Bonomi, Codeluppi, Fortis: analisi e ricette
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Bonomi, Codeluppi, Fortis: analisi e ricette
Consumi Low cost PAGINE 8-9 PAGINE 10-11 Il superfluo è passato di moda Distretti Cavarsela a Milano senza rinunce Male il tessile ma il mobile tira ancora PAGINE 12-13 Gennaio 2010 www.lab.iulm.it Anno VII Numero I Bimestrale del laboratorio di giornalismo dell’Università IULM. Direttore responsabile Giovanni Puglisi. In redazione gli studenti del Master in Giornalismo - facoltà di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo. Direzione e redazione: Via Carlo Bo, 1 (tel.:02.891412538/9; e-mail [email protected]). Registrazione Trib. Milano n. 477 del 20.09.2002. Stampato da Graficart snc Biassono (Milano). LA FORZA DELLA INDIGNAZIONE Giovanni Puglisi uale crisi? È questa la domanda che cominciano a farsi in molti da un lato ascoltando i politici, gli economisti e quanti a loro si accodano, che ne predicano, a giorni alterni, l’inizio della fine e la difficoltà ad uscirne, e dall’altro lato osservando la vita nelle città, le folle negli outlet, nei supermercati, nei negozi di lusso, nelle stazioni sciistiche, gli ingorghi sulle autostrade, nei centri storici. Certamente una crisi c’è stata e forse c’è ancora in atto, ma di certo la situazione è ben lontana da quella che vogliono farci credere e anche vedere i responsabili vicini e lontani della crisi stessa. Q continua a pag. 20 La CRISI è servita Chi e come è sopravvissuto alla recessione E chi ancora ne sta pagando il prezzo Bonomi, Codeluppi, Fortis: analisi e ricette PAG. 2 - 3 Pagina 2 SPECIALE LAB Iulm DOSSIER Fra recessione e ripresa La crisi ci restituisce un Paese dal volto nuovo Tre esperti analizzano i cambiamenti che il crollo della finanza ha prodotto nel sistema economico italiano Ma anche nella società civile e nei consumi Italia anno zero Salvatore Filippone Maria Rosaria Iovinella Gaetano Pecoraro na crisi porta sempre con sé una rivoluzione, resta da capire quale. E’ la domanda che si pone l'Italia dopo il grande crollo che ha travolto i mercati finanziari internazionali e che a cascata ha coinvolto anche l'economia reale. Gli ambiti che la crisi investe sono molteplici e le risposte non sono mai univoche soprattutto in Italia, dove il sistema produttivo fatto di piccole e medie imprese non consente una strategia industriale uniforme, fornendo quindi soluzioni differenti per reagire al cambiamento. Ma insieme alle aziende anche il consumatore è cambiato. Non solo per la contrazione del reddito, colpito da cassa integrazioni e licenzia- U menti, ma anche perché in periodo di crisi fisiologicamente si modificano gli stili di consumo. Un mutamento che, spiega il sociologo Aldo Bonomi, non colpisce solo “i modelli produttivi, i distretti, i meta distretti ma anche il tipo antropologico dell'animale imprenditore trasformatosi nel “commartigiano”. Ma chi è il “commartigiano” che esce dalla crisi e sale alla ribalta dell'economia italiana? Un ibrido tra “l'artigiano custode dell'arte” e l'attitudine “com” che rimanda alla comunità e al commercio e soprattutto al “com” della rete ponendosi non solo il problema di produrre le merci ma di vestirle e rappresentarle nel mondo. Già, il mondo. Il rapporto con l'estero è una chiave importante per la comprensione della specificità del caso italiano, ovvero un Paese che regge alla crisi ma è zavorrato nel suo punto forte, l'export, da Paesi che improvvisamente hanno perso la capacità d'acquisto. Come spiega Marco Fortis, economista, docente della Cattolica e vicepresidente della Fondazione Spagna- spiega Fortis- non costruiranno più una casa per i prossimi tre anni. A chi potremmo mai vendere i mobili e le piastrelle?”. Giusto. Ma cosa ci salverà? Forse quel localismo che deprechiamo in tanti ambiti e che, economicamente, si tra- La recessione investe molteplici settori e le risposte non sono mai univoche Edison, ci penalizza “la volatilizzazione della domanda, non abbiamo più clienti”. Un esempio? L'atteggiamento dissoluto tenuto da chi, come il caso spagnolo insegna, “ha drogato ad esempio il sistema edilizio. In sforma nella dinamica dei distretti, isole, se non felici, quantomeno in grado di reggere l'onda d'urto. Secondo Bonomi, c'è “un tessuto di rete e di soggetti- “avanguardia gente” la definisce il sociologo- che den- tro la crisi si sta riposizionando, grazie all'innovazione e all'internazionalizzazione delle proprie imprese” ma anche altri soggetti, protagonisti del “capitalismo molecolare”, potranno resistere. Il sociologo li identifica “negli artigiani e nelle piccole imprese che reggono alla crisi”, personificando un capitalismo dei piccoli. Quel capitalismo che ci vede primeggiare grazie a campi marginali per altri. Fortis illustra bene il concetto, chiamando in ballo il temuto gigante asiatico cinese: “Siamo capaci di essere protagonisti in molteplici nicchie, magari inferiori per fatturato ma che, sommate, ci garantiscono un vantaggio competitivo assoluto. Siamo, ad esempio, i migliori al mondo nella produzione di macchinari per la distribuzione dei cibi e delle bevande. Una multinazionale come Ne- LAB Iulm SPECIALE HANNO DETTO Marco Fortis docente universitario e Vice Presidente Fondazione Edison Aldo Bonomi Direttore dell’Istituto di ricerca Aaster e consulente del Cnel “ Pagina 3 L’ECONOMISTA Abbiamo difficoltà oggettive nella piccola impresa e siamo più forti dei nostri concorrenti nell’indotto “ IL CONSULENTE “ ” ” Credo nella nuova figura del “commartigiano”, un mix di artigianato, commercio e rete IL SOCIOLOGO Dopo la crisi ci sarà un’evoluzione che porterà il consumatore a essere più selettivo e competente Vanni Codeluppi docente di sociologia all’Università di Modena e Reggio Emilia stlè, che chiede a un'azienda bolognese una macchina per impacchettare, entra in possesso di un prodotto unico, esattamente come un borghese che compra l'alta moda. L’hi-tech cinese, le commodities, una volta apprese, le sanno fare tutti. Nelle nostre macchine c’è la migliore tecnologia. Il post vendita, manutenzione inclusa, lo sappiamo fare soltanto noi”. Ossigeno puro, che ci riconduce ai distretti italiani, non inferiori, nel caso delle manifatture lombarde, alla “Baviera, al BadenWuttenberg”. Ma anche i distretti cambiano, e il focus si concentra sulla Lombardia, terra decisiva nell'economia italiana. Bonomi esaustivamente articola: “Parliamo di “quattro Lombardie” economiche: c’è la “prima Lombardia” del distretto alpino, in cui il problema è il turismo, la risorsa ambientale. Poi c’è la piattaforma produttiva della Pedemontana lombarda, soprattutto manifatturiera, che va dall’aeroporto di Malpensa a quello di Montichiari, passando da Lecco, Bergamo, Brescia, e ancora tutta la Brianza. Qui c'è “il motore produttivo manifatturiero”, con mezzo milione di imprese manifatturiere con più di un milione e mezzo di addetti. Poi c’è Milano, con le sue funzioni terziarie. Infine, tutta la Lombardia “agro-industriale” che è rappresentata dalla Padania». Una ricchezza, quella lombarda, che fa bene ad un Paese che forse si sente più pessimista di quanto la situazione richieda. Ma fatta l'Italia della crisi, restano da fare gli italiani. Ci pensa il sociologo Vanni Codeluppi a restituire il ritratto dell'uomo italiano dopo la crisi. L'esempio è da manuale della sociologia, che non lesina il dettaglio psicologico. Spiega Codeluppi: “I “ricchi” limitano gli acquisti legati allo sfarzo perché, socialmente, certe spese appaiono eticamente riprovevoli. Quindi o li limitano, oppure li rimandano sul futuro.” Resistono i consumi identitari, legati allo status sociale. Ma con una differenza basilare: “Si acquistano sottomarche, oppure si passa dalla boutique ai mercatini e ai discount”. Il “low cost” come panacea di I “ricchi” limitano gli acquisti legati allo sfarzo perché certe spese appaiono eticamente riprovevoli più in la nel tempo. C'è poi il consumatore medio, quello più colpito dal crollo dell'economia. Oltre alla oggettiva contrazione dei consumi legata alla riduzione del reddito, spende meno bloccato dal meccanismo psicologico di incertezza tutti i mali, quelli del portafoglio ma anche quelli dell'anima. Sul lettino della crisi, il soggetto si fa consapevole e porta a termine un processo di consapevolezza che parte da lon tano:“Il consumatore diventerà più selettivo e competente. E' ” un trend ormai in atto da una decina di anni, ma che la crisi ha accentuato. Se fino agli anni Ottanta avevamo un consumatore passivo, ingenuo, dagli anni novanta in poi abbiamo visto una lenta evoluzione del consumatore che è diventato più attento e che vaglia le offerte scegliendo quella migliore”. Gli anni Novanta, decennio padre di molti mali finanziari, compresa l'euforia ingiustificata di manager e pubblico che ha retto fino al crollo americano, un sistema valoriale più che un semplice modo di fare la finanza. Ma niente speranze all'orizzonte cinese. Fortis ci ammonisce. “Chi si illude che la Cina ci salverà, sbaglia. E poi non sappiamo nemmeno come sono i loro conti pubblici, le loro banche”. Il remake della crisi non lo vuole vedere più nessuno. Pagina 4 SPECIALE LAB Iulm DOSSIER Fra recessione e ripresa Ilbuconero della produzione Domenico Ferrara entro il tunnel della crisi ancora non si vede luce per le imprese del settore manifatturiero milanese. Le difficoltà continuano anche nella seconda metà del 2009. Milano va meno peggio della Lombardia, ma questa è solo una magra consolazione. Nel terzo trimestre 2009 si resta infatti all'interno di un quadro congiunturale negativo. Rispetto all'anno precedente, il capoluogo lombardo fa registrare una diminuzione dei livelli produttivi del -9,3% contro il -10,5% dell'intera regione. Numeri negativi che non cambiano nemmeno per quanto riguarda il fatturato interno ed estero del terzo trimestre 2009, rispettivamente –11,8% e –10,5%. Tuttavia, l’industria milanese conferma nel terzo trimestre 2009 l’assestamento della dinamica recessiva e si evidenzia un graduale rallentamento della caduta produttiva (-3,8% nel primo trimestre, 1,7% nel secondo e -1,5% nel terzo) dovuto sia alla decelerazione del trend negativo dei mercati esteri che di quello domestico. Miglioramenti sì, ma come piccole gocce. Il quadro emerge dall’analisi congiunturale del terzo trimestre 2009 sull’industria e l’artigianato manifatturiero di Regione Lombardia, Unioncamere e Confindustria Lombardia, con la collaborazione delle Associazioni regionali dell’Artigianato, effettuata attraverso 1.474 interviste ad aziende industriali. La fine del tunnel D L’industria manifatturiera non riesce ancora a vedere la luce dopo dodici mesi drammatici. Gli accenni di ripresa non autorizzano ottimismo: anche se non manca la fiducia delle aziende, serviranno anni prima di tornare ai livelli produttivi del periodo pre-crisi La produzione dell’artigianato manifatturiero nel terzo trimestre 2009 è diminuita del 10,1% sembra ancor più lontana se si considerano le previsioni effettuate dal centro studi di Assolombarda che ha condotto un sondaggio su 380 imprese milanesi, di cui 219 del settore manifatturiero. Emerge una situazione ormai statica e compromessa dai risultati conseguiti finora. Il fatturato del 2009 continuerà a diminuire per la gran parte delle imprese. E solo nel 2010 si intravedono germogli di crescita, da rapportare pur sempre con un 2009 critico. Per intendersi, è difficile che si recuperino i livelli precedenti allo scoppio della crisi. Il tutto dovuto al fatto che le imprese manifatturiere e della distribuzione industriale sono quelle più svantaggiate perché hanno una maggiore presenza sui mercati esteri, nonché un diretto legame con il crollo della domanda internazionale causato dalla crisi. Da un'indagine della Camera di Commercio di Milano si evince che la produzione dell’artigianato manifatturiero milanese nel terzo trimestre diminuisce del -10,1% su base annua, ma migliora rispetto alla precedente rilevazione (13,8%, nel secondo trimestre). Il calo della produzione su base annua è stato accompagnato da una ulteriore diminuzione del fatturato totale (-17,6%). Sembra quindi che l’artigianato manifatturiero non abbia ancora agganciato il trend di decelerazione della fase negativa che colpisce il settore industriale. Il segnale di fondo non è confortante, soprattutto se si considera il robusto calo dei volumi produttivi (-13,8% la variazione grezza anno su anno). Sul fronte licenziamenti, nel mese di ottobre sono state circa tre milioni le ore di cassa integrazione ordinaria autorizzate in provincia di Milano, contro i quattro milioni del mese di settembre. Per quanto riguarda invece la cassa integrazione straordinaria in provincia di Milano sono state autorizzate 3,9 milioni di ore nel mese di ottobre, in calo dell’8% rispetto al mese di settembre. Il tutto si traduce in 200 licenziamenti nel mese di ottobre. Se però il quadro complessivo delle imprese resta complessivamente negativo emerge una attenuazione del pessimismo di fondo. Ci sono meno imprenditori che stimano un calo della produzione nell'ultimo trimestre 2009 e si evidenzia un recupero delle aspettative sul mercato interno. Per quanto riguarda l’occupazione, il quadro resta improntato al pessimismo, anche se diminuisce il clima di sconforto. La fiducia non manca, insomma. Con la speranza di non essere l'unico fattore a cui aggrapparsi per vedere finalmente un po' di luce nel tunnel. LAB Iulm SPECIALE Pagina 5 Da sinistra in senso orario opere di: Franco Sarnari, Ruggero Savinio, Valerio Adami e Piero Ruggeri. E il pubblicitario si ritrovò “out” Calano gli investimenti in advertising delle aziende, ma per il Politecnico di Milano il futuro è in rete Jacopo D’Andrea media tradizionali non hanno più i guadagni pubblicitari che avevano un tempo. Nel 2009, numerose aziende hanno investito di meno in pubblicità rispetto al 2008: il calo dei loro investimenti pubblicitari sulla stampa è stato del 20%, sulla tv analogica del 10% e sulla radio del 14%. Sono i dati di una ricerca dell’Osservatorio su New Tv & Media promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con il Cefriel consorzio universitario che fa ricerca nel campo dell’Information & Communication Technology. Ma le agenzie pubblicitarie come hanno risposto alla contrazione degli investimenti? «Secondo la mia esperienza – dice Gioia Feliziani esperta di pubblicità sul web – soprattutto le agenzie rigide, che hanno strategie vecchie si trovano in difficoltà, non quelle di nuova generazione che hanno capito come sfruttare il boom Internet». Proprio il mercato dei media basato sul web, tra gli introiti della pubblicità e delle vendite dei contenuti premium (video, canzoni in streaming) dovrebbe raggiungere i 910 milioni di euro. E il 98% di questa cifra è costituito dalla pubblicità. Ma i ricercatori del politecnico di Milano dicono che le potenzialità del web sono molto superiori a questi I valori. L’espansione dei social network, la moltiplicazione dei blog e delle community stanno cambiando molto il modo di affrontare la crisi che il settore sta subendo sui canali tradizionali. Una rivoluzione web che non è ancora “monetizzata” in maniera capillare anche se «c’è un boom di nuove modalità pubblicitarie più coinvolgenti come il social media marketing (una maniera di fare comunicazione pubblicitaria interattiva sui social network n.d.r)» dice Gioia Feliziani. Ma i cambiamenti del mercato non si affrontano solo con Internet. Marzio Bonferroni, fondatore della UniOne, azienda che si occupa di comunicazione d’impresa, crede che il concetto di “agenzia pubblicitaria” sia vecchio. «Chi utilizza questo termine vuole vendere, non fornire una consulenza. Oggi lo studio della comunicazione si deve presentare come impresa non come intermediario» specifica Bonferroni. Un ciclo su cui è ancora «presto per giudicare come possa incidere sul set- tore pubblicitario» afferma il fondatore di UniOne invitando i giovani che si specializzano in comunicazione a «dire a gran voce, con coraggio, senso di verità e giustizia che “il re è nudo” come disse il bambino de “I vestiti nuovi dell’imperatore”». Terreno fertile, la rete, ma solo per i più flessibili sul mercato. Gli head hunter tornano a caccia La crisi non è ancora finita. Ma le aziende hanno ripreso a cercare nuovi manager Giovanni Felice Domenico Ferrara AA cercasi nuovi manager. Dopo una fase di stasi del mercato e i licenziamenti dell’ultimo anno, le aziende stanno ricominciando a cercare quadri e dirigenti. Per il piacere degli head hunter, i cacciatori di teste, che da qualche mese erano stati relegati in soffitta. Ma cosa cercano adesso le aziende? Ce lo spiega Daniela Bollino, Amministratore Delegato di “Key 2 People”, una società che si occupa di ricerca e selezione di manager. Dopo il periodo negativo, si può dire che adesso il mercato è ripartito? «La crisi non è passata, ma le imprese hanno ricominciato a rivolgersi a noi cacciatori di teste, per cercare nuovi manager da assumere». Cosa chiedono adesso le aziende? «Le aziende si rivolgono a noi soprat- A tutto per il middle management, i cosiddetti quadri, che svolgono un’ attività più di coordinamento che di indirizzo» . Quanto è aumentata la domanda negli ultimi mesi? « Il mercato è ripartito. Fino a tre mesi fa la domanda era pari a zero, ultimamente c’è stato un aumento pari al 30%. I settori con più richieste sono la grande distribuzione, le telecomunicazioni e la finanza, senza dimenticare, anche se in misura minore, il manifatturiero». E per quanto riguarda l’High Management, cioè i dirigenti veri e propri? «Qui la crescita della domanda si aggira intorno al 20%. In particolare bisogna segnalare il settore energetico, in forte ripresa, e quello del lusso, che a parte una piccola flessione, non si è mai fermato» . Gli stipendi dei manager sono cambiati dopo la crisi? «Sì, le retribuzioni sono un po’ calate nella loro dimensione fissa e si sono praticamente azzerate per la dimensione va- riabile, dato che le aziende sono ferme». Ma il mercato non era ripartito? «Sì, ma il problema è stabilire con che marcia, e soprattutto, per chi» . Quanto è cambiato il mestiere di “Head Hunter”? «E’ cambiato molto, perché nei momenti di grande boom, come nel 2007, il nostro contributo si limitava a fornire all’azienda i candidati. E adesso? Ora i nostri clienti si aspettano da noi una partecipazione alla soluzione del problema e una condivisione a priori dello scenario complessivo. Il nostro è diventato un ruolo più di ascolto, dal momento che le risorse da inserire sono pochissime». Che crescita di domanda vi aspettate per il prossimo anno? «Le previsioni dicono che non ci sarà una crescita folgorante ma solo una lenta ripresa. Con che ritmo però è ancora presto per dirlo» . Pagina 6 SPECIALE DOSSIER LAB Iulm Il web e i mercati di nicchia riescono a mantenere un buon passo o a conquistare nuovi spazi Ecco chi ce l’ ha fatta a non subire la crisi Noi che... Fra recessione e ripresa La crisi, si sa, ha toccato tutti i settori, senza eccezioni. Ma qualcuno è riuscito, per calcolo, per lungimiranza o più probabilmente per fortuna a scansarla senza accusare la recessione. Come? Buttandosi su nuovi mercati. Quello sempre più importante del web, ad esempio. Ecco quindi le classiche agenzie turistiche far le valige e traslocare online, dove possono garantire prezzi ridotti e contare su una clientela più vasta. O dove se non su internet le pubbliche relazioni possono svilupparsi al meglio? E non dimentichiamoci del valore consolatorio del cibo, specie quello di qualità. Si spiega così il fiorire a Milano di ristoranti e prodotti etnici, difficilmente riproducibili nelle nostre cucine. Restiamo in corsa “Amore parto, ma solo con internet” IL CASO / 3 TURISMO Mobissimo eAtrapalo. Ecco come il business dei viaggi decolla in rete Gaetano Pecoraro milanesi abbandonano le agenzie per organizzare il proprio viaggio, adesso si fa tutto nel web. Secondo una ricerca della camera di commercio di Milano cresce infatti il numero (30.000 viaggiatori) di chi nell’estate del 2009 per risparmiare ha preferito il fai date, con un calo del 12% nel 2009 rispetto all’anno precedente di clienti che hanno rinunciato all’agenzia. Numeri alla mano sembra proprio che, anche nel resto d’Italia, andare in agenzia per comprare un biglietto aereo e prenotare un hotel, costi troppa fatica. Se il mercato del turismo tradizionale è in calo, o fermo, i dati Nielsen rivelano che l’ on-line in Italia a fine 2009 sarà cresciuto rispetto allo scorso anno, arrivando a rappresentare il 16% del totale, contro un 13,7% del 2008. Ed ammonta al 60% la percentuale di coloro che, per pianificare e scegliere le proprie vacanze, si affidano al web: 13 milioni di I persone sui 20 totali che si concedono almeno una vacanza di una settimana ogni anno. Non è solo la pigrizia dei vacanzieri milanesi a decretare il successo di questo nuovo modo di pianificare la vacanza. Il fattore chiave è il risparmio. Lo hanno capito bene Expedia, Hrs, le compagnie aeree low cost da Easy jet a Ryanair, divenute società solide con fatturati da capogiro. Che il web rappresenti una prateria incontaminata, se usato sapientemente, dove seminare i propri modelli di business lo testimonia anche la crescita di tante piccole nuove società. E’ il caso, ad esempio, di un sito spagnolo di agenzia viaggi online, Atrapalo.com, che propone il Pay what you like. Ovvero: il cliente fa la sua vacanza e solo alla fine paga a secondo del gradimento. Sembra da matti, eppure nel giro di poco tempo Atrapalo e’ capace di concorrere con colossi del turismo 2.0. Altro esempio, quello di Lucia Carniglianata a Genova ma milanese d’adozione, ha studiato alla Bocconi compiendo un tale privato, con un investimento di 1 M$ da parte della Benhamou Clobal Venture, Cambrian Ventures e Index Una vecchia Vespa, il mezzo più amato dagli italiani in movimento. Rimasto nell’immaginario collettivo come il simbolo del progresso e del viaggio a buon mercato master in ‘Economia del turismo’. Lei ha dato il nome alla societa’ di cui è co-fondatrice con altri due soci, con sede a San Francisco e Milano: Mobissimo.com . Societa’ a capi- Ventures. Il suo portale conta oltre 180 siti web consultati, 58 compagnie aeree low cost, 68 compagnie aeree internazionali, agenzie di viaggi on line, hotel, autonoleggi, registra un fatturato costantemente in crescita, con una media mensile del 12%. Mobissimo significa‘’Il meglio del Movimento – spiega Lucia Carniglia- ed é il frutto di cinque anni di ricerche a Stanford University (CA). E’ stato creato con un unico scopo: permettere ai viaggiatori di risparmiare tempo e denaro e migliorare il loro modo di trovare informazioni, grazie alla capacità del sito di trovare l’offerta su misura simultanea mente tra più’ di 180 differenti siti di viaggi in 30 paesi e 5 continenti. “Attenzione, anche il tursismo 2.0 soffre di alcuni problemi – avverte Marco Montemagno guru del 2.0, inventore di Blogophere , specializzato nel settore media e turismo - in Italia e’ difficile trovare gente disposta a investire capitale a rischio. Il contrario di cio’ che avviene in America. Nel nostro Paese sono pochi, pochissimi, i personaggi capaci di investire in questo settore”. LAB Iulm SPECIALE Pagina 7 “ La buona reputazione è digitale IL CASO / 2 PUBBLICHE RELAZIONI Hagakure e Digital Pr specializzate in comunicazione online Clarissa Gigante a crisi, certo, ha colpito duramente un settore che già non se la passava bene, come quello delle agenzie di relazioni pubbliche. Lo dimostrano le previsioni per il 2009 di Assorel (Associazione italiana delle agenzie di Relazioni Pubbliche a servizio completo), che vedono solo il 3 % dei ricavi delle aziende in crescita, a fronte del 64% dei fatturati in calo e del 33% che invece resta stabile. Quasi tutte (il 92%) le imprese che riescono a mantenere un giro d’affari stabile, però, hanno deciso di buttarsi su nuovi segmenti del mercato, come quello online. Lo conferma anche Nicolò Michetti, direttore di Digital Pr (un’agenzia di pubbliche relazioni su internet, nata nel 2001 a Milano, che fa parte della multinazionale Hill & Knowlton). “L’ultimo anno è stato duro per tutti – sostiene Michetti – ma ho la sensazione che per chi come noi opera sul web sia andata un po’ meglio. I budget delle aziende si sono ridotti, ma cresce l’interesse verso questo settore”. E’ anche vero che la comunicazione online costa molto meno rispetto a quella sui mezzi tradizionali, “e il canale online è più efficace – continua Michetti – perché instaura relazioni a lungo termine, più che promuovere prodotti”. La funzione principale di questo tipo di agenzia è quella di monitorare la reputazione del brand sui nuovi media e il feedback che i consumatori spontaneamente danno. Digital Pr, comunque, resta una piccola realtà, seppur in crescita, con un fatturato intorno al milione di euro. Delle stesse dimensioni (circa 1.200.000 euro previsti per il 2009), Hagakure, agenzia milanese di internet Pr fondata nel 2006 da Marco Massarotto. “Siamo partiti in due persone e un Mac – spiega Massarotto – Ora abbiamo diciotto dipendenti, quasi tutti molto giovani. Solo ultimamente abbiamo assunto qualcuno tra i trenta e i quarant’anni”. Hagakure si occupa di monitoraggio della reputazione del brand, della gestione dei blog e delle community delle aziende e di tutte le altre forme di pubbliche relazioni digitali. L Marco Massarotto fondatore di Hagakure Nicolò Michetti, direttore di Digital Pr Il nostro segreto? Conoscere bene le dinamiche di internet e social media, senza dimenticare le strategie di comunicazione tradizionale ” “ L’ultimo anno è stato difficile per tutti, ma per chi opera sul web è andata meglio. I budget delle aziende si sono ridotti, ma cresce l’interesse verso questo settore Hagakure e Digital Pr non sono le sole a fornire questo genere di servizi, “ma il mercato è grande e in continua espansione – precisa Massarotto – C’è posto per tutti”. Nell’ultimo periodo, anche le agenzie tradizionali affiancano internet alla comunicazione sui media abituali. Con un approccio spesso sbagliato, però, come sottolinea Michetti: “Non hanno un background culturale adatto e a volte fanno disastri. Spesso si limitano a riempire il web di commenti positivi sui prodotti o a cancellare i commenti negativi. Noi questo non lo facciamo: abbiamo una ” nostra policy e le critiche, costruttive e nel limite della buona educazione, sono ben accette”. Gli fa eco, Massarotto, che identifica il vantaggio competitivo delle agenzie digitali, rispetto a quelle tradizionali, nella “conoscenza della comunicazione classica (il fondatore di Hagakure ha lavorato per anni nella pubblicità, ndr), a cui abbiniamo una grande conoscenza del web e delle sue dinamiche”. Ed entrambi sono concordi sull’importanza della specializzazione. Meglio fare una cosa sola, ma farla bene, insomma. Il piatto speziato del terzo millennio IL CASO / 3 RISTORAZIONE Il boom dei locali etnici e della spesa a “chilometro zero” Alessia Gabrielli olazioni di lavoro a budget concordato e un riso cantonese al posto di quello alla milanese. Le ricette per contrastare la crisi senza rinunciare a mangiare fuori casa non mancano. per i milanesi cercano un compromesso tra la disponibilità di spesa più limitata e l’irrinunciabile piacere di ordinare qualche piatto prelibato. Almeno dieci volte nell’ultimo anno, i residenti di Milano, ormai uno su sette di origine straniera, hanno scelto di consumare un pasto in uno degli oltre duemila ristoranti etnici, metà dei quali propongono cucina cinese. Con una spesa media inferiore a 28 euro, spopolano sapori orientali come quelli giapponesi, scelti nel 23% dei casi, secondi solo alla concorrenza cinese (56% delle preferenze). Seguono a distanza le cucine indiana e messicana (10% delle scelte), che completano il puzzle della ristorazione multiet- C nica. Un comparto che, secondo i dati della Camera di Commercio di Milano, ha visto crescere nel 2009 il numero di imprese del 24,1% (contro il 2,2 di quelle italiane), e che mette sul podio cinesi, arabi e slavi. La cena etnica vince sul pranzo nel 71% dei casi, in controtendenza con gli altri ristoranti della città, che fatturano l’80% in pausa pranzo. A beneficiare dei pasti consumati fuori casa nella pausa lavoro, come detta lo stile business della città, è il 70% dei ristoranti di cucina tipica o nazionale (per un giro d’affari di 650 milioni di euro). Un ristorante su quattro è gestito da milanesi, sotto i trent’anni nel 12% dei casi, mentre i titolari stranieri sono a capo del 40% delle ditte individuali del settore, dato che fa di Milano la punta di diamante della ristorazione multietnica in Italia, dove la media nazionale raggiunge l’8,9%, con il 17% solo in Lombardia. “Oggi un ristorante medio con una settantina di coperti fattura sui 500 mila euro, con fredo Zini, che aggiunge: “le presenze sono scese dell’8%, che in tempi di crisi è già un Ristorante arabo nel centro di Milano. Piatto forte del menù etnico, il kebab (in primo piano), a base di carne cotta allo spiedo verticale (doner), servita con pane arabo e altri condimenti a piacere un calo del 20% rispetto all’anno precedente”, dice il vicepresidente di Epam (Associazione provinciale milanese esercizi pubblici), Al- buon risultato. Il settore tiene piuttosto bene, la gente continua ad andare abitualmente al ristorante, ma taglia il numero di portate”. Addio allora a pranzi faraonici, meglio un piatto o due per gradire, senza strafare. Ma c’è anche chi non rinuncia ai prodotti agroalimentari di eccellenza, da consumare a proprio piacimento. Niente coperto e sorprese sul conto, la coda dei clienti da Eataly, nel piccolo spazio ricavato nella Coin di Piazza V Giornate, “dimostra che i milanesi sono sempre più attenti alla qualità, e preferiscono comprare ingredienti di prima scelta a chilometri zero, per poi cucinarli direttamente in casa, accompagnati da un buon vino”, dice il fondatore Oscar Farinetti. La risposta convinta dei milanesi all’esperimento di Eataly in Lombardia, dove il fatturato è arrivato quest’anno a due milioni di euro con una crescita del 20%, sprona Farinetti a raddoppiare i punti milanesi, con uno spazio di 11 mila metri quadri entro il 2011, che replicherà l’originale colosso torinese. Pagina 8 SPECIALE LAB Iulm DOSSIER Fra recessione e ripresa C’eraunavo il consumism Tengono gli alimentari. In calo auto, elettrodomestici, abbigliamento e mobili. Ma al cellulare non si rinuncia Tiziana Zaffino agli a pranzi e cene fuori casa, meno spostamenti e auto nuova rinviata. Si invece a libri, telefonini e sport. E’ questa la ricetta dei milanesi per sopravvivere alla crisi: spendere ma in modo più sobrio, sforzandosi di cambiare abitudini e stili di vita. Lo afferma l’ultima indagine della Camera di commercio e del Comune di Milano. Nel 2008, l’anno in cui è iniziata la recessione, la spesa media mensile delle famiglie milanesi si è, infatti, mantenuta pressoché stabile, ridotta di solo 4 euro: dai 2.875 del 2007 è arrivata a 2.871 euro nel 2008. Una spesa elevata se paragonata a quella della famiglia italiana, pari in media a 2.485 euro (+15,5%) e a quella del Nord (+2,2%). Anche se non tutti, a Milano, hanno la stessa disponibilità economica. La più elevata è quella di imprenditori e dirigenti superiore ai 4000 euro. Professionisti con un reddito medio hanno, ovviamente, una spesa inferiore. Le famiglie plurireddito di im- T piegati spendono circa 2.500 euro, gli operai quasi 2.200 euro. Stringono i cordoni della borsa i pensionati, che con la crisi riducono i consumi del 3%, mentre i giovani aumentano la spesa del 9%. Milano si conferma dunque una città di forti differenze: le coppie risparmiano dal 7 al 20% rispetto ai single e oltre 65 mila famiglie possono spendere solo 992 euro al mese contro gli 11.000 euro dei “super-ricchi”. Chi vive in centro spende 4.000 euro, mentre in periferia si è più contenuti con 2.700 euro. Al di là delle differenze, c’è un generale cambiamento nelle abitudini di spesa dei milanesi. Sull’onda della necessità di risparmiare, sembrano emergere modelli di consumo virtuosi, in cui il consumatore sarebbe attento a quello che compra, selettivo, esigente e informato. Ciò è visibile soprattutto per i beni non alimentari, e in particolare per quelli durevoli, come le autovetture, gli articoli di arredamento, gli elettrodomestici, e per quelli Alla riscoperta di cinema e teatro CULTURA E TEMPO LIBERO Michela Di Mario In tempo di crisi le famiglie milanesi riscoprono la cultura. Sale cinematografiche, teatri e libri sono i settori dei consumi che tengono meglio rispetto agli anni passati. Se, infatti, nel 2008 ogni singola famiglia spendeva in media 120,22 euro al mese, nel 2009 le spese mensili in questo settore sono pari a 118,20 euro. Ma c’è di più. I dati forniti dalla Camera di Commercio di Milano rivelano che nel capoluogo lombardo i consumatori spendono in media per questi settori quasi un miliardo di euro l’anno. Tradotto in percentuale significa che tempo libero e cultura incidono per il 5% sulle spese non alimentari dei con- sumatori. Tra chi spende di più le coppie con figli (+31,4% rispetto alla spesa media non alimentare), le famiglie che abitano in centro (+30,7%) e quelle con un reddito superiore ai 60.000 euro (qui si arriva al +187%). Tra quelli che spendono meno troviamo le famiglie che abitano in periferia (-12,9%) e chi è solo (-38,7%). Insomma, cinema, teatri, libri e palestre restano saldamente fra le priorità dei milanesi che, pur di non rinunciare allo svago, preferiscono tagliare su cibo e automobili. E lo slancio dei consumatori contagia anche gli imprenditori. Ad oggi, infatti sono oltre 1200 le imprese del capoluogo lombardo che si occupano di attività culturali, rappresentando ben il 70% del totale regionale. Una crescita che tra il 2008 e il 2009 è stata del 6,9%. Tra i settori culturali a Milano pesa di più quello cinematografico, con 1.065 imprese attive tra produzioni, distribuzioni e proiezioni, e una crescita del 10,6% rispetto al 2008. Seguono poi teatri e sale da concerto, con 53 attività, il 76,8% del totale lombardo. Ed ecco che salta fuori un primato: la Lombardia è la regione con il maggior numero di nuove iscrizioni di imprese nel settore (106), confermando così che il comparto culturale è significativo anche per il mondo imprenditoriale. Dati questi da non sottovalutare considerando che tradizionalmente si identifica Milano come una capitale dell'industria e della finanza. LAB Iulm SPECIALE Pagina 9 Dopo quindici anni, crolla il credito per gli acquisti li italiani hanno davvero cambiato le gente, nel frattempo, ha perso il lavoro, è andata loro abitudini di spesa. E per gli acqui- in cassa integrazione e non può permettersi questi scelgono di non contrarre prestiti. sto strumento finanziario. Le famiglie, quelle Risultato? Per la prima volta, dopo quindici anni che solitamente contraggono il prestito, sono di continua crescita, il credito al consumo crolla molto meno stupide di quanto si creda e non del 12% nei primi nove mesi del 2009. spendono per impulsi irrazionali, ma ben ponLo registra l’osservatorio delderati”. E così crollano i prestiti. l’Assofin, Associazione ita- “Le famiglie sono Da gennaio a settembre del 2009, liana del credito al consumo e rispetto allo stesso periodo del molto meno immobiliare. 2008, i prestiti finalizzati all’acstupide di quanto quisto di auto e moto hanno su“La crisi ha avuto un impatto molto pesante – ha spiegato il bito una caduta vertiginosa del si creda e non direttore operativo di Assofin, 36%, quelli per motivi personali spendono per Giuseppe Piano Mortari sono calati del 13,6%. impulsi Quest’anno, dopo un lungo “Sempre più le società di credito periodo di crescita, il credito - ha aggiunto Piano Mortari - ragirrazionali” al consumo ha avuto la prima giungono direttamente il cliente contrazione. Anche la Lombardia, che eroga più senza servirsi di intermediari, come ad esempio prestiti in Italia, ha risentito del trend negativo la concessionaria d’auto, favorendo l’increnazionale”. Nei primi nove mesi del 2009, nella mento dei prestiti personali su quelli finalizregione lombarda sono stati elargiti prestiti per zati”. Si sono difese, invece, con una piccola un valore di quasi sette miliardi di euro su un crescita dello 0,2%, le carte di credito che contotale di oltre 41 miliardi, rappresentando il sentono di rimborsare a rate il saldo di fine 16,6% del credito al consumo concesso nel mese, definite carte revolving. Anche la cespaese. Secondo il direttore di Assofin, con la sione del quinto dello stipendio ha avuto un ancrisi, le famiglie italiane hanno modificato il damento positivo, con un incremento dell’8%. modo di fare acquisti: tendono a ridurre l’ac- Guardando i dati riferiti solo al mese di settemquisto di beni durevoli, che tradizionalmente bre 2009, rispetto allo stesso periodo del 2008, sono di sostituzione, e, di conseguenza, dimi- emergono dei segni in controtendenza. Le carte nuisce la richiesta del credito. “A differenza di di credito revolving e la cessione del quinto quanto molti pensano, con la crisi – ha precisato hanno registrato una contrazione, rispettivaPiano Mortari – non sono tante le famiglie che mente del 6,1% e del 7,3%. I prestiti per beni hanno ricorso al credito per l’acquisto di beni durevoli hanno ridotto la perdita, ma hanno (t.z.) durevoli, come auto e moto. Il motivo è che la mantenuto la negatività (-15,2%). G semi-durevoli come i capi di abbigliamento, le calzature. Poche cene e pranzi al ristorante (-44,3%), meglio rimanere a casa, magari a cucinare o a leggere un libro. Quindi aumentano le spese per l’abitazione (+10,2%), per i consumi alimentari (+ 5,4%), privilegiando l’acquisto di carne, pasti pronti o da asporto, da 20 a 27 euro mensili a famiglia. Per i libri è boom: il budget cresce del 200%, da 2,8 a 8,3 euro mensili. E se i milanesi decidono di rimanere a casa, spendono meno in trasporti, usando poco i mezzi pubblici, rinunciando all’acquisto di auto e moto nuove, a fronte di maggiori costi di esercizio e manutenzione dei mezzi già posseduti, da 82 a 93 euro mensili. In linea con questo nuovo stile di vita milanese “anticrisi”, anche la riduzione della spesa destinata al tempo libero, cultura e giochi: ad esempio, per radio, hi-fi e pc c’è un calo del 34%. Invece, crisi o non crisi, ci sono alcune abitudini difficili da eliminare. Prevedibile che i milanesi non rinuncino alla cura della salute (+5,5%): cre- scono le spese per il dentista (+10,7%), occhiali da vista e protesi (+15,5%), mentre si registra il calo del 19,3% per i beni legati alla protezione sociale personale (assicurazione vita e malattia). Non si spegne l’interesse per telefonino, vacanze e sport, con un incremento della spesa tra il 15% e il 25%. I primi a fare i conti con il cambio di abitudini dei milanesi sono i negozianti. A chiudere i battenti, da gennaio a settembre 2009, sono stati 529 negozi. La Camera di commercio ha registrato, infatti, solo 756 nuove iscrizioni contro le precedenti 1285. Il settore più colpito è l’abbigliamento con ottanta saracinesche abbassate. Non si salvano neanche le bancarelle: sono 67 gli ambulanti generici che cessano l’attività. Andamento negativo per il reparto commerciale di arredo e corredo domestico, con 37 negozi chiusi. Sorprende, invece, visto l’aumento della spesa per i libri, la chiusura di cartolerie e giornalai, meno 42 unità. Probabilmente, come la crisi, non tutto ha un senso logico. “P L’INTERVISTA RENATO BORGHI Messi in crisi gli stili di vita Renato Borghi, membro di giunta della Camera di commercio di Milano I milanesi sforzano di essere più austeri e sobri nelle spese, rinunciando al superfluo “ olta mo... Come ha influito la crisi sulla spesa dei milanesi? er fronteggiare la crisi, le famiglie milanesi, hanno messo in discussione abitudini e stili di vita consolidati, sforzandosi di essere più austeri e sobri nelle spese e cercando di non rinunciare alla soddisfazione dei propri bisogni, provando a consumare meno, riducendo il superfluo e razionalizzando la spesa. In concreto com’è cambiata? Si approfitta degli sconti e delle offerte promozionali, si riduce il budget da destinare alle vacanze cercando però di non rinunciarci, si posticipano gli acquisti di beni come l’auto, magari facendo più manutenzione, si riducono gli sprechi laddove possibile. In questi dati ritroviamo quasi tutte le tendenze tipiche che poi la crisi ha accentuato: contrazione reale dei consumi, ricomposizione della spesa delle famiglie, riduzione consistente di alcune voci di spesa, come i trasporti. Ci sono segnali di miglioramento? Tra questi dati ce n’è qualcuno che dà un segnale di fiducia, e lascia presupporre che, forse, il momento più buio della crisi possa essere alle spalle. Anche i segnali di contesto generale ci indicano che il clima di fiducia delle famiglie è in lenta risalita. Incoraggianti sono anche le ultime previsioni sui dati macroeconomici, migliori rispetto alle attese. Quali sono i settori che si stanno riprendendo? Qualche segnale di ripresa si nota in particolare nel settore degli alimentari e dell'elettronica di consumo, per l'abbigliamento aspettiamo l'inizio della stagione dei saldi per fare valutazioni. (t.z.) Pagina 10 SPECIALE LAB Iulm Cibo happy hour DOSSIER Fra recessione e ripresa Spritz Alzaia Naviglio Grande €8 Sergeant Pepper’s via Vetere €6 Francesco Maddaloni na settimana: due pomeriggi in palestra, un appuntamento dove apparire al meglio, il compleanno del nipotino e la partenza il venerdì. Sette giorni a Milano senza rinunce e senza pensare di aver speso troppo. La ricetta da seguire è quella del low cost che, come in una dieta equilibrata, insegna: di tutto un pò, senza esagerazioni. Ma vivere a “basso costo” è davvero possibile? Lunedì e giovedì. Il fitness accessibile ha un solo nome: 20 hours. Le palestre, 14 sul territorio milanese, sono le più convenienti del settore. La formula low cost si riduce ulteriormente nei quattro centri 20 minutes, dello stesso gruppo. Il nome fa riferimento ad un allenamento di tipo “mordi e fuggi”: niente spogliatoi, niente docce, si arriva già in tuta, ci si lava le suole delle scarpe con un apposito getto e si sale sul tapis roulant. Il numero degli attrezzi è ridotto rispetto ai centri sportivi deluxe, GetFit e Down Town in testa, ma il prezzo è decisamente conveniente. Nella sede di Corso Genova l’abbonamento costa solo 23 euro al mese. Una vera condanna per i pigri in cerca di un alibi. Martedì. Per l’incontro di domani è richiesta l’impeccabilità, dalla testa ai piedi. Si parte dai capelli. I quartieri del taglio a buon prezzo sono Paolo Sarpi e via Giambellino. Qui parrucchieri cinesi e arabi garantiscono rapidità e professionalità a costi abbattuti: il trattamento maschile costa dagli 8 ai 10 euro. Un risparmio circa dell’80% rispetto ai colleghi italiani, le cui accuse di abusivismo e utilizzo di prodotti scadenti poco scoraggiano le ragazze che si ritrovano in coda fuori i negozi orientali al sabato pomeriggio. Anche le signore bon ton confessano di essersi rivolte agli hairstylist cinesi ma, giurano, solo per “cose semplici come una messa in piega o le doppie punte”. Per l’abbigliamento il must è un giro nei negozi H&M, Bershka o Pull and Bear: camicia 15 euro, cravattino 7, scarpe intorno ai 35. L’unico pericolo sono le “shopaholic”, le agguerrite compratrici affette dalla sindrome dell’acquisto compulsivo, U Dal sushi allo sport fino ad una borsa in affitto. Una Milano low cost fatta di piccoli compromessi e scoperte accattivanti c’è. Il trend è consolidato ma le sue evoluzioni sempre nuove. Senza dire “no” per sette giorni. Ecco come missione La del buon velocissime a sottrarre capi e a superare la fila alle casse. Evitare San Babila se si è particolarmente sensibili alla loro presenza massiccia. Se invece si vuole stupire con uno stiloso extra, la soluzione è online. Domani sera si potrà sfoggiare una tracolla di lusso senza acquistarla. Sul sito myluxury.biz le borse, infatti, si affittano. Un vero asso prezzo nella manica, soprattutto per le ragazze figlie di “Sex and The City”: una chanel 2.55 jumbo, prezzata 1.800 euro, si noleggia a 76 euro la settimana. Garantita la consegna entro 48 ore, con ritiro e trasporto a carico dello staff di myluxury.biz. Mercoledì. Prima dell’aperitivo in giro alla ricerca per il regalo al ni- potino. Da Baby Boom Boutique, in via Savona, l’usato è garantito e a metà prezzo. Un marsupio della “Chicco” si porta a casa con 8 euro. Se il piccolo è glamour andante invece, sarà meglio passare da Costumi, in via Pietro Pomponazzi. Abbigliamento, scarpe e accessori da 0 a 12 mesi usati per spot pubblicitari e film: tra i “secondhand” ben tenuti anche capi ancora imballati! Per l’ora di cena nessuna esagerazione. L’aperitivo cambia faccia e diventa una cena low cost. Non a caso, nella zona dei Navigli, per quello che una volta era lo spuntino post-lavoro c’è posto fino alle 22.00, come da Spritz, sul Naviglio grande. Qui con 8 euro è garantita la bibita e un buffet che non propina solo LAB Iulm SPECIALE Cibo sushi Pagina 11 Cibo risotto Kito Corso di Porta Ticinese Buffet libero € 18 Casottel via Fabio Massimo pasto completo € 20 RiFu Viale Coni Zugna Buffet libero € 18 Abiti casual H&M Galleria Passarella camicia € 15 Bershka Via Spadari scarpe € 35 Abiti bimbi Baby Boom Boutique via Savona marsupio porta bebé €8 Viaggi volare TUIfly a/r Milano - Berlino € 80 Vueling a/r Milano - Barcellona € 70 Farsi belli Viaggi dormire Travelmama.it ospitalità in cambio di lavori domestici Parrucchieri cinesi via Paolo Sarpi via Giambellino Couchsurfing.com chi si iscrive al portale può dormire sul divano taglio e shampoo € 8 - 10 finger food e paste fredde con cui riempirsi la pancia, ma offre carne, affettati, verdure grigliate e cous cous. Nessun limite sul numero dei piatti da riempire. Basta spostarsi verso le Colonne di San Lorenzo, in via Vetere 9, per risparmiare ulteriormente: da Sergeant Pepper’s l’aperitivo costa 6 euro. Qui, oltre alla bibita e al cibo, si aggiunge anche la mu- sica, garantita tutte le sere. Il lunedì poi è l’occasione ideale per chi esita nel dimostrarsi intraprendente. Grazie alla proposta low cost sui cocktail, prendi due e paghi uno, “offro io” non sarà più una frase taboo. Milano oltre a offrire ristoranti fusion, caffetterie dove consumare una cheesecake in perfetto sile newyorkese e cu- cine etniche di ogni tipo, propone anche alternative valide agli affezionati del risotto alla milanese con ossobuco. Per questi non ci si può esimere da una visita al Casottel, cibo lombardo D.O.C., in via Fabio Massimo: con 20 euro il pasto completo è assicurato. Il ristorante, non a caso, è nella top list del sito guru dei menù anticrisi milanesi: ilcorrieredella- polpetta.it. Anche il sushi diventa a basso costo e con il prezzo fisso di 18 euro si può mangiare quanto si vuole sia da Kito, in Corso di Porta Ticinese, che da RiFu, in Viale Coni Zugna. Venerdì e sabato. Se proprio Milano sta stretta, nulla di più facile che l’evasione a prezzi modici par- Sport fitness 20 hours & 20 minutes corso Genova abbonamento annuale € 300 tendo dal capoluogo lombardo. Bypassata la commissione d’agenzia degli enti turistici (vedi pagine 6 e 7), i viaggi sono rigorosamente “fai da te” attraverso la rete. Fanno tappa nella città meneghina le più affermate compagnie aeree low cost, quali Ryanair e Easyjet, ma anche quelle di nuova generazione, come AirBaltic, Belle Air, Germanwigs, Jet2, Mytravel e tante altre. È vero, molte di queste fanno riferimento come aeroporto milanese a Orio al Serio, più vicino a Bergamo, ma non tutte. Prenotando con circa un mese di anticipo, con TUIfly si può visitare Berlino con 80 euro e, con Vuleling, Barcellona a 70. In entrambi i casi tasse incluse e partenza da Malpensa. E per l’alloggio? Anche questo è veramente economico se si è dotati di un certo spirito di adattamento. Su travelmama.it la filosofia da seguire è quella del do ut des: l’alloggio si scambia con la disponibilità a svolgere lavori domestici. Il posto letto è assicurato durante il periodo della vacanza se si è pronti a preparare un dolce, passare l’aspirapolvere o innaffiare il giardino degli ospiti. Se la rielaborazione del vecchio concetto di “viaggiatore alla pari” in salsa internauta sembra comunque troppo polveroso, decisamente più all’avanguardia il servizio offerto dal portale couchsurfing.com. Iscrivendosi si ha la possibilità di essere ospitati in giro per il mondo saltando da un divano all’altro, naturalmente a costo zero. Domenica. Vivere low cost ha un caro prezzo: inseguire l’offerta, essere flessibili, dedicarsi alla ricerca con tempo ed energie, avere ottime competenze matematiche. Che fatica. Ne vale veramente la pena o aveva ragione la nonna quando ammoniva: “il risparmio è mezzo guadagno”? Pagina 12 SPECIALE LAB Iulm DOSSIER Fra recessione e ripresa Nell’hinterland ribasso prezzi fino al 15% Tiene il mercato residenziale di lusso A picco l’immobiliare a destinazione industriale e per gli uffici Il crollo dell’immobile Maria Rosa Pavia l boom immobiliare degli anni ’90 è un ricordo sbiadito. Il ’96 e il ’97 sono stati gli anni d’oro per gli acquisti immobiliari: le banche concedevano mutui che coprivano fino al 90-100% il costo della casa che si intendeva acquistare. Oggi, invece, si riesce a ottenere il 50% con difficoltà. La conseguenza è un deciso colpo di freni al mercato dei mutui immobiliari: in Italia, nel primo semestre 2009, si riducono i flussi del 12,5% rispetto allo stesso periodo del 2008. Si rafforza il trend di rallentamento già in atto nei principali Paesi europei. In principio furono i mutui subprime per l’acquisto della casa a soggetti senza garanzie di solvibilità adeguate a provocare il fallimento delle banche americane. Poi, la crisi che ha avuto inizio nel 2008 negli Stati Uniti, ha provocato effetti a cascata in tutto il mondo fino a raggiungere l’Italia, prima a livello finanziario e poi economico. Le condizioni più restrittive delle banche per la concessione dei mutui colpisce in maniera aspra i più deboli socialmente ed economicamente. La diretta conseguenza è l’esclusione di larghe fasce della popolazione dal mercato con l’accentuazione della matrice elitaria già insita nel settore del mattone. Lionella Maggi, presidente di FIMAA I -12,5% Il flusso dei mutui immobiliari del 2009 rispetto al primo semestre del 2008 22.500 I contratti di compravendita immobiliare stipulati nel 2009 Milano, afferma: «Se la fascia rimasti sostanzialmente stabili, più povera non riesce o riesce con i dovuti distinguo, si con maggiore difficoltà a fi- oscilla dal +1% al -5%. Nel sananziare l’acquisto, tutto il lotto buono della città, i prezzi mercato rallenta. La domanda sono rimasti stazionari o auimmobiliare è ancora presente mentati di poco con una quotazione che va dagli ma le condizioni 8 ai 10 mila economiche avverse non consen- “L’immobiliare euro/mq. Il semitono di diventa sempre centro, ossia la zona dei Bastioni, soddisfarla». La riduzione del ba- più un mercato è stabile o registra leggera flescino d’utenza ha, d’élite” una sione del 3%. Più infatti, prodotto sostanziosi i cali in un generale calo delle compravendite: a Milano periferia, dal -3% al -5%. Rinel 2008 erano andate a buon bassi assai più vertiginosi nelfine 24.000 transazioni, mentre l’hinterland con abbassamento per il 2009 si stima una ridu- dei prezzi a due cifre dai 10 ai zione di 1.500 accordi. Sareb- 15 punti percentuali. Antonio bero 22.500 i contratti, con una Pastore, presidente di Osmi riduzione del 7% rispetto al- Borsa immobiliare, commenta: l’anno precedente. Nel capo- «C’è una complessiva tenuta luogo lombardo, i prezzi sono sui prezzi. In città le quotazioni -7% Calo percentuale delle compravendite immobiliari rispetto al 2008 8.000€ La quotazione al metro quadro nella zona più chic di Milano si mantengono stabili, in parti- la lente il fenomeno della gencolare nelle zone interessate trification, o gentrificazione, dai nuovi progetti di sviluppo un processo di sostituzione soe trasformazione urbana e ciale e riqualificazione edilizia dagli investimenti immobiliari che trasforma i quartieri popoin vista dell’Expo 2015, men- lari degradati in zone abitate da tre diminuiscono famiglie benein maniera vistosa stanti. Il focus su “Gentrification Milano è stato redecentramento e provincia». da Luca morbida datto La riqualificaGaeta e si è connel quartiere centrato sul quarzione urbana e le infrastrutture Isola, situato Isola” tiere sono due fattori di nel quadrante grande peso Nord della città, nell’elaborazione delle quota- vicino alla cinta dei Bastioni. zioni immobiliari. Lidia La zona ha avuto l’identità di Diappi, docente del politec- quartiere popolare ricco di opinico di Milano che si occupa fici, birrerie e vecchie osterie. di urbanistica, ha coordinato Nel corso del tempo ha manteun rapporto interuniversitario nuto la sua memoria ma è stato sui cambiamenti insieme eco- interessato dalla riqualificanomici e sociali della città. In zione del vicinoa corso Como particolare, è stato messo sotto e, soprattutto, dal gigantesco LAB Iulm SPECIALE Pagina 13 Lavori fuori corso Da Santa Giulia a City Life: la crisi ferma i cantieri di Milano Marino. Il tutto, però, è ancora in fase di definizione. grandi piani di sviAnche gli altri progetti di Zuluppo urbanistico a nino, uno nell’ex area Falck, Milano procedono a a Sesto San Giovanni, firrilento o si bloccano, in atmato da Renzo Piano, e tesa di tempi migliori. E’ quello in zona Porta Vittoria, l’effetto della crisi sul mergestito dall’Ipi s.p.a. del socio cato immobiliare, con prodi maggioranza Danilo Copgetti ambiziosi che faticano pola, sono in fase di a trovare finanziastallo, in attesa di menti pubblici e prinuovi investitori. vati e, soprattutto, Altra storia quella acquirenti. di CityLife, il piano Attualmente ci urbanistico fiore alsono sei mega canl’occhiello deltieri in diverse zone l’EXPO milanese che della città che valriqualifica il vecchio gono 8 miliardi di inquartiere fieristico, in vestimenti (in gran cui sono coinvolti i parte sostenuti dal soci industriali Ligremondo del credito) sti e Toti e quelli fipraticamente fermi. nanziari Generali e Tra questi, quelli Allianz (fra gli altri). dell’imprenditore La data di fine lavori Luigi Zunino, ex nuè stata fissata al 2015, mero uno di Risanacon la benedizione mento s.p.a., del sindaco Moratti, Il cantiere di Santa Giulia a Milano Rogoredo salvato nel novemma dei 1.200 apparbre 2009 dal fallitamenti previsti dal mento grazie al piano di in quell’area la futura citta- progetto, per ora ne sono stati rientro presentato dalle sue della della giustizia, con uno venduti (a 8.000 euro al mq) banche creditrici. L’impero spostamento del tribunale e solo 100, segno che anche dell’imprenditore piemondel carcere e il coinvolgi- nel lusso il mattone fatica a tese si è afflosciato su un mento dei fondi di Palazzo ripartire. Giovanni Felice I I megacantieri attualmente presenti nel capoluogo lombardo 8 mld L’investimento nei grandi piani di riqualificazione urbana progetto Porta Nuova che sta zione che avevano fatto criticambiando la faccia del centro care duramente questo cambiadirezionale di Milano. La cre- mento durante gli anni scita del valore delle case è Settanta. Altro fattore determistata veloce e consistente, negli nante nella variazione del merultimi 5 anni, la zona della sta- cato immobiliare è la presenza delle infrastrutzione Garibaldi ture. ha registrato un “Con la Tav Secondo Guido aumento del 21,4%. Secondo aumenterà Lodigiani, capo studi Luca Gaeta, è il valore dell’ufficio di Gabetti, la Tav stata una «gentridelle case del potrà essere un fication morbida che non ha messo 6 per cento” importante fattore di rilancio in crisi la mescolanza sociale del quartiere per le case vicine alla stazione Isola. Questo profilo differisce centrale. Nella zona, tra il 2010 dalle descrizioni tipiche della e il 2011, si prevede un augentrification anglosassone, mento nel valore degli immoche pone al centro l’espulsione bili del 6%. dei soggetti deboli». Un mi- Crescita che potrebbe mitigare glioramento che, a detta del- l’ulteriore raffreddamento dei l’esperto, non ha avuto le prezzi previsto per il prossimo caratteristiche di emargina- anno. MARIO BREGLIA Il mattone dà i numeri ma il mercato risalirà L’INTERVISTA 6 buco di circa tre miliardi di euro di debito nel bilancio, bloccando di fatto i lavori nel cantiere Santa Giulia, un lussuoso piano di riqualificazione urbana in zona Rogoredo firmato dall’architetto Norman Foster. Recentemente si è pensato di collocare onsulente ministeriale, docente universi- di 1,4 miliardi. È il dato che riflette meglio l’antario e autore di libri sull’economia im- damento generale della crisi economica, perché mobiliare: Mario Breglia, fondatore e risente dei tagli dei planning aziendali». presidente di Scenari Immobiliari, istituto indiQuale settore è riuscito a galleggiare meglio pendente di ricerche economiche sul territorio, sulla crisi? fotografa la situazione del mercato immobiliare «Il residenziale di lusso sta tenendo bene, anche a Milano. per un aspetto statistico. Si è È corretto parlare di contratto il mercato totale e il crisi anche per il matsettore ha registrato un lieve intone? Perché si inconcremento assoluto. Quindi, con trano dati una torta più piccola, la fetta discordanti? che aumenta di poco il suo vo«La crisi c’è e si vede lume appare molto più grande. dalla riduzione delle A Milano, le case con un costo compravendite. Non superiore ai 5 mila euro/mq coesistono dati assoluti stituiscono 1/5 del mercato. perché le tecniche di riQuelle sopra i 7 mila, il 5%». levazione sono diverse. Cosa può dire riguardo ai Scenari immobiliari contratti di locazione? compie un’indagine a «Nonostante la crisi del settore, campione e in seguito gli affitti non sono scesi. Inolopera una proiezione tre, il proprietario di casa è sestatistica. L’Agenzia lettivo: l’inquilino dev’essere delle entrate, invece, rebianco, single, non deve vivere gistra il momento del prevalentemente a Milano. passaggio di proprietà Purtroppo, in questo settore che può essere succesmolti dati sfuggono al controllo sivo o effettuato in a causa della notevole presenza un’altra città». di un mercato sommerso. Gli Mario Breglia Il settore colpito più affitti in nero non garantiscono duramente? l’inquilino in caso di sfratto. In «L’immobiliare industriale ha avuto un crollo aggiunta, proliferano i contratti atipici, rinnodel 50% in Italia. In Lombardia abbiamo assi- vabili ogni tre o sei mesi». stito a un calo del 40% rispetto al 2008. Anche Cosa si aspetta dal mercato immobiliare nel il mercato degli uffici ha sofferto nel 2009 di 2010? una discesa, circa il 30% in meno di scambi. «Credo che l’anno prossimo andrà meglio. DoNel 2008 sono stati collocati 380.000 mq con vremmo restare stabili o avere una leggera inun fatturato di 1,8 miliardi versione di tendenza». Nel 2009 intorno ai 270.000mq con un fatturato m.r.p. C Pagina 14 SPECIALE LAB Iulm DOSSIER Fra recessione e ripresa Gloria Riva offre il settore tessile comasco, ma gli imprenditori non intendono gettare la spugna. Nei primi dieci mesi dell’anno le ore di cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria sono state circa 22 milioni, la performance peggiore tra le province lombarde; nel tessile, in particolare, sono 450 le aziende coinvolte pesantemente nella crisi, 10.400 i lavoratori a rischio. Considerando che le imprese del settore sono 731 e gli addetti 16.300, è il caso di parlare di pandemia. «Como da città della seta è diventata una provincia a rischio desertificazione economica - commenta Alessandro Tarpini, segretario generale della Camera del lavoro di Como – Questa era una provincia florida e una delle zone più ricche del Paese, ora è travolta da ciò che sta succedendo». Un fatto confermato anche dalla Caritas locale, che ha raddoppiato i pasti distribuiti ai poveri in pochi mesi. «Oggi le iniziative a favore del manifatturiero – continua Tarpini -, comprese quelle della politica locale, sono confuse e contraddittorie. Si è fatta strada l'idea, malata e priva di fondamento, che il nostro territorio possa fare a meno del manifatturiero. Ma le fabbriche e i laboratori danno lavoro a più della metà degli occupati comaschi ». S Non sarà roseo neppure il 2010. Ci vorranno anni prima di tornare ai livelli e alla redditività del 2007 La spinta propulsiva del motore tessile locale ha dato i primi segnali di cedimento sul finire degli anni novanta quando parte delle attività produttive sono state delocalizzate nell’Est Europa e in Oriente, aree capaci di garantire produzioni e manodopera a basso costo. Il colpo di grazia lo ha dato la crisi finanziaria del 2008: le banche hanno chiuso i Como, la città della seta, è oggi un territorio a rischio desertificazione industriale. Quella che un tempo era una delle province più ricche e floride del Paese, si trova coinvolta in una situazione di gravissima difficoltà 22 milioni Sono le ore di cassa integrazione ordinaria e straordinaria richieste dalle aziende del distretto comasco. Si tratta di una delle performance peggiori tra le province lombarde 10.400 lavoratori E’ il numero delle maestranze impiegate nel settore tessile che rischia di perdere il lavoro a causa della crisi e della contrazione di ordini. In tutto le imprese tessile del distretto comasco sono 450, su un totale di 731 imprese e 16.300 addetti Meno 40% Sopra uno scorcio del Lago di Como rubinetti del credito, le imprese più vivaci, quelle con progetti innovativi in corso, si sono ritrovare stritolate dai debiti. E’ il caso della Tessitura Ratti e della Mantero Seta, due aziende che complessivamente occupano 600 dipendenti. Le previsioni del sindacato non sono rosee: «L’industria della moda conoscerà un forte sfoltimento nel panorama competitivo. Gli episodi di crisi aziendale temo siano solo un assaggio di quanto sucederà nel 2010 », dice la Cgil. Tesi confermata dal direttore della Mantero Seta, Massimo Brunelli: «Credo che le prospettive del settore che noi serviamo stiano prendendo una direzione molto chiara, di pulizia del mercato, fino a confermare soltanto chi nel mercato avrà veramente valore da of- frire. Una pulizia che trovo ragionevole, perché in un mercato che si contrae finiranno per prevalere soltanto coloro che agli occhi del cliente avranno davvero valore. In questo contesto è chiaro che sopravvivono i più forti ». Cifre alla mano, appare sempre più evidente come la crisi abbia colpito nella stessa pesante misura tutti gli anelli della filiera serica. E non è un caso se anche Como, come hanno fatto Biella e Prato, si sia mossa per chiedere lo stato di crisi in soccorso di una situazione che si teme possa ulteriormente peggiorare. «Di momenti difficili in passato ce ne sono stati tanti, ma per quel che mi ricordo non era mai capitato una cosa simile esordisce Graziano Brenna, vice presidente di Confindu- Gli imprenditori stimano di chiudere il 2009 con una perdita di fatturato compresa tra il meno 30 e il meno 40% rispetto all’anno precedente. Dalla crisi non è stato risparmiato nessun settore della filiera tessile, tutti sono stati coinvolti nello stesso modo stria Como, a capo di un gruppo di aziende specializzate nella tintura e commercializzazione di filati -. Lo tsunami scatenato dal crac della finanza internazionale ha colpito l’intero sistema industriale. Non si è salvato nessuno, per la prima volta nella storia del tessile sono state intaccate in modo determinante e senza eccezioni tutte le tipologie di prodotto, dagli accessori all’abbigliamento ». Il picco della crisi è stato toccato lo scorso anno, una caduta verticale senza precedenti. «Poi siamo ripartiti, anche se molto lentamente. Settembre e ottobre sono stati trainati dal ripristino delle scorte, ma a novembre il vento è cambiato, si moltiplicano i segnali di rallentamento ». Tenuto conto di questo enne- simo stop, gli imprenditori stimano di chiudere il 2009 con una perdita tra -30 e-50% di fatturato rispetto all’anno precedente. Purtroppo aumentano anche le ansie per il 2010, a detta degli operatori ancora in stagnazione. «Ormai risulta chiaro che ci vorranno anni prima di tornare ai livelli e alla redditività del 2007 - commenta Brenna -. L’intera filiera deve riorganizzarsi per resistere e conservare un ruolo chiave ». Come? Con capacità progettuale, massima elasticità e flessibilità: «Magari ci si ferma il giovedì e si lavora la domenica. Insomma, tutti dobbiamo far quadrato: titolari, dipendenti, sindacati. Solo con l’unione delle forze si può sperare di mantenere in vita questo mestiere ». La SETA tramonta sul lago LAB Iulm SPECIALE Pagina 15 I gomitoli di seta sono solo una delle numerose produzioni tessili che hanno reso famosa e ricca la provincia di Como. Oggi il settore è in difficoltà. Il tessile si innova e impara a vestire gli organi del corpo essuti che sostituiscono quelli tendinei gravemente danneggiati, garze e filati che curano ulcere profonde di pazienti diabetici e organi colpiti da traumi, stringhe di supporto per la crescita delle isole pancreatiche per la cura del diabete. Non si tratta di fibre venute dal futuro, ma di preziosi fili di seta, lavorati da aziende comasche e trasformati in tessuti di ultima generazione al servizio della medicina dai ricercatori della Stazione Sperimentale per la Seta di Como e Milano. La soluzione alla crisi passa anche da qui. I progetti e le loro applicazioni nascono dalla collaborazione della Stazione sperimentale con ospedali, aziende seriche e enti a livello nazionale e internazionale, ma il successo di uno studio è soprattutto frutto di un lavoro di laboratorio lungo e complesso. Protagonista di tutte le ricerche è la fibroina, una componente nobile quanto preziosa che costituisce il filo di seta e che si dimostra indicata per applicazioni mediche: se opportunamente trattata, può costituire una perfetta impalcatura per ancorare e far proliferare alcune linee cellulari poi destinate, per esempio, ad essere impiantate su pazienti ustionati. «La fibroina è una proteina particolarmente biocompatibile. Se impiantata all’interno di un tessuto, la reazione immunitaria è pressoché pari a zero», spiega Silvio Faragò, responsabile del Laboratorio di Microscopia elettronica della Stazione sperimentale seta. T Forti delle eccezionali caratteristiche delle proteina e delle sue potenziali applicazioni, i ricercatori hanno intrapreso un dialogo con le aziende seriche comasche che, da sole, non avrebbero mai potuto sopportare i costi di ricerche tanto innovative e tanto sperimentali, e hanno proposto una serie di progetti poi realizzati grazie ai fondi erogati dalla Regione. Tre anni fa, il Bennova fu il primo progetto pilota biomedico relativo alla realizzazione di bendaggi innovativi a base di fibroina estratta dagli scarti di seta per la cura di ulcere vascolari gravi e fortemente in- IL PERSONAGGIO validanti che colpiscono anziani e pazienti diabetici. Una delle prime aziende a mettere a disposizione la propria esperienza è stata la Tessitura Peverelli di Menaggio, che partecipa anche al progetto Panagenesi, fornendo «stringhe» per la proliferazione delle isole pancreatiche da trapianto in pazienti diabetici. In collaborazione con i reparti di Terapia Tissutale e Traumatologia dell’Ospedale Niguarda, è anche allo studio un particolare prodotto da utilizzare per la ricostruzione di tessuti ustionati e di tendini, il cui filo serico sarà fornito dalla Torcitura di MASSIMO PEVERELLI Domaso. «Abbiamo finalmente trovato un terreno di ascolto da parte di aziende tradizionalmente legate alla seta per produrre cravatte e foulard, ma che cominciano a intravedere un vero e proprio sbocco futuro nel settore biomedicale, tanto da voler creare una sorta di micro - divisione dedicata» sottolinea Faragò. E i progetti futuri sono davvero ambiziosi: è già allo studio una particolare calzamaglia con rilascio di fibroina e farmaci per la cura della psoriasi, in collaborazione con la Clinica dermatologica dell’Università di Milano. «Il biomedicale sarà la nuova sfida per l’azienda di famiglia» assimo Peverelli, erede della passione e della tradizione serica di famiglia, è stato uno dei primi imprenditori comaschi a mettere a disposizione la propria tecnologia e il proprio know how alla Stazione sperimentale seta. Ha partecipato al progetto Bennova che utilizzava gli scarti della seta per realizzare bendaggi innovativi a base di fibroina, e ora collabora al progetto Panagenesi, per la creazione di scaffold o supporti a base di fibroina per la proliferazione delle isole pancreatiche da trapianto. «La M mia famiglia si occupa di seta dagli anni Sessanta. Siamo sempre stati legati al territorio del lago, fino all’ultimo insediamento della nostra attività produttiva nella ex Tessitura Mantero di Menaggio», spiega l’imprenditore. Da anni, la Peverelli lavora con la Stazione sperimentale, ma il coinvolgimento in ambito biomedicale è relativamente recente. Una vera e propria sfida. Riuscire a soddisfare il mondo della moda con elevati livelli qualitativi e con tecnologie innovative, faceva parte di una tradizione e di una esperienza ormai consolidate, ma rapportarsi con ricercatori e scienziati rappresentava un salto nel buio. «All’inizio non sapevamo dove saremmo andati a parare, poi con impegno, prove e anche errori siamo riusciti a soddisfare richieste per noi complesse e ora, forti di questa esperienza così specifica, intendiamo sviluppare, nel tempo, una divisione dedicata», sottolinea Peverelli. Quello che è partito come un incerto tentativo, va ora profilandosi come una futura diversificazione, una possibile alternativa alla crisi del tessile. LA SCHEDA Ilcentrodiricercaal serviziodell’industria edellacultura La stazione sperimentale per la seta di Como e Milano svolge attività di ricerca applicata per imprese private e pubbliche, mettendo a disposizione ricercatori, laboratori e strumentazioni di alto livello. Tra le diverse attività, si occupa di «Tessili Intelligenti» - manufatti tessili in grado di registrare parametri fisiologici e movimenti degli arti a fini riabilitativi;«Nanotecnologie» - funzionalizzazione di tessuti mediante modificazione a livello atomico delle superfici; «Biomedicale» - utilizzo biomedicale della fibra di seta per bendaggi superficiali e profondi, legamenti, vasi sanguigni, protesi erniarie. «Ambiente» - utilizzo razionale delle acque di lavanderia e tintura. «Beni Culturali» - conservazione di beni culturali, come la caratterizzazione di manufatti tessili di pregio sia storico che artistico. Pagina 16 SPECIALE DOSSIER LAB Iulm Undiam nonè persempre Fra recessione e ripresa Il distretto orafo valenzano è stato travolto dalla crisi ma reagisce e riparte da sé, con un’analisi accurata dei propri limiti e con la volontà di valorizzare i suoi punti di forza. Obiettivo, i nuovi mercati Sara Occhipinti alenza Po, il più importante centro in Italia per la lavorazione di gioielleria d’artigianato, è in ginocchio. I dati dell’osservatorio sul distretto, rilevati a fine giugno dal dipartimento di sociologia dell’Università del Piemonte Orientale, parlano chiaro. Cassa integrazione per 4000 dei 7000 addetti, seppur a rotazione e per brevi periodi. I numeri dell’occupazione sono altrettanto sconfortanti, indicano quest’anno un incremento di disoccupati del 300% rispetto al 2008. “Nel distretto di Valenza si sono sempre contati circa 400-500 addetti disoccupati” afferma Luciano Ponticello, Presidente del CNA, Consorzio Nazionale Artigiani di Valenza “ma sono quelli cronici, presenti in tutte le aree industriali o artigianali, mentre dal 2008 in avanti siamo giunti ad un numero che sta tra i 1700 e 1800”. I dati sui ricavi di fine 2009 seguono a ruota, con una contrazione generalizzata tra il 40% e il 50% che si riflette anche sull’export. “Questo è il dato che ci preoccupa di più” continua Ponticello “Valenza ha sempre avuto una forte vocazione esportativa e un calo così improvviso del fatturato sull’export andrà ad incidere significativamente sui valori assoluti”. Già negli ultimi 5 anni, Valenza aveva perso il suo primato negli USA, surclassata da India, Cina, Tailandia e Turchia. “Molti di noi hanno seri dubbi rispetto alla possibilità che il mercato si possa risvegliare e possa trovare interesse rispetto al prodotto di gioielleria, Valenza V nell’ambito del Piemonte è il distretto che più soffre in questo momento ” sottolinea Ponticello. Questa la situazione di Valenza Po, polo manifatturiero di rilevanza internazionale con una lunga tradizione gioielliera alle spalle. Basti pensare che fino al 2007, nella cittadina Piemontese e dintorni venivano trasformate in gioielli 30 tonnellate d’oro l’anno e che, storicamente, Valenza accoglieva il 70-80% delle pietre preziose importate in Italia dai paesi di estrazione e produzione. I piccoli e medi imprenditori valenzani tuttavia non gettano A Valenza Po arrivano il 70-80% delle pietre preziose importate in Italia la spugna, si mantengono lucidi e scandagliano il delicato momento alla ricerca di punti di appiglio per una sterzata nella direzione più opportuna. “Sicuramente siamo davanti ad una crisi complessa legata in parte al calo della domanda” afferma Germano Buzzi, amministratore delegato di Expo Piemonte Spa, il centro fieristico di Valenza “il nostro è un settore i cui acquisti vengono tagliati subito quando il mercato dispone di minor liquidità e le campagne comunicative non possono ovviare in alcun modo a questo effetto: è inutile ripetere “compra il gioiello” se le persone non hanno la disponibilità economica”. Crisi della domanda dunque ma non solo. “Ci stiamo anche domandando” incalza Ponticello “se la crisi non sia anche legata al prodotto stesso. Ci chiediamo se stiamo pensando a gioielli che hanno la capacità di essere acquistati nel mondo”. La scoperta di nuove nicchie nei mercati mondiali emergenti potrebbe esser il giro di boa ma le piccole imprese da sole non hanno gli strumenti per individuare questi spazi e per comprenderne le richieste. La mobilità in nuove aree deve portare con sé anche la consapevolezza del diverso significato che i gioielli hanno a seconda del luogo e della cultura. “Mentre in Europa” spiega Buzzi “il gioiello è diventato un accessorio moda, una manifestazione della biografia estetica di chi lo porta, in Oriente è ancora legato al vecchio significato, quello di ostentazione di potere e ricchezza”. Inoltre, l’accesso ai mercati orientali è proibitivo a causa dei dazi ineguali. “Se io voglio esportare in Cina” sottolinea Bruno Guarona, medio imprenditore e titolare del marchio Bibigì “ pago il 30% di dazio, in India il 25%, loro di contropartita ne pagano il 2,5%, in più è per noi impossibile competere sui numeri con incassatori cinesi che guadagnano 90 euro al mese lavorando 20 ore al giorno, quando da noi un incassatore prende 90 euro in mezza giornata”. Per reagire a questo scenario soffocante, subentrano allora due strategie, come evidenziano Buzzi e Ponticello: la Nel distretto Valenzano vengono trasformate in gioielli 30 tonnellate d’oro ogni anno 1200 5,6 Aziende presenti sul territorio Media addetti per ogni impresa 7000 4000 Addetti totali impiegati nel distretto valenzano 1700 Disoccupati a partire dal 2008 valorizzazione dei punti di forza del distretto, come la qualità del prodotto, l’innovazione, il design e la coesione tra i piccoli e medi imprenditori. Nonostante Valenza non abbia una forte storia cooperativistica alle spalle, nel 2008 è nato il Consorzio del Marchio di Valenza, cui hanno aderito Cassaintegrati da giugno ‘09 50% Calo dei ricavi e dell’export a fine ‘09 100 aziende, che mira a ricercare gli strumenti per veicolare le imprese in possibili nuovi luoghi di vendita. Come un’automobile che accompagni i vari laboratori artigiani negli spazi di mercato idonei e li lasci poi liberi, una volta scesi, di presentare le proprie peculiari caratteristiche. LAB Iulm SPECIALE mante Pagina 17 «Le nostre boutiques ci salvano dal crollo» L’INTERVISTA DAMIANI, BIG DEL GIOIELLO a crisi non ha certo risparmiato il marchio Damiani, leader del settore in Italia e conosciuto in tutto il mondo, che sembra aver retto al colpo abbastanza bene, come ci ha spiegato Paola Burzi, responsabile, per l’azienda valenzana, dei rapporti con gli investitori. Com’è andata l’azienda nel 2009? “Se confrontiamo i dati dell’ultimo semestre 2009, rispetto al semestre finale del 2008, troviamo i ricavi globali delle vendite in calo del 14,5%. Se però andiamo ad analizzare i ricavi per canale, troviamo due situazioni molto diverse”. Di quali canali si tratta? “Il primo è quello delle gioiellerie indipendenti, sia in Italia che all’estero: le nostre principali clienti. Il secondo è rappresentato, invece, dalle nostre boutiques dirette, sia quelle di proprietà Damiani, sia quelle a marchio Rocca che abbiamo acquistato più o meno un anno fa”. Come è variato il ricavato dei due settori dal 2008 al 2009? “Il canale rappresentato dalle gioiellerie indipendenti è in forte calo. I ricavi sono in diminuzione del 29,7% perché i rivenditori sono spaventati dalla crisi e riducendo le vendite del 10% o, addirittura, del 20%, da noi comprano meno L del 30%, inoltre sono preoccupati di non riuscire ad esaurire le scorte. Nel nostro settore è normale che si faccia un magazzino molto abbondante perché non siamo soggetti ai rischi del fashion e non vi è il pericolo che una collezione vada fuori moda. Buoni risultati, al contrario, sono giunti dalle nostre boutiques dirette. In questo caso i ricavi erano in crescita del 118%”. Spille da balia preziose, simbolo della linea di gioielleria creata da Damiani per Gianfranco Ferré Come si spiega l’eccellente risultato delle vostre boutiques di proprietà? “Grazie al contributo di tutte le boutiques Rocca che l’anno scorso non avevamo, quindi, in realtà, si tratta di un dato non omogeneo. La crescita di fatturato dovuta al marchio Rocca, inoltre, ha un’incidenza sul fatturato totale minore, rispetto a quella dei ricavi provenienti dai negozi indipendenti. Per dirla in cifre, nel 2009 grazie a Rocca abbiamo fatturato 14,7 milioni contro i 6,7 dell’anno scorso ma con i rivenditori indipendenti siamo scesi da 58,9 milioni del 2008 a 41,4 milioni di quest’anno”. Che provvedimenti avete preso per far fronte alla crisi? “Da un lato abbiamo tagliato i costi. Il personale, rispetto allo scorso anno, è stato ridotto di oltre 50 persone su un organico di circa 600 lavoratori, come anche la pubblicità è diminuita drasticamente. Dall’altro, abbiamo intrapreso delle azioni per rafforzare la nostra presenza nei mercati: abbiamo concluso un accordo di distribuzione con la catena americana Birks and Mayors ed avviato numerosi contratti di licenza con grandi marchi come Ferrari, Maserati e Ferré, iniziando a produrre linee di gioielleria per loro”. Cosa vi ha portato in dote il Natale 2009? “Abbiamo visto i primi segnali di ripresa in ottobre e questo ci ha reso ottimisti. E’ stato senz’altro meglio di quello 2008”. S.O. Dalgeniodiungiovaneorafo,lafortunadiValenzaPo LA STORIA Sara Occhipinti l distretto orafo valenzano è il principale centro produttivo di gioielleria d’Europa. Il dato può incuriosire se si pensa che a Valenza non ci sono né diamanti, né pietre preziose. La fortuna della città non nasce, infatti, dalle materie prime ma va ricercata indietro nel tempo, nella storia e nel genio di un giovane orafo valenzano: Vincenzo Melchiorre. Era il 1850 e in tutta Italia sorgevano laboratori di oreficeria. A Valenza l’unica bottega presente era quella di Caramora e Melchiorre lavorava alle sue dipendenze. I gioielli, allora, erano un prodotto realizzato su commissione, non per la vendita al dettaglio, quindi i I Vincenzo Melchiorre, orafo valenzano del XIX secolo, papà del distretto di Valenza Po due artigiani creavano i loro prodotti su richiesta di persone facoltose che disponevano di una grande quantità d’oro e di pietre preziose. Il giovane Melchiorre, seppur molto capace e stimato, era attanagliato da una profonda inquietudine: sentiva che il mondo stava per cambiare ma aveva la consapevolezza che dalla piccola città non avrebbe potuto cavalcare questo mutamento. Spinto dalla sua irrequietezza, decise di partire e cominciò a viaggiare di città in città per acquisire nuove competenze. Nel 1860 approdò a Parigi dove, finalmente, si sentì nel posto giusto al momento giusto. L’onda tanto cercata era finalmente arrivata. La città francese in quegli anni, nel pieno della seconda rivoluzione industriale, rappresentava la capitale economica del mondo. La borghesia, nuova classe emergente, si era accaparrata la scena economica, sociale e politica e voleva manifestare il suo stato di dominanza, agghindandosi di gioielli come aveva fatto un tempo l’aristocrazia. E’ in questo preciso momento che avvenne il mutamento percepito da Melchiorre. Il gioiello cambiò completamente il suo modo d’essere; diventò un prodotto da offrire in vendita, da mettere in vetrina, proprio come la moda che insorse in quel periodo. Il giovane valenzano intuì la realtà che lo circondava e riuscì a creare e vendere gioielli apprezzati. Tornato in patria, dopo più di dieci anni, fondò a Valenza Po un’azienda orafa che destò l’interesse del mercato internazionale. Dopo un trentennio di grandi successi, la fabbrica, che era arrivata a far lavorare 200 addetti, entrò in crisi alla vigilia della prima guerra mondiale, ma non morì: le maestranze non si arresero a specializzarsi in altri settori e, non potendo più lavorare da Melchiorre, costituirono tanti piccoli laboratori. La grande azienda si polverizzò in imprese di minori dimensioni che diedero così origine al distretto orafo valenzano. Pagina 18 SPECIALE DOSSIER LAB Iulm Il settore del legno soffre ma dalla Lombardia la speranza di una riscossa arriva dalla piccola industria artigianale dove a trainare il mercato sono le esportazioni LaBrianzariparte dalmobile Fra recessione e ripresa In Italia Nel 2008 il settore del mobile in Italia, secondo Cosmit/Federlegno-Arredo, ha registrato un calo della produzione del 3,4%, scesa a 22,9 miliardi. In generale l’intero settore ha subito nel 2008 una riduzione delle esportazione del 1,3% In Lombardia Il settore del mobile in Brianza occupa 21 mila addetti suddivisi in 4500 attività industriali ed artigiane. L’80% produce mobili e il restante 20% Carpenteria. Nel 2008 secondo Cosmit/Federlegno-Arredo il 52% del fatturato è dovuto alle esportazioni Il Salone Sono 300 mila i visitatori nell’edizione 2009 del Salone Internazionale del Mobile, con 300 milioni di euro movimentati, di cui 20 milioni movimentati dal distretto brianzolo. Per l’edizione 2010 sono previsti 2.300 espositori. Salvatore Filippone ici Brianza e pensi al mobile: divani, cucine, armadi, completi d’arredo, design. Lo dici oggi e lo dirai domani. Una certezza che rimane anche in tempi di crisi come questa, dove tutti hanno perso quote di mercato, e dove invece il distretto brianzolo è riuscito a tenere, con una crescita del peso delle esportazioni sul fatturato fino al 52%. Un contributo importante al settore del mobile nazionale che, invece, ha chiuso il 2008 con un calo del 3,4% della produzione, scesa a 22,9 mld di euro, e con una riduzione dell'export del 1,3 % (dati centro studi Cosmit/Federlegno-Arredo). La Brianza, territorio a nord di Milano che comprende D ben trentasei comuni - venti nella provincia di Monza e Brianza, e sedici nella provincia di Como - è il cuore centrale del mobile italiano con ben 4.500 tra attività industriali e artigiane che occupano circa 21 mila addetti di cui l'80% producono mobili e il restante Nel 2008 produzione in calo del 3,4 per cento 20% carpenteria. Se infatti le esportazioni del mobile italiano registrano un generale segno meno, a dare impulso alla domanda del mobile della Brianza sono state le esportazioni verso gli Emirati Arabi Uniti, Russia e la Grecia. Un forte calo ha subito invece l'export verso paesi come la Spagna e gli Stati Uniti, tradizionalmente mercati storici del mobile brianzolo, e che più di altri stanno subendo contraccolpi dal crollo dell'economia mondiale. L'andamento delle esportazioni delinea in Brianza uno scenario meno critico rispetto al resto del paese, anche se nei prossimi mesi alcuni mercati dell'est Europa mostreranno significative flessioni. “Questa tenuta è dovuta anche alla ricerca di nuovi mercati, quelli che in passato erano stati trascurati e che adesso, in periodo di crisi, consentono dei margini di sviluppo– dice Mario Barzaghi presidente degli imprenditori del legno-arredo di Confindustria Monza e Brianza – Ma anche alle doti del mobile brianzolo che si possono ricondurre a tre fattori: innovazione, design e tradizione; fattori che hanno reso celebre questo settore e che lo hanno contraddistinto nel mondo” conclude Barzaghi. La dimostrazione di quanto sia ancora importante l'industria briantea del legno è stata l'ul- Punti di forza: innovazione, design e tradizione tima edizione del Salone del Mobile. Una delle rassegne più importanti a livello mondiale per questo settore e che si è chiusa nell'Aprile dell'anno scorso con oltre 300.000 visitatori e con circa 300 milioni di euro tra mobili e design movimentati. Di tutta questa ricchezza, la Brianza ha avuto un grosso spicchio: 20 milioni di euro (dati Ufficio studi della Camera di commercio di Monza e Brianza). Un Salone che anche per il 2010 prevede numeri importanti con oltre 2300 espositori già prenotati e che andranno ad occupare gli oltre 210.000 metri quadri espositivi della fiera di Rho. La situazione del mobile italiano non è certo da Eldorado, ma il fatto che la Brianza tenga di fronte ad un mercato che chiude l'anno con risultati negativi a doppia cifra, è indubbiamente un dato positivo. Certo, ci vorranno ancora anni per ritornare ai risultati del 2007, ma sembra proprio che la ripresa del settore possa passareattraverso la ripresa della manifattura brianzola. Varese,l’aerospaziale LAB Iulm SPECIALE Pagina 19 decolla L’esempio di un distretto vincente dove l’export cresce Il caso di Alenia Aermacchi simbolo di un settore che non conosce crisi Maria Rosaria Iovinella istretti che planano in picchiata e altri che continuano a volare alto. La struttura a rete del sistema produttivo italiano ha retto l’onda d’urto della crisi in maniera disuguale. Un esempio di modello vincente, in Lombardia, è il distretto varesino di Vergiate, che con l’alta tecnologia aerospaziale ha segnato un incremento del 21,8% sull’export, in un semestre, quello di inizio 2009, dove, secondo i dati della Fondazione Edison, i 101 principali distretti italiani hanno segnato un calo del 21,1%. Un traino decisivo quello di Varese, considerato il dato aggregato dell’aerospaziale lombardo, stimato in crescita al 27, 6%, come indicato dall’Unione degli Industriali di Varese. Il segreto del distretto varesotto, ormai assurto a network con 100 aziende aderenti distribuite in diverse province, è la capacità di contare su progetti e commesse di lungo periodo che, grazie ad Alenia Aermacchi e Agusta Westland, con sede a Venegono e Cascina Costa, creano un effetto domino su tutto l’indotto. L’azienda di Venegono rappresenta un osservatorio privilegiato. Come afferma Graziano Resteghini, della segreteria Fim Cisl di Varese, “il settore non ha mostrato segnali preoccupanti dal punto di vista occupazionale, non ci sono state richieste di cassa integrazione e le aziende hanno gestito il tutto senza bisogno di ammor- D Fonte: Elaborazione Ufficio Studi Unione degli Industrali della Provincia di Varese tizzatori sociali” ma permane qualche perplessità sui “volumi complessivi, che vedono un rallentamento se non produttivo quantomeno commerciale. Non parlerei di contrazione, semmai di allungamento nelle consegne come testimoniano i ritardi per le consegne degli Airbus 380”. Se, per Resteghini, “parlare di crescita è inappropriato, “non si ravvedono le condizioni di difficoltà che Alenia ad esem- pio sta incontrando al Sud”. E la maxicommessa ottenuta Nessuna crisi occupazionale Fatturati in crescita dal Governo degli Emirati Arabi che in febbraio ad Abu Dhabi ha avviato la fase negoziale per l’acquisto di 48 veicoli da addestramento? Può attendere: gli Emiri hanno infatti scelto l’aereo, l’M 346, ma la concretizzazione del contratto è ancora lontana, a detta di Resteghini, essendo in discussione “le indicazioni dei requisiti”. Aermacchi, nell’accordo stipulato coi sindacati a maggio, ammette nella previsione del piano industriale che, in ambito civile, la richiesta per i velivoli regionali ed executive è in ribasso, prevedendo “un impatto significativo in termini di ricavo e fatturato per il 20102011”. Note positive arrivano dal “core business” dell’azienda, ovvero il segmento dei velivoli addestratori militari, dove Alenia dovrebbe beneficiare della ripresa della domanda e svolgere un ruolo da monopolista, essendo l’M346 l’unico candidato in linea con i requisiti Eurotraining. Segmenti che salgono e altri che scendono. Anche il narrow body (ovvero gli aerei con fusoliera di piccola sezione), non ancora del tutto evaso a livello di ordini, rischia un rallentamento mentre nel breve-medio periodo si prevede in crescita il settore dei business jet. E in Finmeccanica, la Casa Madre che controlla Alenia e Agusta, cosa dicono? La soddisfazione per commesse come quelle con gli Emirati e con l’Aereonautica (6 veicoli) è tangibile. Gli ordini al 30 settembre 2009 ammontano a 2.098 milioni di euro e presentano una crescita di 650 milioni di euro (+45%) dovuta ai maggiori ordini del segmento militare. Neanche i ricavi piangono: dal 30 settembre 2009 sono pari a 1.768 milioni di euro con un incremento di 67 milioni (+3,9%) rispetto agli €mil. 1.701 del 30 settembre 2008. “La crescita- secondo il resoconto intermedio di gestione di settembre- è proprio dovuta al maggior segmento militare, in particolare gli addestratori.” Pagina 20 SPECIALE LAB Iulm L’unica vera rivoluzione sta nella ricostituzione di un’ etica individuale e collettiva “Recuperare il piacere dell’onestà” segue dalla prima Sicuramente la ricchezza è distribuita in modo ingiusto sia nel nostro Paese che nel resto del mondo: certamente chi oggi ha il controllo dei mezzi di produzione ha anche il controllo delle fonti d’informazione e spesso anche quello delle leve del comando della finanza e, spesso, anche delle leve del potere vero e proprio, ovvero quello politico: Carlo Marx poco meno di un due secoli fa aveva fatto una diagnosi teorico-economica corretta, aveva sbagliato a farne un manifesto politico rivoluzionario, o almeno avevano sbagliato i suoi seguaci, i cosiddetti marxisti, giacchè la storia ha dimostrato che la formula politica di origine marxista è miseramente fallita, mentre le ragioni profonde economiche e sociali, che ne sottendevano la motivazione scientifica e culturale, sono rimaste esattamente valide. Naturalmente parlare oggi un linguaggio marxiano è di sicuro politically incorrect, però dire che il mondo rimane diviso tra i ricchi e i poveri, purtroppo molto più spesso tra i nuovi arricchiti e i nuovi e i vecchi poveri è assolutamente vero. È vero anche a livello planetario, dove la parte ricca e opulenta del mondo che è la minoranza, quella cosiddetta capitalista, utilizza e disperde risorse e ricchezze naturali e costruite, appartenenti al resto dell’umanità, la maggioranza, che si trova nei Paesi, ridicolmente definiti, “in via di sviluppo” – è stato codificato anche un acronimo PVS ! – sempre più poveri e sempre più “arrabbiati”. Sta in capo a questa analisi da un lato la forte onda migratoria che nel nostro tempo attraversa tutti i Continenti da Oriente a Occidente, da Sud a Nord del mondo, come sta pure in capo a questa analisi il nuovo scontro di culture – un tempo si sarebbe parlato di “classe” – che va sempre più caratterizzando con azione spesso sconsiderate e al limite della criminalità organizzata, la vita delle nostre città, delle nostre campagne e delle nostre genti, giovani e vecchie, ricche e povere. La cosa più orribile è che il crinale della differenza non si cerca più, anche se è sempre quello, nella scorretta distribu- zione della ricchezza, bensì nella diversità di religione, di razza o di cultura. Il nuovo razzismo, che sempre più attraversa le nostre strade e le nostre culture, spesso le nostre anime, nasconde ragioni di natura economica, che acquistano colori e connotazioni diverse un po’ per comodità dei gestori dei poteri, un po’ per semplificazione del “quarto potere”, il sistema dell’informazione, sempre più asservito alle lobbies del potere finanziario e politico. La vera crisi è, dunque, morale, prima che economica o sociale: sarebbe più facile gestire sia i rapporti interni, che quelli internazionali, se i veri detentori del potere mondiale cominciassero a perseguire davvero le ricchezze criminali, quelle cioè realizzate in modo scorretto, violando leggi positive e morali, evadendo regole e sistemi di gestione e di controllo fisiologico e giuridico corrompendo e concutendo, sfruttando, talora con lo stesso strumento della corruzione, i più deboli sia in termini fisici, che in termini economici ed etici. La responsabilità non è mai distribuita equamente neppure in questi casi: gli effetti della crisi sono pagati da tutti i più deboli e sfiorano appena i più forti. È accaduto nella recente crisi finanziaria internazionale, accade ogni giorni nelle imprese – dove pagano per prime quelle piccole e medie – accade nelle università – dove l’egualitarismo distributivo delle risorse ha sempre premiato i più grandi, senza alcuna valutazione di merito e di qualità – accade anche nella sanità – dove lo sperpero è stato sempre premiato dalle lungaggini dell’azione giudiziaria. Basti vedere gli ostacoli che sta incontrando negli Stati Uniti il Presidente Obama per dare una qualche forma di as- sistenza sanitaria anche ai più deboli: le grandi lobbies sanitarie e assicurative e, di conseguenza, anche politiche si stanno battendo contro di lui come leoni. L’unica vera rivoluzione sta nella ricostituzione di una soglia etica nelle coscienze individuali e collettive, che recuperi il piacere dell’onestà insieme alla forza dell’indignazione. Purtroppo non ci si riesce più ad indignare: e questo vuol dire che la partita è perduta. La forza dell’indignazione è l’unica forza che non costa nulla, ma che riesce a sprigionare un’energia, che nessuna legge fisica riuscirà mai a calcolare: infatti è infinita. È come l’acqua, la sua purezza va cercata nelle sorgenti di montagna, alla sua fonte originaria, prima che inizi il suo percorso inquinato: la nostra acqua sono i nostri giovani. Distruggere una sorgente è criminale, come è ancora più criminale distruggere la coscienza etica e civile nei nostri giovani, perché equivale ad inquinare il futuro dell’umanità, che proprio non ci appartiene. INFO E CONTATTI Giovanni Puglisi 02/891411 ORIENTAMENTO STUDENTI Lun-ven 9.30 - 12.00 14.00 - 16.30 IULM 1; Piano 3 02/891412386 Lun-Ven 9.00 - 17.00 02/891412590 Arti e Letterature IULM 4; Piano 2 Lun-Ven 9.00 - 13.00 02/891412604 Comunicazione IULM 2; Piano 2 Lun – Gio 9.00 - 13.00 14.00 - 17.30 Ven 9.00 - 13.00 14.00 - 17.00 02/891412674 Comunicazione per le relazioni internazionali www.micri.iulm.it [email protected] 02/891412233 - 2415 Economia del Libro Antico e d'Arte www.meclada.iulm.it [email protected] 02/891412443 Food Culture & Marketing Giornalismo International Communication MASTER II LIVELLO master.foodculture @iulm.it www.lab.iulm.it master.giornalismo @iulm.it 3382677584 (Lun-Ven 10.00 -18.00) 02/891412443 [email protected] nalcommunication.eu Dirigenza delle Istituzioni Scolastiche (MUNDIS) Economia, Marketing IULM 2; Piano 1 Lun - Gio 8.30 - 12.30 14.00 - 17.00 Ven 8.30 - 12.30 14.00 - 16.30 Scienze giuridiche IULM 4; Piano 1 Scrivere per appuntamento 02/891412636 istituto.scienze. 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