoja-Branca,
Bologna 2004, 666.
6 Ponzanelli, I punitive damages nell’esperienza nordamericana in Riv. Dir. Civ. 1983, I, 435; Sirena, Il risarcimento dei danni c.d. punitivi e la restituzione dell’arricchimento senza causa in Riv. Dir. Civ. 2006, I, 531.
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Autorevolissima dottrina 7 ha paventato la distorsione dell’optimal deterrence (deterrenza ottimale) verso un’overdeterrence (sovradeterrenza) con il rischio probabile di crisi
economiche dovute all’uscita dal mercato di imprese incapaci di sostenere il peso dei risarcimenti imposti per l’impreparazione dei giudici chiamati ad occuparsene.
L’argomentazione convince, alla luce del principio di parità dei vari attori del mercato,
scaturigine di quello generale di eguaglianza, che informa ed ispira gli ordinamenti di tutti
gli Stati democratici contemporanei e grazie al quale è stato possibile creare il diritto consumeristico.
Tale argomentazione, d’altronde, non può e non deve costituire un alibi per rallentare
l’evoluzione di un ordinamento.
In sostanza, è assolutamente impensabile che la presenza (ipotetica ed eventuale) di
una classe giudiziaria mediocre sia baluardo idoneo per frapporre ostacoli al dinamico e
naturale funzionamento del processo nomopoietico.
Nell’ipotesi appena prospettata, infatti, l’elemento da mutare è proprio quello della
classe giudiziaria.
7 Ponzanelli, Danni punitivi? No, grazie in Foro It. 2007, I, 1461.
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