Abstract G.Grando sett 2012
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Abstract G.Grando sett 2012
ARIAC - PROTEO organizzano LABORATORIO DIDATTICO con SEMINARIO FORMATIVO - Biblioteca Provinciale Foggia - venerdì 21 settembre 2012 La “CIVILTÁ” della SCUOLA: RISORSA da VALORIZZARE nella CRISI La scuola pubblica è una ricchezza inestimabile di valori, saperi e competenze a cui la Società può attingere a piene mani se riusciamo a “spostare lo sguardo” dalla miseria e le difficoltà (troppo enfatizzate) alla ricchezza e le potenzialità (rimosse e sottaciute). Scaletta intervento Giuliana Grando - Il lavorio del docente e la costruzione del sé Il lavoro è quantificabile e in quanto tale monetizzabile per cui entra nel contratto sociale. Il lavorio produce un plus valore che, al contrario, non entra nel contratto, non entra nel numero discreto, anzi lo eccede. L’eccedenza nasce da uno scavo, da una beanza, da un vuoto che dà origine al soggetto e al desiderio, essa è inversamente proporzionale al vuoto: più c’é vuoto, più c’é mancanza e più c’é plus valore. Se il lavoro entra nella contabilità, il lavorio restando fuori dalla contabilità, dal numero discreto, resta non contabilizzabile come lo è il lavorio del materno e del femminile. Il lavorio delle donne è sempre stato un plus valore apportato alla Polis, ma non ha mai avuto lo stesso riconoscimento che ha il lavoro performativo, la performance virile (anche se compiuta dalle donne). Il sapere della madre e delle donne non è tutto dicibile, non riesce a passare tutto attraverso la cruna dell’ago del nostro canone simbolico: quello che eccede, che va oltre la simbolizzazione, (non tutto dicibile e contabilizzabile), va a costituire una alterità feconda: un plus valore fecondo. Questo surplus fecondo dà valore di esistenza al soggetto -non entra nel contratto di lavoroma ne costituisce la fonte di sapere invisibile e necessaria. Il plus valore fecondo dà vita al “desiderio” del docente e alla sua carica vitale. La carica vitale viene dalla relazione primaria con la madre, dal corpo materno e il suo sapere, da cui ci siamo staccati, di cui sentiamo una nostalgia profonda che ci mette al lavoro/lavorio per trovarne un possibile surrogato . La formazione della nostra soggettività (la costruzione del sé) avviene attraverso distacchi, separazioni successive, momenti di crisi (nascita, svezzamento, crisi puberale ecc.) ed esige un continuo movimento. Alla nascita abbiamo dovuto accettare di perdere una parte del godimento originario in favore dell’Altro della parola e del linguaggio, con l’aiuto del primo oggetto transizionale, la lalingua ossia la lallazione, le prime invenzioni linguistiche del bambino-tutto-godimento, che fanno da ponte tra il corpo materno e la nostra individuazione e che preparano il letto fertile su cui sorge il linguaggio, che fa risuonare il corpo nelle nostre parole e nei nostri atti. La modalità con cui ciascuno/ciascuna si separa e, allo stesso tempo, mantiene una relazione con la linguistica della vita -che proviene dal corpo materno- costituirà la nostra cifra nel mondo, la nostra particolarità. Particolarità che dovrà trovare la sua consistenza nella modalità con cui assumiamo la nostra soggettività sessuata, nel tempo ”logico”, seppur cronologico dell’adolescenza. La parola e l’atto non sono né neutri, né neutrali, essi si fondano sulla nostra soggettività in quanto sessuata. La sfida puberale è oltrepassare un guado senza bussola, compiendo un’invenzione per poter situarci nella nostra particolarità sessuata. L’anatomia non è un destino. Un docente per poter operare con il plus valore fecondo, deve avere fatto i conti con la costruzione della propria soggettività sessuata, con il proprio essere uomo o donna, o nell’eventualità, il suo essere padre o madre, ma anche il suo non essere padre e madre. Vi arriva tuttavia dopo aver “logorato” il suo narcisismo, aver accettato la perdita, lasciato cadere la pretesa di recuperare l’oggetto originario: dopo aver fatto i conti “con ciò che le/gli resta” vale a dire con quel poco di essere che può mettere nella relazione con l’Altra/Altro, nella Polis. Accettare la mancanza è un’operazione difficile a causa del cortocircuito inconscio generato dal significante “mancanza” che viene a significare contemporaneamente mancanza, in quanto difetto/sbaglio e mancanza in quanto finitezza. La finitezza dell’essere non è una colpa, ma al contrario é la possibilità di esistere con la propria particolarità. La prima ci fa dimorare nel lato narcisistico della relazione, nel corpo a corpo, nell’onnipotenza/impotenza, la seconda ci permette di mettere in relazione la nostra particolarità con la particolarità dell’Altro, degli altri. É da questa che può procedere il “desiderio del docente”. Il docente che non è “tutta/tutto” nella performance può costruire il suo sé a partire dalla posizione di chi ha il desiderio di apprendere. Capita che insegnare insegni. Il motore è l’etica che sostiene il desiderio del docente: costruire un proprio sé sessuato e un sé sessuato dell’allieva/o avendo di mira che ciò che sta compiendo non è solo un’impresa pedagogica, ma una impresa politica che “contiene l’idea di una società vista nella globalità.” Il/la docente e tutti coloro che si trovano nella Politica Prima (come la chiama Rosa) si trovano ad esercitare uno dei tre mestieri impossibili nominati da Freud. A questi tre mestieri (curare, educare, governare) Jacques Lacan, lo psicoanalista francese, lettore di Freud, ha aggiunto: far desiderare. L’impossibile sta nel fatto che non si cura, non si governa, non si educa nessuno se in una relazione tra soggetti attivi, non passivi. Educare (ivi compresa l’opera genitoriale) è impossibile perché implica occupare un posto che incontra la contingenza della soggettività dell’altra/o. Il processo dell’apprendimento, come tutto ciò che fa parte dell’umano, non va da sé e la maieutica incontra gli inciampi del “tempo logico”. Attualmente il tempo logico è schiacciato dal “fuori tempo” del bisogno, che esige una risposta immediata, senza passare per la parola. La richiesta di soddisfazione del bisogno fa sì che non si apra neppure la porta per entrare in una relazione/mediazione che struttura la relazione simbolica: non c’è spazio per il vuoto che è la via indispensabile per la formazione del desiderio. É sempre più difficile far desiderare. Siamo in un’ epoca di disamore per la parola e di dipendenza da un oggetto concreto, anche dai mezzi mediatici. É un’epoca in cui il simbolico ha un circuito corto, anzi è in cortocircuito. Le bambine/i e gli adolescenti sono bordati da borchie, tatuaggi, piercing, cellulari, ipod che creano identità fittizie. Non si tratta di crisi di identità adolescenziali temporanee. La stessa “bordatura” ce l’hanno le figlie / i figli ma anche i loro genitori. Non c’è crisi. La perdita non è accettata. La mancanza ad-essere originaria, viene letta come mancanza di qualcosa di concreto, vestibile, visibile, incorporabile, iniettabile, edibile, udibile. Il vuoto viene riempito nella pretesa di recuperare la supposta pienezza dell’Io narcisistico e il godimento perduto. Questo non va senza resti pesanti nel reale. Abitare la mancanza e far abitare la mancanza è sempre più difficile. Si tende a far Uno con l’oggetto. A questo Uno corrisponde la logica Valutativa che tende a fare di ciascuna/o una unità contabile, senza eccedenza, senza lavorio, senza il sapere del materno e del femminile. L’invito da parte della psicoanalisi è “diventare ausiliari del tempo logico, attivando ovunque la potenza delle lacune ( . . . ) insinuando la libertà di associazione, la libera associazione.” (Jacques Alain Miller) Come esempio di “abitare la mancanza e di attivazione della potenza delle lacune”, porto l’esperienza di una collega belga, Noelle De Smet, descritta in un testo (In classe come al fronte) in cui sono state raccolte le sue conferenze e i suoi esempi di intervento in classe. Dr.ssa Giuliana Grando è nata a Venezia, vive e lavora a Venezia. Psicoanalista e psicoterapeuta é supervisora e formatrice secondo l’orientamento freudiano dello psicoanalista e psichiatra parigino Jacques Lacan. La sua formazione clinica e teorica si è svolta tra Parigi, Milano, Roma e Bruxelles. Ha ricoperto e ricopre incarichi istituzionali, all’interno della SLP (Scuola Lacaniana di Psicoanalisi), di cui è membro. Segretaria del GISEP (Gruppo Italiano Scuola Europea di Psicoanalisi) di Venezia, dal momento della sua fondazione, membro e coordinatrice del GRIMP (Gruppo Medicina e Psicoanalisi), Responsabile dell’Antenna del Campo Freudiano. Già Supervisora clinica del Centro Antiviolenza del Comune di Venezia, ha collaborato all’organizzazione di Convegni sulla Violenza alle donne e ai minori con il Comune di Venezia e l’AUSSL Veneziana. Ha sviluppato una approfondita conoscenza sui traumi da abuso e maltrattamento e questo le ha permesso di occuparsi anche dei grandi traumi dell’esilio e dello sradicamento delle donne straniere in collaborazione con Wave’s. Docente dell’Istituto Freudiano per la Clinica la Terapia e la Scienza di Milano per la specializzazione in psicoterapia, vi ha insegnato Psicodiagnostica Clinica e attualmente vi insegna Psicologia dello Sviluppo. Responsabile del Centro Associato ABA di Venezia dal 2001, è terapeuta ABA dal 1993, con studio a Bologna dove ha seguito terapie individuali e di gruppo di giovani donne che soffrono di disturbi alimentari e a Venezia dove ha avviato anche una pratica di ascolto individuale e di gruppo con genitori di pazienti portatori di disturbi alimentari. Questo osservatorio particolare le ha permesso di verificare gli effetti della relazione primaria della madre con il bambino e i suoi esiti adolescenziali, all’interno dei Nuovi Sintomi della contemporaneità. Giuliana Grando ha pubblicato numerosi articoli specialistici, su molte pubblicazioni e riviste italiane e straniere. Ha curato per Bruno Mondadori, La Scoperta dell’anoressia e per Franco Angeli, Nuove schiavitù. Forme attuali nella dipendenza e Devastazione a masochismo femminile. Si occupa, tra i vari interessi, anche di solidarietà e scambi culturali, in particolare con Cuba in qualità di segretaria dell’Associazione di Amicizia di Venezia. Fabiola De Clercq con la scrittura del libro autobiografico "Tutto il pane del mondo" fonda nel 1991 l’ABA, l’Associazione per lo studio e la ricerca sull'anoressia, la bulimia e i disordini alimentari. Centro ABA Venezia ([email protected]) Orari di risposta al telefono (800.165616): lunedì, giovedì e venerdì 9.30 - 13.00 e 15.00 - 18.00. Il martedì e il mercoledì dalle 10.00 alle 13.00. Referente: dott.ssa Giuliana Grando