Diciannove opere sono bloccate dal partito del «no».
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Diciannove opere sono bloccate dal partito del «no».
Diciannove opere sono bloccate dal partito del «no». Cosa hanno in comune tra loro l'Aeroporto Civile di Frosinone, la discarica di Albano, la centrale termoelettrica di Aprilia e il gassificatore di Canino? Sono alcune delle 20 opere pubbliche la cui... Roma - Cronaca Cosa hanno in comune tra loro l'Aeroporto Civile di Frosinone, la discarica di Albano, la centrale termoelettrica di Aprilia e il gassificatore di Canino? Sono alcune delle 20 opere pubbliche la cui costruzione è stata bloccata dalla contestazione di un qualche comitato locale. Lavori fermi, dunque, per un «no» ideologico che sembra impermeabile alle ragioni dell'approvvigionamento energetico o dello smaltimento rifiuti. A fare il conto di questo Lazio bloccato è il Nimby Forum, progetto di ricerca gestito dall'associazione no profit Aris, che monitora sul territorio le opere di pubblica utilità bloccate da contestazioni locali. Proprio da questi movimenti - Not in My Own BackYard (non nel mio cortile) - prende il nome l'osservatorio. Il cui presidente Alessandro Beulcke, spiega: «Siamo di fronte a un fenomeno che si configura sempre più come un no a priori, che blocca opere in tutta l'Italia. Il report, con i dati relativi all'intero Paese, verrà dato alle stampe alla fine di Aprile». Intanto, in esclusiva per Il Tempo, Nimby diffonde i dati sulla regione Lazio. In tutto, i siti bloccati sono 19: il già citato aeroporto civile di Frosinone, è un esempio perfetto: pensato come aeroporto d'appoggio per la Capitale - cui sarebbe collegato da Treni ad Alta Velocità - è un progetto che aumenterebbe visitatori e consumi nella zona, ma da anni osteggiato dalla popolazione del Ferentino. Tra le altre opere che hanno ricevuto un irrevocabile niet dei capipopolo locali anche 7 centrali a biomasse (da Albano Laziale a quella che dovrebbe sorgere nel territorio di Fiumicino - Maccarese) e 7 interventi in 7 differenti discariche di Rifiuti urbani del Lazio, da Allumiere a Malagrotta passando per i Monti dell'Ortaccio. «I contestatori - spiega Beulcke - non si fanno convincere da studi e analisi condotti da istituti classificati. Viene ritenuta più affidabile l'opinione, anche se scientificamente non formata, di chi, magari attraverso la rete, riesce ad addensare intorno a sé il consenso della comunità locale». Sotto attacco sono soprattutto i comparti elettrici e quelli destinati alla lavorazione o smaltimento dei rifiuti urbani. Nel Lazio entrambi i settori, infatti, sono obiettivo del 47.37% dei nimby laziali, mentre il restante 5,26% se la prende con le infrastrutture. Risultato: nella nostra Regione i servizi, l'occupazione e il valore aggiunto che queste opere avrebbero potuto generare sono «sospesi». E così accade, sottolinea Beulcke, anche nel resto d'Italia. Il rapporto precedente indica 331 siti bloccati, che quest'anno sono destinati ad aumentare ancora. In più, esistono dei no preventivi anche nei «confronti dei sondaggi per stabilire presenza, entità ed utilizzabilità di riserve petrolifere nel nostro Paese». Sondaggi, chiarisce Beulcke, dall'impatto ambientale praticamente nullo, e che non dovrebbero quindi sollevare preoccupazioni da parte delle comunità locali. Questo blocco - sottolinea - tiene al palo, a livello nazionale, più di 40 miliardi di investimenti privati». Eppure, la soluzione, spiega Beulcke, ci sarebbe: adottare il modello francese del «Débat Public», un dibattito pubblico per avere un via definitivo, e indiscutibile successivamente. Valerio Maccari www.iltempo.it 04/04/2013