Scarica il programma - Festival Pianistico Internazionale di Brescia

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Scarica il programma - Festival Pianistico Internazionale di Brescia
ISTITUTO PAOLO VI
Centro internazionale
di studi e documentazione
promosso dall’Opera per l’Educazione
Cristiana di Brescia
Concerto straordinario
per la beatificazione di
papa Paolo VI
Brescia, Teatro Grande
Martedì 19 maggio 2015, ore 20.45
ISTITUTO PAOLO VI
Centro internazionale
di studi e documentazione
promosso dall’Opera per l’Educazione
Cristiana di Brescia
Brescia, Teatro Grande
Martedì 19 maggio 2015, ore 20.45
Concerto straordinario per la beatificazione di Papa Paolo VI
Riccardo Muti
direttore
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini
Filarmonica del Festival
Rainer Küchl
violinista
FRANZ Schubert (1797-1828)
Ouverture in do maggiore nello
stile italiano op. 170 D 591
Wolfgang Amadeus Mozart
(1756-1791)
Concerto n. 7 in re maggiore per
violino e orchestra K 271a
Allegro maestoso
Andante
Rondò. Allegro
Con il sostegno di:
R
Giuseppe Verdi (1813-1901)
Sinfonia da “I vespri siciliani”
Ballabili atto III da “I vespri
siciliani”: Le quattro stagioni
L’inverno
La primavera
L’estate
L’autunno
UNA VISIONE EUROPEA
DELLA MUSICA
Marco Bizzarini
C’è un filo rosso che attraversa Italia,
Austria e Francia nel programma scelto dal
maestro Riccardo Muti per la 52ª edizione
del Festival di Brescia e Bergamo. Lo
potremmo quasi considerare un omaggio
alla carriera internazionale di Luigi
Cherubini (1760-1842), illustre musicista
che dalla nativa Firenze si trasferì dapprima
a Vienna, conquistando la personale
ammirazione di Beethoven, e quindi a
Parigi, dove diresse il Conservatorio per
molti anni dando alle stampe anche un
autorevole trattato di contrappunto e fuga.
L’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini,
seguendo le orme del compositore a cui
è intitolata, intende sottolineare non solo
una forte identità nazionale ma anche
l’inclinazione a una visione europea della
musica. Ed è chiaro l’intento del maestro
Muti di valorizzare la tradizione musicale
italiana, anche nelle sue diramazioni
transalpine, dando il dovuto risalto alla
storia del melodramma pur nell’ambito di
un concerto sinfonico.
Alla vitalità delle opere di Gioachino
Rossini s’ispira senza dubbio il primo brano
in programma: l’Ouverture in do maggiore
“nello stile italiano” op. 170 di Franz
Schubert. Questa composizione risale alla
fine del 1817, epoca in cui la musica di
Rossini (da Stendhal definito il “Napoleone
della musica”) aveva conquistato l’Europa.
In verità nel 1817, due anni dopo il
Congresso di Vienna, l’astro di Bonaparte
era già tramontato, mentre quello del
genio di Pesaro si trovava ancora allo
zenit: nei teatri viennesi erano appena stati
accolti con entusiasmo capolavori come
Tancredi e L’italiana in Algeri. Schubert
rimase affascinato dal brio della musica
rossiniana e l’influsso di quello stile si può
avvertire anche in alcuni passi delle sue
prime Sinfonie. Ciò avviene puntualmente
anche nell’Ouverture in do maggiore, a
cui il fratello Ferdinand volle aggiungere il
sottotitolo “im italienischen Stile”. Il brano
si apre con un Adagio introduttivo molto
serio che ben presto lascia il posto a un
brillante Allegro percorso da caratteristici
effetti di crescendo. Comunque, al di sotto
dell’evidente scorza rossiniana, si può
cogliere molto bene anche la voce autentica
di Schubert e della civiltà musicale
viennese.
Articolato nei canonici tre movimenti, il
Concerto per violino e orchestra n. 7 in re
maggiore K 271a viene usualmente inserito
nel catalogo di Mozart anche se sulla sua
paternità i pareri degli esperti non sono
unanimi. Di quest’opera ci sono pervenute
due tardive copie manoscritte: la prima
redatta dal maestro di cappella austriaco
Aloys Fuchs (1799-1853), secondo cui
il Concerto sarebbe stato composto da
Mozart a Salisburgo nel 1777, la seconda
derivata da un supposto originale
appartenuto al direttore d’orchestra
francese Habeneck. La prima edizione
del Concerto venne pubblicata nel 1907:
da allora si è innescato un vivace dibattito
musicologico, tuttora non sopito, con
argomentazioni pro o contro l’autenticità
mozartiana. Ciò non ha impedito alla
composizione di entrare nel repertorio
di eccelsi violinisti del Novecento quali
Yehudi Menuhin e David Oistrakh. A
favore dell’attribuzione a Mozart vi sono,
fra l’altro, alcune analogie tematiche con le
musiche per il balletto Les Petits riens
K 299b, ma la scrittura della parte solistica
sembra essere stata ritoccata in vari punti
da musicisti ignoti, tra cui, probabilmente,
il violinista transalpino Pierre-Marie Baillot
(1771-1842) oppure il suo allievo Eugène
Sauzay (1809-1901). Recentemente si è
fatto anche il nome del virtuoso parigino
Rodolphe Kreutzer (1766-1831), passato
alla storia come dedicatario della più
celebre Sonata per violino e pianoforte di
Beethoven.
Il collegamento con la Francia è evidente
anche nell’ultimo gruppo di composizioni
in programma: l’Ouverture e i Ballabili Le
quattro stagioni da Les vêpres siciliennes
(1855) di Giuseppe Verdi. Secondo
accreditati pareri critici, nel panorama
del catalogo verdiano, quest’opera
occuperebbe una posizione intermedia fra
i capolavori indiscussi e le opere di natura
più problematica a causa di un soggetto
drammatico in cui la penna di Eugène
Scribe aveva elegantemente riciclato Les
Huguenots di Meyerbeer aggiungendovi la
vetusta attrezzeria scenica de La muette de
Portici di Auber. In una lettera a François
Louis Crosnier, amministratore generale
dell’Académie impériale de musique,
Verdi si era apertamente lamentato del
libretto per varie ragioni. Eppure, quando il
bussetano accettò di comporre questo suo
primo grand opéra per le scene parigine,
probabilmente nutriva la speranza di dar
vita al capolavoro del secolo e di surclassare
Meyerbeer sul suo stesso terreno.
Riascoltando alcune pagine dei Vêpres,
si ha proprio questa sensazione: di una
robustissima ispirazione musicale abbinata
a uno straordinario impegno compositivo.
Se si prende in mano la partitura, a
prescindere dal contesto teatrale e
drammaturgico, siamo sopraffatti da
uno strepitoso serbatoio di idee musicali:
basti solo pensare al magnifico tema dei
violoncelli dell’Ouverture, derivato dal
duetto cantabile tra Henri e Monfort del
terzo atto.
«Un’opera all’Opéra - osservava
giustamente Verdi - è fatica da ammazzare
un toro». Al centro dei cinque lunghi
atti di carattere nobile ed entusiasmante
s’inseriva, in omaggio alla tradizione
francese, il balletto delle Quattro stagioni,
disposte in un ordine diverso rispetto
al capolavoro di Vivaldi dato che si
cominciava dal periodo più freddo:
L’hiver, Le printemps, L’été, L’automne.
Nel bel mezzo dell’azione drammatica
s’immaginava che alla corte di Palermo
gentiluomini e dame francesi e siciliane
partecipassero a una grande festa,
assistendo allo spettacolo descritto dalla
seguente didascalia:
Un canestro sorge da terra; è formato
d’arbusti verdi di piante che non crescono
che d’inverno; le loro foglie sono coperte di
ghiaccio e di neve. Dal seno del canestro
esce una giovinetta che rappresenta
l’Inverno e che, respingendo col piede il
braciere che le sue compagne avevano
acceso, danza per riscaldarsi. I ghiacci si
sciolgono tosto al tiepido soffio dei zeffiri
che fendono l’aria. L’Inverno è scomparso.
La Primavera sorge da un canestro di
fiori, cedendo poco dopo il luogo all’Estate,
giovinetta che esce da un canestro
circondato da manipoli di spighe dorate. Il
caldo la opprime, e domanda alle Naiadi la
freschezza delle loro sorgenti. Le Bagnanti
sono messe in fuga da un Fauno che salta
fuori, precedendo l’Autunno. I suoni del
sistro e dei timballi annunziano i Satiri e le
Baccanti, le cui danze animate terminano
il Ballo.
Quando l’opera approdò nei teatri
della Penisola, con il titolo mutato di
Giovanna de Guzman per ragioni di
censura, l’accoglienza di questo inserto
strumentale e danzato fu piuttosto tiepida:
con riferimento a una rappresentazione al
teatro di Padova nel 1856, Emanuele Muzio
scrisse a Tito Ricordi che «il ballo delle
Quattro Stagioni ebbe qualche applauso,
ma finì in un glaciale silenzio». In ogni
caso la musica che Verdi scrisse per i
Ballabili, a prescindere da più o meno felici
realizzazioni coreografiche, era davvero
suggestiva e si prese una giusta rivincita,
sotto forma di trascrizioni e parafrasi,
nelle esecuzioni domestiche al pianoforte
che all’epoca allietavano i numerosi
appassionati.
Paolo VI e la musica
Paolo Bolpagni
Direttore Collezione Paolo VI
La propensione e l’interesse del Beato Paolo VI per
il mondo dell’arte sono ben noti e documentati.
Questo suo rapporto privilegiato con la dimensione
della creazione estetica è comprovato dagli scritti,
dagli interventi, dai discorsi di Giovanni Battista
Montini, risalenti sia agli anni giovanili, sia al
periodo in cui fu arcivescovo di Milano (1954-1963),
sia al pontificato (1963-1978).
Il testo forse più noto, compiuto e
organico è la Lettera agli artisti del 18
ottobre 1975, nella quale è condensato
il significato di un messaggio a lungo
meditato, e di un convinto impegno
a favore di pittori, scultori, musicisti,
architetti, letterati, uomini di teatro, cui
raramente, nei due secoli precedenti,
l’autorità ecclesiastica aveva prestato tanta
attenzione. E davvero numerosi furono gli
interventi di Paolo VI in materia: più di
settanta!
Lo spirito e la sensibilità di Montini
pervadono anche il messaggio che il
Concilio Vaticano II indirizzò agli artisti
nel giorno della chiusura dell’assise, l’8
dicembre 1965, consegnato, al termine
della celebrazione eucaristica, a Pier Luigi
Nervi in rappresentanza degli architetti,
a Giuseppe Ungaretti per gli scrittori
e poeti, e a Gian Francesco Malipiero
per i musicisti. Nel testo si colgono un
appello accorato e una sorta di richiamo
alla via pulchritudinis come tramite con
l’ultraterreno:
A voi tutti, adesso, artisti che siete
innamorati della bellezza… la Chiesa del
Concilio dice con la nostra voce: se voi siete
gli amici della vera arte, voi siete nostri
amici!
Da lungo tempo la Chiesa ha fatto
alleanza con voi…
Oggi come ieri, la Chiesa ha bisogno di voi
e si rivolge a voi…
Questo mondo nel quale noi viviamo ha
bisogno di bellezza per non cadere nella
disperazione…
Ricordatevi che siete i custodi della
bellezza nel mondo…
Siate sempre e dovunque degni del vostro
ideale…
Il Beato Paolo VI fu in contatto con
molti pittori, scultori e architetti, era
un autentico appassionato, e volle la
costituzione della Collezione d’Arte
Religiosa Moderna dei Musei Vaticani.
Importante fu anche il suo legame
con la musica, di cui possiamo trovare
tracce, al di là delle notizie sui giovanili
studi di pianoforte, nelle indimenticabili
evenienze del celebre concerto di Arturo
Benedetti Michelangeli e Agostino
Orizio tenuto in suo onore in Vaticano
l’11 ottobre 1966, o della Missa Solemnis
di Ludwig van Beethoven eseguita il
23 maggio 1970, sotto la direzione
di Wolfgang Sawallisch (con Plácido
Domingo, Kurt Moll e Christa Ludwig
tra i solisti), nella Basilica di San Pietro,
di fronte a un assorto e concentratissimo
Paolo VI e a un folto pubblico (esiste
anche una registrazione video a colori
del memorabile concerto).
Una riflessione profonda, da parte di
Papa Montini, sul ruolo, il significato e il
valore della musica la rintracciamo in un
discorso rivolto ai professori e agli allievi
del Conservatorio di Milano durante
la speciale udienza concessa nella sala
del Concistoro in Vaticano lunedì 29
marzo 1965, presenti il direttore Jacopo
Napoli, il vicedirettore Guido Farnia e
i maestri Umberto Catteni e Giovanni
Dell’Agnola. Nell’occasione, peraltro,
un giovanissimo Riccardo Muti, allora
ancora studente, condusse il coro e
l’orchestra del Conservatorio “Giuseppe
Verdi” nell’esecuzione di un Credo
concertato a quattro voci di Alessandro
Scarlatti, rielaborato da Jacopo Napoli
da un manoscritto del 1776. Riportiamo
alcuni stralci di quel discorso, nel
quale, prima di giungere al nucleo
teologico, pastorale e liturgico delle sue
argomentazioni sulla musica, all’inizio il
Beato Paolo VI rievoca le proprie visite
al Conservatorio di Milano ai tempi in
cui era arcivescovo ambrosiano:
La vostra presenza, questa mattina, ha
riportato al Nostro pensiero il ricordo
degli istanti che passammo nella vostra
Istituzione; ancora risuonano nel
Nostro intimo, come un’eco suggestiva,
le musiche bellissime, ivi ascoltate con
tanta letizia spirituale; ripensiamo
con cuore commosso agli incontri, colà
avuti, col compianto Maestro Giorgio
Federico Ghedini, del quale tanto
abbiamo apprezzato la dirittura d’uomo
e il magistero di artista, in quella sua
ricerca appassionata e raffinata di
dignissime espressioni spirituali; e così
sono tuttora vivi i ricordi relativi alla
Sua persona, caro Maestro Napoli,
che tanto autorevolmente è venuto
a raccogliere l’alta eredità del Suo
predecessore.
Vi ringraziamo, dunque, di questa vostra
presenza, che ha la virtù di riaccenderCi
così varie e indelebili memorie; essa
Ci offre altresì la gradita occasione di
ripetervi tutta la stima, con cui abbiamo
seguito e seguiamo le vostre nobili fatiche
di studio e di espressione artistica; e di
riaffermarvi tutto il rispettoso affetto,
di cui sempre vi abbiamo circondati,
vedendo in voi persone di impegno e di
sacrificio, che sanno mettere a frutto, e
quanto bene, i talenti, ad essi affidati
dalla mano creatrice di Dio…
La musica, la più immateriale e arcana
espressione d’arte, che può avvicinare
l’anima fino ai confini delle più alte
esperienze spirituali, ha la sua grande
parola da dire anche davanti al
mondo di oggi; ha il compito tremendo
e affascinante d’interpretarne le
aspirazioni, le inquietudini, il brivido di
assoluto; di placarne con un messaggio
di serenità le oscure crisi di pensiero e
di sentimento; di temperare l’aridità e il
freddo, in cui lo possono avvolgere i pur
raffinati strumenti del suo tecnicismo;
ha una missione da svolgere in nome dei
valori umani più alti e veri e duraturi,
quasi per una propedeutica alle ardue
conquiste dello spirito.
Ma anche la Chiesa attende dal vostro
magistero artistico qualcosa di grande,
di bello, di umano, di schietto, di sofferto:
sia perché le nuove esigenze, introdotte
nel culto dalla recente riforma liturgica,
richiedono il contributo personale, valido,
esperto dei musicisti del nostro tempo, per
poter lasciare una testimonianza d’arte
e di fede, non indegna del passato; sia
perché è oggi più che mai necessario uno
stretto e operante accordo tra gli uomini di
Chiesa e gli uomini dell’arte, per un mutuo
arricchimento, di cui essi non potranno che
reciprocamente gioire…
(da Insegnamenti di Paolo VI, vol. III [1965], Libreria
Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1966, pp. 206, 208)
Possediamo anche un’interessante
“contro-testimonianza” di quell’udienza
del 1965 – e di altri momenti di vicinanza
di Montini al mondo della musica – in
uno scritto, risalente all’agosto 1978, di
Jacopo Napoli (1911-1994), compositore,
professore di contrappunto e fuga e
direttore del Conservatorio di Milano
dal 1962 al 1972 (e poi di quello di Roma
dal 1972 al 1976), che aveva incontrato
l’allora arcivescovo già in varie occasioni
precedenti:
Paolo VI era già legato al Conservatorio
di Milano dai tempi in cui ricopriva la
cattedra di Cardinale Arcivescovo della
capitale lombarda; allora, più volte
aveva voluto presenziare a numerose
manifestazioni musicali e, in particolare a
quelle con la partecipazione del coro, che
si svolgevano nella Sala «Verdi»…
L’Arcivescovo Montini… si rivolgeva a me
per ottenere la Sala allo scopo di svolgere
manifestazioni di pretto carattere religioso,
con discorsi, incontri e premiazioni ai
fedeli milanesi e lombardi.
Dopo la lettera cardinalizia stabilii la
data della prima di queste manifestazioni
e attesi l’Arcivescovo ed il suo seguito,
all’ingresso del Conservatorio, accanto
allo stupendo cancello in ferro battuto che
non dimenticherò mai. Montini fu preciso
e lo accompagnai, con il suo lungo seguito
di ecclesiastici sul palcoscenico della
sala, dove fummo accolti da un applauso
particolarmente caloroso del pubblico…
Alla fine della lunga manifestazione, il
pubblico, in piedi, rivolse un nuovo lungo
applauso al suo Cardinale, applauso che,
si capì subito, era un invito a farlo parlare.
Montini si alzò, girò attorno al lungo
tavolo e si portò al centro del palcoscenico,
il più possibile vicino al pubblico e parlò
a lungo; con la testa in alto, nel silenzio
assoluto della grande sala …
Rividi ancora il Cardinale Montini, nel
Duomo e poi ancora in Conservatorio,
qualche anno dopo, per la stessa annuale
manifestazione. Io, tornando in fretta da
una commissione alla Scala, lo incontrai
nel porticato e mi comunicò la grave
malattia di Giovanni XXIII […]
La storia è nota: dopo meno di un mese
ecco l’amato Arcivescovo Montini diventar
Papa Paolo VI.
All’alba di un bel mattino primaverile,
davanti alla chiesa della Passione, due
grandi pullman partirono e dopo molte
ore si fermarono nel cortile del palazzo
apostolico.
Eccoci a Roma, con il coro, l’orchestra
degli alunni, con un folto gruppo di
insegnanti e alcune famiglie di alunni, per
un concerto nella sala del Concistoro, alla
presenza di Paolo VI che rivolse a noi…
indimenticabili parole…
Dopo il vibrante e affettuoso saluto del
Pontefice l’orchestra e il coro degli alunni,
diretti da un alunno d’eccezione quale
era Riccardo Muti, un alunno carico di
speranze e di certezze, venne eseguito il
Credo concertato di Alessandro Scarlatti,
che ritrovai fra tanti manoscritti del tempo
nella Biblioteca di San Pietro a Majella.
Fu una commovente esecuzione.
Paolo VI, che ascoltò fermo, con
sguardo luminoso di serenità, le pagine
scarlattiane, applaudì a lungo e poi si
avvicinò lentamente fra gli alunni, dei
quali molti stranieri, a tutti una parola,
uno sguardo, una stretta di mano…
(da J. Napoli, Paolo VI e la musica [1978], in «Istituto
Paolo VI. Notiziario», n. 40, Brescia, novembre 2000, pp.
62-64)
Seminario di Venegono, 1960.
Agostino Orizio suona per il
Cardinale Montini, Arcivescovo di Milano
Vaticano, 29 marzo 1965.
Un giovane Riccardo Muti con Papa Paolo VI
Vaticano, Sala del Concistoro, 11 ottobre 1966.
Paolo VI con Arturo Benedetti Michelangeli e Agostino Orizio
Riccardo Muti
in collaborazione con
Foto © Silvia Lelli
Italian
Opera
Academy
Dal 10 al 21 luglio al Teatro Alighieri la prima masterclass per direttori d’orchestra,
maestri collaboratori e cantanti su “Falstaff” di Giuseppe Verdi.
Un’occasione rara per studenti e appassionati:
l’opportunità di poter partecipare all’intero percorso di prove programmate
per la realizzazione dell’opera e alle sessioni che Riccardo Muti
dedicherà esclusivamente agli allievi effettivi selezionati
fra le centinaia di domande pervenute da tutto il mondo.
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grazie al prezioso sostegno di
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Maria Luisa Vaccari
Yoko Nagae Ceschina
A Napoli, città in cui è nato, studia
pianoforte con Vincenzo Vitale,
diplomandosi con lode nel Conservatorio
di San Pietro a Majella. Prosegue gli studi
al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di
Milano, sotto la guida di Bruno Bettinelli e
Antonino Votto, dove consegue il diploma
in Composizione e Direzione d’orchestra.
Nel 1967 la prestigiosa giuria del
Concorso “Cantelli” di Milano gli assegna
all’unanimità il primo posto, portandolo
all’attenzione di critica e pubblico. L’anno
seguente viene nominato Direttore
Principale del Maggio Musicale Fiorentino,
incarico che manterrà fino al 1980. Già
nel 1971 Muti viene invitato da Herbert
von Karajan sul podio del Festival di
Salisburgo, inaugurando una felice
consuetudine che lo ha portato, nel 2010, a
festeggiare i quarant’anni di sodalizio con la
manifestazione austriaca. Gli anni Settanta
lo vedono alla testa della Philharmonia
Orchestra di Londra (1972-1982), dove
succede a Otto Klemperer; quindi, tra il
1980 e il 1992, eredita da Eugène Ormandy
l’incarico di Direttore Musicale della
Philadelphia Orchestra.
Dal 1986 al 2005 è direttore musicale del
Teatro alla Scala: prendono così forma
progetti di respiro internazionale, come
la proposta della trilogia Mozart-Da
Ponte e la tetralogia wagneriana. Accanto
ai titoli del grande repertorio trovano
spazio e visibilità anche altri autori
meno frequentati: pagine preziose del
Settecento napoletano e opere di Gluck,
Cherubini, Spontini, fino a Poulenc, con
Les dialogues des Carmélites che gli hanno
valso il Premio “Abbiati” della critica. Il
lungo periodo trascorso come direttore
musicale dei complessi scaligeri culmina il
7 dicembre 2004 nella trionfale riapertura
della Scala restaurata dove dirige l’Europa
riconosciuta di Antonio Salieri.
Eccezionale il suo contributo al repertorio
verdiano; ha diretto Ernani, Nabucco, I
Vespri Siciliani, La Traviata, Attila, Don
Carlos, Falstaff, Rigoletto, Macbeth, La
Forza del Destino, Il Trovatore, Otello,
Aida, Un ballo in Maschera, i Due Foscari,
I Masnadieri.
La sua direzione musicale è stata la più
lunga nella storia del Teatro alla Scala.
Nel corso della sua straordinaria carriera
Riccardo Muti dirige molte tra le più
prestigiose orchestre del mondo: dai
Berliner Philharmoniker alla Bayerischen
Rundfunk, dalla New York Philharmonic
all’Orchestre National de France alla
Philharmonia di Londra e, naturalmente,
i Wiener Philharmoniker, ai quali lo lega
un rapporto assiduo e particolarmente
significativo, e con i quali si esibisce al
Festival di Salisburgo dal 1971. Invitato sul
podio in occasione del concerto celebrativo
dei 150 anni della grande orchestra
viennese, Muti ha ricevuto l’Anello d’Oro,
onorificenza concessa dai Wiener in segno
di speciale ammirazione e affetto.
Ha diretto per ben quattro volte il
prestigioso Concerto di Capodanno a
Vienna nel 1993, 1997, 2000 e 2004.
Nell’aprile del 2003 viene eccezionalmente
promossa in Francia, una “Journée
Riccardo Muti”, attraverso l’emittente
nazionale France Musique che per 14
ore ininterrotte trasmette musiche da lui
dirette con tutte le orchestre che lo hanno
avuto e lo hanno sul podio, mentre il 14
dicembre dello stesso anno dirige l’atteso
concerto di riapertura del Teatro “La
Fenice” di Venezia.
Nel 2004 fonda l’Orchestra Giovanile
“Luigi Cherubini” formata da giovani
musicisti selezionati da una commissione
internazionale, fra oltre 600 strumentisti
provenienti da tutte le regioni italiane.
La vasta produzione discografica, già
rilevante negli anni Settanta e oggi
impreziosita dai molti premi ricevuti
dalla critica specializzata, spazia dal
repertorio sinfonico e operistico classico
al Novecento. Il suo impegno civile
di artista è testimoniato dai concerti
proposti nell’ambito del progetto “Le vie
dell’Amicizia” di Ravenna Festival in alcuni
luoghi “simbolo” della storia, sia antica che
contemporanea: Sarajevo (1997), Beirut
(1998), Gerusalemme (1999), Mosca
(2000), Erevan e Istanbul (2001), New York
(2002), Il Cairo (2003), Damasco (2004), El
Djem (2005) Meknes (2006), Roma (2007),
Mazara del Vallo (2008), Sarajevo (2009),
Trieste (2010), Nairobi (2011), Ravenna
(2012), Mirandola (2013) e Redipuglia
(2014) con il Coro e l’Orchestra Filarmonica
della Scala, l’Orchestra e Coro del Maggio
Musicale Fiorentino e i “Musicians of
Europe United”, formazione costituita dalle
prime parti delle più importanti orchestre
europee, e recentemente con l’Orchestra
Cherubini.
Tra gli innumerevoli riconoscimenti
conseguiti da Riccardo Muti nel corso
della sua carriera si segnalano: Cavaliere
di Gran Croce della Repubblica Italiana
e la Grande Medaglia d’oro della Città di
Milano; la Verdienstkreuz della Repubblica
Federale Tedesca; la Legion d’Onore
in Francia (già Cavaliere, nel 2010 il
Presidente Nicolas Sarkozy lo ha insignito
del titolo di Ufficiale) e il titolo di Cavaliere
dell’Impero Britannico conferitogli dalla
Regina Elisabetta II. Il Mozarteum di
Salisburgo gli ha assegnato la Medaglia
d’argento per l’impegno sul versante
mozartiano; la Wiener Hofmusikkapelle
e la Wiener Staatsoper lo hanno eletto
Membro Onorario; il presidente russo
Vladimir Putin gli ha attribuito l’Ordine
dell’Amicizia, mentre lo stato d’Israele lo
ha onorato con il premio “Wolf” per le arti.
Moltissime università italiane e straniere gli
hanno conferito la Laurea Honoris Causa.
Ha diretto i Wiener Philharmoniker nel
concerto che ha inaugurato le celebrazioni
per i 250 anni dalla nascita di Mozart al
Grosses Festspielhaus di Salisburgo. La
costante e ininterrotta collaborazione tra
Riccardo Muti e Wiener Philharmoniker
nel 2015 raggiunge i 44 anni. A Salisburgo
per il Festival di Pentecoste a partire dal
2007 insieme all’Orchestra Giovanile Luigi
Cherubini, da lui fondata, ha affrontato
un progetto quinquennale mirato alla
riscoperta e alla valorizzazione del
patrimonio musicale, operistico e sacro, del
Settecento napoletano.
Da settembre 2010 è Direttore Musicale
della prestigiosa Chicago Symphony
Orchestra. Nello stesso anno è stato
nominato in America “Musician of the
Year” dalla importante rivista “Musical
America”. Nel febbraio 2011 il Maestro
Riccardo Muti in seguito all’esecuzione e
registrazione live della Messa da Requiem
di Verdi con la C.S.O. vince la 53a edizione
dei Grammys Awards con due premi: (1)
Best Classical Album e (2) Best Choral
Album. In marzo 2011, Riccardo Muti è
stato proclamato vincitore del prestigioso
premio Birgit Nilsson 2011 che gli è stato
consegnato il 13 ottobre a Stoccolma alla
Royal Opera alla presenza dei Reali di
Svezia, le loro Maestà il Re Carl XVI Gustaf
e la Regina Silvia. A New York in aprile
2011 ha ricevuto l’Opera News Awards. In
maggio 2011 è stato assegnato a Riccardo
Muti il Premio “Principe Asturia per le Arti
2011”, massimo riconoscimento artistico
spagnolo, consegnato da parte di sua
Altezza Reale il Principe Felipe di Asturia a
Oviedo nell’autunno successivo. Nel luglio
2011 è stato nominato membro onorario
dei Wiener Philharmoniker e in agosto
2011 Direttore Onorario a vita del Teatro
dell’Opera di Roma.
Nel maggio 2012 è stato insignito della
Gran Croce di San Gregorio Magno da Sua
Santità Benedetto XVI.
In Novembre 2012 ha ricevuto il Premio
De Sica per la Musica e la Laurea Honoris
Causa dall’Università IULM di Milano in
Arti, patrimoni e mercati.
Nel marzo 2013 ha ricevuto la laurea
honoris causa in Letterature e culture
comparate dall’Università Orientale di
Napoli e in giugno 2013 la laurea honoris
causa in Lettere dalla DePaul University
di Chicago, seguita nel 2014, sempre
a Chicago, da una nuova laurea alla
Northwestern University.
www.riccardomutimusic.com
Rainer Küchl
Primo violino della Filarmonica di Vienna
e dell’Orchestra dell’Opera di Stato di
Vienna, Professore presso l’Università
di Musica e Spettacolo di Vienna, leader
del Quartetto Küchl e del Wiener RingEnsemble.
Nato il 25 agosto 1950 a Waidhofen
an der Ybbs, Rainer Küchl intraprende
lo studio del violino all’età di 11 anni,
proseguendone la pratica presso
l’Università di Musica e Spettacolo
di Vienna dal 1964 al 1970 con Franz
Samohyl. Dal 1971 è primo violino della
Filarmonica di Vienna e dell’Orchestra
dell’Opera di Stato di Vienna. Nel 1972
ottiene l’incarico di primo violino presso
la Cappella Imperiale di Vienna, e nel
1973 il premio Mozart per la migliore
interpretazione solista.
Risale a quello stesso anno la nascita del
Quartetto Küchl da lui diretto, più noto
all’estero come Wiener Musikverein,
che, dal 1976, tiene regolarmente un
ciclo di concerti nella Sala Brahms del
Musikverein di Vienna, e che nel 1978
è premiato con la medaglia Mozart del
Mozartgemeinde Wien.
Nell’autunno del 1982 Küchl ottiene la
cattedra di violino presso l’Università di
Musica e Spettacolo di Vienna, oltre che
un incarico come professore ospite in
Giappone. Küchl si è esibito in numerosi
concerti sia in patria che all’estero, con
molte orchestre e direttori importanti tra
cui Böhm, Abbado, Bernstein e Muti.
Dal 1985 dirige il Wiener Ring-Ensemble,
che, nella celebrata tradizione della
Filarmonica di Vienna, si occupa
prevalentemente di musica da valzer.
Nello stesso anno ottiene la Medaglia
d’Oro della provincia di Salisburgo, nel
1988 la Croce d’Onore Austriaca per
la Scienza e l’Arte, e nel 1994 la Gran
Decorazione d’Onore della Repubblica
austriaca.
L’anno successivo, nel concerto della
“World Peace Orchestra” per il 50°
anniversario delle Nazioni Unite diretto
da Sir Georg Solti, è primo violino,
posizione che ricopre anche alla cerimonia
inaugurale delle Olimpiadi invernali di
Nagano, nel 1998, per la direzione di
Seiji Ozawa. Nel 2001 diventa Membro
Onorario dell’Opera di Stato di Vienna,
e nel 2010 è nominato “ambasciatore di
buona volontà” dalla città giapponese
di Kawasaki. Nello stesso anno riceve
inoltre l’Ordine del Sol Levante – Raggi
in oro con nastro da collo, prestigiosa
onorificenza dal governo giapponese.
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini
Fondata da Riccardo Muti nel 2004,
l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini
ha assunto il nome di uno dei massimi
compositori italiani di tutti i tempi attivo
in ambito europeo per sottolineare,
insieme ad una forte identità nazionale,
la propria inclinazione ad una visione
europea della musica e della cultura.
L’Orchestra, che si pone come strumento
privilegiato di congiunzione tra il mondo
accademico e l’attività professionale,
divide la propria sede tra le città di
Piacenza e Ravenna. La Cherubini
è formata da giovani strumentisti,
tutti sotto i trent’anni e provenienti
da ogni regione italiana, selezionati
attraverso centinaia di audizioni da una
commissione costituita dalle prime
parti di prestigiose orchestre europee e
presieduta dallo stesso Muti. Secondo
uno spirito che imprime all’orchestra la
dinamicità di un continuo rinnovamento,
i musicisti restano in orchestra per un
solo triennio, terminato il quale molti
di loro hanno l’opportunità di trovare
una propria collocazione nelle migliori
orchestre.
In questi anni l’Orchestra, sotto la
direzione di Riccardo Muti, si è cimentata
con un repertorio che spazia dal barocco
al Novecento alternando ai concerti
in moltissime città italiane importanti
tournée in Europa e nel mondo nel corso
delle quali è stata protagonista, tra gli
altri, nei teatri di Vienna, Parigi, Mosca,
Salisburgo, Colonia, San Pietroburgo,
Madrid, Barcellona e Buenos Aires.
All’intensa attività con il suo fondatore,
la Cherubini ha affiancato moltissime
collaborazioni con artisti quali
Claudio Abbado, John Axelrod, Rudolf
Barshai, Dennis Russel Davies, Gérard
Depardieu, Michele Campanella,
Kevin Farrell, Patrick Fournillier,
Herbie Hancock, Leonidas Kavakos,
Lang Lang, Ute Lemper, Alexander
Lonquich, Wayne Marshall, Kurt Masur,
Anne-Sophie Mutter, Kent Nagano,
Krzysztof Penderecki, Donato Renzetti,
Vadim Repin, Giovanni Sollima, Yuri
Temirkanov, Alexander Toradze, Pinchas
Zukerman.
Il debutto a Salisburgo, al Festival
di Pentecoste, con Il ritorno di Don
Calandrino di Cimarosa, ha segnato
nel 2007 la prima tappa di un progetto
quinquennale che la prestigiosa rassegna
austriaca, in coproduzione con Ravenna
Festival, ha realizzato con Riccardo Muti
per la riscoperta e la valorizzazione
del patrimonio musicale del Settecento
napoletano e di cui la Cherubini è stata
protagonista in qualità di orchestra
residente. Alla trionfale accoglienza
del pubblico viennese nella Sala d’Oro
del Musikverein, ha fatto seguito, nel
2008, l’assegnazione alla Cherubini
del prestigioso Premio Abbiati quale
miglior iniziativa musicale per “i notevoli
risultati che ne hanno fatto un organico
di eccellenza riconosciuto in Italia e
all’estero”.
Impegnativi e di indiscutibile rilievo i
progetti delle “trilogie”, che al Ravenna
Festival l’hanno vista protagonista, sotto
la direzione di Nicola Paszkowski, delle
celebrazioni per il bicentenario verdiano
in occasione del quale, sempre per la regia
di Cristina Mazzavillani Muti, l’Orchestra
è stata chiamata ad eseguire ben sei
opere al Teatro Alighieri. Nel 2012,
nel giro di tre sole giornate, Rigoletto,
Trovatore e Traviata, in seguito riprese
in una lunga tournée approdata fino a
Manama ad inaugurare il nuovo Teatro
dell’Opera della capitale del Bahrain; nel
2013, sempre l’una dopo l’altra a stretto
confronto, le opere “shakespeariane” di
Verdi: Macbeth, Otello e Falstaff. Sempre
nell’ambito del Ravenna Festival, dove
ogni anno si rinnova l’intensa esperienza
della residenza estiva, dal 2010 la
Cherubini è protagonista, al fianco di
Riccardo Muti, dei concerti per le Vie
dell’amicizia: l’ultimo, nel 2014, ai piedi
del Sacrario di Redipuglia nel centenario
della Grande Guerra, insieme a musicisti
provenienti da orchestre di tutto il
mondo.
La gestione dell’Orchestra è affidata alla
Fondazione Cherubini costituita dalle
municipalità di Piacenza e Ravenna e
dalle Fondazioni Toscanini e Ravenna
Manifestazioni. L’attività dell’Orchestra
è resa possibile grazie al sostegno del
Ministero dei Beni e delle Attività
Culturali del Turismo, Camera di
Commercio di Piacenza, Fondazione
di Piacenza e Vigevano, Confindustria
Piacenza e dell’Associazione “Amici
dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini”.
www.orchestracherubini.it
Filarmonica del
Festival Pianistico Internazionale
di Brescia e Bergamo
Nata come conseguenza dell’esperienza
triennale del Progetto Giovani con
Uto Ughi, la Filarmonica del Festival
Pianistico Internazionale di Brescia e
Bergamo si presenta come un’orchestra di
giovani musicisti di grande talento che già
hanno maturato importanti esperienze
professionali.
Al tempo stesso, la Filarmonica guarda
con particolare attenzione ai conservatori
delle città del Festival e vuole offrire ai
migliori studenti diplomandi la possibilità
di arricchire il proprio bagaglio formativo
all’interno di una compagine altamente
qualificata.
A Luca Ranieri, noto e apprezzato
musicista bresciano, è affidata la
responsabilità delle selezioni dei musicisti
che compongono l’orchestra. Prima
viola dell’Orchestra Sinfonica Nazionale
della RAI, Ranieri ha lavorato con i
maggiori direttori al mondo e ha all’attivo
numerose collaborazioni, fra cui quella
come prima viola ospite con l’Orchestra
del Teatro alla Scala e con la Filarmonica
scaligera.
La nuova formazione non solo figura
quale orchestra “in residenza” del Festival
di Brescia e Bergamo, comparendo quindi
più volte nella sua programmazione,
ma è impegnata in una sua attività
indipendente.
La Filarmonica vuole essere anche un
servizio nei confronti delle città del
Festival per avvicinare un pubblico ancora
più ampio alla grande musica attraverso
iniziative come incontri con i musicisti,
concerti pensati per le famiglie e prove
aperte.
La Filarmonica è stata presentata
ufficialmente il 16 dicembre 2013, in
occasione di un concerto benefico al
Teatro Sociale di Brescia (Sergej Krylov
solista).
A Bergamo la Filarmonica ha fatto il
suo debutto l’11 febbraio 2014 al Teatro
Sociale, con un concerto nell’ambito delle
iniziative per il “Giorno del Ricordo”,
ricorrenza in cui si commemorano
le vittime dei massacri delle foibe e
dell’esodo giuliano-dalmata.
Nel 2014 la Filarmonica è stata
impegnata al Festival di Brescia e
Bergamo con solisti quali Roberto
Cominati, Lilya Zilberstein e Federico
Colli. Sergej Krylov l’ha invece diretta
in occasione del concerto in memoria
delle Vittime di Piazza della Loggia nel
quarantennale della strage.
Nello stesso periodo, ma non in ambito
Festival, la Filarmonica è stata diretta
anche da Giorgio Mezzanotte.
Ad agosto la Filarmonica, guidata da Pier
Carlo Orizio, ha inaugurato davanti a
4.000 persone il Meeting di Rimini con
un omaggio a Fellini, omaggio riproposto
con successo anche al Teatro Carisport di
Cesena nel novembre dello scorso anno.
Il cartellone del Festival 2015 vede la
Filarmonica protagonista in numerose
occasioni: dapprima a fianco di Ramin
Bahrami, poi con Daniil Trifonov (col il
quale si esibisce anche al Teatro Alighieri
di Ravenna) e successivamente sotto la
direzione dell’armeno Eduard Topchjan.
Una selezione della Filarmonica si unisce
all’Orchestra Cherubini nei concerti
diretti da Riccardo Muti il 19 maggio a
Brescia e il 20 a Bergamo.
La Fondazione Credito Bergamasco
sostiene l’attività della Filarmonica
nell’ambito della 52ª edizione del Festival.
ORGANICO CONCERTO
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini
Filarmonica del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo
Violini primi
Samuele Galeano**, Carolina Caprioli, Francesco Salsi, Lavinia Soncini,
Paola Diamanti, Simone Castiglia, Marco Nicolussi, Agnese Maria Balestracci,
Francesca Palmisano, Beatrice Petrozziello, Giulia Cerra, Mattia Osini,
Davide Gaspari, Sofia Cipriani, Elena Meneghinello, Anna Carrà,
Alessandro Cosentino, Aloisa Aisemberg
Violini secondi
Stefano Gullo*, Francesca Tamponi, Alessandro Ceravolo, Giulia Giuffrida,
Alessandro Sgarabottolo, Stella Chiara Cattaneo, Costanza Scanavini,
Francesco Bonacini, Matteo Penazzi, Monica Mengoni, Elisa Voltan,
Virginia Malandra, Ottavia Guarnaccia, Elena Nicoletti, Roberto Testa,
Chiara Ludovisi
Viole
Friederich Binet*, Laura Hernandez Garcia, Clara Garcia Barrientos,
Angelo Conversa, Nicoletta Pignataro, Marcello Schiavi, Davide Bravo,
Claudia Chelli, Stefano Sancassan, Alfonso Bossone, Francesca Profeta,
Carlotta Aramu, Marcello Salvioni, Davide Mosca
Violoncelli
Peter Krause*, Valeria Sirangelo, Irene Zatta, Caterina Vannini, Giada Vettori,
Giovannella Berardengo, Francesca Bongiorni, Veronica Fabbri, Andrea Marcolini,
Sorayya Russo, Ginevra Degl’innocenti, Maria Miele
Contrabbassi
Davide Sorbello*, Giulio Andrea Marignetti, Lucio Corenzi, Michele Santi,
Mauro Quattrociocchi, Valerio Silvetti, Claudio Schiavi, Daniele Pisanelli,
Nicola Bassan, Riccardo Mazzoni, Claudio Cavallin
Trombe
Nicola Baratin*, Daniele Colossi, Elisa Gerolimetto, Guido Masin
Tromboni
Giuseppe Nuzzaco*, Biagio Salvatore Micciulla, Francesco Piersanti
Cimbasso
Paolo Bartolomeo Bertorello
Timpani
Sebastiano Nidi*
Percussioni
Carlo Alberto Chittolina, Paolo Nocentini, Saverio Rufo
Arpa
Tatiana Alquati*
Ispettore d’orchestra Leandro Nannini
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini
Filarmonica del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo
**Spalla
*Prima parte
Flauti/Ottavini
Roberta Zorino*; Sara Tenaglia*, Jona Venturi* (anche ottavini)
Oboi
Marco Ciampa*, Alessandro Rauli*
Clarinetti
Lorenzo Baldoni*, Simone Nicoletta*
Fagotti
Angela Gravina*, Andrea Mazza*
Corni
Davide Bettani*, Fabrizio Giannitelli*, Francesco Mattioli*, Giulio Montanari,
Tea Pagliarini
Dipinto di Papa Paolo VI: Amedeo Brogli
Per le immagini di Riccardo Muti e dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini:
Foto Silvia Lelli by courtesy of www.riccardomutimusic.com
La fotografia della Filarmonica del Festival è di Roberto Mora
Si ringrazia Tadini Arte Verde per l’addobbo floreale al Teatro Grande
ISTITUTO PAOLO VI
Centro internazionale
di studi e documentazione
promosso dall’Opera per l’Educazione
Cristiana di Brescia
Con il sostegno di: