Il coordinamento degli strumenti di cooperazione nella
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Il coordinamento degli strumenti di cooperazione nella
Conferenza Internazionale Semestre della Presidenza Italiana dell’UE IL PARTENARIATO INTERREGIONALE NELLA POLITICA DI PROSSIMITÀ: IL MEDITERRANEO ED I BALCANI Ancona, 17 - 18 Ottobre 2003 IL COORDINAMENTO DEGLI STRUMENTI DI COOPERAZIONE NELLA POLITICA DI PROSSIMITÀ Documento di lavoro elaborato da Alessandro Rotta, Valeria Pedicini, Andrea Stocchiero 1. Dalla cooperazione ai partenariati territoriali internazionali 1.1 La creazione dello spazio comune a partire dai territori La costruzione e articolazione della politica di prossimità colloca in termini nuovi l’azione di cooperazione internazionale dell’UE. Il tradizionale paradigma della cooperazione allo sviluppo, concepito come l’azione esterna che contribuisce alla riduzione della povertà e allo sviluppo endogeno dei paesi cooperanti, deve essere mutuato dall’imperativo di costruire uno spazio comune – di sicurezza, di stabilità e di sviluppo sostenibile - fra paesi dell’UE e paesi vicini, nel quale è difficile e meno significativo adoperare una distinzione netta fra azione esterna e interna. Si ricorda a questo proposito il dibattito sul passaggio dal concetto tradizionale delle relazioni internazionali, fondato sul principio della territorialità e dello Stato nazione, ad una nuova “politica interna mondiale” capace di regolare i fenomeni di crescente interdipendenza, che si “organizza non come politica centralizzata ma in una prospettiva decentrata, come interazione a più livelli di politiche locali, nazionali e soprannazionali”1 . L’approccio vettoriale tipico della cooperazione allo sviluppo tradizionale deve essere così sostituito da un approccio circolare, fondato sull’intensità degli scambi materiali e immateriali, la reciprocità degli interessi e degli obiettivi, il co-sviluppo. Un mutamento di questa portata nell’azione di cooperazione dell’Unione europea richiede, così come è stato indicato dalla Commissione, di una profonda revisione degli strumenti esterni e interni, e di un livello molto più alto di armonizzazione e coordinamento fra di essi. Questa revisione dovrebbe portare alla definizione di un nuovo strumento di prossimità. La nuova prospettiva dello spazio comune investe anche le modalità e gli attori dell’azione di cooperazione. Non solo l’approccio vettoriale è poco adatto, ma anche le modalità centralizzate degli accordi governo-governo e top down, già inadeguati nelle politiche di cooperazione allo sviluppo, sono chiaramente insufficienti in questo contesto. Il passaggio dalla strategia politica di Wider Europe alla costruzione di un’articolata politica di prossimità non è un fatto soltanto operativo e tecnico, ma implica il concorso e la partecipazione attiva dei vari livelli istituzionali, in particolare dei governi sub-nazionali e degli attori della società civile. Affinché lo spazio comune acquisisca senso, legittimità e quindi possibilità di successo è necessario che esso si radichi nelle popolazioni, nei territori, fondando una nuova coscienza e solidarietà civica transnazionale. 1 Leonardo Ceppa, Postfazione alla raccolta di saggi di Jurgen Habermas, La costellazione postnazionale, Feltrinelli, 2002. La prospettiva decentrata si deve all’impossibilità di avere una identità etica comune. 1 1.2 L’evoluzione della cooperazione decentrata e transfrontaliera Da questo punto di vista, due modalità della cooperazione europea manifestano una speciale vocazione per fondare la politica di prossimità: la cooperazione decentrata e la cooperazione transfrontaliera. Per quanto riguarda la cooperazione decentrata, nell’ultimo decennio è stata registrata in Italia una sua importante evoluzione che le ha permesso oggi di proporsi come partner per lo sviluppo di numerose collettività locali dei paesi cooperanti e come controparte delle agenzie di cooperazione bilaterale, comunitaria e multilaterale. Quasi tutte le regioni italiane si sono dotate di leggi di cooperazione internazionale, di programmazioni, interventi diretti e indiretti verso partner di paesi in via di sviluppo e in via di transizione, così come di attività volte a creare sistemi di soggetti del territorio orientati alla cooperazione. Allo stesso modo, in questi ultimi anni, sta crescendo l’impegno delle province e dei comuni. Tutto ciò sulla base dell’applicazione del principio della sussidiarietà orizzontale e quindi della concertazione tra Autonomie locali e soggetti del territorio. Tra i contributi più significativi della cooperazione decentrata si ricordano i seguenti aspetti: la corrispondenza ai principi dello sviluppo partecipativo e dell’ownership, l’approccio bottom-up per lo sviluppo, la vocazione a creare rapporti complessi e integrali fra comunità, il suo ruolo per il rafforzamento istituzionale e il miglioramento delle capacità dei partner dei paesi cooperanti2 , il sostegno alla democratizzazione e alla governabilità dei processi di cambiamento, la capacità di promuovere e intensificare i rapporti politici e istituzionali fra le collettività locali. Altrettanto evidenti sono alcuni suoi limiti, tra cui la frammentazione degli interventi, la limitata capacità progettuale, la mancanza di quadri di riferimento nazionali e internazionali, la debolezza dei rapporti di sussidiarietà verticale e, in alcuni casi, anche orizzontale, la relativa scarsità dei finanziamenti per lo sviluppo. L’altra modalità di cooperazione di particolare interesse è la cooperazione transfrontaliera. La breve, ma significativa, esperienza dei programmi comunitari INTERREG e di alcuni programmi bilaterali transfrontalieri permette di affermare che il ruolo dei governi sub-nazionali e delle comunità locali è imprescindibile per garantire frontiere sicure e spazi di sviluppo sostenibile. La cooperazione transfrontaliera ha aperto anche le porte a nuove tematiche, nuovi approcci e nuovi soggetti della cooperazione allo sviluppo. I processi migratori, la costruzione di uno spazio comune di legalità e di stato di diritto, le reti infrastrutturali trasversali, lo sviluppo economico locale e la co-responsabilità nella sostenibilità dello sviluppo sono i principali elementi di novità che l’azione di cooperazione deve affrontare nella politica di prossimità. D’altra parte la realizzazione di concreti e importanti investimenti in questo campo risulta insufficiente a causa della debolezza dei rapporti di sussidiarietà verticale, della partecipazione dei governi sub-nazionali ai programmi definiti dai governi centrali. Appare peraltro limitato il concetto transfrontaliero nel momento in cui l’economia (scambi e investimenti) e la società (comunicazioni e migrazioni) creano nuovi rapporti trans-locali internazionali spontanei che travalicano le frontiere legando territori distanti. L’azione esterna delle autonomie locali italiane è stata particolarmente rilevante nel processo di pace e stabilizzazione dei Balcani. Sarebbe davvero difficile concepire un’evoluzione politica ed economica positiva dei paesi dell’Europa Sud-Orientale senza una fitta rete di rapporti con le collettività locali dei paesi dell’Unione europea. In Italia il ruolo del territorio, della società civile e dei governi sub-nazionali, in progetti di emergenza e di cooperazione alla stabilizzazione e ricostruzione verso la ex Jugoslavia, è stato molto rilevante proponendosi, in alcuni casi, come vero promotore di iniziative di cooperazione che, in un secondo momento sono state supportate e coordinate da organi centrali. Un caso 2 Si veda a questo proposito il documento sul decentramento e la governance democratica a livello locale. 2 esemplificativo è rappresentato dalla Missione Arcobaleno. È in seguito alla grande mobilitazione della società civile e delle Autonomie locali verso la ex Jugoslavia, che il Governo italiano ha lanciato, durante la crisi del Kossovo, la Missione Arcobaleno per cercare di coordinare le iniziative di aiuto e di emergenza. È stato tutto il territorio italiano, attraverso la partecipazione attiva di associazioni, congregazioni religiose, ONG, singoli cittadini, Autonomie locali che ha finanziato e realizzato prevalentemente la Missione Arcobaleno. Basta andare su un qualunque motore di ricerca3 per capire quanto la Missione Arcobaleno sia riuscita a convogliare risorse e solidarietà nell’intera penisola italiana, dalla Sicilia al Trentino Alto Adige, verso i rifugiati e profughi kossovari. Un altro esempio di questo tipo è riportato nel documento sul decentramento e governance democratica a livello locale, relativamente al partenariato dei soggetti del territorio del Trentino con la comunità di Prjedor in Repubblica Srpska, che si è in parte sviluppato con la creazione di una Agenzia per la Democrazia Locale (di cui si scrive più avanti)4 . Da tutto ciò ne discende quindi l’esigenza di trasformare la cooperazione decentrata e la cooperazione transfrontaliera, mediante (1) la definizione di un quadro politico e istituzionale più chiaro e ampio, in primo luogo comunitario, ma anche con gli organismi multilaterali e bilaterali, (2) la costruzione di un livello di aggregazione e di coordinamento molto più incisivo da parte delle Autonomie Locali, e (3) l’armonizzazione e la sinergia degli strumenti – programmi e finanziamenti- della politica di prossimità. 1.3 Verso un nuovo concetto nella politica di prossimità: i partenariati territoriali In questo quadro si propone come modalità rilevante della politica di prossimità i partenariati territoriali. Questo concetto va inteso come rapporti di reciprocità fra comunità locali che costruiscono uno spazio comune, il cui perno di coordinamento sono i governi sub-nazionali. I partenariati si fondano su processi durevoli di dialogo politico, sulla creazione di sistemi di governance democratica e quindi sulla partecipazione attiva dei diversi stakeholders, sulla concertazione di programmi d’azione mirati al co-sviluppo equo e sostenibile, che sappiano valorizzare le forze endogene dei diversi territori. Alla base di questa concezione c’è il processo di glocalizzazione, in quanto fenomeno di interdipendenze tra globale e locale, portatore di nuovi legami internazionali tra territori: crescenti rapporti sociali transnazionali (organizzazioni sociali, migranti), trasformazione delle condizioni storiche dello sviluppo economico locale (processi di internazionalizzazione territoriale, passaggio dalle reti corte alle reti lunghe), condivisione di responsabilità dei beni pubblici globali, interculturalità. Il concetto di partenariati territoriali permetterebbe di rendere meno confuse le varie accezioni di cooperazione decentrata nell’ambito dell’UE, dotando allo stesso tempo questa fondamentale modalità di cooperazione di un’identità riconoscibile e di un ruolo più chiaro nel dialogo istituzionale con gli organismi comunitari, le organizzazioni internazionali e i governi nazionali. I partenariati territoriali non sono una forma di cooperazione governo-governo ad un livello istituzionale più basso e le autonomie locali non sono piccoli ministeri degli esteri, ma sono una modalità di cooperazione dal basso, più strutturata e sistemica che la cooperazione nongovernativa e la cooperazione orizzontale fra enti omologhi. 3 www.gevmodena.it/mioweb/misarco.html, www.nuovaacropoli.it/p-arcobaleno.html, www.provincia.tn.it/informa/Kukes/versamenti.htm, www.regione.calabria.it/protezionecivile/MISSIONE_ARCOBALENO/arcobaleno.htm www.provincia.modena.it/servizi/stampa/kosovo/scutari/, www.misericordiapoggibonsi.org/arcobaleno.html, www.gruppotlc.it/immagini/arcobaleno/, www.emergencyoggi.it/news/arcobaleno.htm., www.open.comune.genova.it/protciv/vfuoco/valona/welcome.htm www.aibbussoleno.it/arcobaleno.htm, www.nuovaacropoli.it/p-arcobaleno-I.html 4 Rhi-Sausi ,J.L. e Aprile, S., Il Programma Atlante in Bosnia-Erzegovina, Laboratorio Cespi, n. 2 Giugno 2000. , 3 Nell’esperienza della cooperazione europea ci sono dei riferimenti essenziali per la proposta dei partenariati territoriali. L’Accordo di Cotonou, e precedentemente la Convenzione di Lomè, e il Processo di Barcellona, contengono una prima accezione del concetto di partenariato, inteso come un quadro di rapporti multidimensionali di reciprocità tra aree geografiche, fondato sostanzialmente su relazioni inter-statuali. La stessa politica di cooperazione decentrata è fondata sul concetto di partenariato. Questi riferimenti comunitari vengono potenziati e declinati alle realtà sub-nazionali con il concetto di partenariati territoriali. I partenariati territoriali sono ancora in una fase di costruzione e richiedono di essere riempiti di contenuti e di strumenti operativi. La enunciazione di questo concetto, di tipo per ora empirico, non è che un primo, ma importante passo per diventare impegno e realtà concreta. Comunque, il dispiegamento delle grandi potenzialità dei partenariati territoriali per la costruzione dal basso dello spazio comune evocato nella politica di prossimità risulta particolarmente difficile in assenza di un quadro efficiente ed efficace di coordinamento e sinergia con i programmi e gli strumenti della Commissione e dei governi nazionali. Ciò significa definire un multi level government e governance della politica di prossimità, dove i governi sub-nazionali e i soggetti della società civile possano trovare spazi di partecipazione. 2. La questione del coordinamento nelle pratiche di partenariato territoriale Il ruolo dei governi sub-nazionali nella formulazione e nell’esecuzione delle politiche dell’Unione Europea appare fondamentalmente squilibrato fra il suo versante interno ed esterno. Mentre all’interno dell’UE le regioni e gli enti locali partecipano attivamente alle diverse fasi di elaborazione e attuazione delle politiche comunitarie di sviluppo, contribuendo in questo modo a realizzare una forma compiuta di sussidiarietà verticale e orizzontale, sull’azione esterna dell’Unione la partecipazione delle autonomie locali è estremamente ridotta e poco significativa. I principali programmi esterni su cui poggia la politica di prossimità dell’UE non attribuiscono un ruolo specifico ai governi sub-nazionali, che hanno di conseguenza forti difficoltà a partecipare concretamente all’integrazione e alla stabilizzazione dei Paesi vicini, nonostante sia ampiamente riconosciuto il ruolo fondamentale che essi hanno per il raggiungimento di questi obiettivi. Nei programmi MEDA e CARDS, ad esempio, non è prevista esplicitamente la cooperazione tra autonomie locali e territori, nonostante alcune indicazioni di principio. Entrambi questi programmi, inoltre, non sono coordinati con il programma comunitario INTERREG, nonostante ciò fosse previsto nei rispettivi regolamenti e sia stato auspicato da più parti. Di conseguenza le azioni realizzate attraverso INTERREG, in gran parte propedeutiche alla realizzazione di riforme e di programmi a livello locale per l’integrazione e lo sviluppo, non sfociano in interventi concreti. Manca la concertazione tra le azioni proposte attraverso i progetti INTERREG e i programma nazionali definiti dai governi centrali. È estremamente importante che la Commissione abbia delineato l’armonizzazione dei diversi strumenti della politica di prossimità. Ciò lascia intravedere una maggiore integrazione tra politica estera e interna dell’Unione e l’apertura ad un ruolo più attivo dei governi sub-nazionali e degli attori del territorio. La proposta di utilizzare la rete dei programmi INTERREG, come base per i nuovi programmi di prossimità, presuppone una gestione decentrata degli stessi e un maggiore rilievo delle autonomie locali nelle fasi di elaborazione e attuazione delle politiche dell’Unione e dei governi centrali, attraverso quindi un rafforzamento di un governo multi livello fondato sul principio della sussidiarietà. Anche l’evoluzione prevista per gli strumenti operativi della cooperazione transfrontaliera può significare in prospettiva un superamento della rigida distinzione tra fondi comunitari interni ed 4 esterni, prefigurando l’estensione dei meccanismi dei fondi strutturali alle azioni di politica estera e quindi in particolare del concetto di partenariato. È in questo scenario che può prendere forma il concetto di partenariati territoriali internazionali, come luogo di convergenza degli obiettivi della politica di prossimità per la integrazione translocale, di coordinamento dei programmi sia a livello verticale che orizzontale, e quindi di un maggiore protagonismo dei governi sub-nazionali e dei soggetti del territorio nell’azione esterna dell’Unione. La riflessione maturata con l’adozione di misure per l’internazionalizzazione nell’ambito dei fondi strutturali, la pratica di forme di partenariato tra autonomie locali, governi nazionali e Commissione europea, così come le numerose esperienze di cooperazione decentrata, costituiscono una valida base per la costruzione dei partenariati territoriali con le aree di confine dell’Unione europea. Al fine di mostrare e discutere queste forme di partenariato, soprattutto con riferimento alla questione del coordinamento tra gli strumenti, si è scelto di descrivere alcune pratiche sia sulla base dei programmi, partendo dal livello comunitario e passando per il livello nazionale fino ad arrivare al livello regionale, sia in base alla significatività degli stessi dal punto di vista della promozione dell’integrazione economica, sociale ed istituzionale con i paesi vicini sia del Mediterraneo che dei Balcani. I programmi comunitari presi in considerazione nell’ambito della politica di prossimità, sono: INTERREG, in quanto promotore del rafforzamento della integrazione transfrontaliera e transnazionale attraverso la cooperazione interregionale; con i casi relativi al progetto Euromedsys con capofila la Regione Toscana e al partenariato Puglia - Albania. Twinning, perché mette a disposizione dei paesi candidati le esperienze e le competenze dei paesi membri dell’Unione per l’implementazione di specifici aspetti degli acquis comunitari; con il caso del progetto di cooperazione tra l’Ungheria e alcune regioni italiane, tra cui in particolare il Piemonte e la Basilicata. La linea del budget comunitario sulla cooperazione decentrata che, pur caratterizzandosi come linea rivolta prevalentemente alle organizzazioni non governative, si pone come strumento-leva per la diffusione della cooperazione fra tutti gli attori della società civile potenzialmente interessati, così come anche, potenzialmente, per le Autonomie locali. In questo caso si presenta l’unico progetto di una regione italiana, il Med cooperation della Regione Toscana, finanziato finora su questa linea. Si è scelto inoltre di descrivere il programma dell’Associazione delle Agenzie per la Democrazia Locale sostenuto dal Consiglio d’Europa per la sua rilevanza in termini di partenariato tra Autonomie locali e società civile e opportunità di coordinamento con le politiche comunitarie verso i Balcani. A livello nazionale si sono esaminate alcune pratiche di partenariato che hanno usufruito delle leggi: • L. 49/87 “Nuova disciplina della cooperazione dell’Italia con i paesi in via di sviluppo” che, rimovendo una parte dei limiti posti precedentemente agli enti locali ed alle regioni, riconosce la possibilità di un’attività di cooperazione decentrata nei limiti dell’autorizzazione governativa. • L. 212/92 “Collaborazione con i Paesi dell’Europa Centrale, Orientale e dell’ex-URSS” e negli ultimi anni anche con alcuni paesi del Mediterraneo, uno strumento finanziario che prevede il sostegno di programmi bilaterali o plurinazionali per la promozione della collaborazione dell’Italia con i Paesi suddetti, per favorire la loro transizione verso forme di economia di mercato e l’integrazione con l’Europa. 5 • L. 84/01 “Disposizioni per la partecipazione italiana alla stabilizzazione, alla ricostruzione e allo sviluppo dei paesi dell’area balcanica”, che riconosce esplicitamente il ruolo della cooperazione decentrata, prevedendo la concessione di cofinanziamenti per i progetti proposti dalle Autonomie locali (Art. 7). A livello regionale si sono scelti alcuni esempi di approccio partenariale relativi alla Regione Piemonte in Marocco, alla Regione Veneto in Romania e alla Regione Marche verso i Paesi balcanici adriatici. In questi casi la cooperazione con i Paesi prossimi si inserisce in un programma generale che determina le priorità geografiche e tematiche, prevalentemente in base ad elementi di tipo politico, sociale ed economico (vicinanza geografica, relazioni sociali, presenza di imprenditori e associazioni nelle aree di riferimento, prevalenza di immigrati provenienti da quelle zone) e di tipo tecnico (trasferimento di competenze ed esperienze relative a tematiche di sviluppo locale nelle quali le regioni vantano conoscenze e capacità di eccellenza). 2.1 Il programma INTERREG Il progetto Euromedsys (Systèmes économiques locaux de coopération transnationale) Il progetto Euromedsys, avviato nel 2003, nasce da un accordo di partenariato tra diverse Autonomie locali di Paesi europei (capofila la Regione Toscana) e Paesi della riva sud del Mediterraneo5 . Si inserisce nel programma INTERREG III B Medocc, che interessa l’area del Mediterraneo occidentale, e si propone di contribuire allo scambio economico e allo sviluppo della competitività di Sistemi Economici Locali del Mediterraneo, di favorire la cooperazione istituzionale per una integrazione economica di alcune filiere tecnologiche e produttive, e di intraprendere e consolidare l’attivazione di un Mercato Digitale tra le due rive del Mediterraneo. Sul piano sociale, l’obiettivo è di stimolare il lavoro in rete e la partecipazione della società civile alla gestione degli affari locali, con particolare attenzione all’imprenditorialità femminile. La metodologia di gestione del progetto si sostanzia nel coinvolgere tutti i partner e gli attori locali partendo da un livello transnazionale e giungendo ad un livello locale; nel proporre e sperimentare un modello “innovativo esportabile” in tema di organizzazione del lavoro e ripartizione delle attività. L’organizzazione si struttura in tre livelli, transnazionale, transregionale e locale, con la costituzione di tre comitati distinti in interazione permanente: il Comité de Pilotage (garante delle linee strategiche del progetto da un punto di vista istituzionale), il Comitato Tecnico Transregionale (si occupa delle attività transnazionali e dei rapporti tra il Comité de Pilotage e i Comitati Tecnici Locali, della pianificazione e programmazione degli interventi nonché della validità dei risultati), il Comitato tecnico–settoriale locale (si occupa della realizzazione operativa dei progetti). Alcuni aspetti rilevanti di questa iniziativa sono relativi al fatto che essa intende rinsaldare intese, gemellaggi e partnenariati esistenti con i Paesi europei e della sponda sud del Mediterraneo6 ; richiede ad ogni partner di istituire un tavolo territoriale locale di soggetti, realizzare Conferenze e tavoli di concertazione (nell’ambito dei quali viene redatto un documento strategico7 ) per favorire un maggiore coordinamento degli interventi. 5 Regione Toscana, Regione Calabria, Regione Campania, Regione Emilia Romagna, Regione Sardegna, Regione Andalusa, Regione Valencia, Région PACA, Governatorato di Sfax – Tunisia, Governatorato di Sousse – Tunisia, Ministère de l’Aménagement du Territoire et de l’Environnement dell’Algeria e la Regione Tangeri Tétouan – Marocco. 6 Esistono dei Protocolli d’intesa con la Regione di Tangeri Tetouan in Marocco, con la Regione di Sousse in Tunisia e un Accordo di collaborazione con la Regione Andalusia. Le Regioni partners sono membri del CRPM (Conferenza delle Regioni Periferiche del Mediterraneo). La Conferenza organizza incontri istituzionali nei quali le Regioni europee individuano interventi strategici per aree geografiche e tematiche, formando partenariati e accordi. 7 La Regione Toscana ha costituito un tavolo territoriale per Euromedsys, del quale fanno parte ARSIA (Agenzia Regionale per l’Innovazione e lo Sviluppo Agricolo), IRPET (Istituto Regionale per la Ricerca ed il Progresso Economico Toscano), Provincia di Siena e Consorzio Casa toscana. 6 Si ricorda inoltre che il progetto Euromedsys rappresenta una ulteriore fase di un processo di partenariato avviato dalla Regione Toscana negli anni ’90, prima con il progetto INTERREG II Propart, a cui è seguito il progetto INTERREG IIC AMI (Ateliers Méditerranéens Interrégionaux), e sulla base delle linee strategiche già elaborate con un precedente progetto INTERREG III A, nato dalla cooperazione della Regione Toscana e della Regione Sardegna che ha dato vita ad un Osservatorio agro-alimentare per il Mediterraneo. Tuttavia si devono sottolineare alcune difficoltà, registrate dalla Regione Toscana, nel gestire il programma INTERREG: dal coordinamento con i diversi partner, alle regole finanziarie e contabili di gestione, al manuale teorico (forniti in assenza di qualsiasi tipo di supporto tecnico), al meccanismo di rimborso e non anticipo dei finanziamenti. Il Ministero italiano per le infrastrutture è l’autorità di gestione nazionale per il Programma comunitario INTERREG III B e dovrebbe assumere tutti i compiti di supporto tecnico, cosa che nella realtà non si verifica. La partecipazione dei paesi della riva sud del Mediterraneo è scarsa in quanto il Programma INTERREG III B è uno strumento complesso e prevede un partenariato limitato soprattutto alle regioni europee. Il mancato coordinamento con il Programma MEDA , inoltre, essenziale per un reale coinvolgimento dei partner del sud, non consente lo sviluppo del dialogo transregionale euro-mediterraneo. A ciò si aggiungono le difficoltà dovute alla mancanza di coordinamento a livello nazionale, con un Ministero Affari Esteri poco attivo, finora, a sostenere la cooperazione transregionale. Il programma di iniziativa comunitaria INTERREG III A transfrontaliero Puglia-Albania Il programma di iniziativa comunitaria INTERREG III A transfrontaliero Puglia-Albania è la continuazione dell’INTERREG II (1994-1999), orientato sugli assi dei trasporti e delle comunicazioni, del sostegno alla piccola e media impresa, dell’ambiente, del turismo, della formazione e della cooperazione transfrontaliera8 . Per ammissione della stessa regione Puglia “nel 1994 INTERREG II fu allestito come un programma costituito da interventi di vario tipo, fra i quali era difficile individuare una qualsiasi correlazione che potesse attribuire loro un valore di azione complessa, rispetto agli obiettivi individuati”9 ; l’esperienza maturata attraverso la realizzazione del programma, permettendo una migliore conoscenza tra i diversi soggetti dei due territori e evidenziando i vantaggi di un’evoluzione positiva del concetto di partenariato, è stata fondamentale, secondo le autorità pugliesi, per sviluppare INTERREG III10 . Gli obiettivi generali del programma INTERREG III A Italia-Albania sono di 1) rafforzare il sistema della cooperazione transfrontaliera nei settori delle infrastrutture di trasporto, delle comunicazioni e di sicurezza; 2) sviluppare la cooperazione per valorizzare, tutelare e migliorare le condizioni ambientali e qualificare il sistema sociosanitario; 3) rafforzare e qualificare il sistema della cooperazione transfrontaliera nei settori produttivi, del turismo e della cultura; 4) potenziare e qualificare la cooperazione nella protezione, promozione e valorizzazione dei beni culturali e turistici e potenziare la cooperazione istituzionale.11 Tra i criteri di base su cui si sviluppa la strategia di intervento particolare importanza rivestono l’approccio trasversale agli assi ed alle misure di intervento in termini di “institutional building”12 e la ricerca di una forte integrazione tra il programma, risorse proprie del Governo italiano impegnato in attività cooperazione istituzionale con l’Albania, risorse messe a disposizione con altri programmi comunitari riguardanti le frontiere esterne. La realizzazione della strategia di intervento 8 “Puglia: Programma Interreg II 1994-1999 tra Italia e Albania”, in CeSPI e OICS, Quaderni della cooperazione decentrata allo sviluppo. Cooperazione allo sviluppo nell’area balcanica, n. 2, dicembre 2001 9 L.Tenore, “Dalla cooperazione tra Stati al partenariato tra comunità locali: la Puglia nei programmi comunitari INTERREG con l’Albania”, in CeSPI, OICS, Quaderni cit.. 10 Cfr. L. Tenore, Ibidem, e http://Interreg.rete.puglia.it/Interreg/Interreg3a/ 11 Regione Puglia, DOCUP Interreg IIIA Puglia-Albania, Marzo 2002. 12 Su questo tema si veda il documento sul decentramento e la governance democratica. 7 delineata e gli obiettivi generali del programma vengono perseguiti mediante l’articolazione in cinque assi prioritari di intervento ed obiettivi specifici: l’asse 1, trasporti, comunicazioni e sicurezza, cui sono destinati il 30% delle risorse finanziarie pubbliche complessive del programma; l’asse 2, ambiente e sanità, cui vengono destinate il 30% delle risorse; l’asse 3, sviluppo economico e occupazione, cui vengono destinate 13% l’asse 4, turismo, beni culturali e cooperazione istituzionale, e l’asse 5, assistenza tecnica e gestione del programma, cui è assegnato il 23% delle risorse disponibili13 . Il principio del partenariato informa le diverse fasi della progettazione, della verifica di fattibilità, dell’attuazione dell’adeguamento delle professionalità, dell’informazione alle comunità locali e della valutazione ex post, e comporta un’integrazione tra le amministrazioni pubbliche dei due paesi, che conosce tre diversi livelli di impegno a seconda della fase degli interventi.14 Il coordinamento con le politiche comunitarie e le altre iniziative italiane e di altre regioni si basa sia sulla struttura sia sui contenuti del programma: in primo luogo va rilevata l’apertura di uno sportello informativo della regione Puglia a Tirana, con specifiche funzioni di coordinamento e raccordo non solo tra soggetti pugliesi ma anche con altre amministrazioni italiane; in secondo luogo la struttura di gestione del programma, e in particolare il Segretario tecnico congiunto, ha il compito di “assicurare l’efficace coordinamento tra INTERREG e altri programmi finanziati con o fondi strutturali […] e gli interventi di cooperazione attuati dal Ministero affari esteri”15 ; dal punto di vista dei contenuti, il tema dell’integrazione e della complementarità con le politiche comunitarie percorre tutto il Complemento di programmazione (CDP): la conformità con le politiche comunitarie è un requisito di ammissibilità dei progetti, mentre la complementarità con i progetti CARDS costituisce uno dei criteri di selezione. Il CDP prevede inoltre che i progetti di INTERREG III A possano essere cofinanziati con il programma CARDS per l’Albania nel caso abbiano l’obiettivo di sostenere la cooperazione transfrontaliera, lo sviluppo economico e sociale sostenibile e lo sviluppo dell’orientamento al mercato dell’economia albanese. Poiché nessuna misura è finora stata avviata, né gli organi di gestione del programma sono stati formati, la realizzazione pratica del coordinamento è da verificare. Da questo punto di vista, la prospettiva dei programmi di prossimità suggerita dalla Commissione, del superamento degli ostacoli all’utilizzo dei fondi INTERREG in Albania, e di una maggiore integrazione di INTERREG e CARDS, risulta particolarmente interessante, alla luce degli spazi di coordinamento previsti dal programma. 2.2 Twinning Il progetto Twinning Ungheria, realizzato nel 2002-2003, data la numerosità dei partner, ha dovuto prevedere un Comitato esecutivo composto dai responsabili delle quattro Regioni coinvolte (Regioni Piemonte, Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia), e un Tavolo esecutivo al quale hanno partecipato le agenzie di sviluppo regionale coinvolte16 . La Regione Piemonte ha curato la parte relativa alla formazione e assistenza tecnica per l’uso dei Fondi Strutturali: inizialmente l’azione era rivolta ai quadri regionali che, dato l’accentramento amministrativo e politico presente in Ungheria, non avevano esperienza in questo settore; il governo ungherese, però, ha modificato il target indicando nei quadri del Ministero del Tesoro le persone da formare alle quali, solo verso la fine del progetto in occasione della definizione delle misure, si sono aggiunti i responsabili regionali. 13 http://www.dardre.uniba.it/Interreg/notizie_interIII.htm L. Tenore, cit. 15 Regione Puglia, Complemento di programmazione. Programma di iniziativa comunitaria Interreg IIIA 2000-2006 Italia-Albania., (Finale 27/2/2003) 16 Tra le agenzie finanziarie coinvolte: FinPiemonte – finanziaria regionale – Ervet, Informest – per il Friuli –. 14 8 La Regione Basilicata, nell’ambito della Misura sui regimi di aiuto, si è occupata dei programmi per lo sviluppo locale con riferimento alle PMI, ingegneria finanziaria locale, trasferimento di conoscenze teoriche e pratiche per la realizzazione del Programma Operativo e del Complemento di Programmazione. Inizialmente era previsto, per la Regione Basilicata, un apporto minimo che è andato aumentando col tempo17 in quanto, essendo Regione Obiettivo I, si è trovata a confrontarsi in Ungheria con un territorio dalle caratteristiche molto simili alle proprie per cui il trasferimento di esperienze e conoscenze delle normative europee nella realizzazione di Piani Operativi è stato di estrema importanza. La diversa esperienza maturata dalle due Regioni in seno allo stesso programma ha fatto emergere da una parte, attraverso le considerazioni dei responsabili lucani, dei punti di forza, e dall’altra, sottolineati prevalentemente dai piemontesi, dei punti di debolezza. La regione Basilicata ha instaurato, grazie a questo programma, ottimi rapporti con soggetti istituzionali regionali e nazionali e con il tessuto economico territoriale che porteranno alla presentazione, per la stessa area, di un INTERREG sul tema dello sviluppo locale; essendo l’Ungheria caratterizzata da un forte accentramento, un passo importante è stato quello di trasferire la buona pratica italiana in materia di decentramento amministrativo, con un ruolo propositivo delle priorità regionali in fase di programmazione (i Patti Integrati Territoriali della Basilicata hanno rappresentato un valido esempio); il progetto si è concluso, grazie alle competenze e all’esperienza lucana adattata al contesto in cui si operava, con la creazione di un modello di programmazione e intervento per i regimi di aiuto alle piccole e medie imprese (PMI) presentato alle Regioni e allo Stato ungheresi; altra esperienza importante e molto gradita dai soggetti ungheresi è stata quella dell’ingegneria finanziaria. 18 La Regione Piemonte ha viceversa indicato le seguenti problematiche legate: al cambiamento del target dei beneficiari che ha obbligato a formare quadri dell’amministrazione centrale piuttosto che delle regioni (non avendo, in qualità di ente decentrato, le conoscenze adeguate per farlo); all’eccessiva ampiezza del progetto che comprendeva troppi decisori (sono state necessarie complessivamente 2000 giornate di lavoro all’estero) per cui il coordinamento, del personale in loco e delle strategie diverse delle Regioni coinvolte, è stato problematico19 . Il coordinamento è mancato, secondo i responsabili piemontesi, anche con le autorità ungheresi per problemi di ordine politico legati alla mancanza di volontà del Governo di attivare processi di decentramento.20 Nonostante ciò, il Twinning sembra essere uno strumento da replicare nelle politiche di prossimità, per il trasferimento immediato dell’esperienza regionale italiana in materia comunitaria in vista dell’allargamento e per la creazione di partenariati economici. 2.3 La linea di bilancio comunitaria per la cooperazione decentrata (B7-6430) Il progetto Med cooperation iniziato nel 2000, viste le difficoltà di lavorare con il programma comunitario MEDA , è stato presentato attraverso la linea di finanziamento comunitaria per la cooperazione decentrata (B7-6430), e si inserisce in un percorso di cooperazione avviato dalla Regione Toscana dal 1992 con l’Autorità Palestinese e Israele allo scopo di sostenere il dialogo in Medio Oriente21 . Il progetto prevede la cooperazione fra amministrazioni locali toscane, israeliane e 17 L’apporto iniziale previsto per le missioni della Regione basilicata era di 7 giornate; per la fine progetto ne sono state necessarie 35. 18 Intervista telefonica con Ernesto Brindisi, responsabile del progetto Twinning della Regione Basilicata, 4 settembre 2003. 19 Il Twinning attualmente in atto (iniziato nell’aprile 2003) tra la Regione Piemonte e l’Ungheria su “Gestione e pianificazione delle risorse idriche e adeguamento alle normative europee”, è stato per questo motivo concepito tutto a carattere regionale, in partenariato locale con enti e organismi piemontesi. 20 Intervista telefonica con Giorgio Garelli, Regione Piemonte, 5 settembre 2003. 21 Il progetto Med Cooperation nasce in seno al Tavolo di Coordinamento regionale toscano sulla Palestina, cui prendono parte la Regione Toscana, enti locali, associazioni ed università del territorio. 9 palestinesi22 , le organizzazioni non governative (ONG) e le comunità di base. Gli obiettivi identificati sono: la costituzione di una rete di attori locali che insieme si confrontino su settori prioritari d’intervento (sviluppo economico e delle PMI, valorizzazione e conservazione delle risorse culturali, assistenza sociale e salute, sviluppo del settore turistico, programmazione urbana e territoriale e salvaguardia dell'ambiente); la definizione di una serie di progetti esecutivi (almeno due per ogni settore di intervento individuato); l'esecuzione di un progetto pilota. Nel protocollo d’intesa (Network Agreement) è stata così decisa l'attivazione di organi decisionali ed esecutivi tra i partner locali e i soggetti del territorio: il Comitato di Direzione, con funzioni di garanzia istituzionale e di coordinamento politico, composto da un rappresentante per ogni autorità locale inserita nella rete; i Gruppi di Lavoro, uno per ogni settore prioritario di intervento individuato, con il compito di sviluppare l'attività progettuale; il Segretariato, composto dalle ONG, che ha il compito di dare supporto sia al Comitato di Direzione che ai Gruppi di Lavoro, garantisce la diffusione e la circolazione delle informazioni ed è responsabile della parte amministrativa e della rendicontazione tecnico−finanziaria del progetto. Per quanto riguarda la metodologia e gli strumenti per la programmazione, sono previsti gruppi di lavoro bilaterali, seminari di confronto intermedi da tenersi in Toscana, missioni di verifica. In questo progetto vi sono sicuramente degli elementi innovativi quali: il forte decentramento sulla base di una rete di soggetti aperta; la costituzione di una rete tra soggetti locali di tre diverse aree geopolitiche, due delle quali, in forte conflitto tra loro; finalità operative immediate che dovrebbero concretizzarsi con l'elaborazione di un pacchetto di progetti esecutivi e la realizzazione del progetto pilota sulla conservazione e salvaguardia di beni culturali. Sono sempre esistiti, tuttavia, alcuni problemi di fondo che non permettono una esecuzione lineare del programma di attività, e che sono principalmente legati: alla crisi e allo stallo del processo di pace, che ha ovvie ripercussioni sul dialogo tra gli enti locali israeliani e palestinesi; alla recente attivazione degli enti locali palestinesi, i quali per lo più lavorano in un contesto legislativo e procedurale ancora incerto, con risorse umane limitate che hanno bisogno di importanti investimenti nella formazione; al forte divario economico esistente tra la parte palestinese e quella israeliana. 2.4 Il programma dell’Associazione delle Agenzie per la Democrazia Locale Nate nel 1993 su iniziativa della Conferenza permanente delle autorità e degli enti regionali e locali d’Europa, e rilanciate nel 1998 dal Congresso per le autorità locali e regionali del Consiglio d’Europa, le Agenzie per la democrazia locale (ADL) sono basate su un partenariato tra Consiglio d’Europa, soggetti locali istituzionali e della società civile. Le ADL formano una rete che ha lo scopo di promuovere iniziative concrete per consolidare la democrazia a livello locale, sviluppare e rafforzare le istituzioni locali attraverso lo scambio di conoscenze e la formazione di amministratori e funzionari, sviluppare una rete di cittadini di tutta Europa impegnati per il rispetto dei diritti umani e delle minoranze, favorire lo sviluppo della società civile con la partecipazione di tutte le componenti della comunità, promuovere un dialogo interculturale. A oggi le ADL attive sul territorio della ex Jugoslavia sono dieci, tre in Croazia, quattro in Serbia Montenegro e Kosovo 23 , e coinvolgono 179 diversi attori da 18 diversi paesi dell’Unione europea, dell’Europa centrale, orientale e sud orientale (il 27% dei quali sono organizzazioni non governative e il 60% autorità locali). Nel periodo tra il 1996 e il 2002 le ADL hanno eseguito 290 progetti, principalmente in campo sociale e educativo (il 30% dei progetti), nel settore del rafforzamento istituzionale e della società civile (28%), a favore del dialogo interetnico e a favore di sfollati e 22 I comuni di Pisa, Livorno, Borgo San Lorenzo, Camaiore, Fiesole, Lucca, Pratovecchio, Quarrata, Montevarchi e le province di Firenze, Pisa, Arezzo, Pistoia e Siena. Soggetti del territorio: Confindustria toscana, CNA Firenze, Azienda Ospedaliera Meyer di Firenze e l'Università di Pisa. I partner del progetto sono enti locali: i comuni israeliani di Haifa, Taibe e la Union of Local Authorities of Israel, i comuni palestinesi di Nablus, Anabta e Tulkarem. 23 Più precisamente le Adl si trovano a Verteneglio/Brtonigla, Osijek e Sisak in Croazia, Zavidovci, Prijedor e Tuzla in Bosnia Erzegovina, Nis, Subotica, Gjilane in Serbia e Montenegro, Ohrid in Macedonia. 10 rifugiati (12%). Dal dicembre 1999 le ADL si sono costituite in un’associazione, la Associazione delle agenzie per la democrazia locale, che ha principalmente compiti di promozione, programmazione, coordinamento delle diverse agenzie e monitoraggio delle loro attività, formazione dei delegati.24 La capillarità e la funzionalità della rete delle ADL le hanno rese un canale efficace di accesso alla cooperazione internazionale per molte municipalità piccole e medie, in particolare italiane, che possono contare su una struttura agile e leggera ma sufficiente a fornire continuità e supporto in loco alle proprie attività sui Balcani. Dal punto di vista del coordinamento, la peculiarità delle ADL, rispetto ad altre forme di cooperazione internazionale e decentrata, consiste nella capacità di offrire reti di relazioni a diversi livelli: un primo livello è costituito dalle reti attorno alle singole agenzie, composte da tutti i soggetti, istituzionali e non, coinvolti nelle attività; un secondo livello è costituito dalla rete delle diverse agenzie, riunite nell’Associazione; infine un terzo livello è rappresentato dalla rete dei comuni europei che sostengono le agenzie, e dal sistema di relazioni internazionali del Consiglio d’Europa. Il ruolo dell’Associazione è propriamente di assicurare il coordinamento tra questi diversi livelli, con l’obiettivo di inserire ogni singola attività in un disegno complessivo, finalizzato a raggiungere gli obiettivi delle agenzie di democratizzazione e sviluppo a livello locale. Gli strumenti sono le strutture di coordinamento di cui ogni singola agenzia è dotata, l’Associazione stessa, che offre assistenza tecnica e formazione ai delegati, e cura e stimola i contatti tra le diverse agenzie. All’interno della rete sussistono meccanismi consolidati di scambio delle informazioni (dal sito web alle newsletter, ai contatti personali tra i delegati) che permettono un confronto costante tra i diversi soggetti coinvolti. Il coordinamento con le attività di soggetti diversi e con altre iniziative della cooperazione internazionale negli stessi ambiti territoriali avviene sia a livello locale, sia tramite la partecipazione a momenti di definizione delle strategie a livello nazionale nei diversi paesi25 . Da questo punto di vista va ricordato che le ADL si sono attivate in contesti territoriali piuttosto marginali rispetto ai grandi flussi della cooperazione internazionale, e agiscono spesso in modo esclusivo su di un territorio. Per quanto riguarda più in particolare il coordinamento con i programmi della Commissione europea verso i Balcani, l’Associazione delle ADL ha recentemente presentato un position paper sul possibile ruolo della rete delle agenzie nel rafforzare la prospettiva di allargamento europeo ai Balcani occidentali26 . Da questo punto di vista, i punti di forza della rete delle ADL sono considerati l’estensione geografica della rete stessa e la capacità di stimolare la cooperazione transfrontaliera, l’impegno consolidato nel tempo, l’ampia e attiva collaborazione con partner europei e la capacità di favorire gemellaggi, gli alti livelli di ownership locale del programma. Le ADL rivendicano la validità della propria metodologia rispetto ai temi dell’integrazione europea dei Balcani, e si propongono come interlocutori della Commissione nella fase di avvicinamento dei paesi balcanici all’Unione. Per quanto riguarda l’accesso agli strumenti finanziari le singole agenzie partecipano ai bandi CARDS a titolo di organizzazioni non governative, ma gli ampi partenariati territoriali che rappresentano non costituiscono purtroppo un valore aggiunto sufficiente per la Commissione, a causa dello scarso rilievo degli enti locali nella programmazione e gestione del CARDS, quando invece proprio l’importanza di questi partenariati territoriali dovrebbe costituire un fattore di preminenza. L’estensione della rete consente comunque alle ADL di presentare progetti con un reale impatto regionale, e questo costituisce un indubbio vantaggio dal punto di vista degli indirizzi 24 www.ldaaonline.org Intervista telefonica con Antonella Valmorbida, direttore dell’Associazione delle agenzie per la democrazia locale (Alda), 25 settembre 2003. 26 A. Valmorbida, Position of the Association of the Local Democracy Agencies in the Stabilisation and Association Process fir South Eastern Europe, 30 June 2003. 25 11 CARDS. E’ interessante notare come il Patto di stabilità abbia invitato la Commissione le ADL come soggetti preferenziali nella definizione delle strategie verso i Balcani27 . a considerare 2.5 Partenariati territoriali cofinanziati con la legge 49/87 Il programma PASARP con l’Albania Nato a seguito di una precisa richiesta di assistenza del governo albanese a quello italiano per fronteggiare la crisi dei rifugiati del Kosovo, nel maggio del 1999, il programma PASARP (Program of Activities in Support of the Albanian and Refugee Population), finanziato dalla Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero Affari Esteri italiano (DGCS/MAE) e dall’International Fund for Agricolture and Development (IFAD), e gestito dall’Unitend Nations Office for Projects and Services (UNOPS), fu rapidamente riconvertito in programma di sviluppo umano a seguito del rapido e imprevisto esaurimento della crisi dei profughi. Gli enti locali italiani già presenti in modo autonomo con attività di cooperazione decentrata in Albania, e quelli intenzionati a intervenire nel contesto albanese, hanno trovato nel programma un sistema di coordinamento e di potenziamento. La complementarità tra le caratteristiche della cooperazione decentrata e la strumentazione teorica e la metodologia tipiche dei programmi di sviluppo umano così come definiti dalla dichiarazione di Copenhagen del 1995, hanno favorito l’adesione degli enti locali al programma e la definizione di strategie comuni nei settori del decentramento politico e amministrativo, dello sviluppo economico locale e della tutela ambientale, così come in campo culturale e socio sanitario, con particolare attenzione al tema della salute mentale. Le aree geografiche di intervento sono le regioni di Scutari, dove sono attive la regione Emilia Romagna e Toscana, i comuni di Modena, Forlì e Venezia; Durazzo, dove opera la regione Lazio; e Valona, dove è presente la regione Marche e il comune di Ancona. 28 Dal punto di vista del coordinamento, tutti gli enti locali italiani attivi in Albania riconoscono la validità del PASARP come meccanismo, luogo di programmazione e concertazione delle iniziative tra i diversi enti locali, e come strumento di dialogo con le autorità locali. La struttura sul territorio del PASARP, che ha un area manager e un ufficio per ognuna delle tre regioni di intervento, e che si avvale di personale locale, costituisce un importante punto di riferimento per gli enti locali italiani, per quanto si riscontrino livelli disomogenei di fiducia e interazione nelle tre diverse aree tra il personale del programma e i focal point dei diversi enti locali presenti. Il meccanismo del cofinanziamento da parte di UNOPS (a valere su un fondo creato con le risorse della Cooperazione italiana, legge 49/87) delle diverse attività degli enti locali ha incontrato in passato alcune difficoltà, connesse a una fase di incertezza sul finanziamento della seconda parte del programma da parte del Ministero Affari Esteri. Questa situazione, ora superata con il finanziamento di 7 Meuro per le attività del 2003, ha comportato in passato per alcuni soggetti della cooperazione decentrata italiana problemi nella definizione dei contratti e nei rapporti con le autorità locali, alimentando in alcuni casi incomprensioni tra la struttura del programma e soggetti della decentrata italiana.29 È stato più volte richiamato in questa sede come i soggetti sub-nazionali, dell’Unione Europea o dei Balcani occidentali, abbiano poca o nessuna voce in capitolo rispetto alla definizione del programma CARDS. Il notevole rilievo in termini quantitativi del programma PASARP e l’ampia convergenza degli obiettivi del programma con la strategia della Commissione verso l’area non sembrano riflettersi in un’adeguata considerazione nella definizione degli interventi. I responsabili del programma affermano di aver partecipato a incontri con i responsabili delle politiche della Commissione in Albania ma che, nonostante la complementarità delle attività del PASARP con gli 27 Stability Pact, Annex to the Conclusions of the 6th Meeting of the Working Table on Democratization and Human Rights, Istanbul, 12-13 June 2002. 28 G. Dario, “Programma PASARP in Albania”, in Idem, Rapporto sui programmi Italia/UNDP/IFAD/UNOPS di sviluppo umano a livello locale, Gennaio 2002. 29 Cfr. Alessandro Rotta, “La cooperazione decentrata italiana in Albania. Stato e prospettive”, in A. Stocchiero (a cura di), Decentramento e ricostruzione in Albania, Dossier ASCOD, 25 gennaio 2002. 12 indirizzi dell’Unione, il coordinamento sia inesistente e i contatti non siano sistematici, al contrario di quanto avviene con l’Osce e il Consiglio d’Europa sui temi della democratizzazione e del decentramento30 . Il progetto i Governi Locali Motori dello Sviluppo (Ricostruire i ponti del dialogo nel Sud Est Europeo) La volontà di elaborazione di questo progetto nasce dall’interesse politico della Regione Toscana a rafforzare il dialogo con gli enti decentrati e le comunità dei Paesi della ex Jugoslavia, e si è manifestato nel corso del seminario “Europa Sud Orientale: quale strategia” organizzato nel 2000 dalla Regione Toscana, nel quale è stato sottoscritto un Network Agreement che esprime la volontà di cooperare per lo sviluppo dell’area e in particolare con il Cantone di Sarajevo (Bosnia Erzegovina), la Regione Istria (Croazia), il Cantone Herzegovina –Neretva 31 . La Regione Toscana ha quindi promosso e finanziato la costituzione di un Segretariato temporaneo, formato da alcune ONG, per definire la programmazione dei componenti della rete ed ha promosso l’attivazione del sito Internet www.seenet.org con l’obiettivo di pubblicizzare lo sviluppo del lavoro e favorire il dialogo tra i vari partner. Il progetto è stato quindi presentato alla DGCS/MAE, che nel 2002 ha approvato il suo cofinanziamento a valere sui fondi della legge 49/8732 . L’obiettivo generale è quello di promuovere la good governance , tramite il coinvolgimento di tutte le forze locali operative, per: a) intraprendere azioni di armonizzazione e adeguamento della gestione dei servizi pubblici locali in conformità con gli standard europei; b) identificare il proprio ruolo di sostegno ad azioni locali di sviluppo economico e a svolgere una politica attiva di indirizzo e utilizzo del supporto della comunità internazionale. I governi locali, in questa visione, rappresentano i veri motori dello sviluppo. Gli obiettivi specifici sono: a) promuovere la nascita di partenariati tra gli enti locali toscani e del sud est europeo tramite la messa in rete dei Piani di Azione Locale definiti in ciascuna realtà coinvolta; b) facilitare la risposta a problemi locali specifici tramite interventi sperimentali/pilota, nonché la valorizzazione delle esperienze e delle pratiche migliori attraverso azioni dimostrative e replicabili coerenti con i Piani di Azione Locale; c) promuovere l’utilizzo della rete come strumento dinamico e flessibile. La Regione Toscana è l’Ente responsabile dell’esecuzione del Programma, che è gestito attraverso le seguenti strutture organizzative: il Comitato di Direzione, responsabile politico delle iniziative della rete, formato dai referenti politici del network; il Comitato Esecutivo, responsabile del coordinamento tecnico e formato dai referenti tecnici del network. Le azioni previste sono divise per ambiti di intervento. Il miglioramento dei servizi pubblici locali: le azioni di questo ambito integrano la formazione del management dei servizi pubblici con azioni di assistenza tecnica volta a potenziare le capacità di analisi e pianificazione negli stessi servizi. Tali azioni seguiranno metodologie comuni consentendo il confronto e lo scambio tra i partecipanti sia dei risultati che degli elementi di processo. 30 Intervista telefonica con Luigi Cafiero, responsabile paese PASARP, 26 settembre 2003. Gli enti coinvolti sono le Città e municipalità di: Scutari (Albania), Pazin, Rovinj, Vukovar, Varazdin,Verteneglio (Croazia), Skopije (Macedonia), Trebinje, Nevesinje, Livno, Mostar, Sanski Most, Sarajevo, Tuzla (Bosnia), Belgrado, Kraguievac, Nis (Serbia), Pec/Peja (Kosovo); i Cantoni e le Regioni: Cantone di Sarajevo (Bosnia Erzegovina), Regione Istria (Croazia), Cantone Herzegovina –Neretva; i partner Toscani: Regione Toscana, Comuni di Firenze, Arezzo, Carrara, Montale, Empoli, Quarrata, Pistoia, Prato, Comunità Montana del Mugello. 32 È stato approvato dalla DGCS un accordo di cofinanziamento del programma di rete “I governi locali motori dello sviluppo – Ricostruire i ponti del dialogo nel sud est europeo” proposto dalla Regione Toscana, che prevede un pieno coinvolgimento dei partner toscani nell’area in questione e di altre forze che avevano già avuto esperienze e realizzato progetti significativi, ma che operavano isolatamente in raccordo con altri programmi multibilaterali. La somma destinata a finanziare il programma è pari a 3.073.000 euro, di cui 2.286.000 euro cofinanziati dal MAE e 787.000 euro dalla Regione Toscana. 31 13 Il sostegno allo sviluppo economico locale: in questo caso le azioni mirano a definire il ruolo e a potenziare le capacità di azione degli enti locali, in particolare negli aspetti di indirizzo, aggregazione e coordinamento delle nascenti forze economiche, favorendone lo sviluppo mediante azioni di formazione e sostegno alla programmazione, con particolare riferimento alle opportunità offerte dalla comunità internazionale. Infine è previsto il coordinamento del network e la creazione di nuovi partenariati: rientrano in questo ambito le azioni di coordinamento generale del progetto, anche attraverso l’aggiornamento del sito, strumento di comunicazione trasversale ai due ambiti di intervento. Attraverso la struttura di coordinamento verranno promosse le attività di allargamento della rete. Relativamente alla questione del coordinamento la regione toscana intenderebbe collegare questa iniziativa al programma CARDS, e però non risulta ancora chiaro in che modo, su quali linee di finanziamento, essendo questo programma di difficile approccio da parte delle Autonomie locali. Più semplice è la possibilità di fare transitare l’intervento dei Governi locali motori dello sviluppo attraverso la progettualità di organizzazioni non governative. Appare di conseguenza importante la proposta della Commissione europea di sostenere con la nuova politica di buon vicinato dei programmi di prossimità attraverso uno stretto coordinamento di INTERREG con i programmi CARDS e MEDA . A questo proposito però, è necessario superare le limitatezze geografiche stabilite da INTERREG attraverso la formazione di aree distinte di intervento (Medocc, Archimed e Cadses) per dare modo alle regioni, come in questo caso la Toscana, di liberare le proprie capacità di attivare partenariati territoriali anche in Paesi prossimi non contigui. Ciò consentirebbe alle regioni di perseguire i propri obiettivi politici a largo raggio verso tutta l’area della prossimità, e di sostenere le relazioni sociali ed economiche che i diversi soggetti dei propri territori creano spontaneamente verso i Paesi vicini in un’ottica di sussidiarietà orizzontale. Il progetto delle regioni Emilia Romagna e Marche “Tutela e reinserimento dei minori con handicap fisico e psichico in Bosnia Erzegovina” Il progetto in questione, della durata prevista di tre anni e del valore di circa 4,3 milioni di euro (dei quali 3,5 messi a disposizione dalla DGCS/MAE e 800 mila euro dalle due regioni in cash and kind), è frutto dell’accorpamento di due filoni tematici di intervento: la riabilitazione di impianti termali in tre città della Bosnia Erzegovina (Sarajevo, Mostar e Banja Luka) e gli interventi sui traumi post bellici subiti dall’infanzia e la lotta all’emarginazione sociale dei portatori di handicap. Le attività previste sono articolate su quattro ambiti principali: la realizzazione di un sistema informativo locale e lo sviluppo di politiche integrate a sostegno dei minori svantaggiati; la promozione della scolarizzazione e dell’integrazione scolastica dei minori disabili e lo sviluppo delle competenze di Pedagogia Speciale e dell’Integrazione; la creazione dei servizi di assistenza e riabilitazione, di condizioni di accesso e per lo sviluppo imprenditoriale; l’impostazione e l’avvio di un sistema permanente di formazione professionale. Un primo livello importante di coordinamento è ovviamente quello tra le due regioni, il cui rapporto si è consolidato attraverso il lavoro di progettazione fatto in comune e viene considerato positivamente da entrambi i soggetti. Un secondo, fondamentale livello di coordinamento è costituito dal rapporto tra le regioni e la DGCS/MAE. La rigidità eccessiva degli strumenti giuridici e procedurali previsti dalla legge 49/87, che si conferma scarsamente adeguata a sostenere attività di cooperazione decentrata, ha reso l’avvio del progetto, ora previsto per i primi mesi del 2004, estremamente lento e difficoltoso. In quanto amministrazioni pubbliche le regioni chiedono un trattamento maggiormente attento al principio di sussidiarietà da parte della DGCS/MAE e delle autorità centrali, le quali invece 14 continuano ad esercitare un ruolo preminente. Una possibile soluzione al problema è l’istituzione prevista di un comitato paritetico composto dalle due regioni e dalla DGCS/MAE. Una terza dimensione problematica di coordinamento e coerenza con gli indirizzi comunitari, che interessa questa pratica, riguarda le finalità del progetto, che vorrebbe rendere fruibili le strutture termali riabilitate alle fasce deboli della popolazione tramite una convenzione offerta dalla sanità pubblica. Non è chiaro se questa finalità sia condivisa dalle autorità locali partner, allettate dalle offerte di investitori privati stranieri di attivare le strutture termali, dietro pagamento di un canone alle municipalità, con lo scopo di dare vita a imprese totalmente profit. In altre parole le autorità locali potrebbero non percepire la creazione di imprese sociali prevista dall’intervento come una scelta strategica per lo sviluppo sociale ed economico. D’altra parte la politica del governo centrale bosniaco, sostenuta dalle grandi cooperazioni internazionali (Banca Mondiale ma anche Commissione), è maggiormente incline alla privatizzazione dei servizi piuttosto che all’adozione di una politica mista, attenta alla sostenibilità di mercato ma anche ai bisogni sociali, sostenuta dalle regioni italiane. È questo un caso esemplare per il nostro discorso sul coordinamento, in cui si riflettono come in un prisma alcune questioni cruciali per il futuro della politica di prossimità dell’Unione europea e per il ruolo che le regioni e i partenariati territoriali potranno giocarvi. In questo frangente infatti i problemi di coordinamento e coerenza non derivano tanto da ostacoli di natura tecnica o dalla struttura dei programmi, quanto da una contrapposizione di fondo tra scelte di sviluppo, che vede da un lato le regioni sostenere e difendere un modello di gestione dei servizi sociali sostenibile ma equo, basato sulla propria esperienza e proposto, in una logica di partenariato, alla controparte bosniaca. Dall’altro lato abbiamo la Commissione europea che sembra appiattita sugli indirizzi delle politiche di aggiustamento delle istituzioni finanziarie internazionali, contraddittorie rispetto all’idea europea di welfare. Da questo punto di vista l’orientamento delle regioni sembra maggiormente funzionale agli sviluppi della politica di prossimità che, come ricordato in precedenza, si baserà su una maggiore integrazione di fondi comunitari interni ed esterni e, soprattutto per i Balcani occidentali, cui si prospetta un percorso di adesione all’Unione europea, una progressiva estensione dei meccanismi dei fondi strutturali e delle politiche di coesione economica e sociale.33 2.6 I partenariati sostenuti con la legge 84/01 Il Programma Operativo Integrato (POI) “Azioni di sostegno alla governance locale per lo sviluppo rurale, la pianificazione territoriale, l’animazione economica e l'interculturalità nell'area balcanica”, presentato il 15 settembre 2003, proposto dalla Regione Toscana, ai sensi dell'art. 7 della L.84/01 e redatto sulla base dei criteri metodologici contenuti nel documento Linee Guida - ex lege 84/2001 art. 7, costituisce lo sviluppo delle attività di cooperazione dei soggetti toscani nell’area balcanica, in corso da circa 10 anni. Esso è frutto di un duplice percorso di coordinamento ed integrazione da un lato con le istanze del sistema regionale toscano della cooperazione e dall'altro della progettualità espressa dalle altre regioni italiane. Il Programma Operativo Integrato scaturisce da un patrimonio di esperienze e di rapporti ormai consolidati con i territori del sud est europeo. Le nuove proposte progettuali in esso contenute costituiscono lo sviluppo di iniziative e progetti già conclusi o in corso di realizzazione che si muovono principalmente sugli assi della governance locale e dello sviluppo economico locale. Tali progetti si fondano quindi su modalità operative già sperimentate nei due settori sopraindicati, che hanno prodotto risultati concreti e positivi. Il Programma Operativo Integrato è indirizzato al raggiungimento dei seguenti obiettivi generali: • 33 per l'area governance locale: sostegno alla definizione di modelli di sviluppo del territorio ad economia integrata fra i settori produttivi, sostegno alla realizzazione di strumenti di European Stability Initiative, The road to Thessaloniki: Cohesion and the Western Balkans, 12 March 2003. 15 pianificazione a larga scala territoriale, sostegno al dialogo interetnico come strumento per la risoluzione dei conflitti; • per l’area sviluppo economico locale: sostegno alla creazione e animazione di reti di soggetti pubblici e privati per lo sviluppo economico locale, sostegno alla creazione di imprenditorialità sociale e femminile. Risulta molto interessante, per quanto riguarda i problemi di coordinamento, l’indirizzo strategico che il POI toscano segue, che riguarda la “complementarietà e l’interregionalità del partenariato nazionale delle azioni progettuali nel tentativo di delineare un disegno strategico qualificato di breve/medio periodo del sistema toscano della cooperazione nei Balcani, strettamente coordinato con l'iniziativa degli altri sistemi regionali operanti nell'area”. Da questo punto di vista, per alcune specifiche azioni progettuali, sono stati attivati partenariati interregionali con le Regioni Piemonte, Marche, Molise, Lombardia ed Emilia Romagna. Altre strategie riguardano l'assunzione del partenariato multiattore come modalità di cooperazione nei progetti; l’assunzione del dialogo interetnico come modalità privilegiata delle relazioni fra i partner e fattore di stabilizzazione dell'area; la promozione del ruolo dei governi locali sulle tematiche dello sviluppo territoriale, attraverso la diffusione di partenariati territoriali; lo stimolo dei processi di animazione territoriale con particolare riferimento alla creazione di sinergie fra categorie economiche e pubblica amministrazione; la valorizzazione degli attori locali con particolare attenzione a donne e giovani come soggetti chiave per la promozione dello sviluppo imprenditoriale locale; la valorizzazione delle risorse scientifiche esistenti nell’area in stretta cooperazione con le autorità locali e le diverse comunità etniche. Il coordinamento con il programma CARDS non è stato inserito nel Piano Operativo Integrato in fase progettuale; la Regione Toscana è però in attesa delle nuove direttive nell’ambito delle politiche di prossimità per la scelta delle linee di finanziamento a cui agganciarsi, come previsto dalle linee guida della legge 84/01, e non si esclude, al momento, che ci si avvarrà di tale programma. Non è stato possibile per la Regione coordinarsi con l’INTERREG Cadses in quanto la Toscana non rientra in quest’area, ma in quella del Medocc. Il partenariato previsto per alcune azioni progettuali con altre Regioni rientranti nell’area Cadses (Emilia Romagna e Marche), rende possibile l’attivazione di parti del progetto con INTERREG Cadses, la richiesta dovrà però partire direttamente dalle Regioni interessate che potranno chiedere l’intervento della Regione Toscana in partenariato.34 Anche in questo caso, come in precedenza, si rileva dunque l’esigenza di superare i limiti geografici stabiliti con il programma INTERREG . 2.7 Iniziative di cooperazione cofinanziate con la legge 212/92 Il progetto della Regione Veneto “Sviluppo delle energie locali e valorizzazione dell’auto– imprenditorialità nella Repubblica della Moldavia” Il progetto “Sviluppo delle energie locali e valorizzazione dell’auto–imprenditorialità nella Repubblica della Moldavia”, si inserisce in un quadro generale di cooperazione della Regione Veneto con i paesi dell’Europa dell’Est. Con la Repubblica moldova, in particolare, è stato stipulato un Protocollo d’intesa volto a favorire la collaborazione in specifici settori: formazione professionale, produzioni agroalimentari, utilizzo delle risorse finanziarie provenienti dai fondi dell’Unione Europea e da altre Istituzioni finanziarie internazionali. Il progetto, realizzato nel 2002-2003, ha avuto l’obiettivo di contribuire a qualificare e migliorare le competenze professionali del tessuto imprenditoriale locale al fine di formare dei referenti locali per le aziende venete che intendono delocalizzare le loro attività in quella zona. Le attività progettuali sono state focalizzate sulla formazione professionale ed hanno avuto quale settore privilegiato quello agricolo. I beneficiari sono stati selezionati tra operatori locali e di paesi limitrofi (moldavi, 34 Intervista telefonica con Maria Dina Tozzi, Regione Toscana, 30 settembre 2003. 16 ucraini e rumeni) altamente qualificati e già inseriti nel settore pubblico e/o privato (ad esempio, erano presenti tra gli altri: un funzionario dell’ufficio immigrati, un funzionario delle attività produttive, consulenti del lavoro e del settore) in modo da creare una rete di relazioni utili per il tessuto imprenditoriale veneto. I temi trattati hanno riguardato: percorsi di conoscenza della realtà veneta (modello nord-est), la gestione dei flussi migratori, la gestione interna delle imprese e la programmazione, la gestione e il monitoraggio di progetti, con particolare riferimento alle tematiche del management dei programmi di cooperazione transnazionale, dei progetti d’iniziativa comunitaria e dei programmi di assistenza ai paesi NIS e sul FSE 2000-2006. Le giornate di formazione si sono svolte a Padova presso studi di consulenza e presso la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Padova (CCIAA). Durante i corsi i beneficiari hanno avuto inoltre modo di entrare in contatto con alcuni responsabili dell’Informest e di Finest. Per la realizzazione dell’iniziativa la Regione Veneto si è avvalsa della collaborazione della CCIAA che, a sua volta, ha firmato, per la gestione delle attività formative, una convenzione con l’Enaip Veneto (ente regionale che si occupa di formazione nazionale e transnazionale). Partner locale della Repubblica di Moldavia è stato il Ministero della Istruzione e Veneto’s Group (gruppo di operatori veneti in loco). Gli elementi rilevanti di questo progetto sono stati: stimolare, attraverso la formazione, la transizione del sistema produttivo locale verso forme di economia di mercato; contribuire alla “riforma” strutturale del sistema formativo locale e dei servizi alle imprese; valorizzare le risorse culturali, umane, economiche ed istituzionali, in un’ottica di sviluppo sostenibile attraverso la creazione di partnership transnazionali; trasferire il modello veneto dello sviluppo delle PMI; creare un collegamento con il pubblico e il privato; formare delle professionalità allo scopo di instaurare dei rapporti di lavoro duraturi. Non è stato possibile coordinarsi direttamente con programmi comunitari in quanto, in Veneto, INTERREG opera nella zona transfrontaliera adriatica, e la Moldavia non rientra in quest’area. Il progetto è però parte di un piano generale di intervento che il Veneto ha posto in essere per la costruzione di partenariati nell’Europa dell’Est.35 Il progetto della Regione Piemonte “Studio ambientale, progetto della stazione di trattamento e del sistema di gestione acque e formazione di quadri marocchini per la gestione del Parco di Ain Johra e del suo Centro di assistenza e formazione professionale”36 Il progetto si inquadra in un programma di cooperazione della Regione Piemonte con le Regioni di Rabat-Salé-Zemmour-Zaer e Chaouia Ouardigha del Regno del Marocco con le quali ha firmato protocolli di cooperazione e partenariato. Presentato nel 2002 al Ministero delle Attività Produttive (legge 212/92), il progetto, approvato quest’anno, è stato promosso dall’accordo tripartito tra la Regione Piemonte e le regioni di RabatSalè-Zemmour-Zaer e di Rhône-Alpes (Francia). L’intervento si inquadra nella politica del Governo del Marocco, che intende creare un’area industriale nella Regione di Rabat quale strumento e stimolo per l’attrazione degli investimenti esteri. L’iniziativa vede la partecipazione di importanti agenzie tecniche piemontesi, tra cui l’Environmernt Park S.p.A., l’ENAIP Piemonte (Ente Acli Istruzione Professionale), AFPA (Agenzie Formazione Professionale Associate) e Texilia S.p.A. L’iniziativa si compone di due parti. Nella prima fase realizzata nel corso del 2001, si è inteso sviluppare un progetto preliminare per la realizzazione del parco industriale, attraverso la realizzazione di uno studio sulle caratteristiche dell’area, la determinazione degli aspetti di impatto ambientale sulle zone circostanti e la valutazione dei layout impiantistici di massima e delle 35 Intervista telefonica con Fernanda Mazzon, responsabile del progetto per la CCIAA di Padova, 29 settembre 2003. Questo progetto si avvale del sostegno di un Protocollo di Cooperazione e Partenariato siglato tra la Regione Piemonte e la Regione di Rabat-Salè-Zemmour-Zaer (13 luglio 2001). 36 17 caratteristiche dell’insediamento. Le attività preliminari del progetto sono state finanziate in base alle leggi regionali piemontesi (legge 50/94 per gli accordi internazionali di cooperazione e legge 67/95 sulla cooperazione internazionale)37 . Nella seconda fase di questo, al fine di garantire il corretto svolgimento di quanto progettato e per consentire una gestione efficiente del parco industriale, si è realizzato un percorso formativo finalizzato alla formazione di quadri marocchini destinati a costituire la struttura operativa di gestione. Il progetto intende fornire al personale specializzato tutte le competenze necessarie per ricoprire i ruoli strategici nella gestione del parco, sia dal punto di vista ambientale che per quanto riguarda gli aspetti operativi più tradizionali. La realizzazione del progetto consentirà di dotare di infrastrutture il Parco industriale con la creazione di un’area industriale di 400 ettari (100 ettari nella prima fase). Tra i punti di forza di questo progetto c’è da sottolineare che la Regione Piemonte vanta una consolidata esperienza in materia di zone industriali e di parchi industriali tematici (v. Environment Park di Torino38 , Bioindustry Park Canavese39 , PST – Parco Scientifico Tecnologico delle Comunicazioni - 40 , Tecnoparco del Lago Maggiore41 , Virtual Reality & Multi Media Park42 ), e la creazione del parco industriale marocchino costituisce una ottima occasione per trasferire know how e buone prassi in materia; si stima inoltre che il Parco Industriale creerà circa 72.000 posti di lavoro. Alcuni problemi sono sorti a causa di modalità e tempi procedurali estremamente diversi esistenti in Marocco; i progetti di sviluppo economico stentano, inoltre, a decollare per gli enormi problemi finanziari del Paese. Anche in questo caso si è rilevata la mancanza di coordinamento con il programma MEDA . 43 2.8 I programmi regionali di partenariato con i Paesi prossimi Il programma della regione Veneto verso l’Europa orientale e il progetto “Studio ed intervento di formazione volti a promuovere la cooperazione internazionale delle PMI, delle istituzioni pubbliche locali e delle ONG in Romania” La Regione Veneto, privilegia una cooperazione di tipo integrato, che si fonda sia sul potere di indirizzo e sugli obiettivi ed interventi politico-istituzionali della regione, sia sugli obiettivi e le azioni sociali ed economiche delle organizzazioni della società civile e del mondo imprenditoriale44 . Gli interventi più importanti sono programmati e promossi dalla Regione su precise priorità geografiche e tematiche, coinvolgendo entità specializzate del suo territorio. In particolare una delle priorità è fissata verso l’Europa orientale, comprendente l’area centro-orientale e la Comunità di Stati Indipendenti (CIS)45 . Le motivazioni sono: la vicinanza geografica con il Veneto, l’alto flusso migratorio di cittadini provenienti soprattutto da quell’area, le recenti vicende politiche e belliche e la forte presenza dell’imprenditoria e dell’associazionismo veneto in quei territori. Il programma triennale 2001-2003 riconosce la formazione quale settore centrale nell’attività di cooperazione, indicando le priorità (promozione di programmi di educazione ai temi dello sviluppo, sviluppo della piccola e media impresa, assistenza istituzionale per il decentramento amministrativo, assistenza al settore sanitario, formazione professionale) e stimolando il raccordo con strumenti di cooperazione 37 L’attività preliminare al progetto è stata resa possibile grazie al contributo della Regione Piemonte Settore Affari Internazionali, della Provincia e del Comune di Alessandria, dell’Istituto per la Cooperazione allo Sviluppo e della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. 38 www.envipark.com/ 39 www.bioindustrypark.it 40 www.pst.it 41 www.tecnoparco.it 42 www.vrmmp.it 43 Intervista telefonica con Giorgio Garelli, Regione Piemonte, 5 settembre 2003. 44 Andrea Stocchiero, “La cooperazione decentrata delle regioni italiane”, Laboratorio CeSPI, n.4, Ottobre 2000. 45 Il programma triennale 2001-2003 della Regione Veneto ha individuato i paesi: Serbia, Croazia, Moldavia, Romania 18 di più ampio respiro (Ministero degli Affari Esteri, ONU, UE ecc.)46 . A questo proposito si ricorda che la regione ha costituito Veneto in Europa che ha il compito, attraverso attività informative e di assistenza, di promuovere la partecipazione del sistema del triveneto alle politiche multilaterali e bilaterali per la ricostruzione dei Balcani. La Regione presenta come punto di riferimento il “modello veneto, in quanto esperienza riuscita di integrazione di diversi fattori istituzionali (le autonomie locali), economici (la piccola e media impresa diffusa), sociali (la rete capillare delle solidarietà auto-organizzate ed istituzionali), culturali (la scuola e la formazione professionale)”47 . La Legge Regionale 55/99 sulla cooperazione, relativamente ai soggetti promotori, prevede che le iniziative possano essere: promosse e realizzate direttamente dalla Regione o promosse e realizzate da Enti Locali, istituzioni pubbliche e private, Università, organizzazioni non governative e associazioni di volontariato, organizzazioni sindacali ed imprenditoriali e associazioni di immigrati del Veneto (art. 6)48 . In questo quadro generale si inserisce, come esempio dell’approccio della regione Veneto, il progetto triennale “Studio ed intervento di formazione volti a promuovere la cooperazione internazionale delle PMI, delle istituzioni pubbliche locali e delle ONG in Romania”: la prima fase è cominciata nel 200149 , mentre la seconda annualità, iniziata a luglio 2002, è terminata nel luglio 2003. Il partner veneto è il Dipartimento di Studi Internazionali dell’Università di Padova, i partner romeni di Arad sono: l’Università “Vasile Goldis” e la Fondazione Marco Polo. I beneficiari sono le istituzioni pubbliche locali e ONG romene e venete. Il progetto è volto a creare una struttura strettamente collegata con il Veneto di formazione specifica e servizi nell’ambito della cooperazione internazionale per lo sviluppo, in particolare europea, a sostegno e qualificazione delle piccole e medie imprese, delle Pubbliche Amministrazioni, delle strutture formative e delle ONG operanti in Romania. Si propone come progetto pilota – coinvolgente formatori, piccoli imprenditori, amministratori pubblici e operatori sociali – finalizzato ad essere, in stretto collegamento col Veneto, punto di riferimento sull’intero territorio romeno per la promozione e l’assistenza nell’ambito della cooperazione internazionale, specie europea. Attraverso questa seconda fase il progetto è riuscito a: istruire un gruppo di esperti formatori – per l’intera area romena – in materia di cooperazione economica delle PMI, delle istituzioni pubbliche locali e delle ONG in Romania; definire un progetto specifico di interventi, di formazione e servizi, in materia di cooperazione internazionale per lo sviluppo, da realizzarsi nella terza fase conclusiva del progetto in diverse aree del contesto romeno. Il programma della Regione Piemonte verso il Maghreb e il progetto di “Sostegno alla creazione d’impiego e d’impresa nelle Province di Khouribga e Ben Slimane” nella Regione di Chaouia Ouardigha (Marocco) Anche il Piemonte, come il Veneto, predilige una cooperazione di tipo integrato. Tra le priorità geografiche vi sono quelle con il “corridoio 5 e i Balcani” e con il Maghreb (Tunisia e soprattutto Marocco). Le motivazioni per l’area mediterranea sono: stabilire legami con i Paesi da cui proviene la quota maggiore degli immigrati in Piemonte, ragioni geografiche e culturali, attenzione crescente dell'Europa verso l'area, rilevante presenza di istituzioni ed enti piemontesi sul territorio, creare le 46 Intervista telefonica con Stefano Zucchetta, RegioneVeneto, 2 settembre 2003. Regione del Veneto, “Legge regionale n. 18/1992 istituzione di un fondo regionale per interventi di solidarietà internazionale – Programma degli interventi per l’anno 1998”, Deliberazione di Giunta n. 1520 del 13.05.1998. 48 Lo stanziamento regionale per il 2002, prevede la seguente ripartizione:€425.000, pari al 50% di € 850.000, per iniziative dirette della Regione; € 425.000, pari al 50% di € 850.000, per iniziative a contributo. 49 La prima fase del progetto ha realizzato un’indagine dei bisogni di formazione e di servizi espressi dagli attori locali, un progetto di fattibilità per la creazione delle condizioni e delle strutture operative idonee a garantire l’attivazione di iniziative di formazione e di erogazione di servizi in materia di cooperazione internazionale per lo sviluppo. 47 19 condizioni per trarre i maggiori vantaggi dalla liberalizzazione degli scambi commerciali con la sponda sud del Mediterraneo prevista per il 2010. Nell'ambito della politica regionale volta a creare opportunità di collaborazione e scambio nell'area del Maghreb sono stati siglati due Protocolli di cooperazione e partenariato: il primo tra la Regione Piemonte e la Regione di Rabat-Salé-Zemmour-Zaer, il secondo con la Regione di Chaouia Ouardigha del Regno del Marocco. Obiettivi generali sono: promozione e sostegno ai soggetti piemontesi che propongano iniziative di cooperazione con il Marocco; creazione di rapporti di reciproco rafforzamento tra soggetti omologhi delle due parti; offerta di risposte concrete ai problemi locali; sostegno ai processi di decentramento del Marocco; offerta alla regione marocchina di maggiori opportunità di relazione con l’Europa. In particolare è previsto lo sviluppo di progetti di cooperazione per lo sviluppo economico (incoraggiamento di partenariati tra imprese, creazione di piccole e medie imprese, creazione di parchi industriali regionali), di formazione professionale (sulle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione), per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile; azioni di solidarietà; attività di creazione d’impiego; azioni relative alla gestione delle risorse idriche. La prima fase del progetto50 , si avvale come già scritto del Protocollo di Cooperazione e Partenariato siglato tra la Regione Piemonte e la Regione Chaouia Ouardigha.51 La Regione di Chaouia-Ouardigha, e soprattutto le Province di Khouribga e Ben Slimane, rappresentano le aree di maggiore pressione migratoria verso il Piemonte. Obiettivo generale del progetto è di favorire lo sviluppo economico locale, creando nuove occasioni d’impiego che contribuiscano al contenimento della pressione migratoria. Il progetto, in particolare, si propone di potenziare l’offerta di servizi di assistenza e formazione allo sviluppo di nuove piccole e medie imprese, e di intraprendere specifiche azioni finalizzate alla creazione di attività autonome. Le azioni poste in essere durante la prima fase del progetto sono state: identificazione della cellula operativa; individuazione delle funzioni della cellula e dei profili degli esperti, attività di formazione della cellula in Marocco e di quella in Italia, progettazione di dettaglio della Fase 2 tra esperti italiani e marocchini. Il progetto è riuscito ad ottenere: il rafforzamento e il coordinamento degli organismi pubblici, associativi e privati che lavorano sul terreno relativamente alle politiche di sostegno alle PMI; il potenziamento dell’offerta di servizi di assistenza e formazione allo sviluppo di nuove PMI; lo sviluppo di specifiche azioni finalizzate alla creazione diretta di nuove piccole e micro imprese e di attività autonome; il rafforzamento e incremento dell’offerta locale di attività di servizio ed assistenza alle PMI già esistenti. Le difficoltà incontrate sono legate, anche in questo caso, ai gravi problemi di ordine economico della realtà in cui si va ad operare e alle metodologie e tempistiche diverse che si riscontrano in Marocco. Il coordinamento con il programma MEDA si è rivelato impossibile, per la mancanza di meccanismi di concertazione con il governo marocchino e la cooperazione comunitaria. 52 Il programma della Regione Marche verso i Balcani La regione Marche ha una lunga esperienza di rapporti e solidarietà con le aree prossime ai confini dell’Unione, e in particolare con le realtà d’oltre Adriatico, e può contare su un sistema di cooperazione internazionale allo sviluppo solido e articolato. Poiché la regione partecipa a diverse tra le pratiche sopra analizzate, uno sguardo di insieme al programma di attività può risultare utile sia ai fini della definizione dell’idea di partenariato, sia per il tema del coordinamento. 50 Terminata nel 2003 con un costo totale di 61.148,50 euro, di cui 48.237,07 euro finanziati dalla Regione Piemonte. Partner in Piemonte sono la Provincia di Torino, Provincia di Alessandria e Comune di Alessandria rappresentati dall’ICS (Istituto per la Cooperazione allo Sviluppo); partner in Marocco sono la Regione Chaouia-Ouardigha, la Provincia di Khouribga e la Provincia di Benslimane. 52 Intervista telefonica con Giorgio Garelli,Regione Piemonte, 05 settembre 2003. 51 20 La regione Marche interviene come ricordato nel programma PASARP, e più precisamente nella regione di Valona, nei settori del turismo, dell’ambiente, della pesca, dell’assistenza istituzionale e della sanità. La regione considera estremamente proficua l’esperienza del programma e ritiene che gli accordi operativi con UNOPS le garantiscano sufficiente autonomia progettuale e di proposta, mentre il meccanismo del cofinanziamento permette di rendere più incisive le singole azioni, di programmare un numero maggiore di attività e di darvi continuità. La costruzione di un circuito di fiducia tra attori regionali e funzionari del PASARP ha permesso di superare anche le difficoltà connesse all’incertezza sul finanziamento del programma. All’interno della cornice del programma la regione può esercitare appieno un efficace ruolo di rafforzamento delle autorità locali albanesi, sia attraverso specifiche attività di formazione sia attraverso gli interventi settoriali, facendo valere la propria esperienza nel campo del decentramento amministrativo e adempiendo a una funzione che altrimenti il programma non potrebbe esercitare. Dal punto di vista del partenariato territoriale inteso come dimensione più complessa del semplice rapporto tra realtà istituzionali, è importante la tendenza della regione, una volta definite le linee guida dell’intervento, di affidare la realizzazione direttamente ai soggetti del proprio territorio interessati (ad esempio l’ex municipalizzata Anconambiente nel caso degli interventi in campo ambientale, la Camera di commercio nel caso del turismo, etc.). Dal punto di vista del coordinamento è importante rilevare la presenza di un focal point non residente ma che svolge il proprio ruolo attraverso missioni lunghe. Sempre in Albania, parallelamente all’impegno nel programma la regione è impegnata in un’iniziativa di assistenza tecnica istituzionale al comune di Argirocastro, in collaborazione con il comune di Grottammare, e nell’elaborazione, in collaborazione con la DGCS/MAE, di un programma di sviluppo e decentramento territoriale dei servizi sociali53 . È in fase di avvio il progetto “Laboratorio Arcipelago” promosso dalla regione di concerto con la Banca mondiale, che ha l’obiettivo di porre le basi per un partenariato territoriale con il sistema delle isole delle contee di Zara e Selenico. Attraverso studi e valutazioni sulle potenzialità dell’arcipelago il progetto punta a offrire alle autorità e ai soggetti sociali locali croati una metodologia comune per pianificare lo sviluppo sostenibile dell’area. Questo progetto, come la scelta dei settori di intervento (pesca, ambiente, turismo) all’interno del PASARP, evidenziano uno degli aspetti più importanti del concetto di partenariato tra comunità di paesi diversi, ovvero i vantaggi di una gestione coordinata di beni comuni, la cui necessità è particolarmente evidente nello spazio adriatico. La regione Marche partecipa al progetto tutela e reinserimento dei minori con handicap fisico e psichico in Bosnia Erzegovina, assieme alla regione Emilia Romagna. Il sostanziale giudizio positivo della cooperazione tra le due regioni, e le notevoli difficoltà riscontrate nell’avvio della procedura sono state già ricordate precedentemente. La proposta della regione di istituire un Segretariato dell’Adriatico54 , con la funzione di svolgere un’azione politica e di supporto per i rapporti multilaterali, di favorire l’utilizzo delle opportunità esistenti a livello comunitario e nazionale e di dare una sede continua e certa di relazione e contatto ai soggetti pubblici e privati che operano nell’area, rappresenta, in continuità con l’Iniziativa adriatico ionica e con la Carta di Ancona promossa dal MAE, un concreto tentativo di coordinamento. Infine, la scelta di orientare il programma operativo integrato elaborato nell’ambito della legge 84/01 e il programma comunitario LIFE al completamento di processi già in corso (la gestione integrata del servizio di raccolta dei rifiuti a Valona e la costituzione di un’agenzia per l’ambiente), e quindi di favorire una sinergia con il programma pregresso, conferma l’importanza della continuità dell’azione e la capacità di capitalizzare la cooperazione. 53 54 Intervista telefonica con Marina Maurizi, Regione Marche, 17 settembre 2003. Delibera della regione Marche. 21 La rassegna delle attività della regione Marche verso i Balcani permette di cogliere come questa istituzione abbia realizzato un efficace coordinamento delle proprie attività, sfruttando gli strumenti esistenti e utilizzando un approccio di sistema. È interessante sottolinea come questo coordinamento si situi “a valle” dei diversi strumenti nazionali e comunitari esistenti, e compensi parzialmente il deficit di coordinamento “a monte” degli stessi. I punti di forza di questo approccio sono nella logica relazionale e nei principi di sussidarietà e partenariato rispetto ai soggetti del proprio territorio e ai soggetti della cooperazione internazionale55 . 3. Per il coordinamento dei partenariati territoriali nella politica di prossimità Sulla base della prospettiva politica disegnata nel primo capitolo, e della presentazione e analisi dei partenariati territoriali condotta nel secondo capitolo è possibile avanzare alcune proposte di coordinamento nel quadro della politica di prossimità e anche con riferimento agli strumenti nazionali italiani. • Riconoscimento politico del concetto dei partenariati territoriali, quali forme fondamentali della politica di prossimità, e quindi del ruolo dei governi sub-nazionali e degli attori del territorio nella definizione e attuazione della politica di prossimità, esplicitandolo in modo chiaro nei documenti di policy e nei relativi strumenti e programmi. • Riconoscimento del ruolo dei governi sub-nazionali nella definizione della metodologia dei programmi di prossimità. Si tratterebbe, in altri termini, di estendere alla politica di prossimità dell’Unione europea il principio di sussidiarietà, permettendo ai governi sub-nazionali di trasmettere ai loro partner la propria esperienza nella gestione dei fondi europei e quindi nella definizione degli obiettivi di sviluppo, nel coordinamento con gli altri soggetti del territorio e con i livelli nazionali e comunitario, nella realizzazione degli interventi. • Occorre riconsiderare il concetto di cooperazione transfrontaliera a vantaggio di quello dei partenariati territoriali anche riguardo il significato geografico. Il primo concetto infatti è limitato alle aree contigue mentre quello dei partenariati segue le reti lunghe dei fenomeni sociali ed economici che creano relazioni “spontanee” di interdipendenza tra territori distanti. In questo senso i programmi di prossimità non dovrebbero avere limitazioni geografiche56 . • I governi sub-nazionali dovrebbero partecipare all’elaborazione dei Regional/Country Strategy Papers in modo da poter coordinare le azioni di cooperazione dei partenariati territoriali con le politiche dei governi nazionali e rendere concretamente efficaci i programmi di prossimità. Questo potrebbe essere realizzato attraverso la costituzione, nell’ambito della politica e dei programmi di prossimità, di tavoli di lavoro tematici e per aree geo-strategiche, per la riflessione e l’elaborazione dei programmi, per coordinare i diversi strumenti comunitari e bilaterali, in modo da ottimizzare le risorse, evitare sovrapposizioni e migliorare la resa delle azioni di cooperazione. A tale riguardo si può, ad esempio, fare riferimento alla proposta di costituzione di un Segretariato dell’Adriatico per favorire il confronto e il coordinamento delle politiche e degli strumenti comunitari, bilaterali e multilaterali, offrendo una sede certa e continua di relazione e contatto ai diversi soggetti dell’area. La costituzione di questi tavoli avrebbe inoltre il compito di favorire una maggiore coerenza tra le politiche interne ed esterne riguardo soprattutto il modello di sviluppo da concertare con i Paesi prossimi, che dovrebbe assumere con maggiore forza le priorità della coesione sociale rispetto a quelle della competitività57 . 55 Cfr. Vanna Ianni, Moreno Toigo, L’impegno della regione Marche per la solidarietà e la cooperazione internazionale: 1996-2001, 2002. 56 Dal documento “Coordinamento degli strumenti comunitari per la cooperazione” presentato dalla Regione Lombardia come contributo alla Regione Marche per la preparazione della Conferenza Internazionale su “Il Partenariato Interregionale nella politica di prossimità: il Mediterraneo ed i Balcani”. 57 Si veda a tale riguardo quanto scritto relativamente al caso del progetto delle regioni Emilia Romagna e Marche sulla “Tutela e reinserimento dei minori con handicap fisico e psichico in Bosnia Erzegovina”, presentato nel cap. 2.5 22 • In termini ancora più specifici, i governi sub-nazionali potrebbero partecipare alle negoziazioni dei programmi nazionali con i governi centrali dei paesi vicini, proponendo e verificando la possibilità di integrare i programmi dei partenariati territoriali con le politiche per lo sviluppo e l’integrazione. • A livello operativo i partenariati territoriali potranno dare luogo a documenti di programmazione, in cui siano incluse in modo integrato le diverse azioni da sottoporre a comitati di gestione decentrati per aree geo-strategiche, a cui viene demandata l’allocazione delle risorse. • Decocentramento degli strumenti di coordinamento a livello locale, con la previsione nelle aree di intervento di focal points dell’Unione europea, a cui i governi sub-nazionali possano rivolgersi per modulare le loro attività (numero e tipo di iniziative in atto in uno stesso territorio). Questo in considerazione sia del processo di decocentramento della gestione della politica di cooperazione da parte della Commissione, sia delle sperimentazioni di coordinamento sul campo effettuate in vari paesi terzi. • Va inoltre considerata la necessità di coordinare o complementare i programmi di prossimità con i programmi di cooperazione orizzontali della Commissione europea già esistenti, come nel caso della linea relativa alla cooperazione con i paesi terzi sulle migrazioni, della linea relativa alla cooperazione decentrata, e delle diverse linee riguardanti la democrazia, i diritti umani, e relative in generale alla cooperazione tra i soggetti delle società civili. • Infine, riguardo gli strumenti di livello nazionale risulta evidente la mancanza di coordinamento tra le gestioni delle leggi 49/87, 84/01 e 212/92. Inoltre, la legge 49/87 appare superata sia con riferimento ai profondi cambiamenti dello scenario internazionale sia riguardo il nuovo ruolo delle Autonomie locali. La riforma di questa legge è quindi quanto mai urgente. La legge 84/01 ha il merito di aver innovato l’approccio a favore del concetto dei partenariati territoriali, attraverso la definizione dei programmi operativi integrati, che però non possono contare sulla sinergia con la Cooperazione italiana visto il mancato coordinamento con la legge 49/87. Allo stesso modo risulta scollegata la gestione della legge 212/92 a cui manca una impostazione strategica fondata sul concetto dei partenariati territoriali, ancorché su quello più limitato e unidirezionale del distretto industriale proposto negli ultimi anni dal Ministero Attività Produttive. • Tutto ciò fa sì che le regioni italiane siano costrette a creare loro una sorta di “coordinamento a valle” che cerca di comporre i diversi strumenti esistenti in un’ottica comune. Questo tuttavia risulta essere un esercizio non efficiente ed efficace perché ogni strumento ha procedure distinte che obbligano le amministrazioni regionali e i diversi stakeholder a moltiplicare la produzione progettuale secondo diverse le diverse forme richieste, a cercare di far combaciare le diverse tempistiche, a spiegare ai partner dei Paesi prossimi le diverse necessità di appoggio e rendicontazione. Ne deriva la richiesta al governo centrale di cercare un meccanismo di coordinamento “a monte”, e al legislatore di considerare l’opportunità di definire un testo unico sulla cooperazione che contemperi i diversi obiettivi, modalità e strumenti. 23