Lei ha 17 anni, le unghie corte smaltate di rosso e l
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Lei ha 17 anni, le unghie corte smaltate di rosso e l
Anticipazione di Alessandra Di Pietro IL GIOCO DELLA BOTTIGLIA. ALCOL E ADOLESCENTI, QUELLO CHE NON SAPPIAMO in libreria da settembre 2015, add editore Lei ha 17 anni, le unghie corte smaltate di rosso e l’apparecchio ai denti, ma sorride senza alcun imbarazzo mostrando tutto l’archetto di ferro. «Sono bravissima a non farlo vedere nei selfie», dice allegra. È bella come ogni adolescente che non sa di esserlo, dunque non ha pose e poi adesso è tutta presa dalla voglia di chiacchierare: «Reggo benissimo l’alcol, e il mio liquore preferito è il M***, un rum al cocco, lo puoi bere liscio senza niente, che buono!» Siamo sedute al tavolo di una pasticceria, sotto i portici di una città del centro nord, lei che è magra come un chiodo mangia bignè alla crema, io bevo un ipocalorico succo di pompelmo. Aspettiamo lui, il suo più caro amico, si conoscono dalla scuola elementare, adesso frequentano licei e compagnie differenti ma sono sempre molto uniti: «Almeno un pomeriggio a settimana ci incontriamo, guardiamo un film, ascoltiamo un disco, ci raccontiamo tutto». Quando arriva lui, alto e con un gran ciuffo, si siede, ordina lo stesso bignè e mi mostra sullo smartphone la pagella di quest’anno: molti nove, due otto, un solo sette. Dopo il primo boccone di crema, schiarisce la voce e mi dice: «Ho 17 anni e da sei mesi ho smesso di bere superalcolici, soprattutto i cocktail perché costano troppo e non ti accorgi di quel che bevi, se ti fai quattro shottini di vodka ti ubriachi subito e finisce il divertimento, se poi ci metti sopra la R*** che non è alcolica ma eccita, perdi il controllo del tutto e non va bene, quindi ci ho dato un taglio». Lui ha iniziato a bere alle feste tra amici tra i 14 e i 15 anni: «Birra alla prima superiore, dal secondo anno anche superalcolici, poi dopo un periodo di mischio, ora di nuovo solo birra». Lei fa la ragazza immagine in un locale, che vuol dire «fare uno shooting e postarlo su Facebook per annunciare la serata, poi scattare foto durante l’evento così si vede quanta gente carina e intelligente c’è, stare lì e divertirti, ci guadagno l’ingresso gratis e questo mi piace moltissimo, e piace pure ai miei genitori che non mi hanno mai dato i soldi per il biglietto». In realtà né sua madre né suo padre sono entusiasti, ma fa parte di quel pacchetto di comportamenti adolescenziali di cui ogni genitore farebbe a meno che si incassano sotto voce: «Meglio questo che altro, almeno so che cosa fa, tutto sommato niente di grave». Dunque lei va in discoteca un paio di sere al mese, per entrare l’età minima richiesta è 16 anni e lei è ok, per bere ne servono 18 secondo la legge italiana. E invece: «Dài, nessuno ti chiede il documento, c’è un cartello al bar che dice Alcol vietato ai minori, però un drink te lo danno compreso nel biglietto e sei hai preso il divanetto ti arriva il secchiello con la bottiglia, che gliene frega a loro». Lui invece non ama la discoteca: «Sono un ragazzo da pub, d’inverno vado solo nei week end, in estate quasi ogni sera. Mi piace la birra, il boccale grande, fa tanto medioevo, è più da maschio», dice ridendo. Lei invece adora le feste, i concerti, i cocktail, però «quando costano troppo, tipo 8 euro e dentro ci mettono poco alcol come accade sempre più spesso nei locali, si sboccia prima e fuori. Sbocciare vuol dire bere e lo dice il Pagante, li Anticipazione di Alessandra Di Pietro IL GIOCO DELLA BOTTIGLIA. ALCOL E ADOLESCENTI, QUELLO CHE NON SAPPIAMO in libreria da settembre 2015, add editore conosci no? Sono un trio milanese, due femmine e un maschio, se vai su YouTube hanno milioni di visualizzazioni. Vabbè, ti dicevo che prima delle feste, sbocciamo. L’ultima volta abbiamo preso una vodka alla panna e fragole che faceva proprio schifo, sembrava la T*****, lo sciroppo per la febbre. Però siccome quando bevi fa figo farsi un selfie con la bottiglia che ti sei fatto, l’abbiamo usata almeno per quello». Lei mi racconta questa serata passata a ballare in piedi sui divanetti e dove un loro amico era talmente ubriaco che per fare un brindisi «boccia contro boccia, ha spaccato la sua: mai riso tanto». Lui beve perché «noi ragazzi fatichiamo a ballare da sobri, la birra scalda, ti dà un po’ di energia, movimenti la serata. Io ci tengo a dirlo che non bevo per emulare gli altri ma proprio perché mi diverto di più, limono di più, parlo con qualcuno con cui non parlerei da sobrio, tocco gli altri, la festa diventa più bella e ti resta un bel ricordo. Se non bevi non fai la figura dello sfigato, solo che non ti va di essere l’unico sobrio e di fare da mamma agli altri». A lei invece capita spesso questo ruolo e mal sopporta di essere l’amica che soccorre. «Che palle quando iniziano a vomitare, devi tenere a bada i molesti e prenderti cura degli altri. Perché tutti partono con la buona intenzione di bere poco, convinti di saperlo gestire e invece dopo due ore stanno vomitando l’anima». Per evitare questi fastidi, la compagnia di lui ha trovato un compromesso: «Usiamo un po’ d’alcol all’inizio per far partire la serata, per scioglierci e cominciare a ballare, poi lo mettiamo da parte e ci divertiamo. Abbiamo preso questa decisione dopo che lo scorso anno abbiamo esagerato e vomitato praticamente tutti. No, non va bene, l’indomani stai malissimo e hai solo sprecato una serata». Lei non è mai arrivata a vomitare. «Non posso ubriacarmi. Il mio limite è mio padre. Severissimo. Mi lascia andare dove voglio ma se torno che sto anche un po’ male, finisce tutto, e se l’ha detto, lo fa. Quindi bevo, sì, ma a fine serata, quando mi viene a riprendere – ovvio, non mi lascia andare in macchina con gli amici – devo camminare dritta ed essere in grado di raccontare come è andata. Mia madre è astemia, mio padre beve poco e a cena con gli amici. Per lui questa è la regola giusta. Ti dico la verità? Una volta mi piacerebbe ubriacarmi, giusto per capire che cosa si prova e che cosa ti spinge così in fondo, ma alla fine anche quando potevo farlo, e una volta è capitato, mi sono fermata in tempo». La mamma di lui sa che suo figlio si fa qualche birra: «Glielo dico senza problemi la sera quando torno, non perché non voglio che lo scopra lei, è che sto di grande chiacchiera e allora le racconto tutto. Lei mi ascolta e conta su di me, mi sento responsabile, so che posso bere ma non voglio fare brutte figure. A dirla tutta, secondo me, la birra non è neanche alcol, il rum quello sì che fa male». L’idea che una pinta ripetuta ma anche occasionale possa provocare un danno fisico e/o cerebrali non lo sfiora: «Davvero? Le sigarette lo so, fanno venire il cancro, con l’alcol non ho idea di che cosa succeda, so che ti può venire la cirrosi se sei alcolista e anziano, ma non Anticipazione di Alessandra Di Pietro IL GIOCO DELLA BOTTIGLIA. ALCOL E ADOLESCENTI, QUELLO CHE NON SAPPIAMO in libreria da settembre 2015, add editore ora». Nelle discoteche si beve e si balla, nelle feste in casa si inventa l’occasione: «Il gioco della bottiglia lo facciamo con i baci e con l’alcol, poi usiamo le carte, chi perde beve, oppure la tabellina del 7: la ripeti veloce, ma quando nella cifra compare questo numero, devi fare bum oppure penitenza». Ovvero, uno shottino. In ogni gruppo c’è sempre qualcuno che beve più di tutti. «La mia amica Lavinia è cosi, una sera su due finisce abbracciata al gabinetto», mi dice lei. Un po’ ci ride, un po’ si preoccupa. «Forse è il desiderio di avere attenzione, oppure di crearsi un personaggio: c’è il simpatico, il figo, quello che beve. Bere non è scandaloso, è divertente e poco trasgressivo, se bevi molto nessuno ti biasima». Anzi è proprio il momento per scattare le foto, almeno in discoteca. Mentre lei mi mostra la foto su Instagram dove si vede una sua amica ubriaca dentro un carrello da supermercato e le sue amiche che ridendo lo spingono lungo la strada (era svenuta e la stavano portando a casa di un medico lì vicino), lui mi racconta il loro modo di gestire l’immagine sui social. «La discoteca posta tutto sulla sua pagina. Poi tu vai a vedere: se sei venuto bene, prendi e metti su Instagram oppure su Facebook dove crei un’immagine più idealizzata di te. Su Snapchat puoi mettere anche foto assurde tanto durano dieci secondi». Gli astemi? Non pervenuti. «C’è una nostra amica che beve di meno e infatti insieme a me mette a letto le persone e pulisce il vomito, cosa che voi maschi non fate», dice lei un po’ arrabbiata, poi le passa e ridono. Questi ragazzi bevono ma non si sentono né dipendenti né ossessionati, anzi cominciano quasi a stufarsi: «Che noia ripetere lo stesso copione di bere e stare male». Tra i loro amici però c’è chi lo fa e non si stufa. Chiedo a lui come si interviene tra pari. «Ci autoregoliamo. Qualche sera fa i genitori di un amico ci hanno lasciato casa libera: hanno un sacco di liquori ma noi ci siamo moderati, mica potevamo fare la figuraccia di scolarceli. A Capodanno è andata diversamente. I genitori ci avevano dato birra e vino, noi, di nascosto, abbiamo preso i superalcolici. Chi ha iniziato a bere prima di mezzanotte è stato malissimo e non ha neanche brindato. Noi che abbiamo aspettato l’anno nuovo ci siamo divertiti di più. Però mi sono ubriacato e ho vomitato. Da lì, oltre a chiudere con i superalcolici, come ti ho detto, ho imparato che è meglio mangiare prima, mai più alcol stomaco vuoto». Fino a che punto è divertente bere? «Mentre bevi è sempre divertente, quando stai male non te ne accorgi più.»