DA “IL GHETTO DI VARSAVIA” DI MARY BERG

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DA “IL GHETTO DI VARSAVIA” DI MARY BERG
Il diario di Mary Berg, la ragazza ebrea di 16 anni che visse l’esperienza del ghetto di Varsavia
dalla nascita alla sua distruzione, è una testimonianza di grandissimo valore storico e umano che
durò dal 15/11/40 al 16/5/43. Pur essendo molto giovane fu capace di osservare e riflettere con
profonda sensibilità e consapevolezza su quanto avveniva intorno a lei.
Mary e la sua famiglia riuscirono ad uscire dal ghetto poiché sua madre era cittadina americana; la
famiglia fu trasferita in Francia per essere scambiata con alcuni ufficiali tedeschi catturati dalle
truppe di liberazione.
DA “IL GHETTO DI VARSAVIA”
DI MARY BERG
Il 15 novembre 1940 venne costituito il ghetto di Varsavia, in Polonia, nel quale per tre anni si
fecero esecuzioni di massa e deportazioni. Mary Berg, una ragazza ebrea di 15 anni, prese nota sul
suo diario di quanto avveniva nel ghetto.
Oggi 15 novembre 1940 è stato ufficialmente istituito il ghetto. E’ vietato agli ebrei uscire dai
confini delimitati da certe strade. Muratori ebrei costruiscono il muro. Quelli che non lavorano con
sollecitudine vengono frustati dai sorveglianti. Nelle vie dove il traffico non è stato bloccato
completamente stazionano sentinelle tedesche. Lo spettro della fame opprime tutti.
20 maggio 1941.
E’ primavera. Sento la dolce fragranza dei fiori e dalla finestra vedo ragazze ariane passeggiare. Qui
da noi i raggi del sole vengono assorbiti dallo spesso selciato grigio e non c’è segno della
primavera. Si vedono solo i carretti degli ortolani con carote e rape vecchie, i pescivendoli offrono i
loro pesci puzzolenti, chi non ha una buona riserva di denaro non può comprare la carne, e chi ha
denaro è già fuggito di qui. E’ la mia seconda primavera al ghetto.
12 giugno 1941.
Il ghetto si affolla sempre più di ebrei; la scena che si svolge al loro arrivo è sempre uguale: la
guardia al cancello controlla l’identità e se scopre che è un ebreo gli da uno spintone con il calcio
del fucile come segno che è autorizzato ad entrare. Sono persone, donne e bambini, affamate, lacere
e malate raccolte in asili. Mi sono recato a visitarne uno, era una casa squallida, formata da una sola
grande sala, non ci sono bagni, lungo le pareti sono allineate delle brande fatte di tavole coperte di
stracci. Le condizioni igieniche sono disastrose e una moltitudine di persone chiede cibo che
nessuno è in grado di dare loro.
Qualche giorno fa un ragazzo sui diciotto anni è svenuto sul nostro portone per la fame. Lo abbiamo
sfamato ed il giovane Szymek è diventato un visitatore assiduo della famiglia del suo benefattore.
Qualcuno gli ha regalato un abito vecchio che gli pende addosso come un sacco, ma lui è fiero di
possedere un vestito completo; in poco tempo è diventato simpatico a tutti e si rende utile in
qualsiasi modo. Ho parlato con lui e la sua intelligenza e la sua fede mi hanno commosso.
31 luglio 1941.
Nei paraggi di via Grzybowska le strade sono piene di persone che muoiono di scorbuto. I corpi
mostrano solo ossa e nell’ultima fase di questa malattia si gonfiano e si coprono di bolle e di piaghe
infette. Alcuni bambini hanno perduto le dita dei piedi e si trascinano per terra gemendo, non hanno
più un aspetto umano e implorano la morte.
5 luglio 1942
La caccia all’uomo continua nel ghetto, non so da dove provenga la notizia che tutti ripetono, cioè
che gli ebrei di Varsavia abbiano solo altri quaranta giorni di vita. I tedeschi hanno bloccato intere
strade del ghetto ed entrano negli appartamenti a controllare le carte di lavoro. Chi non possiede i
documenti necessari o è inabile al lavoro, viene portato subito via, se si oppone viene fucilato sul
posto. Mentre scrivo stanno perquisendo le case poco lontane da qui.
Agosto 1942
L’asilo infantile del dottor Janusz Korczak è vuoto. Pochi giorni fa, i tedeschi hanno circondato la
casa e file di bambini sono uscite. Ogni bambino portava in mano un fagotto e indossava un
grembiule bianco; erano calmi e sorridenti, non sospettavano la loro sorte. La triste processione si è
diretta verso il cimitero, qui sono stati fucilati e il dottore per ultimo. E’ morto così uno degli
uomini più puri e nobili che siano esistiti: aveva consacrato la sua vita per i poveri e li amava come
un padre, il suo asilo infantile era per tutti noi una fonte di coraggio.
5 marzo 1944
Sono stata svegliata dal rumore delle macchine della nave. La sensazione di essere libera mi toglie
quasi il respiro. Non provavo da anni questa sensazione, anni di terrore e morte; mi sembra un
sogno, mi pare di udire ancora le grida dei torturati e l’odore dolciastro del sangue. Sotto, nel
salone, qualcuno suona il pianoforte e mi ricorda Romek, lo vedo davanti a me con le sue dita
lunghe e delicate suonare le stesse melodie di Schubert. Corro nella mia cabina e piango. Ho
creduto di poter dimenticare sulla nave l’incubo del ghetto, ma nell’oceano sconfinato vedo
continuamente le strade insanguinate di Varsavia.
“SE QUESTO E’ UN UOMO”
Voi che siete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
NUMERO 174517, PRIMO LEVI
Primo Levi, nato a Torino nel 1919 e morto nel 1987, racconta nel libro “Se questo è
un uomo” la sua esperienza nel campo di sterminio di Auschwitz. All’arrivo venivano
selezionati dai responsabili del campo: vecchi, donne e bambini erano avviati
direttamente alle camere a gas e sterminati. Gli abili al lavoro venivano rasati e
costretti ad indossare un camice a righe, tatuati con un numero di matricola e
venivano ridotti a vere e proprie larve umane, lavorando 12 ore al giorno e
mangiando poca brodaglia.
Levi fu catturato dalla milizia fascista nel 1944, ed essendo ebreo e partigiano fu
consegnato ai nazisti che lo deportarono a Auschwitz. Per sua fortuna nel 1944 il
governo tedesco stabilì di prolungare la vita media dei prigionieri da eliminare, e
questa fu la sua salvezza.
Levi cerca di resistere al lager con semplici gesti e abitudini, per non cedere alla
disperazione e conservare la sua identità, per non permettere di essere trasformato in
bestia come volevano i tedeschi.
Per me questa poesia è commovente,
istruttiva e quello che vuole
esprimere è un fatto che non dovrebbe
essere accaduto, perché l’uomo ha il
diritto di vivere bene e trattarlo così è
molto malefico e ingiusto.
Elena
A mio parere la poesia ci vuole informare
su ciò che ha passato. I sentimenti che ha
provato nel vedere i nazisti che
sterminavano, che torturavano e che
trattavano come animali gli innocenti e
le brave persone. Il poeta vuole che tutti
ricordino le brutte esperienze che sono
avvenute in quel periodo perché non
succedano mai più.
Tommaso
La poesia è triste perché ci
descrive persone trattate male e
non libere di vivere la loro vita,
private del loro nome, della loro
dignità e dei loro pensieri.
Rim
E’ una poesia triste, ma piena di
sentimento. Anche se è una poesia
sembra quasi una storia perché
con poche parole ci fa capire la vita
intera di quelle persone.
Mattia - Nicolò
Questa è una poesia strana,
speciale, che proprio non posso
definire, ma che tocca il cuore; non
ci sono grandi espressioni e parole,
ha qualcosa di mistico, ma è pura
realtà di quel che è successo e si
conserverà nel mio cuore. Il poeta
vuole solo che noi ci ricordiamo di
tutte le vittime e di ciò che è
successo perché non accada più.
Lucia
Penso che sia una vergogna
ridurre uomini e donne così. E’
una poesia forte che fa venire
voglia di stringersi alla propria
famiglia.
Francesca
Io penso che questa poesia sia molto
commovente e ci trasmette ciò che ha
vissuto. Il poeta vuole che, parlando
con i figli, ricordino le sue parole,
senza dimenticare nulla.
Virginia
Penso che questa poesia sia
emozionante e coinvolgente
perché, anche se il poeta dice cose
brutte sull’uomo e la donna,
sono cose vere accadute ad esseri
umani innocenti. Il poeta dice
cose importanti e in modo deciso,
ordinandoci di ricordarle e
trasmetterle a tutti.
Giulia
Secondo me è una poesia molto intensa
che fa capire come erano ridotte le
persone. Noi che adesso sprechiamo il
cibo perché siamo viziati, forse non
capiamo che loro per avere un goccio di
brodaglia si spezzavano in due; noi che
adesso facciamo di tutto pur di essere
belle e alla moda, forse non capiamo cosa
provassero quelle persone che venivano
ridotte in schiavitù, ma dobbiamo
ricordare e raccontare, perché questo è
successo davvero.
Sofia
Penso che questa poesia abbia un grande
significato e, secondo me, serva per non
far dimenticare le vittime dei campi di
concentramento, di come sono state
torturate, perché non succeda più. Il poeta
usa un linguaggio semplice per fare
capire meglio.
Valerio
Secondo me Primo Levi ha
descritto quello che realmente è
successo durante la sua vita, e
cerca di dirci che noi siamo
fortunati,
per
questo
non
dobbiamo
dimenticare
quel
periodo, ma farlo conoscere a tutti.
Alessandro